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Patrice Désilets: “La gente vuole che io faccia un gioco storico”

Abbiamo intervistato Patrice Désilets, il game designer dietro Prince of Persia: Le Sabbie del Tempo e Humankind: Ancestor

Durante l’ultimo grande evento videoludico milanese, Milan Games Week & Cartoomics 2023, abbiamo avuto modo di chiacchierare con diversi sviluppatori, tra cui Patrice Désilets, noto designer e creativo, celebre sopratutto per aver dato luce a uno dei franchise più importanti nel mondo videoludico: Assassin’s creed.

Dopo una carriera costellata di successi come Prince of Persia: Le Sabbie del Tempo e Paperino: Operazione Papero, Dèsilets si era concesso una pausa dallo sviluppo, ma è tornato di recente con un nuovo titolo per il suo studio: Humankind: Ancestor, un gioco sulla sopravvivenza, non un survival-game, come puntualizza lui.

L’intervista è l’estratto di una conversazione che abbiamo avuto il piacere di avere con il creativo canadese, catturata nel frastuono dei tamburi di un evento a cui non abbiamo avuto la fortuna di assistere al piano di sotto.

Ilvideogiocatore.it: Come stai? Ti piace Milano?

Patrice Désilets: Mi manca casa. Prima di venire a Milano sono stato in Corea. Ho tenuto una presentazione laggiù, quindi sono 12 giorni che non torno a casa.

Ilvideogiocatore.it: Sei molto popolare anche in Asia?

Patrice Désilets: (scherzando) Beh, sono stato invitato, quindi credo di esserlo un po’.

Ilvideogiocatore.it: Cosa stai facendo per ora? Lavori a qualcosa?

Patrice Désilets: Sì, ma non posso parlarne. È segreto. Non posso dire nulla.

Ilvideogiocatore.it: Ho sentito alcune vecchie interviste e parli spesso di flash improvvisi quando pensi a fare un nuovo gioco. In Prince of Persia era il riavvolgimento del tempo, in Assassin’s Creed era qualcosa che ti è venuto in mente giocando a GTA. Puoi dirmi qual è stata l’ispirazione per Ancestor?

Patrice Désilets: Avevo bisogno di un gioco per uno studio più piccolo. L’ispirazione è stata: la gente vuole che io faccia un gioco storico. Ma con un team piccolo non posso creare una grande città o civiltà. Posso però raccontare l’inizio di tutto. Qui, posso avere un personaggio in un ambiente 3D e lasciarlo sopravvivere. Quella è stata l’ispirazione. Facciamo un gioco sulla preistoria. Sarà comunque un gioco storico, ma non devo creare folle di persone o spade. Quella è stata l’ispirazione.

Ilvideogiocatore.it: Hai detto che ne avevi bisogno perché stavate lavorando con un team più piccolo. Quindi è stata una limitazione in un certo senso. Pensi che questa limitazione abbia migliorato in qualche modo il risultato finale del gioco? Alcune persone suggeriscono che con le limitazioni si possono introdurre nuovi elementi.

Patrice Désilets: Sì, totalmente. Amo lavorare con limitazioni. Non è mai stato il mio forte, ma va bene rimanere bloccati da qualche parte. Questo è il quadro con cui posso giocare. Intendo: lavorare con un team piccolo non è più difficile, è solo diverso. Devi solo adattarti e prendere decisioni in base alle dimensioni del team. Ma sono abituato. All’inizio della mia carriera eravamo dei team più piccoli. Su Prince of Persia: Le Sabbie del Tempo eravamo in 16. E su Donald Duck eravamo in 30. Quindi sono tornato all’inizio della mia carriera.

Ilvideogiocatore.it: Le cose erano anche molto diverse allora.

Patrice Désilets: Sì, ma si trattava sempre del meglio che potessi avere. E tutti stavano lavorando [al gioco]. Perché ora, un team più grande ha un sacco di persone che lavorano. Ma la gestione intermedia riguarda solo la gestione delle persone. Da Panache, non c’è molta gestione intermedia. I direttori devono ancora produrre data. Non si tratta di “tu fai questo, tu fai quello”, devono anche produrre, e in fondo preferisco i team piccoli rispetto a quelli grandi.

Ilvideogiocatore.it: Quindi sei contento di aver lasciato Ubisoft?

Patrice Désilets: Sì, ne sono felice.

Ilvideogiocatore.it: Parli spesso di questo ciclo che usi per creare un gioco: sell, play, tell. Il prossimo gioco utilizzerà questo ciclo?

Patrice Désilets: Sì, ci credo al 100%. È solo perché in generale, avevo l’impressione che la fase di concepimento, la fase di pre-produzione, la fase di produzione non significassero niente. Sono termini così vaghi. Qual è il focus? A cosa dovresti lavorare esattamente? Ecco perché mi sono detto: okay, troviamo un’altra parola!

Perciò all’inizio c’è la fase di sell: qual è l’oggetto che stai per vendere? Quindi cominci a pensare un po’ al gioco, un po’ alla storia e al suo protagonista e cerchi di creare una prima versione di quel prodotto. Per me è come dire: “Se lo finanziate, sapete cosa state per vendere”. Poi, la pre-produzione riguarda tutta la fase di gioco. Cosa stai giocando? Non pensi più se è vendibile, perché l’hai già fatto! Dimenticati della sua storia, non ti interessa. È divertente? Mettilo sotto i pollici e concentrati davvero su questo. Quando ce l’hai, puoi passare alla produzione perché sai di cosa si tratta e puoi tagliare ciò che non era divertente. Perché la storia del gioco non riguarda i personaggi e le arti trasversali. Riguarda la storia delle funzionalità. La vera storia di un videogioco è nelle sue funzionalità. E una volta che hai il gioco e sai cosa è divertente, hai i loop, le meccaniche, il sistema puoi passare all’ultima parte.

L’ultima parte è il tell. Ora è il momento di raccontare la storia. Questa è l’ultima parte, il racconto. Ora stai raccontando la storia effettiva. Durante ogni singolo ciclo, ripeti sell, play, tell. Anche quando sei nel “play”, devi assicurarti che sia vendibile, sai un po’ cosa stai per raccontare con le funzionalità che stai costruendo, e alla fine ripeti ancora il sell, play, tell non è che smetti. È solo il focus principale delle fasi e questo è il motivo per cui lo chiamo sell, play, tell.

Ilvideogiocatore.it: Nei tuoi giochi usi la meccanica per raccontare la storia, credi che creare la parte play prima del sell la migliori?

Patrice Désilets: Sì, capita spesso di scrivere qualcosa pensando a una meccanica. Poi, quando provi la fottuta meccanica, non è divertente o non funziona e ci vorrebbe troppo tempo per finirla. Allora sei bloccato con quello che hai scritto. E ora dici: “Cazzo, non ho la meccanica con cui avrei dovuto lavorare, cosa faccio ora?” Ed è per questo che non mi concentro troppo sulla narrazione all’inizio. Ho un’idea dove sto andando. Hai un piccolo piano. Ma lo scrivi definitivamente solo quando sai esattamente cosa avrai nel gioco finale.

Ilvideogiocatore.it: Quando hai creato Assassin’s Creed, prevedevi che sarebbe diventato uno dei, se non il più grande franchise nell’industria dei videogiochi?

Patrice Désilets: No, non è qualcosa a cui pensi quando fai un gioco, almeno io voglio che il maggior numero possibile di persone giochi a quello che [ho creato]. Ma a diventare un’icona culturale non puoi pensarci. E se qualcuno ti dice che lo fa… si fotta! È Impossibile! Cerca solo di fare del tuo meglio. A volte non piace. E lavorando su qualsiasi progetto ci sono giorni buoni e giorni cattivi. Cose che volevi fare e non hanno funzionato. Come gli elementi RPG che hanno messo da Assassin’s Creed 3 li avevo già pensati in Assassin’s Creed 1. Ma non potevamo farlo. Dicevano, ed è questa la questione. È per questo che ci sono solo nove assassinii, non avevamo gli strumenti per creare molte missioni secondarie. Questo è il motivo per cui il regno è piuttosto vuoto.

Poi, nel secondo abbiamo creato degli strumenti per fare missioni secondarie, sono iniziate a comparire molte missioni secondarie. Ma no, per Assassin’s Creed è diventato enorme! Tuttavia, sapevo che avevamo qualcosa. Perché questo è il mio lavoro, non sono un animatore, non sono un programmatore. Sono un game designer e un visionario! La mia visione era qualcosa tipo: sarà qualcosa di unico e la gente lo apprezzerà. Perché potevo prevederlo. E poi mi ricordo che mi sono piazzato una notte con devkit di PS3. Così potevo giocare a casa. E mi ricordo che ero seduto lì e pensavo: “Sarà una figata! La gente lo apprezzerà”. Perché lo potevo prevedere.

Ilvideogiocatore.it: Tra tutti i grandi giochi che hai fatto, c’è qualcuno che ti piace di più rigiocare?

Patrice Désilets: Oh, ne parlavo ieri. Non rigioco mai i miei giochi. Ne ho parlato con la mia ragazza stamattina, le ho detto: “Dovrei tornare a giocare con te” perché lei non ha idea.

Ilvideogiocatore.it: Lei non gioca?

Patrice Désilets: No. Ha visto suo figlio giocare ad Assassin’s Creed, ma non ci ha mai effettivamente giocato. Penso che rigiocherei ad Assassin’s Creed 1, solo per vedere… E forse Le Sabbie del Tempo. Ma per rigiocare i miei giochi… Prince of Persia non so come rigiocarlo. Proprio non so dove! Dove trovare una piattaforma su cui effettivamente giocarlo. Sands of time non so come rigiocarlo.

Ilvideogiocatore.it: Humankind: Ancestors è stato accolto in un modo alquanto misto dal pubblico. Le persone che lo hanno amato, lo hanno amato davvero. È una cosa che ho notato, le persone che lo hanno apprezzato ne parlano con forte passione, ma altri non sono riusciti a entrare in sintonia. Pensi che essendo sviluppato da un team più piccolo fosse destinato più a una nicchia di giocatori e invecela gente si aspettava che fosse la tua prossima big thing perché sei quello che ha fatto Prince of Persia, Assassin’s Creed e tutti quei meravigliosi altri giochi?

Patrice Désilets: Oh, ci sono più ragioni. La gente si aspettava il nuovo Assassin’s Creed. È orribile. In qualche modo è orribile. Ma io ho fatto Assassin’s Creed. È fatto,è finito. Mi sono spostato altrove. Personalmente, non trovo interessante fare un altro gioco di Assassin’s Creed. Ne ho fatti tre. Ancestors è unico e ne vado fiero. Quando funziona, funziona per le persone, con altre non funziona. E va bene così. Però c’è qualche cosa e mi piacerebbe tornarci e rivederla.

Ilvideogiocatore.it: Ad esempio cosa?

Patrice Désilets: Siamo stati duri. L’inizio del gioco è piuttosto difficile. Mi piacerebbe apportare cambiamenti o aggiunte. Una modalità facile, ho alcune idee ma non voglio spoilerale. Ma allo stesso tempo, quel gioco è quello che è. E se adatta all’argomento. È un gioco sulla sopravvivenza, non è un gioco di sopravvivenza. Capisci cosa intendo? In un gioco sulla sopravvivenza, non posso aiutarti a sopravvivere, o sarebbe controproducente. Devi trovare il modo di sopravvivere, quindi è per questo che il gioco non ti aiuta. Tutto il necessario è già qui.

Di Simone Giammarinaro

Ciao! Mi chiamo Simone Giammarinaro, ho 23 anni e studio Modellazione, texturing ed animazione 3D.
Amo la musica, il fumetto, ed il cinema, ma la mia passione più grande è senza ombra di dubbio il mondo videoludico.
Recentemente, ho cominciato ad interessarmi particolarmente al mondo dei giochi indie, che tendono a carpire maggiormente il mio interesse.

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