Metal Slug Tactics è un titolo che ha suscitato grande interesse tra i fan della storica serie Metal Slug e anche in redazione che ha voluto a tutti i costi farne una recensione e qualche mese fa anche un provato. Sviluppato da Leikir Studio e pubblicato da Dotemu, Metal Slug Tactics rappresenta una svolta significativa rispetto ai classici run ‘n’ gun della serie, poiché introduce un gameplay strategico a turni.
Chiunque abbia vissuto l’epoca d’oro delle sale giochi ricorderà con affetto il frenetico Metal Slug, un’esplosione di azione a scorrimento orizzontale che non lasciava un attimo di respiro. Ora, dimenticate quel ritmo adrenalinico. Metal Slug Tactics si reinventa completamente, adottando un gameplay che premia la pianificazione e la strategia.
La domanda sorge spontanea: questa trasformazione ha mantenuto lo spirito originale della serie? La risposta è un entusiastico “sì, con riserva”. Vediamo perché.
Hot Stuff
Metal Slug Tactics trasporta i giocatori in un mondo di strategia a turni appunto, dove ogni mossa deve essere pianificata con attenzione. Il gioco mantiene l’iconico stile artistico pixelato della serie, ma lo combina con una griglia tattica che ricorda titoli come XCOMper fare un esempio.
I videogiocatori controllano un gruppo di personaggi, ognuno con abilità uniche, e devono affrontare missioni che richiedono l’eliminazione di nemici, la conquista di obiettivi e la sopravvivenza in situazioni difficili.
Una delle caratteristiche più interessanti è la varietà di personaggi disponibili. Ogni personaggio ha un set di abilità specifiche che possono essere utilizzate in combinazione per creare strategie complesse. Ad esempio, Marco è un combattente versatile con abilità di supporto, mentre Trevor è un attaccante potente ma fragile. Questa diversità permette ai giocatori di sperimentare diverse combinazioni di squadre e tattiche.
Un tuffo nella nostalgia
La trama di Metal Slug Tactics porta i giocatori ad affrontare il malvagio generale Donald Morden, che minaccia la pace mondiale con il suo esercito di soldati e macchine da guerra. La storia è raccontata attraverso cutscene animate e dialoghi tra i personaggi, che aggiungono profondità e contesto alle missioni.
L’ambientazione è ricca di dettagli e richiami ai giochi precedenti della serie. I fan di lunga data riconosceranno molti elementi familiari, come i veicoli Slug, i prigionieri da salvare e i nemici iconici. Tuttavia, il gioco introduce anche nuove ambientazioni e nemici, mantenendo l’esperienza fresca e interessante ma soprattutto, direi, coinvolgente.
Uno degli aspetti più impressionanti di Metal Slug Tactics è la sua grafica. Il gioco utilizza una pixel art, tipica della serie, dettagliata e colorata che cattura perfettamente lo spirito dei giochi originali. Le animazioni sono fluide e i personaggi sono pieni di personalità e spesso, anche ironia. Ogni mappa è ricca di dettagli, con ambientazioni che spaziano da giungle lussureggianti a basi militari fortificate ad ancora deserti aridi.
Il comparto audio è altrettanto interessante, con una colonna sonora che mescola brani nuovi e remix di tracce classiche della serie. Gli effetti sonori sono soddisfacenti e contribuiscono a creare un’atmosfera coinvolgente. Le voci dei personaggi, sebbene limitate, aggiungono un ulteriore livello di immersione e di fedeltà ai titoli arcade.
Un viaggio per esperti
Metal Slug Tactics offre una sfida significativa, anche per i veterani dei giochi di strategia. Le missioni richiedono una pianificazione attenta e un uso intelligente delle abilità dei personaggi. La difficoltà aumenta progressivamente, con nemici più forti e situazioni più complesse man mano che si avanza nel gioco.
La rigiocabilità è garantita dalla varietà di personaggi e abilità, nonché dalla presenza di missioni secondarie e obiettivi opzionali. Ogni partita può essere diversa a seconda delle scelte tattiche dei giocatori e delle squadre che decidono di utilizzare. Inoltre, il gioco include un sistema di progressione che permette di sbloccare nuove abilità e potenziamenti, incentivando i giocatori a tornare per migliorare le proprie prestazioni.
Punti di forza
Uno degli aspetti più sorprendenti di Metal Slug Tactics è l’innovazione nel gameplay. Il passaggio dal classico stile run ‘n’ gun a un approccio strategico a turni è stato gestito con grande cura, preservando l’essenza dell’originale ma introducendo al contempo meccaniche nuove che arricchiscono l’esperienza. Questo cambio di genere non si limita a essere un semplice esercizio stilistico, ma trasforma il gioco in una sfida più profonda e appagante, senza mai perdere il fascino che ha reso celebre la serie.
Anche la varietà di personaggi gioca un ruolo fondamentale nel successo del titolo. Ogni membro del team possiede abilità uniche, offrendo ai giocatori la possibilità di esplorare diverse combinazioni strategiche. Che si preferisca un approccio più bilanciato o uno orientato all’attacco o alla difesa, il gioco invita a sperimentare e a scoprire la squadra perfetta per ogni stile di gioco. Questa flessibilità si traduce in una libertà creativa che mantiene l’interesse alto anche dopo molte ore di gioco.
Un altro punto di forza è l’eccellente comparto grafico e sonoro. La pixel art, dettagliata e vibrante, è un omaggio agli episodi classici ma con un tocco moderno che la rende ancora più accattivante. Le animazioni fluide e la cura nei dettagli contribuiscono a immergere il giocatore in un mondo ricco di personalità. Sul fronte audio, la colonna sonora combina brani originali e remix delle tracce storiche della serie, mentre gli effetti sonori e le voci sporadiche dei personaggi rafforzano l’atmosfera nostalgica e coinvolgente.
Infine, la longevità di Metal Slug Tactics è garantita dalla sua rigiocabilità. Tra missioni secondarie, obiettivi opzionali e un sistema di progressione ben strutturato, Metal Slug Tactics offre ore di contenuti, incentivando i giocatori a tornare per perfezionare le proprie strategie e completare tutte le sfide. Ogni partita può essere diversa, grazie alla combinazione di personaggi e tattiche disponibili, rendendo l’esperienza sempre fresca e stimolante.
Debolezze
Nonostante i suoi numerosi pregi, Metal Slug Tactics presenta alcune criticità che potrebbero influenzare l’esperienza di gioco. La curva di apprendimento rappresenta una delle sfide maggiori, soprattutto per chi è abituato all’azione frenetica dei capitoli precedenti. Adattarsi al nuovo stile strategico richiede pazienza e un certo periodo di rodaggio, il che potrebbe scoraggiare i fan storici meno inclini a questo genere.
Un’altra nota dolente è la ripetitività che si manifesta nelle fasi più avanzate del gioco. Sebbene le missioni iniziali siano ricche di varietà e sfida, col passare del tempo alcune situazioni tendono a ripetersi, riducendo leggermente l’entusiasmo dei giocatori più esperti. Questa sensazione di déjà-vu è mitigata dalla rigiocabilità e dalla diversità di personaggi, ma rimane comunque un aspetto da considerare.
Infine, sul fronte tecnico, il gioco non è del tutto esente da piccoli problemi. Sebbene durante le nostre sessioni non siano emersi bug gravi, alcuni utenti hanno segnalato difficoltà legate alla performance, che potrebbero minare l’esperienza complessiva. Fortunatamente, questi inconvenienti sembrano essere sporadici e non compromettono in modo significativo il valore complessivo del titolo.
Conclusione
Metal Slug Tactics è un titolo che riesce a innovare pur rimanendo fedele alle sue radici. La combinazione di strategia a turni e l’iconico stile di Metal Slug crea un’esperienza unica. Nonostante alcune debolezze, come la curva di apprendimento e la ripetitività, il gioco offre una sfida appagante e una rigiocabilità elevata. I fan della serie e gli appassionati di giochi di strategia troveranno in Metal Slug Tactics un titolo che vale la pena esplorare.
Dettagli e Modus Operandi
Piattaforme: PS5, Xbox Series S|X, Switch, PC, PS4, Xbox One e Game Pass
Data uscita: 05/11/2024
Prezzo: 24,99 €
Ho provato il gioco su Nintendo Switch grazie ad un codice fornito dal publisher
Ci siamo. Dopo una lunghissima attesa Dragon Ball: Sparking! Zero è finalmente arrivato. Uscito ormai da alcune settimane, il gioco ha ricevuto un’accoglienza caldissima e sta macinando numeri da record. Dopo un’analisi approfondita e un’attenta riflessione sul gioco, ecco a voi la nostra recensione di quello che è il titolo più caldo di questi ultimi mesi!
Un’eredità difficile
Come la maggior parte di voi già saprà, Sparking! Zero è in realtà il nuovo capitolo della leggendaria saga Budokai Tenkaichi. Questa serie (da sempre intitolata Dragon Ball: Sparking in originale), il cui ultimo episodio, Budokai Tenkaichi 3, è apparso nel 2007 su PS2, è tutt’oggi una delle più amate in assoluto tra gli appassionati dell’opera di Toriyama.
Nonostante questo, l’attesa che i fan hanno dovuto sopportare per un nuovo episodio è stata davvero lunghissima. Come prevedibile, anche le aspettative che Sparking! Zero aveva su di se erano elevatissime. Scopriamo ora se il gioco si è rivelato all’altezza.
Fedele alla tradizione
La serie Sparking! ha fin dalle origini condensatotutte le caratteristiche fondanti del genere arena fighters, di cui è considerata uno dei precursori. Pur trattandosi di giochi di lotta, infatti, i titoli di questa serie hanno da sempre presentato alcuni elementi peculiari e originali. Primo fra tutti, la possibilità di muoversi liberamente all’interno di un’ambiente tridimensionale, in gran parte distruttibile.
Per valorizzare maggiormente l’esperienza tridimensionale, la visuale viene posta non a lato del personaggio, bensì alle sue spalle. Naturalmente, essendo un gioco tratto da Dragon Ball, tutti (o quasi) i personaggi sono in grado di volare, caratteristica che va ad aumentare ulteriormente le possibilità strategiche offerte dallo scenario.
Altra caratteristica cardine della serie e riproposta in Sparking! Zero è la semplicità dei comandi. Il giocatore ha a disposizione un tasto per gli attacchi ravvicinati, uno per quelli d’aura, uno per gli scatti e due per la difesa, rispettivamente parata e contrattacco. Completano il quadro i due dorsali, destinati al volo, e il pulsante per la carica dell’aura.
Se siete fan dei vecchi giochi, potete stare assolutamente tranquilli. Sparking! Zero ripropone tutti gli elementi del gameplay dei titoli originali. Basteranno pochissime partite per sentirsi a casa e ritrovare tutte le caratteristiche che hanno fatto la fortuna dei vecchi giochi.
Insieme a Budokai Tenkaichi torna anche il suo immenso roster che ha sempre contraddistinto la serie. Stavolta sono ben 182 i lottatori a disposizione. Questi personaggi sono tratti un po’ da tutta l’opera di Toriyama, dalla prima parte del manga fino ai più recenti film dedicati a Super. Naturalmente, si tratta in molti casi di versioni alternative o di particolari forme dello stesso personaggio, ma le possibilità di scelta restano elevatissime.
Dobbiamo però confessare di essere rimasti perplessi di fronte ad alcune esclusioni, come la forma Super Saiyan Rage di Trunks o il Super Saiyan Blu potenziato di Vegeta, relegato a semplice abilità a tempo. Nonostante queste sbavature, il roster resta il più vasto e completo mai apparso in un gioco di Dragon Ball. Tuttavia, l’effetto nostalgia e il numero dei personaggi selezionabili non bastano a fare un grande gioco. Analizziamo dunque più a fondo tutto quello che Sparking ha da offrire.
Battaglie, extra e sorprese
Dopo un breve tutorial, con l’ennesimo scontro tra Goku e Vegeta, il giocatore ha la possibilità di accompagnare il nostro eroe attraverso vari scenari, che rappresentano le diverse modalità di gioco. Si passa dalla casa di Mr. Satan al padiglione del torneo Tenkaichi, fino ad arrivare alla mitica Kame House. Pur avendo apprezzato l’originalità dell’idea, abbiamo trovato la navigazione tra i vari menù non sempre scorrevolissima. Nella modalità a due giocatori non è nemmeno possibile selezionare in contemporanea la nostra squadra di lottatori. Avremmo apprezzato maggiormente la presenza di una hub iniziale dalla quale spostarsi nelle varie sessioni di gioco.
Sparking! Zero propone tutte le modalità classiche, tra cui l’allenamento, molto utile per familiarizzare con le meccaniche di gioco, sia di base che avanzate. Le varie lezioni che ci verranno impartite da Piccolo (Junior) risultano sempre chiare e aiutano sia i neofiti che i giocatori esperti a padroneggiare praticamente tutte le mosse e abilità presenti nel gioco.
Non manca naturalmente la possibilità di cimentarsi in scontri singoli, sia 1vs1 sia a squadre e la possibilità di affrontare tutti i principali tornei presenti nell’anime, tra cui anche il Torneo del Potere di Super. La modalità di scontro in locale tuttavia ci ha abbastanza deluso, soprattutto per via della possibilità di giocare in un solo stage, la stanza dello Spirito e del Tempo. É naturalmente presente anche la possibilità di giocare online, sulla quale torneremo più avanti.
Troviamo poi il negozio, attraverso cui sbloccare personaggi nuovi, abiti alternativi e alcune capsule contenenti abilità personalizzabili. Nella modalità galleria, invece, potremo ascoltare le tracce audio del gioco, riguardare i replay da noi salvati e osservare i modelli di tutti i personaggi, accompagnati da alcune simpatiche descrizioni fornite da Chichi, Videl e Bulma.
Nel santuario di Kami avremo la possibilità, una volta raccolte tutte le sfere del drago, di evocare uno fra i tre draghi divini presenti nella serie. La potente creatura può esaudire uno dei nostri desideri, che si traduce naturalmente in un contenuto sbloccabile riservato. La sala del grande Zeno, infine, è riservata alla riscossione di varie ricompense legate alla nostra progressione nel gioco.
Il cuore di Sparking! Zero, tuttavia è costituito dalla modalità Episodio Battaglia. Si tratta, di fatto, di un vero e proprio Story mode. Tuttavia, come stiamo per scoprire, riserva diverse novità e sorprese.
Episodi classici e inediti
La modalità Episodio Battaglia ci permette di scegliere un personaggio tra Goku, Vegeta, Gohan, Piccolo, Freezer, e Black Goku. A questi si aggiungeranno due ulteriori personaggi, sui quali non diamo anticipazioni. Una volta selezionato il nostro personaggio, il gioco ci propone una serie di scontri legati ad alcuni momenti salienti della saga di Dragon Ball.
Naturalmente, trattandosi di singoli episodi, per di più legati al punto di vista di un singolo personaggio, la trama generale di Dragon Ball viene solamente abbozzata. In ogni caso abbiamo apprezzato la scelta degli sviluppatori di proporre una selezione ben scelta di battaglie anziché limitarsi all’ennesima trasposizione della storia dell’anime. Interessante soprattutto la scelta di inserire anche il punto di vista dei malvagi.
Sparking! Zero, però, va oltre. In alcune battaglie, soddisfacendo determinate condizioni o compiendo alcune scelte precise, vengono sbloccati alcuni eventi alternativi, denominati episodi Sparking. Senza fare troppi spoiler, si tratta di veri e propri scenari What If?, che permettono ai giocatori di vivere eventi di trama completamente inediti. Ad esempio, che sarebbe successo se vegeta avesse scelto di collaborare maggiormente col figlio Trunks in vista del Cell Game?
Sebbene questi episodi non sempre brillino per coerenza ed originalità, abbiamo molto apprezzato questa trovata. Non solo infatti gli episodi Sparking permettono finalmente di affrontare scenari completamente inediti, ma mostrano quasi sempre un’ottima conoscenza del manga e delle sue dinamiche, senza scadere nel puro fanservice o in soluzioni narrative affrettate ed incoerenti.
Nel complesso, abbiamo davvero apprezzato questa modalità, sebbene vi siano delle sbavature. Ad esempio, la navigazione tra un episodio e l’altro non è sempre facilissima, poiché avviene all’interno di una mappa in cui talvolta sono mescolati episodi dedicati a personaggi differenti. Anche gli obiettivi da completare per sbloccare un bivio non sempre sono risultati chiari. Si tratta quasi sempre di battere un avversario in un certo tempo oppure di sconfiggere nemici contro cui dovremmo solo sopravvivere. Una maggior chiarezza, tuttavia, non avrebbe guastato.
Battaglia personalizzata
Per restare in tema di battaglie inedite, Sparking! Zero offre anche un’ulteriore modalità chiamata Battaglia Personalizzata. Questa modalità si divide a sua volta in Battaglie bonus e battaglie personalizzate. Le battaglie bonus sono ulteriori scenari inediti, stavolta molto più scanzonati e slegati alla trama di gioco. Molti di questi scenari vengono sbloccati progredendo nel gioco.
Battaglia Personalizzata invece è un vero e proprio editor di scenari, che permette ad ogni giocatore di creare i propri episodi inediti. Inizialmente, le opzioni a disposizione saranno limitate, ma andranno via via ampliandosi completando i vari episodi. Si tratta, anche in questo caso, di un passatempo divertente ed intrigante, reso ancora più interessante dalla possibilità di condividere le proprie creazioni e sperimentare quelle altrui.
Va detto che l’editor non è sempre pratico e le possibilità di scontro offerte tendono alla lunga ad assomigliarsi. Resta comunque una modalità sicuramente valida e un’ottima aggiunta al pacchetto.
Pronti per una nuova sfida!
Dopo aver esplorato le principali modalità del gioco, veniamo finalmente a parlare del gameplay di Sparking! Zero. Come già accennato, lo stile di gioco dei vecchi Budokai Tenkaichi viene riproposto in maniera molto fedele. Sparking! Zero propone un sistema di combo molto accessibile, basato sull’alternanza tra i comandi di attacco e attacco con aura.
Molto importante è anche la padronanza sui movimenti del personaggio. Sparking propone tutta una serie di scatti, spostamenti istantanei e slanci di aura utili per attaccare velocemente l’avversario, ma anche per ottenere le finestre di tempo necessarie a ricaricare l’aura. Sono qui introdotte per la prima volta anche un paio di spostamenti rapidi che permettono di ridurre immediatamente le distanze con l’avversario, a costo di alcuni indicatori di aura.
Altrettanto importante è la capacità di gestire la difesa. Sparking! Zero mette a disposizione una serie di parate, schivate e contrattacchi, che occorre conoscere e saper utilizzare con precisione. In aiuto dei neofiti giunge la sopraccitata modalità allenamento, che propone una guida abbastanza esauriente su tutte le tecniche di attacco e difesa presenti nel gioco.
Il gameplay di Sparking! Zero ripropone tutti i punti di forza dei primi titoli della serie. Si tratta certamente di un gioco di combattimento molto accessibile, che può essere imparato facilmente da qualunque giocatore. Sebbene le meccaniche avanzate necessitino di un bel po’ di pratica, imparare i comandi base è infatti relativamente semplice. I personaggi tendono a proporre tutti il medesimo schema di combo, mentre tutte le mosse speciali possono essere attivate semplicemente premendo il tasto per l’aura insieme ad uno dei due pulsanti d’attacco.
Oltre all’aura, torna anche la riserva dei punti abilità. Si tratta di un’ulteriore barra di energia che si riempie col passare del tempo e i cui indicatori sono rappresentati da numeri luminosi. Nel corso dello scontro, è possibile spendere queste riserve per attivare trasformazioni o abilità speciali. Caricando al massimo la barra dell’aura e rinunciando ad un indicatore è poi possibile attivare la modalità sparking, che dona un momentaneo aumento di potenza e la capacità di estendere le combo. In questa modalità è possibile anche eseguire la mossa finale del nostro personaggio, in grado di infliggere danni davvero devastanti.
Naturalmente, non tutti apprezzeranno fino in fondo questo stile di gioco. La semplicità dei comandi rende il gameplay molto meno profondo ed interessante rispetto, ad esempio, ad un Tekken 8 o anche a un Dragon Ball FighterZ. Anche le eccessive somiglianze tra i personaggi limitano la varietà. Oltre che dalla potenza e velocità di attacco e carica di aura, infatti, i personaggi si differenziano solamente per le loro mosse speciali e per le abilità.
Nel complesso, comunque, il combat system fa un buon lavoro, proponendo un’esperienza complessivamente divertente e sufficientemente interessante anche per un giocatore esperto. Oltre alle nuove abilità, ciò che maggiormente distingue Sparking! Zero dai precedenti giochi della saga è l’enorme fluidità dei movimenti, che rende gli scontri scorrevoli e coinvolgenti, anche nelle fasi più concitate e in mezzo alle esplosioni più deflagranti.
Non mancano purtroppo alcune sbavature. In molte occasione è capitato che il nostro personaggio perdesse il proprio orientamento senza motivi apparenti, causando enormi aperture all’attacco nemico. Anche gli attacchi “a inseguimento”, in cui il nostro personaggio si lancia automaticamente verso l’avversario, sono talvolta risultati imprecisi, creando momenti di gran frustrazione. Si tratta comunque di piccolezze, che non vanno certamente a penalizzare la fruizione generale dell’esperienza.
Guerrieri Z da tutto il mondo
Come già accennato, Dragon Ball: Sparking! Zero propone anche una modalità online, che, negli ultimi giorni, ha fatto segnare numeri da record per quanto riguarda il numero di giocatori collegati contemporaneamente. In questa modalità è possibile scegliere se combattere 1vs1 oppure a squadre. Vista l’enorme sproporzione tra la forza dei personaggi, la modalità 1vs1 è di fatto più improntata al casual gaming, sebbene, in caso di scontro tra personaggi dalla forza simile, non sia raro assistere a grandi sfoggi di abilità.
Molto più interessante la modalità a squadre. Per comporre il proprio team, infatti, ogni giocatore ha a disposizione una serie di punti battaglia. Ogni personaggio, in base alla sua forza, presenta un costo differente. Dunque, la scelta di un personaggio troppo potente comporterà l’uso di un numero di lottatori più limitato. Questa situazione ha portato i giocatori a cercare di ottimizzare i punti a disposizione, andando ad individuare quelli che sono i combattenti che offrono il miglior rapporto tra costo ed effettiva forza.
Nella costituzione del metagame, grande importanza hanno le abilità a costo. Queste ultime infatti spesso e volentieri donano vantaggi che possono andare a modificare radicalmente l’andamento degli scontri. Unesempio è l’abilità colpo immagine residua, che dona un tempo limitato di schivate automatiche. Oppure finto coraggio, che permette di incassare i colpi nemici per un tempo limitato senza venire storditi. In questa situazione, si sono rivelate scelte vincenti alcuni personaggi su cui ben pochi avrebbero scommesso, come ad esempio Crilin o gli androidi n. 19 e n. 20.
Insomma, anche la modalità online riflette bene la natura “ibrida” di Sparking Zero, che sembra davvero essere un prodotto che cerca di avvicinare sia giocatori casual, in cerca solo di qualche mazzata scanzonata, sia gli amanti del genere picchiaduro competitivo. Vedremo col passare dei mesi se queste due utenze così diverse riusciranno davvero a convivere. Unica nota davvero stonata è il fatto che il gioco, prima di ogni scontro, obblighi i giocatori ad assistere allo scambio di battute tra i personaggi, spesso superflue e ridondanti.
Una presentazione all’altezza
Graficamente parlando, Sparking! Zero centra quasi in pieno l’obiettivo. I personaggi sono rappresentati e animati in maniera davvero superba, sia durante il gameplay che nelle scene di intermezzo. Sia le pose che le animazioni facciali risultano praticamente identiche a quelle dell’anime e sono impreziosite dalla sensazione di “corposità” conferita dal motore 3D del gioco.
A proposito dei filmati di intermezzo, essi sono tutti realizzati con la medesima grafica del gioco. Per rendere più snella la narrativa, gli sviluppatori hanno optato per l’alternanza tra scene animate e semplici fermo immagine. Vista l’enorme quantità di episodi e saghe che il gioco va a coprire, non ce la sentiamo di bocciare questa scelta, anche perchè la resa grafica di tutte queste sequenze resta di buonissimo livello.
Meno riusciti sono invece gli sfondi. Se risultano quasi sempre fedeli all’anime e abbastanza ricchi di particolari, non si può fare a meno di notare un drastico calo di definizione rispetto ai personaggi. Sono invece degne di nota le varie mosse speciali dei personaggi, che spesso ricalcano fedelmente le tecniche viste nell’anime, riuscendo spesso anche a superarle in spettacolarità. Unica nota dolente, la lunghezza di queste animazioni, che spesso, soprattutto se inserite all’interno delle combo, rischiano di spezzare fin troppo il ritmo di gioco.
Anche il sonoro si mantiene su buonissimi livelli, con tracce che attingono sia al repertorio degli episodi passati sia musiche originali dell’anime. I vari brani risultano quasi sempre azzeccati e d’atmosfera, contribuendo ad aumentare il coinvolgimento durante le battaglie.
Tirando le somme
Ma veniamo al proverbiale elefante nella stanza: Sparking! Zero è davvero il miglior gioco su Dragon Ball mai prodotto? La risposta, almeno per noi, è negativa. Intendiamoci, si tratta sicuramente di un ottimo prodotto, che farà la gioia di tutti i fan della serie Sparking e, in generale, dell’anime di Toriyama. Tuttavia, pur presentando un’offerta sicuramente ricca, Zero non porta alcuna innovazione realmente radicale.
Il gameplay, come abbiamo spiegato, ricalca in modo quasi maniacale quello dei vecchi episodi PS2. Le poche innovazioni inserite non vanno realmente ad evolvere e innalzare la qualità dell’esperienza e permangono, purtroppo, alcune delle vecchie imprecisioni del sistema di controllo. Inoltre, la natura ibrida del gioco, a metà fra titolo casual e picchiaduro competitivo, rende davvero difficile trovare un reale equilibrio nel gameplay.
La particolare modalità a episodi proposta dal gioco è sicuramente molto accattivante e regala agli appassionati diverse nuove storie, ma viene appesantita da una certa confusione e dall’eccessiva frustrazione provocata da alcune condizioni da soddisfare davvero infami.
Anche il comparto tecnico, seppur di ottimo livello, non riesce a donare al gioco quel tocco di originalità artistica in grado di rendere il suo stile inimitabile, come era accaduto coi meravigliosi sprites in 2d di Dragon Ball Fighters (che, per inciso, resta, a nostro giudizio, il miglior titolo dedicato a Goku e soci).
Dragon Ball: Sparking! Zero non è assolutamente un brutto titolo. Si tratta di un gioco di combattimento divertente, bello graficamente e ricchissimo di contenuti. Ogni singolo elemento del gioco è una dimostrazione di rispetto e amore per l’intera opera di Dragon Ball. Manca, ironicamente, proprio di quella scintilla che avrebbe potuto elevarlo a capolavoro assoluto. Tuttavia, se siete fan di Goku e soci compratelo senza alcuna esitazione. Divertimento e coinvolgimento sono garantiti.
Conclusione
Dragon Ball: Sparking! Zero farà sicuramente la gioia di ogni fan di Dragon Ball degno di questo nome. Un gameplay semplice ma appassionante, un numero enorme di combattenti, tantissimi contenuti e persino una modalità storia ricca di scenari inediti, con addirittura la possibilità di creare episodi personalizzati. Tuttavia, la mancanza di reali innovazioni, una serie di sbavature nel sistema di controllo e una certa confusione nella navigazione tra i contenuti gli impediscono di imporsi come vero capolavoro. Resta un gioco consigliatissimo ai fan dell’opera di Toriyama e in generale agli amanti dei giochi di combattimento.
Dettagli e Modus Operandi
Piattaforme: PS5, Xbox Series S|X, PC
Data uscita: 07/10/2024
Prezzo: 79,99 €
Ho testato il Dragon Ball Sparking! Zero a partire dal day one su PlayStation 5.
The Legend of Zelda: Echoes of Wisdom è l’ultimo capitolo della celebre serie di giochi di avventura di Nintendo, e rappresenta un’evoluzione significativa rispetto ai suoi predecessori. Questo gioco combina elementi classici della serie con nuove meccaniche di gioco, offrendo un’esperienza unica e coinvolgente. In questa recensione di The Legend of Zelda Echoes of Wisdom, esploreremo in dettaglio gli aspetti tecnici, il gameplay, la grafica, la trama e le innovazioni introdotte in questo titolo.
Zelda si “veste” bene per l’occasione
Una delle prime cose che colpisce in Echoes of Wisdom è la sua grafica. Il gioco utilizza uno stile artistico che combina elementi 2D e 3D, creando un mondo vibrante e dettagliato. Le ambientazioni sono ricche di colori e dettagli, con una cura particolare per i paesaggi e gli ambienti naturali. Le animazioni, dal canto loro, contribuiscono a rendere il mondo di Hyrule vivo e dinamico.
Il gioco si ispira spudoratamente al remake di Link’s Awakening, utilizzando anche stessa tecnologia e stessa tecnica.
Il frame rate oscilla tra i 30 e 60 FPS durante il gameplay, di norma negli ambienti aperti e negli incontri con i boss avremo i 30 FPS, nei dungeon invece arriveremo a 60. La risoluzione del gioco varia dai 1080p quando si utilizza in versione docked ai 720p quando in modalità portatile.
Una qualità comunque che rimane costante per l’intero sviluppo del gioco.
Lato sonoro, il gioco è stato apprezzato per l’attenzione ai dettagli sia nella colonna sonora sia negli effetti. Temi che si adattano perfettamente al gioco (anche se spesso un filo ripetitivi) ed effetti sonori che contribuiscono ad aumentare l’immersione nel titolo.
Zelda e Tri, binomio perfetto
Il gameplay di Echoes of Wisdom è una fusione di elementi classici della serie Zelda con nuove meccaniche innovative. Il gioco mantiene la struttura di dungeons e puzzle tipica della serie, ma introduce anche nuove modalità di interazione con l’ambiente. Una delle principali novità è quella di creare “echi” o più volgarmente repliche di nemici sconfitti e di altri oggetti utili che ci consentiranno di affrontare i puzzle nei modi più svariati grazie ai poteri che l’entità non meglio precisata Tri ci donerà.
Questa meccanica permette ai giocatori di evocare creature sconfitte per combattere al loro fianco e di creare oggetti come letti, scatole e trampolini per superare ostacoli e raggiungere nuove aree. La gestione di questi echi è resa ancora più interessante dal fatto che le “copie” sono limitate e ci vorrà tutto il vostro ingegno per scegliere i giusti pezzi o i giusti nemici da utilizzare.
Protagonisti
In Echoes of Wisdom, la protagonista principale è la principessa Zelda, un cambiamento significativo rispetto ai giochi precedenti in cui Link era il personaggio centrale. Questo cambiamento di prospettiva rende la trama più particolare e secondo me anche interessante. Ho apprezzato molto, personalmente, la variazione sul tema. Zelda porterà i giocatori ad esplorare Hyrule per sigillare misteriose fratture viola che minacciano il regno.
La storia è ben scritta come d’altronde Nintendo ci ha abituato fin dagli inizi ed offre una narrazione costante che si sviluppa attraverso dialoghi e scene cinematiche. La presenza di Zelda come protagonista permette di esplorare nuovi aspetti del suo personaggio e del suo ruolo nel mondo di Hyrule, rendendo la trama fresca e interessante. a mio modo di vedere.
Innovazioni e novità principali
Come detto, in questo capitolo, la protagonista principale è la principessa Zelda, un diverso ed apprezzato punto di vista dal quale affrontare le avventure che il mondo di Hyrule ci prospetta. Rispetto ai giochi precedenti in cui eravamo abituati ad usare Link come eroe, sicuramente è una ventata di novità. Zelda, grazie a Tri (forse una fata alla fine) utilizza un potente bastone chiamato Tri (ma và…) per creare “echi” di oggetti e nemici trovati in Hyrule. Questi echi possono essere utilizzati in vari modi creativi per risolvere enigmi e combattere nemici.
Il gioco, inoltre, offre una vasta esplorazione di Hyrule, con personaggi eccentrici, missioni secondarie, minigiochi, abiti, accessori e molto altro. Fortunatamente oltre a creare echi, Zelda ha altre abilità potenti come Sincronia e Sincronia inversa, magie che permettono di manipolare oggetti e nemici in modi del tutto particolari come ad esempio quando Zelda sposta oggetti oppure vi si collega tramite la magia per spostarsi insieme ad essi. Il gioco, nel pieno stile Zelda, include dungeons pieni di nemici, enigmi e boss mostruosi, offrendo sfide avvincenti e varie. Infine le fratture. Zelda deve affrontare fratture misteriose apparse in tutta Hyrule risolvendo enigmi ed affrontando nemici nel tentativo di richiuderle e salvare coloro che ne sono stati intrappolati ed il Regno.
Performance
Dal punto di vista tecnico, Echoes of Wisdom è generalmente ben ottimizzato, anche se presenta alcune problematiche di performance. Durante le sessioni di gioco, possono verificarsi cali di frame rate e piccoli bug, ma nel complesso l’esperienza di gioco rimane fluida e piacevole. Quello che davvero non ho sopportato è stata la gestione delle repliche a disposizione, un elenco infinito da cui scegliere che spezza decisamente il ritmo del gioco. Si poteva fare di più.
Conclusione
The Legend of Zelda: Echoes of Wisdom è un titolo che riesce a combinare con successo elementi classici della serie con nuove meccaniche di gioco, offrendo un’esperienza unica e coinvolgente. La grafica accattivante, il gameplay innovativo e la trama avvincente rendono questo gioco un must per tutti i fan della serie e per i nuovi giocatori. Nonostante alcune pecche veniali di performance il gioco mantiene sempre un alto livello di qualità e divertimento.
Dettagli e Modus Operandi
Piattaforme: Switch
Data uscita: 26/09/2024
Prezzo: 59,99 €
Ho nuovamente provato il gioco a partire dal day one su Nintendo Switch
Negli scorsi mesi, in maniera quasi del tutto inattesa, Capcom ha annunciato l’uscita di una collection dedicata alla saga Marvel vs Capcom. Questa collection è stata accolta in modo molto positivo dai fan.
Dopo la delusione di Marvel VS Capcom Infinite, questa raccolta, per molti fan, rappresentava la possibilità di ritrovare al massimo del suo splendore una saga che, nei primi anni duemila, godeva di grande popolarità, soprattutto tra i fan del genere picchiaduro.
Questa raccolta, come vedremo, raccoglie di fatto tutto il meglio della serie, compreso un gradevole extra. Questi vecchi classici avranno però l’appeal necessario per giustificare l’acquisto del gioco?
Un’offerta molto ricca
L’offerta che Capcom propone con questa collection è certamente molto ricca e completa. Arcade classics contiene l’intera serie VS, composta da X-Men Vs Street Fighter, Marvel Super Heroes Vs Street Fighter, Marvel Vs Capcom e Marvel Vs Capcom 2. Capcom ha saggiamente deciso di includere anche X-Men Children of the Atom e Marvel Super Heroes, di fatto i capostipiti della saga.
Come ciliegina sulla torta, è stato inserito nella raccolta anche The Punisher, divertente picchiaduro a scorrimento 2d dedicata al tetro giustiziere Marvel. Si tratta di un vero e proprio concentrato di azione da sala giochi anni 90 che, sebbene un po’ fuori luogo, risulta davvero divertente e piacevole da giocare ancora oggi.
Tutti i titoli sono presenti nelle loro versione Arcade, con la possibilità di effettuare alcune personalizzazioni. Il giocatore può infatti scegliere quale versione del gioco caricare (giapponese o inglese), il livello di difficoltà, i filtri grafici da inserire (se si desidera farlo) e persino se inserire delle cornici per personalizzare lo schermo.
Durante il gioco è possibile effettuare un salvataggio in qualsiasi momento della partita e consultare il set di mosse dei nostri personaggi. Ogni gioco è poi impreziosito dalle immagini dei cabinati originali, che mostrano tramite illustrazioni i comandi principali di ogni gioco. Un vero e proprio tocco di classe per i nostalgici!
Completa l’offerta l’inserimento di una modalità allenamento. Quest’ultima, purtroppo, risulta appena abbozzata. Se infatti sono presenti sia le hit box dei personaggi che le indicazioni dei frames delle mosse, manca totalmente un tutorial per le combo principali dei personaggi, che in questi giochi sono spesso lunghe e complesse. Davvero un peccato, anche se apprezziamo lo sforzo fatto da Capcom nel cercare di venire incontro alle esigenze dei giocatori più smaliziati.
La collection messa insieme da Capcom è dunque certamente molto ricca e variegata. Vediamo ora se i giochi all’interno sono altrettanto validi.
Mazzate mutanti
Diciamo la verità: tra tutti i giochi della Collection X-Men: Children of the Atom è certamente quello invecchiato peggio. Le collisioni tra i personaggi sono spesso casuali, i danni inferti dagli attacchi sono incoerenti e spesso sproporzionati e il sistema di combo è troppo poco rifinito, permettendo ai più esperti di eseguire sequenze di attacchi praticamente infinite.
Come se non bastasse, l’intelligenza artificiale della CPU risulta incoerente, con avversari che sembrano spesso leggere in anticipo i nostri comandi per anticiparci, salvo poi cascare in “trabocchetti” banali come attacchi a distanza scagliati a mezzaria eseguiti a ripetizione. Tuttavia, X-Men COTA mantiene un fascino ed un carisma davvero enormi. Gli sprites enormi e definiti, lo stile grafico fumettoso, la frenesia del gameplay e l’enorme numero di mosse e abilità a disposizione rendono l’esperienza ancora gradevole, nonostante i numerosi difetti.
Le principali innovazioni portate da X-Men consistono nella possibilità di effettuare enormi salti durante lo scontro e nella possibilità di sfruttare i differenti livelli della barra special per ricorrere ad attacchi ed abilità speciali. Oltre alle devastanti Hyper X, infatti, ogni personaggio dispone di particolari X-abilities. Queste ultime spesso non consistono in veri e propri attacchi, bensì in poteri speciali, come la capacità di volare, un temporaneo potenziamento dei nostri attacchi e persino la capacità di recuperare la nostra energia.
Nel complesso, X-men COTA resta un buon picchiaduro, che avrà sicuramente un grande valore nostalgico per chi, come me, lo ha giocato all’uscita in versione arcade nel 1994 e, non disponendo di un Sega Saturn, non ha mai potuto godere di una conversione all’altezza. Una menzione speciale merita Magneto, boss finale del gioco. Ancora oggi fatico a trovare avversari finali più ostici e difficili del signore del magnetismo.
Eroi marvel in azione
Uscito per la prima volta nel 1995 come sequel diretto di X-men COTA, Marvel Super Heroes migliora il predecessore sotto ogni aspetto. MSH presenta animazioni più pulite, un sistema di combo e combo aeree più preciso e divertente ed un roster che comprende eroi provenienti dall’intero mondo Marvel. La barra dell’energia spirituale può ora essere riempita fino a tre livelli differenti e viene utilizzata dai nostri eroi per effettuare i loro attacchi speciali, che vanno a consumare un livello di barra ciascuno.
Il gioco si ispira alla famosissima saga del Guanto dell’Infinito (dalla quale ha preso spunto anche l’MCU) e presenta il titano Thanos come antagonista principale. Nel corso dei vari scontri, gli eroi sbloccano l’accesso a tutte e sei le gemme dell’infinito. Il giocatore può usare le gemme a sua disposizione in ogni momento della battaglia. Ogni gemma dona particolari capacità, che vanno dalla velocizzazione dei movimenti al dono di una super corazza. Un’idea davvero niente male, che dona agli scontri ancora più incertezza e varietà.
Unico vero neo del gioco è il suo roster. Sebbene contenga molti dei principali eroi e villain dell’universo Marvel, l’assenza di mostri sacri come Thor, i fantastici 4 o Silver Surfer si fa sentire. Soprattutto se al loro posto troviamo personaggi come Blackheart (il figlio di Mefisto) e Shuma Gorath, assolutamente sconosciuti ai più.
Che il crossover abbia inizio!
Coi due giochi successivi, ovvero X-Men vs Street Fighter e Marvel Super Heroes vs Street Fighters, rispettivamente del 1995 e 1996, la serie assume quelle che diventeranno le sue caratteristiche più peculiari. Entrambi questi giochi infatti propongono battaglie a coppie, in cui il giocatore può selezionare i suoi personaggi scegliendo tra gli eroi della marvel e i combattenti della strada di Capcom.
Durante la sfida i lottatori possono essere scambiati in ogni momento, mentre il match termina nel momento in cui entrambi i lottatori di una squadra vengono sconfitti (senza alcun secondo round). I lottatori hanno anche la possibilità di collaborare per scatenare tremende e spettacolari super combinate, che consumano ben due indicatori della barra special. Il partner può anche essere sfruttato per effettuare dei contrattacchi mentre nell’istante in cui si blocca un colpo nemico.
MSHvsSF introduce anche la possibilità di convocare in ogni momento il nostro partner per fargli effettuare un attacco “assist”, in grado sia di cogliere di sorpresa l’avversario che di estendere le nostre combo. Questi giochi introducono anche i famigerati Boss giganti, dal momento che il mastodontico Apocalisse occupa praticamente tutto lo schermo con la sua mole!
Se XMvsSF risulta tuttora un gioco davvero divertente e spettacolare, sebbene ancora piuttosto acerbo, MSHvsSF sembra molto meno ispirato. A penalizzare questo gioco è soprattutto il roster, davvero scialbo e poco azzeccato, con numerosi personaggi riciclati da MSH e X men COTA. Anche la resa generale risulta molto pressapochista, con musiche e sfondi ripresi dai giochi precedenti in maniera praticamente identica.
Marvel VS Capcom
Con Marvel vs Capcom, del 1998, la formula dei giochi precedenti viene migliorata e perfezionata. Tornano gli scontri a coppie, arricchiti dalla presenza di un terzo personaggio, il cui utilizzo è legato unicamente agli attacchi di supporto. Questi personaggi sono richiamabili solo per un numero limitato di volte, dunque il loro uso deve essere dosato con attenzione.
Oltre alle devastanti super combinate, MVC consente anche di schierare per un tempo limitato entrambi i personaggi contemporaneamente (il secondo agisce in modo speculare al primo), permettendo al giocatore di scatenare terribili combo personalizzate.
Anche il comparto tecnico del gioco risulta davvero di buon livello, con grafica e sonoro ritoccate, una serie di nuovi stages e un roster all’altezza della situazione. Certo, come nei titoli precedenti, i personaggi non sono bilanciatissimi e l’azione risulta fin troppo caotica per esaltare la tecnica, ma MVC resta un picchiaduro divertente e vario.
Marvel VS Capcom 2: Il capolavoro
Marvel vs Capcom 2: New Age of Heroes, uscito nel 2000 in versione arcade e, successivamente, su Sega Dreamcast, è certamente il titolo migliore della collectione. Forte di un roster di ben 56 personaggi, di un rinnovato motore grafico e di un sistema di controllo finalmente limato e perfezionato, MVC2 migliora e perfeziona praticamente ogni elemento della saga.
Il gioco propone scontri 3 vs 3, mantenendo la possibilità di effettuare mosse combinate e di “convocare” i personaggi non in gioco per effettuare attacchi assist. Questo sistema, unito all’enorme numero di personaggi selezionabili, potenzia la giocabilità in modo incredibile. L’enorme numero di lottatori e mosse a disposizione permette infatti ai giocatori di assemblare la propria squadra in maniera strategica.
Si può ad esempio mettere insieme squadre in cui i personaggi compensino a vicenda i propri punti deboli. É anche possibile, per i giocatori più esperti, creare vere e proprie tattiche personalizzate, che combinino gli attacchi e le caratteristiche di ogni personaggio per creare veri e propri schemi di attacco fra loro coerenti.
Anche sotto il comparto tecnico, MVC 2 non delude, proponendo personaggi e sfondi molto più definiti rispetto ai primi giochi. Tuttavia, il miglioramento più sensibile riguarda le animazioni e la fluidità di gioco. L’azione e gli attacchi sono molto più precisi e coerenti e l’azione è sempre fluida e scorrevole, anche nelle fasi più concitate. MVC 2 riesce finalmente a realizzare quell’equilibrio tra velocità d’azione e abilità tecnica, che fino ad allora era sfuggito alla serie Capcom.
Non a caso, questo gioco è stato uno dei protagonisti assoluti di numerose edizione dell’EVO ed è tutt’oggi richiesto e supportato da molti giocatori professionisti. Grazie a Capcom, finalmente MVC 2 è a disposizione di ogni giocatore, in una versione facilmente fruibile e che offre la miglior versione possibile di questo leggendario titolo. Non è esagerato affermare che la presenza di MVC2 giustifichi da sola l’acquisto della collection.
Conclusioni
Tirando le somme, Capcom ha realizzato davvero una collection ricca ed interessante. Ogni gioco è presente nella miglior versione possibile, con in più una buona dose di opzioni per personalizzare l’esperienza. Arricchiscono il pacchetto una modalità museo, che contiene molti degli artwork legati ai vari giochi e la modalità “medaglie”, con una serie di sfide da completare per ognuno dei titoli a disposizione.
Capcom ha inserito anche una modalità online, con tanto di sfide amichevoli, battaglie classificate e la possibilità di creare stanze personalizzate. Purtroppo, nonostante la presenza del rollback (vedi qui per approfondire), durante la nostra esperienza siamo incorsi in vari rallentamenti, anche piuttosto pesanti. Anche in questo caso, però, non ce la sentiamo di bocciare l’operato di Capcom. Stiamo comunque parlando di giochi e codici ormai molto vecchi e implementare tecnologie nuove in questo genere di prodotti è sempre piuttosto complicato.
Certo, se non siete amanti del genere e non avete giocato a questi giochi alla loro uscita, l’offerta perde sicuramente di appeal. Se però apprezzate questo genere di giochi e volete avere l’intera collezione dei picchiaduro Marvel targati Capcom a disposizione, Arcade Classic Collection è il gioco che fa per voi.
Conclusione
Marvel vs Capcom Fighting Collection: Arcade Classics è una raccolta estremamente ricca e ben assemblata. Tutti i giochi sono proprosti in versione Arcade Perfect, con varie possibilità di personalizzazione e diversi contenuti extra. L’acquisto è consigliatissimo per i nostalgici dei classici picchiaduro 2d. Ci sentiamo di consigliare il gioco anche a tutti gli amanti dei giochi di lotta. Questa collection potrebbe rivelarsi una piacevole e divertente scoperta.
Dettagli e Modus Operandi
Piattaforme: PS5, Xbox Series S|X, Switch, PC, PS4
Data uscita: 11/09/2024
Prezzo: 49,99 €
Ho testato il gioco a pochi giorni dall’uscita nella versione Switch.
L’attesa era tanta e le aspettative erano alte, ma la 11-bit Studios è riuscita nell’impresa: Frostpunk 2 è un titolo che mantiene le promesse, rispetta il suo predecessore ma da cui prende le giuste distanze. Il risultato è un’esperienza di gioco inedita, che si inserisce in un contesto familiare.
Si tratta di un titolo che, sin da subito, mostra una doppia anima. Da una parte c’è l’aspetto narrativo che riporta il giocatore esattamente dove era rimasto una volta completato Frostpunk. Dall’altra, il gameplay che ci troviamo di fronte si presenta come qualcosa di completamente nuovo, al punto tale che talvolta stordisce.
Trent’anni dopo
Iniziamo precisando tempo e luogo in cui si svolge l’avventura. Sono passati circa trent’anni dagli eventi di Frostpunk, quando siamo stati chiamati a guidare l’umanità nella corsa alla sopravvivenza contro la glaciazione mondiale, sforzandoci di garantire una casa, cibo e cure a uomini, donne, anziani e bambini.
L’obiettivo è stato raggiunto, ma ora dobbiamo ricostruire la società: non si tratta più di combattere “soltanto” il freddo, la fame e le malattie, dobbiamo costruire una città che soddisfi i bisogni delle persone che la abitano. Insomma, tocca fare i conti con la politica.
Cosa cambia
Ed è qui, forse, che troviamo la principale distinzione tra Frostpunk 2 e il suo predecessore: il city building è totalmente rinnovato. In Frostpunk 2 non dobbiamo più costruire ogni singolo edificio, bensì dei distretti. Non dobbiamo più decidere quanti lavoratori assegnare ad ogni singolo sito produttivo, ma disponiamo di una forza lavoro che viene equamente distribuita tra le aree produttiveche decidiamo di edificare
Questa è sicuramente la prima novità che il titolo presenta ai giocatori: se con Forstpunk ci siamo trovati di fronte ad un sistema di micro management, con Frostpunk 2 le cose si fanno in grande. Cambiamenti che potrebbero stordire, in quanto richiedono al giocatore uno sforzo iniziale non indifferente, soprattutto di calcolo, per tenere costantemente traccia della quantità di forza lavoro a disposizione. I primi minuti di gioco saranno probabilmente spesi chiedendosi: “Ho abbastanza lavoratori per un nuovo sito produttivo?”. Fortunatamente, basta prendere un po’ la mano e passa la paura.
Questa è solo una delle tante novità, tutte accuratamente spiegate in un ricco diario le cui voci vengono sbloccate mano mano che si avanza nel gioco. Anche in questo caso, però, il giocatore potrebbe trovarsi disorientato e perdersi tra i tanti (a volte troppi) suggerimenti che vengono rivelati, a volte anche contemporaneamente.
Nel complesso si sente la mancanza di un vero e proprio tutorial: gli avvisi sembrano perdersi nel mare di icone a disposizione e – almeno inizialmente – il gioco risulta poco intuitivo. Ma si sa, Frostpunk non è mai stato un titolo easy playing: bisogna studiarlo a fondo per apprezzarlo in tutto e per tutto.
Tutta questione di politica
Se nel primo capitolo la preoccupazione più grande di ogni giocatore è stata quella di controllare che i livelli di combustibile fossero soddisfacenti, adesso a catturare l’attenzione è un altro indicatore: il grado di soddisfazione delle varie fazioni di cittadini. Certo, la capacità di garantire cibo e calore restano un elemento centrale di un gioco dalla forte componente survival, ma questa non è più l’unica sfida. Infatti, la nostra capacità decisionale in qualità di leader non è più così libera come lo era “trent’anni fa” (ossia nel primo capitolo): ogni scelta deve passare al vaglio del consiglio cittadino.
Una novità che non ci permette più di stabilire, di punto in bianco, politiche di istruzione, di suddivisione dei beni o la richiesta di turni extra ai lavoratori. Occorre prima ottenere i voti favorevoli della maggioranza dei consiglieri. A volte, per raggiungere il nostro obiettivo, bisogna scendere a patti. Per esempio, se volessimo ottenere l’appoggio dei Pellegrini in una sessione di consiglio, potremmo provare ad ottenere il loro sostegno a patto di soddisfare una loro richiesta, come potrebbe essere l’edificazione di un ospedale universitario entro 60 giorni, per dirne una.
Un sistema, quello proposto dal titolo, che ci pone di fronte a scelte complesse. Accontentare alcuni significa inevitabilmente rendere infelici altri. È il gioco del dare e avere, ma bisogna fare attenzione a non tirare troppo la corda, perché con la stessa rapidità con cui siamo stati eletti potremmo essere diseredati (cosa che equivale ad un game over). Con Frostpunk 2, l’umanità sull’orlo del collasso e disposta a tutto pur di sopravvivere, una volta raggiunto il suo risultato, torna se stessa. Si riorganizza, diventa nuovamente società, fonda nuovamente le basi della democrazia che si era lasciata alle spalle. E sta a noi, adesso, prendere le redini di questa civiltà e portarla avanti, a qualunque costo.
Da insediamento a metropoli
Le condizioni di vita migliorano, la città cresce e aumentano anche gli insediamenti. Gli abitanti, che nel primo capitolo erano poche centinaia, in Frostpunk 2 diventano migliaia. Con il nuovo capitolo del gioco, infatti, non siamo più leader di un gruppo ristretto di persone di cui, come accadeva in precedenza, conosciamo anche i singoli nomi e cognomi.
Ora siamo alla guida di una metropoli, oltre che di altre colonie che possiamo stabilire in aree ricche di quei materiali di cui la nostra capitale è priva. Il tutto ci porta a dover gestire contemporaneamente più di un centro abitato, coordinando anche le rotte commerciali di cibo, carburante, materiali edili e così via.
Conclusione
Frostpunk 2 è un titolo che funziona, coinvolge, mantiene le promesse e ci propone qualcosa di nuovo. Frostpunk 2 è un bel gioco. Punto. Diciamolo chiaramente: un sequel è sempre una scommessa importante, che in tanti (forse troppi) negli anni hanno perso, a volte perché hanno presentato titoli distanti anni luce dal primo capitolo, altre perché si sono limitati ad un mero copia incolla. La 11-bit Studios invece ha giocato una partita importante e questo può significare solo una cosa: ci ha messo cuore, ha voluto soddisfare le aspettative senza però essere banale. Ha voluto regalare ai giocatori un’esperienza familiare ma allo stesso tempo diversa. La stessa cosa che avrei voluto provare con Darkest Dungeon 2 ma, ahimè, non è andata così.
Se il premio in palio fosse “sequel riuscito”, Frostpunk sarebbe a mani bassi nell’elenco dei (purtroppo pochi) vincitori. Ma se la sfida è direttamente contro il predecessore, risulta difficile parlare di vittoria: come già detto, sono due giochi diversi che condividono soltanto gli elementi narrativi. Chi decide di avventurarsi in Frostpunk 2 deve partire dal presupposto che non sta giocando al primo capitolo, ma ad un titolo totalmente nuovo e che richiede un impegno non indifferente per essere goduto a pieno. Una fatica, quest’ultima, non per tutti.
Sono passati ormai 4 anni dall’uscita di Astro’s Playroom, platform 3d con protagonista il simpatico robottino Astro. Nella sua semplicità, Playroom riuscì a conquistare i cuori dei videogiocatori grazie all’enorme divertimento che sapeva offrire e all’amore mostrato dagli sviluppatori per Playstation. Dopo un divertente spin-of in VR, a quattro anni dall’uscita del primo titolo su PS5, ecco finalmente arrivare Astro Bot.
Se Playroom voleva essere più che altro una dimostrazione delle capacità di PS5, Astro Bot si è presentato fin dai primi trailer come un vero e proprio titolo tripla A, in grado di rivaleggiare con tutti i più importanti giochi del parco titolo di PS5.
Dopo aver provato a fondo il gioco, siamo pronti a condividere con voi le nostre impressioni sul nuovo platform Sony. Si tratta davvero di un capolavoro annunciato? Scopriamolo in questa recensione di Astro Bot in esclusiva per PlayStation 5.
Incidenti spaziali
Le premesse di Astro Bot non potrebbero essere più semplici. Durante un tour spaziale l’astronave che ospita astro e i suoi amici bot (una PS5 gigantesca) si scontra per errore con un gigantesco alieno. L’impatto causa lo schianto della nave su un pianeta deserto e la dispersione dei piccoli amici di Astro.
Fortunatamente, il nostro robottino riesce a rimettere in funzione il Dual Speeder, una piccola navetta spaziale simile al Dual Sense. Grazie al nuovo mezzo di trasporto, Astro inizia ad esplorare i pianeti limitrofi, in cerca dei suoi amici sperduti e delle parti necessarie a riparare la sua astronave. Una trama davvero semplice ed essenziale dunque, che tuttavia funge da pretesto perfetto per l’incredibile viaggio che attende il nostro Astro.
Più grande, più bello
Astro Bot si snoda su ben 80 livelli. In ognuno di essi, compito del giocatore è recuperare i bot disseminati all’interno dello scenario. I livelli sono raggruppati in 6 galassie e 50 pianeti. Dunque, se la struttura di gioco ricorda da vicino Playroom, il numero di aree esplorabili è stato molto aumentato.
Oltre ai bot da scovare, ogni livello contiene alcuni pezzi di puzzle, utili a sbloccare le varie funzioni del pianeta su cui è arenata l’astronave. Tra di esse ricordiamo un deposito gacha per raccogliere oggetti e abbellimenti vari per i nostri bot e una sorta di officina per personalizzare il nostro speeder. Inoltre, ogni volta che torniamo al pianeta “base” troviamo ad attenderci tutti i bot liberati nel corso del gioco. Grazie al loro aiuto possono essere sbloccate ulteriori aree del pianeta, che nascondono al loro interno altri segreti.
Una delle sei galassie a cui accennavamo è in realtà un livello “bonus”. Per sbloccare i pianeti al suo interno è necessario scovare alcuni vortici dimensionali nascosti nei livelli. Si tratta di solito di nascondigli molto ben pensati, dunque i giocatori devono prestare davvero grande attenzione se desiderano scovarli tutti.
Divertimento puro
Dopo aver esaminato trama e struttura di Astro Bot, andiamo ad analizzare il gameplay. Come già accennato, Astro Bot è sostanzialmente un platform 3d. Compito del giocatore è guidare Astro attraverso i vari livelli, evitando gli ostacoli e sconfiggendo i vari nemici.
Come accadeva in Playroom, i comandi di Astro sono davvero semplici. Il nostro robottino può infatti correre, saltare, prendere a pugni i nemici e levitare per brevi tratti grazie ai suoi jet. Mantenendo premuto il tasto quadrato, Astro si esibirà in un attacco rotante, utile sia a sconfiggere i nemici che a interagire con determinati elementi dello stage.
Nel corso ddei livelli, però, Astro ha la possibilità di sbloccare una serie di potenziamenti, nascosti in speciali forzieri. Questi bonus donano ad Astro una serie di abilità sempre nuove, che spesso sono pensate per sfruttare al meglio le possibilità offerte dal Dual Sense. Abbiamo, per esempio, un simpatico cane-bot, che permette ad Astro di scagliarsi con forza in avanti a mo’ di razzo, superando determinati ostacoli. Oppure una coppia di bracciali serpente, che regalano al nostro bot dei pugni allungabili, utili sia per abbattere i nemici che per aggrapparsi e dondolare su determinati ostacoli.
La varietà e l’originalità di questi potenziamenti è davvero incredibile e rende l’esperienza di Astro Bot sempre varia e coinvolgente, evitando la sensazione di monotonia che talvolta affligge giochi del genere. Ci sono potenziamenti in grado addirittura di rallentare lo scorrere del tempo o di variare le dimensioni di Astro. Meccaniche di questo tipo, come si intuisce, vanno ad influire sul design dei livelli stessi, regalando situazioni sempre originali e coinvolgenti.
Nel corso dell’avventura, la qualità dei controlli si mantiene sempre altissima. Astro risponde ai comandi in modo pressoché perfetto, senza alcun tipo di rallentamento o di mancata risposta agli input. Affrontare i livelli di Astro Bot è stata sempre un’esperienza piacevole e divertente e non ci è mai capitato di sentirci frustrati o annoiati dalle situazioni via via proposte.
Anche il livello di difficoltà è ben bilanciato. Se terminare l’avventura principale non si rivelerà uno sforzo troppo grande, il discorso cambia totalmente coi livelli segreti. In questi livelli, in particolare quelli contrassegnati dai quattro simboli di Playstation, la difficoltà si alza vertiginosamente, con sfide in grado di mettere alla prova anche i giocatori più esperti. A complicare le cose, c’è il fatto che questi stages vanno completati tutti d’un fiato, vista l’assenza di qualunque tipo di checkpoint. Dunque, anche sotto questo aspetto, Astro Bot è in grado di accontentare davvero tutti, dai bambini alle prime esperienze di gioco fino ai giocatori più hardcore.
Varietà e citazionismo
Astro Bot coglie ogni occasione per sfruttare al massimo tutte le caratteristiche del nostro joypad. All’inizio di ogni livello, ad esempio, vi sono piccole sessioni di volo a bordo dello speeder. In queste sequenze il gioco sfrutta il sensore di movimento per permettere al giocatore di sterzare semplicemente inclinando il Dual Sense. Non mancano poi all’interno dei livelli enigmi che richiedono l’utilizzo di ogni elemento del controller, dal microfono (utilizzato per soffiare) fino all’uso calibrato dei grilletti e touch pad.
Altra caratteristica regina del gioco è il citazionismo. Molti dei bot che salviamo, infatti, sono palesemente ispirati a famosi personaggi del mondo Playstation. Per fare qualche esempio, tra i giochi citati abbiamo Metal Gear Solid, The Last of Us, God of War, Ico e tantissimi altri. Ma Astro Bot va oltre.
Come già detto, ogni galassia è formata da una serie di pianeti, che costituiscono i livelli del gioco. Una volta superati e raccolto il necessario numero di Bot, viene sbloccato lo scontro con i giganteschi boss a capo di ogni galassia. Si tratta di battaglie davvero spassose e coinvolgenti, in cui il giocatore deve scoprire i punti deboli del nemico facendo al contempo attenzione alle sue offensive. Non si tratta di scontri particolarmente difficili, ma certamente si rivelano estremamente divertenti.
Sconfitto il Boss, ogni galassia regalerà un livello bonus, all’interno del quale Astro assumerà momentaneamente l’aspetto e le abilità di alcuni dei Bot salvati, a loro volta ispirati a famosi personaggi del mondo Playstation. Per esempio, nel livello dedicato a Nathan Drake, il nostro Astro riceverà in dotazione una pistola, grazie alla quale potrà effettuare sei rapidi attacchi a distanza prima di ricaricare. Nel livello di Ape Escape, invece, Astro verrà munito di rete e radar e dovrà dedicarsi alla caccia delle odiose scimmie-bot.
Questi livelli sono un vero e proprio fiore all’occhiello per ogni fan della cara vecchia Console Sony. Oltre a regalare ulteriore varietà e divertimento, infatti, per molti giocatori rappresentano un vero e proprio viaggio lungo il viale dei ricordi. Siamo certi che questi stages sapranno regalare emozioni molto forti, soprattutto ai fan di vecchia data.
Una piccola meraviglia
Anche per quanto riguarda il comparto tecnico, Astro Bot è una piccola perla. La grafica del gioco è pulitissima, luminosa e spettacolare. Ogni livello è caratterizzato alla perfezione e presenta una fisica ed una struttura interna sempre profondamente coerenti. Ogni più piccola parte degli stages è ricchissima di dettagli, tutti estremamente chiari e ben definiti.
Il gioco inoltre mantiene costantemente i 60 fps, con una fluidità e scorrevolezza davvero invidiabili. Accompagnare Astro nel suo viaggio è un’esperienza visivamente davvero appagante, oltre che divertentissima. Anche il sonoro, pur senza presentare tracce troppo memorabili, è davvero piacevole ed azzeccato. Le varie musiche si abbinano sempre perfettamente ai livelli e fungono da perfetto accompagnamento.
Breve ma intenso
Chiariamolo subito: Astro Bot non è un gioco particolarmente longevo. terminare l’avventura principale porta via tra le dodici e le quindici ore, mentre la raccolta di tutti i collezionabili aggiungerà solo una manciata di ore al tempo di gioco.
Tuttavia, questo non è necessariamente un difetto. L’esperienza di Astro Bot è stata pensata proprio per essere fruita in questa maniera, ovvero come un viaggio semplice, scanzonato e divertente, che può essere apprezzato da giocatori di ogni età. Di conseguenza, anche la sua longevità resta perfettamente coerente col tipo di esperienza proposta.
I livelli scorrono velocemente e solo una volta ci è capitato di dover tornare sui nostri passi per raggiungere il numero di bot necessario allo sblocco di un nuovo livello. Astro Bot anche in questo caso giunge in nostro aiuto, permettendo di sbloccare, all’interno dei livelli già visitati, una sorta di volatile robot che ci indirizza verso i segreti ancora nascosti nel livello.
Astro Bot dunque sembra un gioco pensato per un’esperienza breve ma molto divertente ed intensa. Tuttavia, Sony ha precisato da subito che l’universo del gioco sarà in costante espansione. In recenti interviste, infatti, è già stato annunciato l’arrivo di un nutrito numero di contenuti scaricabili (vedi qui per la news). Anche sotto questo aspetto, dunque, Astro Bot si rivela all’altezza delle aspettative.
Conclusione
Astro Bot è davvero un gioco meraviglioso. Un platform bello da vedere, divertente ed appagante da giocare e ricchissimo di segreti e chicche da scovare. Il sistema di controllo sfrutta perfettamente il Dual Sense e riesce sempre a proporre situazioni nuove e coinvolgenti. Impreziosiscono l’esperienza la splendida grafica, la strepitosa fluidità di gioco e la presenza di numerose citazioni alla storia della Playstation. La longevità del gioco non è elevatissima, ma ciò non va in nessun modo a penalizzare la bellezza dell’esperienza. Consigliatissimo a tutti i possessori di PS5.
Dettagli e Modus Operandi
Piattaforme: PS5
Data uscita: 6/09/2024
Prezzo: 69,90 €
Ho giocato ad Astrobot dopo averlo acquistato pochi giorni dopo l’uscita.
Ogni nuova trilogia cinematografica di Star Wars scatena una voglia irrefrenabile di viaggi nello spazio. La wanderlust cosmica risveglia gli appassionati, ma sopratutto i publisher che si fiondano a pubblicare quanti più contenuti possibili in tutti i medium disponibili. Vale anche per i videogiochi con decadi in cui la qualità è elevata come i primi anni 2000 (Star Wars: Knights of the Old Republic ma non solo) e periodi che è meglio non ricordare. Gli anni della trilogia di Walt Disney è per noi videogiocatori un momento d’oro, per fortuna. Tanti giochi, molti belli. E adesso ci prova anche Ubisoft con il suo marchio di fabbrica: gli open-world con componente stealth. Sarà vera gloria? Scopriamolo in questa recensione di Star Wars Outlaws.
Reputazione da difendere
Star Wars Outlaws si svolge tra gli eventi di L’Impero Colpisce Ancorae Il Ritorno dello Jedi, e segue le avventure di Kay Vess, una ladra che cerca di cambiare la sua vita. Accompagnata dal suo fedele compagno Nix, un simpaticissimo animaletto tuttofare, Kay si trova a dover affrontare signori del crimine, pirati, mercenari e imperiali. I mercenari sono divisi in tre sindacati, i Pyke, gli Alba Cremisi e gli Hutt. Tutti e tre bramosi di denaro e di fama, tutti e tre pronti a tradirsi l’un l’altro.
La nostra Kay vive di espedienti e piccoli furti, ma dopo un colpo grosso andato male ai danni del potente Siiro a capo del sindacato criminale dei Zerek Besh e dopo essere stata marchiata col simbolo della morte, riesce a fuggire con Nix dopo aver rubato la nave Trailblazer. Essendo però braccata si schianta sulla luna selvaggia di Toshara e da lì Kay decide di ricominciare, decide di diventare una fuorilegge leggendaria e cambiare la propria vita.
Ed è proprio in questa spirale di tradimento e fedeltà che verrà gettata Kay, dovendo scegliere, più e più volte durante la storia, chi tradire e a chi restare fedele. Decisioni che aumenteranno o diminuiranno la reputazione di Kay agli occhi dei singoli sindacati. Una maggiore o minore reputazione consentirà a Kay di accedere o meno a determinati luoghi, di avere favori da un sindacato piuttosto che da un altro, ottenere lavori meglio o peggio retribuiti, acquistare a prezzi di favore o meno componenti dai venditori affiliati a questo o a quel sindacato.
Il sistema di reputazione ha effetti su più punti: la popolarità di Kay verso i singoli sindacati; scelte e conseguenze, ogni scelta di Kay avrà una conseguenza più o meno significativa; narrazione e percorsi alternativi, ogni scelta, anche morale di Kay porterà verso finali diversi rendendo ogni partita unica; interazioni con gli NPC, la reputazione di Kay influenzerà direttamente come gli NPC reagiranno a lei, bassa reputazione molto sospettosi se non aggressivi, alta reputazione ovviamente più accomodanti; ed infine libertà di azione, la possibilità di effettuare scelte porterà Kay a diramazioni nella storia dandole numerose possibilità di scelta.
La trama regala diversi momenti emozionanti per tutti gli amanti della saga e il sistema di reputazione contribuisce a rendere il tutto meno lineare, anche se il punto di forza, come quasi tutti i giochi di Guerre Stellari è l’ambientazione.
Gli sviluppatori hanno creato un mondo di giocovasto e dettagliato, che permette ai giocatori di esplorare pianeti, città e luoghi iconici dell’universo di Star Wars. Molti ambienti sono ricchi di dettagli e offrono una grande varietà di missioni e attività da svolgere. La cura per i dettagli e la fedeltà all’universo di Star Wars rendono l’esperienza di gioco ancora più immersiva. Alcune critiche vanno mosse a determinati ambienti che non hanno la stessa “verve”, ad esempio alcune città che sembrano più spoglie e meno vive di altre, ma il mondo è molto vasto, qualche calo di attenzione ci poteva anche stare.
Prendiamo il mercato di Mirogana, mercato è sinonimo di interazioni, di compravendite, di vita ma purtroppo non in Star Wars Outlaws dove il mercato sembra un qualcosa di isolato, messo li per bellezza con una funzionalità meramente estetica. Gli NPC poi, in attesa di un input da parte del giocatore, non incidono mai sulla storia. (dimentichiamoci la bellezza inarrivabile di Red Dead Redemption 2 dove gli NPC vivono una vita propria e reagiscono autonomamente alle azioni del giocatore). Infine, se una nota di demerito può essere considerata, citiamo la bellezza ed il carattere quasi stereotipato di Kay, quasi spaccona, sprezzante e sarcastica, forse un qualcosa di già visto.
Ladra professionista
Il gameplay di Star Wars Outlaws combina esplorazione, combattimenti e missioni. Il mondo di gioco, vasto e dettagliato, offre molte opportunità per Kay di dimostrare le sue abilità e per raggiungere il colpo gobbo, il colpo del secolo che le permetterà di dare una svolta alla sua vita.
Sfruttare Nix permette di distrarre i nemici e recuperare e/o rubare oggetti oltre che attivare pulsanti altrimenti irragiungibili per Kay, aggiungendo così un elemento strategico al gioco. Tuttavia, Star Wars Outlaws rischia di diventare, e così è stato per me, ripetitivo nel lungo periodo a causa della meccanica delle missioni: agisci senza farti scoprire, impiega Nix per distrarre i nemici, usa i condotti d’aria per raggiungere le posizioni…alla bisogna, spara! La formula delle missioni più o meno è sempre questa. Al principio può sembrare anche divertente perché risulta vario come gameplay, ma alla fine potrebbe stancare, soprattutto in alcune missioni che sembrano un tantino lunghe.
Fortunatamente il sistema di combattimento è dinamico e offre una varietà di opzioni per affrontare i nemici. Kay può utilizzare diverse armi e abilità, e il giocatore può scegliere tra diversi ma alla fine limitati approcci.
Le missioni principali sono ben strutturate e offrono una buona varietà di situazioni che rendono la trama avvincente mentre le missioni secondarie e le attività opzionali permettono di approfondire ulteriormente l’esperienza di gioco da un lato, dall’altro rendono solo “il brodo più lungo” essendo queste missioni spesse volte avulse dal gioco.
Graditissima variante nel titolo, il gioco di carte del Sabacc, un gioco nel gioco, che in determinate missioni avrà anche la sua valenza ai fini della trama, ma che, in generale, potrete utilizzare per passare del tempo riposandovi tra una missione e l’altra.
Per quanto concerne l’esplorazione della galassia, vale la pena citare la modalità volo. A metà strada tra un arcade ed un simulatore, le sezioni di volo con la Trailblazer sono un vero piacere. La nave, completamente esplorabile, viene messa a disposizione di Kay appena dopo il prologo. La navicella è facile da pilotare, completamente customizzabile tramite potenziamenti che Kay potrà sbloccare nel corso del gioco, che riguardano l’armamento, la propulsione e gli scudi. Il combattimento in volo è divertente, con alcune navi più forti di altre e per spuntarla, a volta, si suderà non poco.
Ciò che invece non mi è piaciuto per nulla è il sistema di scalata, che influisce anche sulla modalità di fuga della protagonista. Mi spiego meglio. Io, sentendo mondo aperto e Ubisoft, già avevo pregustato una libertà massima nelle azioni di Kay (della serie vado dove voglio e mi arrampico dove voglio). Il pensiero, naturalmente, andava verso Assassin’s Creed. Ma così non è. Kay non può arrampicarsi ovunque, può farlo solo su determinate pareti e in determinati punti decisi dagli sviluppatori. Questa nota negativa stona davvero in un open world per grandi tratti davvero ben realizzato.
Qualità cinematografica
Dal punto di vista grafico, Star Wars Outlaws offre un’esperienza visiva impressionante. Le ambientazioni sono dettagliate e ricche di vita, con una particolare attenzione ai dettagli che rendono l’universo di Star Wars ancora più immersivo. Diciamoci la verità, scorazzare in lungo ed in largo per la galassia insieme a Kay Vess è un’esperienza, personalmente, piacevolissima. Ho molto apprezzato la scelta di non inserire caricamenti, come se il giocatore fosse all’interno di un lungo film di animazione che alterna fasi giocate a filmati. Graficamente, fidatevi, la differenza non si nota! Le versioni per Xbox Series X e PS5 offrono prestazioni solide, con differenze minime tra le due piattaforme.
Le animazioni dei personaggi sono fluide e realistiche, e gli effetti visivi, come le esplosioni e i giochi di luce, sono di alta qualità. Ho adorato il vento, o meglio, le piante sferzate dal vento in lontananza, una sensazione di realismo indescrivibile. La colonna sonora, composta da brani originali e temi classici di Star Wars, contribuisce a creare un’atmosfera coinvolgente e emozionante (per i suoni ambientali il classico suono della voce dei robot tipo R2D2 che si ascoltano in giro è davvero magnifico).
Anni Luce… ripetitivi
Uno degli aspetti più importanti di un gioco open-world è la sua longevità e rigiocabilità. Star Wars Outlaws offre una discreta quantità di contenuti, con una campagna principale che può durare diverse ore e numerose missioni secondarie e attività opzionali. Tuttavia, possiamo dire che il gioco può diventare ripetitivo nel lungo periodo, soprattutto per quanto riguarda le missioni secondarie.
La rigiocabilità è garantita dalla possibilità di affrontare le missioni in modi diversi e di esplorare il mondo di gioco in cerca di segreti e collezionabili. Inoltre, gli sviluppatori hanno promesso di rilasciare aggiornamenti e contenuti aggiuntivi nel tempo, che potrebbero aumentare ulteriormente la longevità del gioco.
Conclusione
Star Wars Outlaws offre un’esperienza open-world coinvolgente e ricca di avventura. Nonostante alcuni difetti nella scrittura dei personaggi e nella ripetitività del gameplay, il gioco riesce a catturare l’essenza dell’universo di Star Wars e a offrire ore di divertimento ai fan della saga. La cura per i dettagli, la qualità grafica e la varietà delle missioni rendono Star Wars Outlaws un titolo da non perdere per gli amanti dei giochi open-world e per i fan di Star Wars. Uno dei migliori giochi di questo 2024.
Fin dal suo annuncio e dalle prime immagini rilasciate da Capcom, Kunitsu-Gami: Path of the Goddess ha catturato la nostra attenzione. L’originalità del concept, la direzione artistica molto particolare e la sapiente regia di Capcom erano subito riuscite a solleticare il nostro interesse. I primi filmati relativi al gameplay e soprattutto la demo gratuita distribuita dagli sviluppatori avevano ulteriormente aumentato il nostro hype. Kunitsu-Gami sembrava davvero poter essere quella ventata di aria fresca di cui il mondo dei videogiochi aveva davvero bisogno in questo periodo.
Dopo un’attenta analisi e una prova sul campo approfondita siamo pronti per scrivere il nostro giudizio su questa recensione di Kunitsu-Gami: Path of the Goddess. Sguainate le vostre katane e unitevi a noi in questa nuova battaglia contro le forze del male!
Una montagna da purificare
La trama di Kunitsu Gami è, in realtà, piuttosto lineare. La storia è ambientata sul monte Kafuku, un luogo immaginario ispirato al Giappone feudale. Il monte viene venerato dai suoi abitanti, in quanto ritenuto l’abitazione delle divinità. Principale officiante dei rituali è la sacerdotessa Yoshiro, la quale guida gli abitanti in una serie di preghiere e danze propiziatorie durante le quali questi ultimi vestono una serie di maschere dotate a loro volta di poteri divini. Purtroppo, però, l’eccessiva avidità degli abitanti porta la corruzione all’interno della montagna. Una notte, una serie di portali demoniaci si spalancano nei pressi della cima del monte. Da essi fuoriescono una serie di terribili demoni, che iniziano a seminare i loro miasmi per tutta la montagna.
La stessa Yoshiro riesce a malapena a fuggire grazie alla sua fida guardia Soh e al sacrificio di alcuni degli abitanti. Indebolita dall’attacco dei demoni e privata di quasi tutte le maschere, alla nostra Yoshiro non rimane altro che intraprendere un lungo e difficile cammino per purificare la montagna. Durante il suo viaggio la sacerdotessa ha il compito di liberare tutti i principali luoghi del monte Kafuku dall’influsso dei demoni, recuperare le maschere e riportare la montagna sacra alla sua purezza originaria.
Nei panni di Soh, il giocatore ha il compito di guidare Yoshiro lungo il suo cammino, proteggendola dei demoni e aiutandola nel suo pellegrinaggio. I due protagonisti compiono il viaggio con la consapevolezza che esso potrebbe avere un prezzo molto alto, dal momento che Yoshiro sembra assorbire l’oscurità della montagna dentro di sé, con tutti i rischi che questo comporta.
Il setting di Kunitsu-Gami, per quanto semplice e non originalissimo, ha il pregio di immergere da subito il giocatore nell’avventura. Inoltre, ai più attenti non sfuggiranno varie similitudini, oltre che con prodotti legati al folklore del Giappone medievale, come il fortunato Demon Slayer, anche con il mai dimenticato Okami, che narrava la vicenda di una dea impegnata a purificare la terra del Giappone dal male.
Giorno e notte
Il gameplay di Kunitsu-Gami si mostra da subito diviso in due fasi distinte, che nel gioco corrispondono alle ore del giorno e della notte. Durante il giorno, compito di Soh e del giocatore è quello di purificare l’area in cui ci troviamo. Grazie al suo ventaglio magico, il nostro spadaccino è infatti in grado di liberare alcune specifiche zone dai miasmi. Tuttavia, solo Yoshiro è in grado di purificare completamente l’area. Per far ciò, la nostra sacerdotessa deve raggiungere il portale demoniaco principale per sigillarlo. Compito di Soh è dunque purificare il sentiero che Yoshiro deve percorrere in modo di consentirle di arrivare integra al portale.
Nel momento in cui cala il buio, tuttavia, dal portale iniziano a fuoriuscire orde di demoni. Durante questa fase, molto più improntata all’azione, Soh dovrà eliminare quanti più demoni possibili e soprattutto tenerli alla larga da Yoshiro, totalmente incapace di difendersi dai malvagi. Durante le battaglie Soh non agisce da solo (almeno non sempre). Infatti, purificando il villaggio lo spadaccino ha la possibilità di liberare gli abitanti imprigionati dalle maledizioni dei demoni. Una volta liberi, essi si uniscono allo scontro, fornendo a Soh sia un aiuto negli scontri sia una serie di abilità di supporto, che variano in base alla classe che il giocatore sceglie di assegnare loro.
Tra strategico e Hack and Slash
Il gameplay di Kunitsu-Gami è davvero particolare e originale. Questa nuova avventura unisce sapientemente elementi action tipici del genere hack and slash (per approfondire vedi questo articolo) con caratteristiche e dinamiche dei giochi strategici. Durante il giorno è fondamentale la scelta delle classi da assegnare ai nostri compagni. La maggior parte di esse, come ad esempio gli arceri, i lanceri e i boscaioli, sono dotate unicamente di abilità combattive. Altre, come lo sciamano o l’asceta, possono rallentare i demoni nemici o provvedere a curare Soh e i suoi compagni. Vi sono anche classi, come il ladro, utili a raccogliere oggetti extra seminascosti all’interno dello scenario. La scelta della classe va compiuta con grande attenzione, dal momento che ogni classe che assegniamo ha un costo, costituito da alcune sfere magiche.
Le sfere possono essere ottenute sconfiggendo i demoni, purificando lo stage o rompendo alcuni particolari elementi dello scenario. Il loro utilizzo va ponderato con grande attenzione, dal momento che anche i movimenti di Yoshiro le consumano. Dunque, per giungere integri alla fine di ogni livello, occorre tenere sempre sotto controllo tutti i nostri compiti e le azioni da eseguire. Nella maggior parte dei livelli, oltre ai nostri combattenti, è presente anche un ulteriore accompagnatore. Esso ha il compito di riparare alcune strutture disseminate nel livello. Si tratta di solito di piccole fortificazioni difensive o di vere e proprie trappole, in grado di danneggiare pesantemente i demoni o di rallentarli.
Fondamentale è infine la gestione del percorso di Yoshiro. Una volta che avremo purificato il suo sentiero, appare una sagoma lampeggiante della sacerdotessa. Essa indica il punto in cui Yoshiro arriverà prima dell’arrivo della notte. Se la sagoma è azzurra significa che Yoshiro raggiungerà il portale prima che faccia buio. Se invece è bianca, i demoni arriveranno prima che lei possa completare la purificazione. É anche possibile (e in molti casi consigliabile) interrompere il percorso della sacerdotessa prima del tempo. Se per esempio lungo il percorso sono presenti strutture difensive è bene far fermare Yoshiro presso quelle piuttosto che ad una distanza ridotta dal portale. In quest’ultimo caso infatti, pur riducendo la strada da percorrere il giorno successivo, si espone la nostra sacerdotessa a rischi maggiori.
Risulta quindi chiaro come il primo elemento chiave per aver successo in Kunitsu-Gami sia una buona pianificazione, frutto di un attento studio dell’ambiente e di un’accurata gestione delle risorse.
Durante la notte, come già detto, vanno invece in scena gli scontri con i demoni. Come intuibile, sarà di solito Soh a sobbarcarsi il grosso dello scontro. Il nostro eroe è in grado di sferrare attacchi veloci con la sua katana e di eseguire fendenti potenziati, accompagnati da uno spettacolare alone arancione (che mi ha ricordato molto da vicino i vari kata di Demon Slayer). É ovviamente possibile combinare questi due attacchi insieme per creare una serie di combo. Soh è anche in grado di saltare e sferrare micidiali attacchi volanti. Pur non avvicinandosi nemmeno a giochi come Bayonetta o Devil May Cry, controllare Soh in battaglia risulta abbastanza divertente ed intuitivo.
Per quanto riguarda le abilità difensive, Soh è in grado di schivare e parare. Un uso eccessivo della parate tuttavia indebolirà il vigore del nostro eroe, che rimane indifeso per alcuni secondi una volta che esso viene esaurito. Si può ovviare al problema tramite le parate perfette, che risultano piuttosto ostiche e di difficile esecuzione (come è giusto sia). Anche in questa fase, tuttavia, l’elemento strategico è ben presente. Tramite la pressione del tasto R1, infatti, è possibile in ogni momento spostare i nostri alleati. Ciò risulta utile soprattutto se occorre proteggere Yoshiro in modo ancora più urgente oppure se ci si accorge di aver lasciato scoperto un potenziale passaggio di attacco per i demoni. In Kunitsu-Gami ogni classe ha punti di forza e di debolezza ed è più o meno adatta a fronteggiare determinati tipi di demoni.
Avvicinandoci ai nostri amici potremo anche curarli tramite l’uso di razioni (ottenibili anche purificando gli animali durante il giorno) e persino cambiare la loro classe durante lo scontro, a patto di avere a disposizione il giusto numero di sfere magiche. Se l’energia di Yoshiro dovesse esaurirsi a causa degli attacchi dei demoni, la partita finisce. Se invece è Soh a morire, egli si trasforma in una sorta di spirito. In questa forma Soh ha la sola capacità di guidare gli altri abitanti. Può riprendere le sue sembianze solo dopo aver raccolto un numero adeguato di sfere magiche, ottenibili, come già, detto, dai demoni sconfitti.
Quasi tutti i luoghi, dopo essere stati purificati, sbloccano uno scontro con un boss, di solito rappresentato da un gigantesco demone particolarmente spaventoso e pericoloso. Anche in questi scontri Soh è accompagnato da una serie di aiutanti, il cui numero è fisso. Inutile dire che la scelta dei ruoli gioca un ruolo fondamentale anche in queste battaglie, spesso (ma non sempre) anche più delle nostre abilità con parate, schivate e combo.
Il Gameplay di Kunitsu-Gami è davvero divertente, coinvolgente ed appagante. Strategia e azione si fondono in modo davvero impeccabile e il giocatore è sempre stimolato a dare il massimo, si tratti di usare il cervello o di essere veloci di polpastrelli. Anche il livello di difficoltà è ben bilanciato. Se i primi stage sono tutto sommato semplici, le ultime sfide sono vere e proprie battaglie campali, in cui il giocatore deve continuamente monitorare l’intero campo di gioco ed è chiamato a prendere decisioni in modo rapido e tempestivo.
La preparazione è la chiave
Kunitsu-Gami ha una struttura a livelli. Dalla mappa di gioco sarà sempre scegliere se progredire nella storia oppure visitare di nuovo un’area già purificata. In questo modo il giocatore ha la possibilità di utilizzare gli abitanti per effettuare le riparazioni delle varie strutture dei villaggi. Queste operazioni forniscono una serie di premi, che consistono, oltre che nelle ormai note sfere spirituali, in una serie di risorse utili per potenziare sia Soh sia soprattutto i nostri compagni.
Visitando la tenda di Yoshiro, infatti, è possibile, investire le nostre risorse per potenziare una determinata classe. La scelta delle classi su cui investire dipende naturalmente dal nostro stile di gioco e da quali unità preferiamo schierare in battaglia. Sempre nella tenda principale avremo la possibilità di modificare l’equipaggiamento di Soh. Il nostro eroe infatti può essere equipaggiato con due reliquie magiche, che vanno a modificare le sue statistiche oppure a donargli delle abilità particolari. Di nuovo, a noi la scelta di quale setup prediligere. Potenziare Soh ci permette infine di sbloccare nuove abilità o di potenziare le sue capacità di guida sbloccando nuovi comandi.
Particolare importanza ha poi la scelta di un particolare amuleto, in grado di determinare la mossa speciale di Soh. Durante gli scontri, tramite la pressione di R2, Soh è infatti in grado di scatenare una potente tecnica segreta. Queste tecniche sono molto differenziate tra loro e sono sia di tipo offensivo che difensivo. Avere equipaggiata la mossa speciale giusta risulta spesso determinante, soprattutto nelle durissime battaglie coi boss.
Un comparto tecnico nella media
Se, dal punto di vista del gameplay, Kunitsu-Gami ci ha davvero colpiti favorevolmente, lo stesso purtroppo non si può dire per quanto concerne il lato tecnico. Da una parte, il sonoro del gioco è assolutamente azzeccato. Le tracce presenti sono tutte molto d’atmosfera e ricreano perfettamente le atmosfere del Giappone feudale. Degno di nota soprattutto il modo in cui la musica cambia con lo scorrere del tempo, divenendo sempre più incalzante con l’avvicinarsi della notte.
Graficamente parlando, invece, Kunitsu-Gami è un gioco appena nella media. Sia gli sfondi che i modelli dei personaggi, pur risultando di buona fattura, non sembrano assolutamente in grado di competere con le produzioni più blasonate. Anche il taglio artistico, per quanto assolutamente coerente e piacevole, non mostra nessun particolare guizzo creativo, a differenza di quanto fece a suo tempo Okami. Davvero un peccato.
L’esperienza è maestra
Dal punto di vista della longevità, Kunitsu-Gami, fortunatamente, non delude. Completare la storia principale porta via un tempo variabile tra le 15 e le 20 ore. Tuttavia ogni livello presenta una serie di sfide extra, che il giocatore può tentare di superare ripetendo le battaglie tutte le volte necessarie. Dalla mappa di gioco, infatti, è possibile non solo visitare i luoghi già purificati ma anche ripetere le sfide di ogni livello. Anche dopo diverse ore di gioco, il gameplay si mantiene interessante e stimolante, riuscendo quasi sempre a non far cadere il giocatore nella noia e nella frustrazione. Anche se abbiamo ravvisato una curva di difficoltà non sempre coerente. Ci è capitato di abbattere al primo tentativo molti degli ultimi boss e di restare arenati per ore davanti ad uno dei primi.
Un altro difetto del gioco è la gestione delle razioni. Queste ultime infatti, possono essere ottenute solamente da determinati forzieri, come premi randomici nella tenda oppure purificando gli animali presenti negli scenari. Non è possibile produrle né acquistarle nei campi base. Questo obbliga il giocatore rimasto a secco dopo uno scontro particolarmente impegnativo a rifare un livello precedente solo per ottenere i preziosi strumenti di cura.
Intendiamoci, non si tratta di difetti particolarmente gravi e significativi, ma di semplici piccolezze. Nel complesso, l’esperienza di Kunitsu-Gami è stata davvero coinvolgente, piacevole e divertente. Questo gioco, con la sua originalità, è riuscito ad allontanarci per un po’ dalla monotonia di un mercato dei videogiochi ormai dominato da sparatutto online e avventure open world. Non si tratta certamente di un capolavoro, né di un titolo rivoluzionario, ma è un gioco che consigliamo davvero a tutti di provare almeno una volta. Potreste restare davvero affascinati come è successo a noi.
Conclusione
Kunitsu-Gami: Path of the Goddess è stato davvero una bellissima sorpresa. Un gioco fresco, originale e divertente, che unisce in maniera impeccabile strategia e azione, condendoli con una trama avvincente ed un’ambientazione azzeccata e coinvolgente, che strizza l’occhio a numerose opere conosciute ed apprezzate. Peccato per il comparto tecnico, in particolare la grafica, non all’altezza delle produzioni di ultima generazione. Si tratta comunque di un gioco consigliatissimo, soprattutto per gli amanti delle avventure e della strategia.
Dettagli e Modus Operandi
Piattaforme: PS5, Xbox Series X/S, PC, PS4, Xbox One
Data uscita: 19/07/2024
Prezzo: 49,99 €
Ho provato il gioco a partire dal day one su PlayStation 5 grazie a un codice fornito dal publisher
Alcune software house hanno l’onore di essere ricordate per il genere videoludico che hanno, di fatto, inventato. Tra queste, non può non esserci Looking Glass Studios. Fondata da Paul Neurath nel 1990 e fallita appena dieci anni dopo, Looking Glass è stata una delle aziende più importanti – e anche una delle più sfortunate – degli ultimi 40 anni grazie alla produzione di ben quatto opere che hanno rivoluzionato i videogiochi e ispirato tanti altri professionisti del settore qualche anno dopo. Ultima Underworld, Thief, System Shock e System Shock 2 ha definito un genere, gli immersive sim. Oggi, trent’anni dopo, vi parliamo di uno di questi giochi, System Shock la cui versione Remake è appena approdata anche su console: questa è la nostra recensione.
System Shock del 1994
Prima di affrontare il remake, vale la pena soffermarsi sulla travagliata storia di System Shock. Il gioco di Looking Glass Studios esce nel 1994, pochi mesi dopo Doom di Id Software, in un momento in cui vedono la luce tantissimi first–person shooter ambientati nello spazio più remoto e aggressivo. Il risultato è inaspettato: System Shock è acclamato dalla critica specializzata che lo definisce, a ragione, un’opera unica e innovativa; il pubblico lo snobba. System Shock non vende abbastanza, circa 170mila copie, e serviranno anni per capire l’importanza di un’opera seminale che ha permesso a giochi come Deus Ex e Bioshockdi essere anche solamente pensati.
I videogiocatori contemporanei molto probabilmente ben conoscono il sequel capolavoro System Shock 2, ma quasi certamente non hanno mai giocato il primo capitolo. Almeno fino al 2023, anno in cui Nightdive Studios, oggi sotto la bandiera di Atari, ha pubblicato System Shock Remake su PC, e da qualche settimana anche su console, così da permettere anche a questa generazione di videogiocatori di provare uno dei titoli più belli e sottovalutati della storia dei videogiochi.
Odissea nello Spazio
System Shock è ambientato nel 2072, anno in cui il nostro alter ego hacker, senza nome, viene catturato mentre cerca di accedere a file riguardanti la Cittadella, una stazione spaziale di proprietà di una corporazione: la TriOptimum. Ben presto falliamo nel nostro lavoro e siamo condotti davanti a un dirigente della stessa corporazione. Il patto è chiaro: l’azienda si offre di far cadere tutte le accuse in cambio di un hacking di SHODAN, l’intelligenza artificiale che controlla la stazione, per fini ben poco nobili.
Poco mossi dall’etica, ma interessati soprattutto ai beni materiali, accettiamo l’ultima proposta della TriOptimum: un prezioso impianto neurale militare. Già nell’incipit del gioco rimuoviamo i vincoli etici dell’intelligenza artificiale e finiamo in coma terapeutico per sei mesi. System Shock inizia quando ci risvegliamo dal nostro sonno e scopriamo che SHODAN ha preso il controllo della stazione. Tutti i robot a bordo sono stati riprogrammati per essere ostili e l’equipaggio è stato mutato, trasformato in cyborg o ucciso. E come se non bastasse, SHODAN vuole estendere il suo dominio sul pianeta Terra. Tocca a noi impedirlo e visto i danni che abbiamo fatto fino ad ora, sarebbe anche il minimo.
Immersive sim
I giochi di Looking Glass Studios sono così importanti che tutte le loro opere principali sono racchiuse sotto un unico sotto-genere dei videogiochi di ruolo: gli immersive sim. In questo sub-genere, il videogiocatore ha la libertà di scegliere come raggiungere il suo obiettivo in un mondo limitato (non open world quindi) ma ricco di percorsi diversi. Una scelta coraggiosa per il tempo, che oggi è invece molto popolare e possiamo ritrovare in opere simili come Dishonored e Prey di Arkane Studios (ma anche se in forma di open world sulla serie di The Elder Scrolls o Cyberpunk 2077).
System Shock è uno degli immersive sim più sofisticati: abbraccia oltre al genere dei GDR, anche, e soprattutto, lo sparatutto in prima persona e il survival horror, nato appena un paio di anni prima con Alone in The Dark. System Shock Remake ripropone quanto già visto nel 1994 sotto una veste più snella, semplificata nell’utilizzo, ma ben ancorata al design – nel bene e nel male – dell’opera originale. In altre parole, System Shock Remake è complesso, difficile e a tratti tedioso esattamente come l’opera originale di cui sono stati smussati diversi angoli per renderlo, con successo, godibile anche per un pubblico abituato a giochi tripla-A in cui si è accompagnati per mano durante tutta l’avventura.
Nightdive Studios si è concentrata su un’interfaccia più pulita e su controlli più precisi. L’opera di Looking Glass Studiosnasceva in un’epoca in cui le interfacce non avevano ancora uno standard ben delineato; di conseguenza, Doug Chuck e il suo team sperimentarono un sistema multi-tendina, così sovrapposte che causavono non pochi grattacapi ai videogiocatori. System Shock Remake rivede la user interface sostituendola con una tanto scontata per i giorni attuali quanto efficace: ogni cosa è al suo posto ed è possibile spostarsi tra mappa, inventario e registrazioni premendo, nel caso della versione console recensita, i dorsali del controller.
La console edition di System Shock Remake è particolarmente comoda. Il sistema di puntamento passa sui dorsali con il classico stile trigger-sinistro per puntare e trigger-destro per sparare. I comandi principali invece sono dedicati al salto, all’abbassarsi, al ricaricare le armi e ad attivare le interazioni (anche se la fantasiosa scelta di usare lo stesso tasto per attivare le batterie qualora presenti nel nostro inventario, è alquanto curiosa e dannosa).
Nightdive Studios ha reso i combattimenti meno noiosi rispetto al passato e decisamente più ostici, soprattutto se ci focalizziamo troppo velocemente verso la main quest senza esplorare la stazione spaziale con la calma e l’attenzione con cui è stata pensata l’esperienza videoludica. Nonostante non ci siano veri e propri cambiamenti nell’intelligenza artificiale, in questa versione del gioco i nemici sembrano più reattivi rispetto al passato. Questo rende il gunplay per nulla banale anche a livello di difficoltà normale (livello 2); nello specifico, System Shock Remake permette di impostare la difficoltà di gioco su tre livelli (1,2,3) modificando quattro parametri (combattimento, missione, cyber, puzzle).
Il gameplay di Sytem Shock si basa su un’esplorazione abbastanza spinta. Non avendo alcuna memoria degli ultimi sei mesi, dovremmo ricostruire l’intera vincenda della Cittadella ascoltando le registrazioni e leggendo e-mail di personaggi secondari ormai defunti. Questa scelta narrativarende il gioco realmente immersivo e ci costringe a seguire gli indizi all’interno di una mappa composta da vari piani con differenti ambientazioni che ben rappresentano un’azienda futuristica (con tanto di centro ricerca e zona executive). Nell’esplorazione, System Shock Remake è rimasto molto fedele al passato, invecchiando anche un po’ male: il backtracking può essere molto noioso (soprattutto se costretti a recuperare vita o consumabili) e particolarmente complesso se non balza subito all’occhio un oggetto utile ai fini della missione principale.
Per quanto concerne la parte ruolistica, il nostro personaggi ha due barre: una dei punti vita e una dell’energia. La prima ci mantiene in vita ovviamente, mentre la seconda viene consumata da determinate armi a lungo e corto raggio. A queste, si aggiungono pistole e fucili con tante, troppe forse, munizioni diverse, che offrono vantaggio se usate sul giusto nemico (mutanti, cyberborg e droni per la maggior parte).
Infine, una delle parte più iconiche è il cyberspazio, una dimensione “neurale” in cui ci muoviamo come se fossimo una navicella all’interno di uno spazio tra l’onirico e il concettuale. Il cyberspazio permette di raccogliere potenziamenti unici. In System Shock Remake questo spazio è stato nettamente migliorato rispetto al passato, in quanto adesso è molto meno caotico, più comprensibile, ma comunque ancora decisamente snervante in quanto il livello di difficoltà per arrivare fino in fondo è spesso decisamente elevato.
Remake all’avanguardia
Tecnicamente System Shock Remake è un ottimo lavoro. Il motore grafico è di assoluta qualità e la nuova veste grafica svecchia mantenendo le atmosfere horror sci-fi immaginate nel 1994. I colori e lo stile cyberpunk sono deliziosi e una menzione d’onore va fatta ai nemici, moderni e ben dettagliati. L’unica nota stonata che ci sentiamo di fare riguarda le animazioni e gli sprite: tutto molto ripetitivo e fin troppo legnoso.
D’altro canto il comparto sonoro ha ricevuto un deciso rework sia alle musiche, ma soprattutto ai rumori ambientali. Una mina piazzata dai nemici continua ad avvisarvi del pericolo emettendo un beep sempre più intenso man mano che ci avviciniamo, mentre tutti i (pochi) nemici hanno almeno una frase che li introduce.
La nostra prova è stata effettuata su Xbox Series X dove la resa grafica è particolarmente piacevole e i tempi di caricamento sono velocissimi. Giocare System Shock Remake con un controller è un’esperienza godibile e che ci sentiamo di consigliare a qualsiasi fan, anche a quelli che solitamente preferiscono giocare con mouse e tastiere, poiché l’esperienza rimane inalterata.
Conclusione
System Shock Remake è un titolo che siamo felici di aver giocato, perché ci ha permesso di rivivere le medesime emozioni di trent’anni fa con una veste tecnica decisamente moderna. Il remake è un successo sul comparto grafico e sonoro, ma anche le poche migliorie apportate sull’interfaccia e sui controlli hanno fatto la differenza, poiché trasformano il titolo da un videogioco del 1994 a un gioco contemporaneo.
La scelta di mantenere il gameplay così come quello originale ha i suoi pregi, perché permette di godersi il titolo con la lentezza con cui era stato pensato, ma ha il risvolto negativo di non essere adatto a tutti. Esattamente come l’originale, System Shock Remake è un gioco difficile, complesso e non adatto a tutti. Chi ha il coraggio di goderselo seguendo i tempi dell’opera però potrà scoprire, o riscoprire, una pietra miliare del genere e dei videogiochi in generale.
Dettagli e Modus Operandi
Piattaforme: PS5, Xbox Series X/S, , PC, PS4, Xbox One
Data uscita: 21/05/2024 su console
Prezzo: 39,99 €
Ho provato System Shock Remake a partire dal day one su Xbox Series X.
Top Spin si riaffaccia sul panorama videoludico dopo ben 10 anni di assenza, anni in cui viveva il dualismo tra Top Spin e Virtua Tennis, con il primo che vinceva a mani basse visto l’approccio più simulativo rispetto alla controparte di SEGA, ancora troppo legato ad un tipo di arcade degno di una sala giochi vecchio stampo. Ora Top Spin, passato nelle sapienti mani di 2K Games, che di giochi sportivi se ne intende, è pronto a regalare a tutti gli appassionati ore ed ore di sano Tennis. Vediamo in questa recensione di Top Spin 2K25 se 2K Games sarà riuscita nell’intento.
Ace
In questo lasso di tempo di assenza, di videogiochi di tennis non ne sono mancati. Due su tutti: Tennis World Tour e Matchpoint sono riusciti a ritagliarsi uno spazio nel cuore degli appassionati, ma che per problemi vuoi tecnici, vuoi di gameplay, non sono riusciti a sfondare del tutto.
Top Spin 2K25 invece brilla sicuramente dal punto di vista del gameplay. Gli sviluppatori hanno preso ciò che di buono vi era nei capitoli precedenti, lo hanno affinato e reso “nextgen” creando una gestione della palla che è facile da imparare (basterà qualche ora per entrare nel meccanismo) ma difficile da padroneggiare, soprattutto contro giocatori umani o ai livelli più alti di difficoltà dove l’IA vi metterà a dura prova.
Il tempismo è tutto: una palla colpita con il giusto tempismo riesce a mettere in difficoltà l’avversario o realizzare un punto diretto. Inoltre è stata implementato l’indicatore della forza da imprimere alla pallina che aggiunge sia un tocco di realismo sia la possibilità di fare punto quasi certo ma non è sempre così, come nella realtà dopotutto. Ma bisogna fare attenzione: colpire forte, soprattutto da fondocampo, fa spendere energia, energia che a mano a mano che lo scambio si prolunga diminuisce, fino ad arrivare al punto critico in cui o si manca il colpo dell’avversario o si sbaglia tiro. Ovviamente, il discorso stanchezza varrà anche per il vostro avversario.
Riassumendo avrete a disposizione i quattro tipi di colpo classici: piatto, slice, top spin e pallonetto più la palla corta tramite uno dei tasti dorsali del pad, per ognuno dei sopra citati colpi potrete decidere se utilizzare il tiro controllato, meno potente ma più preciso oppure il tiro caricato, più potente ma anche più rischioso.
Sembra difficile? In realtà non lo è, ma se fosse necessario, ci verrà in aiuto un vero mostro sacro del Tennis, John McEnroe con la sua Top Spin Academy, che ci porterà mano nella mano, attraverso una serie di lezioni ben studiate, a comprendere il sistema di controllo e farà anche di più, non si limiterà ad insegnarvi a come colpire la palla ma con le lezioni avanzate riuscirà nell’intento di spiegarvi i vari stili di gioco sia dal punto di vista difensivo che offensivo.
Tutto funziona a meraviglia e in men che non si dica sarete in grado di effettuare scambi spettacolari e soddisfacenti dal punto di vista del divertimento.
Modalità di gioco
Le modalità sono le classiche per un gioco di tennis. Il single player permette tutto quello che già conosciamo dall’esibizione alla carriera in solitaria. L’online invece permette di sfidare giocatori di tutto il mondo in due modalità: il Tour 2K giocheremo con, e contro, i tennisti professionisti presenti nel gioco; il World Tour in cui le sfide avvengono tra i tennisti creati dai videogiocatori. Presente anche il pass stagionale, che vi mette a disposizione, se deciderete di acquistarlo, una miriade di oggetti per personalizzare, a livello estetico, il vostro player.
La punta di diamante del gioco è la carriera. Un percorso che si sviluppa di anno in anno in cui dovrete portare il vostro tennista, sconosciuto all’inizio, ai vertici del Tennis mondiale. I tornei, oltre quelli inventati di sana pianta, sono quelli reali e si dividono in tornei 250, 500 e 1000, intervellati dai tornei del Grand Slam, quattro nell’arco della stagione, uno sul cemento, uno sul sintetico, uno sulla terra rossa ed ovviamente uno su erba. E a proposito di superfici, la fisica della pallina si è comporta bene su ogni tipo di superfice, rallentando sull’erba, “schizzando” sul cemento e risultando insidiosa sulla terra battuta.
La progressione del proprio tennista funziona come il più classico dei giochi di ruolo: ogni tipo di incontro o di allenamento porterà dei punti XP che vi faranno salire di livello. Ogni livello garantisce una manciata di punti abilità che sarà possibile distribuire tra varie caratteristiche (Diritto, rovescio, volee, servizio e così via) oppure assegnarle automaticamente scegliendo semplicemente il vostro stile di gioco. Si parte con 30 punti abilità per ogni caratteristica, il massimo raggiungibile è 70. Per andare oltre avrete bisogno di migliorare le dotazioni in vostro possesso (come corde e telaio, che si sbloccano vincendo incontri, ed assumendo un allenatore e completando i suoi incarichi.
Tecnica da amatore
Purtroppo, non mancano note negative. Se a livello di gameplay, e divertimento generale, Top Spin 2K25 svolge il suo compito a tutto tondo, lo stesso non si può dire per il comparto grafico, che nonostante sia stato presentato come next gen, la natura cross gen del gioco si sente e si vede.
I modelli poligonali, visti da vicino, sono veramente bruttini, animazioni a volte legnose (ndR: sviluppatori, vi prego, le scarpe vengono colpite dai tennisti con la racchetta solo sulla terra battuta per eliminare la terra in eccesso, non anche su erba e cemento) e il pubblico non è che sia dei più belli visti sinora (per restare in casa 2K, quello di NBA è nettamente ben fatto). Il tutto migliora sicuramente da una inquadratura stile televisiva, mentre gli stadi ufficiali sono davvero ben riprodotti.
Sul sonoro invece niente da dire, rumori ambientali perfetti e nei menù una colonna sonora di tutto rispetto, a volte monotona ma bella (la trovate anche su Spotify).
Conclusione
Un titolo quello di 2K Games e Hangar 13 che svolge bene il suo compito offrendo un titolo appagante, divertente e longevo. Purtroppo alcuni difetti ne minano il voto finale portandolo appena una spanna sopra la sufficienza.
Top Spin 2K25 è afflitto da problemi grafici e di animazione, una carriera a lungo andare noiosa e ripetitiva, un roster davvero risicato, in cui dei primi 10 tennisti al mondo non c’è quasi nessuno. In poche parole, si tratta di una mancata occasione per sfornare il titolo definitivo sul tennis, ma Top Spin 2K25 può definirsi comunque un ottimo punto di partenza per la serie e per le future stagioni.
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