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Editoriali

I migliori manageriali di calcio su mobile

Ah gli italiani! Popolo di navigatori, amanti ma soprattutto allenatori di calcio! Ammettetelo: quante volte vedendo la vostra squadra del cuore giocare, avete perlomeno pensato: «Io avrei spostato questo giocatore qui, io avrei inserito questo o quel giocatore, più pressing, meno pressing, forza di contropiede!». Ebbene, fortunatamente non tutti siamo allenatori, altrimenti sarebbe un problema, ma a soddisfare la nostra voglia di calcio ci pensa il nostro amato mondo digitale.

Oltre ai complessi gestionali per PC, abbiamo a disposizione anche ottimi manageriali di calcio su piattaforma mobile, che ci permettono di portare la nostra passione con noi grazie al nostro smartphone e scatenarla ovunque ci troviamo.

In questo articolo, passeremo in rassegna quello che di buono ci offrono gli store soffermandoci in particolare sui migliori tre videogiochi manageriali di calcio per mobile.

Calcio in mobilità

Doverosa premessa: non ci possiamo esimere dal consigliarvi anche – e soprattuto – titoli free to play con acquisti in app, poiché il contesto mobile è fortemente incentrato sulle microtransazioni. Del resto, i videogiocatori di titoli calcistici non dovrebbero scandalizzarsi dato che i giochi più importanti del genere, FIFA ed eFootball, vivono di pay-to-win.

Oltre ai tre titoli che trovate qui sotto, degni di menzione sono: Pro11, PES Club Manager, Soccer Manager, Football Management Ultra e New Star Manager.

Online Soccer Manager

Online Soccer Manager: manageriale di calcio mobile

OSM è un gioco che si distingue per avere le licenze ufficiali di giocatori e squdre. La grafica è stile fumettoso, anche se nel giorno della partita la visualizzazione è solo testuale, con schede che riportano statistiche e icone per sostituire giocatori e cambiare formazione e/o tattica.

Nel reparto tattico si può scegliere lo stile di gioco, le tattiche reparto per reparto, il tipo di marcatura, pressing, tipo di contrasti e ritmo partita. Insomma, un pacchetto abbastanza standard.

Gli allenamenti sono “gestiti” dai preparatori, uno per ogni profilo: portieri, difensori, centrocampisti e attaccanti. Un tipo di allenamento questo, per quanto mi riguarda abbastanza limitante. Abbiamo il mercato, una lista di trasferimento di giocatori più o meno costosi, in base al nostro budget. Non ci sono margini di contrattazione: se si dispone della cifra il giocatore metterà a servizio della propria squadra le sue abilità.

Esiste anche una valuta di gioco, che può essere acquistata con soldi reali e che garantisce vantaggi come, ad esempio, incrementare il proprio fondo ingaggi. Abbiamo inoltre la sezione scout, dove possiamo inserire le caratteristiche dei giocatori da ricercare, che verranno trovati poi in giro per il mondo e proposti al videogiocatore. Ovviamente a completare il tutto resta la gestione dello stadio e degli sponsor.

Un titolo carico le cui tattiche purtroppo non rispecchiano esattamente il gioco della squadra, anche perché la partita è solo testuale.

Top Eleven

Nonostante adotti lo stesso sistema free to play con acquisti in app, Top Eleven è davvero un bel gioco, assiduamente aggiornato dagli sviluppatori, massicciamente frequentato dagli utenti e con un sacco di eventi a cui partecipare. La partita, o meglio, le azioni salienti della partita sono in 3D e sono una gioia per gli occhi.

Resta il dubbio di quanto la tattica venga rispettata in partita poiché il timore è sempre quello che si agevolino gli utenti “paganti”. Per il resto Top Eleven può regalare diverse ore di divertimento, il comparto tattico è abbastanza standard con poca profondità e scelte sono molto generiche, alla stregua di Online Soccer Manager.

Dove Top Eleven eccelle è nell’allenamento squadra: si può scegliere di allenare i calciatori singolarmente, per reparto o l’intero team. La varietà di esercizi è notevole; l’allenatore inoltre deve assicurarsi di predisporre gli allenamenti quando la squadra è riposata, altrimenti i giocatori non aumenteranno di livello.

A questo proposito va detto che si hanno a disposizione dei pacchetti che possono essere acquistato attraverso le microtransazioni o regali dagli sponsor: pacchetti riposo, pacchetti morale e pacchetti curativi che possono essere utilizzati per migliorare la squadra.

Top Eleven: manageriale di calcio mobile

Il mercato è gestito dai token, ovvero monete virtuali regalate (poche) dal sistema o acquistabili (la quantità dipende dal vostro portafogli) tramite soldi reali che vi agevolano nell’asta. Sì perché per acquistare un giocatore o si partecipa ad un’asta dove gli utenti offrono token fino ad aggiudicarselo oppure, spendendo una somma di token fissata all’inizio, si possono prendere giocatori più forti. Inutile dire che, avendo a disposizione soldi reali, la migliore soluzione è la seconda.

A completare le attività che si possono effettuare in Top Eleven troviamo il vivaio, che ad inizio stagione riceve dei giovani talenti da fare crescere tramite allenamenti per poi ritrovarceli come giocatori della rosa nella stagione successiva. Presente ancha la gestione degli impianti sportivi, quindi stadio, strutture giovanili, campi di allenamento e non solo.

Infine, vale la pena parlare delle Associazioni: aggregazioni di utenti fino ad un massimo di sei, che si scontrano con altre associazioni per scalare una classifica generale divisa in varie serie a partire dalla “serie Bronzo” per finire con quella “Definitiva” che accorda ai vincitori premi importanti a livello di token e pacchetti di varia natura.

Football Manager 2023 Mobile

Come intuibile FM23 Mobile deriva direttamente dal suo fratello maggiore, Football Manager 2023, disponibile per PC e console, probabilmente il più completo manageriale in circolazione. I ragazzi di Sports Interactive hanno sempre fatto un ottimo lavoro, limando ed aggiornando, di anno in anno, il simulatore fino alla versione attuale.

FM23 Mobile è l’unico titolo a pagamento di questa lista (il costo è 9,99 euro), ma è anche il giusto compromesso tra le ottime caratteristiche di FM23 e la velocità di esecuzione tipica dei giochi mobile. In Footbal Manager 23 Mobile trovate le licenze ufficiali di numerosi campionati, anche se all’inizio di ogni stagione potete sceglierne un massimo di 5 per carriera. Questo influisce sia sui mercati in cui poter inviare gli osservatori che le nazioni allenabili.

La carriera ha un tempo limite di 30 anni, trenta stagioni quindi. Le partite sono esclusivamente contro l’IA, non esistono scontri online e, ovviamente potete giocare ogni qualvolta lo vogliate, senza alcun vincolo di orari come nei manageriali calcistici mobile precedentemente mostrati.

FM23 Mobile lascia più spazio all’allenatore che è in voi: niente accordi pubblicitari, niente ampliamento delle strutture della squadra. Voi siete l’allenatore ed in quanto tale a voi è affidata la gestione tattica, l’allenamento e la scelta degli uomini mercato.

Per il resto c’è una dirigenza che si occupa degli altri aspetti, con la quale potete, minimamente, interloquire. Quello che mi è sempre piaciuto di Football Manager, e FM23 Mobile non fa eccezione, è il rapporto che si crea con la propria squadra. Ci saranno momenti in cui bisogna prendere delle scelte che faranno felici o meno i propri uomini. Questa felicità o mancata sintonia influiscono sia sulla considerazione che loro hanno di voi, sia sulle prestazioni sul campo.

Football Manager 2023 Mobile: manageriale di calcio

Il comparto tattico è abbastanza completo: vi permettee di plasmare una tattica tutta vostra e la cosa si rifliette in campo. L’allenamento, pur se non gradevole come quello di Top Eleven, consente di sviluppare le caratteristiche che ritenete necessarie per ogni singolo giocatore.

Anche la scelta dello staff è compito vostro, poiché avrete la facoltà di ingaggiare sia l’allenatore in seconda, sia i preparatori e addirittura l’analista che a fine di ogni partita vi dirà come è andata, cosa ha funzionato e cosa no.

Una caratteristica mancante rispetto al fratello maggiore è la gestione degli addetti stampa. Le conferenze stampa non sono state portate sulla versione mobile, ma avrebbero dato quel tocco in più a un gioco mobile pressoché perfetto.

Football Manager 23 Mobile:

Play Store (Android)

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Cult of the Lamb – Recensione: una dissacrante liturgia

Recensione in BREVE

Cult of the Lamb è divertente nella sua semplicità. L’idea di trovare un punto di contatto tra un roguelike in stile The Binding of Isaac e un gestionale alla Harvest Moon è vincente, ma durante le ore passate a giocare, ci si aspetta un climax di crescente difficoltà che non arriva mai. I giocatori meno esigenti troveranno il titolo soddisfacente, mentre i fan dei roguelike non saranno mai messi veramente alla prova.

8.5


Il calendario annuale dei videogiochi ha dei dogmi ben precisi: se un gioco esce durante la settimana di ferragosto, non sarà memorabile. Questa dottrina, unita alla voglia di spiaggia, ha posticipato la mia recensione di Cult of the Lamb. Un peccato mortale.

Cult of the Lamb è il terzo titolo, non mobile, di Massive Monster. La software house australiana, che ha accumulato esperienza con i platform, ha unito le forze con l’ormai celebre publisher Devolver Digital per portare sul mercato un irriverente roguelike con accentuate meccaniche gestionali dalla grafica dolce e dai toni cupi.

Rinascere profeta

Il protagonista dell’opera è un agnello, letteralmente, sacrificale. Cult of the Lamb inizia con il nostro eroe pronto per essere sacrificato sai quattro vescovi simil-lovecraftiani. In realtà, il sacrificio è reale e la vita del povero agnello, apparentemente, termina; almeno fino a quando non ha un incontro onirico con The One Who Waits: una divinità imprigionata alla ricerca di un profeta che possa dare il via alla sua nuova ascesa. Ovviamente per farlo sarà necessario demolire l’attuale religione a favore della nostra.

Come altri videogiochi moderni – per esempio, Fire Emblem: Three Houses di cui abbiamo già parlato in passato – Cult of the Lamb si dirama su due piani: combattimenti e gestione.

Ogni credo che si rispetti ha un cospicuo numero di fedeli. L’agnello, cioè il videogiocatore, li recupera all’interno dei dungeon più pericolosi, uno per ognuno dei quattro vescovi. Solitamente si tratta di povere creature pronte per il sacrificio, che prima l’agnello salva e poi li converte alla nostra religione, facendogli spesso fare una fine anche peggiore.

Cult of the Lamb: i sermoni

Gestionale

La gestione del credo prevede mantenere un villaggio pieno di fedeli basato su tre indicatori: fame, malattie e fede. La fame si attenua cucinando cibo per i nostri credenti, mentre le malattie si curano facendo riposare i malati e mantenendo pulito il villaggio. Infine, la fede può essere tenuta alta esercitando rituali. Come dicevamo però, il nuovo profeta non è necessariamente migliore dei suoi predecessori e l’agnello può sacrificare i suoi discepoli per un bene maggiore, molto spesso molto conveniente per il proseguo del gioco.

Durante la fase gestionale, ho passato per la maggior parte del tempo all’interno del villaggio dove l’agnello può, o incaricare i suoi adepti, di raccogliere risorse (legno e pietre) o pregare per aumentare la devozione. Sotto le vesti dell’agnello possiamo anche creare nuove strutture ed eseguire una serie di riti all’interno del Tempio; in particolare, le liturgie sono tre: sermon, per aumentare i bonus quando entriamo all’interno di un dungeon; crown, per instaurare nuove dottrine che aumentano la nostra forza in combattimento e aggiungono nuovi rituali; rituals, liturgie di vario genere, tra cui i sacrifici, per migliorare lo status del villaggio e dei suoi abitanti.

Cult of the Lamb: il villaggio

L’esplorazione

Una volta usciti dal villaggio è possibile raggiungere due luoghi: i dungeon e altre zone della mappa in cui alcuni NPC incontrati durante le missioni ci permettono di completare una serie di quest secondarie.

Nella parte bellicosa di Cult of the Lamb, il numero quattro si ripete più volte. Quattro sono i vescovi, quattro sono le tipologie dei dungeon e quattro sono le volte che bisogna ripetere le zone di guerra prima di affrontare il boss finale dell’area.

Una volta dentro i dungeon – come già visto in tantissimi roguelike come Darkest Dungeon – una mappa permette all’agnello di scegliere il percorso sino alla battaglia finale. Ogni luogo d’interesse può avere diversi incontri, più o meno positivi, tra cui gli, ovviamente, gli scontri.

I combattimenti

I combattimenti sono abbastanza basilari. Qunado l’agnello entra in una stanza, deve essere l’ultimo, e unico, a uscirne. Per farlo, può attaccare con la sua arma o con una maledizione (una magia): le armi si differenziano per velocità e danni causati; le maledizioni sono scelte casualmente all’inizio di ogni dungeon da un pool ampliabile con perk ottenuti con i sermoni. Infine, si può schivare e saremo invulnerabili in quel momento.

I nemici, così come i dungeon, sono pochi, ma ogni avversario ha i suoi pattern da imparare pressoché a memoria. I boss, e mini-boss, hanno degli schemi d’attacco più complicati rispetto ai normali nemici, ma a livello normale – difficoltà consigliata dal gioco – ho terminato il gioco morendo soltanto una volta durante l’ultimo boss del videogioco.

Conclusione

La recensione di Cult of the Lamb non può non considerare la dissacrante satira rivolta alle religioni. Non ci sono giri di parole: la vita dell’agnello è stata risparmiata e gli sono stati donati enormi poteri. Non c’è alcun bonus se si trattano bene i propri discepoli; anzi, più si è senza scrupoli, più si progredisce velocemente. L’agnello è in realtà solo un travestimento per il lupo. Nonostante l’intera trama contenga tante, troppe, similitudini con Death’s Door – un’altra opera indie di Devolver Digital che abbiamo anche recensito – Cult of the Lamb ha molto carattere e una veste grafica 2.5D originale.

Cult of the Lamb non è un gioco perfetto, poiché troppo semplificato nelle meccaniche, tanto quelle gestionali quanto nei combattimenti. Però è dannatamente assuefacente. Il roguelike di Massive Monster mi ha fatto continuamente pensare: “Ancora una stanza” oppure: “Ancora un sermone”, cioè qualcosa di assolutamente non necessario perché il quick resume di Xbox Series X permette di riprendere da qualsiasi punto ogni volta che si vuole.

Ancora una volta, Devolver Digital è riuscita ad attirare la mia attenzione. Questa volta non è un must-have, ma un videogioco che riesce a mettere insieme tutte le meccaniche più amate dei titoli recenti in un videogioco immediato, divertente e dissacrante.

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: Azione, Roguelike, Gestionale
  • Lingua: Inglese
  • Multiplayer: No
  • Prezzo: 29,99€
  • Piattaforme: PC, Playstation 4, PlayStation 5, Xbox One, Xbox Series S|X, Nintendo Switch
  • Versione provata: Xbox Series X

Ho rafforzato il culto dell’Agnello in circa 15 ore grazie a un codice gentilmente fornito dal publisher.

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Football Manager 2022 – Recensione: l’anno dei Big Data

Recensione in un Tweet

Football Manager 2022 prosegue l’opera di miglioramento e semplificazione dopo la rivoluzione degli ultimi anni. Si tratta di un’opera transitoria, che apporta però importanti miglioramenti. Gli aggiustamenti al motore grafico 3D hanno reso gli errori individuali un po’ più rari, mentre il pressing sembra funzionare molto bene, forse anche troppo. Infine, la nuova feature del Centro Dati è decisamente azzeccata e probabilmente monopolizzerà l’attenzione dei più accaniti fan della serie ora e nel futuro prossimo.

8


Il calcio è divertente, perché ogni stagione si riparte da zero. Nei videogiochi calcistici non è sempre così e titoli come eFooball (ex PES) ci stanno facendo capire il perché. D’altro canto, nemmeno non apportare nessuna modifica come in FIFA è un’idea troppa apprezzata dai fan. In altre parole, alla fine ci pensa sempre Football Manager a trovare la giusta ibridazione. Lo scorso anno abbiamo seguito il rinnovamento di Football Manger 2021, quest’anno capiamo se Football Manager 2022 si è ulteriormente migliorato e se ha risolto i problemi noti della serie.

Centro Dati

C’è del personale orgoglio nel vedere il Centro Dati di Football Manager 2022. Lavorando nel settore, sono ben cosciente di quanto i colleghi che operano nel settore sportivo siano importanti. Del resto, per quanto le statistiche siano bistrattate da allenatori e giornalisti, i numeri non mentono e sempre più spesso se ne sente parlare, soprattutto nei post-partita. Già lo scorso anno, Sports Interactive aveva aggiunto qualche novità come l’expected goal (xG) e le analisi pre e post partita, ma quest’anno la scelta è più dirompente.

Dalla terza di partita di campionato, sarà possibile consultare il Centro Dati, una nuova schermata che raccoglie analisi e grafici, anche on-demand, per valutare l’andamento della propria squadra e dei team avversari. L’utilità sembra effettivamente alta, ma saranno i professionisti di Football Manager ad avere la parola finale, quelli che già usano excel kilometrici per decidere la miglior formazione da schierare.

Esattamente come il resto dello staff, bisognerà scegliere con attenzione gli analisti, perché il loro aiuto può essere pressoché illimitato. La mole di dati gestita da Football Manager 2022, permette di concentrarsi praticamente su ogni aspetto della propria squadra; di conseguenza, una volta compreso appieno, mi aspetto che il Centro Dati possa diventare il punto nevralgico di questo e dei successivi capitoli della serie.

Football Manager 2022: Centro Dati

Semplificato, non semplice

In linea con l’opera di snellimento degli anni precedenti, Sports Interactive ha pensato di fornire una serie di visualizzazioni standard particolarmente utili anche ai neofiti, che non vogliono entrare nel dettaglio dei numeri. La schermata di Prestazione Complessiva, ci fa capire come sta andando la squadra rispetto alla media dei nostri avversari, ma c’è molto di più; infatti, ogni tattica ha i proprio punti forti e le proprie debolezze, che dovrebbero essere in linea con i dati mostrati in questo grafico. Nel caso così non fosse, avremmo molto sui cui lavorare.

A questo riassunto, si aggiungono le Scoperte Chiave, punti salienti che ci chiariscono se stiamo vincendo, o perdendo, con merito o a causa della sorte. Infine, la schermata principale si completa con un focus su Attacco e Difesa, fondamentali da analizzare quando le cose non vanno come dovrebbero.

Staff: tutti qui, grazie!

I collaboratori sono da sempre croce e delizia di Football Manager. I più navigati utilizzano ormai da anni delle vere e proprie formule per capire l’effettivo valore di ogni singolo stipendiato; infatti, uno staff di scarso valore può fare danni enormi. Football Manager 2022 non cambia le regole, ma velocizza le riunioni, che adesso appaiono più interessanti e gestibili. Negli anni passati, infatti lo staff diventava alla lunga snervante con continue chiamate che rendevano il gioco più lento e ragionato di quanto non lo sia già.

Quest’anno, le riunioni di staff sono gestite tutte interamente in un’unica schermata aggiornata settimanalmente. Lo staff ci informerà in merito all’allenamento della squadra, ci darà consigli sul mercato e ci chiederà quali giocatori cercare, ci informerà sui talenti in sviluppo e ci consiglierà su come ampliare il nostro staff. Potremmo decidere di ignorare un consiglio, accettarlo oppure discuterne dopo la fine della riunione con più calma. La scelta è vincente, perché con pochi click sono riuscito a gestire tutte le azioni più importanti senza annoiarmi.

Grand Hotel Calciomercato

Paradossalmente, il problema più grande della serie è anche il più amato dai fan del pallone: il calciomercato. Nonostante la rivoluzione sia avvenuta in periodo di pandemia da Covid-19, il mercato è sempre stato un problema importante del gioco. Football Manager 2022 non risolve questa criticità, ma prova a buttare benzina sul fuoco con una nuova gestione dell’ultimo giorno di mercato. Si tratta di una schermata aggiornata ora dopo ora, in cui possiamo seguire il deadline day con tutto il pathos che richiede la situazione.

L’idea è sicuramente promettente, ma nel caso in cui scegliamo una squadra con un budget limitato, cioè qualsiasi squadra di Serie A, sentirsi coinvolti sarà particolarmente complicato. Almeno durante le prime stagioni. In ogni caso, apprezzo il tentativo, ma sembra solo un tentativo di togliere l’attenzione dal vero problema: le richieste folli di squadre, calciatori e agenti che rispecchiano ancora poco la realtà delle cose.

Football Manager 2022: ultimo giorno di mercato

Un matchday che funziona

Come già detto durante la recensione di Football Manager 2021, la nuova schermata della partita funziona. Sports Interactive ne sembra cosciente e ha deciso di continuare su questa strada apportando miglioramenti soprattutto sul nuovo motore 3D. Gli aggiustamenti riguardano quattro aree: animazioni, dribbling, pressing e ruoli.

Il risultato è una una visione della partita più fluida e un’intelligenza artificiale più strutturata;negli anni passati, infatti le brutte decisioni dei calciatori erano dovute soprattutto a un motore grafico che non consentiva una complessa gestione della palla. Il nuovo sistema di dribbling ha anche il compito di evitare clamorosi errori che portino a inutili lanci lunghi o follie risolvibili con un semplice passaggio all’indietro.

L’altra faccia della medaglia prevede una maggiore minuzia nel pressing. Adesso, la pressione è più corale e lo staff avvertirà quando alcuni giocatori faranno fatica a mantenere l’intensità richiesta durante la partita. Esattamente come nella realtà, infatti ci saranno dei giocatori che non si troveranno bene a pressare per tutta la partita, facendolo poco, male e magari di controvoglia. Questo dovrebbe teoricamente diminuire l’utilizzo del pressing, ma nella realtà dei fatti il gegenpressing è ancora il modo migliore per portare alla vittoria una squadra. Nel mio caso, ho avuto una quantità importante di vittorie con una Juventus atta a pressare tutto campo, anche se alcuni giocatori come Dybala e Cuadrado si lamentavano. Il risultato è stato clamorosamente migliore della stagione con Maurizio Sarri in panchina.

Infine, se siete degli amanti delle incursioni di Sergio Ramos, Sports Interactive ha pensato a voi introducendo i difensori centrali larghi che in una difesa a tre possono avere anche compiti offensivi.

Problemi vintage

I maggiori problemi di Football Manager 2022 sono gli stessi che hanno afflitto l’ultima edizione: mercato e giornalisti. Come detto poche righe sopra, il mercato di Football Manager non è mai stato troppo credibile e necessiterebbe di una completa rivisitazione dell’intelligenza artificiale che ci sta dietro. Per esempio, Dybala che in questo momento sembra vicino al rinnovo con la Juventus, nel gioco non vuole saperne nulla e ha abbondonato la nave a fine stagione. I media, invece hanno ricevuto un rework deludente lo scorso anno, ma Sports Interactive non sembra abbia preso in considerazione i feedback degli utenti. Non c’è veramente un problema nei giornalisti del titolo: le conferenze sono sempre state noiose e continuano a esserlo.

Un altro punto da rivedere della serie sono gli infortuni, ma quest’anno non ci ho nemmeno fatto caso. Del resto, si giocano così tante partite nella vita reale, e di conseguenza nel gioco, che sembra sia la realtà ad essersi adattata all’alto numero di infortuni di Football Manager.

Infine, dispiace come l’esclusività di alcune licenze abbia afflitto anche il gestionale di Sports Interactive; per esempio, Zebre è il nome della Juventus, che ha stretto una partnership con Konami, già da qualche tempo.

Football Manager 2022: conferenza giornalisti

Conclusione

Football Manager 2022 continua l’evoluzione dopo il restyling degli scorsi anni. Il risultato è soddisfacente per quanto riguarda il potenziamento del motore 3D, che ha risolto alcuni problemi di intelligenza artificiale durante il match day. Le nuove feature, invece mi sono piaciute, ma solo in parte. Approvo il Centro Dati, che sono certo diventerà più importante anno dopo anno, ma trovo sottotono l’ultima giornata di mercato. Inutile dire che avrei preferito un rifacimento dell’intera IA del mercato, ancora troppo spesso eccessivamente irreale. Alcune parti sottotono, come le conferenze stampa, non hanno ricevuto ulteriori aggiornamenti, mentre sembra che gli aggiornamenti sul motore grafico abbiano apportato eccessivo vantaggio a chi ama il pressing alto, adesso decisamente più efficace, forse anche troppo.

In altre parole, Football Manager 2022 è un titolo solido, che merita di essere provato per gli ottimi miglioramenti apportati al motore 3D e per il Centro Dati, ma purtroppo non abbiamo ancora ricevuto risposte sui più importanti problemi che affliggono la serie ormai da anni.

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: gestionale, manageriale, sportivo
  • Lingua: italiano
  • Multiplayer: si
  • Prezzo54,99

Ho insegnato il pressing alle Zebre per circa 20 ore grazie a un codice PC gentilmente fornito dal publisher.

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The Last Spell per PC – Provato

In un mondo corrotto dal potere e dalla sete di sangue, scegliere i propri nemici è un lusso che a volte non ci si può permettere. Una trama già sdoganata con Il trono di spade di George R. R. Martin prende vita in forma videoludica in The Last Spell, il nuovo Tactical defense RPG di Ishtar Games.

La fine dell’umanità

La magia ha reso potenti molti regni, ma i danni del suo abuso ha causato una tragedia che va ben oltre la fine di innumerevoli vite umane. Un eccesso di potere magico ha aperto un portale demoniaco che ha trasformato il mondo in un campo di battaglia già visto in alcuni giochi da tavolo come Zombicide. Per questo, i regni umani hanno decretato una pace per sconfiggere i mostri notturni che infestano le città. Adesso l’unica cosa che conta è sopravvivere all’orrore e per farlo bisogna eliminare completamente la magia dal mondo che alimenta anche questo tumore inarrestabile. Un modo c’è ed è proprio un incantesimo che i maghi hanno chiamato The Last Spell.

L’arte del comandare

La desolante trama di The Last Spell è la giustificazione che Devolver Digital pone come base per il suo nuovo gioco di ruolo con elementi roguelite decisamente interessanti e che ricordano altri recenti titoli del publisher come Loop Hero.

Nell’opera di The Arcade Crew impersoneremo un comandante che dovrà guadagnare del tempo prezioso (sotto forma di turni) che i maghi useranno per lanciare l’ultimo incantesimo in un ciclo giorno e notte. Durante le ore diurne, il gioco è composto da due fasi. La fase di produzione consiste nello spendere denaro e materiali per costruire nuovi edifici, migliorare quelli già esistenti, assegnare lavoratori alle costruzioni e spendere punti su abilità e perk dei nostri eroi. La seconda fase invece trasforma il titolo in un vero e proprio tower defense tattico in cui costruiremo le difese per l’ondata notturna. Infatti, durante la notte impartiremo ordini ai nostri eroi (inizialmente tre o quattro in base al livello di difficoltà scelto) che difenderanno i maghi dall’ondata di mostri, magari non lasciandoci le penne.

città di the last spell

Consolida e attendi

La fase di notturna è indubbiamente la parte più divertente e carica di tensione, perché è durante le tenebre che il gioco saprà dimostrarsi impegnativo. Infatti, i danni sferrati dai nemici ci obbligano a studiare il campo di battaglia, i nemici e ovviamente le caratteristiche dei nostri personaggi. All’interno di una griglia tattica in pieno stile Intelligent Systems (ma con visuale isometrica), gli eroi infliggeranno danni importanti, molto spesso ad area e decisamente spettacolari grazie a (quattro) abilità uniche. Per questo motivo, la maggior parte del tempo sarà speso nel curare la fase difensiva della nostra strategia, anche perché i personaggi recuperano solo una parte della loro vita e mana.

Questa scelta voluta dagli sviluppatori farà felici i giocatori appassionati del genere, ma rende il titolo decisamente poco fruibile per i novizi che rischieranno di morire ripetutamente prima di comprendere le meccaniche base del titolo, che li porterà facilmente verso la frustrazione. D’altro canto, i più smaliziati avranno almeno una ventina d’ore di divertimento che si tramuterà pian piano in noia in questa fase di accesso anticipato. Infatti, una volta comprese le statistiche, le abilità e le difese più forti, il gioco risulta un po’ troppo ripetitivo.

Imparare a costo di morire

Come già abbiamo gustato in altri titoli con una sistema simile come Hades, la morte è parte integrante dell’esperienza videoludica. Perdere in The Last Spell significa fare la conoscenza della presunta benevolenza di entità divine che forniranno nuovi upgrade permanenti che ci renderanno più forti.

Questo significa che i giocatori che poco apprezzano l’idea di perdere e ripetere la stessa sequenza, difficilmente potranno beneficiare del buono lavoro fatto fino a questo momento da Ishtar Games. Per tutti gli altri, The Last Spell è un gioco dall’ottimo potenziale che merita l’attenzione dei giocatori PC a cui però si chiede, nella sua versione definitiva, maggiore varietà durante la fase centrale del gioco.

i perma-upgrade di the last spell

Pixel di qualità

Venti euro è un prezzo decisamente concorrenziale (17,99 euro nel momento in cui scriviamo) per un gioco in accesso anticipato che ha la qualità tecnica di The Last Spell. Infatti, raramente ci siamo imbattuti in un titolo che in una versione così primordiale possegga un qualità audio e soprattutto grafica praticamente già ultimata. La pixel art del gioco è bella, ma soprattutto pulita come la sua interfaccia grafica. Nonostante le tante statistiche da visualizzare, il gioco è decisamente intuitivo e ci fa pensare che la maggior parte del tempo che separa questo indie game dall’uscita ufficiale sarà speso dagli sviluppatori per aggiungere nuovi contenuti che possano rendere l’esperienza maggiormente variegata.

ProContro
Pixel art bella e interfaccia pulita già in accesso anticipato… quindi non per tutti
Un defense tower impegnativo…ripetitivo dopo una decina di ore
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Two Point Hospital: JUMBO Edition per Xbox Series X – Recensione

Recensione in un Tweet

Two Point Hospital è molto di più del perfetto remake di Theme Hospital. Infatti, il nuovo gestionale sanitario è in grado di soddisfare tanto i fan di Bullfrog Productions quanto tutti gli appassionati e i curiosi neofiti del genere gestionale. La JUMBO Edition fornisce un’imperdibile esperienza che può durare oltre un centinaio di ore.

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C’era una volta Bullfrog Productions. Fondata nel 1987 da Les Edgar Peter Molyneux, per esperienza personale, le generazioni odierne non ricordano molto di questo nome, ma l’importanza della software house britannica riecheggia nei nomi di giochi come Syndicate, Theme Park, Dungeon Keeper e naturalmente Theme Hospital.

Pubblicato nel 1997, Theme Hospital è stato semplicemente il gestionale sanitario più folle e divertente di tutti i tempi, che mi ha dato la possibilità di curare bizzarre malattie come l’iperlingua e acquistare macchinari dai nomi quantomeno controversi come la “Sala Pompa”.

Purtroppo, la prematura fine di Bullfrog dopo la fusione con Electronic Arts UK del 2004 spense un motore pieno di grandi idee e le speranze morirono definitivamente nel 2007 dopo l’uscita del mediocre Hospital Tycoon di EA. Fortunatamente, però le belle sorprese arrivano all’improvviso e alcuni ex sviluppatori di Bullfrog decidono di ripartire dalle loro origini fondando Two Point Studios e regalandoci l’erede spirituale, ma estremamente reale, del pazzo gestionale di ospedali.

Il primo paziente di Two Point Hospital

Why so serious?

In Two Point Hospital inizieremo la nostra lunga avventura come un manager aziendale squattrinato, che dovrà fare esperienza nel mondo della sanità cercando di fare meno danni possibili. Nonostante la pandemia del Covid-19 ci abbia reso, per fortuna e purtroppo, tutti di gran lunga più sensibili all’argomento, Two Point Hospital riesce ancora a farci sorridere con lo spietato cinismo tipico del titolo originale.

Il gioco ci farà viaggiare per la vasta contea di Two Point, inclusi i luoghi più remoti e strambi grazie alle espansioni della JUMBO Edition, con lo scopo di curare le malattie più assurde e quelle più normali rese comunque allucinanti. Chi ha già giocato a Theme Hospital, ricorderà il reparto psichiatrico invaso da provetti Elvis Presley. In Two Point Hospital, il Re ha lasciato spazio ai novelli Freddie Mercury e John Travolta in versione Grease.

Turni di lavoro estenuanti in Two Point Hospital

Dottore, chiami un dottore

I primi ospedali sono dei tutorial pratici che mostrano le principali feature di un videogioco che dietro una grafica colorata e divertente nasconde un’importante complessità gestionale tipica degli anni ’90. In Two Point Hospital: JUMBO Edition dovremmo gestire letteralmente tutto, ma andiamo con ordine.

Lo staff sarà amministrato non solo in termini di assunzione, ma anche nella sua felicità che passa attraverso lo stipendio, la formazione e il benessere dato dai servizi extra come sala staff, bevande, cibo e persino termosifoni e condizionatori.

Le strutture da acquistare prevedono tanto l’ampliamento dell’ospedale con l’acquisto di nuovi lotti quanto la progettazione di ogni singola stanza preposta alla diagnosi e cura delle malattie. Stanza del medico generale, farmacia, psichiatria, chirurgia, ma anche malattie decisamente meno usuali come la clownite, che farà credere al paziente di essere un clown o la testa di bulbo, in cui arriveranno pazienti con delle lampadine al posto della testa. Queste sono solo alcune delle avversità da affrontare e scusate se mi dilungo, ma curare un tizio con una padella attaccata in testa con uno spadellatore è qualcosa di unico.

Ovviamente, non basterà far tornare i pazienti in salute. Infatti, dovremmo prenderci cura di loro per tutta la permanenza nell’ospedale con un serie di comfort che aumenteranno la nostra reputazione, spesso obiettivo fondamentale per proseguire nel gioco.

Rispetto al suo antico predecessore, in cui superare ogni singolo livello poteva essere incredibilmente arduo, questa volta gli sviluppatori hanno ben pensato di dividere ogni ospedale in tre stelle. Per sbloccare il livello successivo ne basterà una, ottenibile raggiungendo più o meno abbordabili obbiettivi, ma la vera sfida inizia quando si vorranno guadagnare tutte le stelle del titolo. In questo caso, la difficoltà aumenta in modo esponenziale con obiettivi sempre più ardui che richiedono una pianificazione praticamente perfetta.

Cerimonia Two Point Hospital

“Che bella cera”

Two Point Hospital parte dalla grafica vivace del primo Theme Hospital, la rende ancora più esagerata e cura i dettagli nei minimi particolari. Le malattie sono riconoscibili a colpo d’occhio, ma quando i pazienti non avranno dei costumi bizzarri, si può notare una piacevole varietà tra i modelli. La stessa ricchezza è presente anche nei vari livelli, che rappresenteranno alla perfezione la breve, ma dettagliata descrizione di ogni singolo ospedale.

Se il primo Theme Hospital conteneva un’unica voce parlante, cioè l’annunciatrice che ci accompagnava per tutto il gioco, ora Two Point Hospital alterna annunci, suoni ambientali e addirittura una radio d’ospedale a volte calda, a volte vivace, ma sempre ironica e cinica.

Freddie Mercury in Two Point Hospital

Antico come il caos

Two Point Hospital è un titolo riuscito, ma alcune problemi vecchi di 24 anni rimangono ancora adesso irrisolti. La parte più ardua del gioco consiste nella micro-gestione dello staff all’interno dell’ospedale, soprattutto quando le strutture aumenteranno e i pazienti arriveranno a frotte. Infatti, ogni membro dello staff, dal medico fino all’inserviente, hanno dei bonus su una determinata caratteristica che imporrà gli esperti di medicina generale a stare in quella stanza, mentre sarà decisamente consigliato far somministrare le medicine soltanto a un infermiere specializzato nella gestione della farmacia.

Nonostante sia possibile dire a ogni membro del personale le attività che può svolgere, quando le cose diventeranno troppo caotiche, sarà facile perdersi dei pezzi in giro e l’intelligenza artificiale non sarà d’aiuto. Non sarà per nulla raro vedere il nostro unico psichiatra lavorare in medicina generale, mentre i pazienti vanno via arrabbiati o persino con i piedi davanti a causa delle mancate cure. Non ho mai ben capito se questa sia una determinata scelta degli sviluppatori, ma dare la possibilità di scegliere se rendere meno stupidi i medici, e soprattutto i ben più dannosi infermieri, sarebbe stata cosa ben gradita.

Parere negativo per le sfide online, che aggiungono una lieve competitività con gli amici che stanno giocando Two Point Hospital, ma le cui sfide si limitano a una serie di mini-obiettivi durante la partita che non incideranno mai in maniera significativa. Considerando che il gioco ci mostra sempre una classifica di ospedali “fittizi” della contea, la possibilità di scontrarci online con altri utenti che stanno affrontando lo stesso livello, sarebbe stato plausibile e decisamente più interessante.

I primi passi in Two Point Hospital

In compresse o joypad

Mai avrei pensato di giocare un gestionale old-style su console, invece l’ho fatto ed è stata un’esperienza incredibilmente soddisfacente. La mappatura dei pulsanti è ottimale e nel giro dieci minuti pensavo di avere tra le mani mouse e tastiera. Se siete prevenuti come me, vi capisco, ma mi sono dovuto ricredere e vi consiglio di dargli un’occasione.

Il gioco non ha ancora un’ottimizzazione per Xbox Series X, ma è tecnicamente perfetto. Rispetto alla versione PC e soprattutto Nintendo Switch, che soffrivano di alcuni cali di frame rate, la versione per la console next-gen è sempre fluida anche nei momenti più concitati, come può essere l’esplosione di un macchinario oppure l’incredibile calca di pazienti e personale sullo schermo nei livelli più avanzati.

L'amministrazione di Two Point Hospital

JUMBO Edition

Two Point Hospital: JUMBO Edition contiene quattro espansioni (Bigfoot, Pebberley Island, Incontri Ravvicinati ed Evviva l’ambiente) e due pacchetti oggetti: vintage e mostra d’arte. Questa versione differisce dalla console edition uscita circa un anno fa per le espansioni “Incontri Ravvicinati” ed “Evviva l’ambiente”, e per i pacchetti d’oggetti extra. L’upgrade è disponibile al prezzo di 16,99 euro mentre la versione completa costa 39,99 euro.

Le espansioni non rivoluzionano il gioco, ma aggiungono decine di ore a un titolo pressoché ottimo. La mia preferita rimane Bigfoot per la sua ambientazione glaciale, ma non è di certo imperdibile. Lo stesso vale per “Pebberley Island” ed “Evviva l’ambiente”, mentre “Incontri Ravvicinati” contiene una nuova modalità di gioco ad “ondate”. Si tratta di una nuova modalità di gioco, che può piacere per la sua complessità, ma anche frustare i giocatori a causa del micro-management a tratti eccessivo.

La JUMBO Edition è un’edizione perfetta per tutti quelli che vogliono iniziare questa stupenda avventura, perché i DLC allungano senza stancare un gioco già di per sé divertente e molto longevo. Personalmente, non consiglio l’upgrade alla JUMBO Edition solo ai possessori di Xbox Game Pass, che possono attualmente giocare la console edition. Piuttosto li invito a giocare Two Point Hospital e decidere di acquistare i DLC mancanti solo dopo le oltre 50 ore della console edition.

Bigfoot di Two Point Hospital

Conclusione

Two Point Hospital: JUMBO Edition è la versione console definitiva di un gioco che è letteralmente un must per tutti i fan di Bullfrog Productions e per gli amanti dei gestionali in generale. Questa edizione del titolo offre tantissimi contenuti mai banali sia tanto per la direzione artistica quanto per la graduale difficoltà del gioco. Infatti, rispetto al suo antenato, Two Point Hospital permette un accesso anche ai neofiti grazie a un sistema di progressione che perdona anche qualche errore di gioventù.

Non stiamo parlando solo di un seguito di Theme Hospital, ma di un’opera che consiglio veramente a qualsiasi videogiocatore che vuole provare l’ebrezza di mettersi alla prova su un titolo anni ’90 in salsa decisamente contemporanea e che grazie alla sua ironia riesce a rendere gradevole un gestionale con un tema delicato come quello sanitario. In altre parole, Two Point Hospital è un remake con la erre maiuscola che soddisfa a pieno le ormai perdute speranze di qualsiasi fan della serie e avvicina i nuovi videogiocatori a un genere spesso troppo punitivo.

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: gestionale
  • Lingua: italiano
  • Multiplayer: sì (ma nulla di serio)
  • Prezzo39,99 euro

Ho debellato la clownite e svitato lampadine dalla teste dei pazienti per una trentina di ore grazie a un codice gentilmente fornito dal publisher.

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Loop Hero per PC – Recensione

Recensione in un Tweet

Loop Hero è un rogue-like gestionale molto difficile che esalta gli appassionati, ma che non sarà facilmente apprezzato al di fuori della nicchia di try harder. All’interno del suo genere, il titolo di Four Quarters è una perla di originalità e complessità che sarà in grado di tenervi incollati allo schermo per tantissime ore.

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Dopo quasi due mesi dal nostro provato (di cui vi consiglio la lettura per comprendere al meglio le meccaniche di gioco), Loop Hero arriva sul mercato PC con la sua versione finale. Devolver Digitals e Four Quarters hanno puntato tutto su una meccanica molto semplice, ma il gioco è in realtà molto più profondo e complesso di quanto possa sembrare. In questa recensione, capiamo se dopo decine di ore questo gestionale di dungeon conferma i punti di forza dell’anteprima e togliamo ogni dubbio sulle potenziali debolezze.

I punti di forza

Loop Hero è un rogue-like atipico. Il gioco si divide in dungeon generati casualmente dal computer, ma la fortuna non incide sulla partita. Infatti, la casualità crea solamente un percorso circolare in cui andremo, in loop, fino a quando non avremo inserito abbastanza elementi nella mappa da poter evocare il boss di fine livello. Anche dopo molte ore di gioco, questa meccanica si è rivelata tanto semplice quanto geniale e il sistema di deck-building è sufficientemente complicato da necessitare uno studio che rende il titolo per nulla banale.

La maggior parte delle carte sono disponibili sin da subito, ma la possibilità di costruire nuovi edifici grazie alle risorse raccolte durante la spedizione, permette varietà e nuove combo da scoprire di volta in volta. Partendo dal presupposto che i combattimento sono automatizzati, l’abbastanza elevata difficoltà del gioco consiste nello scegliere la giusta combinazione di carte e abilità da adattare alle tre classi disponibili. Inoltre, ci vorrà poco per capire che non bisognerà disdegnare la ritirata per conservare un 30% in più dei propri ritrovamenti sul campo.

Classi tutti gusti +1

Partiremo con il guerriero che baserà tutta la sua forza sui danni fisici, sull’armatura e sul recuperare vita velocemente, ma ci sono altre due classi estremamente diverse da sbloccare. Il ladro, che raccoglierà i suoi oggetti solo dopo un intero loop e il negromante, ottenibile solo dopo aver costruito un edificio discretamente costoso. Quest’ultima classe prende chiaramente ispirazione da Diablo 2 e ci permetterà di avere un vero e proprio esercito di scheletri e zombie che fanno il lavoro sporco per noi. In questo caso, le meccaniche e gli oggetti indossabili sono totalmente differenti da quanto visto con le precedenti classi. Questo comporterà un’accurata scelta delle carte da usare nel dungeon, capendo quando usarle e quando temporeggiare.

Come già detto, Loop Hero è un indie difficile. Infatti, la somiglianza con Darkest Dungeon (e per i veterani Dungeon Keeper) non è solamente nel genere e nello stile, ma soprattutto nell’impegno che richiede. Noi stessi, da videogiocatori, dovremmo entrare in un loop di fallimenti prima di poter battere il boss del capitolo. Nel dettaglio, anche se si può attendere prima di giocare le carte che andranno a popolare la nostra mappa con nemici e risorse, ogni giro completato aumenta il livello dei mostri che dovremmo affrontare. In altre parole, pochi combattimenti portano poca gloria, pochi oggetti potenti e disfatta assicurata.

Souslike in pixel

Sulla stessa scia di altri rogue-like famosi, Loop Hero dà molta importanza al crafting che sbloccheremo dopo non molto. Potremmo così creare alimenti e oggetti che miglioreranno in modo persistente il nostro eroe, così da fornirci la forza necessaria anche nei momenti più bui di un circolo vizioso che fa chiaro riferimento ai soulslike più spinti.

La parte più affascinante di Loop Hero sta nel vedere il proprio personaggio combattere in autonomia, mentre gli mettiamo di fronte sempre nuovi difficoltà, che se mal calibrate porteranno a una morte prematura del nostro personaggio.

I punti deboli

Purtroppo, l’ottimo gameplay passa attraverso una pixel art molto mediocre. Se durante i pochi dialoghi, la qualità dei disegni è molto gradevole, la maggior parte di mostri e icone della mappa sono eccessivamente stilizzate. Stesso discorso vale per la musica, che ho deciso di disattivare dopo la decima ora di gioco. Infatti, nonostante le tante cose da fare in-game, le tracce risaltano eccessivamente tanto da risultare una fonte di disturbo.

Trama minimale

Infine, l’ultimo punto che destava dubbi era la trama. Tutto inizia con un possente lich che ci incatena dentro un mondo che gira all’infinito e la storia continua con diversi dialoghi che aggiungono pezzi alle vicissitudini, ma senza mai decollare. Nonostante i ragazzi di Four Quarters abbiano provato ad aggiungere qualche dettaglio effettivamente interessante, il risultato è non è sufficiente. L’ambientazione da gioco di ruolo poteva offrire molto più spunti, che non sono stati sfruttati.

Conclusione

Confermiamo tutto quello di bello che è stato detto su Loop Hero durante il provato. Siamo di fronte a un gioco indipendente veramente geniale, con un buon carisma e un gameplay assuefacente, ma non per tutti. Il gioco è improntato per piacere a una nicchia di gamer che amano lo stile trial and error molto spinto. Per questo Loop Hero può risultare snervante anche ai videogiocatori più navigati, che magari sperimentano per la prima volta questo genere di intrattenimento. I casual gamer mi aspetto che non vogliano nemmeno provarlo.

Loop Hero non è un gioco per tutti e non solo a causa dell’elevata difficoltà. Incidono anche il livello tecnico medio-basso e una trama poco coinvolgente. D’altro canto, qualsiasi amante del genere dovrà seriamente tenerlo in considerazione. Infatti, Loop Hero non teme i rivali del genere e riesce a portare originalità e complessità a una nicchia troppo spesso poco considerata, ma che diverte i videogiocatori da almeno quarant’anni. Se a questo aggiungiamo che il nuovo esperimento di Devolver Digitals costa poco più di una decina di euro, allora non posso far altro che consigliarvi questo gioco come un vero e proprio affare che vi terrà incollati per molto tempo, ma solo se ne avrete il fegato.

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: rogue-like, gestionale
  • Lingua: inglese
  • Multiplayer: no
  • Prezzo14,99 euro

Ho vagato nei meandri del loop per più di venti ore ore grazie a un codice gentilmente fornito dal publisher.

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Snowtopia: Ski Resort Tycoon è ora in Accesso Anticipato

Goblinz Studio, in collaborazione con Fractale e lo studio di sviluppo TeaForTwo Games, hanno annunciato oggi che Snowtopia: Ski Resort Tycoon, gioco gestionale di impianti sciistici, è disponibile su Steam in Accesso Anticipato al prezzo scontato del 10% di 18,89 euro.

Comunicato Stampa

Snowtopia rende la gestione e la costruzione degli impianti sciistici divertente e accessibile per tutti. Nel gioco non esiste il denaro e propone un modello alternativo per il genere, dove le risorse vengono gestite in maniera differente e ci si concentra solo sulla soddisfazione degli sciatori. Lo strumento di creazione permette di progettare piste sul pendio della montagna in maniera molto immediata e di aggiungere rapidamente gli ski lift più adatti, il tutto mentre tieni d’occhio le file di impazienti sciatori.

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Creare un impianto sciistico di successo attira più sciatori di tutti i tipi, pronti ad affrontare i pendii, ma anche a invadere le terrazze e assaggiare le tartiflette, per cui bisogna essere costantemente sul pezzo. Sistemare le seggiovie rotte, tenere le piste in condizioni perfette e assicurarsi che il soccorso piste sia sempre pronto a entrare in azione. Gli sciatori più felici mostreranno la propria riconoscenza offrendosi come volontari per assicurarsi che la montagna sia sempre in perfette condizioni.

Durante l’Acccesso Anticipato arriverà una valanga di nuove funzionalità, come, per l’appunto, le valanghe, il meteo dinamico, cannoni sparaneve, scuole di sci, nuove strutture e tipologie di staff. Nei prossimi mesi il gioco diventerà aperto anche al modding, per cui i giocatori potranno personalizzare il proprio impianto sciistico dei sogni fino all’ultimo fiocco di neve.

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Two Point Hospital, la JUMBO Edition in arrivo su console

SEGA Two Point Studios hanno comunicato che il gestionale sanitario più pazzo di sempre, Two Point Hospital, riceverà un nuovo bundle per console a partire dal 5 marzo 2021, la JUMBO Edition

Contenuti della JUMBO Edition

La Jumbo Edition include il gioco base, quattro espansioni e due pacchetti di oggetti, e offre un totale di 27 ospedali, 189 malattie e un’enorme quantità di oggetti da collocare nelle tue strutture sanitarie. Ogni espansione conduce i giocatori in nuove ambientazioni, dove dovranno affrontare malattie e sfide specifiche.

  • Bigfoot ti fa viaggiare sulle innevate Montagne Puntute, dove la celebr-yeti locale Bartholomew F. Yeti ha richiesto una migliore copertura sanitaria. Il signor Yeti avrà bisogno del tuo aiuto per curare nuove malattie come gli arti di ghiaccio, la bardanza e il morbo di Rousseau!
  • In Pebberley Island inizi la tua avventura nel tepore di Pebberley Reef, prima di lanciarti nell’esplorazione dell’impervia e fitta Giungla rigogliosa, e conquistare finalmente il mozzafiato Monte Topless, mentre provi a scoprire il segreto dell’eterna giovinezza.
  • In Incontri Ravvicinati gira voce che tu possa imbatterti in sorprese di un altro mondo. Affronta cospirazioni, scopri strutture segrete e malattie singolari come la sfrantascienza e la scarsa umanità. Magari riuscirai davvero a incontrare gli alieni…
  • Per tutti coloro che invece hanno il pollice verde e amano madre natura… nessun problema! In Evviva l’ambiente dovrai affrontare nuove meccaniche di gameplay per raggiungere il successo in maniera eco-sostenibile. Visita la prima città ecologica della Contea di Two Point, datti al giardinaggio e fai attenzione alla rapusite o alle dita verdi!

Fai un viaggio indietro nel tempo grazie a una fantastica collezione di 26 oggetti con cui decorare il tuo ospedale con il Pacchetto oggetti vintage , oppure dai spazio al tuo senso artistico con il Pacchetto oggetti mostra d’arte .

Two Point Hospital: JUMBO Edition sarà disponibile su Sony PlayStation 4 e Nintendo Switch sia in versione digitale, sia fisica, mentre su Microsoft Xbox One arriverà solo in versione digitale. La JUMBO Edition sarà giocabile anche su Xbox Series X|S e PlayStation 5 grazie alla retrocompatibilità.

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Empire of Sin per Nintendo Switch – Recensione

RECENSIONE IN UN TWEET

Empire of Sin è un gioco pieno di genio e sregolatezza come i suoi sviluppatori. I Romero hanno ricreato il mondo della criminalità organizzata degli anni venti con estrema cura, ma si sono persi nello sporco lavoro di rendere il gioco più accessibile e soprattutto meno ripetitivo nel lungo termine.

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Romero Games è una casa di sviluppo indipendente con parecchie peculiarità. É la nona casa di sviluppo di John Romero, icona del mondo dei videogiochi grazie allo sviluppo con Id Software del leggendario Doom, oltre che Wolfenstein 3D e Quake, e i membri sono soltanto due persone: John e sua moglie Brenda. Di conseguenza, vivo questa recensione tra la comprensione delle difficoltà che può avere un titolo indipendente composto da soltanto due persone e un’aspettativa che non può rimanere delusa, se gli sviluppatori portano entrambi il cognome Romero.

Del resto, i Romero non sembrano avere paura dei limiti che può avere un gioco sviluppato da solo due persone nel 2020, perché in Empire of Sin c’è dentro tutto quello che un amante dei videogiochi vintage potrebbe amare. Il titolo è un gestionale con un sistema di combattimento di uno strategico a turni, con una trama che segue le regole dei giochi di ruolo e un gameplay che permette di muovere il proprio gangster in giro per una città divisa per distretti, dove sarà possibile portare a termine una storia principale legata al proprio personaggio, quest secondarie e ovviamente la conquista dell’intera Chicago degli anni ’20.

Angelo Genna e i suoi tratti distintivi.
Angelo Genna e i suoi tratti distintivi.

L’esaltazione del probizionismo

Cinema e TV ci hanno permesso di avere un’idea abbastanza chiara d cosa fosse Chicago durante i primi venti anni del novecento, ma Empire of Sin va oltre le soap opera. Il gioco inizia con la scelta di uno dei 14 boss disponibili. Tutti delinquenti realmente esistiti e che hanno provato a conquistare la città americana. Dal noto Al Capone alla giocatrice d’azzardo Stephanie St Clair passando per l’italiano Angelo Genna, i boss di Empire of Sin sono ricchi di dettagli degni di un gioco di ruolo di spessore. Ogni boss ha i propri punti di forza e le proprie debolezze visibili attraverso l’eccessivamente ricca scheda del gangster. Infatti, oltre ai valori numerici avremmo anche modo di leggere biografia e tratti del personaggio che può guadagnare anche durante la partita in base alle scelte fatte.

I numeri saranno utili per capire la forza del boss in combattimento e per affrontare le conversazioni con delle prove a scelta del giocatore, che possono essere di persuasione, leadership o intimidazione. La biografia e i dialoghi che affronteremo, invece ci fanno realmente entrare nella Chicago del peccato con una forza che sta a metà tra una serie TV e un libro di storia contemporanea. I gangster sono senza alcun dubbio l’aspetto più bello del gioco con una caratterizzazione unica che potremo constatare quando incontreremo gli altri personaggi. Specifico che per “forza” non mi riferisco soltanto al minimale albero dei talenti che permette di diversificare boss e gangster in combattimento, ma soprattutto alla caratterizzazione di ogni boss e del suo modo di fare. Non a caso la diplomazia è una delle caratteristiche principali del gioco, anche se ci accorgeremo ben presto che tutto è più caotico di quanto vorremmo.

Un sitdown tra boss.
Un sitdown tra boss.

Una città in movimento

Chicago è divisa in svariati quartieri, composti da strutture che possono essere acquistate o conquistate con la forza. L’obiettivo primario è ottenere il controllo del distretto attraverso l’acquisizione degli edifici, che potranno essere usati per produrre alcol, avviare attività illecite, hotel o roccaforti per il nostro boss. Come in ogni altro gestionale, i nemici tenteranno di fare la stessa cosa stringendo alleanze, dichiarando guerre e conquistando territori. Tanto con noi che tra di loro.

Durante la mia avventura con Angelo Genna posso dire di aver vissuto una duplice realtà. Infatti, le prime ore di gioco, quando il denaro fatica ad arrivare, saremo vittima dell’impero altrui. Mi sono sentito continuamente sotto pressione e dire di no a un avversario ha significato iniziare una guerra non voluta, con una serie di battaglie che non sono stato in grado di affrontare causandomi il reaload della partita.

Però, una volta superate le prime difficoltà, i boss sembrano avere maggior raziocinio e sarà possibile stringere alleanze e accordi che possano aiutare noi e far arrabbiare gli altri, fino ad arrivare a un graduale astio che porta a una vera guerra tra più clan. Penso che si sarebbe potuto fare molto di più sotto questo punto di vista, ma è positivo che i boss avversari siano delle schegge impazzite piuttosto che personalità totalmente passive, come troppo spesso si vede in alcuni mediocri gestionali.

La mappa di Chicago.
Una parte di West Loop Gate, un quartiere di Chicago.

Un GDR inaspettato

Quando riusciremo a tenere a bada i nostri caotici nemici, potremmo anche decidere di andare avanti con le quest di gioco che mi hanno positivamente sorpreso. Non troveremo mai nulla del genere in titoli puramente gestionali come Civilization o Football Manager. Infatti, il nostro alter ego potrà stringere alleanze, tradire e soprattutto gestire la “famigghia” anche attraverso una componente narrativa di livello. Nessuna delle missioni è realmente primaria, poiché tutte evitabili, ma l’ingente quantità di denaro che possono portare in cassa e l’interessante risvolto nelle trama vi porteranno a volerne affrontare quante più possibili.

In alcuni casi, bisognerà solamente migliorare delle strutture, così da rendere più redditizio, o produttivo, un edificio, ma nella maggior parte dei casi sarà necessario andare in giro per la città con la propria gang per risolvere questioni più o meno spinose. In particolare, ho trovato molto interessante la storia di Genna con colpi di scena basati su scelte moralmente difficili e una costante presenza della morte come normale prassi della Chicago degli anni ’20.

Per capire l’importanza della componente narrativa, bisogna specificare che le quest sono fondamentali per il ritmo del gioco, perché ci saranno dei momenti in cui dovremmo aspettare di accumulare abbastanza risorse, cioè denaro o alcol, per poter proseguire nella nostra espansione. Momenti solitamente morti in altri gestionali, ma che in Empire of Sin sono un ottimo momento per portare avanti la storia del nostro boss o cambiare i connotati a qualche delinquente.

Empire of Sin ha elementi GDR interessanti.
Empire of Sin ha elementi GDR interessanti.

Tante scelte e poche conseguenze

Se sul lato narrativo, ogni nostra scelta avrà una conseguenza, lo stesso non si può dire su quello gestionale. Teoricamente le cose da fare sono tante grazie a un menù molto ricco. Infatti, oltre a gestire il nostro boss, potremmo arruolare altri gangster che ci daranno una mano nelle nostre scorribande. Specifico che è stupefacente il livello di dettaglio che ha ogni singolo gangster data l’enorme mole di personaggi disponibili, e sbloccabili attraverso la notorietà che guadagneremo come delinquenti andando avanti con il gioco.

Inoltre, oltre a poter acquistare equipaggiamento al mercato nero, i menù permettono di gestire il nostro impero migliorando strutture, gestendo la diplomazia e spulciando i guadagni e le produzioni che provengono dalle nostre attività e da quelle degli avversari per poter pianificare alleanze e guerre. La quantità di informazioni è realmente imponente, ma la scarsa leggibilità rende tutto molto opinabile, soprattutto nella versione Nintendo Switch. Infatti, impostare il gioco in un’ottica data-driven è semplicemente non necessario e vi dimenticherete velocemente dei menù per tornare all’azione. D’altro canto, quando vi servirà cercare una struttura, potrà essere impegnativo usare il joypad per muoversi tra i menù, facendovi domandare se non si potesse usare qualche scorciatoia per evitare ogni volta di dover lavorare tra tabelle e ordinamento di colonne per un’operazione di pochi secondi.

attività Empire of Sin.
Le nostre attività.

Guerre di potere

Ovviamente, in una città piena di crimine, ci aspettiamo di battagliare tanto e spesso. In effetti è così, ma la soddisfazione non è quella auspicata. Il sistema di combattimento a turni in stile X-COM, o visto che parliamo della versione per Nintendo Switch meglio dire Mario + Rabbids Kingdom Battle, è una scelta sensata, ma allo stesso tempo pessima nella sua concezione.

La maggior parte degli scontri saranno subito fuori un edificio o al suo interno. Per farla breve, le mappe saranno praticamente sempre uguali con degli interni che caratterizzano la struttura, ma che offrono poco in termini di varietà. Purtroppo, lo stesso senso di monotonia affligge il sistema a turni. Indipendentemente, dal punto in cui saremo arrivati nella partita, gli scontri saranno sempre gli stessi e vedranno il nostro team, composto dal boss e gli altri scagnozzi, affrontare una serie di guardie che ripetono sempre le stesse mosse.

Una lotta impari.
Una lotta impari.

Di per sé, Empire of Sin fornisce una variegata serie di azioni in combattimento. Tutte le unità possono attaccare con le pistole o corpo a corpo, ripararsi, presidiare una zona e usare oggetti come granate o medikit. Le tipologie delle armi fanno il resto, tra mitragliatori, fucili a pompa e fucili da cecchino. In aggiunta, i gangster possono sfruttare i loro talenti attivi tra cui “mosse finali” e cure. Per questo, quando affronterete una “boss battle”, cioè una resa di conti fra boss, la battaglia sarà impegnativa, perché faremo la conoscenza anche di altri gangster abbastanza coriacei.

Purtroppo, la maggior parte dei combattimenti, e saranno tanti, prevede una sfida contro le guardie che presidiano le strutture, che non avranno capacità extra e soprattutto sono dotati di un’intelligenza artificiale terribile. Capiterà spesso di vedere nemici avventurarsi in attacchi corpo a corpo finendo accerchiati dal nostro team e, in ogni caso, il computer non agirà mai in gruppo, ma si limiterà sempre a fare una scelta che oserei dire casuale. Se a tutto questo aggiungiamo che durante una guerra le nostre strutture più scoperte saranno prese di mira costantemente, ci saranno dei momenti di gioco in cui dovremmo affrontare anche quattro o cinque battaglie una dopo l’altra con esito scontato e noia mortale. Mai come in Empire of Sin sarebbe stato gradito un meccanismo di risoluzione automatica.

Momenti di crudeltà.
Momenti di crudeltà con poche texture (su Switch).

Un’arma inceppata

Fino a questo punto, si può dire che Empire of Sin è un gioco che ha un gran potenziale, molto del quale ancora inespresso. Inoltre, considerando che il team di sviluppo è composto da solo due persone, si può chiudere un occhio su tante sbavature, ma ce ne sono alcune che non si possono tollerare dai veterani della Romero Games.

Dopo aver preso dimestichezza con l’interfaccia grafica, il gioco comincia a prendere la giusta direzione, ma troppo spesso mi sono imbattuto in una serie di bug della user interface che ha reso Empire of Sin eccessivamente frustrante. Buona parte di questi riguardano la fase più debole, quella del combattimento. Infatti, spesso sarà necessario premere più volte lo stesso pulsante, perché a quanto pare l’interfaccia non riconosce sempre i comandi. Tante volte ho evitato di effettuare un “Overwatch”, un appostamento della zona, perché ero già cosciente di dover ripetere la stessa sequenza più volte prima che il gioco l’accettasse. Purtroppo, lo stesso problema è presente anche per gli spostamenti e il sistema di coperture mi ha fatto sorgere dei dubbi sulla sua correttezza.

Il problema peggiore che ho affrontato riguarda la perdita del mio miglior gangster dopo aver terminato una battaglia. In realtà, era ancora presente sull’interfaccia, ma era totalmente invisibile e non utilizzabile. Il classico spegni e riaccendi ha funzionato a discapito del ritmo del gioco, che comunque fa sempre fatica a ingranare a causa dei caricamenti. Considerate che passeremo la maggior parte del tempo a spostarci dalla visuale del distretto all’entrare in un locale. Ogni volta che lo faremo sarà necessario un caricamento di svariati secondi, così come per cambiare distretto, entrare in modalità battaglia o parlare con un boss. Tempi che aumentano ulteriormente quando siamo costretti a ricaricare una partita a causa di un bug o di un agguato eccessivamente punitivo.

Scontri all'aperto.
Scontri all’aperto.

Il porting su Nintendo Switch

Per questo test, ho provato la versione 1.01 di Empire of Sin. Devo dire che gli sviluppatori si stanno impegnando nel patchare il gioco, ma sapere che esiste su tutte le altre versioni una 1.02, mentre su Nintendo Switch dovremmo aspettare anche fino a fine mese, non mi ha fatto particolarmente piacere dato gli importanti problemi del titolo.

Nonostante questo, Empire of Sin funziona bene su Nintendo Switch, ma si poteva sicuramente fare molto di più data la tipologia di gioco molto adatta alla modalità portable. Infatti, graficamente il gioco risulta piacevole in modalità docked, dove la possibilità di avere un’opzione che allarghi le icone, permette di giocare senza affaticare gli occhi e godere di qualche texture carina. Poche a dire il vero, perché il livello di dettaglio soprattutto sulle luci è stato abbassato eccessivamente e dopo il lavoro che è stato svolto con giochi frenetici come Doom e The Witcher 3 su Nintendo Switch, dire che si poteva fare di più è un eufemismo.

In portabilità, il gioco rimane comunque gradevole e sono sorpreso di come siano riusciti a metter dentro tutti quei menù zeppi di informazioni e scritte senza renderle totalmente illeggibili. Di conseguenza, possiamo bilanciare la minor qualità grafica, comunque a tratti piacevole, con la possibilità di giocare in movimento e affermare che gli unici svantaggi rispetto alle altre versioni sono il ritardo nelle patch e, rispetto alla versione PC, l’impossibilità di usare mouse e tastiera che rende l’esperienza certamente meno frustrante.

Lo slang può essere ostico.
Lo slang può essere ostico.

Conclusione

Empire of Sin è un vero peccato. Il titolo ha tantissime idee buone che avrebbero meritato di essere sviluppate da un team composto da più persone, che potevano dare una mano a risolvere tutte le lacune di un gioco con tanto potenziale.

Il gioco dei Romero è forte sulla componente narrativa e sulla parte GDR del titolo, ma soffre una scelta troppo incauta sulla parte gestionale e del sistema di combattimento. In entrambi i casi, noia è la parola principale. Non voglio dire che non mi sia divertito nella Chicago del gioco, ma quando le missioni principali cominceranno a scarseggiare e dovremmo gestire la conquista di tutti i quartieri, Empire of Sin soffre dove dovrebbe essere forte, perché si tratta di ripetere in continuazione le stesse azioni fino al prossimo afflusso di denaro. Per quanto riguarda il combattimento strategico a turni, invece il titolo è semplicemente troppo acerbo e sarebbe stato consigliabile affidare questa parte del lavoro a un esperto del settore, perché si può far un gran lavoro anche con pochi tasselli come dimostrato da Ubisoft Milano con il suo Mario + Rabbids Kingdom Battle.

In altre parole, Empire of Sin è un gioco da lasciar decantare. Lo consiglio a chi è appassionato della criminalità organizzata dei primi anni del ‘900 e agli amanti del genere gestionale curiosi di provare dei titoli meno “puri”. In ogni caso, tranne che non abbiate la necessità di provare subito qualcosa di nuovo, consiglio di attendere qualche patch e magari un leggero calo di prezzo prima di avventurarsi nel proibizionismo statunitense.

Dettagli

  • Genere: gestionale, strategia, gioco di ruolo
  • Lingua: inglese
  • Multiplayer: no
  • Prezzo: 39,99 euro
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Football Manager 2021 è ora disponibile anche sulle console Xbox

Sports Interactive e SEGA hanno annunciato che Football Manager 2021 Xbox Edition è ora sul mercato. La serie torna sulle console Microsoft dopo oltre dieci anni di assenza in una versione semplificata basata sull’edizione Touch.

Il titolo manageriale calcistico più famoso del mondo torna su console dopo oltre dieci anni. Football Manager 2021 Xbox Edition ti porta sulle panchine più importanti del mondo in una versione pensata per sfruttare al meglio il controller Xbox. Realizzata sulla base della popolare edizione Touch, FM21 su Xbox è una versione semplificata di quella per computer, che offre stagioni più rapide e si concentra sui compiti principali dell’allenatore.

FM21 arriverà su Nintendo Switch entro la fine dell’anno.

Noi abbiamo recensito la versione PC. E voi, che edizione state giocando?