Categorie
Recensioni

The Last Case of Benedict Fox – Recensione

Ogni decade videoludica ha il suo genere e la sua ambientazione di punta. Negli ultimi dieci anni, i videogiochi indie si sono particolarmente concentrati sul genere dei metroidvania e sulle ambientazioni di carattere horror noir rese celebri tra la fine dell’800 e nei primi anni del 900 da Edgar Allan Poe e Howard Phillips Lovecraft. The Last Case of Benedict Fox è potenzialmente la tempesta perfetta: un metroidvania artisticamente ispirato dai racconti di H.P. Lovecraft che vi raccontiamo in questa recensione.

Recensione in BREVE

The Last Case of Benedict Fox è un gran peccato. Il lato artistico, tanto quello grafico con uno stile perfetto per un metroidvania lovecraftiano quanto quello sonoro con deliziose musiche jazz, sono rovinate da un’approssimazione nel cuore dell’opera: il gameplay potenzialmente solido grazie allo stile soulslike mediamente impegnativo soffre di vistosi problemi tecnici al day one; gli enigmi sono ripetitivi e il level design impone un eccessivo backtracking. I competitor sono troppo agguerriti per essere impensieriti questa volta: tanto nel genere dei metrodivania quanto nelle opere lovecraftiane.

6


Orrore a 33 giri

Benedict Fox è un sedicente investigatore dell’incubo che offre i suoi servizi a Boston, Massachusetts. L’anno in corso è il 1925: il mondo ha conosciuto la Grande Guerra, ma è anche venuto a contatto con poteri occulti ed esoterismo. La società segreta nota come First Circle ha sfruttato le dimensioni spazio-temporali più oscure per i propri interessi e adesso ben due organizzazioni – con i loro metodi poco ortodossi – si sono fatti carico di smantellare ogni utilizzo della magia occulta nel mondo conosciuto e non solo.

Così come Dylan Dog ha Groucho, così Benedict Fox ha al suo fianco un’entità altrettanto misteriosa: Companion, un demone dentro il corpo dell’investigatore che lo aiuta a risolvere i crimini più impossibili, che in questa avventura sono strettamente legati alla vita privata di Benedict. In quest’ultimo caso, l’investigatore Fox torna nella casa dei propri genitori per scoprire chi li ha asssinati.

La nostra avventura nei panni di Benedict Fox e Companion inizia nella magione, la lussuosa residenza di famiglia che servirà anche da hub centrale per un’area più grande e profonda; infatti, l’investigatore Fox attinge ai poteri sovrannaturali del suo compagno per vagare all’interno della mente dei defunti, in una dimensione onirica dai tratti (vagamente) lovecraftiani. Il Limbo – questo il nome della principale area di gioco – è un mondo in cui gli incubi diventano realtà sotto forma di inquetanti mostri: la varietà è limitata, ma la qualità artistica – sia grafica che sonora grazie ai coinvolgenti temi jazz – è il maggior pregio di The Last Case of Benedict Fox, anche se l’occhio più attento non potrà non notare delle enormi somiglianze con i demoni di Eternal Darkness: Sanity’s Requiem, il capolavoro di Silicon Knights.

A un passo dall’inferno

Ogni defunto ha il suo Limbo, che coincide con un macabro ricordo del proprio passato e delle zone in cui più si è vissuto. Il risultato è che i genitori di Benedict hanno due Limbo distinti, ma che si concatenano in zone comuni: una trovata affascinante e sufficientemente variegata poiché composta da scenari con temperature, colori e arredi abbastanza diversi tra loro e perfettamente in sintonia con lo stile artistico che tanto ci è piaciuto.

Purtroppo, non possiamo dire lo stesso del design della mappa: i ragazzi e le ragazze di Plot Twist hanno deciso di creare un mappa di gioco veramente grande, ma che presenta due importanti problemi: le aree sono troppo grandi per quello che poi realmente vi è contenuto e troppo spesso ci siamo ritrovati senza aver idea di cosa fare a causa di un backtracking eccessivo, che costringe il videogiocatore a vagare senza meta per delle aree inutilmente grandi. La frustrazione aumenta ulteriormente se pensiamo che la mappa indica i punti ancora da attraversare ma non ci dice qual è l’ostacolo.

Tecnicamente annacquato

The Last Case of Benedict Fox è un metroidvania che potrebbe risultare una sfida per i giocatori meno avvezzi ai videogiochi “tosti”. Plot Twist ha deciso infatti di puntare su nemici in stile soulslike, cioè con mostri con un pattern predeterminato che possono velocemente portare a zero i quattro punti vita iniziali che abbiamo: tutti picchiano quanto serve, dai demoni simili a degli zombie fino ai cecchini dell’Orphan Resocialization Guild.

D’altro canto, Benedict ha un arsenale minimale ma di tutto rispetto: un coltello per gli attacchi in mischia; una pistola “magica”; la possibilità di parare con il dorsale del controller e di schivare con la levetta analogica destra. A questo poi bisogna aggiunge le abilità del nostro fidato demone Compagno, utili tanto in attacco quanto in difesa. Tanto le armi quanto le abilità del Companion sono potenziabili nella magione grazie a due figure che ci verranno in soccorso durante il gioco. Il miglioramento delle armi è stato pensato come opzionale poiché si otterrà grazie ad oggetti trovati in posizioni più o meno difficili da scovare; le nuove abilità invece si ottengono collezionando un inchiostro speciale che l’investigatore Fox userà per farsi tatuare delle migliorie che può scegliere all’interno di un scarno albero formato da soli due rami.

In ogni caso, i problemi principali non sono né i nemici standard né i (pochi) boss che incontreremo durante il tragitto: la vera difficoltà del combattere e dell’affrontare le piattaforme a colpi di salti è la presenza di un sistema di comandi impreciso e con evidenti problemi di risposta negli input. Cadere in una buca non è mai stato così facile e alcuni specifici punti sono realizzati in modo così punitivo – in cui bisognerà usare delle tecniche da veri e propri lamer navigati – che ci fanno credere che il gioco non abbia ricevuto un sufficiente beta testing.

Infine, saremo tenuti ad affrontare diversi enigmi matematici basati su indizi che troveremo durante il tragitto. Abbiamo trovato i rompicapo abbastanza impegnativi in un primo momento, ma una volta capito il meccanismo, la ripetitività diventa padrone del tempo che scorre in attesa del finale.

The Last Case of Benedict Fox al Day One

Inizialmente avevamo pensato di recensire l’opera su Xbox One, ma ci siamo dovuti ricredere. Al day one, il titolo soffriva di due enormi problemi: uno stuttering (cioè un calo di frame rate e fluidità generale) imbarazzante e caricamenti lunghissimi causati da evidenti problemi di ottimizzazione.

Abbiamo quindi deciso di recensire il gioco su Xbox Series X, disponibile tra l’altro su Xbox Game Pass al day one. Su next-gen siamo arrivati fino in fondo con caricamenti minimi – ma comunque superiori a tanti altri titoli simili, uno su tutti Ori and the Blind Forest – ma siamo rimasti perplessi nel vedere un videogioco di questo genere patire comunque di un vistoso stuttering in alcuni punti ben precisi e incredibilmente importanti e centrali per l’opera. Si aggiungono alle problematiche un paio di crash che ci hanno riportato alla schermata iniziale, diventati letali a causa della mancanza di auto-save, scelta anacronistica per una generazione che fa del Quick Resume il suo punto di forza.

È stata rilasciata una patch al day one che ha migliorato la situazione, ma non ha risolto completamente i problemi che ci siamo portati avanti fino alla fine del videogioco.

Ti potrebbe interessare anche:

I 10 migliori Metroidvania

Conclusione

The Last Case of Benedict Fox tratta due temi figli dei nostri tempi: il clamore dei metrodivania nel panorama indie e la rivalutazione delle opere di H.P. Lovecraft. Il problema principale – in entrambi i casi – è che generi e temi così mainstream, nel contesto underground, richiedono una cura dei dettagli che è mancata al team di Drift Zone.

Il lato artistico di The Last Case of Benedict Fox è un barlume di speranza per il futuro, ma che necessita di essere supportato in tutti i livelli del gioco: il gameplay presenta vistosi problemi prettamente tecnici; il level design, apparentemente interessante, si rivela invece un vagare alla ricerca di cosa cosa fare per andare avanti. In generale l’opera non è orrifica nè in senso negativo né purtroppo in senso positivo: la disperazione dei Grandi Antichi è solo una lieta lontana speranza.

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: Action-Adventure (metroidvania)
  • Lingua: Italiano
  • Multiplayer: No
  • Prezzo24,99€
  • Piattaforme: PC, Xbox One, Xbox Series S/X
  • Versione provata: Xbox Series S/X

Abbiamo risolto il difficile caso della famiglia Fox dopo circa 15 ore di gioco grazie a un codice fornitore dal publisher

Categorie
Editoriali

I 10 migliori Metroidvania

Per metroidvania si intende un’avventura bidimensionale che unisce elementi tipici dei platform con caratteristiche provenienti dalle avventure action. Come si può intuire, il termine è nato dalla “fusione” tra le serie di Metroid e Castlevania.

Inizialmente, la saga Nintendo e quella Konami avevano ben poco in comune (più lineare e action la seconda, più vasta ed esplorativa la prima). Fu solo nel 1997, con l’arrivo di Castlevania: Symphony of the Night, che il termine Metroidvania prese piede.

Ancora oggi, nonostante l’enorme avanzamento tecnologico e sebbene siano i giochi 3D a farla da padrone, il genere Metroidvania risulta molto amato dai videogiocatori; in particolare, alcune serie recenti, come Hollow Knight, sono riuscite a ottenere un ottimo successo e contribuiscono a mantenere questo genere in ottima salute.

Ma quali sono i dieci migliori Metroidvania in assoluto? In questo articolo proveremo a rispondere a questa fatidica domanda. Naturalmente sia la scelta dei titoli che l’ordine di inserimento sono frutto del gusto personale di chi scrive, ma credo potremo tutti concordare sull’incredibile valore di queste dieci opere. Raccogliamo le nostre armi, addentriamoci nel dungeon e iniziamo!

Bloodstained: Ritual of the Night

Bloodstained può essere a tutti gli effetti definito un Castlevania dei tempi moderni.

Uscito nel 2019 per PS4, Xbox One, Switch e Steam, questo titolo di ArtPlay è, a tutti gli effetti, un grande tributo alla saga di Castlevania. L’ambientazione gotica e medievaleggiante, le musiche estremamente ricercate e soprattutto le orde di demoni che affronteremo sembrano davvero uscite direttamente da un titolo della saga Konami.

Anche la trama di gioco, che vede la nostra eroina Miriam fronteggiare un’evocazione infernale causata dall’unico sopravvissuto di una gilda di alchimisti, si richiama palesemente alla saga dei Belmont. Di conseguenza, ogni fan di Castlevania non potrà che amare Bloodstained.

Un’ambientazione piacevole e ispirata, una mappa ben strutturata, boss battle impegnative e una miriade di armi e abilità. Il tutto condito con un comparto grafico moderno e musiche davvero tenebrose.

Bloodstained ha davvero tutto quello che serve per essere un ottimo titolo (pecca forse un po’ in carisma e originalità) e si merita di diritto di entrare nella nostra classifica.

Axiom Verge

Axiom Verge è una classica avventura 2d ricca di mistero e atmosfera.

Se per Bloodstained l’ispirazione a Castlevania era evidente, Axiom Verge attinge a piene mani dalla saga di Metroid. In questa godibilissima avventura controlleremo lo scienziato Trace, sballottato dall’esplosione del suo laboratorio in un mondo sconosciuto. Sotto la guida dell’enorme testa Elsenova, Trace dovrà tentare di salvarsi la vita e risolvere i molteplici misteri del mondo in cui è stato catapultato.

Punti di forza di questo titolo sono la sua atmosfera a metà strada tra l’horror e l’high tech (che ricorda molto la saga di Alien), l’incredibile precisione dei controlli e il numero davvero enorme di armi ed equipaggiamenti.

Anche la trama, portata avanti da vari dialoghi testuali, è molto ben curata; il comparto tecnico invece si ispira palesemente agli action degli anni 90: il risultato è decisamente piacevole, anche se alcuni lo troveranno fin troppo datato. Se siete fan del genere, non fatevelo sfuggire!

Metroid Fusion

Metroid Fusion è stato il degno sequel di Super Metroid.

Uscito a cavallo tra il 2002 e 2003 su Game Boy Advance, Metroid Fusion ebbe l’ingrato compito di fare da sequel a quel Super Metroid che molti considerano tutt’oggi il miglior metroidvania mai uscito. Incredibilmente, però, Fusion si rivelò assolutamente all’altezza della sua eredità.

Il giocatore controllerà nuovamente la cacciatrice di taglie Samus, stavolta alle prese coi temibili parassiti X: organismi in grado di infettare e mutare le forme di vita con cui entrano a contatto. Grazie alla sua tuta “Fusione”, Samus sarà in grado di assorbire i parassiti sconfitti assimilandone le abilità.

La straordinaria giocabilità, le durissime sfide coi boss, l’incredibile comparto grafico (quasi miracoloso considerato che il gioco gira su GBA) rendono Fusion uno dei migliori titoli dell’intera saga di Metroid.

L’ambientazione può risultare piuttosto monotona, ma la bellezza degli scontri, soprattutto quello con SAX (su cui non faccio alcuna anticipazione) compensano ampiamente. Nessun fan della saga può in alcun modo farselo sfuggire.

Ti potrebbe interessare anche:

Metroid Saga: storia di un capolavoro

Castlevania: Aria of Sorrow

Aria of Sorrow è un piccolo gioiello nella libreria del GBA

Ed ecco il primo esponente della saga di Castlevania a comparire nella nostra classifica! Uscito nel 2003 per Game Boy Advance, Aria of Sorrow ripropone stile e meccaniche di Symphony of the Night, trasportandole in un contesto futuristico.

Il gioco è infatti ambientato nel 2035 e racconta le vicissitudini del giovane Soma Cruz (la cui vera identità sarà un grande colpo di scena), che si troverà suo malgrado risucchiato nel castello di Dracula, apparso a Tokyo durante un’eclissi.

Aria of Sorrow mette a disposizione del giocatore un enorme numero di armi e abilità e introduce il sistema delle anime tattiche. Sconfiggendo i nemici, infatti, Soma potrà assimilare le loro anime, sbloccando potenziamenti, abilità e persino nuove armi.

Nonostante l’accoglienza tiepida ottenuta all’uscita, Aria of Sorrow è riuscito a guadagnarsi un posto nel cuore di tutti i fan di Castlevania, ed è tutt’oggi considerato uno dei migliori capitoli della saga. Pronti ad affrontare di nuovo il castello di Dracula?

Monster Boy and the Cursed Kingdom

Monster Boy ci trasporterà in un viaggio fantasy colorato e divertente.

Uscito nel 2018 per praticamente qualsiasi sistema di gioco, Monster Boy ci trasporta in una coloratissima e divertentissima avventura.

Alla guida del giovane Jin, il giocatore sarà alle prese con una maledizione scagliata dallo zio Nabu, che tramuterà gli abitanti del regno in animali. Lo stesso Jin non sarà immune all’incantesimo e, nel corso della sua avventura, otterrà la capacità di trasformarsi in ben cinque forme animali distinte, ognuna con attacchi e abilità uniche.

Monster Boy si ispira palesemente a un classico dell’era 8 bit, ovvero Wonder Boy 3: Dragon’s trap, a cui si rifà sia per trama che per stile di gioco. Rispetto ai giochi fin qui analizzati, Monster Boy propone uno stile più scanzonato e divertente, ma non per questo meno profondo e impegnativo.

La varietà delle ambientazioni, la bellezza dello stile grafico, le enormi possibilità fornite al giocatore dalle trasformazioni in animale, unite a una giocabilità eccezionale, rendono questo gioco una vera gemma nel panorama dei metroidvania.

Metroid Dread

L’ultimo rampollo della dinastia dei Metroid è assolutamente all’altezza del suo ruolo.

Ed eccoci all’episodio più recente della saga di Metroid. Uscito nel 2021 su Nintendo Switch, Metroid Dread mette nuovamente il giocatore nei panni di Samus. La nostra cacciatrice dovrà vedersela ancora una volta coi parassiti X e soprattutto coi terribili E.M.M.I., robot colorati controllati dai parassiti.

Rispetto ai titoli precedenti della saga, Dread vanta un comparto grafico assolutamente moderno e d’impatto, con modelli poligonali, sfondi e animazioni di primissimo livello. Principale novità del gioco sono le battaglie contro gli E.M.M.I., a cui Samus dovrà dapprima sfuggire attraverso una serie di meccaniche Stealth per poi finirli dopo aver potenziato al massimo il suo raggio.

Queste sezioni aumentano notevolmente la varietà del gioco, già molto alta grazie alle numerose aree del pianeta che Samus può esplorare. Sono ancora una volta davvero memorabili gli scontri coi boss, sempre molto impegnativi e coinvolgenti.

Tutte queste caratteristiche, unite agli ottimi controlli e alla varietà delle armi, fanno di Dread un must per ogni possessore di Switch.

Ori and the Blind Forest

Le atmosfere magiche di Ori sapranno conquistare i cuori di ogni giocatore.

Uscito nel 2015 su Xbox One e giunto nel 2019 anche su Nintendo Switch, Ori and the Blind Forest narra le avventure dello spiritello Ori, caduto dall’albero sacro da cui ha origine.

Dopo una sequenza introduttiva strappalacrime, in cui assisteremo al ritrovamento di Ori da parte di Naru e alla morte di quest’ultimo causata dal deperimento della foresta, il giocatore avrà il compito di guidare Ori verso il salvataggio dell’albero sacro e di tutta la foresta.

La cosa più incredibile di Ori and the Blind Forest è la straordinaria atmosfera che riesce a creare. Lo stile grafico fiabesco, forte di un design dei personaggi assolutamente originale e di un uso sapiente degli effetti di luce, ci avvolgerà letteralmente, guidandoci dolcemente nei meandri della foresta accanto a Ori e al suo piccolo aiutante Sein.

Anche il sonoro, curatissimo e incredibilmente armonioso, contribuisce a coinvolgere totalmente il giocatore, che si trova più volte a provare la sensazione di trovarsi all’interno di un sogno.

Anche il gameplay è assolutamente all’altezza della situazione, con sezioni platform impegnative e un buon numero di attacchi e abilità, sbloccabili tramite l’accumulo di esperienza.

Sebbene il suo sequel, Ori and the Will of the Wisp, risulti nettamente superiore, abbiamo deciso di premiare l’episodio originale della saga. Se non lo avete giocato, recuperate assolutamente questo piccolo capolavoro.

Castlevania: Symphony of The Night

Symphony of The Night ha praticamente inventato il genere Metroidvania.

Non poteva certo mancare in questa classifica il gioco che ha praticamente inventato il genere dei Metroidvania. Symphony of The Night ha infatti dato una profonda svolta alla saga di Castlevania, unendo i suoi elementi action a fasi di esplorazione e potenziamento del personaggio.

Alla guida del tenebroso Alucard, figlio di Dracula, il giocatore ha il compito di investigare su un misterioso potere demoniaco emanato dall’antico castello del nostro malvagio genitore.

Nell’esplorare i meandri dell’antica magione, Alucard avrà la possibilità di raccogliere un gran numero di armi, potenziare i suoi parametri e sbloccare un enorme numero di abilità, tra cui la possibilità di trasformarsi in lupo, nebbia e pipistrello.

Il comparto tecnico di SOTN risulta ancora oggi davvero sontuoso, con eccezionali brani musicali di stampo gotico e una grafica che, pur senza far gridare al miracolo, mostra come anche la cara vecchia prima Playstation fosse in grado di realizzare ottimi titoli in 2d.

La longevità è notevole grazie alla presenza di finali multipli e di ben due versioni del castello da esplorare. Un titolo imprescindibile per ogni videogiocatore che si rispetti.

Hollow Knight

Hollow Knight è forse il miglior metroidvania in chiave moderna mai uscito.

Medaglia d’argento per il capolavoro di Team Cherry. Uscito nel 2017 e ora disponibile per ogni piattaforma possibile, Hollow Knight ci mette nei panni di un misterioso cavaliere impegnato in un viaggio nel regno decaduto di Nidosacro.

La trama del gioco, in maniera simile a quanto visto nella serie Dark Souls, è estremamente criptica e sarà compito del giocatore unire i puntini per comprendere appieno la storia del regno e di quanto sta accadendo.

Come Ori, anche Hollow Knight vanta un registro artistico di altissimo livello, con personaggi e ambientazioni che sfoggiano una personalità e un’originalità davvero invidiabili. Le musiche malinconiche e misteriose contribuiscono a creare un alone di mistero e a coinvolgere ancor di più il giocatore nel viaggio del nostro cavaliere.

L’altro incredibile punto di forza di Hollow Knight è la sua giocabilità. I movimenti del cavaliere sono di una tale precisione e fluidità da rasentare la perfezione e rendono sia le battaglie che le sezioni platform incredibilmente piacevoli e divertenti, nonostante la loro difficoltà decisamente elevata.

Gli scontri coi boss saranno davvero impegnativi (ma mai frustranti) e regaleranno ai giocatori grandi soddisfazioni una volta superati. La struttura della mappa risulta davvero ben studiata e metterà alla prova la capacità del giocatore di orientarsi e sfruttare al meglio tutte le abilità sbloccate durante il gioco.

Completano il pacchetto un’enorme quantità di oggetti, artefatti extra e la presenza di finali multipli, che donano al gioco una longevità enorme. Un capolavoro assoluto, che ogni giocatore degno di questo nome dovrebbe avere nella sua libreria.

Super Metroid

Nonostante abbia ormai quasi trent’anni, Super Metroid è da molti ritenuto uno dei migliori giochi di sempre.

Potrà sembrare una scelta banale; potrà essere poco credibile mettere in cima alla classifica un gioco così vecchio. Sarà l’effetto nostalgia. Saranno i ricordi, ma per chi scrive Super Metroid è tuttora il miglior Metroidvania di sempre (e trovate sul blog anche la nostra recensione contemporanea).

Fin dalla sua uscita, nel lontano 1994, la terza avventura di Samus fu considerata una delle migliori opere per SNES ed è spesso inserita nelle classifiche dei migliori giochi di sempre.

Super Metroid ha praticamente tutto. Una grafica 2d avveniristica per i tempi e tutt’oggi di buonissimo livello. Un sonoro maestoso e coinvolgente. Una giocabilità praticamente perfetta e un numero elevatissimo di abilità e armi nascoste. Si aggiunge a questo una world map praticamente perfetta in cui ogni area del pianeta Zebes risulta credibile e ben caratterizzata.

La cosa più appagante di Super Metroid è il senso di progressione che si avverte nel corso dell’avventura: gli enigmi, le zone nascoste e i nemici diventano via via più impegnativi man mano che aumentano le abilità a disposizione di Samus. Ultima menzione meritano gli incredibili Boss, davvero enormi e a tratti spaventosi.

Super Metroid è una vera opera d’arte. Uno di quei videogiochi che hanno segnato la storia del medium. Consiglio caldamente, soprattutto ai più giovani, di recuperarlo. Credetemi, non ve ne pentirete!

Il mondo dei metroidvania è davvero ricchissimo di titoli interessanti.

Eccoci giunti al termine della nostra panoramica. Come sempre, la parola passa a voi lettori. Conoscevate tutti i titoli della classifica? Avreste inserito altri giochi? O avreste posizionato diversamente quelli inseriti qui? Fateci sapere!

Categorie
Editoriali

Pixel art e nostalgia: il nuovo millennio riscopre il passato

Un tempo fu “cathode-ray tube amusement device”: questo è il nome del primo gioco elettronico brevettato. Creato da Goldsmith e Mann e distribuito nel lontanissimo 1947, rappresenta il primo e ancestrale tentativo di utilizzare un sistema computerizzato (o calcolatore, per usare un termine opportunamente desueto) a scopo puramente ludico.

Il concetto alla base del gioco è molto semplice: un proiettile sparato dal bordo dello schermo deve colpire un bersaglio situato al lato opposto, sta al giocatore modificarne la traiettoria affinché arrivi a segno.

Da quel tempo post secondo conflitto mondiale (il tema bellico del “cathode-ray tube amusement device” non è certo un caso) il mondo video ludico si è espanso a dismisura, esplodendo dai primi anni 80 dello scorso secolo, fino raggiungere i confini del fotorealismo. Oggi contiamo milioni di videogame e decine di generi e sottogeneri che, negli anni, hanno preso il sopravvento a turno, tornando in auge per poi cadere nel dimenticatoio e riprendere quota.

In questa sede, piuttosto che analizzare i vari generi, affronteremo la questione di natura tecnica legata alla programmazione del videogame.

Cathode-ray tube amusement device

Stile rétro

Innanzitutto, c’è da fare una distinzione preliminare:

  • i giochi sviluppati in un certo modo a causa di limitazioni tecniche legate all’epoca della loro realizzazione;
  • i titoli più recenti sviluppati proprio in quel modo per le scelte stilistiche dei programmatori e degli artisti grafici;

Al primo gruppo appartengono i giochi del passato realizzati con quella che a posteriori è stata definita “Pixel Art”, a causa della scarsa risoluzione dei monitor. Al secondo gruppo appartengono i videogame sviluppati in ambienti evoluti e che appartengono ad un determinato stile per una precisa scelta degli sviluppatori e non a causa di limitazioni tecniche di sorta.

Monkey Island 2

Pixel Art

Ancora una volta restringiamo il campo ed andiamo ad occuparci del primo gruppo e dell’impatto straordinario (e involontario) che la Pixel Art ha avuto su tutto il mondo videoludico presente, passato e, forse, futuro.

Già, perché i videogame realizzati con i pixel ben in vista e in barba al fotorealismo e alla virtual reality, hanno fatto breccia nel cuore di appassionati di ogni età che, molto spesso, continuano a preferirli rispetto al melting pot di generi e tecnologie futuristiche tanto care ai best seller attuali.

Sia chiaro, le nuove generazioni di videogiocatori, quelle con il pad della playstation in mano (wireless e retroilluminato) digeriscono malvolentieri tale discorso, anzi, si aprono facilmente a smorfie se il viso del loro calciatore preferito non è stato riprodotto alla perfezione nell’ultima edizione di Fifa o del fu Pes. Ed è giusto che sia così: i titoli più venduti, più lavorati e più premiati hanno alla base motori grafici di sviluppo così avanzati che non avrebbe senso non sfruttare appieno.

Eppure, qualcosa sta cambiando…

Infernax

Ready Player One

Personalmente faccio partire questo nuovo filone filosofico/nerd/nostalgico dall’uscita, nel 2018, del film di Steven Spielberg “Ready Player One”, adattamento cinematografico del romanzo di Ernest Cline “Player One”. La pellicola ci trasporta in un tragico 2045, in cui la terra è allo stremo a causa di sovrappopolazione e inquinamento. Le città sono state inglobate l’una nell’altra trasformandosi in enormi baraccopoli.

L’unico modo che gli esseri umani hanno di evadere da una realtà grama è rappresentato da OASIS, un mondo virtuale straordinariamente complesso nel quale si può letteralmente vivere una seconda vita. OASIS non ha limiti proprio grazie alla tecnologia futuristica con cui è stato sviluppato e programmato. Tralasciando i risvolti di trama, andrò subito al punto che mi ha fatto, poi, mettere alla ricerca di altri indizi sparsi qui e lì negli anni: per salvare quel mondo virtuale straordinario, c’è bisogno di essere un vero appassionato di videogame vintage. Un nerd, se mi lasciate passare il termine.

Ready Player One

L’unico modo per salvare OASIS dalla distruzione è giocare ad “Adventure”, titolo rilasciato per Atari 2600 nel 1979, e che si impose come primo videogame di azione della storia, nonché il primo gioco in cui il proprio sviluppatore avesse inserito un easter egg (in termini video ludici, una sorpresa di vario genere che si può scoprire soltanto visitando un determinato luogo difficile da raggiungere e effettuando una serie precisa di azioni).

Il messaggio è molto chiaro: per superare la prova il “gioco non deve essere terminato ma soltanto giocato”. Insomma, piuttosto che godere delle meravigliose ed infinite potenzialità di OASIS, il segreto era divertirsi a giocare con un gioco che, visivamente, non è altro che un ammasso di pixel.

Un violentissimo ritorno al passato, un rimando alla cultura e alla tecnica che fu e che, dal mio punto di vista, cela un sottotesto ben più profondo del semplice gusto per i retro-game: ritornare al passato non significa essere nostalgici ma significa poter essere molto più felici senza essere puntualmente alla ricerca spasmodica del nuovo e del diverso.

Potrei fare una digressione entrando nel merito del concetto filosofico di “Decrescita Felice” teorizzato dal pensatore francese Serge Latouche, ma non è questa la sede.

Ready Player One

Videogiochi in Pixel Art

Da allora, comunque, da quel 2018, ho potuto notare tantissimi e potenti tentativi di celebrare il tempo che fu senza entrare nel merito del filone della Pixel Art che ritengo essere un esercizio di stile apprezzabilissimo, capace di sfornare titoli splendidi e capaci di creare franchise miliardari (pensate per un attimo a Minecraft) ma che non incarna il concetto del bello perché volutamente datato che cerco io.

Alt 254

Scovai un indizio evidente, invece, nel 2020, all’uscita dell’acclamato “Alt 254”, gioco sviluppato dalla Rename Studio che narra le vicissitudini di un unico pixel nero, all’interno di un mondo, appunto pixeloso.

Avete capito bene: nel 2020, il protagonista di un gioco è un unico pixel che si muove in un mondo fatto di pixel. E senza voler strizzare l’occhio ai giochi del passato, ma proprio volendo entrare in quella famiglia per restarci come membro accreditato.

Da lì una serie di altri tentativi più o meno evidenti di ritorno al passato.

Alt 254

Saga di Ori

E qui mi piace citare addirittura il secondo Ori “The Will of the Wisps” un titolo che mi ha aperto un mondo di ricordi, più di “The Blind Forest”, perché ho visto un richiamo ancora più potente e voluto al mitico Metroid.

Ho rivisto tantissimo Samus Aran nei volteggi dello spiritello della foresta Ori e ho rivisto ancora di più le meccaniche di gioco di Ori fare “occhiolino occhiolino gomito gomito” a quelle del gioco del 1986 e, perché no, un richiamo qui e lì alle atmosfere del pianeta Zebes.

La celeberrima scrittrice di gialli Agatha Christie diceva sempre una cosa: “tre indizi fanno una prova”.

Ori and The Will of the Wisps

Clash Royale

Personalmente però, pur essendo in possesso proprio dei tre indizi che vi ho poc’anzi citato, ho voluto aspettare ancora un po’ e trovarne un quarto che potesse avvalorare ancora di più la mia teoria.

Il fortunato evento è accaduto esattamente un mese fa, quando, SuperCell, casa di produzione del franchise “Clash”, si apprestava a lanciare la nuova stagione di “Clash Royale”, famosissimo e pluripremiato Android e iOS game al quale giocano ogni giorni milioni di utenti in tutto il mondo.

Il video di presentazione fu rilasciato, come al solito, sul canale ufficiale YouTube del gioco e mostrava uno dei personaggi storici, un barbaro, venire risucchiato da una sorta di buco nero che scopriamo poi essere un tunnel temporale che lo trasporta nel passato dove, udite udite, tutto, compreso il barbaro, sono un ammasso di pixel. Il nome della stagione? “Ritorno al passato”. Tutta la stagione, nelle sue sfide a tempo e nei suoi minigiochi, è stata un rimando, molto ben fatto, a “Ritorno al Futuro”, al primo “Mad Max” e ai giochi anni ’80.

Clash Royale: Clash From The Past

Conclusione

Il mondo dei videogame, dunque, continua a sperimentare e a vivere la sua naturale evoluzione tecnica e stilistica (lasciate però che un vecchietto come me possa avere un colpo a cuore nel vedere la grafica del tanto atteso “Return to Monkey Island”) ma è indubbio che ci sia una ricerca del passato, di quelle atmosfere e di quei “profumi” tipici del tempo che fu.

Non un nostalgico tentativo, però, di insegnare ai giovani quanto fossero belli gli anni 70,80 e 90 dello scorso secolo ma una vera e propria ripresa di quel mood che può, tranquillamente, coesistere con la tecnologia di ultima generazione.

E di questo, ammettiamolo, siamo tutti molto felici…  

Categorie
Recensioni

Infernax – Recensione

Recensione in BREVE

Infernax: un titolo che preannuncia demoni e fiamme e non ci delude. Avrei scommesso fosse un gioco breve e divertente e nulla più. Avrei perso la mia scommessa. Questo titolo mi ha sorpreso positivamente per la sua rigiocabilità e varietà. La storia è divertente e l’esperienza di gioco è impegnativa ma non frustrante. Divertente e molto curato, un prodotto indie che merita di essere giocato.

8


Il gioco segue la storia di Alcedor, il duca di Upel che torna da una crociata. Viene poi a sapere che nella sua terra è stato introdotto un artefatto maligno di immenso potere ed è così che inizia la sua avventura. Darsov, la città di partenza, è attaccata da una bestia ripugnante e subito il duca deve porre rimedio a questo pericolo. La storia però non ha un solo risvolto. Infatti si può decidere di intraprendere la via del bene o del male assecondando o meno le varie richieste che ci vengono fatte durante il nostro percorso. Il sistema morale del gioco è ben fatto, di per se non è quindi difficile capire che risposta si deve dare per intraprendere il destino dell’eroe o quello del corrotto. Alcedor ha un fascino alla Rambo in versione medievale ed imbraccia una mazza e uno scudo ma non è l’unico design che il protagonista può assumere. Completando i diversi finali disponibili infatti potrete, grazie a dei velati consigli degli sviluppatori, sperimentare un tipo di Alcedor diverso.

Alcedor saving village

La pixel grafica che non passa mai di moda 

Dopo aver completato tutti i finali e platinato il titolo posso dire che mi è piaciuto molto. Sicuramente è un gioco da cui non mi aspetta­vo una così vasta rigiocabilità. Infernax mi ha veramente stupito su tutti i fronti, si tratta di un Metrodivania non molto complicato e dai toni medievali e demoniaci. Si presenta come un gioco con grafica retrò e nonostante l’aspetto da vecchio gioco da cabinato, mi ha offerto una giocabilità degna di un suo contemporaneo. Infatti anche se ne ha tutto l’aspetto non eredita i problemi dei giochi Arcade. Le hit box delle armi e dei nemici sono ben fatte e non rendono snervante il gioco. Anche il platforming è calcolato al millimetro per non diventare mai noioso o snervante. 

Spesso la grafica a pixel pecca di scarsità di particolari che può portare ad una monotonia estetica e ad una limitata varietà di nemici. Non in Infernax. Per quanto ripetitivi come move set di attacco, i nemici base sono numerosi e disparati. Tutti rigorosam­ente trafugati dall’immaginario horror e demoniaco come zombi, spettri e lupi mannari. 

Paimon fight

Un discorso a parte sono i boss, molto più numerosi di quanto mi aspettassi, ma mai troppi da rendere il gioco troppo impegnativo. Ogni boss è diverso ma tutti hanno un punto debole comune che non vi svelo. Su questo però devo fare un appunto, il mortal point è sempre in una posizione sopraelevata e quasi mai raggiungibile senza saltare. A lungo andare questo diventa un po’ frustrante. Con l’avvicinarsi della fine del gioco, quando la situazione si fa sempre più difficile, spesso per riuscire a colpire il boss si è costretti a subire danno. 

I sei destini di Infernax 

Fatti non foste a viver come bruti… 

Canto XXVI dell’Inferno, Divina Commedia

…ma per seguir tutti i sei finali di Infernax. Dopo aver brutalizzato le parole del poeta Alighieri possiamo dedicarci alla rigiocabilità di Infernax. Devo dire che la più grande sorpresa di questo gioco, e anche il suo più grande pregio, è la sua grande quanti­tà di contenuti. Come accennato sopra, la lunga lista di nemici e boss impedisce al gioco di diventare monotono. Se questo non vi basta però troverete numerose quest secondarie che aiutera­nno a decidere il destino del protagonista.

Lo svolgersi della storia infatti è lineare ma dipende dalle scelte che facciamo e prende tutta un’altra piega a seconda del finale a cui stiamo andando incontro. Bene o male? Sta a noi decidere quale percorso seguire e a quale destino condannare il nostro duca di Upel. 

Se dovessi trovare un difetto a Infernax direi che alcune quest e alcuni trofei risultano un po’ criptici e senza una guida sono davvero difficili da conquistare. Due parole sulla casa produttrice 

Due parole sulla casa produttrice 

Come ho potuto imparare dalle parole del maestro Kojima nel suo libro dietro ad ogni videogioco ci sono degli artisti per cui è giusto spenderci su due parole. Infernax è prodotto dalla Arcade Crew, una casa produttrice specializzata su indi game in stile retrò. 

La Arcade Crew collabora con molti piccoli studi di sviluppo tra cui Berserk Studio responsabile appunto della creazione di Infernax 

Vale la pena giocare ad Infernax?  

Ebbene per me è sì. Un gioco che è una sorpresa continua e che mi ha allietato e fatto ridere durante tutto il percorso. Inoltre come resistere al richiamo di demoni, mostri all’epoca delle crociate?

ProContro
Finali multipli Boss scomodi da colpire 
Varietà di nemici e questAlcuni finali e trofei difficili da conquistare senza guida 
Personaggio maneggevole 

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: Metroidvania
  • Lingua: Italiano
  • Multiplayer: No
  • Prezzo19,99€

Sono stata un crociato che faceva ritorno a casa e salvava la sua gente ma anche un crociato corrotto dal male per circa 7 ore grazie a un codice gentilmente fornito dal publisher.

Categorie
Recensioni

Carrion – Recensione: il difficile incontro tra Metroidvania e Carpenter

Recensione in un Tweet

Carrion è un titolo che si basa su un’ottima idea, ovvero interpretare noi stessi il mostro. Ed in questo riesce davvero benissimo, mostrando una creatura inquietante e divertente da controllare. Al tempo stesso però la componente prettamente ludica del titolo soffre di non poche criticità. Cacciare i poveri rimane divertente, peccato che il titolo duri davvero poco ed abbia rigiocabilità pressoché nulla. Da acquistare se siete fan del reverse horror, a patto di scendere a compromessi con i limiti che Carrion si porta dietro.

7.5


La Cosa, la leggendaria pellicola diretta da John Carpenter, ha da sempre un posto speciale nel mio cuore di appassionato del genere sci-fi, assieme ad Alien e pochi altri esponenti. Capirete quindi che non potevo farmi scappare Carrion, reverse horror sviluppato da Phobia Game Studio che per ovvie ragioni si ispira al cult sopra citato. Di titoli in cui impersoniamo eroi pronti a combattere aberrazioni di ogni tipo ne è pieno il mondo; di titoli in cui siamo NOI l’aberrazione se ne trovano assai pochi invece.

Carrion offre proprio questo, la possibilità di impersonare il mostro, la cosa, e stavolta il nemico – o per meglio dire, la preda – è proprio lui, l’uomo.

Un orrore strisciante

Come già detto, stavolta siamo noi a vestire i panni della creatura. E lasciatemelo dire, qui i ragazzi di Phobia Game Studio hanno fatto un lavoro più che eccellente. Il protagonista di Carrion è un ammasso organico dalla natura non meglio specificata, un alga o un qualche tipo di verme primitivo forse. Si muove a velocità fulminea grazie ad i suoi innumerevoli tentacoli, ed è in grado di sgattaiolare in qualsiasi anfratto. Dotato di svariate fauci acuminate, sembra la materializzazione fisica del più terribile tra gli incubi.

Carrion
Ecco la creatura che andremo a controllare

Le premesse narrative sono semplici ed appena accennate; l’obiettivo della creatura è uno soltanto, fuggire dalla base militare in cui è stato rinchiuso, o magari creato. A fronteggiarlo saranno i malcapitati occupanti della base, quelle fragili creature chiamate uomini. Armate, certo, ma pur sempre fragili, soprattutto per le sue lame.

In qualsiasi reverse horror che si rispetti il focus principale è il mostro, e qui ne troviamo uno a dir poco perfetto. Aspetto, movenze, versi, tutto è stato studiato nei minimi particolari. Veder sfrecciare la cosa tra soffitti, cunicoli o tubature è incredibilmente appagante ed inquietante allo stesso tempo, anche grazie all’estrema fluidità che cozza con le dimensioni del mostro. I suoi attacchi sono brutali e restituiscono un feedback perfetto, potente. Il tutto è poi animato in una bellissima pixel art, fiore all’occhiello della produzione polacca.

Abilità mostruose

Bene, quindi cosa è Carrion? Potremmo definirlo come un metroidvania alla lontana in realtà, con una componente puzzle abbastanza elementare. Il nostro compito è semplice, muoverci per un Hub centrale – Frontier – ed invadere le varie zone della base ad esso collegate, al fine di acquisire abilità via via più potenti. Il mostro si contraddistingue infatti in tre “stadi evolutivi”.

Carrion al sole
Dopo un massacro la bestia si gode una piccola sosta al sole

Durante le primissime fasi della partita ci ritroveremo a comandare un mostriciattolo, piccolo ma pur sempre letale. Come crescere? Ovviamente divorando i malcapitati scienziati che avranno la sfortuna di incrociare la nostra strada. È così che pian piano ci ritroveremo a comandare una massa informe delle dimensioni di una automobile. Inoltre durante le razzie il mostro si imbatterà in varie celle di contenimento, che dopo esser state aperte doneranno abilità essenziali alla risoluzione di scontri armati e puzzle ambientali.

Ecco uno dei pochi tipi di nemici che incontreremo

Ovviamente all’interno di una base militare sotterranea non possono mancare due elementi: gli scienziati ma soprattutto i militari. I primi rappresentano un gradito pasto per la creatura, ma i secondi possono rivelarsi avversari davvero temibili. Le fasi prettamente action in Carrion difatti ci vedono fronteggiare un piccolo esercito composto da soldati, droni da combattimento e – nelle fasi avanzate – addirittura mech. Ogni nemico è una sorta di piccolo puzzle, come ad esempio i soldati, dotati di scudo frontale che per forza di cose andranno colpiti alle spalle, o sopresi durante le loro ronde. Insomma, gli umani offriranno quel pizzico di sfida necessario a non rendere noiosa l’esperienza di gioco, fortunatamente.

Ovviamente non parliamo di un titolo stealth, ma fa piacere notare come gli scontri possano spesso esser risolti in maniera “diretta” o sfruttando il level design ed i poteri della creatura. Menzione d’onore poi per l’abilità “Parassitismo” che ci permetterà di prendere il controllo di un umano; si, anche dell’umano che sta pilotando quel mech. Tocca però segnalare che la varietà di nemici è davvero bassa, e dopo un paio d’ore ogni combattimento avrà quell’amaro retrogusto di “già visto”, peccato.

Carrion, controllo
L’abilità di poter controllare gli umani è sicuramente la più riuscita.

Si potrebbe anche parlare dei “puzzle ambientali”, che però sono talmente banali da non richiedere un paragrafo a parte. Tutto ruota attorno all’utilizzare l’abilità giusta per tirare questa o quella leva, ed il modo in cui risolverli è sempre abbastanza ovvio.

Senso d’orientamento

Come già detto Carrion è fondamentalmente un metroidvania. Ed ogni metroidvania che si rispetti presenta mappe labirintiche, intricate, enormi, come ci dimostra il recente Metroid Dread. Carrion però non offre una mappa labirintica, enorme ed intricata, anzi, le varie aree risultano abbastanza striminzite. La navigazione è praticamente su rotaia, il titolo mette sempre il giocatore sulla strada giusta, la via “ovvia” per la quale dirigersi.

La tanto agognata superficie, ma stavolta è andata male alla creatura

Ma attenti, non commettete l’errore del sottoscritto, non deviate MAI dal percorso che il titolo suggerisce. Pena per tale errore è la certezza matematica di stare a vagare una buona mezz’ora al fine di ritrovare la via maestra. Direte voi: “se mi perdo consulto la mappa, no?”. No, questa è la risposta. Inspiegabilmente questo metroidvania non offre una mappa consultabile, espediente utilizzato forse al fine di nascondere le dimensioni piuttosto modeste del mondo di gioco.

La varietà visiva dei settori poi non agevola assolutamente l’orientamento; ogni area è praticamente identica a quella successiva, un groviglio di cunicoli, tubature con uscite a senso unico, ascensori etc. Capirete quindi che il rischio di deviare dal percorso prestabilito e vagare senza meta per troppo tempo è sempre dietro l’angolo. Anche l’hub centrale risulta inutilmente complesso, considerando che dovrebbe essere una semplice mappa in cui spostarsi tra le varie zone.

Una delle abilità del mostro, dividersi in tantissimi vermi se a contatto con l’acqua

Ironico tra l’altro che il gioco possieda dei “collezionabili”, nove celle di contenimento extra da scovare all’interno delle varie aree, e che forniscono bonus addizionali come salute aumentata o più energia per le abilità. Bonus praticamente inutili, sia chiaro, ma che risultano comunque una piacevole aggiunta. Non fosse che per scovarle tocca intraprendere delle deviazioni, e questo ci porta al problema di prima, ovvero il concreto rischio di perdere l’orientamento. Peccato, perché alcune di queste celle offrono dei puzzle un minimo più articolati ed appaganti.

In conclusione

Carrion parte da un’ottima idea, ed alcune sue componenti sono sviluppate in maniera davvero egregia. In particolare la realizzazione del mostro è magistrale, e questo è un enorme punto a favore se parliamo di un reverse horror. La storia è sì abbastanza banale, ma riesce ad intrattenere quel tanto che basta, e soprattutto riserba un gran bel finale. Peccato però per la durata, decisamente striminzita, che si attesta sulle 3-4 ore totali.

Il problema sorge quando analizziamo la componente prettamente ludica del titolo. La varietà di nemici è praticamente assente, e dall’inizio alla fine incontreremo ben cinque tipologie di avversari, decisamente poche. La navigazione – componente fondamentale in un metroidvania – fila liscia fin quando il giocatore segue religiosamente la via tracciata dagli sviluppatori. Alla prima deviazione intrapresa la mancanza di una mappa si sente tutta, e ritrovare il percorso da compiere è noioso e complicato.

In poche parole Carrion si basa su un’ottima idea, con punti di forza importanti, ma che presenta anche delle criticità non da poco. Se siete dei fan dei reverse horror è sicuramente un titolo da tenere in considerazione, seppur con qualche riserva.

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: Metroidvania
  • Lingua: Inglese
  • Multiplayer: No
  • Prezzo19,99€

Ho sfamato la mie diverse orripilanti bocche per circa 4 ore grazie a un codice per Nintendo Switch gentilmente fornito dal publisher.

Categorie
News

Dead Cells: Fatal Falls è disponibile per PC e console

Il nuovo DLC di Dead Cells, “Fatal Falls” è finalmente disponibile sul mercato per PC, PlayStation 4, Xbox One e Nintendo Switch.

Per presentarlo è stato pubblicato un nuovo trailer animato che mostra i diversi nemici, le ambientazioni e le inevitabili morti a cui andranno incontro i giocatori nel nuovo DLC (in vendita al prezzo di 4,99 €). Fatal Falls è il 22esimo aggiornamento importante per Dead Cells , titolo estremamente apprezzato e vincitore di numerosi premi, ma si tratta solo del secondo DLC a pagamento sin dal suo debutto in Accesso Anticipato nel 2017.

Inoltre, a partire da oggi, il prezzo del gioco su tutte le piattaforme ha subito un drastico taglio. I prezzi e le date delle offerte possono variare in base alla piattaforma, per cui per maggiori informazioni tutti i giocatori possono fare riferimento allo store digitale ufficiale di ciascuna piattaforma.

Il nuovo bundle, Dead Cells: The Fatal Seed Bundle è disponibile da oggi su Nintendo Switch (al prezzo di 19,99 €). Il bundle contiene tutti i 20 aggiornamenti gratuiti più i due DLC a pagamento, The Bad Seed Fatal Falls (ognuno venduto anche separatamente al prezzo di 4,99 € ciascuno).

Ma ci sono anche altre offerte da scoprire:

  • Il gioco base sarà venduto per la prima volta al 50% di sconto (12,49 €), un’incredibile offerta per tutti coloro che vogliono scoprire Dead Cells per la prima volta.
  • 33% di sconto su Dead Cells: The Fatal Seed Bundle (19,99 €) per tutti coloro che vogliono il pacchetto completo.
  • 30% di sconto, per la prima volta, sul DLC The Bad Seed (3,49 €)
Categorie
News

Dead Cells in prova gratuita per gli abbonati a Nintendo Switch Online

Motion Twin ed Evil Empire hanno annunciato che Dead Cells potrà essere provato gratuitamente su Nintendo Switch, dagli utenti iscritti a Nintendo Switch Online, per sette giorni. Dal 26 gennaio fino al 1 febbraio.

Tutti gli appassionati possono risparmiare 24,99 € andando sul Nintendo eShop e pre-scaricarando il gioco, che potrà essere utilizzato dal 26 gennaio per una settimana gratuitamente. A partire da quel giorno, inoltre, Dead Cells sarà acquistabile su PC, Xbox e PlayStation con uno sconto del 50%. Le date e la durata delle offerte possono variare leggermente in base alla piattaforma, per cui per avere i riferimenti precisi è meglio tenere d’occhio lo store digitale di riferimento.

Un nuovo bundle, Dead Cells: The Fatal Seed Bundle che contiene entrambi i DLC a pagamento, Fatal Falls e The Bad Seed , uscito lo scorso anno, è disponibile per l’acquisto al 33% di sconto (solo su Switch) se pre-ordinato prima della data d’uscita ufficiale del 26 gennaio.

Il DLC Fatal Falls introduce diversi nuovi contenuti al gioco, come due nuove ambientazioni di metà partita, un letale nuovo boss e una miriade di armi e oggetti.

Categorie
News

Dead Cells, Fatals Falls è il nuovo DLC in arrivo a gennaio

Motion Twin ed Evil Empire hanno annunciato che Fatal Falls, il nuovo DLC di Dead Cells, sarà disponibile dal 26 gennaio su PC e console al prezzo di 4,99 €. 

Qui trailer e comunicato stampa:

Fatal Falls è il 22esimo aggiornamento importante per Dead Cells, titolo estremamente apprezzato e vincitore di numerosi premi, ma si tratta solo del secondo DLC a pagamento sin dal suo debutto in Accesso Anticipato nel 2017. Nominato più volte e vincitore di numerosi premi dedicati al gioco dell’anno del 2018, Dead Cells è un metroidvania roguelite con elementi action e platform apprezzato da critica e pubblico, ambientato in un castello ricco di imprevedibili insidie, segreti, oggetti in grado di cambiare le dinamiche di gioco e, sopratutto, abitato da nemici mortali.

Un DLC fatalmente fondamentale

Il DLC Fatal Falls introduce una cospicua quantità di nuovi contenuti per tutti gli appassionati, come due nuove ambientazioni visitabili a metà gioco, un temibile boss e una marea di nuovi oggetti e armi. Il trailer di gameplay pubblicato oggi mostra sia le due ambientazioni, i Santuari in rovina e le Coste imperiture, sia lo Spaventapasseri, l’agguerritissimo nuovo boss che i fan di vecchia data potrebbero immediatamente riconoscere come il Giardiniere reale, oramai corrotto dal Malessere.

Le due nuove ambientazioni sono accessibili parallelamente alle aree del Villaggio delle palafitte, della Torre dell’orologio e della Guardiana del tempo, e sono da considerare come percorsi alternativi per rendere ancora più coinvolgente la parte centrale dell’avventura. Oltre ai nuovi percorsi, i giocatori posso aspettarsi una sorta di spada omicida come companion (perché no?) e nuovi nemici folli come il corvo miope, lo spadaccino imbranato, il becchino morboso e diversi altri (ce ne sono otto in tutto), prima del boss finale, lo Spaventapasseri. (Occhio ai funghi esplosivi durante lo scontro!)

Cosa sarebbe un nuovo aggiornamento senza nuove armi? La spada maniacale (abbiamo detto che vola?) disponibile in Fatal Falls è pensata per offrire ai giocatori che puntano su Brutalità un’alternativa valida al Gufo reale e al Fungarzone. Sono state aggiunte anche le falci, indubbiamente fra le armi più affascinanti di sempre: sono attratte dai nemici e ti seguono per un po’. Sono state aggiunte ben sette nuove armi: i Parafulmini, le Falci dello Spaventapasseri, la Lanterna del Traghettatore, il Bastone di ferro, la Serenata, le Zanne di serpente e il Bozzolo. Ognuna di esse ti aiuterà nelle diverse aree che compongono le due nuove ambientazioni. E siccome il nostro obiettivo è quello di farti combattere al meglio E ANCHE in maniera super stilosa, in questo aggiornamento ci sono anche 10 nuove skin.

Ti potrebbe interessare anche:
Loop Hero per PC – Provato

Risparmia e muori spesso!

Per festeggiare l’arrivo del DLC, gli sviluppatori hanno deciso di dare la possibilità di pre-ordinare un nuovissimo bundle che taglia di netto i prezzi su tutte le piattaforme, a partire da fine gennaio. Le date possono variare leggermente in base alla piattaforma, ma tutti gli appassionati dovrebbero dare un’occhiata al proprio store digitale di riferimento a partire dal 26 gennaio per scoprire tutti i dettagli del periodo di sconto che durerà più di 10 giorni.

Un 33% di sconto è già disponibile per il nuovissimo bundle, Dead Cells: The Fatal Seed Bundle su Nintendo Switch (19,99 €). Questo incredibile bundle sarà disponibile su tutte le piattaforme a partire dal 26 gennaio (le date delle offerte potrebbero variare leggermente in base alla singola piattaforma) allo stesso prezzo di 19,99 €. All’interno del bundle sono compresi tutti i 20 aggiornamenti gratuiti pubblicati in precedenza, più i due DLC a pagamento, The Bad Seed Fatal Falls (venduti normalmente al prezzo di 4,99€ ciascuno).

Gli sviluppatori di Dead Cells hanno pensato a tutti i giocatori, veterani e nuovi arrivati, pianificando una serie di offerte che inizieranno, come già detto, dal 26 gennaio e dureranno fino a metà febbraio.

  • Il gioco base sarà venduto per la prima volta al 50% di sconto (12,49 €), un’incredibile offerta per tutti coloro che vogliono scoprire Dead Cells per la prima volta.
  • 33% di sconto su Dead Cells: The Fatal Seed Bundle (19,99 €) per tutti coloro che vogliono il pacchetto completo.
  • 30% di sconto, per la prima volta, sul DLC The Bad Seed (3,49 €)