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Abbiamo provato Diablo IV in accesso anticipato: capolavoro o flop?

Ad un paio di mesi dall’uscita del gioco completo, abbiamo potuto testare in accesso anticipato il quarto capitolo della celeberrima saga targata Blizzard e, non ve lo nascondiamo, tantissime domande si sono affollate nella nostra mente.

Dopo aver affrontato (con difficoltà) le peripezie del capostipite, stropicciato gli occhi per la meraviglia del secondo e pianto di disperazione per il terzo, i fan della saga non sanno cosa aspettarsi da questo quarto capitolo che, stando alle previsioni e, soprattutto, alle dichiarazioni degli sviluppatori, propone un’avventura a tinte fosche molto immersiva, divertente e accattivante.

Ci sono riusciti? Capiamolo insieme!

Un GDR travestito MMORPG

Dopo aver assistito ad una splendida introduzione in cui possiamo ammirare la spettacolare evocazione del Demone Lilith, ci siamo subito trovati a dover definire la classe del nostro personaggio. In accesso anticipato era possibile scegliere soltanto tra il Barbaro, l’Incantatore e il Tagliagole mentre per il Druido e il Negromante dovremo aspettare un’altra settimana. Scelti poi anche il sesso, i tratti somatici e la struttura fisica del nostro eroe (attraverso un editor che strizza l’occhio a quello di Skyrim) saremo immediatamente catapultati a Sanctuarium, la terra in cui diventeremo leggenda.

La versione che Blizzard ha rilasciato ci ha permesso di non andare oltre il livello 25 e completare il primo atto della storyline principale, facendoci assaporare quello che il gioco completo regalerà ai suoi fruitori.

E girovagando per terre impervie e pericolose, abbiamo potuto incrociare (e aiutare) tantissimi altri utenti che, come noi, stavano provando questa prima versione. Al che ha incominciato a frullarci in testa la domanda che ci ha poi accompagnato per tutta la prova e a cui abbiamo dato una risposta con riserva: che genere è Diablo 4?

A prima vista, infatti, sarebbe facile definirlo come un GDR con visuale isometrica in cui siamo chiamati a completare missioni e far fuori centinaia di migliaia di nemici. Guardando meglio, però, il gioco si presta moltissimo alla cooperazione tra gli utenti collegati in rete e il cui aiuto risulterà fondamentale per superare alcune prove. Non sappiamo bene come tale questione sarà gestita nel late game ma, nella nostra prova, abbiamo potuto cimentarci in un combattimento estremo contro il world boss Ashava e solo la presenza di un certo numero di compagni di battaglia ben skillati ci ha permesso di avere la meglio sul mostro.

Quanto inciderà questa necessità di compagni per superare le missioni? Quanto MMORPG sarà effettivamente Diablo 4? Non ci resta che aspettare per scoprirlo.

Barbaro su Diablo 4

Quando l’anima batte il corpo

Fin dalle prime immagini ci è subito stato chiaro un intento di Blizzard: accantonare le atmosfere fumettose e cartoonesche tanto criticate 10 anni fa e creare un ponte diretto con Diablo 2. Il gioco è cupo, freddo, malinconico e con qualche nota horror. Il villain Lilith risorge, per esempio, grazie a litri e litri di sangue “donati” dai tre malcapitati predoni caduti in una trappola ben orchestrata dalle forze del male. Alcune piccole missioni “resisti alle ondate” prevedono che il nostro eroe sazi con il suo sangue alcuni obelischi mentre massacra i nemici. Molto poco disneyano, senza dubbio.

Insomma, Diablo 4 è un gioco serio, dove è meglio non fidarsi di nessuno e in cui il tema spirituale è ben al centro dell’universo narrativo.

Se, infatti, è vero che abbiamo potuto esplorare soltanto (si fa per dire perché è immensa) la mappa di “Vette Spezzate” nell’Atto 1, l’importanza dell’anima e la supremazia di essa sulla carne sono piuttosto chiare. Tappandoci bene la bocca per non spoilerare nulla, diremo solo questo: alcuni prigionieri che dovremo salvare nelle miniere teatro dei dungeon disseminati un po’ dovunque nella mappa, sono già morti. Sarà la loro anima intrappolata nel mondo dei vivi a dover essere liberata. Più chiaro di così…

L’eterna lotta tra il Bene e il Male

Come detto, il nostro viaggio sarà nelle lande tetre di Sanctuarium e, suo malgrado, il nostro personaggio si troverà invischiato nella faida ancestrale tra l’arcangelo Inarius e il demone Lilith: il Bene contro il Male. Ed è proprio di questa lotta  che noi saremo protagonisti e che creerà l’intreccio principale.

Il nostro compito sarà quello di contrastare l’avanzata di Lilith che, ammaliante, sta facendo proseliti tra la popolazione, facendo in modo che il peccato si faccia strada nelle menti e nell’animo (eccolo di nuovo) delle genti per preparare il terreno all’invasione.

Noi saremo chiamati a ricacciare questo mostro negl’inferi e lo faremo, immaginiamo dagli sviluppi del primo Atto, con l’aiuto di altri personaggi che si avvicenderanno col proseguire dell’avventura, grazie ai quali cresceremo e miglioreremo fino a raggiungere la potenza necessaria per l’attacco finale.

Diablo 4, in effetti, procede sulla falsariga dei classici titoli di genere in cui è consigliabile e giusto esplorare il più possibile la mappa, divertirsi con le missioni secondarie presenti in gran quantità e scoprire tesori e segreti fondamentali per skillare, accumulare oro e materiali. Solo in questo modo il nostro personaggio crescerà, acquisirà fama e potenza. Potremo avvalerci dei mercanti per scambiare o vendere gli oggetti recuperati nelle nostre missioni, dei fabbri per riparare i vari pezzi che compongono la nostra armatura o migliorarli per renderli più performanti e delle fattucchiere per potenziare gli incantesimi.

Sarà necessario superare innumerevoli quest oltre alla main per poter sbloccare oggetti magici di enorme potere fondamentali per battere nemici sempre più difficili.

Tutto già visto, più o meno, ma una cosa vogliamo sottolinearla: le atmosfere, le ambientazioni e il colpo d’occhio di Sanctuarium sono splendide e, lo ripetiamo, danno al gioco quella nota di serietà fondamentale per tenere incollati gli occhi allo schermo.  

Scelgo te, ci combatto così e mi diverto da matti!

Senza girarci intorno, una delle pecche di Diablo 3 fu il sistema di combattimento poco lineare. Possiamo dire che il nuovissimo capitolo della saga va a superare tutto questo: il gioco è divertente, i combattimenti sono coinvolgenti e la visuale isometrica è una manna caduta dal cielo. Uccidere i nemici dà grandi soddisfazioni e le diverse caratteristiche delle classi attualmente selezionabili si adattano al proprio stile di gioco.

Noi, per esempio, amanti dei fulmini, del fuoco e del ghiaccio abbiamo giocato prevalentemente con l’Incantatore ed è stato bello, molto bello! Le magie sono splendide da vedere e abbiamo provato un piacere sadico a bruciare, ghiacciare e fulminare tutto ciò che ci veniva incontro con fare minaccioso. Particolarmente funzionale è la scarica a corto raggio, perfetta per gli scontri in mischia con moltitudini di nemici di classe bassa che vedrete cadere ai vostri piedi in men che non si dica.

Abbiamo provato, comunque, anche la potenza del Barbaro che, molto più scorbutico e fisico, ci permette di utilizzare armi a due mani e doppia arma singola per sferrare attacchi combinati e caricare la modalità Furia oltre ad acquisire un boost di abilità utilizzando questa o quell’arma.

Perché un sistema di combattimento così intuitivo? E’ presto detto: la vocazione action del titolo è preponderante e, forse, questo farà storcere il naso a chi sperava di non dover combattere sempre e comunque. Nel primo Atto che abbiamo potuto giocare, infatti, tutte le quest secondarie sono un search & destroy e ciò le rende un po’ ripetitive ma comunque coinvolgenti.

Una nota a margine per la colonna sonora che abbiamo trovato godibile e mai invasiva. Niente di memorabile, intendiamoci, ma alcune tracce ascoltate in specifici momenti ci sono rimaste impresse e ci hanno favorevolmente colpito. I dialoghi, invece, ancora tutti in inglese con sottotitoli in italiano non ci sono sembrati un granché, anzi, la recitazione lascia molto desiderare. Aspettiamo, perciò, con ansia la versione tricolore.  

Le specifiche tecniche

Dopo un’attenta riflessione, abbiamo deciso di non includere in questa panoramica commenti di natura tecnica sul titolo poiché riteniamo sia giusto attendere l’uscita del gioco completo per fare valutazioni complessive e dare giudizi di valore. Inoltre, abbiamo testato questa versione su Xbox One quindi non abbiamo, per limitazioni oggettive, potuto ammirare tutte le potenzialità grafiche del titolo Blizzard.

Nessuna valutazione, quindi, neanche su alcuni caricamenti eccessivi di texture o evidenti bad clipping che, ora come ora, è fisiologico che ci siano.

Il nostro giudizio

Diablo 4 aspira ad essere un capolavoro e ha tutte le potenzialità per esserlo. Molto faranno gli sviluppi di trama che non ci è dato di conoscere. Abbiamo alcuni dubbi sulla preponderanza o meno del fattore Co-Op sul quale ci riserviamo di capire come sarà gestito dagli sviluppatori. Il titolo Blizzard, comunque, ci ha fatto divertire per quasi 20 ore senza pressoché mai annoiare e ha presentato qualche picco adrenalinico, come il combattimento con Ashava, davvero interessante.

Molto votato all’action, potrebbe non essere perfetto per i giocatori che cercano un’esperienza open world meno frenetica: a Sanctuarium si combatte, sappiatelo!

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Editoriali

Aku Aku: storia dell’amichevole maschera di Crash Bandicoot

La maschera ha da sempre avuto un ruolo di assoluto rilievo nella storia dell’umanità, in varie e numerose forme espressive. Basti pensare al suo ruolo nel teatro dell’antica Grecia, o all’importanza delle feste in maschera, presenti in quasi ogni cultura e tradizione umana. Anche nella cultura pop, la maschera ha sempre trovato terreno fertile. Basti pensare all’incredibile successo ottenuto dagli eroi mascherati nel mondo dei fumetti e, più recentemente, anche sul grande schermo.

Persino nel mondo dei videogiochi la maschera ha ottenuto spesso e volentieri ruoli di primo piano. Ricordiamo per esempio Legend of Zelda: Majora Mask, titolo in cui proprio le maschere erano la fonte dei poteri di Link. Oppure la saga di Persona (il cui titolo significa proprio maschera in lingua latina), dove le maschere sono addirittura il perno della trama e della stessa estetica dei vari giochi.

Esiste tuttavia una particolare maschera dotata addirittura di vita propria e di una caratterizzazione talmente simpatica ed originale da renderla la spalla principale del protagonista di un’intera saga di videogiochi. Stiamo naturalmente parlando di Aku Aku, la simpatica maschera voodoo che da sempre accompagna Crash Bandicoot nelle sue strampalate avventure (anche nel recente quarto capitolo che abbiamo recensito). In questo articolo andremo a ripercorrere la storia della maschera amica di Crash Bandicoot, concentrandosi sull’evoluzione che ha avuto nel tempo.

Aku Aku: La maschera di Crash Bandicoot
La maschera Aku Aku ha accompagnato Crash fin dal primo titolo della serie.

Gli esordi su PlayStation

La prima apparizione della maschera Aku Aku coincide con il primo Crash Bandicoot, uscito sulla prima Playstation nell’ormai lontano 1996. Crash incontra il nostro mascherone subito dopo il filmato introduttivo del gioco, quando libera Aku Aku da una cassa di legno sulla spiaggia di N. Sanity.

La maschera raffigura un grosso volto con occhi, naso, denti e labbra ed è sormontata da quattro piume colorate. Completa il quadro un piccolo ciuffo di foglie che spunta alla sua base, a mo’ di pizzetto. Aku Aku rivela a Crash di essere uno spirito guardiano e gli suggerisce di raccogliere le sue parti sparse per tutta l’isola per ottenere la sua protezione.

Nel corso della sua avventura, Crash Bandicoot può collezionare fino a tre maschere di Aku Aku, contenute in alcune casse sparse per i vari livelli. Ogni maschera funge da scudo, permettendo al marsupiale di sopravvivere anche se colpito dai nemici. Ogni volta che una parte di Aku Aku viene liberata, risponderà col suo inconfondibile “Boo-roo-duh-gah!”, suono che diverrà iconico nel corso della serie, sebbene risulti ancora poco chiaro cosa significhi.

“Boo-roo-duh-gah!”: l’inconfondibile ingresso di Aku Aku

Nel caso il giocatore riesca a collezionare tutte e tre le maschere, Crash indosserà Aku Aku (che normalmente si limita a levitare al suo fianco) ottenendo un breve periodo di invincibilità, in modo analogo a quanto avveniva con la stella di Super Mario.

La situazione resta sostanzialmente invariata in Crash Bandicoot 2: Cortex strikes back, uscito l’anno successivo sempre sulla prima Playstation. Nella versione giapponese del gioco, tuttavia, viene utilizzato anche un secondo modello per le animazioni di Aku Aku. Tale modello appare in brevi filmati in cui la mschera fornisce a Crash alcuni consigli su come proseguire. Aku Aku qui si mostra con colori più chiari e con labbra e sopracciglia più grosse.

La simpatia e originalità di Aku Aku lo hanno reso un elemento fondamentale della serie.

La biografia della maschera di Crash Bandicoot

Una serie di informazioni aggiuntive sulla simpatica maschera sono state fornite dal manga di Crash Bandicoot, uscito in due edizioni tra 1996 e 1997. Viene qui rivelato per la prima volta che Aku Aku è in realtà lo spirito di un antico sciamano protettore dell’isola, che ha lasciato parte della sua essenza nelle varie maschere magiche. Viene anche fatto riferimento agli Antichi, i misteriosi padroni di Aku Aku, sebbene essi non siano mai comparsi nel corso della serie.

É tuttavia con il successivo capitolo della serie videoludica, ovvero Crash Bandicoot 3: Warped, che il ruolo di Aku Aku inizia a divenire più sostanzioso. In quest’avventura infatti il mascherone presenta un nuovo e più definito modello e beneficia finalmente di un doppiaggio, in virtù della grande mole di dialoghi di cui è protagonista.

In Warped i giocatori fanno anche la conoscenza di Uka Uka, fratello malvagio di Aku Aku, anch’egli segregato all’interno di una maschera Voodoo dall’aspetto tetro e minaccioso. Era stato proprio Aku Aku a sigillare il fratello malvagio quando era ancora in vita. Viene inoltre rivelato che la decisione di Aku Aku di confinare il suo spirito in una maschera era stata proprio dettata dalla volontà di continuare a proteggere la terra da un eventuale risveglio del fratello.

Nel corso dell’avventura, Aku Aku ha ancora il ruolo di power up e di occasionale consigliere dei protagonisti, ma nella battaglia finale contro Cortex e Uka Uka, la maschera scende in campo in prima persona, tenendo occupato il fratello e permettendo a Crash di sconfiggere il malvagio scienziato.

Aku Aku: La maschera in Crash Bandicoot 3
Crash Bandicoot 3 ha approfondito il personaggio ed il background di Aku Aku.

Aku Aku negli spin-off

Nel party game Crash Bash, Aku Aku è nuovamente al centro della trama. Il gioco infatti ruota attorno ad una sfida tra Aku Aku ed Uka Uka, che schierano i propri campioni all’interno di un torneo che sancirà la definitiva superiorità di una delle due maschere.

Nuovamente Uka Uka sarà il motore scatenante degli eventi di Crash Bandicoot: l’ira di Cortex, primo titolo della saga per le console a 128 bit. Questa volta la malvagia maschera libererà i terribili elementali, guidati dal malvagio Crunch Bandicoot (sotto il controllo di Uka Uka). Sarà ancora una volta Aku Aku a scoprire il piano del fratello e a permettere a Crash di sventare l’ennesima minaccia.

Nel successivo Crash Twinsanity Aku Aku si alleerà per la prima volta col fratello Uka Uka. Dopo l’ennesima sconfitta, infatti, la maschera maligna si unirà a Crash e Cortex contro gli Evil twins, nuovi villains del gioco. Le due maschere subiranno una sonora batosta, ma permetteranno a Crash e Cortex di trionfare sui nuovi nemici.

Il restyle di Aku Aku

Aku Aku: La maschera di Crash Bandicoot in Crash of the Titans
Crash of the Titans ha davvero rivoluzionato l’estetica della serie.

É tuttavia in Crash of the Titans – titolo uscito nel 2007 su praticamente ogni piattaforma possibile – che Aku Aku subisce i maggiori cambiamenti. A livello estetico, il design della maschera viene totalmente rivoluzionato, con un Aku Aku più largo e possente, dotato di una bocca enorme e di numerose foglie che gli spuntano dai fianchi a mo’ di braccia.

Anche per quanto riguarda il gameplay, Aku Aku ha un ruolo molto più attivo. La maschera infatti per tutta la durata dell’avventura è sempre al fianco di Crash e gli fornisce la capacità di sottomettere e controllare i Titani (o Mutanti), i principali antagonisti del gioco, divenendo a tutti gli effetti l’arma principale in dotazione al protagonista.

La situazione si ripete anche in Crash: Mind over mutants (in Italia Crash: il dominio sui mutanti), seguito diretto di Crash of the Titans. Anche in questo caso Aku Aku permette a Crash di sottomettere e sfruttare le enormi creature, sfoggiando l’inedita capacità di rimpicciolirsi per entrare nelle tasche del marsupiale.

In questi titoli Aku Aku fornisce a Crash altre interessanti abilità, come la capacità di scivolare sulla sua superficie e la possibilità di deflettere gli attacchi energetici dei nemici.

Le ultime apparizioni

Aku Aku è stato al fianco di Crash anche negli ultimi titoli a lui dedicati.

Dopo l’enorme insuccesso dei due titoli a base di Titani, la serie di Crash rimase a lungo nel dimenticatoio. Crash apparve come personaggio giocabile nella serie Skylanders, dove fece capolino anche il nostro Aku Aku, tornato al semplice ruolo di voce di supporto.

Seguirono Crash N. sane Trilogy e Crash Team racing Nitro-Fueled, titoli remastered delle due vecchie glorie della prima Playstation, che però non apportarono modifiche significative ai vecchi titoli in termini di trama e gameplay.

Negli ultimi due giochi della saga, ovvero Crash Bandicoot 4: It’s about time e Crash Bandicoot: on the run!, Aku Aku recupera il suo aspetto classico, molto più simile a quello sfoggiato nei primi capitoli della serie. In entrambi i titoli, inoltre, la maschera esercita di nuovo il suo duplice ruolo di guida saggia e power up protettivo.

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Guida alle modalità di Call of Duty: Warzone 2.0

Se all’uscita di Call Of Duty Modern Warfare II (che abbiamo recensito) ci siamo espressi in modo molto positivo sul gioco in single player e quindi sulla campagna rivelatasi esplosiva ed avvincente, lo stesso non si poteva dire per il pacchetto multiplayer, apparso sì abbastanza completo con le feature che qualsiasi utente di CoD si aspetta, ma mancante in più punti, soprattutto senza un Battle Pass e senza quelle novità pubblicizzate da Activision. Per questo motivo, abbiamo atteso Call of Duty Warzone 2.0 per tornare sulle modalità PvP di CoD. In questo articolo, vi guiderò tra le modalità disponibili nella Season 01: la classica battle royale, Gulag e DMZ.

Battle Royale 2.0

Per parlare di Warzone 2.0 bisogna partire dalla classica modalità Battle Royale che tutti conosciamo: lancio dall’aeroplano, ottenere loot armi, completare missioni e rimanere vivi alla fine della giostra. La vera novità è Al-Mazrah, la nuova mappa che sorprende per la sua vastità – può ospitare fino a 150 giocatori. Al primo lancio si nota subito la differenza con il precedente Warzone, sia per l’effetto cromatico (ovviamente qui siamo nel deserto) e sia per la complessità del paesaggio che, solamente, ad impatto visivo lascia un po’ disorientati poiché Verdansk risultava più colorata e variegata. L’ambientazione desertica lascia spazio ad una sorta di monotonia cromatica, ma il punto forte della mappa è il level design, talmente ben strutturato che sembrerà di non giocare mai la stessa partita.

Warzone 2.0: modalità Battle Royale

Su Al-Mazrah sono presenti 18 punti di interesse che percorrono tutta la città. Tra questi, ce ne sono anche alcuni peculiari che cambieranno il vostro modo di combattere: i grattacieli della City; i corsi d’acqua; l’Osservatorio.

Il sistema di loot è molto più approfondito rispetto al passato. In ogni partita, il giocatore dovrà fare i conti, aprendo le casse a sua disposizione, con un inventario (uno zaino) e i materiali reperibili, scegliendo accuratamente cosa portare con sé e cosa lasciare. Aprire una cassa e recuperarne il contenuto diventa quindi un’operazione che vi farà impiegare più di pochi istanti, modificando, di fatto, la vostra strategia. La presenza di roccaforti difese da Bot (di cui tutta la lobby conosce l’esistenza) è fondamentale per il recupero di armi ed attrezzatura necessaria per arrivare alla fine del round. Le specialità, invece, sono recuperabili tramite casse lanciate da aerei, ma questo avviene solo verso la fine della partita (che dura, mediamente, 15 minuti).

Consigli

Prima di gettarvi in battaglia sappiate che avrete a disposizione tre classi o meglio tre possibili equipaggiamenti da alternare che prevedono due armi, una principale ed una secondaria, due equipaggiamenti e tre specialità. Tra le armi vi consiglio di sceglierne due principali per avere una copertura quasi totale delle armi a medio e lungo raggio. Ad esempio una mitragliatrice leggera RPK, magari opportunatamente modificata in modalità armaiolo può risultare devastante per i nemici garantendovi la vittoria nella maggior parte degli scontri a media e lunga distanza. Oppure scegliere il TAQ-56, un fucile d’assalto molto preciso.

Ma la scelta è davvero vasta e ognuno troverà un’arma che riuscirà a soddisfarlo e a soddisfare determinate tattiche di combattimento. Altro aspetto di cui tener conto sono le diverse specialità che conferiscono al giocatore caratteristiche diverse. Esse sono : Avanguardia, Commando, Spettro, Esploratore, Sentinella, Guardiano, Specialista Armamenti e Ricognitore. Quindi scegliete bene prima di iniziare un turno. Ne va della vostra sopravvivenza.

Gulag

Infinity Ward ha modificato anche le dinamiche del Gulag rispetto al primo Warzone. Per rinfrescare la memoria ricordiamo che il Gulag è una sorta di prigione, in questo caso nei pressi di Al-Mazrah che ovviamente fa da sfondo al gioco, in cui vengono (de)portati i giocatori sconfitti per la prima volta in una sessione di battle royale. Stavolta i giocatori sono quattro, divisi in gruppi di due, che si scontrano per ritornare in partita. Quindi dovrete allearvi con il vostro compagno per sconfiggere l’altra coppia, compagno che, in caso di esito positivo, tornerà ad essere vostro avversario in gioco.

In realtà, i quattro malcapitati, potranno anche decidere di allearsi tra di loro, poiché, a 30 secondi dall’inizio del round, apparirà un secondino, una specie di mini-boss comandato dall’intelligenza artificiale, abbastanza tosto a dir la verità, il quale, se sconfitto, riporterà in gioco tutti e quattro i giocatori.

Warzone 2.0: modalità Gulag

Modalità DMZ

La novità di Warzone 2.0 è la modalità DMZ: in pratica una versione riveduta del classico Battle Royale, in cui squadre di tre giocatori ognuna si batteranno in Al-Mazrah per completare missioni e recuperare bottino per poi raggiungere i vari punti di estrazioni dislocati per la mappa.

Mappa che risulta sicuramente più “sicura” non offrendo gli stessi pericoli della modalità precedente poiché i giocatori umani sono al minimo ma fortunatamente (o sfortunatamente) l’area è popolata da numerosi Bot IA spiccatamente intelligenti.

Infinity Ward, in merito, ha fatto un ottimo lavoro, poiché detti Bot reagiscono alle azioni degli utenti, risultando molto “veritieri”.

Il vostro loadout va composto attentamente prima dell’inizio del match; si ricarica ogni 2 ore e può essere composto anche da armi “preimpostate” dette “di contrabbando”, che però vengono perse nel momento in cui la vostra squadra viene completamente eliminata dal match.

I negozi funzionano come nel Battle Royale: è necessario, all’inizio di ogni partita DMZ, “arraffare” più soldi possibili per poter acquistare i dei miglioramenti che vi aiuteranno a fuggire dalla mappa perlomeno interi. Ad ogni nuovo inizio in DMZ si ripartirà comunque da zero, ma tutto quello che conserverete alla fine della missioni si tramuterà in punti XP, progetti arma, skin operatore, utilizzabili in seguito in Call of Duty o Warzone 2.0. Il sistema di avanzamento in DMZ è piuttosto semplice, completate le missioni affidate per riceverne sempre di più difficili, tutto qui. Ce ne sono bene 81 sbloccabili quindi non vi annoierete sicuramente!

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Recensioni

Call of Duty Modern Warfare 2 – Recensione

Recensione in BREVE

Call of Duty Modern Warfare 2 è il degno erede della saga. La campagna singlye player è divertente e anche impegnative grazie alla nuova intelligenza artificiale, che rende i nemici veramente duri a morire già dalla difficoltà base. L’immersione negli specchi d’acqua fornisce un’ulteriore tattica da sfruttare per sorprendere i nemici e il feeling con le oltre 50 armi disponibili è tra i più realistici visti finora. Un acquisto obbligato per i fan del franchise, ma anche per qualsiasi amante degli FPS.

9


Scrivere di Call of Duty risulta sempre essere titanico e complesso. É uno dei franchise con la comunità più vasta e attiva da anni a questa parte. Il titolo affonda le radici nei primi anni 2000 – 2003 per la precisione. Ironia della sorte, Infinity Ward era composta interamente da persone di un’altra software house, che nello stesso anno aveva pubblicato Medal of Honor: Allied Assault per conto di Electronic Arts. Il resto è storia: CoD scalzò Medal of Honor dal trono del miglior FPS a stampo bellico grazie agli stessi autori di Medal of Honor! E oggi ne continuiamo a parlare in questa recensione di Call of Duty Modern Warfare 2.

Rispetto all’opera di Electronic Arts, il titolo Activision ha sempre cercato di differenziarsi, passando dall’eroismo del singolo alla collaborazione di squadra. In tutti i capitoli di Call Of Duty è un continuo interfacciarsi con la squadra per andare avanti nel gioco; rispetto al suo antagonista (e non solo), il realismo è predominante. Caratteristiche queste mantenute in quasi tutti i CoD usciti fino all’ultimo capitolo, datato 2019, al netto di Vanguard – che abbiamo anche recensito.

Call of Duty Modern Warfare è una delle saghe più complete e solide che io abbia mai visto, con una campagna single player molto avvincente. Il gioco attinge a piene mani da film a tema, inserendo nella trama terrorismo, doppiogiochismo e infiltrazioni rendendo il titolo altamente scenografico e spettacolare (come dimenticare la missione multi-stage dell’Ambasciata o quella dove bisogna resistere ad un attacco terroristico nel pieno centro di Londra). La saga riuscirà a ripetersi anche in Modern Warfare 2?

Lotta al terrorismo

Modern Warfare 2 è il sequel del Call Of Duty del 2019, anche se la trama è slegata dalle sue vicende.

Ritroviamo riferimenti alle cellule di Al-Qatala, al capitano Price, al sergente Garrick, al tenente “Ghost” Riley. Tutti ancora mobilitati e comandati dalla Laswell fino al “nuovo arrivo”, il colonnello Alejandro Vargas, comandante delle forze speciali messicane. Ed il ritorno della Shadow Company. Tutti personaggi che daranno il loro contributo decisivo alla trama. Stavolta Al-Qatala è entrata in possesso di missili balistici statunitensi, e nel corso del gioco capirete in che modo. I nostri eroi del team 141 (o meglio, una versione alternativa dello stesso) dovranno fare di tutto per recuperarli. La cellula terroristica, che risulta alleata con un cartello della droga di Las Almas, è comandata da un certo Hassan Zyani, successore del generale Ghorbrani, uno dei primi obiettivi eliminati all’inizio del gioco.

Il soldato perfetto

Call of Duty Modern Warfare 2 inizia letteralmente col botto: si dovrà teleguidare un missile attraverso dei canyon fino all’obiettivo. Una sequenza breve che però lascia intendere, sin dall’inizio, che i ragazzi di Infinity Ward hanno provato a implementare qualcosa di nuovo nel gameplay, sensazione confermata nel prosieguo del gioco. Non ci illudiamo: le missioni di Call of Duty per quanto ottimamente realizzate, sono sempre quelle che qualsiasi appassionato della serie si aspetta da un  CoD.

Quindi farsi strada con la forza, irrompere in una fabbrica, assaltare una scuola occupata… ma anche missioni un pelo diverse, come infiltrarsi in un porticciolo sbucando dall’acqua, fornire copertura aerea al team che assalta un complesso edilizio. Oppure quando, privati di tutta la tecnologia e dell’arsenale, bisogna proseguire nella missione con armi di fortuna trovate lungo la strada, riportando, forse per la prima volta in un titolo della saga, il concetto di crafting (cioè quello di ricercare e combinare tra loro materiali). Questa grande varietà rende il ritmo serrato, incollando il giocatore allo schermo.

Personalmente la missione che più mi ha deluso è quella dove si guida un autoveicolo con l’obiettivo di risalire una colonna di mezzi militari, sinceramente troppo lunga e alla fine noiosa. Adrenalinica invece quella in cui bisogna salvare un prigioniero da una base militare armata fino ai denti.

Tecnologia innovativa

L’intelligenza artificiale dei nemici stavolta, come promette Infinity Ward, è davvero migliorata. I nemici sanno attaccare, sanno difendere e sanno fare squadra: è difficile trovare un nemico da solo ed indifeso, facile preda. Inoltre, l’introduzione delle immersioni – in acqua – giova alle dinamiche di gioco sia nella campagna, offrendo all’utenza un qualcosa di diverso nel corso del gioco, sia a livello di multiplayer, garantendo al videogiocatore una variante tattica da utilizzare anche in caso di difficoltà. Purtroppo non in tutte le mappe sono presenti specchi d’acqua utilizzabili.

Discorso a parte meritano le numerose armi che Modern Warfare 2 mette a disposizione dall’inizio alla fine della campagna: mitragliatori; fucili da cecchini; armi a rilevazione di calore; ma anche ottiche notturne e dispositivi quali rilevatori di battito cardiaco e microspie. In altre parole, un arsenale con i controfiocchi. Il feeling di queste armi poi risulta molto realistico ed appagante, risultando a conti fatti in un gunplay leggermente migliorato rispetto al precedente capitolo.

Conflitto ad alta risoluzione

Come da tradizione nella serie, verremo inviati in giro per il mondo. Amsterdam, Messico, Spagna, Medio Oriente, seguendo una trama all’altezza di autori di libri come Ken Follett! Altro piccolo aspetto migliorato nel gameplay è stato quello dei dialoghi. Seppur ininfluente ai fini della trama, si amalgama perfettamente nel contesto risultando godibilissimo. Graficamente Call Of Duty Modern Warfare II è bellissimo, Infinity Ward ha creato un’opera d’arte a livello visivo, anche nella versione testata: Xbox Serie S.

Con estrema bravura, il team di sviluppo è riuscito a mantenere un alto frame rate anche su console meno performanti, facendo addiritura meglio rispetto all’opera del 2019, che sulla stessa console aveva dei cali di framerate molto frequenti nelle scene di intermezzo. Problema fortunatamente risolto in Modern Warfare 2: il risultato è un piacere per gli occhi, sembra di assistere ad un film. Piccola nota dolente: non mancano piccoli glitch e lievi difetti, che però non intaccano assolutamente l’esperienza globale di gioco.

Multiplayer

Call of Duty non è e non può essere solo campagna single player. E infatti il multiplayer è davvero corposo. Oltre alle classiche modalità che i fan della serie conoscono, cioè Deathmatch e Deathmatch a squadre, Modern Warfare 2 contiene anche:

  • Soccorso Prigionieri, la novità introdotta in questo capitolo, dove i team, a turno, dovranno individuare e trarre in salvo ostaggi oppure difenderli.
  • Dominio, in cui si compete per il controllo di tre zone marcate da bandiere, A,B e C; la modalità Postazione in cui bisogna conquistare una postazione, che cambia ogni minuto, e difenderla dagli attacchi nemici.
  • Quartier Generale, in cui bisogna catturare e difendere un QG.
  • Controllo, in cui i team si alternano nell’attacco o nella difesa di due obiettivi.
  • Knock-out, in cui i team si contendono il possesso di una borsa piena di danaro.
  • Cerca e distruggi, ovvero difendere o distruggere un obiettivo.
  • Guerra Terrestre e Guerra terrestre- Invasione, in queste mappe, veramente ma veramente vaste, c’è spazio fino a 64 giocatori. La prima è una sorta di versione extra-large di Dominio, impreziosita dall’utilizzo di veicoli; la seconda è una vasta e caotica battaglia dove bisogna avere semplicemente la meglio sui nemici, ad ogni costo.

Infine, non manca la modalità armaiolo, con la quale avremo a disposizione un intero arsenale da combinare per ottenere armi sempre più potenti. Insomma: di carne al fuoco ce n’è e ce n’è tanta.

Conclusione

Call of Duty Modern Warfare II è, in definitiva, un grandissimo gioco. Una campagna single player appassionante, coinvolgente e con un livello di difficoltà secondo me giusto, seppur con qualche riserva (alcune sequenze possono risultare frustranti, morirete parecchie volte!). Un multiplayer sontuoso che vi regalerà ore e ore di divertimento, anche in locale con lo schermo condiviso ovviamente. L’unica domanda è: chi ha giocato al primo Modern Warfare, sente davvero la necessità di questo seguito, considerando anche il notevole esborso economico?

La risposta può e deve essere molto soggettiva. È vero che molte missioni sanno di già visto, ma la trama, l’aura di eroicità dei personaggi e alcune modifiche al gameplay rendono il titolo uno dei migliori FPS del 2022.

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: Sparatutto
  • Lingua: Italiano
  • Multiplayer: Si
  • Prezzo79,99€
  • Piattaforme: Xbox Series X|S, PlayStation 5, Xbox One, PlayStation 4, PC
  • Versione provata: Xbox Series S

Ho fatto la battaglia globale al terrorismo grazie ad un codice gentilmente fornito dal publisher.