Durante il Lucca Comics & Games 2025, MediaWorld ha ospitato, presso il proprio Gaming Village, diversi eventi che hanno confermato quanto il videogioco sia ormai una forma di intrattenimento, e arte, ampiamente apprezzata tanti dagli uomini quanto dalle donne.
In questa cornice, che ha voluto anche accendere i riflettori sulle 5,7 milioni di videogiocatrici italiane (41% del totale, secondo l’ultimo report di IIDEA), ho avuto il piacere di fare una lunga chiacchierata con Antonella Arpa, in arte Himorta, la cosplayer più famosa d’Europa e appassionata gamer. Abbiamo parlato di videogiochi, della sua carriera, dei progressi della community videoludica e anche della sua infanzia da gamer femminile in un mondo che non era ancora pronto per le videogiocatrici.
La regina del cosplay
Himorta è una cosplayer. Ha iniziato la sua carriera per puro gioco dieci anni fa e oggi è famosa tanto in Italia quanto in Europa. È content creator, presentatrice, streamer e — fortunatamente per questo blog — anche videogiocatrice.
Durante la nostra chiacchierata, Antonella mi ha raccontato che la sua fortuna è nata in modo naturale. La sua capacità nel progettare e creare i costumi, la creatività e l’abilità nell’interpretazione le hanno permesso di costruire una carriera ricca di successi lunga già dieci anni.
Poi, cinque anni, all’apice di una carriera fondata sugli eventi in presenza, la pandemia di Covid-19 ha colpito l’intero globo. Un duro colpo per tutto il settore, compresa Antonella, che come altri h dovuto leggere il numero “zero” tra le entrate di quei mesi.
Però. chiuse le porte, si è aperto un cancello digitale: Himorta si è reinventata grazie al naturale fil rouge che lega cospayer e videogiochi. Una visione fondamentale per portare avanti la sua carriera, ma anche la possibilità di riscoprire antico passatempo, il videogioco, che oggi l’ha resa una delle content creator più influenti nel promuovere il gaming al femminile.

“Giocavo di nascosto”: il gaming femminile negli anni 90
Gli aneddoti più significativi nascono spesso in tempi non sospetti. La passione di Antonella per il gaming nasce negli anni 90, quando giocava a titoli ormai iconici per PlayStation come Bugs Bunny: Lost in Time e Disney’s Hercules. Ma lo doveva fare, per così dire, di nascosto.
Come molte altre ragazze, Antonella prendeva in prestito la console del fratello per giocare ai suoi titoli preferiti. Ripensandoci oggi, era già un segno: personaggi Disney e videogiochi, due elementi che hanno poi contribuito a creare l’identità di Himorta — un percorso forse anticipabile, se non fosse stato ostacolato dal retaggio culturale dell’epoca.
Per fortuna, le generazioni attuali non hanno ben chiaro il motivo per cui la piccola Antonella dovesse prendere in presito la console dal fratello oppure videogiocare senza il piacere di raccontarlo alle sue amiche.
Venticinque anni fa, una console era considerata un regalo “da maschio”, e provare imbarazzo nell’essere videogiocatrici era normalizzato. Ricordatevi questa frase di Himorta quando ragionate su quanto sia cambiato il panorama del gaming femminile:
“Ai quei tempi, a una bambina non si regalava videogiochi”.
Figuriamoci chiedere a Babbo Natale una memory card (che, per la cronaca, ho chiesto e ricevuto anch’io, ndR): la massima espressione dell’essere gamer.

Quando il nickname diventa una corazza
Purtroppo, anche nella leggerezza delle piccole cose, la libertà va guadagnata passo dopo passo, lotta dopo lotta. Lo sappiamo tutti che non è ancora tutto rose e fiori. Nel tempo, Himorta è stata costretta a utilizzare nickname maschili durante il gioco online per evitare atteggiamenti offensivi, se non addirittura molestie.
Esperienze come quella appena citata sono ancora troppo sottoavalutate. Evitare di parlare in una chat durante una partita in multiplayer per non far sentire la propria voce femminile è un limite alla libertà di ogni ragazza.
La stessa Antonella però mi ha confidato di aver visto in prima persona un cambiamento nella community videoludica. Le battaglie per un ambiente più inclusivo nel gaming stanno dando i loro frutti.
Oggi, nel suo mondo e con la sua fanbase, Himorta racconta i videogiochi con emozione e sincerità: gioca, perde, accetta consigli, e lo fa senza filtri. Ma anche fuori dalla comfort zone, nella community online, la generazione attuale sembra aver abbattuto diverse barriere.
Nella sua esperienza Antonella si gode la normalità di essere una videogiocatrice, che vuole oggi vivere la sua passione, e il suo lavoro, con la consapevolezza di essere libera. Libera di giocare il medium artistico più interattivo e appassionante senza alcun preconcetto. Del resto, se ti sei divertita e hai finito Bugs Bunny: Lost in Time, sei veramente una vera gamer.
Ti potrebbe interessare anche:
Il videogame al femminile: fenomenologia e cultura delle videogiocatrici

