Categorie
Editoriali

Baldur’s Gate: vale la pena giocare i primi due capitoli?

Che Baldur’s Gate 3 sarebbe stato un successo fuori scala si sapeva già da tempo, da almeno tre anni, quando Larian Studios annunciò di aver preso la pesante eredità dello storico titolo.

I numeri successivi al lancio hanno persino superato le già alte aspettative, ciò significa che il gioco non ha catturato solo i nostalgici o i fan dei giochi di ruolo cartacei, ma anche un’importante platea di nuovi giocatori, che magari di riflesso ora saranno interessati anche a testare per la prima volta Dungeons & Dragons e simili.

Insomma, stiamo parlando di un evento che ha sconvolto non solo il mercato dei videogiochi, ma un intero settore ludico che spazia da pc e console ai giochi pen & paper, ma anche serie televisive, libri e chi più ne ha più ne metta.

Di questo ne abbiamo già parlato in precedenza, ma c’è un elemento fondamentale che ha permesso a BG3 di essere quello che è oggi: il peso del nome che il titolo porta con sé.

Già prima del terzo capitolo, i due predecessori avevano letteralmente sconvolto il mondo dei videogiochi, diventando una tra le prime trasposizioni videoludiche di un gioco di ruolo cartaceo. Partiamo da un presupposto: Baldur’s Gate 1 e 2, entrambi capitoli di una saga prodotta da Bioware, non hanno nulla a che vedere con Baldur’s Gate 3 (o quasi nulla, ma non vogliamo fare spoiler su certi personaggi, come per esempio un certo criceto spaziale…). Non si tratta solo di ovvie questione di differenze grafiche e giocabilità (per i primi due capitoli parliamo di titoli rispettivamente del 1998 e del 2000), ma anche la storia è completamente slegata.

Vale dunque la pena giocare oggi, per chi non l’ha mai fatto, Baldur’s Gate 1 e 2? Sì, ma solo se vengono soddisfatte determinate condizioni. Per cimentarsi in una simile avventura serve una buona dose di determinazione e curiosità, perché il comparto grafico è talmente datato da fare male agli occhi, la visuale isometrica con combattimenti in tempo reale è piuttosto caotica per chi ormai è abituato a giocare con il sistema a turni e soprattutto non ci sono tutorial. Infatti, Baldur’s Gate 1 e 2 danno per scontato che i giocatori conoscano la seconda edizione di D&D (Advanced Dungeons & Dragons, anno di pubblicazione 1989, mentre Baldur’s Gate 3 è basato sulla quinta edizione).

Detto ciò, se si soddisfano questi requisiti, chi non ha mai giocato ai primi due capitoli dovrebbe farlo, subito. Una storia coinvolgente e indimenticabile trasporta il giocatore nell’Amn, tra la città di Baldur’s Gate e i suoi confini, permettendo al videogiocatore di esplorare piccoli e grandi insediamenti, terre selvagge, incontrare un grande numero di potenziali alleati, ognuno con il suo allineamento e i suoi obiettivi.

La generazione del personaggio è completamente libera: non ci sono pregen tra cui scegliere e bisogna dare vita alla propria fantasia, selezionando la razza (tra i classici umani, elfi, mezzelfi, nani, gnomi e così via), la classe, l’allineamento (se buono o malvagio, caotico o legale) e quel minimo di estetica che il gioco permette.

Anche in Baldur’s Gate 1 e 2 le scelte fanno la differenza. Manca tutta la componente dei tiri abilità, ma le finestre di dialogo permettono al giocatore di scegliere le proprie risposte, a volte con stringhe aggiuntive dettate dalla classe scelta (il Paladino, per esempio, ha spesso maggiori opzioni). Una novità per il periodo in cui vennero pubblicati i due titoli; infatti, BG fu tra i primi a dare l’impressione che il personaggio fosse l’estensione del videogiocatore.

Una menzione speciale per la composizione del party: in entrambi i capitoli possiamo portare con noi cinque companion, per un totale di sei personaggi. Le possibilità di scelta, però, sono molto vaste: nel primo capitolo possiamo scegliere tra un totale di 25 npc (29 nell’Enhanced Edition), mentre nel secondo ce ne sono 17 (20 nell’Enhanced Edition). Trovarli non è automatico. A volte potrebbe essere necessario completare delle quest o semplicemente essere abbastanza curiosi da parlare con tutti i personaggi che incontriamo sulla mappa per scoprire che tra loro si cela un potenziale alleato. Mantenerli è ancora più complesso: ognuno di loro ha una propria personalità e se il gruppo agisce in contrasto con i loro ideali potrebbe portarli a lasciarvi a piedi, anche nel bel mezzo di un dungeon (a volte potrebbero addirittura rivoltarsi contro l’eroe e gli altri suoi compagni). Altri, invece, hanno esigenze, come per esempio una quest personale, che se non viene completata entro una determinata scadenza li porta a spazientirsi e, ancora una volta, a lasciarci.

In tutto questo, non ci sarà nessun accampamento raggiungibile facilmente con un clic sull’interfaccia: nel migliore dei casi, se lasciamo un companion, ci dirà dove possiamo incontrarlo se abbiamo ancora bisogno di lui, in altre occasioni, i più orgogliosi, ci saluteranno per sempre.

Entrambe le avventure si concentrano nella Costa della Spada. Nel primo capitolo si parte dal livello 1 nella cittadella fortezza di Candlekeep, per poi giungere a Baldur’s Gate nel late game, con un epico combattimento finale e annesso colpo di scena a cui si dovrebbe assistere una volta raggiunto il livello 10. Il secondo capitolo, invece, è il naturale prosieguo del primo: si riparte dal livello 10 proprio dove avevamo lasciato il nostro eroe e parte dei compagni più iconici. Altri volti noti potranno essere incontrati per strada, così come altre facce nuove potranno entrare a far parte del gruppo.

Rigiocare i titoli, per chi non l’ha mai fatto, oggi potrebbe essere un po’ più semplice. Infatti, rispettivamente nel 2012 e nel 2013, sono uscite le versioni Enhanced Edition, con grafica e sonoro aggiornato, formato widescreen e HD; tra l’altro, entrambi i giochi sono stati prodotti anche in versione iOS.

La storia di Baldur’s Gate non finisce qui: entrambi i capitoli hanno delle loro espansioni, rispettivamente Tales of the Sword Coast e Siege of Dragonspear per il primo e Throne of Bhaal per il secondo, ma ci sono anche gli standalone della serie Dark Alliance (Recension del primo capitolo), usciti per console come dei platform d’azione in cui la storia lascia il passo alle sane botte.

Un successo stratosferico, dunque, quello dei primi Baldur’s Gate, che hanno dato vita anche ad altri gioielli di questo genere, come Icewind Dale 1 e 2, Neverwinter Nights 1 e 2 e Planescape: Torment. Giochi che, però, meritano più di qualche riga in coda a questo articolo.

Categorie
Editoriali

Dieci videogiochi di ruolo da recuperare assolutamente

Baldur’s Gate 3 ha risvegliato in molti, e fatto scoprire a tanti altri, la voglia di giocare ai videogiochi di ruolo. Ormai è stato detto e ridetto: il titolo ha sconvolto tutti, grazie da un gioco completo già al day one, senza dlc (se ce ne saranno, in futuro, sarà per espandere il gioco) e soprattutto dimostrando che un gioco senza microtransazioni funziona bene e invoglia all’acquisto.

Insomma, una vera e propria lezione di stile, impartita con una forza tale che, probabilmente, ora le grandi case saranno costrette a rivedere qualcosa sulle modalità di lancio dei propri titoli. Ma c’è chi questo lo faceva già prima di Baldur’s Gate, senza però aver ottenuto la stessa risonanza che ha avuto l’ultimo titolo di Larian Studios.

L’esplosione di BG3 ha aperto sicuramente una nuova stagione per gli rpg a turni, con movimento tattico, esplorazione, personalizzazione dei personaggi e possibilità di “piegare” la storia a proprio piacimento, grazie alle decisioni del giocatore e alle abilità dei personaggi con cui si decide di comporre il proprio gruppo. Per questo abbiamo deciso di rispolverarne qualcuno, neanche troppo datato, che finora hanno portato alta la bandiera del genere.

10 – Solasta: Crown of the Magister

Videogiochi di ruolo: Solasta

Solasta: Crown of the Magister è stato un buon tentativo di trasposizione delle regole della 5 SRD (System Reference Document), ossia delle linee guida per la pubblicazione di contenuti sotto la OGL. Il videogioco di ruolo, prodotto da Tactical Adventures, si propone come una trasposizione del classico rpg da tavolo di quinta edizione, in un mondo originale.

Tira iniziativa, fai attacchi di opportunità e stabilisci la posizione dei personaggi, ma non solo: devi anche compiere scelte e decidere il tuo destino.

La peculiarità del gioco è la pubblicazione periodica di Dlc che offrono vere e proprie campagne tutte nuove, tra loro indipendenti, offrendo ai giocatori avventure sempre rinnovate.

Resta però il problema di un party pregenerato, con personaggi troppo silenziosi e con zero interazioni.

9 – Enchased: A Sci-Fi Post Apocalyptic RPG

Cambia l’ambientazione e cambiano tutte le regole (rispetto a BG3) ma restano la componente isometrica, il combattimento a turni e le scelte che determinano la storia.

Si tratta di Encased: A Sci-Fi Post-Apocalyptic RPG, gdr tattico e fantascientifico che è ambientato in un mondo distopico, dove si combattono nemici, si esplorano grandi aree “aliene”, si livella il proprio personaggio e si sceglie a quale fazione di sopravvissuti strizzare l’occhio e a quale tagliare le gambe.

Tra pistole laser e le immancabili armi da mischia, anche il carisma fa la sua sporca figura: a volte la lingua ferisce più dell’acciaio.

Fabbricare oggetti, combattere e negoziare sono le parole d’ordine di questo gioco che ha tanto da offrire.

8 – Tyranny

Videogiochi di ruolo: Tyranny

Il titolo di Paradox e Obsidian, pubblicato nel 2016, catapulta il giocatore in un mondo in cui la grande guerra tra il bene e il male è appena finita. E ad aver vinto è stato il male.

Il nostro personaggio si troverà di fronte ad un mondo che reagisce attivamente alle sue decisioni, viaggiando per un regno dove potrà ispirare lealtà o terrore.

Insomma, la piega che la storia può prendere è tutta in mano al giocatore, con un sistema di combattimento tattico, ma in tempo reale con pause.

La vera innovazione è che qui, più che in ogni altro gioco di ruolo, non solo le scelte contano, ma è proprio su questo aspetto che si focalizza il titolo, che grazie a questa meccanica presenta un’alta rigiocabilità.

7 – Disco Elysium

Videogiochi di ruolo: Disco Elysium

Qui parliamo di un piccolo gioiello, tanto caotico quanto affascinante. Figlio d’arte di titoli come Planescape: Torment, a cui è fortemente ispirato, si presenta come un gioco di ruolo non tradizionale: i combattimenti sono praticamente assenti.

Il videogiocatore si troverà a interagire con il mondo moderno e distopico attraverso un detective che ha perso la memoria, in un mondo moderno e distopico, affrontando la maggior parte dei casi tramite i dialoghi e test di abilità, muovendosi in un quartiere di una città che si sta ancora riprendendo dalla guerra.

Non mancano elementi che strizzano l’occhio all’horror e la modalità open world lascia grande spazio di manovra ai giocatori.

6 – Wasteland (2 e 3)

Dura la vita dei Desert Ranger: tra banditi, mostri, macchine impazzite e quant’altro, girare tra l’Arizona e il Colorado è un inferno. Fortunatamente, ormai non ci sono più regole: anzi, le regole le fate voi.

Succede questo in Wasteland 2 e 3, rpg isometrici con combattimenti a turni e dove “choice matters”, in cui coordinerete una squadra di Desert Ranger (tra personaggi da voi generati e png che potrete scegliere di portare con voi) in un mondo post apocalittico, dove potrete essere i buoni, i cattivi, i menefreghisti… quello che volete.

Il gioco permette anche una modalità multiplayer e, come segno distintivo del terzo capitolo, inserisce la possibilità di personalizzare il veicolo utilizzabile per viaggiare, immagazzinare scorte e anche per combattere.

5 – Pillars of Eternity (I e II)

Videogiochi di ruolo: Pillars of Eternity

Pillars of Eternity è stata una sfida: è un gioco tutto nuovo, che a parte i pilastri del gdr isometrico a turni, presenta una serie di novità anche complesse da digerire.

Un esempio è il sistema di regole, non esattamente intuitivo, che potrebbe allontanare più di qualche giocatore non così devoto alla causa dei giochi di ruolo da mettersi a “studiare”.

Eppure, entrambi i titoli portano sullo schermo due storie, tra loro collegate, tra le più avvincenti ed originali di sempre. Tanto basterebbe per divorarli tutti e due, ma bisogna ammettere che, una volta capito, il sistema di regole funziona e permette anche di sbizzarrirsi in build divertenti.

Inizialmente il gioco non era pensato per essere un turn based combat: la modalità è stata inserita in un secondo momento (almeno per il primo capitolo), e ciò permette anche di giocare i combattimenti di entrambi i titoli in real time.

Inoltre, per non farci mancare nulla, se nel primo titolo sarete chiamati a ricostruire una fortezza perduta e piena di mistero, nel secondo potrete solcare i mari a bordo del vostro vascello (personalizzabile e gestibile nei dettagli, anche assumendo i membri dell’equipaggio).

4 – Pathfinder Kingmaker e Wrath of the Righteous

Nato come un’alternativa a Dungeons & Dragons 3.5 (e poi proseguito per conto suo), Pathfinder si è imposto nel mondo del gdr cartaceo come grande competitor del titolo di Wizard of the Coast, puntando molto anche sul comparto videoludico.

I titoli Kingmaker e Wrath of the Righteous, arrivarono in un momento (2018 e 2021) in cui c’era forte carenza della trasposizione dei manuali sullo schermo di pc e console. Anche qui, la ricetta è quella già citata: personalizzazione del proprio personaggio e del party, i combattimenti sono a turni, la visuale è isometrica, le scelte determinano il destino dei personaggi (e del mondo) e così via.

Cos’hanno di diverso dagli altri rpg? Entrambi i giochi presentano delle aggiunte singolari e difficilmente individuabili in altri giochi del genere: mentre esplorate dungeon o città e vi perderete in una chiacchiera con png interessanti, in Kingmaker sarete chiamati a gestire un regno e le città che costruirete entro i suoi confini, mentre in Wotr sarete a capo di una crociata (sì, di un vero e proprio esercito) contro i demoni pronti a devastare il mondo. Anche qui, è possibile scegliere se combattere in real time o a turni.

3 – Baldur’s Gate (1 e 2)

Con questi titoli ci siamo allontanati molto dall’incipit: i primi due capitoli di Baldur’s Gate non hanno nulla a che vedere con l’ultimo capolavoro di Larian Studios, se non l’ambientazione. A separare i titoli di Black Isle dal terzo capitolo della saga ci sono ben 23 anni, tre edizioni di Dungeons & Dragons (in questo caso parliamo della 2°), manca completamente la modalità a turni.

Nonostante ciò, questi sono due gioielli, tra i primi videogiochi ad aver portato su pc la possibilità di plasmare la storia a proprio piacimento, grazie ad una vasta possibilità di scelte a disposizione del giocatore. I personaggi che accompagnano il protagonista sono molti, bisognerà decidere chi portarsi, mentre chi viene lasciato dietro non starà comodamente ad attendere in un accampamento accessibile tramite un pulsante nell’interfaccia.

Inoltre, ognuno dei companions ha propri obiettivi e desideri che, se non assecondati, li porterà addirittura a lasciare il party. La storia è da 10 e lode (BG2 è un proseguo del primo capitolo in questo caso) ed entrambi sono giochi che devono essere recuperati da chi non li ha mai giocati.

E nel caso vi trovaste bene con BG I e II, è il caso di provare anche i “fratellini” Icewind Dale I e II: un gioco pressoché identico, ma questa volta ambientato nelle Terre del Vento Gelido (sempre nel Faerun, enorme continente del mondo di Dungeons & Dragons), a migliaia di chilometri di distanza dall’Amn e la sua capitale, Baldur’s Gate.

2 – Planescape Torment

Videogiochi di ruolo: Planetscape Torment

Questo titolo poteva essere inserito nel paragrafo dedicato a BG I e II (e Icewind Dale I e II), in quanto prodotto negli stessi anni (1999) sempre dalla Black Isle Studios, seguendo le stesse regole della seconda edizione di Dungeons & Dragons e presentandosi graficamente come un’estensione dei giochi sopra citati.

Ma Planescape Torment è un gioco a sé, un piccolo capolavoro che emerge da tutti gli altri titoli. A fare da padrona in questo mondo è la storia, dove i combattimenti ci sono, ma possono essere evitati e soprattutto non sono prominenti.

Il personaggio non viene creato soltanto ad inizio gioco, ma anche durante il gioco stesso: prendendo il controllo di The Nameless One, un essere immortale che dimentica qualsiasi cosa se ucciso (per poi tornare in vita, ovviamente), camminerete tra le strade della città di Sigil e negli altri piani dell’esistenza, cercando di ricostruire la memoria del protagonista.

Il nostro protagonista incontrerà diversi personaggi molto particolari (teschi che volano e parlano, succubi e tante altre stranezze), che potranno accompagnarlo nel suo viaggio. Molti di questi lo hanno già incontrato in passato, alcuni sono stati influenzati dalle sue azioni in qualche modo, ma lui non se lo ricorda.

1 – Divinity Original Sin (1 e 2)

Non potevano che stare sul podio questi due capolavori che probabilmente hanno permesso alla Larian Studios di diventare la “prescelta” per la realizzazione di BG3. I giochi differiscono sicuramente per meccaniche, con il secondo capitolo in cui è stata migliorata e potenziata la già validissima giocabilità del primo, che ancora oggi merita di essere giocato e rigiocato più volte.

I due capitoli non sono uno il continuo dell’altro, ma ci sono temi che ritornano e che fanno capire al giocatore di essere immerso in un mondo complesso, ma affascinante. In entrambi i giochi le proprie scelte fanno la differenza e il mondo circostante cambierà in base ad esse, ma è nel secondo capitolo che si fa più imponente la presenza dei personaggi pregenerati (che, come in BG3, possono anche essere selezionati alla creazione del personaggio come protagonista).

Rispetto al mastodontico Baldur’s Gate 3 manca la meccanica del salto, che ormai ha assuefatto tutti, ma c’è una cosa che i Divinity hanno in più rispetto all’ultimo titolo Larian: non esistono classi (guerriero, stregone, warlock etc.), bensì ogni personaggio può essere modellato a proprio piacimento, andando ad investire punti in diverse scuole di magia o arti da guerra al level up. Volete un paladino che, oltre a spada e scudo, scaglia lance di ghiaccio? Un arciere necromante? Un ladro evocatore? Sì, potete farlo.

Categorie
Editoriali

La mia prima settimana su Baldur’s Gate 3 (no spoiler)

Di rado mi è capitato di dovermi prendere una pausa da un gioco perché ci sono troppe cose da fare. Poi è arrivato Baldur’s Gate 3, che per me è stata una grande scommessa: temevo che Larian Studios, autore di quei capolavori di Divinity Original Sin 1 e 2, avrebbe risentito del peso di un’eredità così grande, quella di dover dare un degno sequel ai titoli BioWare del 1998 e 2000. E invece, anche questa volta, hanno colpito nel segno.

Un mondo aperto

Dicevamo: Baldur’s Gate 3 è enorme, con un’infinità di cose da fare e di possibilità. Già al primo atto sembra di aver giocato due giochi anziché uno. Tantissime quest, tutte risolvibili (e fallibili) in svariati modi e che aprono a numerosi finali: si ha davvero la percezione di essere il protagonista di un mondo “aperto”, nel senso che tutto ciò che circonda il nostro personaggio e i suoi compagni (che si tratti di ambiente, npc e creature) reagisce alle nostre decisioni, sia nel breve periodo che a lungo termine.

E la cosa pazzesca, sicuramente una novità per chi non ha provato i precedenti titoli di Larian, è che si può veramente interagire con qualsiasi elemento nei modi più disparati. I dungeon hanno almeno un paio di entrate (se dice bene), se si hanno le magie o le pozioni giuste si può parlare con gli animali e aprire altre quest o scoprire segreti, si può provare a rubare ad un vendor e darsi alla fuga prima che si venga scoperti e così via.

Ma ancora più importante, è che il personaggio diventa realmente un’estensione giocatore. Anche i personaggi pregenerati, che hanno un loro background, vedranno la propria storia evolversi in base alle decisioni prese dall’utente. Volete essere dei paladini che aiutano i più deboli o dei ladri menefreghisti il cui solo interesse è il vil denaro? O addirittura dei malvagi warlock che si fanno gioco di innocenti? Sì, potete fare tutto questo, anche mescolando le parti.

Il peso di Dungeons & Dragons

La prima domanda che mi sono posto, quando ho iniziato il gioco, è stata: quanto bisogna conoscere la quinta edizione di Dungeons & Dragons per poter viversi questa avventura alle porte di una delle più grandi città del Faerun? La prima risposta è stata: se non conosci D&D, non ci capisci niente.

Ne parlavo con Alessandro, che era con me su Discord mentre ognuno giocava la sua partita in single player. Lui, della quinta edizione, ne sa molto più di me, visto che io ho virato su altri giochi di ruolo cartacei quali Pathfinder, per citarne uno. E infatti lui andava spedito. “Ai barbari l’armatura praticamente non serve”, mi ha raccontato, così come mi ha spiegato che un’arma versatile può essere impugnata sia a una che a due mani.

Insomma, se proprio vogliamo trovare un neo, bisogna ammettere che Larian è stata un po’ avara di spiegazioni, rendendo il tutorial una vera e propria sintesi delle regole del gioco cartaceo di cui Baldur’s Gate rappresenta una trasposizione estremamente fedele. La prima impressione è che si trattasse di un gioco di nicchia, solo per nerdoni da tavolo come me.

Poi è arrivato Sabba, un altro amico, anche lui su Discord per condividere la sua esperienza di gioco con noi altri. Era preso, anzi presissimo, e la cosa bella è che lui, di D&D, ne avrà sentito parlare per sbaglio mezza volta. Insomma, mi sbagliavo: Baldur’s Gate 3 può essere giocato da chiunque, anche se bisogna andarsi a leggere qualche spiegazione qua e là sul web, ogni tanto.

Paladino, sempre e per sempre

Ho passato un’ora buona a pensare al personaggio che mi sarei fatto. I pregen? Bellissimi, ma non mi convincono quanto Ifan, Principe Rosso o Fane (i personaggi di Divinity Original Sin). Allora ho puntato all’Oscura Pulsione, l’unico pregenerato personalizzabile di origine e classe. Spulcio tutte le classi, ma niente da fare: non riesco a non giocare il paladino.

Sono Kaldor, un dragonide d’argento, che segue la via della Vendetta. Armi a due mani, ovviamente, perché il Punire il Male deve arrivare chiaro e forte al nemico. Inizio a girare, speravo di ritrovarmi subito dentro Baldur’s Gate, come accadeva nel secondo capitolo della saga, ma niente: sembra che dovrò attendere un po’.

Non so se la cosa mi piace: l’idea di poter girare sin da subito nella metropoli, con la possibilità di uscire ed esplorare le terre selvagge mi stuzzicava alquanto, invece Larian ha deciso di mantenere la formula dei Divinity: grandi mappe, tra loro suddivise, ognuna delle quali rappresenta un diverso atto della storia. E se la cosa mi era piaciuta nei precedenti giochi della Larian, questa volta mi ha un po’ scombussalto.

Questo non significa, però, che il gioco non mi piaccia. E’ bello, bellissimo, enorme. Ero arrivato anche a buon punto nella prima run, quando ho deciso di ricominciarlo, perché pensavo che lo stessi rushando troppo (e sono tutt’altro che uno speed runner).

E quanto avevo ragione: mi ero perso un mondo di segreti e di dialoghi. Insomma, togliamoci dalla testa il “minmaxare” e qualsiasi altra forma di pro-playing: Baldur’s Gate 3 va goduto. E il tasto skip dovrebbe essere vietato.

Lunga vita ai gdr

È un po’ che gli amanti del genere aspettavano un nuovo titolo di questa portata. Dopo i già stracitati Divinity o i Pillars of Eternity, senza contare gli “extra fantasy” come per esempio Wasteland 3, gli amanti del turn based combat miscelato all’esplorazione libera e alla scoperta di segreti erano rimasti a bocca asciutta da troppo tempo.

Si tratta di una platea che adesso è sicuramente aumentata a dismisura: basti pensare che Larian Studios, che di gdr di questo tipo ne sa qualcosa, si aspettava un bacino di utenti pari a centomila giocatori al lancio, e invece se n’è trovata otto volte tanti.

L’effetto hype lo conosciamo tutti: è successo anche con Diablo IV (Recensione) dove però, a mio modesto avviso (purtroppo non solo mio, in realtà), si è spento subito, ancor prima della stagione 1.

Con Baldur’s Gate le cose cambiano, perché oltre all’hype c’è anche della sostanza. Un numero incredibile di possibilità, che rende ogni nuova run un’esperienza quasi del tutto nuova. Evviva Baldur’s Gate 3!