Ogni anno è l’anno della VR. Puntualmente, ogni dodici mesi, ripetiamo questa stessa frase, ma poi non lo è mai davvero. La realtà virtuale è indiscutibilmente il futuro (come lo sarà nel breve l’augmented reality), ma forse per ora siamo troppo in anticipo con i tempi, un po’ perché l’utente medio si vede ancora con un joystick in mano, un po’ perché per costi è qualcosa che difficilmente può essere alla portata di tutti i giocatori, in base a quello che offre al momento.
Finora è mancata la killer app, quel videogioco che spinge ad acquistare la console, o il visore nel caso specifico. Non che il mondo della VR non abbia sviluppato prodotti di qualità nel frattempo, ma non c’è ancora stato nulla di così eclatante e mainstream da contribuire alla diffusione dei visori, né tantomeno spingere i grandi publisher a investire pesantemente nel settore: le maggiori IP ad oggi sono da giocare joystick alla mano.
Half Life Alyx, e poi?
Half Life Alyx doveva in questo senso essere un apripista nel settore VR anche per altre grandi compagnie, ma un po’ per il lancio dei giochi su next-gen, un po’ perché in periodo di pandemia, forse è consigliabile andare sul sicuro piuttosto che sperimentare qualcosa di nuovo. In ogni caso, magari qualche big dell’industria è già al lavoro su qualcosa da portare in realtà virtuale, solo che ancora non lo sappiamo.
Al contempo è anche difficile a questo punto, con miliardi di gamer (PC, console e mobile) abituati al “classico” videogioco, diffondere un nuovo modo di vivere l’esperienza ludica dove si è parte integrante dell’opera, un po’ come un pilota di moto che, una volta in sella, è parte del veicolo e contribuisce con i propri movimenti all’aerodinamica. Si tratterebbe di una svolta epocale, ancora più di quando si è passati dalle sale giochi alle home console: all’epoca il fenomeno gaming era fin troppo poco diffuso e di nicchia.
Giochi AAA solo per PlayStation, Xbox e Nintendo
Oltre al lato ludico dei videogiochi, bisogna anche parlare di costi: una PlayStation o una Xbox di ultima generazione costano 500 euro, una Nintendo Switch circa 300 euro. A fronte di una spesa del genere, abbiamo accesso a migliaia di videogiochi AAA (e anche indipendenti). Viceversa, se parliamo di realtà virtuale non abbiamo una libreria così vasta da fornirci la convinzione di acquistare un visore piuttosto che una console più mainstream.
Forse in futuro quando potremo avere tecnologie top a costi decisamente inferiori, sarà possibile avere una fruizione più facilitata ed economica della realtà virtuale. Oltre ai costi del visore parlo anche delle tute aptiche, che permettono di poter inserire le sensazioni tattili nel videogioco, o anche un tappeto omnidirezionale, per poter camminare e non essere più limitati alle misure di una stanza.
Qualche acuto della VR
Ci sono già le tecnologie adatte, e sul web è possibile vedere com’è effettivamente giocare correndo (sul posto) o sentirsi toccati da qualcuno, ma al momento hanno costi non accessibili al gamer medio. Quando però nel futuro sarà più facile mettere mano su visori, tute e tappetini, allora potremo avere un’evoluzione interessante della VR, con i (poveri) sviluppatori che dovranno tenere in considerazione ancora più elementi in ambito di game e level design.
Ma non è solo una questione di costi, perché poi occorre proprio entrare nel “mood VR”. Se con PlayStation, Microsoft e Nintendo basta prendere in mano un joystick, quando cerchiamo un’esperienza più immersiva allora dobbiamo sapere che è qualcosa di molto più impegnativo, fra “vestizione” ed eventualmente la ri-calibrazione (se lo usano più persone) dei vari sensori.
Cosa manca alla VR
Il principale scoglio della VR è ora quello di superare quella iniziale diffidenza dei giocatori e quell’indifferenza dei grandi publisher, che non hanno ancora seriamente puntato sulla realtà virtuale. Ho partecipato ad alcune fiere di settore come “addetto alla VR”, e quando proponevo alle persone di provare il visore c’era anche un buon numero di utenti terrorizzati. A livello di publisher, lo scorso anno Sony ha riferito di aver venduto circa 5 milioni di PSVR e 115 milioni di PlayStation 4: praticamente quattro giocatori su 100. Ancora troppo poco.
Il secondo ostacolo invece è dato dai limiti tecnologici, perché un’esperienza veramente coinvolgente e “comprensibile a tutti” necessita di tanti soldi (qui un esempio di alcuni visori consigliati). Non parliamo di sviluppo, perché (teoricamente) è sempre possibile trovare dei finanziatori, ma di investimenti importanti che deve fare l’utente.
In futuro probabilmente sarà molto più normale vivere un videogioco dall’interno, ma anche un film o una serie tv. Potremo forse sentire fisicamente le sensazioni che i designer hanno pensato per noi ed essere indubbiamente più protagonisti dell’opera. Nel frattempo, in attesa di essere noi stessi parte del videogame, possiamo usare tutti i vantaggi della VR e dell’AR in combinazione, per arricchire quella che è l’esperienza ludica del momento: quanto sarebbe bello avere a portata di mano un visore e una pista di kart, e combinarli assieme?