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Difficili e story-driven: i videogiochi che raccontano il 2022

Diversi videogiochi usciti nel 2022 dimostrano che l’industria sta maturando come movimento culturale. Scopriamo quali sono

Ogni anno ha le sue parole chiave. Il 2022 dei videogiochi si può definire attraverso due concetti: elevata difficoltà e spiccata narrativa. L’anno ormai concluso ha visto l’uscita di diverse tipologie di novità: tripla A di grande spessore; grandi ritorni e imperdibili novità; tra questi, i migliori si sono contraddistinti per avere una trama peculiare – addirittura virtuosa – oppure richiedono un impegno che va ben oltre agli standard cui sono abituati i videogiocatori. Alcuni di questi titoli saranno sicuramente ricordati in futuro, perché hanno posto nuovi standard o si sono accaparrati la nomea di precursori. In questo articolo, vi racconto proprio questi videogiochi che a loro volta ci narrano il 2022 videoludico.

Narrativa e Difficoltà: Elden Ring

Elden Ring è il meglio tra i videogiochi del 2022

Elden Ring è il gioco dell’anno con oltre 17,5 milioni di unità vendute e 150 premi Game of The Year ricevuti. E lo è proprio perché racchiude in un’unica opera la narrativa criptica di Hidetaka Miyazaki, il fantastico mondo immaginato da George R.R. Martin e la difficoltà che contraddistingue i soulslike.

L’opera di Fromsoftware mostra un’industria videoludica lontana dai suoi stereotipi e che riassume al meglio il 2022. Elden Ring è un videogioco complesso e allo stesso tempo complicato da giocare. Miyazaki ha fornito meno spiegazioni possibili: i videogiocatori devono pagare tutti i propri errori, sia sul gameplay che nella mancata comprensione di trama o regole di gioco. Il risultato è un’opera che ha venduto milioni di copie e dimostrato che i videogiocatori apprezzano il bello aldilà dell’accessibilità (intesa come difficoltà di un titolo). Elden Ring: qualcuno lo ha amato, qualcuno lo ha abbandonato, ma nessuno ha detto che non è il miglior titolo del 2022.

Sua maestà, la Difficoltà

C’è una categoria di videogiocatori che è ingiustamente ignorata dal marketing moderno. Sono gli over 35, che rappresentano oltre il 35% dei videogiocatori italiani, la fetta più grande della torta videoludica del Bel Paese. Una parola che contraddistingue questa generazione di giocatori è: difficoltà. Quando hanno iniziato a giocare, per limitazioni tecniche e un po’ di sadismo degli sviluppatori, i videogiochi dovevano essere difficili da portare a termine, perché i contenuti all’interno dei dispositivi di memoria erano limitati dall’hardware oggi obsoleto.

Abituati a quei livelli di difficoltà, oggi i videogiocatori over 35 si lamentano della facilità dei titoli moderni. Il 2022 ha dimostrato che gli sviluppatori contemporanei sanno fare giochi difficili e che queste opere hanno anche mercato. Oltre al già citato Elden Ring, altri due si sono contraddistinti tra gli altri: Neon White e Sifu.

Neon White

Annapurna Interactive ha dato vita a uno sparatutto tanto impegnativo quanto divertente grazie a un level design dalla cura maniacale e una trama in stile visual novel ironica e a tratti demenziale.

Neon White è un videogioco difficile perché richiede un’alta precisione ed è pensato per gli amanti dei record: la sua alta rigiocabilità sta nel suo level design ricco di scorciatoie che permettono di migliorare il proprio punteggio con la giusta attenzione e precisione.

Sifu

Sifu è uno dei videogiochi più difficili del 2022

A inizio 2022, c’era una strana attesa per Sifu. Del resto, si tratta del secondo gioco di Sloclap, una software house francese ancora giovane. Nonostante questo, si vociferava di un interessante simulatore di kung-fu: il risultato è un eccelso action in terza persona estremamente difficile, ma mai ingiusto.

Oltre alla geniale gestione dell’età del protagonista, Sifu si fa notare per la gran mole di pattern di combattimento dei nemici che per essere battuti richiedono attenzione, studio e tanti riflessi.

Basta Walking Simulator

Tra la parte più tossica della community videoludica – ancora troppo folta per essere ignorata – c’è una parola – intrisa di ingiusto sarcasmo – che sminuisce un genere: walking simulator. Questi videogiocatori contestano la poca interazione di alcuni titoli e non tengono conto del valore culturale che alcuni generi portano al settore videoludico con le loro trame ricche e interessanti.

Il 2022 ha duramente colpito questa inutile critica grazie a tre opere story-driven molto diverse tra loro, ma unite da trame uniche: Immortality, Pentiment e Return to Monkey Island.

Immortality

Sam Barlow ha dimostrato già sette anni fa con Her Story che si può definire videogiocare anche cercare delle parole chiave e guardare dei filmati alla ricerca di indizi. Immortality fa qualcosa di molto simile, chiedendo al giocatore di visionare oltre 200 clip al fine di scoprire la maledizione che sembra colpire la carriera da attrice di Marissa Marcel.

Immortality racconta un thriller violento – al limite dell’horror – e chiede al videogiocatore di divertirsi guardando dei mini-filimati più e più volte. Sembra incredibile, ma il risultato è un videogioco capolavoro.

Pentiment

Quando si gioca a Pentiment, non può non venire in mente Pillars of Eternity. Due titoli completamente diversi, ma che hanno la peculiarità di costruire la biografia del protagonista man mano che si avanza con i dialoghi. Non è un caso: su entrambe le opere c’è la mano di Josh Sawyer, che questa volta abbandona la spada per concentrarsi solo sulle parole.

In un modo per certi versi simile a Immortality, Pentiment dimostra come una buona storia investigativa – unita alla libertà di prendere decisioni, sia buone che meno buone – può portare alla creazione di un videogioco unico, appassionante e divertente.

Return to Monkey Island

Ron Gilbert è tornato e mi piace credere che non sia un caso che lo abbia fatto nel 2022, dove i videogiochi narrativi hanno avuto un grande successo. Return to Monkey Island è semplicemente la ciliegina sulla torta di un anno fantastico per le storie avvincenti, che sicuramente porteranno delle conseguenze positive negli anni a venire.

More of the same

Per descrivere al meglio l’anno appena trascorso, bisogna anche citare giochi che continuano quanto di buono fatto nel recente passato. Mi riferisco a Xenoblade Chronicles 3, il JRPG di Monolith Soft in esclusiva su Nintendo Switch, ma soprattutto dei due blockbuster PlayStation: God of War Ragnarök e Horizon Forbidden West. Queste opere non possono essere definite difficili, ma il loro arco narrativo è un successo: probabilmente non raccontano pienamente il 2022, ma sarebbe stato sciocco ignorarli, poiché saranno la base di tante opere future dei rispettivi generi.

God of War Ragnarok è uno dei videogiochi del 2022 più interessanti

Conclusione

Il 2022 è stato un punto di svolta per la maturità dell’industria videoludica: la corsa all’oro dei videogiochi open world inutilmente prolissi si è attenuata durante l’ultimo anno e sono emersi – già da qualche anno in realtà – opere indipendenti che stanno ponendo le basi per un futuro a cui guardano incuriositi anche i più grandi. Un esempio è Pentiment che unisce l’indipendenza di Obsidian con la ricchezza di Microsoft.

Nel mezzo ci sono opere pronte per essere rilanciate, possibilità che solo un pubblico più maturo può garantire. Sto parlando di Return to Monkey Island per il ritorno di Ron Gilbert e Sifu, che ripropone in tempi più maturi – e in salsa moderna – God Hand di Shinji Mikami.

Maturità non è solo anticonformismo; anzi, sono i videogiochi di punta che ricercando la qualità dimostrano che il settore è in crescita. Elden Ring è la sua massima definizione, ma anche opere più classiche come Xenoblade Chronicles 3, God of War Ragnarök e Horizon Forbidden West dimostrano che ci sia una costante ricerca della perfezione anche su generi in voga che non hanno la necessità di cambiare. Su questo aspetto, per onestà intellettuale, devo ammettere che non tutti hanno imparato dagli errori, ma di fronte a un 2022 così interessante anche Game Freak dovrà ragionare sui suoi prossimi videogiochi perché un altro Pokémon Scarlatto e Violetto non sarà più scusato dalla critica videoludica e forse nemmeno dai videogiocatori.

Di Antonino Savalli

Nato con Nintendo, cresciuto con PlayStation e formato con il PC, ho sempre trovato nella scrittura il legame per apprezzare tutte le esperienze videoludiche (e non) vissute.

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