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Jason Schreier è il giusto esempio di giornalismo videoludico

Jason Schreier è un giornalista investigativo che ha svelato le condizioni di lavoro disumane dei dipendenti del settore videoludico.

L’industria dei videogiochi sta crescendo molto rapidamente, così tanto da non sembrare preparata a gestire le responsabilità portate dalla fama. Jason Schreier è un giornalista che ha scoperchiato più volte le lacune del mondo dei videogiochi, evidenziando le condizioni di lavoro disumane di alcuni dipendenti delle più grandi case di sviluppo. Schreier è la dimostrazione che si può, e si deve fare, vero giornalismo anche in un settore giovane come quello dei videogame.

Chi è Jason Schreier

Jason Schreier nasce il 10 maggio 1987. Si è laureto presso l’Università di New York e ha collaborato per i primi anni della sua carriera con molte testate americane di videogame come freelancer. Successivamente, nel 2011, Jason entra nella redazione di Kotaku, diventando famoso con le sue inchieste sul crunch time, cioè i turni di lavoro disumani, nell’industria videoludica.

Nel 2020, Jason Schreier lascia Kotaku per Bloomberg News, dimostrando che il giornalismo videoludico non è semplicemente un contenitore di recensioni, ma può migliorare un settore che abusa della passione dei suoi lavoratori per far arricchire aziende e manager senza scrupoli.

Jason Schreier
Jason Schreier

In Italia, dove il settore non è sviluppato come in altri Paesi, questo ragionamento è ancora più importante. L’editoria videoludica italiana non si è mai veramente posta il problema di cosa significa essere un lavoratore del settore dei videogiochi nel Bel Paese e nessuno ci ha mai ricordato che ci sono persone che praticamente non guadagnano nulla dalle proprie fatiche, se non la gloria di finire in qualche pagina di giornale, più virtuale che cartacea.

Jason Schreier è il giusto esempio di giornalismo videoludico, perché ha affrontato l’industria esattamente come fanno i suoi colleghi, che si occupano di cinema o libri. Questo giornalista di New York sta spiegando l’abuso delle grandi aziende e ha già narrato di come alcuni grandi dei videogiochi devono crescere ancora tanto dal punto di vista umano.

Lo scandalo dei licenziamenti

Nonostante i primi scandali in merito alla vita dei dipendenti videoludici risalgono al 2004, con il caso di Eletronic Arts, Jason Schreier è diventato famoso perché ne parla con costanza dal 2014, tanto da diventare l’investigatore degli abusi sui lavoratori del mondo dei videogame.

Il primo articolo di Schreier che ha scosso il mondo dei videogiochi si intitola “Why Game Developers Keep Getting Laid Off” (2014, Kotaku,”Perché gli sviluppatori di videogiochi continuano a farsi licenziare”). Il giornalista chiarisce perché in un’industria in estrema crescita come quella dei videogame, le aziende continuino a fallire e sviluppatori e creativi siano licenziati con noncuranza.

Per la prima volta, il fenomeno di incertezza del posto di lavoro nell’industria videoludica diventa noto anche al grande pubblico e le parole raccolte fanno scalpore, perché in pochi sapevano che dopo l’uscita di un videogioco, anche di successo, qualcuno potesse dire ai suoi dipendenti che era ora di cambiare aria:

Un giorno, ti chiamano per una riunione. L’azienda deve tagliare dei costi e dice che licenzierà. Tu, insieme ad altre venti persone, non fate più parte di questa azienda. Non è per incompetenza, negligenza o qualsiasi altra cosa che tu possa controllare. Non hai fatto nulla di male. Il tuo nome è appena finito sulla lista sbagliata nel momento sbagliato.

Jason Schreier, Why Game Developers Keep Getting Laid Off

Il crunch nell’industria dei videogiochi

Dopo il clamore per “Why Game Developers Keep Getting Laid Off”, Schreier raccontò che molti grandi player sono soliti usare la pessima tecnica del crunch time sui propri dipendenti. Se Ubisoft può essere un vero e proprio limbo per gli sviluppatori, Rockstar può essere un vero inferno. Grazie all’inchiesta “Dentro la cultura del crunch di Rockstar Games” (2018, Kotaku), Jason Schreier è diventato il grande esempio di giornalismo che è oggi.

Red Dead Redemption 2 di Rockstar Games
Red Dead Redemption 2 di Rockstar Games

L’indagine su Rockstar si basa sulle affermazioni di una quarantina di dipendenti provenienti da svariate parti del mondo e che hanno lavorato a diversi giochi di Rockstar Games. Da quanto raccolto, si evince che l’ambiente è completamente guastato dall’idea che sia l’azienda a fare un favore al dipendente, che se non ha voglia di dedicare tutta la sua vita al lavoro, puoi anche andarsene, perché ci sono tantissime persone dietro la porta disposte a farlo:

L’idea che Rockstar si preoccupi dei suoi impiegati e della loro salute è ridicola. Ho lavorato così tanto da essere finito in depressione e con problemi di ansia, che non ho mai avuto fino a quando non ho lavorato per loro. Il mio corpo era esausto, non pensavo di poter avere amici al di fuori del lavoro, mi sentivo come se stessi impazzendo per gran parte del mio tempo passato lì, e ho iniziato a bere pesantemente.

Ex-dipendente Rockstar, Inside Rockstar Games’ Culture Of Crunch

Gli stipendi bassi

In poco tempo, il giornalismo investigativo di Schreier ha scovato punti di attenzione sul trattamento dei dipendenti in tante altre realtà come Naughty Dog e Activion Blizzard. In quest’ultimo caso, la scoperta riguarda l’importante differenza di stipendi all’interno dell’azienda americana. Infatti, se Bobby Kotick, CEO di Activion Blizzard, ha dichiarato 40 milioni di dollari di compensi nel 2019, i comuni dipendenti ricevono spesso il minimo salariale:

Un veterano di Blizzard ha dichiarato a Bloomberg News di aver ricevuto un aumento di meno di 50 centesimi l’ora. Stanno guadagnando meno ora di quanto facessero quasi dieci anni fa, perché stanno facendo meno ore di straordinario rispetto a prima. Diversi ex dipendenti Blizzard hanno affermato di aver ricevuto aumenti salariali significativi solo dopo essere passati in altre società, come la rivale Riot Games Inc. di Los Angeles.

Jason Schreier, Blizzard Workers Share Salaries in Revolt Over Pay
Robert ‘Bobby’ Kotick

Conclusione

Durante un Milan Games Week di qualche anno fa, chiesi a un professore universitario che fece un seminario di game design per l’evento, perché mai dovrei decidere di diventare uno sviluppatore di videogiochi se il crunch time è una pratica ormai accettata dall’industria. Mi rispose che non c’era nessuna ragione logica. Ci deve essere passione, che ti fa turare il naso e ti fa andare avanti in un mondo che è una palude difficile e ingiusta.

Ritengo che per migliorare la condizione dei lavoratori del mondo dei videogame, sia necessario l’intervento del giornalismo d’inchiesta che può far smuovere l’opinione pubblica al fine di rendere migliore un mondo che è troppo spesso gestito nell’ombra. E penso che Jason Schreier ha avuto il merito di essere l’apripista di cui avevamo bisogno.

Di Antonino Savalli

Nato con Nintendo, cresciuto con PlayStation e formato con il PC, ho sempre trovato nella scrittura il legame per apprezzare tutte le esperienze videoludiche (e non) vissute.

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