Categorie
Editoriali

Cosa sono i Soulslike e cosa li contraddistingue

Una profonda analisi del genere, anche oltre FromSoftware

Grazie al recente successo commerciale che è stato Elden Ring, ultima fatica dello studio di sviluppo From Software, il termine Soulslike ha acquisito un’ancora più ampia diffusione. Ma che cos’è un Soulslike? Quali sono le caratteristiche che lo differenziano al punto da far scaturire la necessità di generare un nuovo termine?

Soulslike o Soulsborne?

In una recente intervista rilasciata a IGN relativa al venturo lancio di Amored Core 6, Hidetaka Miyazaki, considerato a diritto il padre dei souls, ha esplicitamente parlato di un tipo di gameplay “soulsborne” legittimando così una volta per tutte il termine. Nello specifico, Miyazaki risponde così alla domanda se ci debba aspettare un titolo “soulsborne” dal prossimo Armored Core:

No, non abbiamo fatto uno sforzo volontario per provare ad indirizzarlo verso un tipo di gameplay soulsborne.

Hidetaka Miyazaki

Ma cosa si intende esattamente per soulsborne? E che cosa cambia da soulslike? Domande dalla natura più che legittima scaturite da una comunicazione inefficace da chi ha popolarizzato determinati termini.

Chiunque abbia un’infarinatura base di linguistica, sa bene quanto siano rari nelle lingue i sinonimi assoluti: sarebbe inutile generare due parole per indicare la medesima cosa. Per soulslike si intende un genere – o sottogenere se preferite – di videogiochi tendenzialmente vicino al più ampio ombrello dell’action RPG. Soulsborne invece indica tutti i prodotti più o meno connessi ai canoni del soulslike partoriti direttamente dalla casa di sviluppo “madre” del genere: From Software.

Definire Bloodborne un soulslike a tutti gli effetti si era rivelato già compromettente all’uscita del titolo per PlayStation 4, data la sua natura spiccatamente più action e meno ruolistica rispetto alle esperienze passate. Non c’è da sorprendersi se poi, con Sekiro, la definizione di soulslike non bastasse più a racchiudere dei prodotti così sensibilmente differenti, legati solo da un matrice di tipo produttiva. Nasce così il termine soulsborne, per indicare i prodotti più “recenti” (da Demon’s Souls in poi) della casa di sviluppo; simili nelle sensazioni, ma molto differenti a livello ludico e di esperienze complessive.

Queste distinzioni fanno nascere spontanea una questione, che è stata rimandata dall’inizio di questo testo per poter preparare una solida base su cui basare il successivo discorso: quali sono gli elementi essenziali per comprendere di cosa si stia parlando quando si discute di soulslike?

Che cos’è un Soulslike?

Si può affermare, senza paura di sbagliarsi troppo, che il soulslike fondi le sue radici nella più ampia categoria dell’action RPG.

D’altronde, quando Demon’s Souls sbarcò per la prima volta su PlayStation 3, nessuno si sarebbe immaginato che una reinterpretazione del genere incentrata su un combat system più lento e meditato avrebbe dato luce a una vera e propria nuova varietà di videogiochi.

Non sorprende neanche che grande focus delle recensioni del periodo ponessero grande enfasi sulla spiccata difficoltà del titolo (caratteristica che ha contraddistinto le opere del 2022), oggi cappello anche del reparto marketing dei titoli From Software, con conseguenza che a un’utenza che ha ricevuto il fenomeno più passivamente, risulti essere l’elemento connotativo più evidente dei soulsborne.

In effetti Demon’s Souls arriva nel nel 2009, periodo in cui i videogiochi, puntando con sempre maggiore veemenza al pubblico generalista, allora in grande crescita, abbassavano incredibilmente il livello di sfida a favore di un’accessibilità forzosa ed eccessiva, generando dei titoli nei quali non solo perdersi era impossibile, con qualche freccia o indicatore costantemente presente a schermo, con degli apici nei quali persino il game-over non era contemplato, come dimostrava il reboot del 2008 di Prince of Persia e come confermerà Bioshock Infinite nel Marzo del 2013.

Tuttavia, la difficoltà non è una componente centrale per identificare un soulslike; infatti, piuttosto che di difficoltà, si dovrebbe parlare di severità nella punizione degli errori. Ma sopratutto, come sottolineava già la recensione di IGN di Demon’s Souls, è caratteristica dei soulslike la possibilità di personalizzazione del personaggio, non solo a livello estetico ma sopratutto a livello ludico, con delle armi ed equipaggiamenti che offrono approcci radicalmente diversi all’esperienza con un arsenale composto sia da armi veloci e agili, che spadoni impossibili e ingombranti, passando per armature in grado di modificare il numero di I-Frames durante una schivata.

L’atipica componente online che caratterizza i soulsborne non è una componente essenziale per un soulslike, ma è un’aggiunta gradita ai più, capace di donare maggiore longevità grazie alla componente PvP, ma anche come scusa per presentare storie e plausibili movimenti degli NPC all’interno del mondo di gioco, evocabili come fossero altri videogiocatori connessi e regalando l’illusione di un mondo vivo dietro al codice.

Il Gameplay

Il gameplay di un soulslike è senza dubbio l’elemento che meglio di qualunque altro ne definisce i connotati.

Delle riflessioni ponderate e meditate devono precedere l’input dei comandi. Premere compulsivamente il pulsante di attacco o di schivata, risulterà inevitabilmente in una morte prematura: nessuna disattenzione è concessa. Conoscere bene i movimenti del nemico aiuta molto, ma non è essenziale. È sufficiente riuscire a leggerne i movimenti, insieme a una buona dose di riflessi per anticipare quale sia il momento giusto in cui colpire, e quale quello per ritirarsi. È invece richiesta una buona conoscenza del moveset dell’arma impugnata.

Anche il gameplay, per quanto fresco e a modo suo innovativo, non è una vera invenzione della casa di sviluppo nipponica. I soulslike si contraddistinguono per i tempi di recupero lenti dopo ogni attacco, che lasciano scoperti alle violenze dei nemici in combinazione a una corretta gestione di stamina e cure, ma sono di per sé riconducibili alla celeberrima serie Monster Hunter di enorme successo nella terra del Sol Levante.

Il mondo di un soulslike

Per essere definito tale, il mondo di un soulslike deve essere provvisto di numerosi shortcut che colleghino l’intero mondo (come nel caso della prima metà di Dark Souls), o le singole zone delle varie aree che compongono il mondo di gioco (come nel caso di Bloodborne o Dark Soul III).

Le singole zone possono essere ricche di segreti, e i fan spesso apprezzano quando la densità di quest’ultimi tende verso l’alto, ma il world e level design non si deve limitare all’abbondanza di shortcut per spostarsi agilmente da un punto all’altro dell’area, bensì deve essere foriero di un tipo di narrazione che è stata ri-popolarizzata da Miyazaki. Non è un mistero, infatti, che tra le fonti di ispirazione del papà dei souls vi siano le opere di Fumito Ueda, in particolare ICO.

La trama dei souls, o più specificatamente in questo caso, la tanto decantata “lore” (pur consapevoli che non siano la stessa cosa), si ricava sì dalle descrizioni di armi, oggetti ed equipaggiamenti sparsi in giro per il mondo, ma anche da elementi visivi dello scenario.

Una statua mancante nell’area di un duplice boss che gli amanti del primo Dark Souls ricorderanno bene, ha generato a lungo discussioni e teorie da parte dei fan su chi fosse rappresentato in quella scultura e il conseguente rapporto dell’individuo mancante in questione con le altre rappresentazioni presenti. Una porta chiusa a chiave dall’esterno suggerisce che qualcuno abbia volontariamente rinchiuso il malcapitato che si celava nella stanza dietro la porta. Forse come punizione per i peccati commessi.

Insomma, come i mondi di Fumito Ueda sono in grado di raccontare delle storie senza l’ausilio di cutscenes esplicative o dialoghi esaustivi, così un soulslike deve essere in grado di narrare “silenziosamente” mediante l’ausilio di dettagli a schermo e modelli poligonali.

I “falsi”

Considerato il discorso appena concluso, qualcuno potrebbe domandarsi se quindi in qualche misura si possa quindi considerare Ico un soulslike. La riposta ovviamente è no. Come è stato discusso, il soulslike, come tra l’altro grande parte degli altri generi videoludici, fonda le sue radici in diversi altre macro-categorie. Come l’action RPG e il metroidvania, per cui è naturale trovare elementi apparentemente “souls” in giochi che concettualmente non potrebbero esserne più distanti.

Hollow Knight, ad esempio è un chiaro esempio di metroidvania che viene però spesso accomunato ai souls. Esso in realtà possiede delle caratteristiche “derivate” dai titoli di casa FromSoftware, come ormai è comune a moltissimi generi, sempre più difficili da incasellare in delle strette categorie e che amano miscelarsi generando nuove divertenti dinamiche); esempi sono: l’ambiguità degli NPC, mai del tutto esaustivi, la spiccata enfasi sulla narrazione ambientale silenziosa e, più in generale, un’atmosfera cupa e ineffabile molto vicina ai canovacci soulsborne.

Sia Doom che What remains of Edith Finch, ad esempio hanno in comune la visuale in prima persona (che per molti anni è stata prerogativa del genere dei doom-clones), ma ciò naturalmente non è sufficiente per ritenere i due giochi appartengano al medesimo genere.

La derivazione dei souls, allora (ma di quasi tutti i generi in verità), non si limita al banale assemblaggio di elementi presi ora dall’action RPG, ora del metroidvania, ma è una fine pratica di rielaborazione di meccaniche e dinamiche per dare luce ad un tipo di esperienza del tutto nuova.

In sintesi: le caratteristiche di un Soulslike

Le caratteristiche essenziali affinché un gioco possa essere considerato un Soulslike in definitiva non sono moltissime, ma appartengono ad aspetti diversi dell’interazione con il videogiocatore.

Dal punto di vista del gameplay puro, ci si aspetta un combattimento non necessariamente “lento”, ma comunque punitivo e meditato, con dei tempi di recupero a seguito di ogni attacco che lasciano scoperti, punendo così fretta o disattenzione dei videogiocatori. Anche la gestione della stamina fa parte del combat del genere, attaccare o schivare troppo frequentemente, oltre a essere poco efficace come approccio, porterà a un rapido consumo della stessa, lasciando il giocatore scoperto durante la fase di recupero.

Dal punto di vista dell’esplorazione o, più in generale del mondo di un soulslike, è prerogativa del genere una mappa interconnessa e ricca di segreti da scoprire, con shortcut che colleghino tra di loro o intere aree del mondo o all’interno delle singole zone di gioco.

In ultimo, pur se non essenziale, è caratteristica comune del genere una narrativa silenziosa, aspetto che non riguarda necessariamente la trama, ma che è in grado di trasmettere coerenza tra i personaggi del mondo e la loro locazione all’interno dello stesso, oltre ad aggiungere dettagli e significato alla storia del mondo che ci si accinge a esplorare.

Di Simone Giammarinaro

Ciao! Mi chiamo Simone Giammarinaro, ho 23 anni e studio Modellazione, texturing ed animazione 3D.
Amo la musica, il fumetto, ed il cinema, ma la mia passione più grande è senza ombra di dubbio il mondo videoludico.
Recentemente, ho cominciato ad interessarmi particolarmente al mondo dei giochi indie, che tendono a carpire maggiormente il mio interesse.

Iscriviti alla nostra newsletter!

Ricevi settimanalmente aggiornamenti sugli ultimi approfondimenti direttamente sulla tua email. Potrai disiscriverti quando vorrai.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *