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State of Play di giugno 2022: tutti i giochi presentati

Lo State of Play di ieri ha dato inizio a quello che sarebbe dovuto essere l’edizione 2022 dell’E3. Durante la presentazione di 30 minuti, i PlayStation Studios hanno mostrato alcuni nuovi titoli tra indie e tripla A tanto attesi. Inoltre, c’è anche stato un piccolo focus sulla realtà virtuale, in quanto sono stati sia presentati, sia mostrati dei giochi per il PlayStation VR2, in uscita probabilmente quest’anno. 

Uno State of Play che inizia col botto: Resident Evil 4 Remake è realtà

Capcom ha finalmente annunciato ciò che tutti si aspettavano: Resident Evil 4 Remake, un titolo già largamente anticipato dai numerosi leak e rumor. In una breve clip, la software house giapponese ci ha fatto vedere sia un po’ di revamp dei design, sia la data d’uscita del gioco: 23 marzo 2023. Dulcis in fundo, è anche in sviluppo una versione per il PlayStation VR 2.

Spider-Man arriverà anche su PC

Un’altra esclusiva lascerà PlayStation. Sì, l’uomo ragno con il suo Marvel’s Spider-Man: Remastered arriverà su PC quest’anno. Quando? Il 12 agosto 2022. Dunque manca davvero poco e potrai divertirti e recuperare questo piccolo grande gioco. 

Horizon Forbidden West avrà un sacco di novità

Durante lo State of Play è anche stato annunciato un enorme aggiornamento per Horizon Forbidden West che da ora avrà il New Game Plus, difficoltà ancora più alta, la possibilità di ridistrubuire tutti i Punti Abilità e il transmog. Inoltre, proprio per l’arrivo della nuova difficoltà e il New Game Plus, sono stati implementati nuovi Trofei. 

A proposito di Horizon e PlayStation VR 2: Call of the Mountain

Horizon: Call of the Mountain è un’esperienza da vivere con l’headset PlayStation VR 2, sviluppata da Guerrilla Games e Firesprite. La finestra di lancio è 2022, ma ancora non si sa nulla dell’uscita del nuovo visore per la realtà virtuale, che escano insieme come bundle? Per ora non ci è dato sapere nulla.

PlayStation VR 2 punta in alto… e all’horror

Anche Resident Evil Village avrà una sua versione per la realtà virtuale, inoltre sono in arrivo anche No Man’s Sky e The Walking Dead: Saints and Sinners 2. Molto curioso ciò che hanno mostrato durante le scene di Village, dato che sarà possibile avere due armi alla volta, che siano dello stesso tipo o differenti. 

The Callisto Protocol: Dead Space next-gen?

The Callisto Protocol è uno dei titoli che viene considerato “quadrupla A”, nonostante questo, recentemente gli sviluppatori hanno deciso di fare un passo indietro e hanno fatto sapere che il gioco horror uscirà anche per console di ottava generazione: PlayStation 4 e Xbox One

Nel video mostrato durante lo State of Play è stato possibile vedere un po’ l’ambientazione e i nemici, insieme a qualche piccola sezione di gameplay (di cui una in particolare sembrava particolarmente legnosa, ndr). Fatto sta che tutto questo dava ai giocatori più “anziani” dei forti ricordi del titolo Dead Space, pubblicato da Electronic Arts.

Rollerdrome: tra pattini e pistole

Uno dei titoli indie presentati in questo State of Play è Rollerdrome, nella quale è possibile vedere una donna su pattini a rotelle sparare a nemici mentre esegue acrobazie. Lo stile grafico è davvero interessante e gli effetti fumettosi non fanno altro che aumentare l’interesse. Uscirà ad agosto.

Eternights unisce due generi diversi

Una vera sorpresa di questo State of Play è Eternights, per quanto riguarda i titoli “meno conosciuti”. Infatti, in mezzo a giochi molto più blasonati, il trailer mostrato ha catturato l’attenzione, poiché questo gioco uscire il gioco di ruolo action al dating sim. Anche se descritto così potrebbe sembrare un Persona, sono due titoli davvero differenti. Uscirà il prossimo anno sia su PlayStation 5, sia su PlayStation 4.

Final Fantasy XVI: un trailer esplosivo

Uno dei trailer più adrenalinici di questo State of Play è sicuramente quello di Final Fantasy XVI, dove abbiamo prima visto un piccolo intervento di Yoshida. Nelle immagini velocissime è stato possibile carpire alcuni dettagli del gioco, anche per quanto riguarda il gameplay e le lotte tra le invocazioni. Quando esce? Fra circa un anno: estate 2023.

Street Fighter 6: colori e colpi 

L’esistenza di Street Fighter 6 non è una novità. Sì, il picchiaduro è stato annunciato per la prima volta a febbraio 2022. Ma col lo State of Play di ieri abbiamo potuto vedere un piccolo momento di gameplay che si divide tra pugni, calci ed esplorazione di una mappa (che probabilmente farà da lobby per il multiplayer, ndr).

Tunic pronto ad approdare su PlayStation

Lo zeldiano Tunic arriverà anche su PlayStation 4 e PlayStation 5. Per il momento è disponibile solo su Xbox (anche tramite Xbox Game Pass, ndr) e PC. Quando arriva sulle console Sony? Il 27 settembre 2022

Season: A Letter To The Future fa riflettere

Scavengers Studio ha annunciato il suo nuovo gioco chiamato Season: A Letter To The Future che punta a far riflettere sul futuro e ciò che potrebbe essere “quando finirà la stagione”. Sarà disponibile sia sulle due console Sony, sia su PC da autunno 2022

Stray di Annapurna ha una data d’uscita

Stray è il nuovo gioco di Annapurna che chiude questo riassunto sullo State of Play. E potremmo davvero definirlo il “dolce alla fine”, visto che il titolo ha come protagonista un tenero gattino che dovrà fare in modo di superare tutti gli ostacoli senza farsi trovare mai, un po’ come Inside o altri giochi simili. Molto di questo gioco lo fa l’ambientazione, davvero ben realizzata, insieme alle animazioni del tenero gatto protagonista, che sembrano super-realistiche. Il gioco ha anche una data d’uscita, finalmente: 19 luglio 2022. E sarà anche disponibile gratuitamente per coloro che sono abbonati al PlayStation Plus

Ti ricordo che l’intero State of Play di giugno è disponibile sul canale ufficiale di PlayStation. Puoi recuperarlo a questo link.

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Play Festival del Gioco 2022: la mia fiera preferita

Il lockdown da Covid-19 ha fatto riflettere l’intera industria videoludica sulla bontà delle fiere. Diversi colleghi del settore si sono detti favorevoli nella cancellazione delle fiere “fisiche” a favore degli eventi digitali, di fatto preannunciando la cancellazione dell’E3 2022.

La mia posizione in merito è diametralmente opposta, ma conferma le analisi di alcuni giornalisti di settore: le fiere dei videogiochi sono indietro anni luce da quelle dei giochi da tavolo come Play Festival del Gioco 2022 di Modena; così tanto, che un appassionato di videogiochi come me, ritiene che il Play 2022 sia stata la miglior fiera di settore a cui abbia mai partecipato.

Il Play 2021 mi aveva dato ottime sensazioni, che avevo minimizzato perché la fiera ospitava molte meno persone del solito a causa della condizione sanitaria mondiale; infatti, una fiera con un numero limitato di espositori rende tutto molto più vivibile, e in generale, più piacevole. Però mi sbagliavo in merito a questa fiera; Play 2022 ha avuto 40mila presenze in fiera: un aumento del 70% rispetto all’edizione dello scorso anno, è stata ancora più divertente dell’edizione precedente, e adesso vi racconto la nostra giornata a ModenaFiere.

Fiera Play Festival Del Gioco 2022

Il mattino ha l’oro in bocca

Sabato 21 maggio – Bologna, ore 8:01. L’orario previsto per farmi trovare sotto casa di Alessio è appena passato; io sono ancora in casa a preparare l’occorrente per il breve viaggio, mentre mi districo tra messaggi di scuse, macchina fotografica e panini al salame.

Con un onesto quarto d’ora di ritardo, già preventivato dalla povera vittima, carico Alessio in macchina e recuperiamo anche Sebastiano sotto casa sua. Sono le 8:40, siamo ampiamente in ritardo, ma millanto puntualità e li convinco a fermarsi per la colazione. Tra goliardia e sprazzi di lucida organizzazione, arriviamo in fiera alle 9:30. Siamo dentro circa dieci minuti dopo.

Capire la fiera

La nostra routine fieristica è ormai consolidata. La mattina si capisce la fiera. Giriamo velocemente tutti i padiglioni e capiamo subito che questa volta sarà diverso da quanto visto l’anno passato. I padiglioni sono sempre gli stessi, ma il numero di espositori è largamente maggiore. Il totale è 150.

I grandi classici sono sempre presenti nel padiglione A: La Tana del Goblin, Asmodee e Giochi Uniti; ci torneremo nel pomeriggio per provare qualche gioco da tavolo così da riposarci con del sano divertimento. Subito accanto ci sono i giochi di ruolo: il nostro cuore pulsa, ma finiremmo per non lavorare e quest’anno ci sono tante persone con cui parlare e tante cose da scoprire.

Il padiglione B è una continuazione del precedente, ma sostituisce i GDR con i miniature games, dove Warhammer fa la voce grossa. Il padiglione D, lo scorso anno dedicato ai librogame, al Play 2022 è l’area dell’affascinante BG Storico. Infine, c’è il padiglione C, che contiene uno dei miei più grandi amori: i card games.

Un lavoro da libro-giocare

Siamo persone dai grandi valori: prima di tutto amici e lavoro. L’ultimo anno abbiamo coniugato tutto in un’unica parola: librogame. Abbiamo incontrato tantissimi addetti ai lavori che ci hanno concesso belle parole e sensazioni positive sulla fiera; in particolare, con enorme piacere incontriamo il pluripremiato Andrea Tupac Mollica, che abbiamo intervistato qualche mese fa. Suoi sono due nuovi librogame presenti al Play 2022: The Conan Gamebook (Sergi, Orsini, Costantini e Trenti – Editore: Officina Meningi) e Il Tesoro di Re Salomone (Watson Edizioni). In realtà, buona parte degli espositori hanno un pezzo di Mollica al suo interno, anche quello di Aristea con il loro nuovo gioco di ruolo fantasy esoteric, Rayn.

Il tour tra i librogame passa ovviamente tra Raven e Acheron Books, in cui tra gli altri incontriamo anche il nostro ultimo intervistato, Mauro Longo. Raven ha presentato quattro nuovi libro-gioco: I Bucanieri Shadaki di Joe Dever, La Ricorrenza di Jen D.Pine, Biblioquest: Il Libro dei Libri di Anna Aglietti e il Regno Dell’Ombra di Ian e Clive Bailey. D’altro canto, Acheron Books ci delizia sempre per i suoi fantastici titoli; l’ultimo arrivato è Sette Eoni in Tibet di Antonio Costantini.

Pomeriggio tra ricerca e conoscenze

Abbiamo finito fiato e parole, ma siamo appena a metà della giornata. I panini preparati questa mattina ricevono finalmente il giusto tributo. In questo momento di pausa, riordiniamo le idee e, solo adesso, ci accorgiamo che il primo piano ospita tornei e competizioni da tavolo. Finita la pausa, è il primo posto che visitiamo, ma il tempo vola e c’è qualcosa di speciale che ci attende.

Shakespeare in Love

Nella legenda della vasta mappa del Play 2022, c’è un nome che mi attira: videogames. Guardo più volte, ma non trovo nulla. Alla fine, i miei compagni di viaggio mi vengono in soccorso: B34B, il numero dell’espositore.

Ci troviamo di fronte a un cabinato con un’enorme scritta in pixel art: Shakespeare Showdown. Scopriamo che il titolo è prodotto da loro, attori di una compagnia teatrale con il supporto dello studio di sviluppo Jarsick. La compagnia, come tutto il settore artistico, ha sofferto il lockdown e ha cercato nel videogioco un rifugio per entrare in contatto con il pubblico.

Il risultato è Shakespeare Showdown, un videogioco 2D ambientato nel multiverso shakesperiano che propone cinematiche realizzate da attori in carne ed ossa digitalmente processati in pixel-art. La demo provata è migliorabile nel gameplay, ma il connubio tra veri attori e arte digitale è romantico. Sarà colpa di Romeo o di Giulietta, di Mercuzio o di Macbeth, ma non vediamo l’ora di poter provare la versione definitiva del gioco.

Il giusto epilogo

Manca solo un ultimo passo per completare la nostra consolidata routine. Abbiamo visitato l’intera fiera, fermandoci a chiacchierare con chiunque: dai retailer ai più importanti scrittori e produttori di librogame italiani. Abbiamo provato un affascinante videogioco indie italiano e guardato il competitivo nostrano in azione. Tutto questo tra lavoro e divertimento, perché al Play 2022 ognuno ha qualcosa da dire e l’organizzazione ci ha permesso di confrontarci con chiunque godendo, e non soffrendo, l’elevato numero di persone presenti in fiera.

Soddisfatti, portiamo a termine la nostra ultima missione: provare, e far provare, quei titoli che stuzzicano la nostra mente. Tra una partita a Star Realms, un Bang! con un gruppo di simpatici ragazzi conosciuti al tavolo e un impegnativo Dune: Imperium, il tempo è già finito. É il momento di rimetterci in auto, ma ora abbiamo una consapevolezza in più: gli eventi videoludici hanno tanto da imparare dai giochi da tavolo e dalla mia fiera, il Play Festival del Gioco 2022.

L’arretratezza videoludica

Le fiere videoludiche non riescono a creare la naturale interazione che si denota negli altri eventi di settore. Questa difficoltà è contemporaneamente causa e conseguenza della mancanza, in Italia, di una vera fiera del videogioco.

Eventi come Lucca Comics & Games, Romics e Napoli Comicon sono fiere che trattano vari argomenti e solitamente quello meno approfondito è proprio il videogioco, come confermato anche dalla nostra visita al Be Comics 2022 di Padova.

Anche per questo motivo, il Milan Games Week era la fiera di riferimento per il videogame in Italia, almeno fino a quando, come lo scorso anno, non hanno deciso di fonderla con il Cartoomics, riducendo lo spazio per l’intrattenimento digitale.

La scelta di non avere una fiera che parli solo di videogiochi è un allarme importante per un’industria in larga espansione, ma è giustificata dalla realtà dei fatti. Gli eventi videoludici italiani permettono di godere degli stessi intrattenimenti dei giochi da tavolo: parlare con gli sviluppatori, provare nuovi giochi, guardare la scena competitiva e ascoltare la parola degli esperti del settore. Purtroppo, ad eccezione dei dialoghi con gli addetti ai lavori, nel contesto del videogioco, tutte queste attività sono passive, poco coinvolgenti e soprattutto solitarie.

Provare un gioco da tavolo implica: qualcuno che ti spieghi l’opera; la condivisione con amici o addirittura con appassionati che stai conoscendo in quel momento. La maggior parte dei videogiochi in fiera, invece sono attività single player, spesso addirittura demo che potresti tranquillamente scaricare sulla tua console tra le mura domestiche. Questa noiosa abitudine porta spesso gli spettatori della fiera a provare i giochi in multiplayer locale nello stesso modo di quelli per un singolo giocatore. Questo crea una dicotomia tra il divertimento di giocare Bang! tra appassionati sconosciuti e la disagiante solitudine di affrontarsi in Super Smash Bros. Ultimate durante una fiera.

A questo punto, molti potrebbero puntare il dito nei confronti della community videoludica, ma bisogna notare che coloro che giocano ai videogiochi in fiera sono spesso gli stessi che provano i giochi da tavolo nei medesimi eventi. La vera differenza è l’atteggiamento con cui un videogame è proposto in fiera rispetto a un GDT; provare un gioco da tavolo significa concentrarsi sulla plancia e mettere alla prova il titolo con l’aiuto degli avversari.

Il videogioco invece è solitamente presentato dagli addetti, a cui probabilmente vengono date errate motivazioni su quale debba essere lo scopo della loro presenza, come un terreno di guerra, in cui conta solo vincere; infatti, in questi eventi, videogaming significa vendere il prodotto e creare competizione tra gli appassionati. Ovviamente ci sono le dovute eccezioni, ma queste sono, per definizione, rari eventi notevolmente lontani dalla regola comune; e fino a quando non si capirà che i videogiocatori vogliono condividere il gioco che stanno provando, insieme e non contro qualcuno, sarà meglio non avere una fiera esclusivamente dedicata al videogame.

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Gaming in Italia 2022: chi sono i videogiocatori italiani

Come ormai da cinque anni, IIDEA ha riassunto i trend di consumo del gaming in Italia. A partire dai dati, ho ricostruito il profilo del gaming e dei videogiocatori italiani nel 2022.

Chi sono i gamer italiani nel 2022

Il 44% del gaming italiano è costituito da donne. Il dato è in leggero calo rispetto al 47% del report di due anni fa, ma permane il forte contrasto tra la realtà e lo stereotipo del videogiocatore nei giornali generalisti.

L’età di riferimento del gaming italiano è composto da due fasce nettamente diverse. Per gli uomini, le due fasce principali sono: 45-64 anni (13,2% del 56% degli uomini che giocano) e 15-24 anni (12% del 56% degli uomini che giocano); le videogiocatrici donne sono in maggioranze nelle fascia 15-24 anni (11,9%) e 45-64 (10,6%). Il dato indica che l’età delle donne che giocano è molto simile a quella degli uomini. L’unica differenza rilevante si nota nelle fasce 11-14 e 25-34 anni.

La vera differenza tra videogiocatori e videogiocatrici è sul device utilizzato. La maggior parte del gaming italiano è consumato su un smartphone (o tablet). 9 milioni di persone utilizzano lo smartphone per giocare: 4,8 milioni sono gli uomini e 4,2 le donne. PC e console invece si equiparano con 6,9 milioni di persone a testa; di questi, la suddivisione è pari al 60% per gli uomini e il 40% per le donne.

Per quanto riguarda l’annosa domanda su quanto siano casual i videogiocatori italiani, il dato è chiaro, e in peggioramento, rispetto a due anni fa: il 65% degli intervistati dice di non giocare mai (rispetto al 61% di due anni fa). I valori sono sostanzialmente stabili per chi gioca ogni settimana e corrisponde al 27% (26% nel rapporto uscito nel 2020).

Sorprendentemente, i PC gamer sono coloro che giocano meno ogni settimana con 4,4 ore in media; seguono i gamer mobile (smartphone) con 5,2 ore. I videogiocatori più assidui sono, invece, i console gamer con 8 ore settimanali.

Unendo i puntini, il videogiocatore italiano abbraccia entrambi i sessi e due fasce d’età molto distanti (15-24 e 45-64 anni). La maggior parte di loro sono casual gamer, che apprezzano i giochi mobile, ma che non disprezzano anche forme d’intrattenimento più corpose solitamente disponibili su console o PC.

Un mercato app dipendente

Il settore videoludico ha risentito particolarmente della crisi dei semiconduttori. Ancora oggi non è facile acquistare una console next-gen; le schede video più interessanti, invece hanno prezzi proibitivi o sono vendute tramite kilometriche liste d’attesa. Inoltre, molti videogiochi sono stati rinviati. Tutte cause che hanno generato una flessione nelle vendite del software per PC e console, in calo rispetto all’anno precedente.

Il mercato software totale ha generato, nel 2021, vendite per 1.800 milioni di euro: il 57% (in calo del 4,7%) corrisponde alla vendita dei giochi per console o PC, ormai acquistati per la maggior parte in forma digitale.

Un dato estremamente interessante è il forte rialzo (+8,7%) del settore delle app, che mi aspetto siano per la maggior parte microtransazioni. Questa forma di acquisto di contenuti videoludici genera introiti per 762 milioni di euro, il 42,3% del mercato totale.

I videogiochi più venduti

I giochi più acquistati dai videogiocatori italiani nel 2021 sono: FIFA 22, Grand Theft Auto V e FIFA 21. Nulla di nuovo nelle prime due posizioni; la grande novità è il tonfo della serie CoD. Call of Duty: Vanguard (che abbiamo recensito) è solamente ottavo, ma bisogna tenere conto della data d’uscita (5 novembre 2021).

Conclusione

Non possiamo definire un profilo preciso del videogiocatore italiano in termini di sesso ed età. Il gaming in Italia è molto variegato: uomini e donne si equivalgono numericamente; lo stesso vale per l’età: superati i 14 anni, un po’ tutti giocano ai videogame con un’interessante picco nella fascia degli over 45.

Purtroppo, il gaming italiano è ben lontano dalla mia concezione di videogioco come medium al pari di film, telefilm e libri; infatti, per quanto riguarda il mercato console e PC, cioè il 60% del totale, il videogiocatore italiano gioca principalmente a FIFA, GTA e CoD. Il restante 40% preferisce soprattutto i titoli mobile, che non hanno di certo la profondità narrativa che ricerco in un videogioco.

Questa analisi è confermata dalla casualità del videogiocatore italiano: il 65% degli intervistati non gioca praticamente mai. Anche i casual gamer, che hanno trainato il mercato nel 2021, sono dei videogiocatori e sono la maggior parte. Però, mi chiedo se il settore videoludico italiano, e in particolar modo il suo giornalismo, stia facendo abbastanza per far capire a queste donne e uomini quanto sia interessante e variopinto il mondo dei videogiochi; un medium che può dare molto di più, ma che nell’immaginario della penisola è ancora recluso nel videogame come forma d’intrattenimento fugace.

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LAN-Gate: intervista a Fabio Asinardi, cofondatore delle Game Arena Akidragon

Sabato 23 aprile, Gold Fox ha inaugurato la Game Arena di Akidragon presso il centro commerciale “Il Giulia” di Trieste. L’evento ha attirato oltre 400 persone e coinvolto importanti streamer, youtuber, gamer e cosplayer del panorama nazionale. Trenta postazioni PC PRO, quattro simulatori Teleios e quattro simulatori KATWALK, che hanno rischiato di chiudere i battenti già otto giorni dopo.

Il 1 maggio, L’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli (ADM) ha messo i sigilli a tre sale LAN, tra cui l’eSport Palace Bergamo, che ha segnalato, e ingigantito, l’accaduto sui social network. Il motivo è un esposto presentato dal titolare della società Led S.r.l, Sergio Milesi; secondo l’esposto, le sale LAN (o eSport Bar/Game Arena) sono diretti competitor delle attività di gioco d’azzardo digitale e non rispettano le procedure e le norme delle classiche sale giochi.

Credits: JohnGubertiniPhoto – Foto Mauro

Ho contatto dunque l’entourage di Gold Fox che mi ha concesso un’intervista con il cofondatore Fabio Asinardi allo scopo di comprendere come gli eventi del LAN-Gate stiano influendo su questo importante nuovo progetto.

IlVideogiocatore.it: Qual è la situazione attuale per quanto concerne la Game Arena di Akidragon a Trieste?

Fabio Asinardi: Per quanto riguarda Akidragon, la Game Arena di Trieste rispetta le norme italiane; nonostante ciò, la proprietà ha deciso di chiudere qualche giorno per completare i lavori post-inaugurazione. Ma sono certo che la Game Arena sarà riaperta a breve, con un evento ad hoc per l’occasione.

IlVideogiocatore.it: Avete aperto una nuova attività e dopo pochi giorni l’ADM pone i sigilli su attività analoghe. Qual è il tuo stato d’animo in questo momento?

Fabio Asinardi: È necessario fare un po’ di chiarezza: l’ADM non ha posto sigilli sulle attività, ma ha sequestrato in maniera preventiva le apparecchiature ritenendole facenti parte dei cosiddetti “apparecchi da intrattenimento”; tuttavia, si tratta di una identificazione illegittima, poiché nessuna di queste apparecchiature rientra in tale categoria. Non nascondo che il provvedimento ci ha colto di sorpresa, ma siamo perfettamente consapevoli di aver sempre lavorato rispettando le normative italiane e siamo fiduciosi che tra poche settimane tutto questo sarà solo un ricordo.

IlVideogiocatore.it: L’esposto parla di mancanza di conformità a procedure e norme. Quali sono le mancanze imputate alle sale LAN?

Fabio Asinardi: L’esposto si riferisce a una mancanza di nulla osta per le apparecchiature di intrattenimento. I computer e le console a cui sono stati sottoposti i sigilli non fanno però parte dell’elenco in questione, da un punto di vista normativo. Se il sistema italiano valuterà che manchino delle norme o ne aggiungerà delle altre, saremo ben lieti di allinearci. Sottolineo, a costo di ripetermi, che abbiamo operato nel rispetto delle regole già prima del provvedimento.

IlVideogiocatore.it: Alessio Lana del Corriere della Sera ha affermato che è impossibile rispettare le norme imputate, perché troppo vetuste rispetto a una tecnologia che va troppo veloce. Qual è il tuo pensiero in merito?

Fabio Asinardi: C’è sicuramente la necessità di rimanere al passo con le ultime migliorie tecnologiche, una sfida in più per ogni forma di burocrazia, anche quella italiana. Attualmente nel nostro Paese esistono diversi codici ATECO grazie ai quali è permesso, per le attività che ne sono in possesso, mettere a disposizione computer e apparecchiature a noleggio per i propri clienti. Noi rientriamo in questa casistica, ma in un momento così confuso si è detto e scritto un po’ di tutto. Comunque la riflessione è valida. Spesso la legge è costretta a inseguire un mondo che ormai corre a una velocità spropositata. Direi che questo è il caso…

IlVideogiocatore.it: Secondo quanto riportato sempre dal Corriere della Sera, l’agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli ha 90 giorni di tempo per chiarire la situazione. Temi che le Game Arena possano realmente chiudere?

Fabio Asinardi: Non credo proprio che tale scenario sia possibile. Gli eSports sono una realtà importante non solo a livello italiano, ma mondiale. Le Game Arena sono una parte fondamentale di questo settore in crescita costante, un business che permette a tanti giovani imprenditori di trovare opportunità di investimento concrete, a dispetto di
molti altri settori in difficoltà in Italia. Dal nostro lato, inoltre, noi mettiamo a disposizione dei clienti il noleggio dei PC, come ci è permesso fare dalla legislazione italiana. Ma ho fiducia nelle istituzioni, sono sicuro che con la collaborazione di tutte le parti coinvolte si troverà una soluzione.

IlVideogiocatore.it: Paesi europei come Polonia e Francia supportano apertamente i videogiochi. Il CONI si è schierato a favore degli eSport Bar, ma l’opinione pubblicata italiana sembra ancora molto divisa sul medium videoludico. Quanto e come pensi che questa vicenda inciderà sul pensiero nazionale?

Fabio Asinardi: Dopo questo caso mediatico si può affermare che il pensiero comune sia a favore delle Sale LAN, non credo ci siano discrepanze di vedute in merito. Essere a favore significa promuovere un concetto di socialità e di condivisione sano per i giovani. Ha del paradossale chiudere un locale pubblico che permette alle persone, a giovani ragazzi in particolare, di stare insieme e confrontarsi. Ci sono spinte contrarie da parte di attori del mercato che vorrebbero trarre ancora più beneficio dal nostro settore, ma sono fiducioso che si arriverà a definire una normativa più chiara e snella che tuteli l’investitore e la sua attività.

IlVideogiocatore.it: Infine, cosa possono fare i videogiocatori per supportare le attività come la Game Arena di Akidragon in un momento in cui la tecnologia sembra scontrarsi con una burocrazia procrastinante sul tema videoludico?

Fabio Asinardi: I giocatori possono supportarci venendo nelle nostre sale aperte a giocare, aiutandoci a difendere le Sale LAN e dimostrando come esse siano luoghi di condivisione sociale e aggregazione. La cosa bella degli eSports è che intorno a queste pratiche videoludiche si crea un ambiente in cui i giocatori sono tutti uguali. Nelle Sale LAN, in particolare, non esistono distinzione di genere o discriminazione di alcun tipo, la nostra è una socialità senza barriere. E in un periodo storico come quello che stiamo vivendo, non ci sono valori più importanti da difendere e preservare.

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Be Comics 2022: quando la cultura pop dimentica i videogiochi

Il sabato appena trascorso lo abbiamo passato tra gli stand della Fiera di Padova, che ha ospitato il Be Comics 2022. Anche se il nome suggerisce una kermesse all’insegna del fumetto, si tratta di un «festival internazionale del fumetto, del gioco e della cultura pop».

In effetti, si è cercato di dare il massimo spazio possibile alla crossmedialità. Una scelta allineata ai nostri tempi, poiché ovunque ci giriamo c’è la costante ricerca di creare un unico prodotto, come Netflix ci insegna, che possa essere interscambiato con la medesima qualità tra film, serie TV, fumetti, romanzi e videogiochi. Purtroppo, la volontà di eterogeneità si deve scontrare con una realizzazione che sfavorisce alcune industrie a favore di altre: nel caso del Be Comics! 2022, i videogiochi sono gli sconfitti.

Gli ospiti del Be Comics

Siamo delusi da quello che abbiamo ascoltato sul tema dei videogiochi e, soprattutto, siamo infastiditi da due peculiarità: l’ottima qualità dei contenuti quando non si è parlato di videogame e lo spreco di potenziale di eccellenti oratori che di videogiochi sanno veramente parlare.

Ma Gamestop non vende videogiochi?

Gamestop TV con Kobe e Kafkanya del Be Comics 2022 è stato il motivo per cui ci siamo alzati dalla sedia. I due ospiti ci hanno piacevolmente intrattenuto con un simpatico, e intellettualmente onesto, siparietto sul nuovo canone di Star Wars. La conoscenza di Kafkanya sull’universo di Guerre Stellari non è in discussione, così come spesso i ragionamenti di Kobe trovavano fondamento sulle mie sensazioni in merito ad alcune opere mediocri della serie. Purtroppo, gli eventi sono precipitati quando dall’ottima premessa di parlare di Star Wars, un brand fortemente crossmediale come giustamente detto da Kafkanya, si è finito per glissare sull’enorme mole dei videogame ad esso dedicati: sono oltre cinquanta.

Kobe e Kafkanya hanno risposto alla domanda su quelli da giocare assolutamente con due titoli: Star Wars Jedi Fallen Order e Star Wars Eclipse, che non vedrà la luce probabilmente nemmeno in questa generazione di console. Possiamo comprendere che alcuni titoli sono decisamente vetusti: consigliare a un pubblico pop la serie Star Wars Jedi Knight oppure lo strategico L’Impero in Guerra può suonare anacronistico, ma EA ha un parco titoli decisamente ampio e contemporaneo. Possiamo chiudere entrambi gli occhi e tralasciare Star Wars Battlefront (2015), ma è possibile non spendere una parola su Star Wars: Knights of the Old Republic mentre alle loro spalle veniva mostrato il trailer del remake annunciato di recente?

Marchetta Pokémon

Pokétonx è un profondo conoscitore del franchise Pokémon; Pietro Spina è un abile oratore e scrittore videoludico. E proprio per questo siamo affranti dalla narrazione di Leggende Pokémon: Arceus. Quando due profondi esperti del franchise si confrontano su un gioco così sperimentale, le tue aspettative sono alte, poiché a distanza di quasi due mesi dall’uscita dell’opera, si possono tirare le somme su quali siano i risultati dell’esperimento e cosa, di Leggende Pokémon: Arceus, si può portare sulla serie principale. E se ce lo chiedete: sì, le prime due persone a cui avremmo posto queste domande sarebbero stati proprio Pokétonx e Pietro Spina.

Purtroppo, i trenta minuti a disposizione dei due appassionati di Pokémon si sono conclusi con una dimostrazione pratica di quello che possiamo vedere sul nuovo aggiornamento gratuito del gioco e pochi altri dettagli non rivelati sotto il sacro comandamento del non spoilerare. Non abbiamo avuto modo di averne conferma, ma la sensazione è che qualcuno abbia abbozzato in fretta e furia un canovaccio da seguire scrupolosamente: aggiornamento gratuito; no spoiler; Pokémon Scarlatto e Pokémon Violetto. In altre parole, quanto di più sbagliato possibile quando hai tra le mani due talenti che possono rendere veramente interessante una conversazione sul brand Pokémon.

Gli espositori presenti al Be Comics

Il primo campanello d’allarme è riecheggiato quando io e Sebastiano abbiamo visto gli espositori suddivisi per categoria. Il rapporto tra la differenti sezioni parlano chiaro: tra Comics & Books e Gaming & Esportshow c’è un rapporto di sei a uno; tra Games (giochi da tavolo e affini) e videogiochi è due a uno. A questi bisogna aggiungere anche tutti gli store che contengono per la maggior parte action figure, carte collezionabili, fumetti, romanzi, giochi da tavolo e praticamente nessun videogame.

Per dirla in altri termini, gli stand dedicati al gaming sono stati solamente quattro. Ovviamente la qualità supera la quantità e precisiamo che la Gaming Zone di GameStop (partner dell’evento) è la più grande dell’intero festival. Purtroppo però si tratta dello stesso stand che siamo abituati a vedere praticamente in tutte le fiere nazionali in cui è possibile provare, in ordine cronologico: una demo di Kirby e la Terra Perduta; un paio di giochi usciti da relativamente poco tempo, Triangle Strategy (che abbiamo recensito) e Leggende Pokémon: Arceus per Nintendo Switch; videogiochi con ormai quasi un anno o più alle spalle come Assassin’s Creed: Valhalla, Resident Evil Village o addirittura God of War.

Conclusione

Vogliamo essere sinceri: possiamo accettare che gli espositori di gaming siano pochi e decisamente mediocri, ma ci dispiace che siano state sprecate importantissime opportunità per parlare di videogiochi e crossmedialità con conoscenza e intelligenza. I numeri del 2021 parlano chiaro: i videogiochi sono un settore da 180 miliardi e si stima che si arriverà a 220 miliardi nel 2024, senza dimenticare il fenomeno degli eSport, in continua crescita, con montepremi milionari e giocatori professionisti. L’informazione italiana sta mancando enormi opportunità: parlare di un videogioco di Satoshi Tajiri come parlerebbe di un film di Christopher Nolan; valutare e commentare gli eventi di Star Wars: Episodio III e Rogue One: A Star Wars Story con quanto accaduto in Star Wars Jedi: Fallen Order. E quale migliore occasione del Be Comics: «festival internazionale del fumetto, del gioco e della cultura pop»?

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Microsoft acquisisce Activision Blizzard: gli obiettivi di Spencer e Nadella

La notizia dell’anno potrebbe essere già arrivata: Microsoft ha acquisito Activision Blizzard per la cifra monstre di 68,7 miliardi di dollari. Le aspettative sono alte: una spesa di questa portata, dieci volte superiore ai 7,5 miliardi di dollari spesi dalla stessa Microsoft per  ZeniMax Media (Bethesda), dovrà necessariamente cambiare le sorti del settore dei videogiochi.

Come già chiarito da Bobby Kotick, CEO di Activision Blizzard, sarà necessario almeno un anno prima di completare l’operazione; di conseguenza, per almeno tutto il 2022, Activision Blizzard agirà in modo (più o meno) indipendente da Microsoft. Dal 2023, però Microsoft potrà lavorare sui suoi obiettivi, già chiariti dalle ultime dichiarazioni ufficiali dell’amministratore delegato di Microsoft, Satya Nadella: «L’acquisizione pianificata include franchise iconici di Activision, Blizzard e King come Warcraft, Diablo, Overwatch, Call of Duty e Candy Crush, in aggiunta a tutte le attività mondiali degli eSport attraverso la Major League Gaming».

Xbox + Activision Blizzard King

Le grandi IP

Ogni videogioco citato da Nadella è una pedina nello scacchiere strategico di Microsoft. Call of Duty, i franchise Blizzard e Candy Crush sono tre prodotti molto diversi, ma che esprimono pienamente i motivi dell’operazione.

Call of Duty

CoD è la ragione per cui molte persone giocano ai videogame; non a caso, a maggio 2021, Activision Blizzard ha annunciato 150 milioni di utenti attivi al mese tra CoD: Warzone e Mobile. Mi aspetto dunque che, nella mente di Satya Nadella, Call of Duty possa diventare l’ambasciatore di Microsoft Gaming nel mondo, con buona pace di Master Chief. Questo implica che ci sono valide ragioni per credere che Call of Duty diventerà un’esclusiva console Xbox. Basta guardarci indietro per leggere che Phil Spencer aveva proclamato libertà nella scelta delle piattaforme per i titoli Bethesda, salvo poi annunciare che The Elder Scrolls VI sarà un’esclusiva (console) Xbox.

Il rilancio di Blizzard

Nadella ha chiarito subito quanto Warcraft, Diablo e Overwatch siano importanti per Microsoft. Aggiungerei “per fortuna!”. Activision si è impegnata quanto più possibile per far diventare i titoli Blizzard mediocri, obiettivo largamente raggiunto da Kotick. Dopo la fusione del 2008, Blizzard è incappata in una serie di errori, che hanno diminuito la sua popolarità e, in certi casi, gli hanno causato diverse brutte figure: Diablo 3 non ha rispettato le aspettative degli utenti; Heroes of the Storm è stato dichiaratamente un fallimento; Overwatch è entrato in difficoltà dopo un anno dall’uscita e Warcraft 3: Reforged ha distrutto la credibilità di un’azienda basata sulla cura maniacale dei dettagli.

Satya Nadella e Phil Spencer ben conoscono la situazione e sono certo che si cureranno del marchio Blizzard per riportarlo in auge. Del resto, basterebbe farli tornare alla loro indipendenza, come già avviene per altre software house di Xbox Game Studios.

Il futuro è mobile

Infine, l’ultimo titolo citato da Satya Nadella è Candy Crush di King.com. Una parte dei videogiocatori potrà dissentire, ma Candy Crush può essere per Microsoft il cavallo di troia per imporsi nel settore mobile. Anche Phil Spencer è stato chiaro in merito: «La verità è che le piattaforme di gaming più grandi del pianeta sono i dispositivi mobile, che sono controllati da due aziende. Questa è la nostra opportunità per competere nella più ampia piattaforma del gaming, che sono i device mobile, è qualcosa di estremamente importante per noi». Gli investimenti di Microsoft nel settore implicheranno probabilmente nuove tecnologie, come i Metaverso e il cloud gaming, ma Candy Crush può supportare questa transizione garantendo all’azienda di Redmond il bene più importante quando ci si immette in un nuovo settore: la conoscenza.

Xbox Gaming leadership team

Xbox Game Pass

­«Infine, offriremo quanti più giochi Activision Blizzard possibili all’interno dell’Xbox Game Pass e PC Game Pass, sia nuovi titoli che giochi presenti nell’incredibile catalogo di Activision Blizzard. Inoltre, annunciamo oggi che il Game Pass ha raggiunto quota 25 milioni di iscritti». Con queste parole Phil Spencer ha introdotto l’argomento più interessante per le economie di ogni videogiocatore. Oltre ai giochi già citati, il catalogo Activision Blizzard contiene diversi franchise di alto profilo: Crash Bandicoot, Spyro, Sekiro (o Tenchu) e Tony Hawk’s sono serie note a tutti. Inoltre, Microsoft potrebbe decidere di riportare in vita anche altre IP. Tra queste, non posso non citare alcune che hanno avuto un impatto importante durante la mia adolescenza: Caesar, True Crime e Lost Kingdoms.

Da buon possessore di Xbox Series X, ho già avuto modo di apprezzare l’enorme catalogo del Game Pass. L’abbonamento Microsoft è perfetto per chi, come me, ama provare diverse esperienze di gaming, grazie all’elevato numero di titoli indie e doppia A, spesso di altissimo profilo ma ingiustamente poco conosciuti (si veda per esempio Death’s Door, appena aggiunto). D’altro canto, i casual gamer, che non hanno ancora grandi motivi per usare il servizio Microsoft, potrebbero cambiare idea; infatti, l’idea di pagare solamente nei mesi in cui si gioca a CoD può essere economicamente vantaggioso, se non addirittura obbligatorio in caso di esclusiva console.

Major League Gaming

Ogni anno publisher e software house devono decidere quale sarà la console di riferimento per il competitivo del proprio gioco. In assenza di una standard di cross-platform valido, attualmente le scelte possibili sono due: organizzare tornei per ogni console su cui è disponibile il videgioco oppure scegliere una console di riferimento. Quest’ultima opzione impone spesso i pro player a scegliere una console su cui basare i proprio allenamenti e la propria carriera. Fino ad oggi, la scelta ha avuto un solo nome: Sony PlayStation.

L’acquisizione di Activision Blizzard da parte di Microsoft potrebbe però cambiare il trend grazie anche alla Major League Gaming. Il Pro Circuit di MLG include tutta la serie Call of Duty; di conseguenza, portare i pro player su Xbox Series X attraverso CoD potrebbe essere la spinta necessaria per portare nuovi giocatori e rinvigorire l’appeal del competitivo Xbox, mai realmente esistito.

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Videogiochi: i numeri del 2021

Il 2021 è prossimo alla conclusione, e come ogni fine anno è tempo di fare bilanci, anche in materia di videogiochi. Questo doveva essere ricordato come il primo assaggio di next-gen, di tutte le novità che avrebbero portato PlayStation 5 e Xbox Series X|S, ma un po’ a causa della pandemia, un po’ a causa dei tanti gamer al momento scontenti, non abbiamo ancora assistito a un netto step generazionale. Per analizzare il 2021 ci siamo affidati ai dati pubblicati da Gameindustry.biz e Newzoo, che ogni anno forniscono spunti interessanti per fare una riflessione e posteriori di quello che è successo nel mondo del videogioco. 

Il 2021 dei videogiochi

Innanzitutto, rispetto all’anno precedente le revenue sono in crescita: +1,4%. Parlando di numeri incredibilmente alti, significa un incremento di quasi 3 miliardi nel complesso. Rimane più o meno stabile il mercato PC, mentre cresce del 7% quello mobile, a dimostrazione di un mercato che ha ancora molte potenzialità e tante cartucce da giocarsi nei prossimi anni. Il 2021 segna invece una mini-crisi per il mercato console, che nel giro di 12 mesi ha perso il 6,6%. Il software sta diventando sempre più digitale: includendo tutte le piattaforme, solo il 6,6% è riferito all’acquisto del fisico: nel 2020 rappresentava il 9%. Il 99% del mercato PC è digitale, mentre per quel che riguarda le console c’è ancora una componente del 22,7% legata al fisico. In entrambi i casi le percentuali riferite al digital sono in crescita, guadagnando l’1% su PC e il 5,3% su console.

La situazione del mercato dei videogiochi nel 2021.

I videogiochi discussi in rete nel 2021

Nel 2021 più coperti in rete sono Fortnite e Cyberpunk 2077, esattamente come 12 mesi fa, ma in entrambi i casi c’è un calo sugli articoli pubblicati: nel 2020 superavano entrambi quota 70 mila, mentre nell’anno appena concluso si fermano rispettivamente a 60 e 43 mila. Non è stato un anno di prodotti che hanno particolarmente scaldato il cuore degli appassionati, visto che le new entry sono “solo” Resident Evil Village , Battlefield 2042 e New World. Lato companies, invece, è Nintendo la più coperta, con 360 mila articoli e oltre 110 mila di vantaggio rispetto alla seconda in classifica, Microsoft. Sony è la terza compagnia più citata, con un distacco di 70 mila su Microsoft. Per concludere la top 5, Epic games si posiziona davanti a Ubisoft. Tutte e 5 sono in calo rispetto all’anno precedente. I prodotti più cercati su Google risentono ovviamente delle mode: nel 2020 si parlava moltissimo di Among Us e Valorant, quest’anno invece compaiono IP tornate nel 2021, come Battlefield, Resident Evil, Call of Duty o FIFA. Fra i teaser e i trailer rilasciati nel corso del 2021, quello più apprezzato è stato Battlefield 2042, con oltre 22 milioni di visualizzazioni.

PlayStation 5, molestie, processi

Si parla anche di PlayStation 5, praticamente introvabile online, che nonostante tutti i problemi legati alla produzione, è stata la console di Sony che ha raggiunto più velocemente le 10 milioni di unità vendute. Il fatto che ora la scarsità sia una notizia di rilevanza mondiale, a differenza di quanto accaduto con la PS4, fa capire quando ad oggi il pubblico videogiocatore sia aumentato: secondo Newzoo, nel 2013 il mercato aveva un valore di 70 miliardi e i gamer erano “solamente” 1,2 miliardi (nel 2021 sono 3 miliardi). La stessa cosa si potrebbe dire per Microsoft, visto che Xbox Series X|S sta vendendo più della Xbox One, ma nonostante tutto se ne sottolinea l’introvabilità in negozio e online. Curiosi i numeri, anche un po’ polemici rilasciati da Gamesindustry, su fatti decisamente importanti accaduti negli ultimi 12 mesi: 3, le volte che il governo statunitense ha investigato Activision Blizzard; 0, i CEO che si sono dimessi dopo aver gestito situazioni di crisi legate al clima e ai rapporti all’interno dell’azienda in Riot Games, Ubisoft e Activision Blizzard; 16, i giorni di processo nel caso che ha visto Apple ed Epic Games sfidarsi in tribunale; 400 milioni, la cifra raccolta da Star Citizen grazie al crowdfunding, ma che però non ha ancora portato a una release definitiva.

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Vendono di più delle console che le hanno precedute, ma sono ugualmente introvabili.

Lo sport del futuro è esports

Gli esports sono uno dei trend degli ultimi anni. I gamer vengono ormai comunemente definiti atleti, e l’intero settore viene trattato alla pari di un qualsiasi sport tradizionale: da questo punto di vista, anche in Italia, c’è stato un grandissimo salto culturale. Ad oggi gli esport valgono complessivamente poco più di un miliardo di dollari, con un +14,5% rispetto al 2020. La maggior parte delle revenue è legata a sponsorship, che corrispondono attualmente a circa il 60% del totale. Il pubblico che segue competizioni di questo genere è pari a 465 milioni di utenti, diviso abbastanza equamente fra chi si interessa costantemente del settore e ne è appassionato, e chi invece è un sostenitore occasionale. Anche in questo caso parliamo di numeri in crescita, dal momento che si è registrato un incremento del 6,7% sui numeri del 2020, corrispondenti a circa 30 milioni di nuovi spettatori negli ultimi 12 mesi.

Le voci in cui vengono divise le revenue legate agli esports, nel 2021.

Cosa dice il futuro?

Stando alle previsioni di Newzoo, nel 2024 il mercato dovrebbe attestarsi quasi a 220 miliardi di dollari in totale: oltre la metà di questa cifra si dovrebbe riferire al settore mobile, che beneficerebbe non poco della graduale diffusione del 5G, permettendogli di superare abbondantemente quota 100 miliardi complessivi. Il cloudgaming vedrebbe quadruplicare nel giro di 3 anni le revenue, passando dagli attuali 1,5 miliardi agli oltre 6 miliardi nel 2024: lo sviluppo di ulteriori tecnologie e l’entrata in questo campo di ulteriori attori permetterebbe un processo che, vista la “crisi” del fisico, sembrerebbe più che scontato. Gli esports, secondo le stime, vedrebbero le revenue salire del 50% circa, attestandosi sui 1,6 miliardi, grazie anche alla spinta di un pubblico che da quasi 2 anni attende di tornare a vedere le competizioni dal vivo.

Sarà veramente così il mercato nel 2024? Difficile dirlo adesso, dal momento che stiamo attraversando un periodo di incertezza a livello globale. Quello che però è certo, è che il biennio 2020-2021 ha dimostrato che nonostante tutto quello che di negativo sta accadendo nel mondo, i videogiochi sono destinati a crescere, spinti da una domanda costantemente in crescita che con le nuove console troverà strade alternative per essere soddisfatta.

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Milan Games Week 2021: la fotografia del gaming italiano

Durante l’ultimo weekend, la Fiera Milano ha ospitato l’evento completamente dedicato ai videogiochi più importante d’Italia, la Milan Games Week. Dall’edizione del 2014, il festival è entrato nel circuito europeo insieme alle edizioni di Parigi, Madrid e Varsavia. Questo rende l’evento fieristico prestigioso e i videogiocatori italiani hanno risposto con grande entusiasmo; infatti, il sold out non è figlio dell’evento storico particolarmente delicato che stiamo vivendo con la pandemia da Covid-19, ma la necessità della comunità videoludica di rivedersi per condividere una passione.

L’evento ha previsto la comunione della fiera videoludica con il Cartoomics, ma ho passato la maggior parte del mio tempo ad assaporare il gaming italiano per comprenderne la sua evoluzione, dopo questo lungo periodo di pausa. Dalla Milan Games Week mi porto a casa tre peculiarità che contraddistinguono il settore videoludico, in particolare quello italiano: i match e tornei dell’eSport, l’indie dungeon e ovviamente le interviste e gli show di alcune delle personalità più influenti del settore.

Esport, il motore del gaming italiano

Sarà sufficiente guardare la classifica dei giochi più venduti fino a Natale per capire che i videogiocatori italiani amano la competizione. Come dimostrato dalle ricerche di IIDEA durante questi anni, FIFA 22 e Call of Duty: Vanguard saranno i titoli più apprezzati; il motivo di questa scelta risiede nella necessità di competizione del gamer, in particolare quello più giovane. A partire da questo, potrete facilmente intuire quanto abbia apprezzato, durante l’Intel Esport Show, in egual misura le prodezze degli eSporter e la passione del pubblico, che ha mostrato quanto i videogame uniscano lo sport e l’intrattenimento in un unico medium capace di dare enormi emozioni e soddisfazioni.

Non siamo ancora all’elevata mole di spettatori d’oltreoceano, ma la passione del pubblico è in netto aumento e la si può constatare solamente se si è presenti in eventi tematici come la Milan Games Week. Agli occhi dello spettatore italiano contemporaneo, una prodezza dalla durata di un istante di Pow3r equivale a dribbling secco di Chiesa o un ace di Berrettini. I freddi numeri lo dimostrano, ma soltanto presenziare a un evento dal vivo fa percepire l’intrattenimento sportivo degli eSport.

Indie Dungeon

Parlare con gli sviluppatori è il motivo per cui amo andare in fiera. Esattamente come già avvenuto al PLAY di Modena, ho dedicato la maggior parte del mio tempo al confronto con diversi sviluppatori e imprenditori italiani sul settore videoludico e la sua evoluzione. Da qui lo spunto che come Paese dobbiamo fare ancora tanto; banalmente perché le istituzioni non riescono a mantenere il passo dei nostri talenti, che si sono esaltati durante lo show meneghino.

I giochi mostrati all’Indie Dungeon erano dodici, di cui due hanno attirato la mia attenzione perché portano in Italia uno dei generi più apprezzati dagli amanti della scena indipendente: i metroidvania.

The Darkest Tales

Già noti per Bud Spencer & Terence Hill – Slaps And Beans, Trinity Team ha presentato The Darkest Tales; un metroidvania crudo, a tratti splatter che unisce l’acume del genere con la cultura italiana. La trama racconta di un orsacchiotto che entra nella mente della padroncina, verosimilmente malata, con l’obiettivo di difenderla dai suoi stessi incubi. Il risultato è un metroidvania scandito da una voce narrante, similmente a quanto già visto in Lost in Random, ma con la sagacia di alcuni dei personaggi italiani più amanti come Pinocchio, ma in salsa horror.

The Perfect Pencil

Un’altra faccia della medaglia è il metroidvania di Studio Cima, The Perfect Pencil. Il titolo prevede che il protagonista affronti un ambiente che rispecchia le sue paure. Tratto dal percorso personale del creatore, Stefano Rauzi, The Perfect Pencil può essere affrontato in due modi: come un classico gioco del suo genere, sfruttando quindi riflessi e colpo d’occhio tipici del gameplay di un metroidvania oppure usando l’abilità peculiare del protagonista; infatti, una volta riempita una parte della propria matita, potrà sfruttare la camera sul suo volto per scoprire importanti segreti del livello o della trama.

Inutile dire, che oltre al gioco, ci sono sempre le persone. Conoscerle in eventi come la Milan Games Week mi ha dato maggior empatia con la loro creazione, sensazione a volte difficile da provare con una demo su Steam, magari giocata in un momento di apatica noia. Le fiere servono a questo, ad aggiungere la quarta dimensione, dove il proprio tempo si unisce a quello degli sviluppatori, in uno scambio interessato di opinioni ed interessi.

Show Pokémon

Gli eventi disponibili tra il Main Stage e The Square hanno fatto passare il tempo velocemente e con estremo piacere mi sono accorto che il brand Pokémon è vivo e vegeto. Approfittando dell’imminente uscita di Pokémon Diamante Lucente e Perla Splendente, mi sono reso conto che avere trentuno anni e giocare ai Pokémon è qualcosa di assolutamente comune, come dimostrato da Francesco Pardini. Anzi, la bellezza dei Pokémon è che non esiste un’età definita per amare il franchise; infatti, ho conosciuto ragazzi e ragazze di tutte le generazioni, che amano un brand che ritenevo fosse interessante solamente per i giovani vecchi della mia età.

La Milan Games Week mi ha mostrato che mi sbagliavo. Il franchise Pokémon, nonostante i diversi errori di Game Freak negli anni, è ancora estremamente importante, anche grazie alla capacità di evolversi su più fronti. La minuzia del competitivo ha permesso agli eSporter di Pokémon Spada e Scudo di diventare delle figure di riferimento del panorama videoludico italiano, ma i mostriciattoli si prestano anche a veri e proprio talk show che sembrano destinati a trasformarsi in base al medium di riferimento, ma mai a morire.

Conclusione

La fotografia del Milan Games Week 2021 mostra la necessità dei videogiocatori di esprimere la propria passione oltre al gioco in sé. I videogiochi non possono essere più visti come un passatempo solitario, semplicemente perché si sono evoluti. La nostra soggettività ci dirà se in meglio o in peggio, ma l’evento di Milano è il manifesto ideale per far comprendere come il videogioco sia un medium che crea connessioni sociali, che diventa comunità in eventi dal vivo. Nulla di nuovo, ma rendersene conto dopo uno stop forzato, ha decisamente tutto un altro sapore.

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Modena PLAY 2021: perché è bello andare in fiera

Lo scorso weekend, Modena Fiere ha ospitato il PLAY: Festival del Gioco 2021, la kermesse emiliano-romagnola del gioco. Parteciparvi è stata ancora una volta un’esperienza intensa e divertente, ma tutte le sensazioni sono state amplificate dal lungo stop causato dall’emergenza epidemiologica da COVID-19. Emozioni di cui sentivamo la necessità e che dopo averle riprovate, non possiamo farne a meno.

L’evento digitale non basta

La pandemia di COVID-19 è un evento che le prossime generazione leggeranno nei libri di storia e qualsiasi evento mondano andava giustamente fermato. Fortunatamente, la tecnologia ci è venuta in soccorso anche in queste piccole necessità, permettendoci di distrarci da una situazione così terribile; anche i format più consolidati come l’E3 (2021) o il Gamescom sono scesi a patti con gli eventi digitali. Tutto quello che abbiamo visto in questo anno e mezzo non è altro che un lungo video, che ci ha informati, ma non appagati.

Se da un lato gli show online hanno permesso anche a chi non poteva andare alle fiere di assistere interamente agli show, chi invece vuole portare la propria passione su un altro livello è rimasto deluso. Del resto, in un evento digitale non è possibile conoscere nuove persone, provare delle demo confrontandosi con altri appassionati o addirittura con gli autori, scoprire nuove nicchie… poiché quel piacere è occultato da noiosi menù a tendina e una moltitudine di informazioni celate. Al PLAY 2021 invece, siamo riusciti a fare proprio quello che ci mancava di più.

La fiera e le persone

In questa edizione abbiamo avuto la possibilità di incontrare svariate nuove persone, che hanno arricchito il nostro bagaglio culturale. Abbiamo avuto la fortuna di conoscere autori di librogame; parlare con creatori di videogiochi indie impegnati nella lotta all’hikikomori, il fenomeno che spinge le persone ad abbandonare la vita sociale a favore di veri e proprie fasi di isolamento fisico e mentale; avere sempre qualcuno al nostro fianco che ci spiegasse una meccanica di gioco quando i dubbi non ci permettevano di proseguire nella partita. Gli eventi fieristici si basano sull’interazione delle persone: il PLAY 2021 è stato un continuo scambio di opinioni accompagnato da un elevato senso di responsabilità da parte degli espositori, che igienizzavano continuamente le proprie postazioni, e degli spettatori che hanno sempre rispettato le norme di sicurezza previste.

La fiera e le nicchie

Il PLAY 2021 non ci ha mostrato esclusive mondiali, ma ci ha fatto conoscere tante piccole nicchie che hanno attirato la nostra attenzione.

Il librogame, più una rivincita che una nicchia, è stata una piacevolissima scoperta di cui chi vi scrive conosceva le meccaniche, ma non aveva mai visto la passione che li circonda. Scrittori, disegnatori e tanti altri addetti ai lavori che si spendono per continuare a evolvere un genere che si dava per finito con l’avvento di film interattivi e videogiochi e che invece ha imboccato un proprio percorso di crescita virtuoso. Tornare a casa con la copia autografata da Andrea Tupac Mollica e Katerina Ladon di Hong Kong Hustle è un piacere immenso, che nessun evento digitale può dare.

In una fiera dove giochi da tavolo, giochi di ruolo e card game sono i padroni di casa, è stato sbalorditivo trovare una visual novel indie che ci ha fatto vivere un intenso momento di introspezione. Nostalgici Anonimi è un modo alternativo di narrare che Hufu e MITE (fondazione senza fini di lucro che favorisce il massimo livello possibile di benessere dei minori) hanno usato per affrontare il tema dell’hikikomori. Nel mio caso, è stata anche l’occasione per un’interessante conversazione con il creatore del gioco, che ha basato il suo titolo sull’importanza di accettare se stessi, rispettando l’ambiguità del carattere umano come somma di pregi e difetti.

La fiera e le demo

Provare nuovi titoli è abbastanza scontato anche negli eventi digitali, ma farlo con qualcuno che ti aiuta a padroneggiare il gioco passo dopo passo è decisamente più divertente. Oltre a Nostalgici Anonimi, il titolo più vicino al mondo dei videogiochi che abbiamo provato è stato Skytear, un gioco da tavolo ispirato ai MOBA, in particolare League of Legends: un titolo che abbiamo già provato qualche anno fa, ma di cui ora abbiamo potuto gustare l’importante rework ricevuto, grazie anche all’aiuto di esperti del gioco. Avere una persona che ti guida nel percorso d’apprendimento può essere un vantaggio, ma anche una necessità; quante volte abbiamo rifiutato una partita a un gioco da tavolo perché avevamo paura delle regole da imparare?

Conclusione

Il nostro Modena PLAY 2021 è stato un piacevole ritorno, in totale sicurezza, a una straordinaria normalità. Essere presenti ci ha ricordato quanto una parte del nostro divertimento passi dal condividere le nostre passioni con gli altri: guardando le persone negli occhi, scrutando i loro pensieri e abbracciando le loro emozioni. Gli eventi fieristici hanno lo svantaggio di farti tornare a casa con i piedi doloranti e annoiarti con file interminabili in attesa di provare una demo: prima della pandemia ne valeva la pena, oggi è assolutamente necessario.

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Discriminazioni e crunch: le brutte abitudini dell’industria dei videogiochi

Il settore videoludico torna a far parlar male di sé, dimostrandosi ancora una volta acerbo e indietro di almeno dieci anni rispetto gli altri big dell’intrattenimento. Almeno una volta all’anno siamo costretti a sentire di abusi nel posto di lavoro: discriminazione di genere o l’obbligo di lavorare ben oltre l’orario stabilito in sede di contratto vanno per la maggiore. Nonostante siano pratiche che purtroppo si manifestano in moltissimi luoghi di lavoro, riteniamo necessario parlarne anche per l’industria dei videogame, dove l’immaturità dei più importanti dirigenti del gaming sembra troppo simile a un adolescente duro d’orecchi.

Discriminazione di genere

La parità di genere è un tema molto presente nel dibattito sociale contemporaneo. L’inclusione è diventata una priorità, perché finalmente si è preso coscienza che la discriminazione nel luogo di lavoro esiste: guadagni impari tra uomini e donne, bullismo e molestie di vario genere, spesso sessuali. Combattere la discriminazione di genere è una lotta ovvia e dovuta ovunque, tranne per alcune delle più grandi, maschili e caucasiche aziende videoludiche.

La scorsa settimana Activision Blizzard è stata accusata dal California Department of Fair Employment and Housing (ente molto simile al nostro ispettorato nazionale del lavoro) per atteggiamenti volti a discriminare le impiegate di sesso femminile con molestie sessuali, paga inique e ritorsioni. L’agenzia di Stato ha impiegato due anni per le indagini prima di presentare accuse formali.

I più scettici potrebbero controbattere come queste pratiche siano presenti in tutti i settori: siamo d’accordo, ma ricordiamoci anche dell’impatto che hanno le molestie sessuali negli altri settori dell’intrattenimento e della cultura. Per intere settimane, all’interno di tutti i maggiori quotidiani mondiali, abbiamo sentito parlare del caso Harvey Weinstein. L’ex produttore cinematografico è stato accusato per la prima volta di molestie sessuali nell’ottobre 2017, ma la goccia è velocemente diventata un fiume in piena tanto che sette mesi dopo, il 25 maggio 2018, lo stesso Weinstein si è consegnato alle autorità. Uno scenario ad oggi assolutamente impensabile nell’immaturo settore videoludico.

Anzi, il caso Activision Blizzard è stato soltanto l’ultimo scandalo di un campanello d’allarme che suona ininterrottamente da anni. Esattamente un anno fa scoppiava (si fa per dire, dato che se ne è parlato per meno di una settimana) lo scandalo Ubisoft, costretta a rimuovere tre dirigenti (Serge Hascoët, Tommy François e Cécile Cornet) dopo un’inchiesta dei media francesi. Lo scorso hanno la presa di posizione del CEO dell’azienda francese è stata perentoria: Yves Guillemot si è scusato pubblicamente e ha indetto una serie di contromisure per evitare che fenomeni del genere si potessero mai più ripetere. Una decisione che non ha impressionato il sindacato francese Solidaires Informatique Jeu Vidéo, che sta raccogliendo interviste in forma anonima all’interno dell’azienda al fine di presentare una denuncia alla compagnia. Il sindacato infatti pensa che non si tratti di un abuso di potere di pochi dirigenti, ma di un vero e proprio sistema che lo stesso CEO di Ubisoft sembrava conoscere e insabbiare.

Yves Guillemot chiede scusa
Yves Guillemot si è scusato pubblicamente per l’ambiente tossico di Ubisoft.

Crunch

Il crunch è una pratica molto più subdola, perché troppo spesso fa proseliti tra chi la pratica o costringe a praticarla anche in altri settori, soprattutto quello giornalistico. Una buona percentuale di chi lavora è stato costretto almeno una volta nella propria vita ad allungare la propria permanenza in ufficio per rispettare le consegne. Di conseguenza, in pochi si scandalizzano quando si parla di crunch, nonostante sia stato scientificamente provato che causi problemi sia nei rapporti interpersonali che per lo stresso individuale.

Per questo, prima di giustificare tali comportamenti tossici, è importante pensare alla frequenza con cui siamo stati obbligati al crunch. Essere costretti a lavorare diverse ore in più al giorno per un paio di settimane è uno sforzo che indica un forte attaccamento all’azienda. Sacrificio che si condivide con i propri dirigenti, i primi a rimanere più a lungo di noi. Questo particolare crunch è tipico delle aziende giapponesi (dove l’abnegazione al lavoro ha portato enormi problemi sociali), come la stessa Nintendo. Basta vedere le condizioni fisiche di Masahiro Sakurai per capire di cosa stiamo parlando.

Quando però il crunch diventa prerogativa solamente degli sviluppatori e ogni singolo gioco prodotto diventa un’emergenza di Stato, tanto da richiedere lavoro extra per svariati mesi (anche se retribuito), allora c’è un enorme problema di fondo: il lavoratore è solo un ulteriore strumento di una politica azienda dove il fine giustifica i mezzi.

La pratica del crunch nel mondo dei videogiochi ha radici profonde: il primo scandalo risale a 17 anni fa, quando Erin Hoffman, sotto lo pseudonimo di EA Spouse, dichiarò che in Eletronic Arts si lavorava 85 ore a settimana, sette giorni su sette. Dal 2004 in poi poco è cambiato tra i grandi dell’industria, che sistematicamente adottano questa politica: Rockstar Games (Red Dead Redemption 2), CD Projekt (Cyberpunk 2077), Naughty Dog (The Last of Us 2) e Bethesda (Doom Eternal) sono solo una parte dei team coinvolti in questa pratica nel recentissimo periodo.

Iwinski Cyberpunk 2077
Gli sviluppatori di Cyberpunk 2077 hanno subito oltre un anno di crunch a causa di scelte dirigenziali più che discutibili.

Conclusione

Crunch e discriminazioni interessano tutti i settori lavorativi, ma rispetto ad altre realtà, l’industria videoludica è culturalmente arretrata. La connivenza dei dirigenti sta rimanendo impunita da troppo tempo e pratiche ampiamente considerate dalla società civile ingiuste, continuano a essere poco considerate quando si parla di videogiochi. Oggi è assolutamente impensabile che grandi testate giornalistiche possano dedicare lo stesso spazio del caso Weinstein ai continui danni perpetrati dalle aziende videoludiche, forse perché i primi a sminuire gli abusi sono i membri della community più appassionata: infatti, quando si parla di discriminazione di genere nel settore dei videogiochi, molto spesso i carnefici fanno parte della community più tossica.

Per fortuna, il medium sta vivendo una forte evoluzione, ma ha bisogno dello sforzo di tutti. Dagli Stati Uniti arriva la notizia che alcune testate giornalistiche hanno deciso di non fornire copertura ai giochi di Activision Blizzard, ma anche gli utenti possono avere un’importante voce in capitolo: prima di dare un’opinione superficiale sui social, pensiamo che quella persona che sta subendo una molestia sessuale potrebbe essere un nostro caro; prima di scrivere che anche i nostri genitori finivano tardi di lavorare e non avevano tempo per noi, pensiamo a quanto sarebbe stato bello invece che quel tempo lo avessero avuto. Pensare prima di scrivere significa essere maturi e deve essere la community a dimostrarsi tale, perché questo aggettivo è ancora troppo distante dai deludenti corridoi dei grandi dell’industria videoludica, e non si può più aspettare.