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Baldur’s Gate: vale la pena giocare i primi due capitoli?

Acclamato come il gioco di ruolo definitivo, tutti vogliono giocare a Baldur’s Gate 3. Ma ci sono diversi buoni motivi per giocare anche i primi due capitoli

Che Baldur’s Gate 3 sarebbe stato un successo fuori scala si sapeva già da tempo, da almeno tre anni, quando Larian Studios annunciò di aver preso la pesante eredità dello storico titolo.

I numeri successivi al lancio hanno persino superato le già alte aspettative, ciò significa che il gioco non ha catturato solo i nostalgici o i fan dei giochi di ruolo cartacei, ma anche un’importante platea di nuovi giocatori, che magari di riflesso ora saranno interessati anche a testare per la prima volta Dungeons & Dragons e simili.

Insomma, stiamo parlando di un evento che ha sconvolto non solo il mercato dei videogiochi, ma un intero settore ludico che spazia da pc e console ai giochi pen & paper, ma anche serie televisive, libri e chi più ne ha più ne metta.

Di questo ne abbiamo già parlato in precedenza, ma c’è un elemento fondamentale che ha permesso a BG3 di essere quello che è oggi: il peso del nome che il titolo porta con sé.

Già prima del terzo capitolo, i due predecessori avevano letteralmente sconvolto il mondo dei videogiochi, diventando una tra le prime trasposizioni videoludiche di un gioco di ruolo cartaceo. Partiamo da un presupposto: Baldur’s Gate 1 e 2, entrambi capitoli di una saga prodotta da Bioware, non hanno nulla a che vedere con Baldur’s Gate 3 (o quasi nulla, ma non vogliamo fare spoiler su certi personaggi, come per esempio un certo criceto spaziale…). Non si tratta solo di ovvie questione di differenze grafiche e giocabilità (per i primi due capitoli parliamo di titoli rispettivamente del 1998 e del 2000), ma anche la storia è completamente slegata.

Vale dunque la pena giocare oggi, per chi non l’ha mai fatto, Baldur’s Gate 1 e 2? Sì, ma solo se vengono soddisfatte determinate condizioni. Per cimentarsi in una simile avventura serve una buona dose di determinazione e curiosità, perché il comparto grafico è talmente datato da fare male agli occhi, la visuale isometrica con combattimenti in tempo reale è piuttosto caotica per chi ormai è abituato a giocare con il sistema a turni e soprattutto non ci sono tutorial. Infatti, Baldur’s Gate 1 e 2 danno per scontato che i giocatori conoscano la seconda edizione di D&D (Advanced Dungeons & Dragons, anno di pubblicazione 1989, mentre Baldur’s Gate 3 è basato sulla quinta edizione).

Detto ciò, se si soddisfano questi requisiti, chi non ha mai giocato ai primi due capitoli dovrebbe farlo, subito. Una storia coinvolgente e indimenticabile trasporta il giocatore nell’Amn, tra la città di Baldur’s Gate e i suoi confini, permettendo al videogiocatore di esplorare piccoli e grandi insediamenti, terre selvagge, incontrare un grande numero di potenziali alleati, ognuno con il suo allineamento e i suoi obiettivi.

La generazione del personaggio è completamente libera: non ci sono pregen tra cui scegliere e bisogna dare vita alla propria fantasia, selezionando la razza (tra i classici umani, elfi, mezzelfi, nani, gnomi e così via), la classe, l’allineamento (se buono o malvagio, caotico o legale) e quel minimo di estetica che il gioco permette.

Anche in Baldur’s Gate 1 e 2 le scelte fanno la differenza. Manca tutta la componente dei tiri abilità, ma le finestre di dialogo permettono al giocatore di scegliere le proprie risposte, a volte con stringhe aggiuntive dettate dalla classe scelta (il Paladino, per esempio, ha spesso maggiori opzioni). Una novità per il periodo in cui vennero pubblicati i due titoli; infatti, BG fu tra i primi a dare l’impressione che il personaggio fosse l’estensione del videogiocatore.

Una menzione speciale per la composizione del party: in entrambi i capitoli possiamo portare con noi cinque companion, per un totale di sei personaggi. Le possibilità di scelta, però, sono molto vaste: nel primo capitolo possiamo scegliere tra un totale di 25 npc (29 nell’Enhanced Edition), mentre nel secondo ce ne sono 17 (20 nell’Enhanced Edition). Trovarli non è automatico. A volte potrebbe essere necessario completare delle quest o semplicemente essere abbastanza curiosi da parlare con tutti i personaggi che incontriamo sulla mappa per scoprire che tra loro si cela un potenziale alleato. Mantenerli è ancora più complesso: ognuno di loro ha una propria personalità e se il gruppo agisce in contrasto con i loro ideali potrebbe portarli a lasciarvi a piedi, anche nel bel mezzo di un dungeon (a volte potrebbero addirittura rivoltarsi contro l’eroe e gli altri suoi compagni). Altri, invece, hanno esigenze, come per esempio una quest personale, che se non viene completata entro una determinata scadenza li porta a spazientirsi e, ancora una volta, a lasciarci.

In tutto questo, non ci sarà nessun accampamento raggiungibile facilmente con un clic sull’interfaccia: nel migliore dei casi, se lasciamo un companion, ci dirà dove possiamo incontrarlo se abbiamo ancora bisogno di lui, in altre occasioni, i più orgogliosi, ci saluteranno per sempre.

Entrambe le avventure si concentrano nella Costa della Spada. Nel primo capitolo si parte dal livello 1 nella cittadella fortezza di Candlekeep, per poi giungere a Baldur’s Gate nel late game, con un epico combattimento finale e annesso colpo di scena a cui si dovrebbe assistere una volta raggiunto il livello 10. Il secondo capitolo, invece, è il naturale prosieguo del primo: si riparte dal livello 10 proprio dove avevamo lasciato il nostro eroe e parte dei compagni più iconici. Altri volti noti potranno essere incontrati per strada, così come altre facce nuove potranno entrare a far parte del gruppo.

Rigiocare i titoli, per chi non l’ha mai fatto, oggi potrebbe essere un po’ più semplice. Infatti, rispettivamente nel 2012 e nel 2013, sono uscite le versioni Enhanced Edition, con grafica e sonoro aggiornato, formato widescreen e HD; tra l’altro, entrambi i giochi sono stati prodotti anche in versione iOS.

La storia di Baldur’s Gate non finisce qui: entrambi i capitoli hanno delle loro espansioni, rispettivamente Tales of the Sword Coast e Siege of Dragonspear per il primo e Throne of Bhaal per il secondo, ma ci sono anche gli standalone della serie Dark Alliance (Recension del primo capitolo), usciti per console come dei platform d’azione in cui la storia lascia il passo alle sane botte.

Un successo stratosferico, dunque, quello dei primi Baldur’s Gate, che hanno dato vita anche ad altri gioielli di questo genere, come Icewind Dale 1 e 2, Neverwinter Nights 1 e 2 e Planescape: Torment. Giochi che, però, meritano più di qualche riga in coda a questo articolo.

Di Jacopo Peruzzo

Giornalista professionista (che è sempre meglio che lavorare), musicista a tempo perso, giocatore di ruolo e videogiocatore a tempo pieno. Redattore per il quotidiano Latina Oggi, cercavo un luogo in cui potessi sfogare la mia voglia di parlare di videogame. Ed eccomi qui.

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