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Clair Obscur: Expedition 33 – Diario di un condannato (con stile)

Mi chiamo… beh, non importa. Tanto tra poco non ci sarò più. Non è una frase da film noir, è proprio così che comincia Clair Obscur: Expedition 33. Ti svegli in una Parigi che non è Parigi, guardi in alto, e il monolite ti sussurra un numero: 33. Ed è lì che capisci. Il tuo tempo è finito. Un anno. Poi il Gommage – quella macabra magia dipinta dalla Pittrice – cancellerà te e chiunque altro abbia osato compiere quell’età.

E allora che fai? Ti unisci a una spedizione impossibile. Una manciata di anime segnate che decidono di sfidare l’inevitabile. Perché se proprio devo sparire, almeno provo a farlo lasciando un segno. Magari non nel mondo… ma su di me.

Un mondo pittorico che ti vuole morto (ma con eleganza)

Lumière. Sì, il nome è ironico. Perché questo mondo, per quanto splendido, è tutto fuorché luminoso. È un mosaico in chiaroscuro, fatto di rovine art nouveau, cieli viola e vicoli affrescati con la disperazione. Sandfall Interactive non ha creato un’ambientazione: ha preso un’enciclopedia artistica, ci ha versato sopra un po’ di Lovecraft, l’ha shakerata con un pizzico di Jrpg classico e ha servito il tutto su una tela sporca di sangue e ricordi.

Ogni zona che attraversi – dalle Biblioteche Scolpite al Giardino delle Ceneri – è un’opera d’arte da scoprire. O da temere. Perché qui ogni bellezza ha un prezzo, e spesso lo paghi in HP.

Arte, morte e Belle Époque: un mondo che ti guarda negli occhi

Il primo impatto con Expedition 33 è visivo. Ed è potente. Ambientato in un mondo ispirato alla Belle Époque francese – un’estetica raffinata, decadente, lussuosamente malinconica – Clair Obscur è un’opera che non ha paura di essere elegante, anche quando parla di annientamento.

Architetture scolpite, colori soffusi, ambienti carichi di simbolismo. È un Rpg che non scimmiotta la realtà: la reinventa con la grazia di un quadro impressionista e l’angoscia di un incubo romantico.

Ogni ambientazione, ogni dettaglio, è fatto per comunicare qualcosa. E anche se nulla è spiegato “a voce alta”, tutto – dai palazzi alle statue rotte – ti parla di un mondo al tramonto.

Il sistema di combattimento: balletto e proiettili

Chi ha detto che i turni sono noiosi non ha mai provato questo gioco. Sì, tecnicamente è un Rpg a turni. Ma nel mezzo del turno, devi premere al momento giusto, devi schivare, devi parare. Devi ballare. Ogni nemico è una coreografia diversa, e se sbagli passo, sei fuori. Letteralmente.

Chi pensa che “combattimento a turni” significhi passività non ha ancora provato a parare con tempismo una raffica di colpi mentre la musica accelera e il nemico muta forma davanti a te.

Clair Obscur adotta un sistema ibrido tra turni e azione, dove il tempismo è fondamentale. Ogni attacco può essere schivato, ogni parata ben eseguita può diventare un contrattacco. Il gameplay è un’alchimia di strategia e istinto, più simile a un ballo che a una scacchiera.

Ci sono meccaniche profonde:

  • Le Posture, che cambiano stile e abilità dei personaggi
  • I Pictos, potenziamenti passivi per costruire build uniche
  • Le Luminas, magie e poteri attivi da usare con intelligenza
  • E poi ci sono gli Attacchi Sfumati, che evolvono in base al contesto e al team

Ogni personaggio ha una funzione e una voce chiara in battaglia, senza cadere nel cliché del “tank, healer, dps”. Qui non si fa teoria dei ruoli, si crea sinergia

Più che narrativa, atmosfera

La trama di Expedition 33 non ti viene lanciata in faccia. Non ci sono lunghi monologhi o forzature. Il gioco ti accompagna in un mondo dove la morte non è un evento, ma una regola. Dove ogni personaggio è consapevole che il suo tempo è contato.

Eppure, non è mai pesante. Non è “dark” per il gusto di esserlo. È elegante. Lucido. Triste, ma mai cinico.

Ci sono dialoghi scritti con attenzione, missioni che ti raccontano più attraverso l’ambiente che con le parole, e una direzione artistica che ti fa sentire esattamente nel mezzo tra un sogno e un quadro.

Una storia scritta con inchiostro e sangue

Non aspettarti il classico “salva il mondo”. Qui si salva il senso stesso dell’esistenza. La narrazione ti prende per mano e poi ti lascia in un abisso esistenziale. Ti chiede cos’è che rende la vita degna di essere vissuta, se è davvero la longevità… o l’intensità.

Il tuo gruppo non è fatto di eroi. Sono condannati. Ognuno con la propria ferita, ognuno col proprio modo di affrontare la fine. Gustave, il comandante, sembra fatto di pietra ma nasconde cicatrici profonde. Maelle non parla mai più del necessario – e il suo silenzio pesa come una spada ancora nella guaina. Lune? Sembra fragile, ma ha la determinazione di chi ha visto troppo per la sua età. E Sciel… è puro istinto, ma anche puro cuore.

In mezzo a loro ci sei tu, che cerchi di tenere insieme il tutto mentre ogni missione ti porta più vicino alla fine.

Difetti? Sì. Ma a noi piacciono anche quelli

Diciamolo: Clair Obscur non è perfetto.

Le animazioni nei momenti meno importanti sono a volte legnose. I caricamenti non sono sempre rapidi. E su PC, l’ottimizzazione va a giornate alterne, soprattutto con configurazioni meno recenti.

Ma poi c’è la colonna sonora: suadente, drammatica, sospesa. Le musiche non accompagnano: guidano. Ti portano dentro lo stato d’animo dei personaggi, fanno da ponte tra il gioco e chi gioca. A volte, ti sorprendono con un crescendo che ti strappa il respiro.

Il doppiaggio (disponibile in francese e inglese) è ben recitato: ti fanno sentire davvero in un altro mondo.

Perché giocarci, anche se non è per tutti

Clair Obscur: Expedition 33 è un gioco che chiede qualcosa in cambio. Vuole che tu ascolti. Che tu rallenti. Che tu osservi, anche dove altri giochi ti direbbero di correre.

Non è per chi cerca solo adrenalina. Ma se ami gli Rpg che raccontano senza spiegare, che emozionano senza urlare, che osano con l’arte e con il gameplay… allora questo è un viaggio che devi fare.

E sì, magari a volte inciampa. Ma è come una poesia letta con un accento imperfetto: resta bellissima lo stesso.

Combattere non per vincere, ma per esserci

Ti resta un anno. Poco tempo. Eppure combatti. Non per sconfiggere la morte, ma per meritarla.

In un panorama videoludico dove spesso si combatte per ottenere qualcosa, Expedition 33 ti fa combattere per lasciare qualcosa. Un’eco. Un’impressione. Un segno.

Ed è raro, oggi, trovare un gioco che ti chieda di essere non solo un giocatore… ma una persona.

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Monster Hunter Wilds – Recensione

Partiamo dalla tesi: Monster Hunter Wilds funziona. E funziona bene. Il gameplay, cuore pulsante della serie, resta fedele alle sue radici, mantenendo intatta quella struttura che ha reso il franchise un punto di riferimento per milioni di giocatori, dai fan più accaniti ai nuovi arrivati. Ma non si tratta solo di un’operazione nostalgia: le novità ci sono e si sentono, soprattutto nei nuovi counter attack, che non solo spaccano a livello visivo, ma regalano soddisfazioni anche a livello tecnico. Ad ogni colpo risposto con precisione corrisponde quella soddisfacente sensazione di pieno controllo sul gioco gioco. Peccato, però, che ancora una volta, si senta la mancanza di un vero e proprio endgame.

Un “quasi” open world, ma va bene così

L’approccio “open world” è un altro passo in avanti. O meglio, il gioco vuole farti credere di essere open world, e ci riesce abbastanza bene. Gli accampamenti sono accessibili senza caricamenti, persino le diverse macroaree sono tra loro collegale, mentre la vecchia base, che rappresentava una mappa a parte, è ormai un ricordo. Tutto è davvero molto fluido e coinvolgente. Peccato non poter ancora girare liberamente per il mondo in compagnia dei propri amici, se non durante specifiche missioni.

Meno convincente invece la scelta di permettere il trasporto di due armi durante la caccia, intercambiabili solo in sella alla cavalcatura. Bella idea sulla carta, ma in pratica? Poca roba. Non si sente davvero il bisogno di cambiare arma al volo, e l’utilità reale dell’opzione resta tutta da dimostrare. Perché non creare fight in cui l’unica opzione è quella di usare un’arma a distanza, così da “costringere” a cambiare arma anche i più fedeli alle armi da mischia? Signora Capcom, questo è solo un consiglio ovviamente…

Grafica bella, ma non perfetta

Sul fronte grafico, Wilds richiama da vicino Monster Hunter World, il titolo che ha consacrato il brand a livello globale. La resa visiva è ottima, con ambientazioni curate e mostri resi in maniera spettacolare. Peccato per qualche inciampo tecnico, con (pochi) bug qua e là e un adattamento non sempre impeccabile. Nulla di game-breaking, per carità, ma certi scivoloni si fanno notare. Vale la pena tenere d’occhio futuri aggiornamenti correttivi.

La trama di Monster Hunter Wilds

La trama? Come sempre, un contorno. Monster Hunter non ha mai brillato per la narrazione, e anche stavolta la storia è godibile ma non memorabile. Ma, parliamoci chiaro: il comparto narrativo non ha mai interessato veramente i giocatori del titolo, il cui unico scopo è spaccare mostri nella maniera più spettacolare possibile. La vera chicca, però, è la spiegazione, finalmente sensata, dei mostri temprati: non più solo versioni potenziate a caso, ma creature che sono sopravvissute a battaglie feroci, diventando più forti. Finalmente un po’ di lore che ha realmente senso.

Monster Hunter Wilds

Longevità: una tela bianca ancora vuota

E qui arriviamo al punto dolente: la longevità. Monster Hunter Wilds è una tela bianca, potenzialmente un capolavoro, ma per ora è tutto da dipingere. L’endgame è scarno, e si limita al solito farming di mostri forti per recuperare pezzi e gioielli. Ma poi? Dove li uso questi equip? Nei capitoli precedenti, salendo di Rank, si sbloccavano sfide vere, draghi anziani, mostri letali. Qui, niente. O almeno, non ancora.

Il futuro do Monster Hunter Wilds è ancora tutto da scrivere

La speranza è nei contenuti futuri: il fatto che sia già stato annunciato un nuovo mostro in arrivo è un buon segno, ma servono aggiornamenti costanti, livelli di sfida alti, contenuti che tengano vivo l’interesse. Altrimenti sarà una sconfitta, e grossa.

In sintesi: Monster Hunter Wilds ha le carte giuste, ma non ha ancora giocato la sua mano migliore. Se Capcom saprà sostenere il gioco con costanza e coraggio, ci troveremo di fronte a un altro colosso della serie. Se invece si accontenteranno di aver fatto “abbastanza”, ci ricorderemo di Wilds come l’occasione mancata più grande di tutta la saga. I presupposti, però, ci sono: nuove uscite sono già alle porte e si spera ne arrivino altre regolarmente.

Dare un voto al titolo non è per niente facile, perché il giudizio varia fortemente proprio a causa dell’incertezza dei futuri aggiornamenti. Pensare a Monster Hunter Wilds con l’ottica di nuove sfide contro draghi anziani e del ritorno di vecchie conoscenze, ecco che esce il sorriso e il ricordo dei bellissimi momenti passati su World. Riproporre la stessa esperienza in questo nuovo titolo significa dare a Wilds un 9 pieno: è proprio quello che desideravo (e non sono il solo). Se le cose invece resteranno così a lungo, il voto cambia e non può essere più di una sufficienza: un 6 basta e avanza vista l’attuale assenza di endgame. Ma noi siamo fiduciosi: Capcom ci regalerà tante nuove sfide e quindi si merita il 9… vero?

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: PS5, PS5 PRO, Xbox Series X/S, PC
  • Data uscita: 28/02/2025
  • Prezzo: 79,99 €

Ho giocato a Monster Hunter Wilds su PC a partire dal day one.

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Editoriali

Monster Hunter Wilds, cosa ci aspetta per il futuro?

Ed eccoci di nuovo qui, a forgiare armi ed armature, a costruire i nostri set per cacciare bestioni enormi e, almeno ufficialmente, per “salvare il mondo”. In realtà invece, “ufficiosamente”, il nostro scopo principale è rompere le parti dei mostri e costruire equipaggiamenti ancora migliori per affrontare nemici ancora più forti. Sì, Monster Hunter è tornato in tutta la sua potenza, confermando quella storica equazione che lo ha reso negli anni un masterpiece per gli amanti del genere, quel titolo per cui ogni capitolo della saga rappresenta attesa, hype e ore di gioco infinite.

Parliamoci chiaro: Wilds è il titolo che tutti, ma veramente tutti gli amanti di Monster Hunter aspettavano. Certo, come ogni uscita c’è sempre quel qualcosa che manca, quell’aspetto che “si poteva fare meglio” o quel mostro storico che “mi sarebbe tanto piaciuto combattere anche qui e invece non c’è”, ma, siamo onesti: i giocatori di MH sono esigenti, molto esigenti, sognano in grande, talmente in grande che spesso quello che si trovano davanti non gli basta. Ma questo non significa che non gli piaccia: lo dimostrano le otto milioni di copie vendute in soli tre giorni e gli oltre 1,3 milioni di giocatori attivi in contemporanea soltanto su Steam (e il gioco è crossplatform).

Il trionfo di Monster Hunter

Monster Hunter

Ma che cos’è che rende Wilds così speciale? Semplice: il nuovo titolo Capcom sancisce il ritorno al modello di Monster Hunter World, il capitolo della saga che si può fregiare di essere stato il primo a trasformare il prodotto di nicchia in un gioco adatto a tutti. Lo stesso non si può dire del suo successore, Monster Hunter Rise, un titolo bello e solido ma divisivo, concepito per essere un gioco dedicato principalmente ai giocatori Nintendo e alla “vecchia guardia”.

Su Wilds si è già detto tanto: il combat system aggiornato che aggiunge senza togliere nulla alle armi. La possibilità di personalizzare personaggi, compagni e accampamenti. Il nuovo sistema di “open world” senza una vera e propria base, ma con una serie di accampamenti a cui possiamo accedere liberamente con la nostra cavalcatura (e senza schermate di caricamento). Wilds è un gioco fresco, ma che rispetta la tradizione, un titolo a cui si riesce a perdonare (e no, non si dovrebbe mai) anche un’ottimizzazione non proprio perfetta per Pc.

La domanda da porci ora è: cosa ci si aspetta da questo gioco? Perché si sa, bella la storia, ma il vero Monster Hunter inizia dopo i titoli di coda, con l’apertura dell’High Rank e l’apparizione di mostri più forti. Anche in questo caso, arrivare al fatidico GC 100 (ossia il massimo Grado Cacciatore) è abbastanza semplice (ma non per questo poco divertente) e ora lo sguardo è proiettato verso i prossimi contenuti che verranno man mano rilasciati da Capcom.

Prospettive future

Monster Hunter

Intanto, così come accaduto in World e in Rise, partiamo dalle certezze. Ad un certo punto ci sarà un’espansione importante, che introdurrà il tanto atteso Master Rank e tutta una nuova serie di mostri, equipaggiamenti e nuove feature. Ci stiamo pensando già oggi, a pochi giorni dall’uscita? Ovvio, che domande, lo si attende con lo stesso hype con cui si attendeva l’uscita dello stesso Wilds.

Poi c’è tutta la serie di aggiunte che Capcom rilascerà piano piano, tra nuovi mostri o versioni alternative di nemici già conosciuti, così da dare una ventata d’aria fresca all’esperienza di gioco, con l’obiettivo di mantenere acceso l’interesse verso il titolo.

Date da ricordare

In tal senso, i prossimi appuntamenti sono già stati rivelati: ad inizio aprile, nelle lande comparirà un nuovo mostro che abbiamo imparato ad amare (e ad odiare) in Wilds: si tratta della Muzutsune, il cui esordio sarà accompagnato da una quest evento e da aggiornamenti addizionali, tra cui nuovi livelli di sfida e il tanto atteso Gathering Hub, una stanza in cui i cacciatori possono incontrarsi, comunicare e condividere pasti prima della partenza per una missione.

Capcom ha poi rivelato anche l’uscita di un altro aggiornamento, sempre gratuito, atteso per l’estate: in questo caso i dettagli sono pochi: ci sarà un mostro addizionale ancora ignoto, una quest evento e altro ancora.

Oltre a questi free update più succosi, ci saranno aggiornamenti regolari con altre quest:
Kut-Ku Gone Cuckoo: 4 Marzo – 11 Marzo (Mimiphyta alpha headgear)
Stalking Supper: 4 Marzo – 11 Marzo (Kunafa Cheese)

Tongue-Tied: 11 Marzo – 18 Marzo (Armor Spheres)
Kut-Ku Gone Cuckoo: 11 Marzo – 18 Marzo (Mimiphyta alpha headgear)
Ballet in the Rain: 18 Marzo – 25 Marzo (Glowing Orb)
Sand-Scarred Soul: 18 Marzo – 25 Marzo (Glowing Orb)

Insomma, non resta che continuare a cacciare, perché se abbiamo capito bene, Wilds è un mondo che Capcom continuerà a popolare con costanza, per rendere l’esperienza di gioco mai ripetitiva e sempre in linea con le aspettative dei giocatori.

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Recensioni

Frostpunk 2 – Recensione

L’attesa era tanta e le aspettative erano alte, ma la 11-bit Studios è riuscita nell’impresa: Frostpunk 2 è un titolo che mantiene le promesse, rispetta il suo predecessore ma da cui prende le giuste distanze. Il risultato è un’esperienza di gioco inedita, che si inserisce in un contesto familiare.

Si tratta di un titolo che, sin da subito, mostra una doppia anima. Da una parte c’è l’aspetto narrativo che riporta il giocatore esattamente dove era rimasto una volta completato Frostpunk. Dall’altra, il gameplay che ci troviamo di fronte si presenta come qualcosa di completamente nuovo, al punto tale che talvolta stordisce.

Trent’anni dopo

Iniziamo precisando tempo e luogo in cui si svolge l’avventura. Sono passati circa trent’anni dagli eventi di Frostpunk, quando siamo stati chiamati a guidare l’umanità nella corsa alla sopravvivenza contro la glaciazione mondiale, sforzandoci di garantire una casa, cibo e cure a uomini, donne, anziani e bambini.

L’obiettivo è stato raggiunto, ma ora dobbiamo ricostruire la società: non si tratta più di combattere “soltanto” il freddo, la fame e le malattie, dobbiamo costruire una città che soddisfi i bisogni delle persone che la abitano. Insomma, tocca fare i conti con la politica.

Cosa cambia

Ed è qui, forse, che troviamo la principale distinzione tra Frostpunk 2 e il suo predecessore: il city building è totalmente rinnovato. In Frostpunk 2 non dobbiamo più costruire ogni singolo edificio, bensì dei distretti. Non dobbiamo più decidere quanti lavoratori assegnare ad ogni singolo sito produttivo, ma disponiamo di una forza lavoro che viene equamente distribuita tra le aree produttive che decidiamo di edificare

Questa è sicuramente la prima novità che il titolo presenta ai giocatori: se con Forstpunk ci siamo trovati di fronte ad un sistema di micro management, con Frostpunk 2 le cose si fanno in grande. Cambiamenti che potrebbero stordire, in quanto richiedono al giocatore uno sforzo iniziale non indifferente, soprattutto di calcolo, per tenere costantemente traccia della quantità di forza lavoro a disposizione. I primi minuti di gioco saranno probabilmente spesi chiedendosi: “Ho abbastanza lavoratori per un nuovo sito produttivo?”. Fortunatamente, basta prendere un po’ la mano e passa la paura.

Questa è solo una delle tante novità, tutte accuratamente spiegate in un ricco diario le cui voci vengono sbloccate mano mano che si avanza nel gioco. Anche in questo caso, però, il giocatore potrebbe trovarsi disorientato e perdersi tra i tanti (a volte troppi) suggerimenti che vengono rivelati, a volte anche contemporaneamente.

Nel complesso si sente la mancanza di un vero e proprio tutorial: gli avvisi sembrano perdersi nel mare di icone a disposizione e – almeno inizialmente – il gioco risulta poco intuitivo. Ma si sa, Frostpunk non è mai stato un titolo easy playing: bisogna studiarlo a fondo per apprezzarlo in tutto e per tutto.

Tutta questione di politica

Se nel primo capitolo la preoccupazione più grande di ogni giocatore è stata quella di controllare che i livelli di combustibile fossero soddisfacenti, adesso a catturare l’attenzione è un altro indicatore: il grado di soddisfazione delle varie fazioni di cittadini. Certo, la capacità di garantire cibo e calore restano un elemento centrale di un gioco dalla forte componente survival, ma questa non è più l’unica sfida. Infatti, la nostra capacità decisionale in qualità di leader non è più così libera come lo era “trent’anni fa” (ossia nel primo capitolo): ogni scelta deve passare al vaglio del consiglio cittadino.

Una novità che non ci permette più di stabilire, di punto in bianco, politiche di istruzione, di suddivisione dei beni o la richiesta di turni extra ai lavoratori. Occorre prima ottenere i voti favorevoli della maggioranza dei consiglieri. A volte, per raggiungere il nostro obiettivo, bisogna scendere a patti. Per esempio, se volessimo ottenere l’appoggio dei Pellegrini in una sessione di consiglio, potremmo provare ad ottenere il loro sostegno a patto di soddisfare una loro richiesta, come potrebbe essere l’edificazione di un ospedale universitario entro 60 giorni, per dirne una.

Un sistema, quello proposto dal titolo, che ci pone di fronte a scelte complesse. Accontentare alcuni significa inevitabilmente rendere infelici altri. È il gioco del dare e avere, ma bisogna fare attenzione a non tirare troppo la corda, perché con la stessa rapidità con cui siamo stati eletti potremmo essere diseredati (cosa che equivale ad un game over). Con Frostpunk 2, l’umanità sull’orlo del collasso e disposta a tutto pur di sopravvivere, una volta raggiunto il suo risultato, torna se stessa. Si riorganizza, diventa nuovamente società, fonda nuovamente le basi della democrazia che si era lasciata alle spalle. E sta a noi, adesso, prendere le redini di questa civiltà e portarla avanti, a qualunque costo.

Da insediamento a metropoli

Le condizioni di vita migliorano, la città cresce e aumentano anche gli insediamenti. Gli abitanti, che nel primo capitolo erano poche centinaia, in Frostpunk 2 diventano migliaia. Con il nuovo capitolo del gioco, infatti, non siamo più leader di un gruppo ristretto di persone di cui, come accadeva in precedenza, conosciamo anche i singoli nomi e cognomi.

Ora siamo alla guida di una metropoli, oltre che di altre colonie che possiamo stabilire in aree ricche di quei materiali di cui la nostra capitale è priva. Il tutto ci porta a dover gestire contemporaneamente più di un centro abitato, coordinando anche le rotte commerciali di cibo, carburante, materiali edili e così via.

Conclusione

Frostpunk 2 è un titolo che funziona, coinvolge, mantiene le promesse e ci propone qualcosa di nuovo. Frostpunk 2 è un bel gioco. Punto. Diciamolo chiaramente: un sequel è sempre una scommessa importante, che in tanti (forse troppi) negli anni hanno perso, a volte perché hanno presentato titoli distanti anni luce dal primo capitolo, altre perché si sono limitati ad un mero copia incolla. La 11-bit Studios invece ha giocato una partita importante e questo può significare solo una cosa: ci ha messo cuore, ha voluto soddisfare le aspettative senza però essere banale. Ha voluto regalare ai giocatori un’esperienza familiare ma allo stesso tempo diversa. La stessa cosa che avrei voluto provare con Darkest Dungeon 2 ma, ahimè, non è andata così.

Se il premio in palio fosse “sequel riuscito”, Frostpunk sarebbe a mani bassi nell’elenco dei (purtroppo pochi) vincitori. Ma se la sfida è direttamente contro il predecessore, risulta difficile parlare di vittoria: come già detto, sono due giochi diversi che condividono soltanto gli elementi narrativi. Chi decide di avventurarsi in Frostpunk 2 deve partire dal presupposto che non sta giocando al primo capitolo, ma ad un titolo totalmente nuovo e che richiede un impegno non indifferente per essere goduto a pieno. Una fatica, quest’ultima, non per tutti.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: PS5, Xbox Series S|X, PC
  • Data uscita: 20/10/2024
  • Prezzo: 44,99 € (Deluxe Edition 74,99 €)

Ho provato il gioco a partire dal day one

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Monster Hunter Wilds, c’è la data di uscita: la caccia inizia il 28 febbraio 2025

Save the date: 28 febbraio 2025. La caccia ricomincerà nel primo trimestre del nuovo anno, parola di Capcom. La notizia arriva con il quarto trailer di Monster Hunter Wilds, pubblicato poco dopo la mezzanotte di oggi, 25 settembre 2024, con cui è stata ufficializzata la data di uscita dell’attesissimo titolo.

Un video di 3 minuti e 26 secondi, le cui atmosfere confermano quanto suggerito già dalle immagini rilasciate nelle scorse settimane (ne parlavamo QUI): per quanto riguarda gli ambienti e i colori, il gioco sembra in tutto e per tutto il sequel di Monster Hunter World. Eppure, diversi elementi del più recente Monster Hunter Rise sembrano aver conquistato il loro spazio. Tra questi, le cavalcature con cui è possibile arrampicarsi tra viticci e raggiungere le altezze più disparate.

Monster Hunter Wilds è già in preorder per PS5, Xbox Seres X/S e PC.

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Dragon Age The Veilguard: tra le ambientazioni c’è anche Treviso

BioWare continua ad alimentare l’hype per uno dei titoli più attesi dagli amanti del Gdr e non solo: Dragon Age The Veilguard. Pillola dopo pillola, trailer dopo trailer, la casa prosegue nello svelare i diversi tasselli che compongono quello che sembra essere un imponente puzzle, fatto di uno stile di gioco nuovo ma comunque ben riconoscibile e soprattutto ambientazioni mozzafiato.

L’ultima novità riguarda proprio queste ultime, in parte rivelate in una serie di filmati pubblicati dalla stessa BioWare negli ultimi giorni, che mostrano paesaggi e città esplorabili del capitolo. Tra questi, ci sarà anche una location il cui nome suonerà familiare alla fan base italiana: si tratta della città portuale di Treviso, metropoli in cui si ergono imponenti palazzi illuminati, larghe strade trafficate e piene di mercati e grandi colonnati.

Treviso non è però l’unica ambientazione che è stata rivelata. I trailer mostrano anche la misteriosa Arlathan Forest, dove “magia antica e potenti artefatti si risvegliano e la realtà si dirada nei boschi che un tempo ospitavano il cuore dell’impero degli Elvhen. I Veil Jumpers, maestri dell’antica magia elfica, cercano di stabilizzare la regione e impedire che la realtà si sgretoli“. Suggestive anche le atmosfere della palude di Hossberg, delle strade di Minrathous e delle splendenti spiagge di Rivain.

Una serie di immagini che si aggiungono a quelle già rivelate nelle scorse settimane, con video che mostrano come saranno i combattimenti ad alto livello, la progressione dei personaggi e la presentazione ufficiale del gameplay. Insomma, se c’è una cosa che BioWare sa fare bene, è creare aspettative. Adesso l’obiettivo è soddisfarle.

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Black Myth Wukong è un successo: vendite per oltre 18 milioni di copie

Due settimane: tanto è bastato a Black Myth Wukong per raggiungere vendite per 18 milioni di copie. Un successo incredibile, sicuramente atteso ma allo stesso tempo stupefacente, per il titolo di Game Science, che entra di fatto nell’olimpo dei lanci più profittevoli di sempre.

Ma i numeri incredibili di Black Myth Wukong non finiscono qui. A rivelarli è Daniel Wu di Hero Game, che a Bloomberg ha dichiarato come il gioco, sviluppato in sei anni con un budget di 70 milioni di dollari, possa raggiungere senza problemi il traguardo di vendita di 30 milioni di copie (grazie anche ad una potenziale espansione).

Intanto, ad oggi, il titolo avrebbe generato introiti per circa 800 milioni di dollari. All’appello mancano ancora le vendite per Xbox Series X/S, visto che Black Myth Wukong è attualmente a disposizione solo di possessori di PC e PS5. Ancora nessuna conferma sul motivo dei ritardi dell’uscita sulla console Microsoft, anche se i rumors fanno riferimento ad un tacito accordo con Sony per un’esclusività a tempo.

Black Myth: Wukong è soulslike sviluppato e pubblicato da Game Science. Il gioco prende spunta da un classico della letteratura cinese: “Il Viaggio in Occidente” e segue le avventura di scimmia antropomorfa basata sul personaggio di Sun Wukong.

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Star Wars Outlaws, gli investitori fuggono da Ubisoft

Anche il 2024 non sarà l’anno della rivalsa per Ubisoft, che nonostante l’ambizioso Star Wars Outlaws, si trova a dover fare i conti con vendite insoddisfacenti e investitori in partenza per altri lidi.

Star Wars Outlaws non ha avuto la risonanza che ci si aspettava e l’affossamento delle azioni Ubisoft è la naturale conseguenza di un prodotto che ha deluso, per lo meno per quanto riguarda le vendite.

Le azioni della casa, infatti, sono crollate, registrando una perdita del 10% in sole 48 ore (al 3 settembre 2024). Numeri importanti, quelli rivelati dall’analista e fondatore di Kantan Games, Serkan Toto su X: la società è scivolata sotto i 2 miliardi di euro di capitalizzazione di mercato a Parigi, raggiungendo il minimo storico degli ultimi 10 anni. Una vea e propria fuga degli investitori dopo l’arrivo sul mercato di Star Wars Outlaws.

Queste cifre, che già da sole disegnano un quadro complesso, se non addirittura drammatico, diventano ancora più pesanti se paragonate alle attese di Ubisoft, che prevedeva introiti pari a 650 milioni di dollari entro la fine del 2024 proprio grazie a Star Wars Outlaws. Le aspettative sono poi scese a quota 500 milioni. Ora Ubisoft deve giocarsi il tutto per tutto con Assassin’s Creed Shadows, la cui uscita è attesa per il 24 novembre 2024, a cui spetterà l’arduo compito di andare a recuperare le perdite generate da Outlaws.

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Monster Hunter Wilds, la nuova evoluzione del franchise

Monster Hunter World, Rise. Non si tratta soltanto di due titoli, l’uno successore dell’altro, bensì di due fasi di un processo di trasformazione del brand Capcom, di giochi che hanno determinato una rivoluzione del famoso Action Rpg che ora, con l’annuncio e i primi trailer del nuovo Monster Hunter Wilds, si appresta ad evolversi ancora.

Il franchise giapponese, nato nel 2004 con l’omonimo titolo per PlayStation 2, poi diventato per anni esclusiva Nintendo, si è sempre proposto al pubblico come un gioco di nicchia, in buona parte proprio per la sua esclusività, ma anche perché, storicamente, non è mai stato un gioco adatto a tutti.

Questo fino ad un preciso momento storico: il 26 gennaio 2018, data in cui PlayStation 4 e Xbox One accoglievano il primo titolo da cui Nintendo sembrava essere esclusa (e che il 9 agosto arrivava anche su Pc) . Si tratta di Monster Hunter World.

Con Monster Hunter World la caccia è stata aperta a tutti

L’uscita di World ha scombussolato l’universo di Monster Hunter: parliamo di un titolo che ha venduto oltre 21 milioni di copie, senza contare le ulteriori 9,2 milioni di copie vendute dal dlc Iceborne.

Con World, che ha spezzato le catene dell’esclusiva Nintendo, portando anche una ventata di novità in termini di grafica e di scorrevolezza del gioco, Capcom è riuscita ad aumentare il bacino di utenza, principalmente perché ha raccolto tutti quei giocatori che avrebbero sempre voluto “andare a caccia di mostri”, ma per i quali acquistare una console appositamente per questo era forse un po’ troppo.

Ovviamente, non si tratta soltanto di marketing: con World sono stati proposti contenuti estremamente validi, un gameplay divertente, la possibilità di condividere l’esperienza di gioco con gli amici senza troppi intoppi. Insomma, il titolo non ha solo funzionato: ha strafunzionato.

Monster Hunter Rise, un ritorno al passato?

Poi è arrivato Monster Hunter Rise e qualcosa si è “rotto”. Parliamoci chiaro, si tratta di un gioco molto apprezzato, con 14,2 milioni di copie vendute a cui si aggiungono le 7,1 milioni di copie registrate dall’espansione Sunbreak.

Eppure, questo titolo ha determinato una frattura della nuova fan base, una sorta di Civil War di marveliana memoria che ha diviso buona parte degli utenti tra “team World” e “team Rise” (poi ci sono quelli come me, che hanno apprezzato entrambi, ma questa è un’altra storia).

Ma a cosa è dovuta la rottura? Il ritorno del figliol prodigo a Nintendo c’entra poco: Rise è stato esclusiva della console dal lancio per circa un anno, per poi approdare ovunque, e sebbene l’assenza di cross-play abbia sicuramente influito nel frammentare l’utenza, il problema è sicuramente da rintracciare nel suo voler fare un passo indietro rispetto a World.

La grafica, infatti, ha subito un downgrade obbligatorio, affinché il titolo potesse girare su Switch, ma è anche vero che buona parte dei fan ha apprezzato il ritorno ad un design più fedele alle origini.

Monster Hunter Wilds: combattimento

Molto apprezzate anche le nuove feature, tra cui una cavalcatura personale e gli insetti filo che permettono movimenti verticali interessanti, ma l’assenza di tutte quelle meccaniche di gioco che hanno animato il predecessore si è fatta sentire da chi, in Rise, sperava un “Monster Hunter World 2”. Tra queste, per citarne alcune, la possibilità di saltare sopra i mostri e picchiarli mentre si tenta di restare aggrappati a loro (Rise permette una modalità di cavalcatura dei mostri diversa e per molti meno entusiasmante), così come si sente la mancanza dei vasti paesaggi aperti e apparentemente “infiniti”, anche se in realtà si trattava solo di uno sfondo per una mappa limitata.

Cosa aspettarci da Monster Hunter Wilds?

Tutto questo spiegone per arrivare ad una domanda: cosa dobbiamo aspettarci da Monster Hunter Wilds? È quel Monster Hunter World 2.0 che in tanti attendevano? Oppure è un gioco totalmente nuovo?

Domande a cui è ancora difficile rispondere, ma non impossibile, grazie ai primi trailer e gameplay svelati dalla stessa Capcom. Una serie limitata di contenuti da cui possiamo trarre una conclusione: Capcom, a differenza di altri, ha capito che per fare un buon titolo non basta miscelare ciò che di buono c’è stato in passato. Bisogna creare qualcosa di nuovo.

Monster Hunter Wilds: mandria

Nei trailer ci sono fortissimi richiami a World, soprattutto in termini di grafica: a primo impatto, i video sembrano farci vedere esattamente la versione migliorata del capitolo del 2018. Anche alcune delle feature rappresentate rievocano World: tra queste la già citata possibilità di cavalcare i mostri e prenderli a martellate (o spadate, “lanciafucilate” e altro, fate voi) mentre si è in groppa alla preda di turno.

Ma siamo certi che non ci sia nulla di Rise in questo nuovo titolo? Assolutamente no: già soltanto vedere il personaggio in sella ad una mount personale ci lascia capire che l’esperimento dell’ultimo titolo è riuscito a tal punto che Capcom ha deciso di riproporlo anche in Wilds.

L’addio alla bacheca delle missioni

Se da una parte, in Monster Hunter Wilds, sembrano venir riproposte alcune delle feature che in passato hanno funzionato, dall’altra ci sono cose che abbiamo trovato tanto in World quanto in Rise (e anche nei titoli precedenti), di cui Capcom ha deciso di sbarazzarsi per sempre, come per esempio la bacheca di caccia o le schermate di caricamento.

In questo caso, ci troviamo di fronte ad una forte rottura con il passato, visto che per anni siamo stati abituati ad un sistema che prevedeva l’accettazione di missioni su appositi tabelloni e il trasferimento automatico (tramite schermata di caricamento) nella mappa di riferimento.

Wilds vuole proporsi come un gioco nuovo, che prende il meglio dai predecessori, ma che al contempo rivoluziona tutto, grazie anche a quella che sembra essere la rimozione delle sequenze scriptate a cui siamo sempre stati abituati, facendoci immergere in mondo che apparentemente vive di vita propria.

Per essere più chiari: se una volta, raggiunto un determinato punto di una mappa, dopo aver avviato una specifica missione, avremmo con certezza trovato il mostro di turno seguire il solito percorso, questa volta non sarà così. Con Wilds, i movimenti della fauna (oltre che il meteo) saranno sempre casuali e l’esito di eventuali incontri tra predatori e prede sarà determinato dal “comportamento” di ciascuno di essi.

Insomma, la sfida non sarà più soltanto forgiarsi l’equipaggiamento ed imparare il moveset del mostro, ma anche studiare l’ambiente circostante e riuscire a gestire l’imprevedibile.

Tutto ciò che abbiamo visto finora fa ben sperare. L’asticella dell’hype è stata alzata di molto e adesso, “signora” Capcom, la preghiamo: non deluda le aspettative.

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Editoriali

7 giochi post-apocalittici da provare se ami Fallout

La serie di Fallout? Strepitosa, punto. Il prodotto ideato da Geneva Robertson-Dworet e Graham Wagner, in onda su Prime Video ha conquistato tutti, sia i fan di sempre, sia chi, del famoso titolo Bethesda, non aveva mai sentito parlare. Un lavoro ben fatto, con una storia solida, un budget importante, fotografia e regia impeccabili. Insomma, una serie che, sulla falsa riga di The Last of Us, ha ribaltato il paradigma secondo cui le trasposizioni dei videogame su piccolo e grande schermo siano solo trovate commerciali di facciata, senza contenuti.

Ovviamente, con il grande successo riscosso dalla serie, i titoli di Fallout stanno vivendo una seconda giovinezza: tutti i capitoli, in particolare Fallout 4, Fallout New Vegas e Fallout 3, hanno registrato un massiccio ritorno di vecchi giocatori, oltre che l’arrivo di nuovi. Inoltre, Bethesda ha promesso a tutti i fan un upgrade next-gen dell’ultimo capitolo, Fallout 4, in uscita il 25 aprile. Mancano ancora pochi giorni, dunque, ma a cosa si potrebbe giocare intanto, sempre rispettando il flavour di Fallout? Ecco quindi i sette migliori giochi post-apocalittici da provare se ami le atmosfere di Fallout.

7. Mad Max

Mad Max - giochi post-apocalittici

Azione, combattimento tra veicoli e lande desolate in cui la legge, ormai, non esiste più. Per quei pochi amanti del genere che non l’avessero provato, Mad Max è un titolo che deve essere recuperato. Vestiremo i pani di Mad Max, un sopravvissuto e a suo malgrado eroe, alla ricerca di un po’ di pace in un mondo fatto di follia e violenze. In questo open world del 2015 disponibile per PlayStation 4, Xbox One e PC, le auto sono la chiave della sopravvivenza, per inseguire o fuggire da bande di sciacalli che vogliono dettare le regole nelle terre deolate.

6. Atom RPG

Atom RPG, titolo indie della Atom Team, è un gioco capace di regalare molto, soprattutto per la sua grande capacità di far immergere il giocatore nel proprio avatar, che una volta creato (sia nel background che nelle statistiche e nelle abilità) dovrà esplorare un vasto mondo ispirato ai classici giochi di ruolo post-apocalittici, quali Fallout, Wasteland, Deus Ex. Un videogioco del 2018, disponibile per tutte le console e PC, con visuale isometrica e in cui le nostre scelte hanno sempre un peso specifico. Il turn combat system si alterna a momenti di esplorazione e dialoghi con più opzioni di risposta: insomma, per molti ilsuccessore spirituale dei primi Fallout. Il tutto ambientato non in America, bensì in un’Unione Sovietica post-atomica.

5. Frostpunk

Frostpunk - giochi post-apocalittici

Frostpunk, uno dei titoli più acclamati sia dai cultori dei giochi post-apocalittici che dai fan di strategia e city builder, è attualmente tornato alla ribalta anche per un altro motivo, ossia l’imminente uscita del secondo capitolo. Intanto, il consiglio spassionato è quello di recuperare questo gioiello, dove vestiremo i panni del leader dell’ultima città al mondo e in cui ci troveremo a dover fare scelte importanti per garantire la sopravvivenza della nostra gente alle invivibili temperature causate da una nuova era glaciale.

Frostpunk è disponibile per PC e per console su PlayStation e Xbox con una versione giocabilissima anche con un joypad.

4. Mutant Year Zero: Road to Eden

Cos’hanno in comune un facocero e un’anatra antropomorfi e un’umana mutante? Sono i protagonisti di Mutant Year Zero: Road to Eden, titolo uscito su tutte le console e PC, e sfornato dagli ex progettiti di Hitman e dal co-creatore di PayDay. Un gioco di avventura strategico, con sistema di combattimento a turni di X-COM, una modalità stealth in tempo reale e l’esplorazione di un mondo post-umano e rivendicato dai mutanti. Tra cambiamenti climatici estremi, crisi economiche e pandemie letali, il mondo ha incontrato la sua fine. La natura si riapproria delle città in rovina, gli umai sono spariti e arovistare tra i resti della civiltà restano i mutanti.

3. Encased

Encased - giochi post-apocalittici

Ecnased non rientra solamente tra i giochi post-apocalittici, bensì in un mix tra quest’ultimo e lo sci-fi: si tratta di un videogioco di ruolo tattico e fantascientifico, ambientato in uno scenario distopico in cui il nostro personaggio e potenziali alleati, dovranno scoprire i misteri che si celano dietro la “Cupola”. Dai combattimenti (a turni) all’esplorazione, passando per un sistema di cinque fazioni, ognuna con le proprie caratteristiche, meccaniche e opzioni di gioco, a cui potremo unirci o dichiarare guerra. Oppure, più semplicemente, potremmo scegliere di avventurarci in questo difficile (e grandissimo) mondo in autonomia, senza affiliarci. Ah, ovviamente: le scelte contano.

Encased è disponibile su PC, Xbox One, PS4 e Nintendo Switch.

2. Metro Exodus

Con Metro Exodus si torna in Russia, questa volta a Mosca per la precisione, in cui il nostro personaggio sarà impegnato in una rocambolesca fuga dalle rovine della metropolitana per intraprendere un viaggio lungo l’intero continente. Inutile dirlo: la civilità è stata spazzata via e tutto ciò che ci circonda sono macerie, abitate da pochi sopravvissuti (come noi) con cui potremmo interagire, nel bene o nel male. Si tratta di uno sparatutto in prima persona che si mescola con il sandbox, dove potremmo viaggiare tra enormi mappe costruite su livelli non lineari.

1. Wasteland 3

Terzo capitolo della saga, Wasteland 3 vi catapulterà al comando di un team di Desert Ranger, in un mondo post-apocalittico, in pieno stile Fallout, dove bande di predoni si contendono ciò che resta di quello che una volta fu il Colorado, mentre i fedeli alla bandiera tentano (con modi discutibili) di ricostruire la civiltà andata perduta. Il flavour è pressoché quello vissuto nei titoli di Bethesda, con ampi spazi desolati, bestie mutate e pochi e spesso pericolosi insediamenti, officine fuori uso, laboratori scientifici abbandonati. Quello che cambia è il gameplay: Si tratta di un GDR con composizione di una squadra e combattimenti a turni in stile Baldur’s Gate 3, ma in cui la componente sociale è impattante: infatti, come ogni buon Western RPG che si rispetti, ogni scelta conta ai fini di plasmare il mondo che ci circonda.

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