Categorie
Recensioni

Fire Emblem Engage – Recensione

Recensione in BREVE

Fire Emblem Engage è uno strategico solido, ricco e divertente. Il gioco presenta una trama avvincente, un sistema di gioco divertente e appagante e un cast di personaggi interessante e ben caratterizzato. Unici difetti sono la mancanza di profondità e la varietà, non sempre elevatissima. Consigliamo assolutamente l’acquisto ai fan della saga e dei gdr in generale.

9


Dopo l’ottimo successo di Three Houses e dello spin off Warriors: Three Hopes, Nintendo regala ai fan un nuovo episodio della serie principale di Fire Emblem. Fin dai primi trailer, Fire Emblem: Engage è riuscito a catturare l’attenzione di tutti gli appassionati della saga grazie alla presenza di quasi tutti i personaggi principali della serie. Con l’aumento delle informazioni a disposizione è stato chiarito che questi personaggi sarebbero comparsi nel gioco sotto forma di spiriti custodi e avrebbero permesso ai nostri protagonisti di potenziarsi grazie alle loro abilità. Questa particolare caratteristica, unita all’amore che da sempre i fan riservano alla saga di Fire Emblem, ha contribuito a tenere alta l’attenzione su Engage. Scopriamo in questa recensione di Fire Emblem: Engage se l’attesa è stata ripagata.

fire-emblem-engage
La trama di Engage, sebbene piuttosto lineare, riserva molti colpi di scena.

Il risveglio del drago divino

Dopo un classico Flashforward che, nella tradizione di Fire Emblem, ci mostra un anticipo della nostra battaglia finale, Engage inizia con il risveglio del nuovo protagonista, Alear. Il nostro eroe (il cui nome e genere possono essere personalizzati) si ritrova in una sorta di camera magica al centro della regione di Lythos.

Qui scopre presto di essere nientemeno che l’ultimo Drago Divino, custode della pace nel continente di Elyos, e di essere rimasto addormentato per mille anni in seguito ad un terribile scontro contro il Drago Maligno Sombron. Il lungo sonno ha causato una parziale perdita dei ricordi di Alear, che si ritrova catapultato in un mondo che ha di nuovo bisogno del suo intervento.

Un continente sull’orlo della guerra

Il mondo di Fire emblem engage, pur non possedendo la complessità di alcuni dei suoi predecessori, risulta comunque piuttosto interessante.

Il continente di Elyos si trova da qualche tempo a dover affrontare la minaccia dell’Elusia, il più pericoloso ed infido dei suoi regni. Forti di oscuri e misteriosi poteri magici, gli elusiani hanno da qualche tempo cominciato ad espandersi verso i regni vicini, mettendo a rischio la pace. Come se non bastasse, da qualche tempo in tutta l’Elyos appaiono misteriose e terribili creature, le aberrazioni, che causano morte e distruzioni nei centri abitati. Dietro a queste minacce si cela il ritorno del temibile Sombron e della sua influenza maligna.

Alear lascia ben presto il Lythos per partire in un’avventura che lo vedrà attraversare tutti i regni di Elyos: la pacifica terra di Firene, la bellicosa Brodia, la desertica Solm e persino l’oscura Elusia.

Nel corso del viaggio il drago divino incontra numerosi personaggi da ognuno di questi regni. Molti di essi si rivelano potenti alleati oppure temibili avversari. Tutti i territori del mondo di Engage risultano molto ben caratterizzati e i rapporti tra i regni si rivelano abbastanza interessanti, pur senza raggiungere la complessità dell’intreccio politico visto in Three Houses.

La trama di Engage, pur restando piuttosto lineare, si rivela molto avvincente, interessante e riserva alcuni colpi di scena davvero emozionanti. Le vicissitudini dei nostri eroi, come nei precedenti Fire Emblem, vengono narrate dalle sequenze di intermezzo visibili tra una missione e l’altra. I dialoghi sbloccabili invece servono solamente ad approfondire i rapporti tra i nostri numerosi personaggi.

Il signore degli anelli

Gli anelli degli emblemi rappresentano la principale novità di Engage.

La principale novità proposta da Engage è rappresentata dagli anelli degli emblemi. Questi manufatti permettono al nostro Alear di richiamare alcuni potenti spiriti, chiamati emblemi, che racchiudono le essenze dei principali eroi della saga di Fire Emblem. Si tratta certamente di una trovata commerciale, che strizza palesemente l’occhio agli appassionati di Fire Emblem Heroes, titolo mobile su Fire Emblem che propone un’idea molto simile.

Tuttavia, la presenza di questi spiriti aggiunge un tocco di originalità alle battaglie, oltre a permettere a tutti i fan di vecchia data di giocare di nuovo con tanti personaggi noti. Anelli ed emblemi giocheranno un ruolo pesante nella trama del gioco, soprattutto dopo che Alear scoprirà che anche i suoi nemici sono in grado di utilizzare gli anelli per evocare gli emblemi.

Un comparto tecnico all’altezza

Per quanto concerne l’aspetto tecnico, Fire Emblem Engage si mostra all’altezza delle aspettative. Rispetto a Three Houses la grafica appare molto più pulita e curata e le animazioni delle battaglie risultano più fluide, spettacolari e belle da vedere.

Anche le mappe e gli sfondi in cui si svolgono le battaglie propongono scenari molto dettagliati e riescono a differenziare nettamente le caratteristiche tipiche di ogni regione che andiamo a visitare.

La grafica di Engage è davvero pulita e spettacolare.

I momenti più spettacolari in assoluto sono senz’altro le animazioni dedicate alle unioni con gli emblemi, in particolare quelle dei loro attacchi speciali, che sfoggiano un vero tripudio di luci e colori.

Le scene di intermezzo sono anch’esse ben realizzate, in particolare i filmati in modalità cinematica. Questi ultimi, pur essendo in numero piuttosto limitato, regalano animazioni che sembrano uscite direttamente da un moderno anime.

Anche il sonoro si presenta davvero bene, con una serie di musiche molto ispirate e d’atmosfera, perfettamente in linea con gli altri titoli della saga. Merita una menzione particolare la canzone che accompagna la sequenza iniziale del gioco, davvero azzeccata e d’atmosfera, sia nella versione occidentale che in quella giapponese.

Un fire emblem tradizionalista

Le battaglie di Engage richiamano in tutto e per tutto quelle dei capitoli precedenti.

Per quanto riguarda il gameplay, Engage ripropone tutti gli elementi tipici della serie Fire Emblem. Il gioco è diviso in 26 capitoli, ad ognuno dei quali corrisponde una battaglia. Vincendo gli scontri, la storia procede attraverso una serie di sequenze animate che trasportano il giocatore al capitolo successivo. Oltre alle missioni principali si sbloccheranno anche diverse appendici, missioni secondarie che spesso permettono al giocatore di reclutare nuovi eroi.

Le battaglie si svolgono con il tradizionale sistema a turni. Durante la fase del giocatore possiamo spostare le unità lungo la mappa, farle attaccare, cambiare il loro equipaggiamento e far loro compiere determinate azioni, come aprire porte o parlare con alcuni nemici per convincerli a passare dalla nostra parte.

Torna anche il classico sistema del triangolo delle armi (spada batte ascia, ascia batte lancia e lancia batte spada) con i tipici punti di forza e debolezza legati alle classi dei personaggi e al loro equipaggiamento. A livello di classi, Engage propone qualche piccola novità (per esempio i cavalieri lupo) ma resta complessivamente ancorato alla tradizione, con solamente qualche piccola variante.

Anche per quanto riguarda gli intermezzi tra uno scontro e l’altro, il gioco è fedele agli antichi canovacci. Torna quindi la mappa del mondo con la possibilità di affrontare scontri di allenamento, missioni secondarie o proseguire nella trama.

Al posto del monastero visto in Three Houses Engage introduce il Somniel, sorta di base volante nella quale potremo approfondire i rapporti tra i nostri personaggi (emblemi compresi), svolgere tutta una serie di mini giochi per migliorare le nostre statistiche e affrontare una serie di sfide particolari alla torre delle lotte. Purtroppo anche in Engage sarà possibile portare al massimo il livello di affinità con un solo personaggio. Dunque dimentichiamo l’intreccio di love stories visto in alcuni dei capitoli più vecchi.

Nel complesso, dunque, Engage si mostra meno innovatore rispetto a Three Houses (che abbiamo approfondito in passato), ma riesce ad evitare in parte quella ripetitività ed eccessiva lunghezza che aveva in parte gravato sul suo predecessore.

Marth, ho scelto te!

La meccanica delle unioni risulta davvero divertente e spettacolare.

Anche sul fronte del gameplay, la principale novità di Engage risiede sicuramente nella presenza degli anelli degli emblemi. Prima di ogni scontro, infatti, il giocatore ha la possibilità di assegnare ad ognuno dei suoi eroi un anello, a cui è associato un eroe leggendario.

Questi anelli forniscono ai nostri eroi tutta una serie di bonus e abilità passive, che si potenziano con la crescita dell’affinità tra personaggio ed emblema. In più, in ogni momento dello scontro il nostro personaggio ha la possibilità di attuare l’unione – l’engage del titolo – ovvero una sorta di fusione tra eroe ed emblema.

In stato di unione, il nostro eroe per tre turni disporrà di una potenza molto maggiore e potrà sfruttare le armi e le abilità del suo emblema, tra cui spiccano alcune devastanti mosse speciali. La barra dell’unione può essere ricaricata tramite una serie di fonti di energia sparse lungo la mappa.

Le unioni, oltre ad essere molto spettacolari, forniscono agli scontri un pizzico di varietà in più e permettono al giocatore di scegliere se associare ad ogni eroe un emblema della medesima classe, in modo da massimizzarne le caratteristiche, oppure generare una combinazione di classe utile per fronteggiare le varie situazioni.

Una sfida adatta a tutti

I livelli di difficoltà di Engage mostrano un livello di sfida adatto a tutti.

Anche Engage propone una scelta fra tre livelli di difficoltà: normale, difficile e folle. Se a livello normale il gioco è a tratti persino troppo facile, già a difficile propone una sfida di tutto rispetto.

Per non subire enormi perdite o addirittura sonore sconfitte il giocatore deve valutare con estrema precisione le sue mosse e studiare con attenzione le abilità e l’equipaggiamento di ogni eroe. Il gioco inoltre non è particolarmente generoso in quanto ad oro, quindi anche le spese per gli armamenti vanno valutate con cura.

A difficoltà folle il gioco è arduo e punitivo e diventa una sfida degna anche per i più esperti giocatori di Fire Emblem. Giungono in soccorso al giocatore la cronogemma, artefatto in grado di avvolgere indietro il tempo per alcuni turni e la mancanza dell’usura delle armi.

Anche engage permette al giocatore di scegliere se inserire o meno la morte permanente dei personaggi. Per conto mio, suggerisco di lasciare assolutamente questa opzione, poichè senza di essa, Fire Emblem perde gran parte del suo fascino.

Engage è davvero un degno erede della dinastia dei Fire Emblem

Conclusione

Engage è davvero un ottimo titolo. Uno strategico divertente, longevo e con un’ottima trama. I suoi unici punti deboli sono da individuare nella ripetitività del gameplay e nella linearità della storia.

Per il resto il gioco è davvero ottimo e rappresenta quel ritorno alle origini che molti giocatori chiedevano dopo le molte innovazioni introdotte da Three Houses. Consigliamo l’acquisto a tutti i fan della saga e agli amanti dei giochi di ruolo.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: PS5, Xbox Series S|X, Switch, PC, PS4
  • Data uscita: 26/05/2023
  • Prezzo: 59,99 €

Ho nuovamente provato il gioco a partire dal day one dell’ultimo update su PlayStation 5.

Categorie
Recensioni

Triangle Strategy – Recensione: il delizioso ritorno dei Tactics

Recensione in BREVE

Triangle Strategy è un must-play. Unisce un mondo low fantasy ben caratterizzato a una trama intrigante, dai toni maturi, piena di scelte da compiere che non risultano mai scontate. L’ottima scrittura e un cast di personaggi che lasciano il segno fanno il resto. Tecnicamente l’ HD-2D è visivamente delizioso, mentre la colonna sonora è di prim’ordine. Il gameplay è solidissimo, e forse la parte migliore del titolo. Ogni battaglia è stimolante, il grado di sfida è più che soddisfacente, ed ogni membro del party ha una sua unicità.

9


Vi dirò la verità, a volte mi stupisco di come cambino i tempi. Fino a qualche anno fa i JRPG venivano relegati a prodotto di nicchia, e gli unici esponenti “importanti” potevamo contarli sulle dita di una mano. Oggi invece ci ritroviamo in un 2022 dove alcuni tra i titoli di punta della portatile Nintendo sono Triangle Strategy per il primo trimestre, Xenoblade Chronicles 3 atteso per fine anno.

Tralasciando la mia facile sorpresa, oggi voglio analizzare nel dettaglio Triangle Strategy, jrpg tattico realizzato da Artdink e diretto dal grandissimo Tomoya Asano. L’ispirazione a classici del genere come Final Fantasy Tactics o Tactics Ogre è palese, ma un conto è ispirarsi a dei capolavori, un conto eguagliarli.

Le cronache del ferro e del sale

Ci troviamo a Nortelia, continente ricco di materie prime e dalla storia secolare. Qui sorgono tre grandi nazioni. Il Regno di Glenbrook, antica monarchia che fa del commercio la sua forza, essendo l’unica nazione provvista di sbocco sul mare. L’Impero di Sabulos, governato dallo Ierofante ed i suoi Septem Sapiens, unici gestori di quella preziosissima risorsa che è il sale. E poi il Granducato di Aesglast, dove non importano le origini più o meno nobili dei cittadini, ma la loro ambizione e capacità.

Nortelia
Il continente di Nortelia.

Nelle prime fasi di Triangle Strategy verremo catapultati in una Nortelia che ha finalmente conosciuto la pace dopo tanti anni di guerra. Il motivo della guerra? Il controllo del ferro e del sale, ovvero le materie prime più ricercate del continente. E come potete immaginare questo fragile armistizio non è destinato a durare. Insomma, i venti di guerra stanno ricominciando a soffiare su Nortelia.

Noi impersoniamo il giovane Serenoa, futuro signore dei Wolfhort, casato maggiore del regno di Glenbrook il cui compito è proteggere la Corona. A noi è stata promessa in sposa Frederica, sorellastra del comandate Gustadolv, leader del Granducato di Aesglast. Un matrimonio che dovrebbe sancire l’alleanza tra Glenbrook ed Aesglast, e consolidare ancor di più la tanto agognata pace.

Frederica e Serenoa
Serenoa e la sua futura consorte, Frederica.

Questo il “semplice” incipit della storia narrata in Triangle Strategy. Ci troviamo davanti ad un tipico setting “low fantasy”, quindi scordatevi nani, elfi, draghi o mostri di vario genere. O per meglio dire, di mostri ne è pieno, ma in senso figurato. I veri mostri di Nortelia sono gli uomini che la abitano, e la lunga campagna ce ne farà conoscere più di uno.

La responsabilità di un lord

La narrativa di Triangle Strategy è articolata, ricca di avvenimenti e colpi di scena, e sembra quasi ricordare ciò che si è visto ne “Il Trono di Spade”, la celeberrima serie TV targata HBO. Intrighi, complotti, tradimenti, questo è il pane quotidiano di Nortelia, e starà a noi destreggiarci tra nemici ed alleati(o presunti tali).

La convinzione di Serenoa è scandita da tre valori fondamentali, ovvero Libertà, Pragmaticità e Moralità, ed ogni azione o scelta durante i numerosissimi dialoghi andrà a delineare il proseguire della trama, portando poi ad epiloghi molto diversi tra loro. A questo si aggiunge la Bilancia Risolutrice, cimelio della famiglia Wolfhort. Durante varie fasi della partita verremo posti dinnanzi a scelte che segneranno pesantemente il corso degli eventi, ed arriverà in nostro aiuto la Bilancia. A quel punto si terrà una votazione dove i membri del party esprimeranno il loro punto di vista, schierandosi per l’una o l’altra opzione, ognuno mosso dai propri ideali. Ed è qui che entriamo noi in gioco; potremo infatti tentare di far cambiare idea ad ogni membro del party, così da dirigere il casato verso quello che noi riteniamo il male minore, ma non sempre ci riusciremo, fidatevi.

La Bilancia Risolutrice di Triangle Strategy
La famosa Bilancia Risolutrice.

Ed a proposito del party, come non citare l’ottima caratterizzazione offerta ai nostri compagni d’arme. La pragmaticità di Benedict, la lealtà di Erador, la ricerca di giustizia di Frederica, l’animo forte ma tormentato di Roland, la risolutezza di Anna; questi i primissimi esempi dei compagni che andremo ad incontrare e con cui dovremo confrontarci durante le votazioni. Se però il lavoro svolto sul cast principale è ottimo, lo stesso non si può dire dei personaggi “secondari”, ininfluenti ai fini della trama e presentati alla bell’e meglio. Anche loro hanno un minimo di approfondimento tramite scenette opzionali, ma nulla di paragonabile ai membri del casato, un peccato.

A questo punto la narrativa sembrerebbe perfetta. Ma c’è un ma, appunto. Il ritmo del titolo, soprattutto nelle primissime battute, può risultare lento. Vi basti pensare che tra la prima e la seconda battaglia “di trama” mi sarò sorbito 50 minuti buoni di esposizione narrativa. Ma non fatevi trarre in inganno, quel che può sembrare un incipit estremamente prolisso risulta invece necessario per delineare il mondo di gioco, e finirete per appassionarvi alle vicende di Nortelia, fidatevi.

L’ HD-2D colpisce ancora

Il primo aspetto che colpisce di Triangle Strategy è sicuramente il comparto tecnico curatissimo. Ad una ambientazione low fantasy tutto sommato classica viene affiancata una direzione artistica di prim’ordine. In parole povere guardare il susseguirsi degli eventi su Nortelia è davvero una gioia per gli occhi, soprattutto per chi, come me, ama la pixel art.

Il Lago Salino del Sacro Impero di Sabulos.

Siamo davanti ad una nuova iterazione del famigerato stile HD-2D, che ha già dato prova di sé con il bellissimo Octopath Traveler. Agli sprite dei personaggi è contrapposta la realizzazione totalmente 3d degli ambienti, opportunamente texturizzati per sposarsi perfettamente con i primi. Il risultato è un titolo bello da vedere, ma che dà quella sensazione di classico anni 90 che male non fa. A ciò aggiungiamo un’effettistica che fa il suo dovere, tra bagliori, sfocature, riflessi e quant’altro.

Il risultato è davvero una gioia per gli occhi, come testimoniano gli screenshot disseminati lungo la recensione. E che dire della colonna sonora? Anche qui ci troviamo davanti ad un lavoro eccezionale, ad opera di Akira Senju. La OST supporta sempre ciò che vediamo a schermo, con tracks che passano da toni epici nei momenti salienti sino ad arrivare a melodie più malinconiche. Fa il suo dovere, e lo fa dannatamente bene.

Gustadolv ci riceve in udienza.

Non ve lo nascondo, dopo Octopath e Triangle Strategy è sempre più forte in me la voglia di vedere ogni singola pietra miliare dell’epoca Snes riproposta utilizzando questo stile.

Compagni d’arme unici

Parliamo ora dei personaggi che andremo a reclutare durante il corso della campagna. Parto col dire che se vi aspettate la customizzazione di un Final Fantasy Tactics no, Triangle Strategy non ve la offrirà. Il titolo punta sull’unicità piuttosto che sulla personalizzazione. Ogni singolo personaggio in TS è unico, ha delle abilità che lo contraddistinguono dagli altri e funziona più o meno bene in certi scenari.

Upgrade armi di Triangle Strategy
Esempio degli upgrade alle armi.

Prendiamo ad esempio Hughette e Rudolph. Entrambi sono degli arcieri, ma vanno utilizzati in maniera diversa. Hughette non fa molti danni, ma sfrutta la sua mobilità per prendere posizioni vantaggiose, e da lì bersaglia i nemici infliggendo status alterati. Rudolph invece ha un grande potenziale d’attacco a discapito della mobilità. Grazie alla Freccia Narcotica può mettere a dormire il bersaglio, per poi avere un critico assicurato al suo prossimo attacco, magari con un Tiro Diretto per infliggere danni enormi. Questo ovviamente è solo un piccolo esempio della varietà del party che ci troveremo a gestire. Ogni personaggio ha una sua utilità, e se ben utilizzato sarà risolutivo nella giusta situazione.

A ciò aggiungiamo un sistema di upgrade alle armi specifico per ogni personaggio, con 3 gradi d’arma che sbloccano altrettanti rami di potenziamento. E ripeto, ogni personaggio ne ha uno dedicato, quindi anche qui, gli upgrade di Hughette e Rudolph risulteranno quasi completamente differenti. Un sistema che funziona, specie considerando che le risorse richieste per questi upgrade non sono facilissime da reperire, e ci porteranno a dover compiere costantemente delle scelte su chi potenziare.

Strategia ai massimi livelli

Il fulcro di Triangle Strategy, incredibile a dirlo, è proprio la strategia dietro ogni singolo scontro. Questa è senza dubbio la parte più soddisfacente del titolo, e devo dire che i ragazzi di Artdink si sono davvero superati, riuscendo ad insidiare persino i mostri sacri del genere. Ma andiamo con ordine.

Il sistema di combattimento a turni è quanto di più classico si possa trovare. Ogni unità, alleata o nemica, prende parte all’azione seguendo un turn order chiaro e preciso, sempre visibile a schermo. Potrei definire il gameplay quasi “basilare”. Ci ritroveremo con colpi alle spalle che risultano in critici, colpi dall’alto che infliggono più danni, magie elementali di vario tipo e chi più ne ha più ne metta. Ovviamente anche qui troviamo qualche particolarità, come attacchi in sequenza o l’utilizzo di PT piuttosto che i classici mp, ma non sono dettagli su cui mi voglio dilungare.

Hughette sfrutta Fluge, il suo falco, per acquisire una posizione di vantaggio.

Quel che rende il gameplay di Triangle Strategy così soddisfacente risiede nella sfida che il titolo offre. Ogni avversario sul campo, sia esso un bandito armato di pugnale o un boss, risulta una vera e propria minaccia, e sottovalutare gli eserciti nemici porterà inevitabilmente alla sconfitta. La IA non fa mai sconti, gli avversari proveranno sempre ad isolare le nostre unità e punteranno subito i bersagli più fragili, come maghi o arcieri, eseguendo spesso manovre a tenaglia. A ciò va aggiunto il magistrale lavoro di map design; nessuna mappa risulta banale. Ogni singola battaglia è stimolante, con arene che sfruttano la verticalità ed un posizionamento degli avversari intelligente che ci darà spesso filo da torcere. Ci ritroveremo spesso in situazioni di svantaggio, magari colti in un’imboscata. O in situazioni di vantaggio tattico, come la difesa di una cittadina, ma in inferiorità numerica.

Scritti di Triangle Strategy
Uno dei numerosissimi scritti che approfondiranno il mondo di gioco.

Il risultato è un gameplay soddisfacente, dove la vittoria va guadagnata turno dopo turno, e gli errori si pagano cari. E per i più coraggiosi esiste sempre la hard mode, davvero tosta da portare a termine. Penso che proprio lì Triangle Strategy dia il meglio di se. Tocca però ammettere che a volte ci troveremo dinnanzi a spike di difficoltà non indifferenti. Mi viene in mente la battaglia del capitolo 7, così come quella del capitolo 12, giusto per citarne un paio. Insomma, se da un lato il titolo risulta stimolante, dall’altro potrebbe anche essere un po’ troppo impegnativo, soprattutto per chi non è avvezzo al genere. Questo è tuttavia un piccolo difetto che viene completamente oscurato dall’ottima realizzazione di ogni battaglia.

In conclusione

Che dire di Triangle Strategy? Lo seguivo dal primissimo reveal, nutrivo grandi aspettative e devo essere sincero, il lavoro di Artdink le ha ampiamente superate. Un mondo low fantasy ben caratterizzato ed una trama intrigante, dai toni maturi, piena di scelte da compiere che non risultano mai scontate. Il tutto unito ad un ottima scrittura ed un cast di personaggi che lasciano il segno. Sul versante tecnico poco da dire, l’ HD-2D colpisce ancora una volta, Triangle Strategy è visivamente delizioso. A ciò aggiungiamo dei bellissimi artwork ed una colonna sonora di prim’ordine.

Il gameplay è solidissimo, e forse la parte migliore del titolo. Ogni battaglia è stimolante, il grado di sfida è più che soddisfacente, ed ogni membro del party ha una sua unicità.

Potrei anche dire che il ritmo, soprattutto nelle primissime ore, potrebbe risultare particolarmente lento. O che il gioco ci pone davanti ad alcuni spike di difficoltà improvvisi, e sin troppo ripidi. Questo giusto per trovare un paio di difetti ad un titolo che consiglio ad occhi chiusi, soprattutto agli amanti di jrpg tattici, come il sottoscritto.

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: GDR, Strategia
  • Lingua: Italiano
  • Multiplayer: No
  • Prezzo59,99€
  • Piattaforme: Nintendo Switch
  • Versione provata: Nintendo Switch

Ho affrontato la dura guerra di Nortelia per oltre 40 ore grazie a un codice gentilmente fornito dal publisher.

Categorie
Recensioni

Darkest Dungeon 2, provato dell’accesso anticipato

Cinque anni fa, il mondo videoludico, per mezzo di Red Hook Studios, è caduto in un terrificante labirinto denominato Darkest Dungeon. Nel contesto dei roguelike, che hanno ricevuto tante piacevoli novità nell’ultimo decennio, Darkest Dungeon è riuscito a farsi spazio grazie a un livello di difficoltà e senso di frustrazione difficile da trovare nei videogiochi contemporanei. Già dalle prime battute dell’accesso anticipato, Darkest Dungeon 2 ci riporta in una complicata ambientazione lovecraftiana, ma questa volta solo dopo aver ascoltati i fan della serie.

Darkest Dungeon 2 Accesso Anticipato: la locanda

Come prima, più di prima

In esclusiva su Epic Store Games, l’accesso anticipato di Darkest Dungeon 2 rispecchia il modo di dire anglosassone più ambito da un sequel: more of the same. Il secondo capitolo del gdr roguelike di Red Hook Studios ha mantenuto tutte le caratteristiche fondamentali del suo predecessore; lo scopo del gioco è salvare il mondo dall’immonda malvagità già incontrata nel maniero e che ora si è estesa sul pianeta. Lo faremo per mezzo di quattro eroi da un passato oscuro, che lotteranno nemici di differenti piani in uno scontro a turni in cui conterà il posizionamento su linea orizzontale.

Rispetto al passato, dove ci muovevamo a piedi in una scacchiera a due dimensioni, in Darkest Dungeon 2 avremo a disposizione una carovana tridimensionale (ampliabile) che ci permetterà di spostarci in zone più vaste. Purtroppo, questa nuova feature rende il gioco più lento, e non potendo tornare indietro, più volte ci è capitato di essere condotti dal gioco in una direzione non voluta con conseguente debacle. Le zone sono decisamente ben caratterizzate e se arriveremo alla fine, potremmo riposarci in locanda dove recuperaremo punti vita e soprattutto sanità mentale.

Darkest Dungeon 2 Accesso Anticipato: la carovana

Colui che sussurrava nelle tenebre

Lo stress è la caratteristica principale dell’accesso anticipato di Darkest Dungeon 2, ancor prima dei punti vita. Una volta che la barra si riempie, il personaggio avrà una crisi che lo porterà all’autolesionismo e a perdere fiducia nei suoi alleati. Nello specifico, i quattro prescelti costruiranno un rapporto che potrà essere di amore (o rispetto) oppure odio (o perplessità). Questa dicotomia fornirà bonus o malus decisamente impattanti, che possono divenire letali se scatenati nel momento meno opportuno.

Esattamente come il titolo originale, ci muoveremo all’interno di una mappa che prevede diversi tipi di bonus e soprattutto ostacoli. I vari punti d’interesse saranno raggiungibili per mezzo di una strada, che può essere “sicura” oppure infestata da creature che bloccano il percorso. I combattimenti, invece possono essere di tre tipi: la più classica delle battaglie, il covo (dove incontrare i boss) oppure una serie di tre sfide, solitamente prima del punto di ristoro. In Darkest Dungeon 2 non si potrà scappare dal male; infatti, è presente una barra di “loathing”, che indica quanto è pericolosa la zona che stiamo attraversando. Più questa barra aumenta, più i nemici saranno forti; sarà dunque indispensabile bilanciare i combattimenti con gli altri punti d’interesse per diminuire la pericolosità delle creature.

Darkest Dungeon 2 Accesso Anticipato: i rapporti (odio)

Combattimenti all’ultimo sangue (tridimensionale)

Il clou sono gli scontri con le creature che infestano il mondo. In particolare, i combattimenti di Darkest Dungeon 2 hanno un nuovo engine 3D che rende le animazioni uniche sia per ogni eroe che per ogni nemico. Il risultato estetico è brillante, mentre il gameplay è ancora concentrato sui numeri e sulla gestione di bonus e malus. I fan della serie troveranno un videogame ancora profondo, anche se alcune penalizzazioni non sono ancora state spiegate a dovere e richiederanno sicuramente degli aggiornamenti.

I nostri personaggi, ma anche i nostri nemici, si posizionano su una linea orizzontale e potranno usare solamente le abilità attivabili in quella posizione. Alcune di queste permettono anche di muovere eroi e avversari lungo la linea così da creare interessanti combinazioni che possono avvantaggiarci o crearci dei problematici grattacapi. In Darkest Dungeon 2, il party dovrà essere necessariamente eterogeneo, ma permane quasi sempre la necessità di un tank e un curatore.

Eroi per sempre

Il primo capitolo della serie permetteva di reclutare nuovi personaggi su una serie limitata di classi, ma con differenti abilità. Darkest Dungeon 2, invece dà una propria identità agli eroi, che saranno sempre gli stessi. Le abilità fra cui scegliere sono più delle quattro “equipaggiabili”, ma per ottenerle dovremmo scoprire di più sul passato del personaggio; per farlo, bisognerà visitare un punto d’interesse specifico. Riteniamo la scelta di rendere “nostri” gli eroi con cui viaggeremo molto azzeccata, visto che ora soffriremo un po’ di più per la loro (frequente) dipartita.

Come sappiamo, la morte è parte integrante della serie di Darkest Dungeon; però, nel secondo capitolo, essa è fondamentale per il proseguo. Ad ogni sconfitta, il nostro profilo aumenterà di livello, sbloccando una serie di ricompense via via più forti, tra cui nuove classi. Purtroppo, quando capiremo che la fine è vicina, la morte non arriverà subito; infatti, gli sviluppatori ci costringeranno a proseguire il nostro viaggio, anche se abbiamo perso la maggior parte dei nostri eroi, costringendoci a una lenta fine prima di poter cominciare una nuova spedizione totalmente da capo.

Conclusione

Darkest Dungeon 2 continua lungo la stessa linea del capolavoro del 2016, semplificando alcune parti un po’ troppo laboriose e innovando il comparto tecnico. L’idea di scartare il reclutamento a favore di eroi unici migliora due componenti del gioco: velocizzare il gioco semplificando la scelta dei personaggi e dare una trama agli eroi che avranno il duro compito di salvare il nostro pianeta. D’altro canto, aggiungere la terza dimensione ha creato delle animazioni più fluide e gradevoli, a discapito di una lentezza generale che può annoiare nel lungo periodo. Per fortuna, Red Hook Studios ha ancora diversi mesi prima di poter lanciare ufficialmente il gioco sul mercato e le premesse sono maledettamente positive.

Categorie
News

Endless Dungeon annunciato durante i The Game Awards

Amplitude Studios ha annunciato Endless Dungeon, roguelite tattico d’azione ambientato nel mondo di Endless Universe.

Qui il comunicato stampa e il trailer di gioco:

In seguito a un naufragio su una stazione spaziale, dovrai reclutare una squadra di eroi e proteggere il tuo cristallo da un’ondata infinita di mostri. Oppure puoi morire provandoci… e riprovarci ancora!

Informazioni sul gioco
I fan di Dungeon of the Endless potrebbero farsi un po’ di domande, come: “Un naufragio? Di nuovo? È un sequel?” . La risposta è sia sì, sia no. Ma per scoprirlo l’unico modo sarà attendere e giocarlo. Nel frattempo, però, ecco una comoda lista di cosa è possibile aspettarsi:

  • Una storia nuova di zecca ambientata nell’Endless Universe: una stazione spaziale abbandonata tanto tempo fa. C’è chi dice che si trova in questo stato da decenni… ma sta a te scoprire cosa sta succedendo e come (o se) riuscire a fuggire…
  • Apri le porte a nuove strade per il genere roguelite: dietro ogni porta c’è qualcosa di nuovo, pericoloso, e differente. Ma se disponi le giuste torrette, impugni le armi giuste in base ai nemici, insomma, puoi cavartela e sopravvivere, forse… e aprire un’altra porta.
  • Recluta la tua squadra suicida: raduna il tuo gruppo di avventurieri da una rosa di personaggi molto particolari e scopri come arrivare al centro della stazione ancora tutti interi. Puoi comandare la tua squadra da solo, oppure mettere alla prova il tuo spirito di sopravvivenza con gli amici in multiplayer!
  • Un cristallo è per sempre: assicurati sempre che il cristallo sia sano come… una roccia. Per questo portalo sempre con te e dovrai difenderlo a ogni costo!

Curiosi del nuovo titolo di Amplitude Studios?

Categorie
Recensioni

Empire of Sin per Nintendo Switch – Recensione

RECENSIONE IN UN TWEET

Empire of Sin è un gioco pieno di genio e sregolatezza come i suoi sviluppatori. I Romero hanno ricreato il mondo della criminalità organizzata degli anni venti con estrema cura, ma si sono persi nello sporco lavoro di rendere il gioco più accessibile e soprattutto meno ripetitivo nel lungo termine.

7


Romero Games è una casa di sviluppo indipendente con parecchie peculiarità. É la nona casa di sviluppo di John Romero, icona del mondo dei videogiochi grazie allo sviluppo con Id Software del leggendario Doom, oltre che Wolfenstein 3D e Quake, e i membri sono soltanto due persone: John e sua moglie Brenda. Di conseguenza, vivo questa recensione tra la comprensione delle difficoltà che può avere un titolo indipendente composto da soltanto due persone e un’aspettativa che non può rimanere delusa, se gli sviluppatori portano entrambi il cognome Romero.

Del resto, i Romero non sembrano avere paura dei limiti che può avere un gioco sviluppato da solo due persone nel 2020, perché in Empire of Sin c’è dentro tutto quello che un amante dei videogiochi vintage potrebbe amare. Il titolo è un gestionale con un sistema di combattimento di uno strategico a turni, con una trama che segue le regole dei giochi di ruolo e un gameplay che permette di muovere il proprio gangster in giro per una città divisa per distretti, dove sarà possibile portare a termine una storia principale legata al proprio personaggio, quest secondarie e ovviamente la conquista dell’intera Chicago degli anni ’20.

Angelo Genna e i suoi tratti distintivi.
Angelo Genna e i suoi tratti distintivi.

L’esaltazione del probizionismo

Cinema e TV ci hanno permesso di avere un’idea abbastanza chiara d cosa fosse Chicago durante i primi venti anni del novecento, ma Empire of Sin va oltre le soap opera. Il gioco inizia con la scelta di uno dei 14 boss disponibili. Tutti delinquenti realmente esistiti e che hanno provato a conquistare la città americana. Dal noto Al Capone alla giocatrice d’azzardo Stephanie St Clair passando per l’italiano Angelo Genna, i boss di Empire of Sin sono ricchi di dettagli degni di un gioco di ruolo di spessore. Ogni boss ha i propri punti di forza e le proprie debolezze visibili attraverso l’eccessivamente ricca scheda del gangster. Infatti, oltre ai valori numerici avremmo anche modo di leggere biografia e tratti del personaggio che può guadagnare anche durante la partita in base alle scelte fatte.

I numeri saranno utili per capire la forza del boss in combattimento e per affrontare le conversazioni con delle prove a scelta del giocatore, che possono essere di persuasione, leadership o intimidazione. La biografia e i dialoghi che affronteremo, invece ci fanno realmente entrare nella Chicago del peccato con una forza che sta a metà tra una serie TV e un libro di storia contemporanea. I gangster sono senza alcun dubbio l’aspetto più bello del gioco con una caratterizzazione unica che potremo constatare quando incontreremo gli altri personaggi. Specifico che per “forza” non mi riferisco soltanto al minimale albero dei talenti che permette di diversificare boss e gangster in combattimento, ma soprattutto alla caratterizzazione di ogni boss e del suo modo di fare. Non a caso la diplomazia è una delle caratteristiche principali del gioco, anche se ci accorgeremo ben presto che tutto è più caotico di quanto vorremmo.

Un sitdown tra boss.
Un sitdown tra boss.

Una città in movimento

Chicago è divisa in svariati quartieri, composti da strutture che possono essere acquistate o conquistate con la forza. L’obiettivo primario è ottenere il controllo del distretto attraverso l’acquisizione degli edifici, che potranno essere usati per produrre alcol, avviare attività illecite, hotel o roccaforti per il nostro boss. Come in ogni altro gestionale, i nemici tenteranno di fare la stessa cosa stringendo alleanze, dichiarando guerre e conquistando territori. Tanto con noi che tra di loro.

Durante la mia avventura con Angelo Genna posso dire di aver vissuto una duplice realtà. Infatti, le prime ore di gioco, quando il denaro fatica ad arrivare, saremo vittima dell’impero altrui. Mi sono sentito continuamente sotto pressione e dire di no a un avversario ha significato iniziare una guerra non voluta, con una serie di battaglie che non sono stato in grado di affrontare causandomi il reaload della partita.

Però, una volta superate le prime difficoltà, i boss sembrano avere maggior raziocinio e sarà possibile stringere alleanze e accordi che possano aiutare noi e far arrabbiare gli altri, fino ad arrivare a un graduale astio che porta a una vera guerra tra più clan. Penso che si sarebbe potuto fare molto di più sotto questo punto di vista, ma è positivo che i boss avversari siano delle schegge impazzite piuttosto che personalità totalmente passive, come troppo spesso si vede in alcuni mediocri gestionali.

La mappa di Chicago.
Una parte di West Loop Gate, un quartiere di Chicago.

Un GDR inaspettato

Quando riusciremo a tenere a bada i nostri caotici nemici, potremmo anche decidere di andare avanti con le quest di gioco che mi hanno positivamente sorpreso. Non troveremo mai nulla del genere in titoli puramente gestionali come Civilization o Football Manager. Infatti, il nostro alter ego potrà stringere alleanze, tradire e soprattutto gestire la “famigghia” anche attraverso una componente narrativa di livello. Nessuna delle missioni è realmente primaria, poiché tutte evitabili, ma l’ingente quantità di denaro che possono portare in cassa e l’interessante risvolto nelle trama vi porteranno a volerne affrontare quante più possibili.

In alcuni casi, bisognerà solamente migliorare delle strutture, così da rendere più redditizio, o produttivo, un edificio, ma nella maggior parte dei casi sarà necessario andare in giro per la città con la propria gang per risolvere questioni più o meno spinose. In particolare, ho trovato molto interessante la storia di Genna con colpi di scena basati su scelte moralmente difficili e una costante presenza della morte come normale prassi della Chicago degli anni ’20.

Per capire l’importanza della componente narrativa, bisogna specificare che le quest sono fondamentali per il ritmo del gioco, perché ci saranno dei momenti in cui dovremmo aspettare di accumulare abbastanza risorse, cioè denaro o alcol, per poter proseguire nella nostra espansione. Momenti solitamente morti in altri gestionali, ma che in Empire of Sin sono un ottimo momento per portare avanti la storia del nostro boss o cambiare i connotati a qualche delinquente.

Empire of Sin ha elementi GDR interessanti.
Empire of Sin ha elementi GDR interessanti.

Tante scelte e poche conseguenze

Se sul lato narrativo, ogni nostra scelta avrà una conseguenza, lo stesso non si può dire su quello gestionale. Teoricamente le cose da fare sono tante grazie a un menù molto ricco. Infatti, oltre a gestire il nostro boss, potremmo arruolare altri gangster che ci daranno una mano nelle nostre scorribande. Specifico che è stupefacente il livello di dettaglio che ha ogni singolo gangster data l’enorme mole di personaggi disponibili, e sbloccabili attraverso la notorietà che guadagneremo come delinquenti andando avanti con il gioco.

Inoltre, oltre a poter acquistare equipaggiamento al mercato nero, i menù permettono di gestire il nostro impero migliorando strutture, gestendo la diplomazia e spulciando i guadagni e le produzioni che provengono dalle nostre attività e da quelle degli avversari per poter pianificare alleanze e guerre. La quantità di informazioni è realmente imponente, ma la scarsa leggibilità rende tutto molto opinabile, soprattutto nella versione Nintendo Switch. Infatti, impostare il gioco in un’ottica data-driven è semplicemente non necessario e vi dimenticherete velocemente dei menù per tornare all’azione. D’altro canto, quando vi servirà cercare una struttura, potrà essere impegnativo usare il joypad per muoversi tra i menù, facendovi domandare se non si potesse usare qualche scorciatoia per evitare ogni volta di dover lavorare tra tabelle e ordinamento di colonne per un’operazione di pochi secondi.

attività Empire of Sin.
Le nostre attività.

Guerre di potere

Ovviamente, in una città piena di crimine, ci aspettiamo di battagliare tanto e spesso. In effetti è così, ma la soddisfazione non è quella auspicata. Il sistema di combattimento a turni in stile X-COM, o visto che parliamo della versione per Nintendo Switch meglio dire Mario + Rabbids Kingdom Battle, è una scelta sensata, ma allo stesso tempo pessima nella sua concezione.

La maggior parte degli scontri saranno subito fuori un edificio o al suo interno. Per farla breve, le mappe saranno praticamente sempre uguali con degli interni che caratterizzano la struttura, ma che offrono poco in termini di varietà. Purtroppo, lo stesso senso di monotonia affligge il sistema a turni. Indipendentemente, dal punto in cui saremo arrivati nella partita, gli scontri saranno sempre gli stessi e vedranno il nostro team, composto dal boss e gli altri scagnozzi, affrontare una serie di guardie che ripetono sempre le stesse mosse.

Una lotta impari.
Una lotta impari.

Di per sé, Empire of Sin fornisce una variegata serie di azioni in combattimento. Tutte le unità possono attaccare con le pistole o corpo a corpo, ripararsi, presidiare una zona e usare oggetti come granate o medikit. Le tipologie delle armi fanno il resto, tra mitragliatori, fucili a pompa e fucili da cecchino. In aggiunta, i gangster possono sfruttare i loro talenti attivi tra cui “mosse finali” e cure. Per questo, quando affronterete una “boss battle”, cioè una resa di conti fra boss, la battaglia sarà impegnativa, perché faremo la conoscenza anche di altri gangster abbastanza coriacei.

Purtroppo, la maggior parte dei combattimenti, e saranno tanti, prevede una sfida contro le guardie che presidiano le strutture, che non avranno capacità extra e soprattutto sono dotati di un’intelligenza artificiale terribile. Capiterà spesso di vedere nemici avventurarsi in attacchi corpo a corpo finendo accerchiati dal nostro team e, in ogni caso, il computer non agirà mai in gruppo, ma si limiterà sempre a fare una scelta che oserei dire casuale. Se a tutto questo aggiungiamo che durante una guerra le nostre strutture più scoperte saranno prese di mira costantemente, ci saranno dei momenti di gioco in cui dovremmo affrontare anche quattro o cinque battaglie una dopo l’altra con esito scontato e noia mortale. Mai come in Empire of Sin sarebbe stato gradito un meccanismo di risoluzione automatica.

Momenti di crudeltà.
Momenti di crudeltà con poche texture (su Switch).

Un’arma inceppata

Fino a questo punto, si può dire che Empire of Sin è un gioco che ha un gran potenziale, molto del quale ancora inespresso. Inoltre, considerando che il team di sviluppo è composto da solo due persone, si può chiudere un occhio su tante sbavature, ma ce ne sono alcune che non si possono tollerare dai veterani della Romero Games.

Dopo aver preso dimestichezza con l’interfaccia grafica, il gioco comincia a prendere la giusta direzione, ma troppo spesso mi sono imbattuto in una serie di bug della user interface che ha reso Empire of Sin eccessivamente frustrante. Buona parte di questi riguardano la fase più debole, quella del combattimento. Infatti, spesso sarà necessario premere più volte lo stesso pulsante, perché a quanto pare l’interfaccia non riconosce sempre i comandi. Tante volte ho evitato di effettuare un “Overwatch”, un appostamento della zona, perché ero già cosciente di dover ripetere la stessa sequenza più volte prima che il gioco l’accettasse. Purtroppo, lo stesso problema è presente anche per gli spostamenti e il sistema di coperture mi ha fatto sorgere dei dubbi sulla sua correttezza.

Il problema peggiore che ho affrontato riguarda la perdita del mio miglior gangster dopo aver terminato una battaglia. In realtà, era ancora presente sull’interfaccia, ma era totalmente invisibile e non utilizzabile. Il classico spegni e riaccendi ha funzionato a discapito del ritmo del gioco, che comunque fa sempre fatica a ingranare a causa dei caricamenti. Considerate che passeremo la maggior parte del tempo a spostarci dalla visuale del distretto all’entrare in un locale. Ogni volta che lo faremo sarà necessario un caricamento di svariati secondi, così come per cambiare distretto, entrare in modalità battaglia o parlare con un boss. Tempi che aumentano ulteriormente quando siamo costretti a ricaricare una partita a causa di un bug o di un agguato eccessivamente punitivo.

Scontri all'aperto.
Scontri all’aperto.

Il porting su Nintendo Switch

Per questo test, ho provato la versione 1.01 di Empire of Sin. Devo dire che gli sviluppatori si stanno impegnando nel patchare il gioco, ma sapere che esiste su tutte le altre versioni una 1.02, mentre su Nintendo Switch dovremmo aspettare anche fino a fine mese, non mi ha fatto particolarmente piacere dato gli importanti problemi del titolo.

Nonostante questo, Empire of Sin funziona bene su Nintendo Switch, ma si poteva sicuramente fare molto di più data la tipologia di gioco molto adatta alla modalità portable. Infatti, graficamente il gioco risulta piacevole in modalità docked, dove la possibilità di avere un’opzione che allarghi le icone, permette di giocare senza affaticare gli occhi e godere di qualche texture carina. Poche a dire il vero, perché il livello di dettaglio soprattutto sulle luci è stato abbassato eccessivamente e dopo il lavoro che è stato svolto con giochi frenetici come Doom e The Witcher 3 su Nintendo Switch, dire che si poteva fare di più è un eufemismo.

In portabilità, il gioco rimane comunque gradevole e sono sorpreso di come siano riusciti a metter dentro tutti quei menù zeppi di informazioni e scritte senza renderle totalmente illeggibili. Di conseguenza, possiamo bilanciare la minor qualità grafica, comunque a tratti piacevole, con la possibilità di giocare in movimento e affermare che gli unici svantaggi rispetto alle altre versioni sono il ritardo nelle patch e, rispetto alla versione PC, l’impossibilità di usare mouse e tastiera che rende l’esperienza certamente meno frustrante.

Lo slang può essere ostico.
Lo slang può essere ostico.

Conclusione

Empire of Sin è un vero peccato. Il titolo ha tantissime idee buone che avrebbero meritato di essere sviluppate da un team composto da più persone, che potevano dare una mano a risolvere tutte le lacune di un gioco con tanto potenziale.

Il gioco dei Romero è forte sulla componente narrativa e sulla parte GDR del titolo, ma soffre una scelta troppo incauta sulla parte gestionale e del sistema di combattimento. In entrambi i casi, noia è la parola principale. Non voglio dire che non mi sia divertito nella Chicago del gioco, ma quando le missioni principali cominceranno a scarseggiare e dovremmo gestire la conquista di tutti i quartieri, Empire of Sin soffre dove dovrebbe essere forte, perché si tratta di ripetere in continuazione le stesse azioni fino al prossimo afflusso di denaro. Per quanto riguarda il combattimento strategico a turni, invece il titolo è semplicemente troppo acerbo e sarebbe stato consigliabile affidare questa parte del lavoro a un esperto del settore, perché si può far un gran lavoro anche con pochi tasselli come dimostrato da Ubisoft Milano con il suo Mario + Rabbids Kingdom Battle.

In altre parole, Empire of Sin è un gioco da lasciar decantare. Lo consiglio a chi è appassionato della criminalità organizzata dei primi anni del ‘900 e agli amanti del genere gestionale curiosi di provare dei titoli meno “puri”. In ogni caso, tranne che non abbiate la necessità di provare subito qualcosa di nuovo, consiglio di attendere qualche patch e magari un leggero calo di prezzo prima di avventurarsi nel proibizionismo statunitense.

Dettagli

  • Genere: gestionale, strategia, gioco di ruolo
  • Lingua: inglese
  • Multiplayer: no
  • Prezzo: 39,99 euro
Categorie
News

Commandos 2 – HD Remaster ora disponibile su Nintendo Switch

Kalypso Media ha annunciato che la remaster in HD di Commandos 2 è ora disponibile su Nintendo Switch.

Commandos 2 – HD Remaster è un rinnovamento in alta definizione del titolo uscito nel 2001 con l’aggiunta di tutorial rielaborati, missioni della campagna e supporti personalizzati per Joy-Con e Pro Controller.

Qui trailer e dettagli sul gioco:

Informazioni

Commandos 2 – HD Remaster è un vero omaggio a uno dei capolavori più celebri del mondo del gaming. Sviluppato originariamente dai leggendari Pyro Studios, rivivi il capolavoro che ha definito il genere come nessun altro per la prima volta su Nintendo Switch.

Prendi il controllo di un gruppo d’élite di commando alleati che devono avventurarsi in profondità nel territorio nemico e utilizza la loro esperienza combinata per completare una serie di missioni progressivamente impegnative. In questo classico che definisce il genere della seconda guerra mondiale, esplora ambienti interattivi e usa set di abilità uniche per completare missioni apparentemente impossibili.

Caratteristiche principali

  • Immergiti nella serie di Commandos in HD per la prima volta su Nintendo Switch
  • Sperimenta ogni tutorial e missione della campagna in alta definizione
  • Accedi a veicoli, scenari e armi autentiche della Seconda Guerra Mondiale come carri armati e bazooka
  • 10 missioni in 9 ambienti giorno/notte, tutte con effetti meteorologici realistici
  • Arrampicati e nuota per portare a termine missioni in ambienti completamente interattivi
  • Gioca nei panni di un cast eclettico di personaggi, tra cui Green Beret, Sniper e Whiskey the dog
  • Sperimenta abilità e approcci

Commandos 2 – HD Remaster è disponibile sia in versione fisica che digitale.

Siete dei fan dello strategico di Pyro Studios o preferiste provare qualche nuovo titolo del genere come Empire Of Sin di John Romero?

Categorie
News

Empire of Sin, il nuovo strategico di Romero è ora disponibile

Paradox Interactive e John Romero, storico lead designer di Doom, hanno lanciato sul mercato Empire Of Sin, strategico a turni ambientato nella Chicago degli anni ’20. Il gioco è disponibile su PC, Mac, PlayStation 4, Xbox One e Nintendo Switch.

Qui sotto il trailer e un estratto del comunicato stampa:

Questo gioco incentrato sui personaggi e ispirato ai noir permette ai giocatori di immergersi nello sfarzo e nel glamour dei ruggenti anni ’20, il tutto mentre lavorano dietro le quinte nel duro ventre del crimine organizzato. Spetta a te spingere, incantare e intimidire i tuoi avversari per farti strada verso la cima del potere e fare tutto il necessario per rimanere lì. Il gameplay di Empire of Sin è strutturato attorno a tre pilastri: 

  • Roleplay: Scegli uno dei quattordici boss unici basati su gangster immaginari e del mondo reale, quindi parti per costruire e gestire il tuo impero criminale nella famigerata era del proibizionismo di Chicago. Scegli Al Capone o Goldie Garneau e manda il resto della malavita di Chicago a dormire con i pesci!
  • Empire Management: Costruisci il tuo Empire of Sin e gestisci l’economia della malavita di Chicago con saggezza commerciale, brutalità o notorietà a livello cittadino. Gestisci strategicamente i tuoi stabilimenti come speakeasies, catene di approvvigionamento, casinò e altro ancora.
  • Combattimenti a turni: Metti insieme una banda di assassini dagli oltre cinquanta gangster reclutabili di Empire of Sin e lanciali in un combattimento a turni per difendere ed espandere il tuo territorio o invia un messaggio alle gang avversarie.

Empire of Sin è un lavoro pieno d’amore, un gioco che volevo realizzare da 20 anni”, ha affermato Brenda Romero, game director presso Romero Games. “Se i giochi riguardano la realizzazione dei desideri, chiunque abbia mai desiderato di gestire un impero criminale è pronto per questa titolo. Abbiamo progettato il gioco per metterti nel bel mezzo dell’azione, proprio all’inizio del Proibizionismo. Inutile dirlo, ma lo dirò: il team di Empire of Sin non vede l’ora che i giocatori si immergano in questo gioco.”

Empire of Sin è il cocktail perfetto per i videogiochi: fonde insieme la strategia e il gameplay gestionale per cui Paradox è noto con nuovi sapori come il combattimento a turni, il tutto ambientato nel mondo meticolosamente ricreato della Chicago degli anni ’20”, ha affermato Ebba Ljungerud, CEO di Paradox. “Portare questo ambizioso progetto al traguardo è stata una meravigliosa impresa con Romero Games e siamo entusiasti che da oggi i giocatori possano compiere i primi passi nel proibizionismo!”

Che ne pensate del nuovo lavoro di John Romero?

Categorie
News

The Bluecoats: North & South, il remake è ora disponibile su console e PC

Microids ha finalmente reso disponibile The Bluecoats: North & South, la versione rimasterizzata di North & South, lo strategico a turni per Amiga del 1989 ispirato al fumetto Les Tuniques Bleues.

Qui sotto il trailer di lancio:

Modalità di gioco

Sono disponibili 3 differenti modalità di gioco:

  • Strategico a turni – Prendi il commando delle operazioni e muovi I battaglioni per conquistare nuovi Stati, ingaggiare battaglia col nemico e rafforzare3 le posizioni raggiunte. Ogni decisione è letteralmente cruciale: cerca di anticipare le mosse dell’avversario meglio che puoi. 
  • Battaglia in tempo reale – Buttati nel cuore dell’azione e confrontati faccia a faccia col nemico. Usa al meglio la fanteria, la cavalleria e l’artiglieria per ottenere la vittoria. Come? Muovendo abilmente le truppe usando le loro capacità per annientare il nemico.
  • Attacco e difesa in modalità FPS – Che si tratti di forti o ferrovie, dovrai decidere se difenderli o conquistarli per vincere. Un gameplay completamente ridisegnato ti consentirà di calarti nei panni di un soldato, con la visuale in prima persona difendi la tua posizione dagli assalti nemici, oppure prendi l’iniziativa dando l’assalto alle loro postazioni!

Questa edizione rimasterizzata offre inoltre una nuova modalità di gioco in local multiplayer, che consente a due giocatori di scontrarsi sul campo di battaglia. Allo stesso modo, anche la classica modalità campagna può essere giocata da due giocatori in local multiplayer, per ricreare le più epiche battaglie della Guerra Civile Americana!

Su The Bluecoats: North & South

Unitevi al Sergente Cornelius M. Chesterfield e al Corporale Blutch in questa versione rimasterizzata del cult game che combina strategico a turni, battaglie in tempo reale e sequenze in modalità FPS. Vinci i turni da vero maestro di strategia. Conquista nuovi Stati, metti al sicuro I forti e le ferrovie per aumentare le risorse da cui attingere, e comanda i rinforzi in arrivo dall’Europa. Rivivi il fascino dell’originale “The Bluecoats – North & South” in modalità singola o a due giocatori, grazie al gameplay completamente rivisto di questa versione.

Il titolo è già disponibile su Nintendo Switch, PlayStation 4, Xbox One e PC/Mac.

Categorie
Editoriali

Fire Emblem: Three Houses dura troppo

Ho appena finito di giocare Fire Emblem: Three Houses in modalità Classic a livello di difficoltà Hard. Sono un veterano della serie, li ho giocati (quasi) tutti e ho sempre apprezzato l’abilità della serie di accendermi il cervello.

La sua difficoltà ha contribuito a rendere Fire Emblem la serie di nicchia per eccellenza. Molti giocatori che ho conosciuto, e non solo causal gamer, non avevano idea di cosa sia Fire Emblem fino a poco tempo fa. Quando gli spiegavo le meccaniche erano abbastanza felici di non averlo mai giocato.

Fire Emblem non è di certo un gioco immediato e giocarlo con le regole originali porta spesso a un Gamer Over causato da un calcolo non accurato di un singolo spostamento. Inoltre, chi si affeziona ai personaggi, può seriamente dispiacersi ed essere frustrato dall’essere costretto a ricaricare continuamente il gioco.

Personalmente, ho giocato tutta la serie Fire Emblem cercando di non ricaricare mai. Solitamente la mia tecnica consiste nel sovrascrivere sempre lo stesso salvataggio in modo da non avere la tentazione di tornare indietro, se qualcosa va storto.

Ritengo che la serie simuli bene la guerra, con le sue morti. Una morte di un caro compagno è un evento che può accadere in battaglia, bisogna accettarlo e subirne le conseguenze che rendono il gioco estremamente più sfidante.

Fire Emblem: Genealogy Of The Holy War
Fire Emblem: Genealogy Of The Holy War

Un gioco per tutti

Fire Emblem: Three Houses è riuscito a tirar fuori probabilmente la miglior versione del gioco. Lo strategico a quadrettoni è perfetto per lo stile di Nintendo Switch.

L’ultimo capitolo della saga è riuscito nell’impresa di non essere più un gioco di nicchia che sopravvive al tempo, ma una vera e propria IP Nintendo di punta. Del resto, i ragazzi di Intelligent System hanno fatto un ottimo lavoro e oggi ne stanno raccogliendo i meritati frutti.

I principali punti di forza di Fire Emblem: Three Houses sono due: accessibilità e rigiocabilità.

Fire Emblem Three Houses rende benissimo su Nintendo Switch

Il tentativo di rendere più accessibile la serie già nelle versioni per Nintendo 3DS, ha fatto storcere il naso a molti fan, ma ritengo la scelta fondamentale per la trasformazione di Fire Emblem.

Le meccaniche classiche, che sono comunque selezionabili all’inizio di Fire Emblem: Three Houses, rendono il titolo abbastanza complesso per i neofiti. La possibilità di non aver la morte permanente e di diminuire il grado di difficoltà all’occorrenza, permettono a tutti di portare a termine il gioco almeno la prima volta. Successivamente, e con la pratica, si può rigiocare il titolo in una modalità più sfidante.

Proprio la rigiocabilità è il punto fondamentale della versione per Nintendo Switch. Fire Emblem è sempre stato un titolo da singola enorme run in cui si porta a termine il gioco, ci si gode il finale e si incastona la custodia nella libreria. Intelligent System ha deciso di cambiare questa tendenza già con Fire Emblem: Fates, ma la perfezione è stata raggiunta con le tre linee narrative del titolo per Nintendo Switch.

Fire Emblem: Fates
Fire Emblem: Fates

Fire Emblem: Three Houses è un titolo eccelso, che sarà ricordato nella storia come il capitolo della saga che è riuscito a rendere la serie accessibile, ma comunque divertente.

Le scelte fatte hanno reso Fire Emblem: Three Houses il grande titolo che i fan si aspettavano. Personalmente sono d’accordo, ma credo che il gioco abbia un importante difetto, che non gli permette di annoverarsi tra i grandi di casa Nintendo.

L’eccesso di longevità

Fire Emblem Three Houses si divide in due parti. La prima è composta da dodici capitoli uguali per tutte le tre casate. La seconda parte varia da 18 a 22 capitoli.

Ho impiegato 43 ore per terminare i 22 capitoli di Fire Emblem: Three Houses nella mia prima run con i Leoni Blu. La media globale è di 47 ore e 30 minuti. Di conseguenza, per completare interamente il gioco con tutte e tre le casate ci vogliono circa 150 ore. Ovviamente, come ci insegnano i giochi di ruolo, un’elevata longevità non è negativa, ma la ripetitività può esserlo.

Per citare un nome noto a tutti, Zelda: Breath Of The Wild ha una longevità importantissima, ma il titolo non annoia mai. La profonda differenza tra i due videogame risiede proprio nella grande gioia nel perdersi tra i meandri di Hyrule e nella noia delle ultime dieci ore di Fire Emblem: Three Houses.

zelda-recensioni-ilvideogiocatore

A differenza di quello che si può pensare, c’è un enorme controsenso. La storyline di Fire Emblem è molto intrigante e tiene con il fiato sospeso fino alla fine. Il motivo principale per cui ho deciso di portare a termine il gioco è proprio capire come sarebbe andata a finire.

La ripetitività

Nonostante l’ultimo capitolo di Fire Emblem non pecchi nella trama, il titolo si perde nella ripetitiva gestione dell’accademia e nelle battaglie inutilmente lunghe. Dopo aver preso il tè con qualsiasi essere vivente, aver regalato doni e fiori a mezzo mondo, aver pescato tutti i pesci possibili e aver coltivato qualsiasi sostanza legale e illegale, non avevo più voglia di vedere la schermata della casata.

L'accademia di Fire Emblem Three Houses

È molto divertente vedere il tuo personaggio crescere e potenziarsi con nuove classi, ma rifare sempre le stesse cose risulta eccessivamente meccanico. Anche i dialoghi diventano noiosi e sono arrivato a un punto in cui volevo solo portare a termine il gioco e riporlo in uno scaffale per un po’.

Per farlo però ho dovuto combattere battaglie lunghe anche 45 turni, come successo nel Capitoli 21, la penultima battaglia dei Leoni Blu, prima dello scontro finale.

Conclusione

L’eccesso di longevità di Fire Emblem: Three Houses non risiede nella storia. Non taglierei nessuna parte della trama, ma sicuramente assottiglierei la Parte II in modo da renderla più scorrevole e poter arrivare fino alla fine con la voglia di rigiocare il titolo subito.

Attualmente la mia copia di Fire Emblem: Three Houses sta in un scaffale in attesa che mi torni la voglia di rigiocarlo, ma la mia speranza iniziale era di trovare un titolo che mi faccia venir voglia di non smettere mai di giocarlo.