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Sea of Thieves: a spasso per The Legend of Monkey Island

Nel profondo dei Caraibi, l’isola di Melee, al di là del Mare dei Ladri, nel limbo onirico del Mare dei Dannati…No, non sono ubriaco a causa di fiumi di Grog e non sto confondendo Sea of Thieves con la saga di Monkey Island.

Premessa

Rare Software, come promesso da Microsoft nell’ultimo Xbox Showcase, ci ha deliziati con un DLC per Sea of Thieves ambientato nientepopodimeno che nell’universo di Monkey Island. Un DLC in tre atti che verranno rilasciati a distanza di circa un mese l’uno dall’altro. Scommettiamo che l’attesa sarà spasmodica?

E relativamente importa che, purtroppo, non sia stato tirato in ballo Ron Gilbert, ideatore dei primi due capitoli della storia e dell’ultimo, Return to Monkey Island, targato Devolver Digital epilogo reale della saga (di cui abbiamo già parlato), avrebbe certamente dato quel tocco di classe in più, ma a conti fatti, Rare, è riuscita nel migliore dei modi.

La storia, a mio avviso infatti, è scritta molto bene e cosa ancora più “magica”, anche se, forse, il voodoo non c’entra nulla, è che Sea of Thieves, da gioco cooperativo e fondamentalmente di azione, viene reso a tutti gli effetti, un’avventura grafica, omaggio sia alla saga di Monkey Island, sia a tutte le avventure grafiche spuntate a cavallo tra gli anni 80 e 90.

Melee, Return to Monkey Island

Capitolo 1

Il 20 luglio è stato quindi il giorno di The Legend of Monkey Island, come dicevo, primo di tre DLC. Da appassionato della saga, ho approcciato al gioco con il giusto scetticismo, seppur con quella fibrillazione tipica di un bambino che scarta il suo regalo di Natale.

Sea of Thieves mi ha, sin da subito, lasciato con luci ed ombre. La mancata possibilità di salvare la partita, costringendo di fatto a ricominciare le missioni quasi sempre da zero, l’enorme libertà lasciata al giocatore che rende ostica (almeno per me) la comprensione di come accettare missioni e come seguire la mappa, la spiccata indole multiplayer e l’enormità delle cose da fare si scontrano con un’atmosfera piratesca unica, una navigazione di bordo davvero soddisfacente e tutta una serie di allusioni e ambientazioni che solo un appassionato di pirati può davvero comprendere.  

Capitolo 2

Dopo l’abituale scenetta post scelta missione, in cui si capirà che Guybrush è rimasto intrappolato in una sorta di dimensione dei dannati per colpa del solito cattivone LeChuck e che proprio voi avrete l’arduo compito di salvarlo, eccoci a navigare quindi nel Mare dei Dannati alla volta di Melee Island.

Ancor prima di scorgere l’isola, una voce, quella di Guybrush…voce familiare, che riscopre antiche emozioni…Dominic Armato! Il doppiatore ufficiale di Guybrush Threepwood. Rare ha fatto le cose in grande penso. Ed eccola che spunta dalla nebbia, i colori diventano più scuri, lasciando finalmente vedere la bellissima volta stellata che sovrasta il mare dei Caraibi con la “classica” Luna, più grande del normale.

L’isola di Melee, in tutto il suo splendore, con le luci in lontananza al posto giusto, con il porto al quale finalmente, dopo tanto averlo vissuto in 2D, attraccherò. I dubbi svaniscono come un fantasma colpito da birra di radice e non vedo letteralmente l’ora di mettere piede sulla terraferma.  

Guybrush Threepwood

Capitolo 3

Appena attraccato, non senza poche difficoltà nello stretto porto di Melee, mi guardo intorno e faccio quello che ogni rispettato fan di Monkey Island farebbe, cerco di scorgere i luoghi familiari e inaspettatamente li riconosco tutti e la sensazione è quella di ritornare a casa.

Rare ha fatto un gran lavoro, è come se si prendesse l’ambientazione originale di Monkey Island e la si rendesse 3D, è tutto lì, al posto dove tutti se lo aspetterebbero. Impagabile è stata la scalata fino alla vedetta, cosa che nel gioco originale avveniva nel tempo di un micro caricamento.

Ci si gira intorno e già si sa cosa aspettarsi poiché è davvero tutto li, di nuovo, dopo più di trent’anni. In 3D. Con i personaggi sempre pronti, da anni ormai, a sparare battute pungenti, ligi al dovere (Chiedimi di Loom!).

Capitolo 4

Come dicevo all’inizio, Ron Gilbert non ha partecipato al progetto, ma ciò non ha impedito a Rare di cogliere sia l’atmosfera sia lo spiccato umorismo dei personaggi, calando il giocatore nel mood Monkey Island. Senza rivelare troppo della storia, posso dire che nonostante l’episodio sia corto e con enigmi alquanto semplici, è un piacere giocarlo.

Le musiche poi, cambiano da scena a scena in una sorta di nuova iMUSE. E, mentre i fan di vecchia data troveranno soddisfazione anche solo nel percorrere le strade di Melee, i nuovi giocatori potranno scoprire per la prima volta questo universo piratesco, molto, molto affine a Sea of Thieves.

LeChuck

Epilogo

Dispiace che in questo primo episodio i luoghi visitabili si limitino ad essere solo quelli della zona del porto fino alla casa del Governatore, ed è impossibile esplorare la restante parte dell’isola.

Anche se, dalla cima dove si trova la vedetta, si possono intravedere dall’alto i tendoni del circo dei fratelli Fettuccini).

Nonostante questo il DLC è un qualcosa di imprescindibile. Sea of Thieves sembra quasi come se sia nato con lo scopo, un giorno, di portarci qui, nell’universo di Guybrush Threepwood. Rare ha colto perfettamente nel segno, regalando a tutti gli appassionati di pirati una vera e propria perla. E non importa se siete fan di Guybrush o meno, la storia vi appassionerà.

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Difficili e story-driven: i videogiochi che raccontano il 2022

Ogni anno ha le sue parole chiave. Il 2022 dei videogiochi si può definire attraverso due concetti: elevata difficoltà e spiccata narrativa. L’anno ormai concluso ha visto l’uscita di diverse tipologie di novità: tripla A di grande spessore; grandi ritorni e imperdibili novità; tra questi, i migliori si sono contraddistinti per avere una trama peculiare – addirittura virtuosa – oppure richiedono un impegno che va ben oltre agli standard cui sono abituati i videogiocatori. Alcuni di questi titoli saranno sicuramente ricordati in futuro, perché hanno posto nuovi standard o si sono accaparrati la nomea di precursori. In questo articolo, vi racconto proprio questi videogiochi che a loro volta ci narrano il 2022 videoludico.

Narrativa e Difficoltà: Elden Ring

Elden Ring è il meglio tra i videogiochi del 2022

Elden Ring è il gioco dell’anno con oltre 17,5 milioni di unità vendute e 150 premi Game of The Year ricevuti. E lo è proprio perché racchiude in un’unica opera la narrativa criptica di Hidetaka Miyazaki, il fantastico mondo immaginato da George R.R. Martin e la difficoltà che contraddistingue i soulslike.

L’opera di Fromsoftware mostra un’industria videoludica lontana dai suoi stereotipi e che riassume al meglio il 2022. Elden Ring è un videogioco complesso e allo stesso tempo complicato da giocare. Miyazaki ha fornito meno spiegazioni possibili: i videogiocatori devono pagare tutti i propri errori, sia sul gameplay che nella mancata comprensione di trama o regole di gioco. Il risultato è un’opera che ha venduto milioni di copie e dimostrato che i videogiocatori apprezzano il bello aldilà dell’accessibilità (intesa come difficoltà di un titolo). Elden Ring: qualcuno lo ha amato, qualcuno lo ha abbandonato, ma nessuno ha detto che non è il miglior titolo del 2022.

Sua maestà, la Difficoltà

C’è una categoria di videogiocatori che è ingiustamente ignorata dal marketing moderno. Sono gli over 35, che rappresentano oltre il 35% dei videogiocatori italiani, la fetta più grande della torta videoludica del Bel Paese. Una parola che contraddistingue questa generazione di giocatori è: difficoltà. Quando hanno iniziato a giocare, per limitazioni tecniche e un po’ di sadismo degli sviluppatori, i videogiochi dovevano essere difficili da portare a termine, perché i contenuti all’interno dei dispositivi di memoria erano limitati dall’hardware oggi obsoleto.

Abituati a quei livelli di difficoltà, oggi i videogiocatori over 35 si lamentano della facilità dei titoli moderni. Il 2022 ha dimostrato che gli sviluppatori contemporanei sanno fare giochi difficili e che queste opere hanno anche mercato. Oltre al già citato Elden Ring, altri due si sono contraddistinti tra gli altri: Neon White e Sifu.

Neon White

Annapurna Interactive ha dato vita a uno sparatutto tanto impegnativo quanto divertente grazie a un level design dalla cura maniacale e una trama in stile visual novel ironica e a tratti demenziale.

Neon White è un videogioco difficile perché richiede un’alta precisione ed è pensato per gli amanti dei record: la sua alta rigiocabilità sta nel suo level design ricco di scorciatoie che permettono di migliorare il proprio punteggio con la giusta attenzione e precisione.

Sifu

Sifu è uno dei videogiochi più difficili del 2022

A inizio 2022, c’era una strana attesa per Sifu. Del resto, si tratta del secondo gioco di Sloclap, una software house francese ancora giovane. Nonostante questo, si vociferava di un interessante simulatore di kung-fu: il risultato è un eccelso action in terza persona estremamente difficile, ma mai ingiusto.

Oltre alla geniale gestione dell’età del protagonista, Sifu si fa notare per la gran mole di pattern di combattimento dei nemici che per essere battuti richiedono attenzione, studio e tanti riflessi.

Basta Walking Simulator

Tra la parte più tossica della community videoludica – ancora troppo folta per essere ignorata – c’è una parola – intrisa di ingiusto sarcasmo – che sminuisce un genere: walking simulator. Questi videogiocatori contestano la poca interazione di alcuni titoli e non tengono conto del valore culturale che alcuni generi portano al settore videoludico con le loro trame ricche e interessanti.

Il 2022 ha duramente colpito questa inutile critica grazie a tre opere story-driven molto diverse tra loro, ma unite da trame uniche: Immortality, Pentiment e Return to Monkey Island.

Immortality

Sam Barlow ha dimostrato già sette anni fa con Her Story che si può definire videogiocare anche cercare delle parole chiave e guardare dei filmati alla ricerca di indizi. Immortality fa qualcosa di molto simile, chiedendo al giocatore di visionare oltre 200 clip al fine di scoprire la maledizione che sembra colpire la carriera da attrice di Marissa Marcel.

Immortality racconta un thriller violento – al limite dell’horror – e chiede al videogiocatore di divertirsi guardando dei mini-filimati più e più volte. Sembra incredibile, ma il risultato è un videogioco capolavoro.

Pentiment

Quando si gioca a Pentiment, non può non venire in mente Pillars of Eternity. Due titoli completamente diversi, ma che hanno la peculiarità di costruire la biografia del protagonista man mano che si avanza con i dialoghi. Non è un caso: su entrambe le opere c’è la mano di Josh Sawyer, che questa volta abbandona la spada per concentrarsi solo sulle parole.

In un modo per certi versi simile a Immortality, Pentiment dimostra come una buona storia investigativa – unita alla libertà di prendere decisioni, sia buone che meno buone – può portare alla creazione di un videogioco unico, appassionante e divertente.

Return to Monkey Island

Ron Gilbert è tornato e mi piace credere che non sia un caso che lo abbia fatto nel 2022, dove i videogiochi narrativi hanno avuto un grande successo. Return to Monkey Island è semplicemente la ciliegina sulla torta di un anno fantastico per le storie avvincenti, che sicuramente porteranno delle conseguenze positive negli anni a venire.

More of the same

Per descrivere al meglio l’anno appena trascorso, bisogna anche citare giochi che continuano quanto di buono fatto nel recente passato. Mi riferisco a Xenoblade Chronicles 3, il JRPG di Monolith Soft in esclusiva su Nintendo Switch, ma soprattutto dei due blockbuster PlayStation: God of War Ragnarök e Horizon Forbidden West. Queste opere non possono essere definite difficili, ma il loro arco narrativo è un successo: probabilmente non raccontano pienamente il 2022, ma sarebbe stato sciocco ignorarli, poiché saranno la base di tante opere future dei rispettivi generi.

God of War Ragnarok è uno dei videogiochi del 2022 più interessanti

Conclusione

Il 2022 è stato un punto di svolta per la maturità dell’industria videoludica: la corsa all’oro dei videogiochi open world inutilmente prolissi si è attenuata durante l’ultimo anno e sono emersi – già da qualche anno in realtà – opere indipendenti che stanno ponendo le basi per un futuro a cui guardano incuriositi anche i più grandi. Un esempio è Pentiment che unisce l’indipendenza di Obsidian con la ricchezza di Microsoft.

Nel mezzo ci sono opere pronte per essere rilanciate, possibilità che solo un pubblico più maturo può garantire. Sto parlando di Return to Monkey Island per il ritorno di Ron Gilbert e Sifu, che ripropone in tempi più maturi – e in salsa moderna – God Hand di Shinji Mikami.

Maturità non è solo anticonformismo; anzi, sono i videogiochi di punta che ricercando la qualità dimostrano che il settore è in crescita. Elden Ring è la sua massima definizione, ma anche opere più classiche come Xenoblade Chronicles 3, God of War Ragnarök e Horizon Forbidden West dimostrano che ci sia una costante ricerca della perfezione anche su generi in voga che non hanno la necessità di cambiare. Su questo aspetto, per onestà intellettuale, devo ammettere che non tutti hanno imparato dagli errori, ma di fronte a un 2022 così interessante anche Game Freak dovrà ragionare sui suoi prossimi videogiochi perché un altro Pokémon Scarlatto e Violetto non sarà più scusato dalla critica videoludica e forse nemmeno dai videogiocatori.

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Return to Monkey Island è un’anacronistica necessità

“Salve, sono Guybrush Threepwood, temibile pirata”: quanti di noi sono cresciuti con questo tormentone nella testa, agli inizi degli anni ’90, quando le avventure grafiche spopolavano tra i videogiocatori di Amiga? Era il 1990 e la Lucasfilm, poi Lucasarts, nota casa di produzione cinematografica già autrice di pietre miliari nel genere videoludico come Zak McKraken, Indiana Jones e Loom, tirò fuori dal cilindro The Secret of Monkey Island, avventura grafica che innumerevoli notti insonni regalò ai giovani dell’epoca, almeno nel mio caso). Il recentissimo Return to Monkey Island riprendere esattamente da dove eravamo rimasti, con l’obiettivo di chiudere la trama.

La storia

Protagonista della serie è Guybrush Threepwood, temibile pirata o quasi, che in realtà di temibile il personaggio ha ben poco: lo si può definire tranquillamente un farfallone, ironico e rubacuori, un molto ma molto fortunato piratucolo trovatosi nel momento giusto e al posto giusto. Ed è su questa linea che Ron Gilbert, geniale creatore della serie, fa proseguire il suo “vero” terzo capitolo dopo ben 31 anni dall’ultimo episodio. Return to Monkey Island (sviluppato TerribleToyBox con la collaborazione della Lucasfilm). È un ritorno al passato, un cerchio che si chiude, la ciliegina sulla torta, un “padre di famiglia” che finalmente ha deciso di raccontare la fine della storia, a noi che avendo giocato ai primi due capitoli a suo tempo un po’ tutti figli di Gilbert lo siamo.

Return of Monkey Island è un toccasana in questi tempi, in cui le avventure grafiche non vanno più di moda e dove le nuove generazioni rincorrono sparatutto con grafica fotorealistica. Si tratta di un ritorno alla sana ironia e al filone dei videogiochi dove è ancora necessario usare il cervello per arrivare alla fine.

A dire la verità, per quanto Return to Monkey Island sia un gioco con una trama che può essere completata in circa una decina di ore in modalità difficile (RTMI ha anche una modalità “leggera” con meno enigmi che impedisce ogni tipo di frustrazione), il mio consiglio è di prendersela comoda, di conoscere tutti i personaggi, di sperimentare ogni dialogo perché signori, il tutto vale davvero il prezzo del biglietto!

Ok bello, ma tecnicamente?

Tecnicamente Gilbert non si è molto discostato dal concetto del vecchio SCUMM, innovandolo però con una nuova interfaccia che prevede che il cursore identifichi gli oggetti con i quali si può interagire “suggerendo” l’azione da intraprendere in base agli oggetti stessi. La grafica, per quanto in fase di anteprima sia stata criticata da buona parte della comunità videoludica di appassionati e non, risulta a mio avviso ben riuscita, centrando perfettamente la caratterizzazione dei vari personaggi, dai protagonisti alle comparse. Gli enigmi sono ben calibrati riuscendo, nel contempo, a rappresentare una sfida adeguata senza appesantire la storia di sfide troppo cervellotiche che porterebbero alla frustrazione del giocatore.

Gilbert tra l’altro lo aveva anticipato nelle sue varie interviste prima dell’uscita del titolo, il 19 settembre: ha dovuto, in fase di realizzazione, privilegiare enigmi quanto più possibili lineari per andare incontro alla generazione attuale di videogiocatori, non disposta a sacrificare più tempo del dovuto come magari nei primi anni ’90. In quest’ottica, altro supporto ai videogiocatori è dato dal libro degli aiuti, disponibile sin dai primi istanti nell’inventario di Guybrush e utilizzabile a piacimento. “Se il giocatore si barcamena cercando aiuti su internet, tanto vale che glieli diamo direttamente noi del team di sviluppo, che il gioco l’abbiamo creato” ha affermato Ron Gilbert.

Quella mente geniale di Ron Gilbert

La trama di Return to Monkey Island

La storia di Return to Monkey Island inizia esattamente dallo stesso punto in cui è finito il secondo capitolo, prendendo la piega che probabilmente aveva in mente Gilbert sin dal principio. Certo, ha dovuto fare i conti col passato e con il fatto che prima di RTMI sono usciti altri tre capitoli, ma grazie a dei flashback narrativi e al libro dei ricordi, il giocatore viene riportato immediatamente sui giusti binari della storia.

Sono passati anni da quando Guybrush ha cercato di mettere le mani sul Segreto di Monkey Island, di fatto non riuscendoci a causa del malvagio pirata fantasma Le Chuck che si è rivelato avere il suo stesso obiettivo. Ora si ritrova di nuovo sull’isola di Melee: tante cose sono cambiate ma non la voglia del nostro eroe di scoprire il Segreto. Venendo a sapere che Le Chuck sta mettendo su una ciurma per salpare verso l’Isola della Scimmia, trova il modo di salpare anche lui.

Tutto qui?

Le cose si complicano quando entra in gioco anche un trio di pirati improbabile, salito alla ribalta come nuovo comando pirata dell’isola di Melee e che, attraverso la magia oscura, cerca anch’esso il Segreto alleandosi a fasi alterne, con una spruzzata di un pò di sano doppiogiochismo piratesco, con Le Chuck. Ci saranno nuove isole da esplorare e nuovi personaggi da incontrare, ma anche alcune conoscenze di vecchia data: i riferimenti al passato sono numerosi lungo tutto il gioco, e avremo nuovamente a che fare con Carla, Stan, Otis, Herman.

Se una nota si può appuntare a Ron Gilbert è che, a volte, è davvero estenuante dover andare da un punto all’altro della mappa perché magari ci si rende conto di non aver preso un oggetto…ma d’altronde, è questo lo spirito di un’avventura grafica (peraltro i tempi di percorrenza vengono efficacemente ridotti), fino allo scontro finale, il faccia a faccia tra Guybrush e Le Chuck da tutti atteso, scontro in cui colui che ne uscirà vittorioso avrà finalmente in mano il desiderato Segreto di Monkey Island!

Conclusioni

RTMI è un gioco da provare, adatto sia a chi non ha mai avuto a che fare con un’avventura grafica e non conosce la saga, sia ai fan di vecchia data di Guybrush per i quali diventa un “must have”, imprescindibile prosecuzione (e fine?) del percorso fatto finora tra isole, spade, vascelli e zombie fantasma.

Return to Monkey Island è un gioco di altri tempi di cui si sentiva proprio il bisogno, un prodotto quasi anacronistico ma tremendamente attuale per chi lo aspettava da ben 31 anni. Sembra ieri aver lasciato Guybrush e affini in quel criptico finale di Monkey Island 2, e oggi eccoci qui, con in mano un bellissimo seguito in cui i dialoghi, la satira, l’ironia ci accompagnano nell’opera, forse, di commiato di Ron Gilbert. Saluteremo probabilmente Ron, ma in futuro credo proprio che la saga proseguirà. Monkey Island continuerà a vivere e quel piratucolo senza nessuna speranza con un nome più assurdo della sua ambizione avrà ancora altre avventure da affrontare.

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La Trama di Monkey Island

Se andaste su un’enciclopedia dei videogiochi trovereste, sotto la voce “Guybrush Threepwood”, la seguente dicitura : “Guybrush Threepwood, aspirante pirata. Personaggio dal passato oscuro, indefinito. Di lui si conosce che sa trattenere il respiro per 10 minuti, che ama girovagare nei boschi in cerca di tesori, che sa duellare di spada, di insulti e, a volte, anche di banjo (un cordofono di origine sudafricana).Segni particolari biondo, stato civile celibe (almeno nel momento della sua apparizione sull’isola di Melee).”

Se voleste poi allargare i vostri orizzonti e cercare il binomio “Monkey Island”, scoprireste che la saga di Monkey Island, serie di avventure grafiche edite dalla Lucasarts (per capirci, Indiana Jones e Star Wars in ambito cinematografico), è quanto di più abbia saputo stimolare e solleticare l’immaginario collettivo del popolo videoludico, almeno quello dei primi anni 90, sul tema dei pirati e del mondo ad esso correlato.

A pochi giorni dall’uscita di Return of Monkey Island, vi riportiamo nel mondo di uno dei videogiochi sui pirati più belli di sempre, raccontandovi la trama di Monkey Island, gioco per gioco.

The Secret Of Monkey Island

La storia si sviluppa intorno al personaggio di Guybrush Threepwood, aspirante pirata, che sbarca, da non si sa dove, sull’isola di Melee per diventare un pirata affermato; ben presto si scoprirà che le sue attitudini sono alquanto lontane da quelle necessarie a diventare pirata e che in un modo o nell’altro riuscirà, anche con trovate geniali ed ilari, a risolvere i problemi che gli si porranno davanti. Quali problemi? Uno su tutti, il pirata fantasma LeChuck al quale Guybrush, nel primo episodio (The Secret of Monkey Island), soffierà la ragazza e promessa sposa Elaine Marley; diciamoci la verità, Elaine non è che ardeva dal desiderio di sposare LeChuck!

Per salvare Elaine, rapita dall’ormai disperato fantasma innamorato, Guybrush dovrà fare addirittura rotta per Monkey Island e scendere nei suoi inferi per inseguire il malvagio pirata e la sua ciurma fantasma. Inutile dire come, alla fine del primo episodio, LeChuck verrà sconfitto – o meglio, dissolto – in un turbinio di fuochi d’artificio!

The Secret Of Monkey Island

Monkey Island 2: LeChuck’s Revenge

Nel secondo episodio, “Monkey Island 2: Lechuck’s revenge”, le cose si fanno più mature: ritroviamo un Guybrush cresciuto, più spavaldo e più espert…ok non esageriamo! L’avventura si dipana su ben tre isole, insomma anche il team di sviluppo, dopo l’azzardo del primo episodio, ha ben in mente cosa vuole dal gioco e si vede! Gli enigmi sono ben strutturati e la storia…anche! La vendetta di LeChuck quindi…un errore (veniale) del nostro Guybrush infatti, farà riportare in vita il corpo putrido e marcio del suo nemico.

Mentre il nostro eroe sarà intento a ricomporre una mappa che lo porterà alla scoperta di un tesoro favoloso, il nefasto zombie opererà dietro le quinte per attuare la sua vendetta. Vendetta che si compirà, alla fine del titolo, intrappolando Guybrush nella “Fiera dei dannati”, con la consapevolezza che LeChuck sia in realtà suo fratello, morto anni prima.

Monkey Island 2: LeChuck's Revenge

The Curse of Monkey Island

Ora, al dettaglio della fratellanza, per altro non trascurabile della saga, non si è più accennato nei successivi capitoli. La scelta sta forse da individuare nel fatto che a partire dal terzo capitolo, il team di produzione è cambiato, improntando il tutto su un’altra linea e facendo sembrare, in pratica, The Curse of Monkey Island, terzo capitolo della serie, un prodotto quasi stand alone. Questo episodio, seppur divergendo dalla storia come l’aveva immaginata il creatore di Monkey Island, Ron Gilbert, lascia un’impronta decisa nel panorama videoludico, poiché è tra i primi titoli ad avere il parlato, una grafica godibilissima e una trama comunque intrisa di ironia, anche se non ai livelli dei primi due capitoli.

Si scade a volte, purtroppo, in cliché già visti nei primi due episodi. La storia racconta di come Guybrush abbia chiesto ad Elaine di sposarlo, e di come, per farlo, abbia utilizzato un anello maledetto (tipico del nostro antieroe) trasformandola in una statua d’oro (poi trafugata da una ciurma di scimmie). Dopo mille peripezie, Guybrush salvare la donna del suo cuore e sconfigge nuovamente un LeChuck, che, per l’occasione, sfoggia un look del tutto nuovo con una barba bella e fiammeggiante.

The Curse of Monkey Island

Escape from Monkey Island

Arriviamo dunque al quarto capitolo, quell’Escape from Monkey Island che ha deluso più di un fan; se il terzo Monkey, per quanto con dei cliché e per quanto non segua la storia pensata da Gilbert, come detto, gode di una grafica godibilissima, di un buon doppiaggio e di una trama accettabile,  l’ultimo capitolo rasenta, a mio modesto parere, il punto più basso della serie.

Per carità, un Monkey Island è sempre un Monkey Island e per questo doveva essere giocato. Ma il motore 3D che molto era piaciuto su Grim Fandango, con Guybrush perde un po’ i colpi, unito ad una gestione discutibile del personaggio da tastiera e non più da mouse. Beh ma è sempre Monkey Island… la trama riuscirà a colmare le lacune… e invece no! Anche la trama fa acqua da tutte le parti, regalandoci una storia che di piratesco ha ben poco, dovendo affrontare, il nostro eroe, stuoli di avvocati e burocrati. Guybrush ed Elaine tornano dal meritato e focoso viaggio di nozze.

Su Melee scoprono che sono stati dichiarati morti e nuove elezioni sono in corso per sostituire il governatore, ruolo che fino a poco prima era ricoperto da Elaine. L’antagonista politico si rivelerà essere Charles L. Charles (LeChuck sotto mentite spoglie) che cercherà di incastrare i due giovani. Ma Guybrush, dopo aver scoperto il famigerato “insulto supremo”, al seguito di un rocambolesco ritorno sull’isola di Monkey Island e dopo un finale, secondo il sottoscritto, poco degno di un capitolo della saga, riuscirà a ristabilire l’ordine naturale delle cose sconfiggendo LeChuck per l’ennesima volta. La saga si conclude qui… o forse no!

Il ritorno di Guybrush…

Segnatevi questa data: 19 settembre 2022. Monkey Island ritorna con un nuovo, imperdibile, attesissimo capitolo: Return to Monkey Island. Il team di sviluppo? Ron Gilbert, ideatore, insieme a Dave Grossman dei primi due episodi e infatti Return to Monkey Island inizierà proprio dove Monkey Island 2: LeChuck’s Revenge si è concluso. Le domande che attanagliano la trama di Monkey Island sono ancora tante: LeChuck e Guybrush sono davvero fratelli? Verrà mai scoperto il reale segreto di Monkey Island? Sarà mai previsto un altro pollo con la carrucola? Speriamo che a queste ma anche ad altre entusiasmanti domande riusciremo ad avere risposta con l’uscita dell’acclamato seguito. 

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I 4 migliori videogiochi sui pirati di sempre

Nell’immaginario collettivo quella dei pirati è la categoria che, probabilmente, più suscita emozioni. Si pensi al coraggio, all’efferatezza, ai tradimenti, alle imprese eroiche… se poi ci mescoliamo anche la magia vodoo, antiche tradizioni e tesori meravigliosi, il cocktail è perfetto. I pirati sono i cattivi ai quali tutto è concesso ed è per questo che sono, forse, tra i personaggi più amati.

Innumerevoli sono le trasposizioni cinematografiche del mondo piratesco: alla famosissima saga di Capitan Jack Sparrow e dei suoi Pirati dei Caraibi, che tutti conosciamo ed amiamo, mi piace affiancare Master and Commander, film del 2003 diretto da Peter Weir con protagonista Russell Crowe, che narra le vicende del Capitano Jack Aubrey alle prese con l’inseguimento di una nave corsara. Il film, lontano dalla trama ai confini con la realtà di Sparrow, riporta tutto su un piano più realistico, sulla vita dei marinai di fine XVII secolo, su tattiche di guerra navale e sul coraggio dei suoi protagonisti. E il mondo videoludico? Di certo non poteva restare a guardare!

Videogiochi corsari

La storia dei videogiochi è stata spesso costellata da titoli, di diversi generi, che hanno trattato i pirati. Il più grande di tutti? Monkey Island e i suoi ben quattro episodi – la cui trama è stata snocciolata in questo articolo – che ci guidano lungo la storia di un giovane pirata, inesperto, alla ricerca della sua avventura della vita. Il genere è quello di avventura grafica. Altri titoli che non possono mancare nella collezione di un appassionato che si rispetti è Sid Meier’s Pirates!, un adventure/gestionale e il più recente Sea of Thieves, un titolo in prima persona, che porta il giocatore in giro per i sette mari, alla ricerca di tesori, maledizioni pirata e leggende.

La Saga di Monkey Island

La più famosa serie di videogiochi sui pirati, nonché, la mia preferita, narra le gesta dell’aspirante pirata Guybrush Threepwood. Parliamo di Monkey Island, avventura grafica targata Lucasarts, soprattutto riferendosi ai primi due titoli: The Secret of Monkey Island e Monkey Island 2: Le Chuck’s Revenge. Nati entrambi dall’estro di Ron Gilbert, Tim Schafer e Dave Grossman.

I successivi due capitoli della serie, invece anche se prodotti sempre dalla Lucas hanno genitori diversi: The Curse of Monkey Island, che riprende idealmente le fila dalla fine del secondo capitolo e The Escape from Monkey Island, titolo che, ahimè, nonostante una buona storia di fondo, snatura un po’ il concetto di avventura grafica classica implementando un 3D che spesso storce il naso alla fluidità del gameplay creando problemi nella gestione della visuale.

Differenze tra gli episodi

C’è da chiarire un punto: i primi due capitoli, datati 1990 e 1992 sono frutto di quella mente geniale di Ron Gilbert e del suo team. e si vede. Le storie trasudano comicità ed ironia in ogni momento, spronando il giocatore ad andare avanti anche solo per il gusto di sapere quale altra battuta ironica o pungente lo aspetta.

I successivi due capitoli, per quanto la Lucasarts abbia tentato di renderli appetibili come i predecessori, risultano sì godibili, ma non hanno la stessa verve dei titoli di Gilbert: Nello specifico, il terzo capitolo, The Curse of Monkey Island, abbandona la “pixel art” dei primi due, prediligendo una grafica “cartoonata” gradevole, implementando contestualmente effetti vocali nella serie. Ebbene sì, conosceremo la voce del nostro amato Guybrush! Il sistema vocale è oggi la normalità per un videogioco, ma nel 1997, anno di uscita di The Curse of Monkey Island, la feature non era così scontata.

La storia del nostro Guybrush

Uno dei migliori videogiochi sui pirati di sempre: Monkey Island 2: Le Chuck’s Revenge

La trama è la classica storia di ogni bucaniere che si rispetti: Guybrush Threepwood, aspirante pirata, sbarca sull’isola di Melee per cercare fortuna, troverà invece l’amore della sua vita, Elaine Marley, governatore di Melee e ossessione della nemesi di Guybrush, il pirata fantasma Le Chuck che farà di tutto per sposare la donna. Guybrush però, tra battaglie di fini battute sarcastiche (avete presente il detto la lingua taglia più della spada? Ecco!), magie vodoo, teste di scimmia giganti, cannibali vegetariani e naufraghi strampalati, riuscirà nell’intento di rovinargli decisamente la festa distruggendo, alla fine del primo episodio, la sua essenza spirituale.

Nel secondo capitolo le cose si fanno decisamente più complicate: in Le Chuck’s Revenge il nostro eroe dovrà trovare il meraviglioso tesoro di Big Whoop, approdando su ben tre isole diverse, mentre il cadavere marcio, putrefatto e maleodorante di Le Chuck, riportato in vita dalla magia Vodoo, gli darà la caccia.

Per i puristi della saga la storia si ferma qui, i secondi due episodi (a cui volendo, potremmo aggiungere il quinto, prodotto da Telltale Games sotto licenza) non sono frutto della mente di Gilbert e quindi non degni di nota.

Return to Monkey Island : il suo segreto verrà finalmente rivelato?

Con queste premesse appare chiaro come l’hype, l’attesa per il tanto agognato sequel, firmato Ron Gilbert, di Monkey Island sia ormai a livelli altissimi. Per chi si fosse perso la notizia (ma dove vivete?!), il primo aprile scorso, in linea con un mega fantascientifico “pesce di aprile”, viene annunciato Return to Monkey Island. La comunità è in fibrillazione, ci si chiede se sia vero, ma fortunatamente man mano che il tempo passa le notizie diventano più certe, cominciano a girare i primi screenshots e addirittura l’anno di rilascio, 2022! Il gioco sarà disponibile inizialmente per PC e Switch, poi probabilmente anche per le altre piattaforme.

Il rilascio del titolo non ha solo un valore tecnico, non è solo un’altra avventura grafica che potrà essere bella per alcuni e brutta per altri. Return to Monkey Island sarà un tuffo nel passato per tutti coloro che hanno superato gli “anta”, per coloro che hanno trascorso la loro giovinezza dietro a dei pixel che lasciavano immaginare grandi imprese, duelli di spade e donzelle da salvare e poco importa se la grafica non è in linea con gli standard di oggi, cosa che ha deluso più d’uno.

Non importa se entrerà nella lista dei migliori videogiochi sui pirati o se la trama non soddisferà tutti. L’uscita di un nuovo Monkey Island è sempre un evento che lascia speranze di emozioni nuove, ma anche di emozioni che possano rinverdire i fasti di quelle passate; un titolo, quello di Gilbert, che è un’opera d’arte, senza tempo, a pieno titolo nel gotha della storia di videogiochi. Non ci resta che attendere il 19 settembre, data realistica del rilascio (a meno di clamorosi rinvii) davanti ad un rinfrescante boccale di grog!

Sea of Thieves

Uno dei migliori videogiochi sui pirati di sempre: Sea of Thieves

Sea of Thieves è un open world in cui si vivrà un’esperienza piratesca totale, dai combattimenti alla navigazione, dalla pesca alla caccia, con un’infinità di obiettivi secondari da sbloccare, scheletri da sconfiggere, tesori da trovare. Salpa con la tua ciurma: Sea of Thieves è uno dei migliori videogiochi sui pirati e l’unico di questa lista che supporta il gioco multiplayer consentendo di incontrare altre ciurme di pirati e decidere se allearsi con esse o combatterle. Una libertà praticamente infinita è data all’avventuriero che deciderà di solcare questi mari.

Sid Meier’s Pirates!

Uno dei migliori videogiochi sui pirati di sempre: Sid Meier's Pirates!

Sid Meier’s Pirates!, targato Microprose, anno di uscita 1987, è uno adventure/gestionale in cui si simulerà la vita di un pirata. Beh… non proprio di un pirata, ma di un corsaro al servizio di re di vari nazioni (la scelta della nazione da servire indica il livello di difficoltà del gioco). Però, la fedeltà ad una nazione non deve per forza rimanere tale. Nel corso del gioco si potrà cambiare bandiera, come si potranno catturare altri banditi e consegnarli alla legge per ottenere le ricompense, salvare donzelle rapite, conquistare città e forti. Non c’è una storia a fare da conduttore, ma la storia la creerà il giocatore mano mano che effettuerà le proprie scelte.

Nonostante l’anno d’uscita, Sid Meier’s Pirates! è uno dei migliori videogiochi sui pirati di sempre, tanto che nel 2004 è stato proposto un remake del titolo ad opera di Firaxis (che attualmente ne detiene i diritti) in cui è stato introdotto un motore 3D che ha migliorato il comparto grafica complessivo, è stato migliorato il sistema di combattimento e introdotto la fase del ballo, dove il protagonista prima di conquistare l’agognata donzella deve sfoggiare abilità danzanti.