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Cosa sono gli Hack and Slash e cosa li contraddistingue

Il termine Hack and Slash fa normalmente riferimento a quelle categorie di gioco incentrati su forsennati combattimenti, di solito mediante l’uso di armi. A differenza di molti altri generi, tuttavia, le caratteristiche degli Hack and Slash tendono ad essere estremamente variabili. Di conseguenza, vengono inseriti in questa categoria anche giochi estremamente differenti tra loro. Scopo di questo articolo è effettuare una panoramica sugli hack and slash presentando allo stesso tempo alcuni degli esponenti più famosi interessanti di questa categoria.

Le origini degli Hack and Slash

Sebbene possa sembrare strano, la sigla Hack & Slash (letteralmente taglia e affetta) non nasce nel mondo videoludico. Questa espressione trova infatti le sue origini all’inizio degli anni 80 nel mondo dei giochi di ruolo cartacei, di cui Dungeons and Dragons è l’esponente più famoso. Nella fattispecie, i giocatori ricorrevano a questo termine per indicare quelle campagne quasi totalmente incentrate su azione e combattimento, nelle quali i misteri da risolvere e le varie trame dei personaggi passano in secondo piano.

Per quanto riguarda nello specifico il mondo dei videogiochi, il termine hack & slash è stato usato per la prima volta nel corso degli anni 80. Esso indicava tutti quei titoli action nei quali il protagonista poteva sfruttare una o più armi. Questa definizione tuttavia era estremamente generica. Potevano essere messi sotto questa etichetta sia giochi come Rastan, Shinobi e Captain Silver, caratterizzati da un semplice scrolling orizzontale, sia veri e propri beat them up a scorrimento in cui i protagonisti erano dotati di armi.

Proprio quest’ultima categoria finì col diventare sinonimo di Hack & Slash fino a circa metà degli anni 90. Durante questo periodo giochi come Golden Axe, King of Dragons o Guardian Heroes divennero vere e proprie pietre miliari del genere. Oltre al già citato uso delle armi, a caratterizzare questi giochi era l’ambientazione fantasy, con la presenza di creature provenienti dall’immaginario di questo genere, come draghi, grifoni e creature mitologiche, e l’uso della magia, di cui gli eroi protagonisti sono profondi conoscitori.

Hack & Slash

Nella terza dimensione (o quasi)

Nella seconda metà degli anni 90, dominata dalle console a 32 e 64 bit, il genere Hack & Slash non trovò grande spazio. Come sappiamo, in quel periodo storico il mercato era dominato principalmente dai giochi 3D. Di conseguenza, i classici beat them up a due dimensioni persero gran parte del loro appeal.Anche per quanto riguarda le avventure tridimensionali, il genere Hack & slash trovò ben poco spazio. Le avventure 3D del tempo infatti preferirono concentrarsi su trama ed esplorazione piuttosto che sul falciare orde di nemici a suon di spadate.

Nonostante questo, possiamo affermare che il massimo periodo di splendore del genere è proprio la seconda metà degli anni 90. Il merito è dovuto a quello che viene spesso definito come il capostipite del genere nell’immaginario comune: Diablo. Sebbene il titolo Blizzard presenti al suo interno numerosi elementi strategici e gestionali tipici dei giochi di ruolo, le sanguinose ed eccentriche fase di combattimento hanno permesso a Diablo di farsi conoscere come la massima espressione degli hack and slash, tanto da inaugurare dalla sua uscita nel 1996, un vero e proprio periodo di diablolike assimilabili al genere degli hack and slash isometrici. Tra i più famosi, possiamo citare Sacred, Titan Quest, Path of Exile e Torchlight.

Verso il nuovo millennio

Con l’inizio del nuovo millennio le cose cambiarono drasticamente. Sono stati davvero molti in questo periodo i titoli che hanno riproposto le atmosfere e i concept degli hack & slash tradizionali mescolandoli con le meccaniche e le possibilità offerte dalla terza dimensione e dalla potenza dei nuovi sistemi di gioco. Giochi come Onimusha: warlords e Devil May Cry affiancavano l’esplorazione e la risoluzione degli enigmi a tonnellate di sequenze action e combattimenti, a corta e lunga distanza, che richiamavano il divertimento e la giocabilità dei vecchi titoli anni 90.

Questi primi esperimenti furono ben presto seguiti da molti altri giochi, le cui saghe proseguono fino ai giorni nostri. Basti pensare ad esempio ai primi due capitoli di God of War, o alla versione del 2004 di Ninja Gaiden, uscito originariamente sulla prima Xbox.

Era chiaro come questa formula avesse dato nuova linfa vitale agli Hack & Slash, passati dall’essere semplici giochi di azione e combattimento a vere e proprie avventure tridimensionali. Naturalmente, il combattimento restava preponderante, ma poteva essere declinato in gameplay profondamente diversi, basati ora sulla velocità e la frenesia, ora sulla tattica e sull’ uso attento delle risorse.

Hack & Slash

Un genere nel genere

Sebbeno molti li definiscano con il termine nipponico Mosou, riteniamo che saghe come Dinasty Warriors rientrino nell’ampio spetto degli hack and slash. Nata originariamente come un semplice picchiaduro a incontri, la serie Koeu (poi Koei Techmo) si è evoluta in uno strano genere ibrido. All’interno di questa serie, al comando di uno o più eroi, il giocatore si trova catapultato in un campo di battaglia. Suo obiettivo sarà completare una serie di missioni per portare la vittoria al suo esercito. Anche in questo caso, gran parte del gameplay consiste nello sbaragliare le orde di soldati semplici che ci troveremo di fronte fino ad arrivare alle battaglie coi boss, molto più lunghe e logoranti.

É interessante notare come questa saga, inizialmente ambientata nel giappone feudale, abbia generato numerosi spin-off dedicati a molte altre saghe videoludiche. Basti citare Hyrule Warriors, Fire Emblem Three Hopes e Dinasty Warriors: Gundam.

Gli Hack & Slash oggi

Osservando il panorama videoludico contemporaneo, non si può non accorgersi di come il genere Hack & Slash risulti ormai diffusissimo. Numerosi giochi di successo appartengono proprio a questo filone o comunque condividono numerosi elementi con esso.

Col passare degli anni, saghe come God of War e Devil May Cry hanno ormai consolidato il loro successo, mentre giochi come Bayonetta si sono imposti sul mercato divenendo veri e propri must. Ci sono stati anche esperimenti meno riusciti, come Metal Gear Rising Revengeance, tentativo di trasportare la saga di Metal Gear Solid in un contesto action.

In altri casi, si è scelto di affiancare ai combattimenti frenetici un comparto narrativo di primissimo piano. É il caso, ad esempio, del celebre Nier Automata, che unisce un gameplay Hack & Slash di altissimo livello ad una storia profondissima e davvero complicata. Anche il recentissimo Stellar Blade si pone proprio su questa linea (pur non avvicinandosi minimamente alla bellezza delle trama del titolo Square-Enix).

Anche l’ormai famosissimo genere dei soulslike ha più di un elemento in comune con gli hack and slash. Titoli come Bloodborne, Elden Ring, Nioh e lo stesso Dark Souls, pur spostando l’attenzione dalla frenesia degli scontri alla sopravvivenza tramite lo studio attento del nemico, sono fondamentalmente avventure tridimensionali in cui si combatte per mezzo delle armi. Persino alcuni esponenti del genere rougelike, come ad esempio il recente Hades, propongono un gameplay che molto ha a spartire con le nostre avventure all’arma bianca.

Infine, dobbiamo ricordare come anche diverse saghe rpg abbiano scelto di virare verso l’action e l’azione. La saga di Final Fantasy, ad esempio, presenta sia nel sedicesimo capitolo che nei due remake dedicati a Final Fantasy VII numerose meccaniche che la avvicinano in parte a giochi come Devil May Cry.

Per tirare le fila, è evidente come il genere Hack & Slash, che negli anni 90 sembrava avviato verso l’oblio abbia vissuto una vera e propria seconda giovinezza. Vedremo ora come evolverà il genere. Saprà adattarsi ai tempi e ai gusti dei videogiocatori? O vivrà un nuovo tramonto? Solo il tempo potrà rispondere.

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Streets of Rage: tutti i giochi della saga di picchiaduro a scorrimento

Il genere dei picchiaduro a scorrimento, dominatore assoluto delle sale giochi degli anni 90, oggi è quasi totalmente scomparso. Se siete tra i nostri lettori più giovani, titoli come Golden Axe, Double Dragon e Final Fight vi diranno ben poco. Coloro invece che, come chi scrive, hanno avuto il piacere di vivere l’ultimo decennio del 900, avranno certamente molti bei ricordi legati a questi giochi.

L’incredibile divertimento e soddisfazione che dava avanzare lungo lo stage riempiendo di legnate orde intere di cattivoni, soprattutto se in compagnia di un amico, resta tuttora una delle esperienze più piacevoli ed appaganti di tutta la mia carriera di videogiocatore (anche se, come spesso accade, probabilmente la nostalgia contribuisce ad addolcire i ricordi).

La saga di Streets of Rage, targata Sega, è stata certamente tra le più importanti ed apprezzate in assoluto nel suo genere, nonostante la concorrenza fosse decisamente spietata. In occasione dell’inserimento di Streets of Rage 4 tra i titoli del PS Plus Essential, abbiamo scelto di ripercorrere tutta la storia di questa gloriosa saga, che tutti i fan del mitico Sega Mega Drive ricorderanno certamente con grande affetto. Pronti a tornare a calcare le strade per distribuire un po’ di mazzate a qualche teppistello?

La nascita di una saga cult

Come già detto, a inizio anni 90 i picchiaduro a scorrimento stavano letteralmente spopolando. Per chi non fosse avvezzo al genere, non si tratta di classici giochi di lotta 1vs1 (in questo articolo puoi leggere dei migliori degli ultimi anni). Nei picchiaduro a scorrimento, infatti, il giocatore deve guidare il proprio personaggio all’interno di una serie di livelli. Nel corso di ogni stage, il nostro eroe deve vedersela con intere orde di nemici. Per fronteggiarli, il giocatore ha di solito a disposizione un discreto arsenale di attacchi e una serie di armi che è possibile raccogliere nel corso del livello.

In particolare Final Fight, uscito sul finire del 1990 e convertito in esclusiva per SNES, aveva ottenuto un successo davvero eccezionale nelle sale giochi. A questo punto Sega, impegnata col suo Mega Drive in una serrata rivalità con Nintendo per il predominio del mercato delle console, non poteva davvero restare a guardare. Ecco dunque arrivare Bare Knuckle, poi rinominato Streets of Rage nelle versioni occidentali. L’opera fu il risultato degli sforzi congiunti del Director Noriyoshi Ohba, del compositore Yuzo Koshiro e del designer Hiroaki Chino.

Ambientato in una città fittizia, il primo Streets of Rage racconta la storia di Axel, Adam e Blaze. Si tratta di tre ex poliziotti che, delusi dalla corruzione che ha ormai investito il corpo di polizia, decidono di rinunciare al distintivo per combattere la malvagia organizzazione che ha gettato la loro città nel caos, capitanata dal crudele Mr. X.

Una volta selezionato il personaggio, il giocatore avrebbe dovuto condurlo lungo una serie di otto livelli. Ogni livello presenta uno scrolling da sinistra verso destra ad eccezione dell’ultimo, che si svolge da destra verso sinistra. Per giungere alla fine del livello, il giocatore deve sbarazzarsi delle classiche orde di nemici fino al confronto col boss di fine stage. Alcuni livelli presentano anche un mini boss, che di solito appare verso la metà del percorso.

Per fronteggiare i vari cattivoni, ogni personaggio ha a disposizione un set di mosse base, che comprende la combo base del personaggio, le mosse in salto e le prese. I nostri eroi possono inoltre contare sull’aiuto della polizia. Tramite un apposito comando, è infatti possibile chiamare un’auto di poliziotti, che scatena un colpo di mitragliatrice o di lanciarazzi contro i nemici. I livelli inoltre, come da tradizione, sono disseminati di armi, utili come potenziamento momentaneo contro i vari sgherri. Degna di nota la presenza di due finali distinti del gioco, sebbene il secondo finale, quello “cattivo” potesse essere sbloccato solo giocando in modalità cooperativa.

Nonostante la qualità generale di Streets of Rage fosse sicuramente molto buona, non mancavano i difetti. I tre protagonisti apparivano molto simili tra loro, differenziandosi solo per velocità, potenza ed agilità dei salti. anche l’ambientazione, pur rendendo molto bene l’atmosfera di guerriglia urbana che voleva evocare, risultava piuttosto ripetitiva, nonostante la buona varietà dei nemici. Infine, il comparto tecnico, per quanto di buon livello, non poteva assolutamente competere con quello di giochi come Final Fight. Nonostante i suoi difetti, comunque, Streets of Rage ottenne un ottimo successo, creando i presupposti per un possibile sequel.

Il sequel perfetto

Streets of Rage

Sega decise di non farsi prendere dalla fretta, dedicando diversi mesi allo sviluppo del nuovo titolo della saga, appoggiandosi, per quanto concerne la direzione artistica, allo studio Ancient, fondato dalla famiglia di Yuzo Koshiro. Al momento della sua uscita, tra fine 1992 e inizio 1993, Streets of Rage 2 fece subito capire ai giocatori che era valsa la pena attendere.

A livello grafico, il gioco era migliorato esponenzialmente, anche grazie all’utilizzo di una cartuccia da 16 Megabit. Sia gli sprites che i fondali apparivano molto più grossi, colorati e ricchi di dettagli. Anche la qualità del sonoro appariva notevolmente migliorata, con musiche molto più varie e curate.

Streets of rage 2 racconta il ritorno di Mr. X e della sua organizzazione. Dopo aver rapito Adam, il malvagio tende una trappola ad Axel e Blaze. Per non soccombere a Mr. X, i due protagonisti chiedono aiuto a Max, gigantesco wrestler amico di Axel e a Skate, giovane fratello di Adam.

Il gameplay di Streets of Rage 2 propone numerosi miglioramenti rispetto al primo episodio. I quattro personaggi giocabili appaiono ora molto diversi tra loro, sia per le loro movenze, sia per il set di mosse, sia per le rispettive debolezze e punti di forza. Se Max appare estremamente potente, soprattutto nelle prese, ma poco mobile, Skate risulta velocissimo e agile ma poco potente. Axel e Blaze restano i personaggi più equilibrati, con quest’ultima che fa degli attacchi in salto il suo principale punto di forza.

Anche gli attacchi speciali sono stati profondamenti rinnovati. Ora ogni personaggio dispone di due attacchi speciali, eseguibili con un apposito pulsante da usare in combinazione con la croce direzionale. Questi attacchi, per quanto potenti, consumano la barra dell’energia. Occorre quindi usarli con parsimonia. Ogni personaggio dispone anche di attacchi che potremmo definire semispeciali, eseguibili con la doppia pressione della croce direzionale assieme all’attacco base.

Infine, la varietà dei nemici e dei livelli fu ulteriormente migliorata, con un numero esorbitante di nemici diversi e numerosi boss, tutti ben caratterizzati. Tra essi non possiamo non citare Shiva, penultimo boss del gioco, che diverrà una figura iconica all’interno della saga. Tutti questi elementi fecero di Streets of Rage 2 un successo assoluto, considerato ancora oggi uno dei migliori giochi per Megadrive (se non il migliore in assoluto).

Streets of Rage 3: un passo indietro

Streets of Rage

Purtroppo, l’ultimo capitolo della trilogia originale non fu, come molti si aspettavano, il canto del cigno della saga. La maggior parte dei giocatori infatti ritenne il terzo capitolo sensibilmente inferiore a Streets of Rage 2.

Quando il gioco uscì, nel 1994, Sega non stava passando un periodo semplice. Dopo gli esperimenti ben poco riusciti di Sega CD e 32X, la grande S si preparava ormai al lancio del Saturn, ma si sforzava allo stesso tempo di sostenere fino all’ultimo il Mega Drive e le sue varie espansioni. Il risultato di questa strategia fu un’enorme confusione, che finì col penalizzare anche Streets of Rage 3.

Il primo danno per la serie fu la versione occidentale del gioco, che uscì pesantemente rimaneggiata rispetto alla sua controparte giapponese. Se Bare Knuckle 3 racconta di una misteriosa e letale arma che sta causando migliaia di vittime in tutto il mondo, oggetto delle indagini dei nostri eroi, Streets of Rage 3 narra l’ennesimo ritorno di Mr. X, stavolta alla guida di un’azienda di armi robotiche. Queste modifiche naturalmente si riflettono sui dialoghi di gioco e sulle varie cutscenes. Inoltre nella versione occidentale, il giocatore aveva la possibilità di scegliere tra quattro differenti lottatori. A Blaze, Axel e Skate si affianca il dottor Zan, scienziato cyborg dotato di incredibile potenze ma dalla limitata mobilità. Nella versione giapponese invece, al roster si aggiungono tre personaggi segreti, il letale Shiva, il canguro pugile Roo e il bizzarro Ash, eliminato dalla versione occidentale per la sua chiara appartenenza al mondo LGBT.

Il gameplay di Streets of Rage 3 presentava diverse novità, come la presenza di un maggior numero di mosse speciali e un’apposita barra special che, se piena, evitava di perdere energia al momento dell’esecuzione delle special. Inoltre sono state inserite una serie di mosse “di gruppo”, che permettevano ai nostri eroi di unire le forze in un unico attacco letale. Inoltre tutti i personaggi hanno la facoltà di correre, aumentando la velocità del gameplay. Sono presenti anche una serie di attacchi speciali eseguibili con le armi. Infine, viene reinserita la meccanica del peso, presente solo nel primo Streets of Rage. In pratica alcuni nemici, dalle dimensioni eccessive, non possono essere proiettati con le prese. Ultima interessante novità è la presenza di diversi bivi nel corso dell’avventura, che condurranno ad una serie di finali multipli.

Nonostante tutte queste aggiunte, il gioco non riuscì a raggiungere il successo e i consensi del secondo capitolo. Ciò fu dovuto a diversi fattori, tra cui un impatto grafico e sonoro meno accattivante, un design dei livelli meno ispirato e il livello di difficoltà. Quest’ultimo, soprattutto nella versione occidentale, era infatti stato innalzato in maniera artificiosa, soprattutto per cercare di rendere il gioco meno veloce da completare, scoraggiando così il noleggio.

Con Streets of Rage 3 la trilogia per Megadrive si concluse. Tuttavia, nel corso degli anni i fan non smisero mai di chiedere a gran voce a Sega un nuovo episodio della saga. Sorprendentemente, nell’agosto 2018 giunse l’annuncio di un nuovo Streets of Rage, la cui uscita fu fissata per l’anno 2020.

Streets of Rage 4: il ritorno della rabbia

Prodotto da Lizardcube e Guard Crush Games e pubblicato da DotEmu in associazione con Sega, Streets of Rage 4 viene lanciato nell’aprile 2020 su PC, Xbox One, Playstation 4 e Nintendo Switch.

Il gioco è ambientato dieci anni dopo Streets of Rage 3 e racconta l’ascesa dell’ennesimo impero criminale. Responsabili della nuova organizzazione sono i gemelli Y, figli di Mr. X. Axel e Blaze, ormai ritirati dalla polizia, decidono di tornare in azione. Ad affiancarli nell’avventura troviamo Cherry, la figlia di Adam e Floyd, apprendista del dottor Zan dotato di arti meccanici.

Il gioco ripropone tutti gli elementi vincenti dei suoi predecessori, con personaggi estremamente bilanciati e ben diversificati, un set di livelli estremamente be congegnati e dalle ambientazioni varie e, soprattutto, un’eccezionale giocabilità. Rispetto ai predecessori, le principali novità sono due. Anzitutto, la possibilità di recuperare energia dopo l’esecuzione di una mossa speciale. Dopo una special, infatti, la nostra barra dell’energia cambierà colore per un po’. Durante quest’arco di tempo, sarà possibile recuperare la salute perduta malmenando i nostri nemici.

La principale innovazione però è la possibilità di prolungare le nostre combo facendo rimbalzare i nemici contro il muro tramite combo e prese. Questa trovata aumenta davvero molto la strategia ed il divertimento del gioco, permettendo al giocatore di generare una serie davvero devastante di attacchi concatenati. Ogni personaggio infine dispone di una vera e propria mossa finale, rappresentata da una stellina. Normalmente possono essere eseguite una sola volta per vita, ma è possibile raccogliere ulteriori stelle all’interno del livello. Queste mosse, oltre che devastanti, sono anche davvero spettacolari da vedere.

Il comparto tecnico risulta davvero accattivante e al passo coi tempi. La grafica del gioco infatti presenta un 2D all’avanguardia, che rende Streets of Rage 4 davvero simile ad un cartone animato anni 90 interattivo. Anche il sonoro è davvero coinvolgente e ben realizzato e funge da ottimo sfondo per i numerosi combattimenti.

Il quarto capitolo ha ricevuto un’accoglienza molto positiva, al punto che sono stati realizzati dapprima un DLC, Mr. X Nightmare e, in seguito, nel 2021, un’edizione fisica, ovvero Streets of Rage 4: Anniversary Edition. Come già segnalato, da questo mese il gioco è disponibile gratuitamente su PS Store tramite abbonamento Essential e fino ad aprile 2022 è stato disponibile anche su Xbox Game Pass. Ci sentiamo di consigliare davvero a tutti di provare questo gioco. Il divertimento è davvero garantito, soprattutto, come sempre, se in compagnia di un amico.

Ed eccoci al momento dei saluti. Conoscevate già la saga di Streets of Rage? Se si, qual’è il vostro episodio preferito?

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Paper Mario: tutti i giochi della saga

Paper Mario: Il Portale Millenario, remake per Nintendo Switch dell’originale classico per Gamecube, ha riportato di recente in auge uno degli spin-off più apprezzati di Super Mario. Per l’occasione, abbiamo deciso di proporvi una panoramica dell’intera saga di Paper Mario, dall’originale, uscito sul mitico Nintendo 64 nell’anno 2000, fino agli ultimi capitoli.

Sebbene la serie Paper Mario sia stata creata per una nicchia, questa stramba saga di RPG ha sempre potuto contare su una fanbase molto solida e accanita. Inoltre, tutti i titoli della saga vantano un livello qualitativo decisamente alto.

Prepariamoci dunque a trasformarci in coloratissime immagini di carta e tuffiamoci insieme nel mondo di Paper Mario!

Super Mario RPG: le origini della saga

Paper Mario

Sebbene, come già detto, il primo titolo della saga Paper Mario sia uscito nell’anno 2000, occorre fare un ulteriore salto indietro nel tempo prima di analizzarlo. Paper Mario, infatti, non fu il primo JRPG con protagonista la mascotte Nintendo. Nel 1996, sul glorioso Super Nintendo, aveva infatti visto la luce Super Mario RPG, meravigliosa avventura in grafica isometrica nata dalla collaborazione tra Nintendo e Squaresoft.

Come saprà già chi ha letto il nostro articolo, nonostante fosse un gioco dalla qualità eccelsa, Super Mario RPG non raggiunse il successo che Nintendo sperava, soprattutto a causa di una pessima distribuzione. Nonostante questo parziale insuccesso, la formula di un RPG con battaglie a turni con protagonista Super Mario piacque molto a Nintendo.

La grande N decise dunque di avviare il progetto per un sequel di Super Mario RPG, che avrebbe dovuto uscire per la nuova console della casa di Kyoto, ovvero il Nintendo 64. Nel corso dello sviluppo, si decise di modificare il titolo originale, probabilmente proprio per via dello scarso impatto di Super Mario RPG nel mondo occidentale. Tra 2000 e 2001 la nuova avventura di Mario prese finalmente forma, col titolo di Mario Story in Giappone e di Paper Mario nel resto del mondo.

Paper Mario: il primo episodio (N64)

Paper Mario

Nel corso di questa prima avventura per Nintendo 64, Mario ha dovuto nuovamente affrontare Bowser. L’acerrimo nemico di Mario è infatti riuscito ad impossessarsi dello Star Rod, manufatto in grado di donargli un potere quasi illimitato. La missione del nostro idraulico consiste nel liberare i sette spiriti stellari, in grado di donargli il potere per sconfiggere nuovamente Bowser.

Il gioco, in maniera simile a quanto visto in Super Mario RPG, alterna fasi di esplorazione a battaglie a turni, tipiche dei giochi di ruolo di stampo nipponico. In entrambe le sezioni di gioco Mario può contare sull’aiuto di una serie di alleati, come Goombario e Bombette. Ognuno di questi personaggi dispone di abilità peculiari, che devono essere sfruttate da Mario per superare gli enigmi ed accedere alle varie località della mappa. Mario può essere accompagnato da un solo alleato alla volta, ma il giocatore ha la possibilità di cambiare accompagnatore in qualsiasi momento.

La gestione dell’equipaggiamento e delle abilità era affidato ad un particolare sistema di tessere, che garantivano ottime possibilità strategiche e di personalizzazione del proprio Party. Il titolo del gioco è invece dovuto allo stile grafico dell’avventura. Mario e tutti gli altri personaggi infatti sono realizzati come se fossero sottili silhouette, simili, appunto, a disegni realizzati su un foglio di carta.

Tutti questi elementi permisero a Paper Mario di ottenere un ottimo successo di pubblico e critica, spianando la strada per eventuali sequel e segnando la nascita di una nuova saga di successo per il nostro connazionale.

Il Portale Millenario (Gamecube)

Paper Mario: il Portale Millenario (titolo originale Paper Mario RPG), sequel diretto del primo titolo della saga, uscì nel 2004 per Nintendo Gamecube. In questa nuova avventura Mario era alle prese con gli incrociati, strambi personaggi guidati dal losco Giustignardo. L’intento di queste creature è impossessarsi delle sette gemme stella per aprire l’accesso al misterioso Portale Millenario che dà il titolo al gioco.

Il Portale Millenario ripropone in modo molto fedele la struttura del primo episodio, con l’alternanza tra battaglie e fasi esplorative e la possibilità di controllare, oltre a Mario, un buon numero di alleati, tra cui spiccano anche la Principessa Peach e persino Bowser. Questi ultimi sono anche protagonisti di una serie di sezioni di gameplay action a loro dedicate.

In generale, Il Portale Millenario appariva molto simile al suo predecessore. Le principali innovazioni, oltre che nel comparto tecnico rinnovato, consistevano nella presenza di numerosi enigmi legati alla fisica e alle dinamiche della carta, che devono essere sapientemente sfruttate per superare i numerosi enigmi.

Anche il battle system appare leggermente rinnovato, coi vari partner che ora svolgono la funzione di veri e propri personaggi giocabili e non di semplici supporti. Nel corso delle battaglie sono stati inseriti anche dei comandi di azione. Questi ultimi, se inseriti correttamente, avrebbero influenzato la buona riuscita delle nostre azioni e attutito i danni da parte del nemico. Anche Il Portale Millenario ottenne un ottimo successo, soprattutto a livello di critica. La saga di Paper Mario era ormai consolidata e Nintendo aveva tutte le intenzioni di mungere per bene la sua nuova vacca.

Super Paper Mario (Wii)

L’attesa per il terzo episodio della serie, tuttavia, fu più lunga del previsto. Super Paper Mario, originariamente previsto per il 2006 per Gamecube, vide infatti la luce nel nel 2007 su Wii.

Rispetto ai titoli precedenti, Super fa compiere alla serie una decisa virata verso il genere action. La trama del gioco vede Mario e i suoi amici impegnati a contrastare il malvagio Conte Cenere, il cui piano causa il risveglio della terribile entità nota come Cuore Oscuro. Mario e i suoi compagni dovranno viaggiare per le dimensioni alla ricerca dei cuori puri, indispensabili per arginare il potere del Cuore Oscuro.

Come accennato, il gameplay di Super Paper Mario risulta profondamente diverso dai suoi predecessori. Le battaglie a turni e le statistiche lasciano il posto ad una più tradizionale struttura a livelli, fatta di ostacoli da superare e nemici da abbattere con la tradizionale meccanica del salto in testa. Gli elementi GDR ancora presenti sono da individuare nell’attenzione posta alla trama e nella presenza dei pixl, spiriti in grado di donare nuove abilità a Mario e ai suoi compagni. Oltre al nostro eroe, infatti, nel corso del gioco avremo di nuovo la possibilità di controllare Luigi, la principessa Peach e Bowser.

L’elemento più caratteristico di questa nuova avventura è la capacità di “svoltare”. Nel corso dei livelli, il giocatore potrà passare in ogni momento da una prospettiva in 2d, tipica dei titoli originali della saga, ad una visuale a tre dimensioni posta alle spalle dei protagonisti. Questa possibilità, oltre ad aumentare molto la varietà del gioco, accresceva moltissimo le possibilità offerte al giocatore per il superamento degli enigmi. Anche questo nuovo prodotto targato Paper Mario, nonostante fosse molto differente dai suoi predecessori, riuscì ad ottenere un ottimo successo.

Paper Mario: Sticker Star (3DS)

Nel novembre 2012 apparve su Nintendo 3DS un nuovo capitolo della saga, ovvero Paper Mario: Sticker Star. In questa nuova avventura Bowser torna a rivestire il ruolo di antagonista principale. Dopo essersi impossessato dei poteri della cometa Sticker, il lucertolone rapisce per l’ennesima volta la principessa Peach, portando lo sconquasso nel Regno dei Funghi.

Mario, con l’aiuto delle fate Sticker, deve impossessarsi di tutti gli Sticker Reali, in modo da poter ripristinare la cometa Sticker e porre fine alla minaccia di Bowser. Sticker Star abbandona le meccaniche platform introdotte da Super per riproporre un sistema di gioco molto più incentrato sull’azione e la risoluzione degli enigmi. Tornano anche i combattimenti a turni, sebbene privi di molti elementi tipici dei GDR, come i punti esperienza da raccogliere.

La particolarità di Sticker Star è costituita proprio dagli adesivi, indispensabili sia per le battaglie che per la risoluzione dei vari enigmi ambientali presenti nel gioco. La raccolta di questi adesivi, dunque, risulta essere l’elemento centrale dell’intera esperienza.

Anche la carta riveste un ruolo centrale nell’estetica e nelle meccaniche principali su cui è costruita la fisica dei livelli. Non sono invece presenti alleati di nessun tipo ed anche la trama di gioco risulta essere molto meno profonda e coinvolgente rispetto ai precedenti episodi.

Il gioco, pur ottenendo un’accoglienza generalmente positiva, ricevette anche numerose critiche, soprattutto per l’eccessiva complessità di alcuni enigmi, la necessità di tornare continuamente sui propri passi per acquisire nuovi adesivi e per la quasi totale mancanza dei tipici elementi GDR.

Color Splash (Wii U)

Anche la Wii U, una delle più sfortunate console Nintendo, ha ospitato un episodio della saga di Paper Mario. Nell’ottobre 2016 vide infatti la luce Paper Mario: Color Splash. In questa nuova avventura Mario, Luigi e Peach, accompagnati dal loro nuovo amico Tinto, un secchio di vernice parlante, sono alle prese con il rapimento delle Vernistelle, evento che ha causato la totale scomparsa dei colori dall’ isola Prisma.

Il gioco propone un gameplay a livelli molto simile a quello del suo predecessore. Al termine di ogni livello sarà possibile ottenere una mini-Vernistella, sbloccando in questo modo l’accesso ai livelli successivi. Mario potrà contare anzitutto sul suo nuovo martellobaleno. Questo oggetto gli consentirà di ricorrere alla vernice, elemento alla base del gameplay. La vernice infatti consentirà a Mario di riempire gli spazi vuoti presenti all’interno dei livelli, al fine di risolvere enigmi o semplicemente di collezionare nuovi oggetti.

Le battaglie invece ripropongono il tradizionale sistema a turni, che vede questa volta l’utilizzo di una serie di carte. Ogni carta rappresenta un’azione, sia offensiva sia difensiva. Compito del giocatore è predisporre ed ordinare le carte nella maniera più efficace per ogni scontro. Il giocatore ha anche la possibilità di dipingere le carte per renderle più potenti, a patto di sacrificare una quantità extra di vernice, la quale viene a svolgere il ruolo solitamente tipico degli mp.

Sebbene Color Splash abbia ricevuto recensioni perlopiù positive, i fan lo hanno criticato duramente, imputandogli una somiglianza eccessiva col predecessore, la mancanza di una trama e di personaggi degni di nota e un’eccessiva lontananza dallo spirito dei primi capitoli della saga.

The Origami King

Ed eccoci arrivati a Paper Mario: The Origami King, ultimo capitolo della saga, uscito nel 2020 per Nintendo Switch. In questa nuova avventura Mario è alle prese col malvagio Re Olly, una sorta di Origami vivente. Durante la festa degli Origami, il nostro antagonista riesce a stregare la principessa Peach e a sigillare il suo castello. Accompagnato dalla sua nuova amica Olivia, anche lei un origami fatato, Mario avrà il compito di sciogliere il sigillo e fermare il malvagio monarca cartaceo.

Anche Origami King ripropone in gran parte la struttura già rodata dalla serie, con l’alternanza di esplorazione, enigmi e combattimenti. Sono però presenti diverse novità. Anzitutto, la struttura del gioco si presenta come una sorta di open world, con il villaggio centrale dei Toad a fare da hub e le varie aree del mondo che andranno progressivamente a sbloccarsi e saranno teatro delle varie fasi della trama. Il percorso resta dunque prestabilito, ma viene fornita al giocatore un’accessibilità molto maggiore alle varie aree di gioco. Per il resto Origami King ripropone un’esplorazione molto simile a quanto visto in Color Splash, con i coriandoli a fare le veci della vernice.

Molto diverso risulta invece il battle system, che unisce le meccaniche a turni ad una serie di puzzle. Prima di selezionare le azioni, infatti, Mario deve disporre nelle posizioni corrette i nemici. Essi appaiono su una serie di piattaforme mobili all’interno di un’arena circolare. Risolto il rompicapo, il giocatore può scegliere se attaccare con il martello, il tipico salto di Mario o attraverso una serie di oggetti. Sia in questa fase che durante il turno nemico, il giocatore può ricorrere ai classici comandi azione per limitare i danni subiti e massimizzare quelli causati.

Tornano anche i compagni di gioco, col compito di fornire a Mario una serie di abilità di supporto nell’esplorazione e nella risoluzione degli enigmi. Oltre ad Olivia, Mario incontrerà vari altri alleati, tra cui spiccano Kamek e lo stesso Bowser. Anche Origami King ha ricevuto un’accoglienza molto buona, realizzando ottime vendite sulla console ibrida della grande N.

Ora la parola passa a voi. avete giocato tutti i capitoli di questa particolare serie dedicata a Mario? Quali sono i vostri titoli preferiti? Avete apprezzato anche questo nuovo remake?

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Cosa sono i Metroidvania e cosa li contraddistingue

Metroidvania indica un genere ben preciso, in stile platform, preferibilmente 2D ma anche 3D all’occorrenze, con regole ormai consolidate basate sull’esplorazione libera e la necessità di sbloccare nuove abilità per andare avanti nell’avventura. Rispetto ai platform, di cui i Metroidvania possono essere considerati un sottogenere, la maggior parte dei Metroidvania richiede ai giocatori di attraversare un’unica, enorme mappa di gioco con la possibilità di imbattersi durante la propria esplorazione in sfide troppo difficili che imporranno al videogiocatore di tornare indietro per trovare nuovi potenziamenti per accedere ad aree che non potevano raggiungere in precedenza.

In questo articolo, vi racconteremo le origini e l’evoluzione dei Metroidvania, dai primi esempi fino ai titoli più moderni. Addentriamoci dunque insieme alla scoperta dei profondi meandri di un genere sicuramente di nicchia, ma ancora amatissimo il cui termine viene dall’unione dei titoli di due famose saghe, ovvero Metroid e Castlevania. Entrambi i primi capitoli di queste leggendarie serie comparvero su NES nel 1986. Dal momento che l’uscita del primo Metroid precedette di poche settimane Castlevania, parleremo prima di questo gioco.

Metroid

In Metroid il giocatore controlla la Samus Aran, cacciatrice di taglie armata di una tuta supertecnologica. Samus ha il compito di addentrarsi nei meandri del pianeta Xebes per fronteggiare i temibili pirati spaziali. I malvagi alieni stanno cercando di diffondere una pericolosa specie di parassiti spaziali, ovvero i metroid.

Il primo Metroid proponeva una struttura a scorrimento, con meccaniche che univano il genere platform con elementi sparatutto. Nel corso dell’avventura è molto importante sia effettuare i salti e superare gli ostacoli con il giusto tempismo sia sfruttare sapientemente le armi a disposizione per liberarsi delle orde di alieni nemici.

A sancire il successo di Metroid, oltre all’ottimo gameplay e alle atmosfere horror-fantascientifiche, insolite per un prodotto Nintendo, fu proprio la struttura del gioco. A differenza di molti altri prodotti, infatti, in Metroid il giocatore non avanza in maniera lineare attraverso una serie di livelli. Il pianeta Xebes infatti propone un’unica enorme area, che il videogiocatore deve esplorare fin nei minimi particolari. Per procedere nell’avventura occorre dunque un ottimo senso dell’orientamento ed un uso sapiente della mappa. A complicare le cose c’è anche l’inacessibilità, nelle prime fasi del gioco, di molte delle aree, che potranno essere sbloccate solo grazie all’ottenimento di nuove armi e abilità, come super missili, soppi salti ecc. Sebbene ancora molto acerbi, il primo Metroid presentava già numerosi degli elementi che sarebbero diventati tipici dei metroidvania.

Castlevania

Metroidvania

Solo due mesi dopo l’uscita di Metroid, Konami rilasciò per NES il primo capitolo di quella che sarebbe divenuta una delle sue saghe più famose, ovvero Castlevania. In questa avventura il giocatore accompagna il prode Simon Belmont nel suo attacco al castello di Dracula. Da bravo cacciatore di vampiri, il nostro Simon è equipaggiato di tutto punto. Oltre alla sua fida frusta Vampire Killer, infatti, il nostro eroe ha a disposizione un gran numero di armi, come asce, croci da lancio, boccette di acqua santa e non solo.

Pur riproponendo lo stesso mix di combattimento e piattaforme visto in Metroid, il titolo Konami presenta una struttura molto più lineare. Castelvania si snoda infatti attraverso sei livelli, ognuno con il suo Boss conclusivo. Simon deve farsi strada all’interno di ogni location a colpi di frusta, facendo attenzione sia ai numerosi ostacoli che alle miriadi di creature mostruose al servizio del nostro conte. Rispetto a Metroid, dunque, l’esplorazione passa decisamente in secondo piano ed è l’azione a farla da padrone.

Entrambi i nostri giochi godettero di un ottimo riscontro e diedero vita a due delle saghe di maggior successo dei primi anni novanta. Dopo un sequel su gameboy (Metroid 2: Return of Samus), la saga di Metroid trovò il suo capolavoro in Super Metroid, uscito nel 1994 su SNES. Castlevania invece ebbe prima una trilogia su NES, seguita da una serie di giochi usciti per SNES Mega Drive e PC Engine. Tra essi spicca il meraviglioso Super Castlevania 4 per SNES, che riproponeva la formula del capitolo originale elevandola all’ennesima potenza.

Sembrava quindi che le due saghe avrebbero proseguito la loro corsa parallelamente, con ben pochi elementi ad unirle. Tutto cambiò nel 1997.

Il primo Metroidvania

Nel marzo del 1997 vide infatti la luce, sulla prima Playstation, Castlevania: Symphony of the Night. In questo incredibile gioco il vestiamo i panni di Alucard, il figlio di Dracula, col compito di penetrare nuovamente nella magione del vampiresco genitore per far luce sui misteri che la avvolgono. Questa volta, però, il gioco non si svolge più in una serie di livelli lineari, ma presenta un’unica, enorme mappa, in maniera del tutto analoga a quanto visto nella saga di Metroid.

Nel corso dell’avventura, Alucard ha la possibilità di apprendere numerose abilità e di ottenere vari potenziamenti. Oltre che a rendere più semplici le battaglie contro i nemici, queste abilità consentono l’esplorazioni di tutte quelle aree che all’inizio del gioco risultavano precluse. Symohony of the Night, dunque, è riuscito ad unire insieme le atmosfere e le dinamiche action della saga di Castlevania con l’esplorazione e le meccaniche di avanzamento apparse nella saga di Metroid. Per questo motivo, nonostante stiamo parlando di un videogioco della serie Castlevania, Symphony of the Night è da molti considerato il primo metroidvania della storia.

L’evoluzione di un genere

Nel corso degli anni, il genere dei metroidvania si è ampliato, evoluto e allontanato dalle due saghe cui si ispirano, che hanno saldamente mantenuto le proprie caratteristiche. Da una parte, la saga di Metroid ha quasi sempre regalato grandi capolavori. Molti giochi della saga come, ad esempio Metroid Fusion o il più recente Metrodi Dread, hanno riproposto la struttura originale di Super Metroid, accompagnandola ad un comparto tecnico in costante aggiornamento e a numerose nuove idee.

Con la saga di Metroid Prime, invece, Nintendo ha tentato una strada diversa. Questa serie infatti unisce l’esplorazione e la scoperta di nuove abilità con una struttura completamente in 3D e le meccaniche tipiche di un FPS.

Minor fortuna invece ha avuto la saga di Castlevania (soprattutto a causa delle discutibili politiche di Konami). Dopo una serie di eccellenti titoli portatili (tra cui ricordiamo Aria of Sorrow o Circle of The Moon) e la dimenticabile saga Lords of Shadow, Konami ha preferito limitarsi a riproporre saltuariamente alcune collection con gli episodi più famosi della saga, spesso con veste grafica rinnovata.

I migliori metroidvania

Nel corso degli anni 2000, grazie soprattutto all’esplosione dei titoli indie, sono apparsi molti videogiochi che fondono le due saghe e hanno dato vita al genere dei metroidvania. Alcuni dei quali hanno raggiunto ottimi livelli di popolarità e successo.

Probabilmente la serie più popolare è Hollow Knight di Team Cherry e la saga di Ori di Moon Studios. Però, meritano certamente una menzione anche videogiochi come The Messenger, Guacamelee e Axiom Verge. Anche il recente Prince of Persia: The Lost Crown, di Ubisoft, presenta tutti i tratti caratteristici del genere metroidvania.

La cosa interessante è che tutti questi titoli, pur presentando realizzazioni tecniche all’avanguardia, hanno scelto di restare fedeli alla classica struttura bidimensionale. Una delle chiavi del successo dei metroidvania, che ha permesso a questo genere di crearsi uno zoccolo duro così forte di fan, sta proprio nella sua apparente semplicità. Per quanto spesso si tratti di giochi estremamente complessi ed articolati, infatti, quasi tutti i metroidvania hanno un’idea di fondo semplice nello stile di easy to learn, hard to master.

Oltre a questo la grafica bidimensionale, soprattutto se realizzata seguendo uno stile particolarmente originale ed artistico, esercita tutt’oggi un fascino speciale sui videogiocatori, che hanno come l’impressione di trovarsi davvero all’interno di un’opera d’arte.

Vedremo se, anche nei tempi futuri, il genere continuerà a mantenere il suo fascino e se il pubblico continuerà a premiarlo. Intanto possiamo prepararci tutti insieme ad accogliere Silksong, seguito di Hollow Knight. Vedremo se questo gioco saprà raccogliere l’eredità non solo del suo predecessore, ma di un intero genere che, per quanto ormai vetusto, sembra davvero non annoiare mai.

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Super Star Wars: la trilogia videoludica per Super Nintendo

Come ogni fan della saga di Star Wars che si rispetti saprà perfettamente, il 4 maggio ricorre lo Star Wars Day. Come ogni anno, i fan del celebre franchise cinematografico si riuniranno insieme in tutto il mondo per festeggiare questo meraviglioso universo immaginario attraverso numerosi eventi tematici.

Non potevamo certo restare indifferenti all’evento e per l’occasione abbiamo pensato di rispolverare per voi una delle trasposizioni più particolari della storia di Luke, Darth Vader e soci, ovvero la saga di Super Star Wars, uscita tra il 1992 e il 1995 sul leggendario Super Nintendo. Pur non essendo tra i giochi di Star Wars più conosciuti o di successo, i tre giochi di cui andremo a parlare sono estremamente divertenti ed interessanti. Speriamo che per tanti di voi rappresentino una bella scoperta e che il nostro articolo vi invogli a provarli!

Star Wars a 16 bit

Star Wars

La serie dedicata a Star Wars apparsa su SNES ad opera di LucasArts si ispira, naturalmente, alla trilogia cinematografica originale. I tre giochi, Super Star Wars, Super Star Wars: The Empire Strikes Back e Super Star Wars: Return of the Jedi ripropongono fedelmente le omonime pellicole. Pur presentando vari miglioramenti grafici e nei controlli, i tre titoli ripropongono esattamente la stessa formula, al punto da poter essere considerati un solo gioco diviso in tre parti.

Tutti e tre i videogiochi si presentano principalmente come degli sparatutto a scorrimento orizzontale. Facendo l’occhiolino a titoli come Ghouls and Ghost o Contra, la saga di Super Star Wars unisce elementi platform e shooter, ponendo il giocatore al centro di un’azione estremamente veloce e dinamica. Per giungere alla fine di ogni livello, sarà necessario sia evitare i numerosi ostacoli (pozze di lava, burroni e sabbie mobili) sia abbattere vere e proprie orde di nemici.

Ognuno dei personaggi che utilizziamo presenta caratteristiche uniche. Ad esempio Han Solo e Chewbacca dispongono di un’enorme potenza di fuoco a distanza, mentre Luke può ricorrere alla sua fida spada laser per sfoderare potenti attacchi ravvicinati. Nel corso dell’avventura utilizzeremo anche altri personaggi, ma preferiamo non rovinare la sorpresa a coloro che vorranno riscoprire questi giochi.

Azione cinematografica

Star Wars

Oltre alla frenesia e al divertimento offerto dal gameplay, il punto di forza di Super Star Wars è indubbiamente la grande fedeltà ai film da cui è tratta la trasposizione videoludica. I tre giochi infatti ripercorrono in maniera molto fedele praticamente tutte le scene principali dei tre film. Ogni ambientazione, dal pianeta ghiacciato di Hot fino alla lune di Endor, è riproposta con enorme cura e attenzione ai dettagli, anche dal punto di vista della musica e degli effetti sonori.

In base alla situazione proposta, i giochi proporranno anche delle variazioni significative al gameplay. Per esempio verso la fine di Super Star Wars il giocatore deve affrontare il famoso attacco alla Morte Nera. Questa sequenza si svolge nell’arco di due interi livelli. Nel primo controlleremo il nostro fido X-wing con una visuale posta alle spalle dell’astronave, utilizzando meccaniche tipiche di uno space shooter. Nel livello finale invece saremo trasportati direttamente all’interno dell’abitacolo con una visuale in prima persona.

I livelli presentano davvero una grande varietà di situazioni, mescolando meccaniche e tipologie di gioco. Questa grande varietà riesce a mantenere il giocatore sempre coinvolto, senza mai annoiarlo. Anche il sistema di controllo si adatta bene ai diversi livelli, proponendo una giocabilità sempre all’altezza della situazione. Unica pecca il livello di difficoltà, che a volte raggiunge vette piuttosto alte, soprattutto a causa di alcuni elementi frustranti, come piattaforme nascoste, ostacoli trappole che si palesano senza preavviso e nemici spesso fin troppo coriacei.

Atmosfere Spaziali

Come già accennato, a rendere davvero speciale questa trilogia non è tanto il divertimento e la sfida che sa offrire, quanto la maniera magistrale con cui questi giochi riproducono le esatte atmosfere dei film. Oltre all’ottima resa grafica, che sa fondere in maniera encomiabile i film di Lucas con la realtà delle sale giochi anni 90, merita certamente un grande plauso il sonoro.

Non solo le musiche riproducono fedelmente tutte le tracce principali dei film in salsa 16 bit, ma tutti gli effetti sonori, dal rumore dei laser all’iconico suono delle spade laser, sono stati riprodotti con cura davvero maniacale. Un lavoro ancora più incredibile se si pensa agli anni in chi questi giochi sono stati prodotti. Per fare un esempio, durante i vari scontri con Darth Vader saremo sempre accompagnati, oltre che dalla musica, dall’inquietante suono del suo respiro. Nella battaglia finale contro l’imperatore, invece, saremo costantemente provocati dalle sue odiose risate.

Meritano una menzione anche i meravigliosi boss di fine livello, anch’essi ispirati a tutti i vari antagonisti affrontati nei film, seppur con qualche licenza. Questi temibili avversari presentano spesso delle dimensioni volutamente esagerate, scelta che evidenzia ulteriormente la lor pericolosità. Una menzione particolare merita il Wampa gigante che andremo ad affrontare in Super Empire Strikes Back, che ha fatto saltare dalla sedia più di un giocatore alla sua comparsa.

Una piccola gemma nell’universo di Star Wars

La trilogia di Super Star Wars ricevette un’ottima accoglienza. Il primo capitolo fu premiato come miglior “Action/Adventure Game” e “Best Movie-to-Game” del 1992 da Electronic Gaming Monthly. Super Return of the Jedi invece ricevette il premio come “Best Movie-to-Game” del 1994 da Electronic Gaming Monthly, mentre EGM lo premiò come “Best Game Gear Game” del 1995.

Nonostante i premi, Super Stars Wars non ha certamente avuto l’impatto di giochi come Knights of The Old Republic o Battlefront. Tuttavia, offrì una serie di spunti e idee che, con molta probabilità, ebbero una piccola influenza anche sulla saga cinematografica. Ad esempio il modo in cui Luke salta facendo roteare intorno a se la spada laser verrà riprodotto in maniera quasi identica in molti dei film successivi all’interno dei vari duelli a base di spade laser. Se proprio non si tratta di capolavori assoluti, questi tre giochi sono comunque eccellenti avventure action in grado di regalare ancora oggi ore e ore di divertimento. Se non li avete mai provati, questo Star Wars Day può essere un’ottima occasione per rimediare.

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Paper Mario: Il portale millenario, ecco perchè girerà a 30 fps

Manca ormai meno di un mese all’uscita di Paper Mario: Il portale millenario, remake del classico RPG uscito nel 2004 per Nintendo Gamecube. Già da qualche giorno, Nintendo ha confermato che il gioco girerà a 30 fps e non a 60. Come prevedibile, la notizia ha destato qualche perplessità nei giocatori.

A spezzare una lancia a favore della scelta degli sviluppatori è intervenuto Abebe Tinari, game designer responsabile di Bayonetta Origins: Cereza and the Lost Demon. In una serie di tweet, lo sviluppatore ha spiegato come la scelta dei 60 fps spesso comporti il rischio di perdere la fedeltà visiva all’opera originale.

Tinari spiega come lui e il suo team avessero a lungo cercato di adattare il loro gioco ai 60 fps stabili, ma che questi rendevano lo scenario della foresta fin troppo diverso dalla versione originale. In pratica, la scelta dei 30 fps sarebbe una precisa scelta stilistica e non di semplice pigrizia o di limiti imposti dall’hardware. Come sintetizza bene Tinari:

La parte più difficile nello sviluppo di un gioco è scegliere a cosa dare la priorità. Tutto ha un costo, sia in termini di tempo per implementarlo, sia in termini di tempo di elaborazione quando il gioco è in esecuzione. Alla fine, semplicemente, non si può avere tutto.

Abebe Tinari

Non resta ora che attendere per sapere se la scelta effettuata da Nintendo incontrerà il favore dei fan, che potranno giocare Paper Mario: Il portale millenario a partire dal 23 maggio 2024 solo su Nintendo Switch.

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Sand Land, il videogioco è stato elogiato anche da Akira Toriyama

Come ormai tutti saprete, Akira Toriyama, leggendario mangaka creatore di Dragon Ball, è tragicamente scomparso lo scorso primo marzo. Immagino che molti di voi sappiano anche che il famosissimo manga con protagonista Son Goku non è stata l’unica opera creata dal maestro. Forse non tutti però conoscete Sand Land, un manga di Toriyama apparso per la prima volta nell’ormai lontano 2000.

Quest’opera, ambientata in una sorta di mondo post-apocalittico a sfondo desertico, racconta le vicissitudini di Beelzebub, principe dei demoni dal carattere spavaldo ma dall’indole benevola. Scopo iniziale del nostro diavoletto e dei suoi compagni, tra cui spicca lo sceriffo umano Rao, è la ricerca dell’acqua, divenuta un bene inestimabile nel mondo di Sand Land.

La serie, che inizialmente aveva ottenuto un successo solo parziale, sta ora vivendo una seconda giovinezza. Merito di questo ritorno alla ribalta è certamente la serie animata rilasciata da poche settimane da Disney plus, a sua volta adattamento di una versione cinematografia di Sand Land uscita in Giappone nel 2023.

Proprio questa serie ha goduto anche di una trasposizione videoludica, uscita da pochissimi giorni su tutte le principali piattaforme. Il gioco ha ricevuto un’accoglienza generalmente positiva ed è stat piuttosto apprezzato dai fan.

Ebbene, lo stesso Toriyama, prima di morire, aveva avuto occasione di visionare il prodotto e ne era rimasto favorevolmente impressionato. A rivelarcelo è una lettera postuma, risalente al gennaio 2024. Ecco il testo integrale del messaggio di Toriyama, seguito dalla traduzione:

“Non ho ancora visto tutto il gameplay. Comunque sia, espande enormemente la visione del mondo del manga originale con molti nuovi elementi incredibili Come gioco autonomo è di grande qualità e posso dirvi che si tratta di un gioco di ruolo d’azione davvero soddisfacente!

Prima di tutto, la grafica mostra un equilibrio eccellente tra l’atmosfera del manga e il suo stile. La rappresentazione sembra bellissima. Il gioco vi offrirà un’esperienza emozionante con un genuino senso del design e di attenzione ai dettagli, dai nuovi veicoli, alle varie opzioni di personalizzazione, fino agli sfondi!

Nel gioco non c’è solo il mondo di Sand Land, ma anche un nuovo mondo chiamato Forest Land, con nuovi personaggi non presenti nel manga. Potrete divertirvi con una storia più corposa e una vasta mappa da esplorare nei panni del Flend Prince.

Di mio riesco a giocare solo a titoli casual, ma guardo sempre a cosa gioca la mia famiglia e credo di capirne qualcosa, anche essendo ormai vecchio. Mi sento davvero di consigliarvi il videogioco di Sand Land.”

Un giudizio dunque davvero lusinghiero e toccante, che regala davvero una bella pubblicità al nuovo titolo Bandai Namco. E voi? Avete già avuto modo di provare Sand Land? Se si, cosa ne pensate?

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Dragon Ball: tutti i giochi della serie Budokai Tenkaichi

Se c’è una serie videoludica dedicata all’opera magna di Akira Toriyama che più di ogni altra è rimasta nei cuori dei videogiocatori, questa è sicuramente la saga di Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi. Fin dall’uscita del primo capitolo, questi picchiaduro sono infatti riusciti ad ottenere grandi consensi da parte dei fan del manga e dell’anime.

Forse non tutti lo sanno, ma il nuovissimo Dragon Ball Z: Sparking! Zero, di prossima uscita, altro non è che il quarto capitolo di questa fortunata serie. In attesa dell’arrivo di Zero, la cui uscita è prevista per il 2024, prendiamo la nostra capsula del tempo e lanciamoci alla riscoperta di tutti i capitoli di Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi.

Da Budokai a Tenkaichi

Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi 1

Come abbiamo più volte avuto modo di ricordare, la storia tra Dragon Ball e il medium videoludico è stata tutt’altro che idilliaca. A parte poche eccezioni, era davvero raro che i giochi dedicati alla saga di Goku e compagni fossero titoli davvero validi o memorabili.

Le cose iniziarono a cambiare con l’arrivo della serie Dragon Ball Z: Budokai, da non confondere proprio con Budokai Tenkaichi, infausto nome occidentale di Dragon Ball Z: Sparking. Budokai è stata una trilogia dei picchiaduro 3D, pubblicata da Bandai e Atari e sviluppata da Dims per PlayStation 2, antecedente a Sparking/Budokai Tenkaichi, che riuscì finalmente a donare ai fan di Goku e soci dei giochi divertenti, ben realizzati e con una personalità ben definita. In particolare, il terzo capitolo della saga, uscito nel 2004 sempre su PS2, si rivelò un titolo davvero di tutto rispetto.

Molti giocatori, compreso il sottoscritto, a suo tempo rimasero sorpresi all’annuncio dell’arrivo di un nuovo titolo dedicato a Dragon Ball, Budokai Tenkaichi per l’appunto, che sarebbe uscito a meno di un anno di distanza da Budokai 3. Fin dai primi trailer, tuttavia, risultò chiaro che il nuovo gioco, stavolta sviluppato da Spike, sarebbe stato molto diverso da ciò a cui i fan erano abituati.

Un nuovo stile di lotta

Quando, nell’ottobre 2005, uscì Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi queste impressioni vennero confermate. Con Tenkaichi, infatti, gli sviluppatori decisero di rompere gli schemi, proponendo qualcosa di diverso da un tradizionale picchiaduro 3D. La visuale di gioco era infatti posta alle spalle del proprio lottatore, che poteva muoversi liberamente all’interno degli scenari 3D. Naturalmente, trattandosi di Dragon Ball, ogni lottatore aveva anche la capacità di volare, aspetto che andava ad aumentare ulteriormente la libertà di movimento.

Ogni personaggio disponeva di una serie di semplici attacchi. Un pulsante per gli attacchi veloci, uno per quelli potenti, uno per gli attacchi energetici ed uno per la difesa. Gli attacchi potevano essere combinati fra loro con grande facilità, permettendo anche ai neofiti di esibirsi in spettacolari combo. Anche l’esecuzione delle mosse speciali era estremamente semplice e necessitava solamente della pressione di un tasto dorsale accompagnato dal tasto triangolo e dalla croce direzionale (a patto, ovviamente, di disporre del Ki necessario).

Questa formula di gioco, denominata picchiaduro arena, avrebbe riscosso un ottimo successo tra i giocatori e sarebbe stata riproposta da numerose altre produzioni. Pur venendo molto apprezzato dai giocatori occasionali, questo stile fa tutt’oggi storcere il naso ai puristi del picchiaduro. Le critiche maggiori che normalmente vengono rivolte sono l’eccessiva somiglianza tra i lottatori e l’enorme sproporzione di potenza che esiste tra gli stessi. Sebbene ogni personaggio abbia le sue mosse speciali peculiari, le mosse base tendono ad essere molti simili tra un personaggio e l’altro. Una volta imparato ad utilizzare un lottatore, passare ad un altro è relativamente semplice. Anche gli attacchi speciali, sebbene presentino animazioni diverse, tendevano a somigliarsi molto.

Un piatto molto ricco

Oltre alla sua originalità, il grande punto di forza di Tenkaichi è senz’altro l’altissimo numero di personaggi selezionabili. Erano più di cinquanta, infatti, i lottatori selezionabili. Ad aggiungere ulteriore carne al fuoco c’erano naturalmente le mitiche trasformazioni. Queste ultime, come già accaduto in Budokai, non si concretizzavano in nuovi personaggi selezionabili, ma potevano essere sbloccate durante lo scontro, a patto di possedere il ki necessario. Fecero per la prima volta il loro esordio anche le trasformazioni in gorilla giganti (Oozaru in giapponese).

Anche per quanto riguarda gli stage, Spike fece davvero un buon lavoro, proponendo numerosi scenari che riproducevano fedelmente le ambientazioni dell’anime. Inoltre, molti degli elementi degli scenari erano distruttibili, mentre le super potevano addirittura alterare totalmente lo scenario. Tenkaichi offriva anche un buon numero di modalità di gioco, tra cui spiccavano Portale Z (ovvero la modalità storia), la battaglia suprema e il torneo mondiale.

Grazie a tutti questi elementi, Tenkaichi riuscì ad ottenere ottimi risultati di vendite. Il gioco tuttavia non riuscì ad ottenere un consenso altrettanto unanime da parte della critica, soprattutto sotto l’aspetto del gameplay, ritenuto troppo acerbo e macchinoso. I buoni risultati ottenuti da Spike aprirono tuttavia le porte ad un sequel, che si materializzò nel novembre 2006, sempre per PlayStation 2 e Nintendo Wii.

Più grande, più forte, più veloce

Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi 2

Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi 2 (titolo originale Dragon Ball Z Sparking Neo) riproponeva in tutto e per tutto gli elementi vincenti del suo predecessore, riuscendo nel contempo a migliorare ogni suo aspetto.

La grafica appariva molto più dettagliata e piacevole da vedere, soprattutto per quanto riguarda i personaggi. I Guerrieri Z e i loro avversari apparivano ora molto più somiglianti alle controparti animate, specialmente nei loro visi. Anche la giocabilità era stata aggiornata, con un sistema di lotta molto più fluido e veloce e la possibilità di effettuare combo più complesse ed articolate. Venne inserita anche la possibilità di effettuati scontri a squadre, con un massimo di cinque lottatori per team.

Naturalmente, anche il roster fu ampliato, andando ad aggiungere numerosi personaggi tratti dai film e dalle ultime saghe di Dragon Ball GT, per arrivare ad un numero complessivo di ben 75 personaggi, senza contare le varie trasformazioni. Da notare l’inserimento di numerosi personaggi giganti, in grado di offrire sfide davvero impegnative, soprattutto per i neofiti.

Rimanevano piuttosto invariate le modalità di gioco, con l’Avventura del Drago che sostituiva il Portale Z. In questa nuova modalità, soddisfacendo alcune condizioni particolari durante lo scontro, il giocatore aveva la possibilità di sbloccare alcune battaglie inedite. Si trattava di veri e propri What If, che andavano a modificare la trama originale proponendo scenari originali (spesso, a dire la verità, abbastanza poco credibili). Questa nuova modalità venne in generale molto apprezzata, perché mostrava finalmente qualcosa di inedito ed originale.

Budokai Tenkaichi 2, pur non riuscendo a conquistare la critica all’unanimità, soprattutto a causa del gameplay, ancora piuttosto ridondante e ripetitivo, venne molto apprezzato dai giocatori. La serie Tenkaichi era riuscita a costruirsi un nome e si erano create le condizioni per realizzare un ulteriore episodio.

Il Tenkaichi God

Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi 3

L’anno successivo, tra l’ottobre e il novembre del 2007, ecco arrivare, sempre per PS2 e Nintendo Wii, Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi 3, capitolo definitivo (almeno finora) della trilogia. Anche in questo caso, Spike decise di non apportare stravolgimenti eccessivi al gioco, limitandosi a limare e ingrandire quel che ancora poteva essere migliorato.

Il roster venne ulteriormente ampliato, al punto che, contando le trasformazioni, il giocatore aveva a disposizione ben 161 personaggi, un numero davvero impressionante. Anche la grafica venne ulteriormente rifinita, soprattutto per quanto concerne la fluidità delle animazioni. Una gradevole novità è costituita dallo scorrere del tempo durante gli scontri, che causava transizioni dal giorno alla notte all’interno degli stage. Questi cambi potevano avere persino conseguenze sui lottatori (come con le trasformazioni in scimmia dei lottatori).

A livello di gameplay, vennero inseriti una nuova serie di attacchi, che sfruttavano in modo più profondo la barra del Ki, come le Blast Combo e le Z Counter, che sfruttavano il teletrsporto come arma sia offensiva che difensiva. Oltre alle consuete modalità, fa la sua comparsa il combattimento libero con punti distruzione. In pratica, ogni lottatore del roster aveva un differente valore in base alla sua forza. Stava al giocatore saper assemblare squadre bilanciate per numero e forza dei lottatori. Su Wii fece la sua comparsa anche una modalità online, purtroppo afflitta da frequenti disconnessioni e alti livelli di latenza.

D’altro canto la Modalità Storia fu abbreviata e suddivisa solo negli episodi principali delle varie saghe. Le novità principali consistevano nella possibilità di giocare alcune missioni nei panni dei cattivi e in una serie di episodi inediti, molto simili ai what if apparsi nell’episodio differente.

Anche questa volta, nonostante le recensioni piuttosto altalenanti, il gioco ottenne un ottimo successo, con oltre 700.000 copie vendute. Pur venendo generalmente riconosciuto come l’episodio migliore della saga, diversi giocatori criticarono la modalità storia fin troppo breve e la scarsità di vere innovazioni rispetto a Budokai 2.

Il futuro della saga

Dopo Tenkaichi 3 non venne rilasciato più nessun episodio della serie. Tuttavia, l’influenza della serie Sparking è rimasta sempre molto forte. Moltissimi dei giochi successivi dedicati a Dragon Ball, infatti, presero più di un’ispirazione dalla saga di Spike, come ad esempio la serie Raging Blast e Xenoverse.

Ora non rimane che attendere Sparking! Zero. Bandai Namco ha già rilasciato numerosi trailer e video dedicati al gioco. Le prime impressioni mostrano una grafica davvero spettacolare, ormai quasi indistinguibile da un vero anime. Anche la fluidità e velocità dell’azione sembrano davvero elevate. Per la gioia dei fan, questi primi gameplay sembrano mostrare uno stile di gioco molto vicino a quello della saga originale.

Vedremo se il nuovo capitolo saprà essere degno dell’eredità legata al nome che porta. Chissà, magari Zero potrebbe addirittura rivelarsi il miglior episodio della saga!

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Editoriali

I 10 migliori videogiochi di Dragon Ball

Nonostante siano passate più di un mese dalla morte di Akira Toriyama, sono ancora molti i fan che non riescono a capacitarsi del triste evento. É innegabile che il celebre fumettista, nel corso della sua leggendaria carriera, abbia esercitato un’enorme influenza sull’immaginario collettivo e sul successo dei manga nel mondo. Dragon Ball, in particolare, è diventato un vero e proprio fenomeno planetario. Oltre ad aver fissato i canoni del genere battle Shonen, l’epopea di Son Goku e compagni ha raggiunto livelli di successo e di diffusione davvero incredibili. É davvero difficile trovare persone che non abbiano mai visto o letto Dragon Ball o che non sappiano di cosa si tratti.

Anche il mondo dei videogiochi ha visto susseguirsi, nel corso degli anni, un numero enorme di videogiochi dedicati a Dragon Ball, sparpagliati un po’ su tutte le piattaforme, dalle ormai vetuste console a 8 bit fino ai sistemi attuali. Sebbene molti di questi giochi siano tutt’altro che memorabili, Dragon Ball ha avuto anche diverse trasposizioni di ottima qualità.

Per fornire una guida a chi volesse riscoprire questi giochi e allo stesso tempo onorare ancora una volta la memoria di Toriyama, abbiamo deciso di stillare una classifica su quelli che secondo noi sono i migliori videogiochi di Dragon Ball mai prodotti. Carichiamo la nostra aura e lanciamoci insieme in questa avventura!

10. Dragon Ball Z: The Legend

Videogiochi Dragon Ball: The Legend

Diciamoci la verità: i videogiochi di Dragon Ball dell’era 32 bit sono stati tutt’altro che dei capolavori. In mezzo ai vari picchiaduro a incontri più o meno decenti, però, Dragonball Z: The Legend (il cui titolo originale è Dragon Ball Z: Idainaru Dragon Ball Densetsu) è il gioco che più di ogni altro è riuscito a lasciare il segno.

Sebbene The Legend presenti una qualità grafica decisamente bassa per gli standard della prima Playstation e un sistema di controllo piuttosto limitato ed ostico, il gioco riesce comunque a farsi apprezzare per l’originalità del suo gameplay. Si tratta infatti del primo gioco dedicato a Dragon Ball che ha proposto la formula delle battaglie a squadre in un campo aperto tridimensionale, una formula che darà vita in futuro al genere dei picchiaduro arena. Questa struttura, sebbene non sfruttata appieno dal titolo, avrà grande importanza per l’evoluzione dei giochi futuri, per esempio con la serie Budokai Tenkaichi.

The Legend proponeva, inoltre, un roster estremamente vasto e una modalità storia davvero curata, che riproponeva fedelmente tutti gli scontri chiave della più famosa ed apprezzata parte della saga di Toriyama. Anche la resa delle mosse speciali risultava in alcuni casi davvero ben fatta e spettacolare.

Il sistema di controllo del gioco, già limitati ai tempi, oggi risulta davvero legnoso, ma, se siete fan del retrogaming e della saga Dragon Ball Z, potete dargli una chance. Potreste restare piacevolmente sorpresi.

9. Dragon Ball Z: Hyper Dimension

Videogiochi Dragon Ball: Hyper Dimension

Spostiamoci nel mondo dei 16 bit. Uno dei generi più popolari in assoluto per questi sistemi è stato indubbiamente il picchiaduro ad incontri. Essendo Dragon Ball incentrato prevalentemente sui combattimenti, l’opera di Toriyama si è sempre prestata bene per questo genere di trasposizioni. Purtroppo la maggior parte dei videogiochi di lotta dedicati a Dragon Ball era decisamente deludente. Anche la serie più famosa, denominata Dragon Ball Z: Super Butōden risultava davvero carente sia sul lato tecnico che su quello della giocabilità.

Nel 1996, proprio verso la fine dell’arco di vita del glorioso SNES, ha fatto la sua apparizione Dragon Ball Z: Hyper Dimension. Questo gioco prendeva tutto quanto visto di buono nella serie Butōden, riuscendo allo stesso tempo a migliorarlo. Gli sprite dei personaggi, le animazioni e gli sfondi sono davvero di buona qualità e riproducono fedelmente la grafica dell’anime. Anche il gameplay risulta divertente e coinvolgente, con un gran numero di mosse a disposizione di ogni personaggi ed un sistema di super davvero spettacolari e fedeli all’anime.

Non si tratta certamente di un capolavoro, vista anche la presenza di soli dieci personaggi giocabili. Tuttavia, se amate i picchiaduro 2D e siete fan di Dragon Ball potete tranquillamente concedere qualche partite ad Hyper Dimension.

8. Dragonball: Advanced Adventure

Per il prossimo gioco dobbiamo spostarci nel mondo delle console portatili. Dragon Ball: Advanced Adventure, uscito nel 2004 per GBA, si concentra sulla prima parte del manga di Dragon Ball, quella, per capirci, dedicata a Goku bambino.

Dimps, la casa produttrice, propone un interessante avventura action che unisce sapientemente elementi presi sia dai classici platform che dai picchiaduro a scorrimento. Il risultato è un gioco dinamico e colorato che ripropone molto fedelmente la prima serie di Dragon Ball regalando anche numerosi extra, tra cui la possibilità di giocare anche nei panni di molti dei nemici, boss compresi.

Anche per quanto concerne il comparto tecnico, Advanced Adventure non delude, grazie ad una grafica pulita e colorata e ad un set di animazioni estremamente fluido e veloce. Un gioco davvero ben fatto e divertente. Se non lo avete mai provato e ne avete l’occasione recuperatelo. Potrebbe valerne la pena anche se non siete fan di Goku e compagni.

7. Dragon Ball Z: L’attacco dei Saiyan

Oltre ai picchiaduro, Dragon Ball ha saputo ispirare, soprattutto nel mercato giapponese, un enorme numero di RPG. Anche in questo caso, purtroppo, molti dei risultati sono stati a dir poco deludenti. Tra i pochi videogiochi di ruolo davvero validi dedicati a Dragon Ball ricordiamo Dragon Ball Z: l’Attacco dei Saiyan.

Uscito nel 2009 per Nintendo DS, l’Attacco propone un classico JRPG che alterna fasi di esplorazione e dialogo a numerosi scontri gestiti da un trdiazionale sistema a turni, molto simile a quello visto, per esempio, in Final Fantasy. Questo gioco compie anche la particolare scelta di concentrarsi su un arco narrativo molto ridotto, che va dal ventitreesimo torneo Tenkaichi (con la sfida tra Goku e Piccolo) alla leggendaria battaglia tra Goku e Vegeta. I programmatori, probabilmente, hanno voluto lasciarsi aperta la porta per uno o più seguiti, purtroppo mai realizzati.

Per riempire le ore di gioco, l’Attacco propone un enorme numero di eventi extra, che spesso coinvolgono anche molti dei personaggi secondari. La trama di questi eventi filler tuttavia risulta quasi sempre gradevole e riesce a coinvolgere e non annoiare il giocatore. Anche il battle system è ben calibrato ed unisce strategia e abilità, dal momento che in varie occasioni il giocatore è chiamato d eseguire piccoli quick time event per limitare i danni subiti o accrescere quelli causati. Anche la grafica risulta piacevole e curata, soprattutto nelle fasi di combattimento.

Un gioco di ruolo davvero ben fatto, intrigante e divertente, che tutti gli amanti del genere dovrebbero sperimentare.

6. Dragon Ball Z: Extreme Butōden

Rimaniamo nel mondo delle portatili per parlare di uno dei migliori picchiaduro 2D dedicati a Dragon Ball. Extreme Butōden, realizzato dalle sapienti mani del Team Arc System e uscito nel 2015 per 3DS, riprende tutti gli elementi caratteristici della vecchia saga Butōden. Nel gioco è infatti possibile volare e sfruttare la propria barra del Ki per eseguire i numerosi attacchi speciali dei nostri protagonisti.

A proposito di protagonisti, Butōden offre più di 100 personaggi, suddivisi tra personaggi giocabili e di supporto. Questi ultimi non possono essere controllati direttamente, ma vengono richiamati dal giocatore per eseguire alcuni attacchi speciali.

Extreme Butōden presenta una veste grafica davvero accattivante e bella da vedere, limitata solo dalle piccole dimensioni dello schermo del 3ds. Cosa ancora più importante, il gioco risulta dannatamente divertente e giocabile, con uno stile veloce e frenetico che fa della maestria nelle combo il suo punto di forza.

Se siete possessori di un 3DS e avete mancato questa piccola chicca correte senza remore a recuperarla. Siamo certi che non ve ne pentirete!

5. Dragon Ball Z: Kakarot

Ed eccoci arrivati alla top five! Alla quinta posizione troviamo uno dei videogiochi di Dragon Ball più recenti in assoluto. uscito nel 2020 per praticamente tutte le piattaforme principali, Kakarot ripropone tutte le vicende principali di Dragon Ball Z, presentando anche numerosi scenari originali.

Il videogame presenta un sistema di gioco piuttosto inedito, mostrandosi come un’avventura tridimensionale open world. Kakarot, tuttavia, possiede anche numerosi elementi tipici dei giochi di ruolo, dal momento che è possibile salire di livello e scegliere tra le numerose abilità che vengono sbloccate nel corso dell’avventura.

I combattimenti in tempo reale, pur presentando praticamente tutti gli attacchi e le abilità tipiche di ogni personaggio, non risultano particolarmente frizzanti o originali. Tuttavia, l’ottima realizzazione tecnica di kakarot e la grande cura con cui è stata resa la trama hanno permesso a questo gioco di ritagliarsi un posto nel cuore di numerosi fan.

4. Dragon Ball Xenoverse

Videogiochi Dragon Ball: Xenoverse

La stessa natura ibrida di Kakarot, a metà fra picchiaduro e gioco di ruolo, è presente anche nella fortunata saga Xenoverse. In questa serie targata Dimps, il cui primo episodio risale al 2015, il giocatore veste i panni di un avatar, membro onorario della pattuglia temporale. Compito del protagonista è vegliare sul regolare svolgimento degli eventi, messo in pericolo da una serie di nuovi e potenti malvagi.

Il nostro avatar sarà totalmente personalizzabile, anche per quanto riguarda la razza di appartenenza e le abilità. Questo concept, anche se non originalissimo, regala una ventata di aria fresca e permette agli sviluppatori di proporre scenari e intrecci di trama inediti. La storia è infatti il punto di forza di Xenoverse, dal momento che unisce gli scenari più famosi della saga di Dragon Ball ad una storia nuova, con diversi personaggi creati per l’occasione.

Dal punto di vista tecnico, Xenoverse risulta sicuramente godibile ed estremamente dettagliato. Non impeccabile invece il sistema di combattimento, che tende a risultare un po’ ostico e talvolta ripetitivo. Oltre al nostro avatar, il gioco mette a disposizione una miriade di personaggi e di loro varianti. Spesso tuttavia i vari protagonisti tendono a risultare piuttosto simili, fatta eccezione per colpi segreti ed abilità varie.

Nonostante queste pecche, Xenoverse resta un gioco validissimo, consigliatissimo a tutti i fan di Dragon Ball. Sebbene Xenoverse 2 risulti tecnicamente superiore all’originale, abbiamo scelto di premiare il primo capitolo in virtù delle novità che ha saputo introdurre e della sua trama, che abbiamo apprezzato leggermente di più rispetto al sequel.

3. Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi 3

Medaglia di bronzo per uno dei videogiochi di Dragon Ball più famosi in assoluto. La saga Budokai Tenkaichi ha di fatto inventato il genere dei picchiaduro arena per come li conosciamo oggi. In questa serie infatti i lottatori possono spostarsi liberamente all’interno delle ambientazioni 3D. Questo stile di gioco, pur facendo, in genere, storcere il naso ai puristi, presenta scontri davvero spettacolari e, in generale, molto simili a quelli ammirati negli anime.

Principale punto di forza di questa saga è certamente il numero spropositato di personaggi, tratti un po’ da tutto il mondo di Dragon Ball. Ogni personaggio dispone di tutte le trasformazioni e abilità apparse nell’anime, conferendo a Tenkaichi una varietà davvero enorme. Anche il sistema di controllo è estremamente semplice ed accessibile e permette anche ai non amanti del genere picchiaduro di apprezzare Tenkaichi .

Anche in questo caso, non parliamo di un gioco perfetto. I personaggi, nonostante il loro numero elevatissimo, tendono a somigliarsi tutti e la disparità di forza tra loro è più che evidente. Una volta padroneggiato uno, non risulta difficile passare ad un altro. Anche le modalità di gioco non brillano per originalità e varietà. Nonostante questo, però, siamo di fronte ad un gioco estremamente divertente e completo, che ha saputo ottenere enormi consensi tra gli appassionati di Dragon Ball.

Abbiamo scelto di premiare il terzo episodio, apparso nel 2007 su PS2 e WII, perché è quello col comparto tecnico più raffinato e che propone il maggior numero di personaggi. Davvero incredibile il numero di mod che ancora oggi vengono realizzate per questo titolo!

2. Dragon Ball Z: Budokai 3

Videogiochi Dragon Ball: Budokai 3

Ed eccoci finalmente alla saga che ha permesso ai videogiochi dedicati a Dragonball di compiere il salto di qualità. La serie Budokai riesce nell’impresa di unire le meccaniche e la profondità di un picchiaduro 3D tradizionale con gli elementi più caratteristici delle battaglie di Dragon Ball. Mentre il primo episodio risulta un esperimento riuscito solo a metà, il secondo e soprattutto il terzo capitolo sono ancora oggi due ottimi picchiaduro.

Pur mostrandosi come un gioco piuttosto accessibile, anche grazie alla facilità di esecuzione delle mosse speciali, Budokai 3 presenta un sistema di combo, basato sulla possibilità di cancellare gli attacchi, appetibile anche per gli esperti del genere vista la sua complessità. Sempre questa serie offre per la prima volta la possibilità ai nostri personaggi di trasformarsi durante lo scontro, senza limitarsi a proporre infinite varianti dello stesso lottatore.

Il videogame presenta inoltre un interessante sistema di gestione delle abilità, basato sulle capsule, che offre un buon livello di personalizzazione del proprio lottatore. Anche la varietà è garantita da un buon numero di modalità e dalla possibilità di affrontare la modalità storia con numerosi lottatori diversi. Completa il quadro un ottimo cell-shading, che conferisce alla grafica 3d poligonale un aspetto più vicino a quella di un anime.

1. Dragon Ball Fighterz

Videogiochi Dragon Ball: FighterZ

E vince la nostra classifica il capolavoro di Arc system! C’è davvero poco da aggiungere su questo bellissimo picchiaduro 2D, uscito nel 2018 su tutte le principali piattaforme. Non è esagerato definire Fighterz il gioco di Dragon Ball perfetto.

Una grafica 2D semplicemente splendida, davvero simile ad un anime interattivo. Un sistema di controllo pulitissimo e profondo, che regala battaglie accanitissime a base di combo forsennate. Una meccanica di lotta a squadre calibrata al millimetro, con decine di combinazioni e strategie possibili. Quelli elencati finora sono solo alcuni dei punti di forza di questo gioco.

Anche dal punto di vista delle modalità e della varietà, Fighterz propone un’offerta davvero ricca ed appetibile. Unico neo del gioco è proprio la sua natura di picchiaduro tradizionale competitivo, che può non essere apprezzata dai fan più casual. Potete approfondire ulteriormente il gioco sulla nostra recensione, scritta in occasione dell’ultimo aggiornamento di Fighterz.

Ed ora, come sempre, a voi la parola! C’è qualche gioco che non avete trovato e vorreste segnalarci? Siete in disaccordo con le nostre posizioni? Fatecelo sapere nei commenti!

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Dragon Ball FighterZ per PS5 – Recensione

Da pochi giorni Arc System ha rilasciato l’aggiornamento definitivo per Dragon Ball FighterZ e lo ha presentato come se si trattasse a tutti gli effetti dell’uscita della versione PlayStation 5 e Xbox Series S/X del popolare picchiaduro. Abbiamo approfittato di questo momento, che prevede miglioramenti grafici e l’aggiunta del rollback netcode per portare la nostra recensione di Dragon Ball FighterZ sul blog, con un provato della versione next-gen su PlayStation 5.

Scopriamo come è andata e nel farlo ci stringiamo nel cordoglio per la recente scomparsa del creatore di Dragon Ball, il maestro Akira Toriyama.

Le origini

Dragonball fighterz

Fin dalla sua uscita, nell’ormai lontano febbraio del 2018, Dragon Ball FighterZ si era proposto un compito davvero arduo: regalare finalmente a tutti i fan del fortunato franchise di Akira Toriyama un picchiaduro competitivo degno del nome di Dragon Ball.

Dopo il successo di serie come Budokai Tenkaichi e Xenoverse, infatti, sembrava proprio che il destino di Dragoin Ball nel mondo dei videogiochi fosse legato a giochi di combattimento sui generis, con tonnellate di personaggi utilizzabili e la possibilità di spostarsi liberamente all’interno di aree di gioco tridimensionali.

Sorprendentemente, Bandai Namco ha invece deciso di rivolgersi ad un team esperto e affidabile come Arc System Works per realizzare un picchiaduro 2D a incontri “tradizionale”. L’obiettivo dichiarato del progetto era realizzare un gioco non solo valido dal punto di vista tecnico, ma che fosse in grado di imporsi nel panorama competitivo dei giochi di lotta, da sempre molto caldo ed affollato. Che dire? I ragazzi di Arc System hanno portato a termine la loro missione in maniera davvero egregia.

Un anime interattivo

Dragon Ball FighterZ recensione: Goku vs Majin Bu

L’aspetto più appariscente di Dragon Ball FighterZ è indubbiamente il suo comparto grafico. L’eccellente 2D del gioco presenta infatti un set di personaggi che appaiono assolutamente identici alle loro controparti anime. Anzi, la qualità media dei disegni risulta addirittura superiore all’anime stesso, al punto che essi non sfigurerebbero nemmeno in un film di animazione.

Inoltre i programmatori, per realizzare le mosse dei lottatori, si sono quasi sempre ispirati alle tavole originali del manga. Questo dimostra sia l’incredibile professionalità di Arc Syestem sia l’enorme rispetto mostrato dal team per Dragon Ball e per i suoi fan. Non sarà difficile per i fan riconoscere molte delle pose o degli attacchi dei personaggi e individuare la tavola del manga a cui sono ispirati.

Anche le animazioni risultano fluide, dinamiche e velocissime, regalando ai giocatori scontri forsennati e altamente spettacolari. Come preventivabile, il gioco dà il meglio di sé durante le animazioni che accompagnano le mosse speciali, riprodotte in maniera fedelissima. All’inizio dello scontro, nel caso i personaggi coinvolti siano rivali o abbiano vissuto momenti particolarmente importanti nell’anime, lo scontro sarà introdotto da una breve sequenza animata. Altre sequenze, denominate dramatic finish, potranno essere sbloccate terminando lo scontro con un colpo potente che scaraventi lontano il nemico. Anche queste sequenze sono realizzate e animate in maniera davvero sopraffina.

Anche il comparto sonoro si mostra all’altezza, con una serie di tracce rockeggianti dai ritmi molto movimentati e coinvolgenti. Peccato solo per l’assenza di tutte le canzoni e le tracce originali dell’anime. Le voci dei personaggi invece sono le stesse dei doppiatori originali, sia in versione giapponese che americana, per la gioia di tutti i fan della versione originale dell’anime.

Ritmi forsennati

Anche dal punto di vista del gameplay, Dragon Ball FighterZ dimostra di essere un titolo di altissimo spessore. In modo simile a quanto mostrato nella saga Marvel Versus Capcom, FighterZ propone una serie di scontri 3 vs 3. Lo scontro termina nel momento in cui tutti i combattenti di una squadra esauriscono la loro energia.

Il set di mosse dei lottatori è apparentemente molto semplice. Un pulsante è dedicato agli attacchi rapidi, uno ai medi, uno ai forti e uno per gli attacchi energetici. Per parare è sufficiente premere il pad direzionale nella direzione opposta rispetto all’attacco. Ogni personaggio ha poi il suo set di mosse speciali (di solito 4) e le sue tre super, che andranno a consumare fino a tre livelli della nostra barra dell’energia spirituale, che viene caricata durante lo scontro fino ad un massimo di 7 livelli. É anche possibile concatenare insieme le super di tutti e tre i nostri personaggi, con risultati davvero devastanti!

Sono poi presenti alcune azioni comuni a tutti i lottatori. Il dragon rush è una sorta di presa, utile per innescare le combo. La sparizione è un vero e proprio teletrasporto che ci posiziona alle spalle del nemico, utile sia per sottrarsi all’offensiva avversaria che per prolungare le combo aeree. Il super slancio, infine, è una carica che ci proietta direttamente contro l’avversario. Sebbene molto abusata dai principianti, è una tecnica che va utilizzata con molta attenzione, perché espone a facili contrattacchi. Infine, mentre controlliamo un personaggio, sarà possibile in ogni momento non solo passare ad un altro dei membri del nostro team, ma anche utilizzare gli altri personaggi per effettuare degli attacchi di supporto. Ogni personaggio dispone di tre di questi attacchi, che possono essere scelti al momento della formazione della squadra.

I combattimenti di Dragon Ball FighterZ hanno un ritmo forsennato. Ogni più piccolo errore può portare l’avversario ad innescare tremende sequenze di combo, in grado di azzerare l’energia di un personaggio in modo estremamente rapido. Proprio il padroneggiare le combo rappresenta la chiave per il successo in FighterZ. Per quanto il gioco neutrale sia importante, infatti, il vantaggio che produce il saper estendere le combo risulta difficilmente colmabile nel caso uno dei due giocatori sia nettamente superiore sotto questo frangente.

Non pensiate però che la strategia non sia un elemento fondamentale in FighterZ. Come abbiamo già accennato, si tratta di un picchiaduro a squadre. Nella scelta dei nostri combattenti occorre tener conto non solo dei nostri gusti o della nostra abilità nel padroneggiare un certo lottatore, ma anche di come i nostri tre personaggi possono amalgamare le loro abilità fra di loro per dar vita alle combinazioni più letali. Anche la scelta degli attacchi di supporto diventa fondamentale nella pianificazione delle nostre strategie. Nello specifico, contanto i vari DLC, FighterZ propone ben 44 personaggi, tratti sia da Dragon Ball Z che da Super. Inutile dire quanto questa scelta vastissima impatti sulla varietà del gioco, anche grazie al fatto che ogni combattente dispone di caratteristiche peculiari ed originali.

Risulta quasi impossibile resistere alla velocità, alla fluidità e alla spettacolarità degli scontri di FighterZ, sia per il giocatore che per i semplici osservatori. Ogni battaglia è un turbinio di luci, colori effetti speciali e soprattutto tante, tante mazzate, con combo che superano facilmente anche i cento colpi consecutivi!

Tante cose da fare

Dragon Ball FighterZ recensione: main lobby

Dragon Ball Fighterz non delude nemmeno sulla quantità per modalità proposte. Una volta giunti nella lobby principale, potremo spostare il nostro avatar attraverso una sorta di piazzale gigante, che riprende molte delle location più famose della saga di Dragon Ball. Le modalità disponibili, sia in single che in multiplayer, sono parecchie.

Per il single player, oltre alla classica modalità arcade e alle battaglie in locale, Fighterz propone la modalità storia e il camp di allenamento. La prima ci propone ben tre archi narrativi originali, dedicati rispettivamente ad eroi, nemici e androidi. Le tre vicende procedono attraverso una serie di scontri, intervallati da alcune sequenze animate. Pur presentando diversi momenti davvero spassosi e alcune interazioni originali tra i personaggi, le tre storie non brillano per la qualità del loro intreccio o per la loro originalità. La modalità storia resta comunque un valido passatempo e una buona maniera per impratichirsi con il gioco.

Il campo di allenamento, reso disponibile da uno dei tanti aggiornamenti ricevuti dal gioco, va ad ampliare la modalità allenamento. Il giocatore ha la possibilità di selezionare come insegnante uno dei personaggi del gioco tra quelli presenti al camp. Il nostro mentore, oltre a fornirci alcuni tutorial extra, ci accompagnerà con la sua voce nel corso delle battaglie, fornendoci consigli e apprezzamenti. Tramite questa modalità è anche possibile partecipare ai Tornei della Potenza, evoluzioni della modalità arcade che aggiungono vari azzardi all’interno degli scontri.

Parlando di allenamento, quello di FighterZ è abbastanza completo, dal momento che fornisce, oltre ai tutorial legati alle meccaniche base, anche una panoramica su tutti i personaggi del gioco e sulle loro combo. Mancano purtroppo molti approfondimenti legati alle meccaniche più avanzate, come ad esempio l’abilità nel prolungare le combo base. Anche maggiori approfondimenti sui punti di forza e le principali strategie dei personaggi non avrebbe affatto guastato…

Scontri da ogni parte del mondo

Come intuibile, il cuore di FighterZ è certamente la modalità online. Il gioco di Arc System Works propone numerose possibilità, tra partite amichevoli, classificate, con regole personalizzate e tramite stanza privata. É addirittura possibile affrontare delle battaglie di gruppo. In questo caso, al fianco di due alleati, il giocatore deve sfidare alcuni avversari dotati di una forza molto superiore al comune controllati dalla CPU.

Il sistema dei ranghi delle battaglie classificate è gestito in maniera molto equa e permette di migliorare gradualmente affrontando battaglie mai troppo lontane dal proprio livello. L’unica pecca di questa modalità era costituita dalla mancanza del rollback, che i giocatori hanno iniziato ben presto a richiedere a gran voce.

L’ultimo aggiornamento, che adatta il gioco alla PS5 ed implementa il netcode nella modalità online, non potrà che rivelarsi il giusto coronamento dell’arco di vita di un picchiaduro stupendo, osannato da pubblico e critica, giusto? Purtroppo, come vedremo ora, le cose sono andate esattamente all’inverso.

Un update non all’altezza

Dragon Ball FighterZ recensione: bug update

Come avrete intuito, il recente aggiornamento di Fighterz si è rivelato piuttosto deludente. Il gioco risulta quasi totalmente identico alla versione PS4. Nessuna nuova modalità è stata aggiunta, nemmeno un update della modalità allenamento. I tempi di caricamento, seppur ridotti, non mostrano un calo drastico nei tempi come visto in altri prodotti (ad esempio The Last of Us parte 2) e anche l’aspetto grafico risulta quasi indistinguibile. Certo, la versione PS5 mostra texture più chiare e pulite e una fluidità e velocità superiori, ma solo un occhio attento può davvero avvertire queste differenze.

L’aggiunta del rollback netcode, pur rendendo gli scontri online molto più godibili e rendendo quasi assenti i rallentamenti, ha purtroppo portato con se uno spiacevole inconveniente. Durante la modalità osservatore, ogniqualvolta un personaggio esegue una mossa speciale lascia dietro di se una sorta di immagine residua. Ebbene, queste immagini non lasciano lo schermo per tutta la durata dell’incontro, rendendo impossibile per gli spettatori godere della partita.

Questa situazione, al momento in cui scriviamo, sembra essere in via di risoluzione. Purtroppo però questo bug ha generato, oltre alla giusta irritazione dei fan, anche un numero spropositato di mème e di prese in giro da parte del web. C’è addirittura chi ha pensato all’autoboicottaggio da parte di Bandai Namco, che avrebbe escogitato questa mossa per distogliere definitvamente l’attenzione da FighterZ a favore del nuovo Sparking Zero…

Ora, al di là delle tesi complottiste, questo aggiornamento di FighterZ si è rivelato sicuramente al di sotto delle aspettative. Al di là del bug di cui abbiamo parlato, infatti, Arc System sembra davvero essersi limitata al semplice compitino con questo aggiornamento. Un vero peccato. Un gioco come FighterZ avrebbe sicuramente meritato un’uscita di scena più degna.

Conclusione

Dragon Ball FighterZ è certamente un picchiaduro meraviglioso, spettacolare da vedere e divertentissimo da giocare. Un vero must have per ogni fan di Dragon Ball e per ogni amante dei picchiaduro. La sua versione next-gen, tuttavia, non è assolutamente all’altezza dell’importanza del titolo (da cui deriva il voto finale). Se non avevate ancora messo le mani su FighterZ fateci sicuramente un pensiero, soprattutto se siete amanti dell’opera del compianto Toriyama. Se però siete alla ricerca di un picchiaduro di ultima generazione date senza indugio la precedenza ad altri titoli più recenti.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: PS5, Xbox Series S|X, Switch, PC, PS4
  • Data uscita: 26/05/2023
  • Prezzo: 59,99 €

Ho nuovamente provato il gioco a partire dal day one dell’ultimo update su PlayStation 5.