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Editoriali

Fire Emblem: Three Houses dura troppo

Quando l’eccesso di longevità peggiora un videogame eccelso.

Ho appena finito di giocare Fire Emblem: Three Houses in modalità Classic a livello di difficoltà Hard. Sono un veterano della serie, li ho giocati (quasi) tutti e ho sempre apprezzato l’abilità della serie di accendermi il cervello.

La sua difficoltà ha contribuito a rendere Fire Emblem la serie di nicchia per eccellenza. Molti giocatori che ho conosciuto, e non solo causal gamer, non avevano idea di cosa sia Fire Emblem fino a poco tempo fa. Quando gli spiegavo le meccaniche erano abbastanza felici di non averlo mai giocato.

Fire Emblem non è di certo un gioco immediato e giocarlo con le regole originali porta spesso a un Gamer Over causato da un calcolo non accurato di un singolo spostamento. Inoltre, chi si affeziona ai personaggi, può seriamente dispiacersi ed essere frustrato dall’essere costretto a ricaricare continuamente il gioco.

Personalmente, ho giocato tutta la serie Fire Emblem cercando di non ricaricare mai. Solitamente la mia tecnica consiste nel sovrascrivere sempre lo stesso salvataggio in modo da non avere la tentazione di tornare indietro, se qualcosa va storto.

Ritengo che la serie simuli bene la guerra, con le sue morti. Una morte di un caro compagno è un evento che può accadere in battaglia, bisogna accettarlo e subirne le conseguenze che rendono il gioco estremamente più sfidante.

Fire Emblem: Genealogy Of The Holy War
Fire Emblem: Genealogy Of The Holy War

Un gioco per tutti

Fire Emblem: Three Houses è riuscito a tirar fuori probabilmente la miglior versione del gioco. Lo strategico a quadrettoni è perfetto per lo stile di Nintendo Switch.

L’ultimo capitolo della saga è riuscito nell’impresa di non essere più un gioco di nicchia che sopravvive al tempo, ma una vera e propria IP Nintendo di punta. Del resto, i ragazzi di Intelligent System hanno fatto un ottimo lavoro e oggi ne stanno raccogliendo i meritati frutti.

I principali punti di forza di Fire Emblem: Three Houses sono due: accessibilità e rigiocabilità.

Fire Emblem Three Houses rende benissimo su Nintendo Switch

Il tentativo di rendere più accessibile la serie già nelle versioni per Nintendo 3DS, ha fatto storcere il naso a molti fan, ma ritengo la scelta fondamentale per la trasformazione di Fire Emblem.

Le meccaniche classiche, che sono comunque selezionabili all’inizio di Fire Emblem: Three Houses, rendono il titolo abbastanza complesso per i neofiti. La possibilità di non aver la morte permanente e di diminuire il grado di difficoltà all’occorrenza, permettono a tutti di portare a termine il gioco almeno la prima volta. Successivamente, e con la pratica, si può rigiocare il titolo in una modalità più sfidante.

Proprio la rigiocabilità è il punto fondamentale della versione per Nintendo Switch. Fire Emblem è sempre stato un titolo da singola enorme run in cui si porta a termine il gioco, ci si gode il finale e si incastona la custodia nella libreria. Intelligent System ha deciso di cambiare questa tendenza già con Fire Emblem: Fates, ma la perfezione è stata raggiunta con le tre linee narrative del titolo per Nintendo Switch.

Fire Emblem: Fates
Fire Emblem: Fates

Fire Emblem: Three Houses è un titolo eccelso, che sarà ricordato nella storia come il capitolo della saga che è riuscito a rendere la serie accessibile, ma comunque divertente.

Le scelte fatte hanno reso Fire Emblem: Three Houses il grande titolo che i fan si aspettavano. Personalmente sono d’accordo, ma credo che il gioco abbia un importante difetto, che non gli permette di annoverarsi tra i grandi di casa Nintendo.

L’eccesso di longevità

Fire Emblem Three Houses si divide in due parti. La prima è composta da dodici capitoli uguali per tutte le tre casate. La seconda parte varia da 18 a 22 capitoli.

Ho impiegato 43 ore per terminare i 22 capitoli di Fire Emblem: Three Houses nella mia prima run con i Leoni Blu. La media globale è di 47 ore e 30 minuti. Di conseguenza, per completare interamente il gioco con tutte e tre le casate ci vogliono circa 150 ore. Ovviamente, come ci insegnano i giochi di ruolo, un’elevata longevità non è negativa, ma la ripetitività può esserlo.

Per citare un nome noto a tutti, Zelda: Breath Of The Wild ha una longevità importantissima, ma il titolo non annoia mai. La profonda differenza tra i due videogame risiede proprio nella grande gioia nel perdersi tra i meandri di Hyrule e nella noia delle ultime dieci ore di Fire Emblem: Three Houses.

zelda-recensioni-ilvideogiocatore

A differenza di quello che si può pensare, c’è un enorme controsenso. La storyline di Fire Emblem è molto intrigante e tiene con il fiato sospeso fino alla fine. Il motivo principale per cui ho deciso di portare a termine il gioco è proprio capire come sarebbe andata a finire.

La ripetitività

Nonostante l’ultimo capitolo di Fire Emblem non pecchi nella trama, il titolo si perde nella ripetitiva gestione dell’accademia e nelle battaglie inutilmente lunghe. Dopo aver preso il tè con qualsiasi essere vivente, aver regalato doni e fiori a mezzo mondo, aver pescato tutti i pesci possibili e aver coltivato qualsiasi sostanza legale e illegale, non avevo più voglia di vedere la schermata della casata.

L'accademia di Fire Emblem Three Houses

È molto divertente vedere il tuo personaggio crescere e potenziarsi con nuove classi, ma rifare sempre le stesse cose risulta eccessivamente meccanico. Anche i dialoghi diventano noiosi e sono arrivato a un punto in cui volevo solo portare a termine il gioco e riporlo in uno scaffale per un po’.

Per farlo però ho dovuto combattere battaglie lunghe anche 45 turni, come successo nel Capitoli 21, la penultima battaglia dei Leoni Blu, prima dello scontro finale.

Conclusione

L’eccesso di longevità di Fire Emblem: Three Houses non risiede nella storia. Non taglierei nessuna parte della trama, ma sicuramente assottiglierei la Parte II in modo da renderla più scorrevole e poter arrivare fino alla fine con la voglia di rigiocare il titolo subito.

Attualmente la mia copia di Fire Emblem: Three Houses sta in un scaffale in attesa che mi torni la voglia di rigiocarlo, ma la mia speranza iniziale era di trovare un titolo che mi faccia venir voglia di non smettere mai di giocarlo.

Di Antonino Savalli

Nato con Nintendo, cresciuto con PlayStation e formato con il PC, ho sempre trovato nella scrittura il legame per apprezzare tutte le esperienze videoludiche (e non) vissute.

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