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The Last Worlds: Crossed Souls, abbiamo provato la demo

Il 16 settembre 2025 è uscita la demo di The Last Worlds: Crossed Souls, nuovo progetto del team indipendente italiano Lupio Studios. Si tratta di un titolo che unisce open world, meccaniche da GDR e un sistema di monster collector, con uno stile che strizza l’occhio a saghe come Dragon Quest e The Legend of Zelda.

Questa versione di prova non include ancora sezioni legate alla storia principale, ma ci offre un primo assaggio del mondo di gioco e delle sue meccaniche.

Ambientazione e personaggi

La demo ci porta sul pianeta alieno NESS-444, abitato da misteriose creature chiamate Nessky.
Il protagonista è Matwin, un ragazzo di 18 anni cresciuto da Lupio, creatura dal passato enigmatico che avrà un ruolo centrale nell’avventura. I due vivono nel villaggio dei Nessky e, secondo le anticipazioni, il viaggio che affronteranno servirà a svelare molti segreti legati al loro passato.

Gameplay: open world, GDR e collezione di creature

Il cuore del gameplay è un open world con meccaniche da GDR. Al momento, l’unico Nessky utilizzabile è proprio Lupio, ma nel menù compare già un sommario in stile Pokédex, segno che in futuro sarà possibile collezionare diverse creature.

I Nessky incontrati nella demo appartengono a due tipologie principali, con la presenza di mini-boss di livello molto più alto. Nonostante questo, non si notano sostanziali differenze di comportamento o abilità rispetto alle versioni più deboli.

Sistema di combattimento

Il combat system action è semplice ma funzionale.

  • Con Matwin possiamo utilizzare la spada, concatenare combo per rompere lo scudo nemico e sfruttare il dash per schivare.
  • Lupio è gestito dall’IA, ma è possibile prendere il suo controllo in qualsiasi momento tramite uno switch tra i personaggi. Dispone di un attacco corpo a corpo essenziale.
  • Se uno dei due personaggi viene sconfitto, il giocatore passa automaticamente al sopravvissuto. Per far rivivere il compagno bisogna raggiungere una statua di salvataggio, che cura entrambi i protagonisti.

Crafting e oggetti

Il menù include un sistema di crafting piuttosto ricco. Gli oggetti raccolti possono essere trasformati in:

  • cibo
  • armamenti
  • utensili specifici per ottenere nuovi materiali

Ogni oggetto è contrassegnato da un livello a stelle (fino a 3 nella demo) e ha una durata limitata, con l’eccezione dell’equipaggiamento base di Matwin.

Level design ed esplorazione

Dopo una prima fase guidata, il level design diventa caotico, soprattutto a causa della mancanza di una mappa di gioco. Questo porta spesso il giocatore a perdersi o a ritrovarsi improvvisamente in aree con nemici di livello troppo alto o troppo basso.

La meccanica di scalata delle pareti e il danno da caduta azzerabile con il dash, rendono inoltre possibile raggiungere zone non ancora bilanciate per l’esplorazione. Un dettaglio che, seppur interessante, rischia di rompere il ritmo del gameplay.

Aspetti tecnici e difetti della demo

Non mancano i problemi tecnici, che però sono normali in una versione preliminare:

  • Soundtrack: le musiche sono ben composte ma mancano di un mix dinamico (non sfumano in base all’azione, ad esempio tra esplorazione e combattimento).
  • Collider e mesh: durante le scalate si verificano frequenti compenetrazioni tra il modello del personaggio e il terreno.
  • HUD: talvolta scompare del tutto, creando confusione.
  • Acqua non renderizzata: nonostante vari tentativi di modifica delle impostazioni grafiche, la superficie dell’acqua non risultava visibile.

Conclusione

La demo di The Last Worlds: Crossed Souls dura circa 3 ore e, nonostante le imperfezioni, offre un assaggio promettente. L’ambientazione è affascinante e curata dal punto di vista visivo, con un buon impatto artistico. Le musiche, pur con i limiti tecnici, risultano coinvolgenti: rilassanti durante l’esplorazione e dinamiche nei combattimenti.

Il design dei personaggi, in particolare quello di Matwin, richiama lo stile dei grandi JRPG, fondendo influenze da Dragon Quest e The Legend of Zelda.

C’è ancora molto lavoro da fare prima dell’uscita in Early Access prevista per il 2026, ma le basi sono intriganti.
Se sviluppato con attenzione, questo titolo potrebbe diventare una vera sorpresa del panorama indie italiano.

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Editoriali

Cosa sono i Survival Horror e cosa li contraddistingue

Poche munizioni, oggetti con una durata limitata, puzzle da dover risolvere e mostri che ostacolano il nostro cammino; questo è ciò che possiamo trovare in un survival horror.

La storia di questo genere e la sua evoluzione comprendono molti titoli videoludici, addirittura ben prima della coniazione del termine nel 1996 da parte di Capcom, con Resident Evil per PlayStation.

Infatti alcune scuole di pensiero si scontrano su chi sia stato il primo survival horror della storia: molti pensano sia stato Splatterhouse del 1988, altri pensano sia stato Clock Tower uscito nel 1995.

Come vedremo però il primo gioco che possiamo collegare a questo genere nasce ben prima del 1988 e ce ne furono altri al quale il team di Shinji Mikami fece riferimento per la creazione del primo Resident Evil. Scopriamo insieme cosa sono i Survival Horror e cosa li rende così unici.

Benvenuto al Survival Horror

Come abbiamo detto, il termine survival horror nasce ufficialmente con il primo capitolo di Resident Evil, titolo che piazzerà le fondamenta per quello che sarà il genere da lì in poi.

Questo grazie all’atmosfera tesa data dai corridoi stretti, che rendono difficoltoso sorpassare i nemici; le telecamere fisse che non permettono di vedere cosa si cela dietro gli angoli (come ad esempio il primo zombie che si incontra); ma sopratutto quella sensazione di solitudine in un ambiente ostile e con pochissime risorse in nostro possesso.

Tutto questo non era nuovo nel mondo videoludico, anzi Resident Evil era a tutti gli effetti un remake spirituale di Sweet Home, tie-in dell’omonimo film horror diretto da Kiyoshi Kurosawa e uscito nel 1989 per Famicom (NES Giapponese); oltre ad avere moltissime meccaniche riprese da Alone in the Dark del 1992, gioco che fu fondamentale per la visione classica che abbiamo del survival horror.

L’importanza di Ax-2: Uchuu Yusousen Nostromo

Moltissimi altri videogiochi poi trovarono corrispondenza con questo genere nonostante uscirono molti anni prima, come ad esempio Ax-2: Uchuu Yusousen Nostromo del 1981. Questo è il primo videogioco nella storia che trova corrispondenza con il genere survival horror e prendeva dall’immaginario di Alien (film di Ridley Scott del 1979). Il titolo infatti trova anche molte similitudini con Alien Isolation, videogioco uscito nel 2014, principalmente per come si comporta l’alieno.

In Uchuu Yusousen Nostromo, il giocatore si ritrova in un’unica stanza e deve raccogliere i segni delle carte (cuore, quadri, fiori e picche), riproposti per un massimo di 8 volte, ma potendone raccogliere solo 5 alla volta. L’obiettivo è quello di raccogliere più segni possibile per fare punti e uscire dalla stanza, il tutto costantemente inseguiti da un alieno. Una volta raggiunti i 2318 punti l’alieno verrà mostrato a schermo, appena si troverà nei pressi del giocatore, come se avesse utilizzato i condotti di aerazione per spostarsi come nel film.

In Alien Isolation è la stessa cosa, il giocatore deve risolvere puzzle ambientali per poter sopravvivere e andare avanti di stanza in stanza, stando attento allo xenomorfo che utilizza i condotti per muoversi.

L‘evoluzione del genere

Ad oggi il survival horror ha avuto molte modifiche, sia di gameplay che immaginario, come ad esempio con Silent Hill 2 (2001).

Grazie a questo gioco i nemici che fino ad allora erano zombie, mostri di laboratorio o dinosauri (Dino Crisis del 1999), diventarono prodotti della psiche dell’uomo. Nemici iconici come Piramid Head o le infermiere provocanti (riutilizzati molte volte nella saga) erano frutto della mente di James, il protagonista, che trova in Silent Hill un purgatorio per espiare il suo peccato.

Per il gameplay ci fu una rivoluzione nel 2005 con Resident Evil 4, inizialmente in esclusiva per Nintendo GameCube. Il gioco introdusse la telecamera spallare e una dose massiccia di nemici a schermo, rendendolo di fatto più action e focalizzando il gameplay sulla miglioria delle armi in possesso.

Resident Evil 4 rispetto ai suoi successori 5 e 6 però, manteneva ancora una dose di puzzle ed esplorazione, rendendolo comunque più vicino ai classici per PS1. Questo gioco fu molto impattante e portò alla creazione di titoli come Dead Space (2008) o i remake del secondo, terzo e quarto capitolo (di Resident Evil) che ne riprendevano il gameplay e lo miglioravano.

La rivoluzione indipendente

Il survival horror ebbe una rivoluzione grazie a vari giochi indie. Alien Isolation ad esempio riprendeva le meccaniche principali da titoli come Amensia: The Dark Descent del 2010 e Outlast del 2013 (oltre che ovviamente da Ax-2: Uchuu Yusousen Nostromo, come detto prima).

Questi due videogiochi avevano come obiettivo quello di sopravvivere in mezzo ai nemici, utilizzando la furbizia e l’analisi dell’ambiente circostante. Cosa non semplice dato che il buio rendeva impossibile la vista senza la lanterna (Amnesia) o la videocamera (Outlast) e nell’ambiente circostante l’olio e le batterie sono elementi che scarseggiano.

In sostanza, questa sequela di videogiochi mista all’enorme vicenda e visione dietro al teaser di Silent Hill P.T. hanno rivoluzionato il gameplay degli horror e dei survival horror, portando anche alla creazione del settimo capitolo di Resident Evil (2017) che era riuscito a prendere quelle meccaniche innovative e generare un titolo che era un perfetto connubio con il primo capitolo.

L’evoluzione Multiplayer

Concludiamo questa disamina con l’ultima grande evoluzione avvenuta con Dead by Dealight (2016). Prima di questo gioco ci furono molti titoli survival horror multiplayer, come Resident Evil Outbreak (2004), Left 4 Dead (2008), Cry of Fear (2012), ma nessuno ha saputo rivoluzionare il genere come il titolo uscito nel 2016.

Mentre i survival horror erano stati fino a quel momento cooperativi di sopravvivenza, contro nemici gestiti da una intelligenza artificiale; qui si introduce un nemico gestito da un altro giocatore, che gioca da solo contro altri giocatori. Solitamente questo nemico è più forte dei normali giocatori e il suo obiettivo è quello di catturare tutti, mentre l’obiettivo degli altri è sopravvivere collaborando.

Conclusione

Come abbiamo visto il genere survival horror ha avuto più volte un’evoluzione in base anche al periodo storico e a cosa piaceva ai giocatori. Questo permette sicuramente grande versatilità al genere e dà la possibilità di farlo rivivere sempre con nuove visioni di game design. Bisogna dire però che una parte del pubblico è ancora molto affezionata ai classici, andando a creare continue mod per i titoli originali o videogiochi ispirati ad essi: come ad esempio Crow Country (2024) e Daymare 1998 (del 2019).

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