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Mars Horizon per PC – Recensione

Recensione in un Tweet

Mars Horizon è un gestionale a turni divertente e impegnativo, oltre che un’istruttiva introduzione al fantastico mondo dello spazio. Le missioni spaziali stupiscono per i loro dettagli e i mini-giochi possono essere una vera sfida. Purtroppo la ripetitività e un end-game lineare possono minare la rigiocabilità.

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La prima cosa che ho fatto quando ho terminato la mia avventura su Mars Horizon è stato cercare, per la prima volta in assoluto, la cronistoria di tutte le missioni che le agenzie spaziali hanno sostenuto su Marte dal 1960 a oggi. Se lo scopo del gestionale a turni sviluppato da The Irregular Corporation e Auroch Digitalin collaborazione con l’Agenzia spaziale europea, è quello di far appassionare nuove persone all’astronautica, allora il titolo è un successo.

Per fortuna, i videogiocatori possono stare tranquilli, perché Mars Horizon riesce a essere divertente anche come gioco gestionale. Affermazione non banale in un genere monopolizzato da serie sacre come Civilization, Tropico, SimCity e Football Manager, e da una necessità di maniacalità nel bilanciamento.

L'agenzia spaziale europea assume.
L’agenzia spaziale europea assume.

Le basi

Dopo aver scelto una delle cinque agenzie spaziali a disposizioni, tra cui la NASA e l’ESA, Mars Horizon diventa una corsa verso l’atterraggio dei primi astronauti su Marte che parte dal gennaio 1957. Il titolo inizia con una visuale del sistema solare e un lungo tutorial ci fa addentrare nel mondo dei giochi gestionali a turni e delle agenzie spaziali. Infatti, indipendentemente dal vostro grado di conoscenza, il gioco amplierà la vostra cultura sull’ingegneria delle missioni nello spazio.

Per farlo sarà necessario padroneggiare i concetti fondamentali e le risorse di un’agenzia spaziale. In Mars Horizon tutto ruota attorno a ricerca, missioni, strutture e diplomazia, mentre le risorse necessarie sono il supporto, i punti scienza e i fondi. Il supporto corrisponde al prestigio dell’agenzia e si ottiene portando a termine con successo le missioni. Questo garantirà un appoggio economico che si tramuterà in denaro, i fondi. Inoltre, le missioni garantiranno anche punti scienza fondamentali per la ricerca.

Durante i primi minuti in gioco, le prime cose che mi sono state richieste in qualità di capo al comando dell’ESA è lanciare un razzo-sonda per dei test scientifici. Facile a dirsi, più complicato da portare a termine. Per mandare in orbita il primo razzo della storia dell’ESA sono necessari: un piccolo lanciatore e il razzo-sonda vero e proprio. Ed è qui che entrano subito in gioco le correlazioni tra i pilastri cardine del titolo e le risorse.

Il pianeta terra è bellissimo.
Il pianeta terra è bellissimo.

Un finale scontato

A differenza di titoli come Civilization, in cui è possibile scegliere in che modo vincere la partita, in Mars Horizon si trionfa soltanto mettendo i piedi su Marte per primi. Questo comporta la necessità di avere un bilanciamento dei tre rami di ricerca: missioni, strutture e vettori.

Nel nostro caso, sarà necessario ricercare la missione del lancio del razzo-sonda e il suo payload nella sezione delle missioni, un piccolo lanciatore tra la ricerca delle strutture e i componenti per costruire il razzo da inviare sullo spazio nella sezione dei vettori. Inizialmente i fondi e punti scienza base sono sufficienti, ma andando avanti sarà sempre più necessario aumentare la quantità di missioni da portare a termine per non rimanere indietro.

Le missioni si dividono in milestone e richieste. Le prime sono i grandi avvenimenti della storia e quindi i nostri obiettivi primari. Le agenzie spaziali gareggeranno tra loro per ottenere il primato temporale. Le richieste, invece servono per aumentare le risorse necessarie, ottenere nuovi potenziamenti e migliorare il rapporto con i rivali grazie a delle missioni congiunte.

Tante missioni.
Tante missioni.

Missioni accurate

Quando ho inviato il curriculum per diventare il capo dell’ESA, ero a conoscenza che avrei passato la maggior parte del mio tempo a organizzare missioni nello spazio, ma non pensavo che gli sviluppatori sarebbero andati così a fondo. Le missioni di gioco si dividono in tre parti principali: costruzione del payload, costruzione del vettore e preparazione per il lancio.

In astronautica, il payload, o carico utile, è una parte del vettore, cioè del missile, che servirà per portare a termine la missione. Solitamente si tratta di un satellite, di un telescopio o di un’antenna. La parte interessante è che quelli che vedremo nel gioco sono payload realmente utilizzati dalle agenzie spaziali nel corso del tempo per portare a termine i compiti più importanti, che potremmo rivedere, insieme a tanti altri dettagli, nella Spacepedia, una dettaglia enciclopedia che sbloccheremo andando avanti nel gioco e nelle partite.

La Spacepedia è una chicca.
La Spacepedia è una chicca.

Nella prima fase della missione, ci limiteremo a pagare il carico e aspettare la sua costruzione. Una volta terminata, potremmo passare alla costruzione del veicolo che porterà il payload nelle orbite di uno dei pianeti o satelliti del sistema solare. Il missile è costituito da due parti: upper stage e booster. Il primo ha due caratteristiche, il peso di carico che può contenere e quanto lontano può essere lanciato. Il booster, invece sorregge lo stadio superiore, ma necessita di un lanciatore più o meno grande per essere usato.

Adesso che il nostro missile è pronto, siamo pronti per lanciarlo con o senza un equipaggio, in base alla tipologia della missione. Le prime volte, la fase di lancio è una delle cose più emozionanti che faremo. Però, dato la mia carriera decennale all’ESA, debbo confessare che dopo poco diventerà una pratica noiosa che si limita a un lancio di dadi, che se sfortunato porterà alla distruzione del vettore ed eventualmente alla morte del nostro equipaggio.

Si parte.
Si parte.

La pratica rende perfetti

Lo stesso discorso di stupore e noia vale per le missioni. Una volta che il payload è in orbita, dovremmo affrontare varie fasi che corrispondono tutte allo stesso mini-gioco. L’obiettivo è scambiare risorse con un sistema input-output, così da raggiungere la quantità minima di un determinato sottogruppo di risorse e poter stabilire una connessione tra la base spaziale e il satellite.

I ragazzi di The Irregular Corporation si sono veramente sforzati per cercare di rendere più variegato possibile questa sequenza. Purtroppo, ripeterla continuamente diventa troppo presto monotona. Andando avanti nel gioco sbloccherete sempre nuove risorse, come l’equipaggio, o malus che renderanno il puzzle effettivamente sfidante. Tra uno shift e un disturbo nella comunicazione, il fattore fortuna sarà determinate, ma potrà essere bypassato attraverso l’utilizzo della fondamentale risorsa elettrica. Solitamente, l’obiettivo minimo è facilmente raggiungibile, ma anche i veterani troveranno difficoltà nel completare la sequenza che garantisce una ricompensa bonus.

Letteralmente un rompicapo.
Letteralmente un rompicapo.

La difficoltà di gioco è impegnativa già a livello normale. Infatti, non solo i rompicapo potranno mettere in difficoltà, ma soprattutto le altre agenzie spaziali che si muoveranno con velocità e precisione. Fallire una missione porterà molto spesso a dover rinunciare al primo posto e costringerà a una pianificazione accurata per recuperare il tempo perso. Sotto questo punto di vista, Mars Horizon offre una sfida, fattibile ma impegnativa, ai neofiti e un ottimo passatempo anche agli esperti del genere.

Non vi voglio svelare ulteriori dettagli, ma Mars Horizon saprà stupire su tanti aspetti. Il primo lo noterete andando avanti nelle ere di gioco a dimostrazione di un game design ragionato. Anche il comparto grafico è gradevole, ma la ripetitività colpisce anche il design di strutture, veicoli e soprattutto un comparto musicale decisamente basilare e alla lunga troppo ripetitivo.

Finalmente a terra.
Finalmente a terra.

Conclusione

Mars Horizon è un indie che mi ha saputo sorprendere. Si tratta di un gestionale divertente per qualsiasi tipo di giocatore, ma se siete nuovi del genere e cercate un titolo entry-level, Mars Horizon è quello che fa per voi. L’ottimo bilanciamento della difficoltà vi farà sentire il fiato sul collo di questa pazza corsa verso l’atterraggio su Marte. Ovviamente il gioco non è esente da difetti. In particolare, il titolo potrebbe stancare a causa di una ripetitività dovuta a una costante mancanza di fondi e dall’eccessiva enfasi sul puzzle game delle missioni.

Dopo aver avuto successo con l’ESA, sarà mia cura portare alla vittoria tutte le altre agenzie spaziali. Però sono cosciente che il gioco può risultare troppo monotono a causa di una scelta di end-game ben precisa che lascia poco spazio di manovra. È un duro lavoro, ma non possiamo permettere a Elon Musk di monopolizzare il settore!

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: Gestionale
  • Lingua: Inglese
  • Multiplayer: No
  • Prezzo: 17,99 €

Ho guidato le migliori agenzie spaziali alla conquista di Marte per una ventina di ore grazie a un codice gentilmente fornito dal publisher.

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Red Rope: Don’t Fall Behind per Nintendo Switch – Recensione

RECENSIONE IN UN TWEET

Red Rope: Don’t Fall Behind è come un diamante grezzo, perdersi nel Labirinto in compagnia di un amico è un’esperienza unica, ma mostra il fianco se giocato in solitaria a causa di comandi spesso confusionari e frustranti.

7.5


Chi tra voi ricorda quella reliquia del passato, di tanto in tanto riesumata, conosciuta con il nome di co-op locale? Nell’era del multiplayer online, del matchmaking istantaneo, dell’accessibilità a qualunque costo, un manipolo di temerari sviluppatori, solitamente indipendenti a dire il vero, si cimenta in una riesumazione che ricorda un po’ un team di archeologi che scavando rinviene i resti di un glorioso passato.

Tutti ammirano l’importante ritrovamento, ne comprendono l’importanza storica, ma subito dopo tornano al mondo moderno. Un mondo che è andato avanti, un mondo comodo e fruibile nel minor tempo possibile. Eppure quei pezzi di passato a volte ritornano prepotenti a ricordarci che consultare la celeberrima friend list e giocare con i propri amici è sicuramente comodo, ma che due Joy-Con, un divano ed un videogioco hanno un non so che di magico, una sensazione di condivisione reale, palpabile.

L'Autunno di Red Rope

È proprio quella sensazione che i ragazzi di Yonder, studio tutto italiano, vogliono farci provare con il loro titolo di punta, Red Rope: Don’t Fall Behind, interessante puzzle game che basa il proprio gameplay sulla coordinazione e la complicità che solo un’esperienza locale può dare. Il titolo infatti ci metterà nei panni di una coppia composta da un uomo ed una donna, rispettivamente Him ed Her, che finiti all’interno di un misterioso Labirinto, dovranno lavorare all’unisono per raggiungere il centro dell’imponente struttura, per poi svelarne i segreti.

La particolarità dell’avventura risiede però nel titolo del gioco. Infatti, i due protagonisti sono legati l’uno all’altra da un filo rosso e dovranno quindi agire come se fossero un tutt’uno, rimarcando quanto i sensi di complicità e comunione stiano alla base di quest’opera.

Dove ci troviamo?

Questa è la domanda che in molti si porranno negli istanti seguenti il primo avvio, ed il gioco non tarderà nel rispondere, seppur non utilizzando parole. Infatti, Red Rope non fa uso né di dialoghi, fatta eccezione per pochissimi NPC, né d’intermezzi. A rendere tutto più enigmatico, è la mancanza di un tutorial a schermo, che ci imporrà di osservare l’ambiente che ci circonda e dedurre chi siano Him ed Her, perchè si trovino nel Labirinto e chi siano i suoi abitanti, espediente narrativo recentemente sdoganato da una saga divenuta poi un genere, i souls-like. In questo caso però l’approccio adottato risulta a tratti sin troppo ermetico. Riteniamo sarebbe stata utile la presenza di una piccola introduzione al mondo di gioco, in modo da fornire al giocatore la giusta “chiave di lettura”, essendo il titolo permeato di simbolismi non semplicissimi da cogliere ad un primo sguardo.

L’ambiente di gioco invece, il Labirinto, è diviso in più zone: un’area “sicura” che fungerà da collegamento con tutte le altre, ed in cui potremo dialogare con i pochi, stravaganti, NPC, fare incetta di ombre, la valuta utilizzata in un rudimentale sistema di scambio, o semplicemente goderci qualche istante di pace, occasione assai rara all’infuori di questa oasi felice. Al di fuori della civiltà troveremo varie “case” in cui si svolgerà il gioco vero e proprio, aree ricche di nemici e puzzle da risolvere. Ogni casa è contraddistinta da una personalità ed un tema ben precisi. Le prime che il gioco ci proporrà saranno le case ispirate alle quattro stagioni, ognuna con la propria “gimmick” a contraddistinguerla, sempre caratterizzate da un ottimo level design, un sapiente posizionamento dei nemici e puzzle di difficoltà via via crescente, ma dalle meccaniche già ben definite.

La componente artistica è realizzata con una classica, ma ben fatta pixelart con visuale top down, a cui siamo abituati già da anni. È bene però notare che la prospettiva, soprattutto in presenza di dislivelli, non sempre sarà chiarissima, portando i giocatori a morti inaspettate e francamente evitabili. Chiude il tutto una colonna sonora che esalta l’atmosfera cupa e misteriosa che permea l’intero titolo, seppur alla lunga possa risultare ripetitiva. Gli effetti sonori, invece risultano di qualità altalenante, con alcuni di ottima fattura, mentre altri, come il “pianto” del bambino custode delle chiavi, che stonano con tutto il resto.

Una corda per ghermirli…

Veniamo ora al vero piatto forte di Red Rope, ovvero il gameplay nudo e crudo. Premettiamo subito che il grado di sfida offerto è decisamente alto rispetto a quello a cui il mercato videoludico ci ha abituati già da svariati anni, e potrebbe risultare a tratti frustrante.

L’intera esperienza si basa su una meccanica apparentemente semplice, ovvero l’utilizzo della corda che lega i due protagonisti e che risulterà essere l’unica arma contro le dozzine di entità che ci ostacoleranno lungo il viaggio verso il centro del dungeon. I suoi utilizzi saranno i più disparati e saranno i giocatori a dover intuire come utilizzarla per sbarazzarsi delle creature che abitano le tantissime sale del Labirinto. Passeremo dall’utilizzo della corda come una “morsa” per stritolare il più debole degli zombie fino all’estenderla completamente per poi farla passare su dei fuochi fatui, che di conseguenza si estingueranno liberandoci il passaggio. La corda ha tantissimi altri utilizzi, ve lo assicuriamo, alcuni dei quali originalissimi, che non vi elencheremo per non rovinarvi la sorpresa.

… e nel buio incatenarsi

Oltre che arma, la corda rappresenterà anche il vincolo tra i due compagni di viaggi, limitandone la libertà di movimento. Questo renderà indispensabile la cooperazione e comunicazione di entrambi i giocatori, poiché basterà anche solo sfiorare una creatura nemica per decretare la prematura dipartita di entrambi i nostri eroi, con conseguente perdita di preziose vite. Infatti, è presente un contatore che una volta esaurito porterà al gameover definitivo, con conseguente eliminazione di tutti i progressi ottenuti fino a quel momento.

Specifichiamo che gli sviluppatori hanno provato a venire incontro ai giocatori con un counter che partirà da un numero molto elevato, cento vite, e che potrà essere incrementato in vari modi, più o meno semplici e accessibili. Inoltre, è presente anche una rudimentale funzione di salvataggio, acquistabile da un NPC in cambio di ombre, e disponibile solamente nell’area “sicura” del Labirinto.

Una menzione di onore va al bestiario, talmente nutrito e variegato che non sfigurerebbe nemmeno in un titolo dall’impronta più action. Durante le nostre ricerche incorreremo infatti in zombie, mummie, spettri, ranocchiette all’apparenza innocue e chi più ne ha più ne metta, regalando ad ogni zona del Labirinto una propria personalità ludica e visiva. Infine, non mancheranno nemmeno numerose boss fight, tutte realizzate con sorprendente creatività e mai scontate, che mostreranno quanto sia duttile la meccanica della corda.

Il misterioso viaggio all’interno del Labirinto avrà la durata di circa quindici ore, ma solo nel caso in cui la coppia giocante si riscopra particolarmente abile e coordinata, in caso contrario la longevità del gioco salirà esponenzialmente, complice anche la presenza di un numero limitato di vite che condurrà all’inesorabile schermata “You Died”. Dobbiamo appuntare che, nonostante questa meccanica aggiunga un po’ di pepe alla partita, dando valore tangibile alla perdita di ogni singola vita in nostro possesso, è pur vero che ripetere stanze che già si conoscono, o peggio ancora ricominciare un’intera partita, potrebbe risultare ripetitivo.

Meglio soli che… o forse no?

Fino ad ora vi abbiamo parlato dell’esperienza di gioco dal punto di vista di chi può usufruire della co-op locale, ma non tutti hanno la fortuna di avere un amico sempre pronto a dare man forte per scoprire cosa si cela nelle segrete del Labirinto. È chiaro che l’intero titolo sia concepito come un’esperienza da vivere in coppia, ma come si comporterà nell’esperienza in solitaria? Qui arriviamo al più grande difetto di Red Rope, ovvero la fruibilità di un gameplay immaginato per due persone, ma compresso in un solo pad, che comanderà i protagonisti della vicenda tramite entrambi gli stick.

Chiariamo subito che il titolo è completabile in solitaria, nonostante risulti decisamente più difficile che assieme ad un fido compagno. Fatta questa doverosa premessa dobbiamo constatare che tutta la magia ricreata nella coordinazione richiesta tra un giocatore e l’altro lascerà spazio ad un sistema di controllo, seppur meccanicamente preciso, chiaramente inadeguato ad una modalità single player.

Durante le fasi più concitate tenere d’occhio entrambi i personaggi, ricordare quale stick muove l’uno o l’altra e coordinare i movimenti di entrambe le dita risulterà spesso confusionario, a tratti frustrante. Al sistema di controllo, già difficile da padroneggiare in singolo, andranno aggiunte meccaniche che creeranno ancora più confusione. Per esempio, ci siamo imbattuti in una zona in cui i comandi dei personaggi sono spesso invertiti e il risultato è stato sentire il gioco eccessivamente punitivo. Nonostante siamo coscienti che Red Rope: Don’t Fall Behind sia un gioco cooperativo, avremmo davvero gradito che la modalità single player fosse curata con un maggior bilanciamento o quantomeno semplificata.

Conclusione

Red Rope è un titolo coraggioso, unico, piacevolmente anacronistico all’interno di un’industria che sempre più spesso punta al guadagno facile, alla standardizzazione ed agli investimenti sicuri. Lo stile ricercato, il level design a tratti brillante, l’atmosfera pregna di mistero fanno da sfondo ad un’ottima esperienza co-op, che grazie al grado di sfida proposto metterà alla prova amicizie, parentele e relazioni, regalando sempre un’esperienza piacevole ed unica nel suo genere.

Nonostante piccole sbavature, come effetti sonori a volte sottotono, una narrativa sin troppo ermetica ed una certa ripetitività di fondo già dopo il primo gameover, Red Rope: Don’t Fall Behind sarà un ottima aggiunta alla vostra libreria digitale, a patto però di avere una compagnia con cui condividere il bizzarro viaggio all’interno del labirinto. In caso contrario, preparatevi a una componente single player solo per veri veterani, confusionaria nei controlli e a tratti frustrante.

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: rompicapo, azione
  • Multiplayer: si (co-op locale)
  • Lingua: inglese
  • Prezzo: 12,99 euro

Ho esplorato il Labinto per circa quindici ore grazie a un codice gentilmente fornito dagli sviluppatori.

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Assassin’s Creed: Valhalla per PC – Recensione

RECENSIONE IN UN TWEET

Assassin’s Creed: Valhalla è divertente e si affaccia al mondo dei giochi di ruolo senza abbandonare il suo stile action. L’introduzione di un sistema di combattimento più complesso aumenta la profondità di un titolo, che purtroppo tra alti e bassi è ancora lontano dagli altri capolavori open world.

8.5


A due anni di distanza da Odyssey, Ubisoft torna alla carica armata di corni potori e vichinghi assetati di conquista. Assassin’s Creed: Valhalla è un gioco ambizioso, così come i protagonisti che racconteremo in questa recensione. Se volessimo sforzarci in un’analogia, così come gli isolati “danesi” hanno messo a ferro e fuoco la più centrale e vivace Inghilterra del IX secolo, così Ubisoft Montreal, dalle fredde terre del Canada vuole conquistare i cuori degli appassionati del gelo, ancora affezionati a un titolo di ben nove anni fa, The Elder Scrolls V: Skyrim.

La Norvegia

Assassin’s Creed: Valhalla comincia il suo racconto dalle fredde terre di Norvegia dove prenderemo subito in mano la nostra, o il nostro dato che è possibile scegliere, protagonista, Eivor. Nei primissimi minuti sposteremo la nostra eroina, ancora bambina, in una dimora ricolma di gente in festa e dettagli che lasciano a bocca aperta anche i videogiocatori più esigenti. Il primo importante gesto che dovremmo compiere non è casuale. Il simbolismo alimenta la serie e il bracciale che consegneremo in segno di alleanza al capo del Clan del Corvo, sarà lo stesso gesto che riceveremo quando stringeremo alleanze durante la storia di una Eivor ormai adulta.

Norvegia, meraviglia del creato.
Norvegia, meraviglia del Creato.

Purtroppo, i festeggiamenti non dureranno molto e presto ci ritroveremo nel bel mezzo di un massacro in cui la giovane Eivor mostrerà il suo coraggio non fuggendo fino a quando il figlio del capo clan, Sigurd, non la porta in salvo. Da ora in poi, i due saranno inseparabili e una volta cresciuti potranno finalmente vendicarsi di quanto avvenuto anni prima.

Consci della propria forza, della Confraternita degli Assassini che fornirà ad Eivor la famosa Lama Celata, e delle proprie visioni, interpretate da Layla, Eivor e Sigurd vogliono farsi spazio nel ghiaccio di Novergia, ma non sono questi i piani di una terra che vuole unirsi sotto un’unica bandiera. Il clan del corvo, nel nome del padre di Sigurd, accetta l’unione e i due saranno costretti a sfogare la propria ambizione in una nuova terra, l’Inghilterra.

Tra Storia e Leggenda

Gli eventi narrati da Assassin’s Creed: Valhalla sono spesso così dettagliati che fan sorgere nel giocatore la voglia di capire dove inizia la leggenda e finisce la storia.

L’unificazione della Norvegia sud-occidentale avviene nell’872 grazie Harald Harfagre. La folta capigliatura presente nel gioco non è un caso. Infatti, Harald fu noto come “Bellachioma” e i suoi successori regnarono fino al 1319.

D’altro canto, Sigurd Styrbjornson è probabilmente un personaggio che prende vita dalla mitologia norrena. Infatti, Sigurd I di Norvegia nacque dopo gli eventi narrati, nel 1090, mentre Sigfrido, noto anche come Sigurd, è un importante personaggio di fantasia della Saga dei Völsungar. Inoltre, le sue gesta sono narrate nel poema epico La canzone dei Nibelunghi, ma anche nelle dolci note di Richard Wagner in L’anello del Nibelungo.

L’Inghilterra

Ravensthorpe sarà il punto di partenza delle nostre scorribande. Il nostro scopo in terra di Albione è stringere alleanze con i clan limitrofi al fine di poter continuare l’espansione norrena in Inghilterra. Ogni alleanza corrisponde a una vera e propria saga, cioè una lunga, spesso anche troppo, quest che porterà come premio finale l’alleanza con quella regione. Per iniziare una nuova saga sarà necessario recarsi all’edificio principale del nostro insediamento, la casa lunga del clan. Qui Randvi e una mappa ci permetteranno di ottenere informazioni su quelle terre e i loro personaggi.

Anche se passeremo la maggior del tempo a vagare per la regione, la casa lunga per quanto caratteristica e sicuramente d’impatto, perde decisamente il confronto con alcuni dei centri di comando visti in passato. In particolare, non è facile raggiungere l’imponenza e la solennità di edifici come il castello di Masyaf o la Villa Auditore di Monteriggioni. Nonostante tutto, rimane gratificante poter vedere come Ravensthorpe migliori man mano che il clan acquisisce forza, sia in termini estetici data l’ingente quantità di personalizzazioni disponibili, sia grazie a nuove funzionalità, che si potranno aggiungere pagando con scorte e materiali grezzi raccolti durante le razzie.

L'Inghilterra di Assassin's Creed: Valhalla.
L’Inghilterra di Assassin’s Creed: Valhalla.

Obiettivi secondari

Il gioco seguirà una trama principale fatta di conquiste e intrecci con la Confraternita di Assassini, ma gli obiettivi secondari sono così tanti che anche dopo venti ore di gameplay sarete comunque costretti a premere la levetta analogica sinistra, mentre guardate la mappa, per capire cosa indica quel simbolo sulla legenda. Assassin’s Creed: Valhalla è un gioco che vorrete probabilmente finire al 100%, ma non sarà facile. Ubisoft, come troppo spesso ci ha abituato, ha creato un vortice di longevità artificiosa che allunga il titolo più di quanto ce ne sarebbe veramente bisogno.

Gli obiettivi secondari hanno tutti la stessa caratteristica di essere divertenti le prime volte e diventare eccessivamente ripetitivi andando avanti. Ogni zona che visiteremo ha un valore numerico per indicare il livello di difficoltà e tre indicatori: ricchezza, misteri e manufatti, che aumenteranno portando a termine le missioni. Tendenzialmente gli enigmi sono semplici, e se la prima volta che ripulirete una zona maledetta sarà incredibilmente figo, le volte successive probabilmente continuerete la vostra marcia nella splendida Britanna.

Divertimento in città

All’interno degli accampamenti e città alleate sarà possibile passare del tempo in diversi mini-giochi. Tra questi i più divertenti sono le battaglie di rime e il gioco di dadi Orlog.

La battaglia di rime verrà vista dai più giovani come un freestyle in salsa britannica, ma io ci vedo le gare di insulti di Monkey Island. Il capolavoro di LucasArts proponeva frasi lunghe e deliranti in rima, mentre Assassin’s Creed: Valhalla si limita a brevi frasi a cui bisognerà rispondere non solo in rima, ma anche con una cadenza di suono coerente. Tra le tre frasi da scegliere, due avranno sempre una rima, ma solo una avrà il suono giusto per colpire nel segno. Vincere una battaglia di rime aumenterà il vostro carisma che permetterà di avere dialoghi aggiuntivi in varie situazioni di gioco, anche della trama principale.

L’Orlog è un gioco di dadi a sei facce il cui scopo è azzerare la vita dell’avversario. Per farlo si dovrà attaccare lanciando i dadi fino a un massimo di tre volte a turno e fare danni con le facce dei dadi che indicano un’ascia o una freccia. In egual modo, ci si potrà difendere dagli attacchi delle frecce con il dado “scudo”, mentre l’elmo sarà utile contro le asce. Una faccia è vuota e non sortirà alcun effetto, mentre l’ultima ruberà un punto di favore divino, che si accumulano quando l’avversario non potrà bloccare il vostro colpo. I favori divini possono essere svariati e si attivano a partire da una serie di statuine collezionabili che otterrete giocando e vincendo a Orlog.

Paesaggi mozzafiato

L’Inghilterra di Assassin’s Creed: Valhalla è incredibilmente bella da vedere. La qualità di buona parte delle texture rende i paesaggi suggestivi e ispirati. In particolare, il mare è una spanna sopra tutto il resto, mentre la flora vive di una dualità. A volte l’erba sembrerà quasi reale, mentre alcune texture sembrano appena abbozzate tanto da stonare con la precisione di qualche cespuglio pochi metri dopo. Lo stesso vale per i personaggi di gioco. Eivor, Sigurd e molti altri norreni principali che incontrerete vi lasceranno a bocca aperta per la qualità del volto e dell’abbigliamento. D’altro canto, gli altri personaggi non giocanti, anche importanti per la trama, saranno approssimati e a volte addirittura simili tra loro.

L'acqua è stupenda.
La fisica dell’acqua è stupenda.

Nel complesso, girovagare via terra, o mandare in avanscoperta il vostro corvo Synin, vi darà la sensazione di rivivere i luoghi incontrati in capolavori come The Witcher 3, ma esplorare i fiumi con una drakkar è una sensazione unica, grazie anche a un comporto audio di livello per tutto il tempo, ma con picchi massimi durante le traversate in mare o poco prima di una delle tante razzie che andremo a compiere.

Esattamente come le altre missioni secondarie, le razzie sono terribilmente affascinanti all’inizio per poi diventare monotone dopo poco. Esse sono utili per raccogliere i materiali necessari per ampliare il nostro insediamento e forniscono un quadro psicologico della filosofia norrena. Nessuna Chiesa vicino ai fiumi è al sicuro, perché Eivor insieme alla sua ciurma potrà attaccare via mare questi luoghi di culto pieni di ricchezze.

Season Pass

Ho provato il primo contenuto disponibile sul pass stagionale di Assassin’s Creed: Valhalla. Si tratta della quest: “La leggenda di Beowulf”, che sarà disponibile quando arriverete in Inghilterra, ma che vi consigliamo di intraprendere un po’ più avanti quando la vostra potenza sarà adeguata per affrontare l’Anglia orientale. Inizialmente mi ero dimenticato che si trattava di un contenuto aggiuntivo, ma la qualità della sceneggiatura mi ha fatto velocemente porre il dubbio.

Non vi racconterò volutamente nulla in merito, perché la missione è abbastanza breve e ogni particolare potrebbe suonare come un spoiler, ma la sua narrazione densa la rende tra le migliori quest del gioco. La leggenda di Beowulf dovrebbe essere presa come punto di partenza per tutte le missioni secondarie di Assassin’s Creed: Valhalla, perché contiene le giuste emozioni senza essere inutilmente prolissa. Non posso che augurarmi che anche i prossimi contenuti del pass previsti per primavera ed estate 2021 prendano spunto da questo contenuto aggiuntivo.

Beowulf non è un nome nuovo per gli appassionati di mitologia e cinema. Infatti, Beowulf è un poema epico dell’VIII secolo “scritto in una variante sassone occidentale dell’anglosassone”. Ovviamente, non vi racconteremo i dettagli, ma il nome della missione non è casuale perché: “La leggenda di Beowulf” è un film del 2007 di Robert Zemeckis ispirato proprio dal poema.

Scontri impegnativi

Il sistema di combattimento di Valhalla ricalca fortemente quanto già visto in Odyssey, ma risulta molto più realistico del suo predecessore. Il nuovo combat system opta per combattimenti più fisici e brutali, mettendo da parte la dinamica degli interventi divini, ma risultando comunque spettacolare e variegato. Grazie all’implementazione della barra del vigore, i combattimenti ricalcano una versione semplificata dello stile souls-like, che possono diventare più impegnativi durante i boss fight. In questi casi, il nemico cambierà comportamento e aggressività durante lo scontro. Lo stile di combattimento è a totale scelta del videogiocatore che può optare per combattere a due mani, con arma e scudo oppure con doppia arma.

Queste audaci idee purtroppo si scontrano con un’intelligenza artificiale arretrata rispetto alla concorrenza. Infatti, troppo spesso abbiamo visto avversari completamente fermi e pattern di movimento sempre uguali che rendono i combattimenti tra truppe eccessivamente ripetitivi. I boss, invece, oltre ad essere carismatici, possono mettere a dura prova il giocatore con sequenze, forse un po’ ripetitive, ma sicuramente efficaci.

Assassin’s Creed: Valhalla è un gioco in cui si muore molto poco e che cerca di aiutare l’utente quanto più possibile. In particolare, lo fa con tre strumenti: equipaggiamento, talenti e abilità. I primi due sono collegati tra loro, mentre le abilità sono un extra solo per i giocatori che amano esplorare. In realtà, bisogna specificare che lo strumento più utile in combattimento sono le razioni, dei consumabili che ripristinano la salute e possono salvare da morte certa. Penso che siano d’accordo anche gli sviluppatori dato l’elevato costo in materie prime per aumentare la quantità che si può portare in giro.

I boss sono forti e carismatici.
I boss sono forti e carismatici.

Un gioco di ruolo… semplificato

Il nuovo titolo Ubisoft schiaccia chiaramente l’occhio ai giochi di ruolo più di quanto fatto fino ad ora, ma rimane un gioco action. Infatti, potremmo migliorare l’equipaggiamento, ma basterà pagare in minerali di ferro e cuoio, o usare le rune trovate in giro per l’Inghilterra. Idee carine, ma che non portano reale giovamento. Infatti, non si sentirà mai la necessità di potenziare l’armatura né di sostituirla con un’altra, nemmeno quando deciderete di cambiare talenti. Specifichiamo che ogni set di armatura, oltre a fornire un bonus se sono indossati almeno cinque pezzi, fornisce bonus anche in base alla via di talenti scelta. Infatti, ogni pezzo in vostro possesso è caratterizzato da un colore, o animale, che può essere uno dei tre presenti tra le “costellazioni dei talenti”.

La divisione dei talenti è una versione più complessa di quanto visto in The Elder Scrolls V: Skyrim. Si partirà dal centro e spendendo punti talento si potrà proseguire per una serie di vie tutte incastrate tra loro. Il rosso, colore dell’orso, corrisponde al combattimento in mischia. Il blu è il colore del lupo e dell’attacco a distanza, mentre il giallo corrisponde al corvo e alle fasi in furtivo. Sono certo che giocatori più smaliziati troveranno le migliori combinazioni. Nel mio caso, ho scelto i talenti che sbloccavano l’attacco che ritenessi più utile per il mio stile di gioco e non ho mai avuto la necessità di tornare indietro.

Infine, l’ultimo aiuto fornito dal gioco sono le abilità che si sbloccano grazie ai “Libri del Sapere” sparsi in giro per il mondo. Si tratta di oggetti collezionabili che aggiungono degli attacchi speciali veramente poderosi. Come già detto, sono un extra dedicato ai videogiocatori che amano cercare gli obiettivi secondari, ma alcune abilità possono realmente spaccare il gioco, soprattutto quelle che prevedono l’uso dell’arco.

Eivor
Eivor.

Conclusione

Assassin’s Creed: Valhalla è un’opera mastodontica da oltre sessanta ore, come l’open world che Ubisoft Montreal ha deciso di proporre. Però, tale grandezza vive di alti e bassi tipica delle ultime produzioni della casa francese. Gli sviluppatori hanno cercato di prendere il meglio dai giochi di ruolo di maggiore successo. Alcune cose sono riuscite alla grande come il sistema dei talenti, ma altre hanno uno standard inferiore, come il voler eccessivamente semplificare l’equipaggiamento come in The Legend of Zelda: Breath of the Wild, senza però ottenere lo stesso risultato. Allo stesso modo, hanno cercato di introdurre nuove peculiarità alla serie. Alcune riuscite, come il sistema di combattimento più ragionato e i boss fight, altre da rivedere come le razzie.

L’ultimo capitolo di Assassin’s Creed vuole essere immediato in tutto quello che vi permette di fare e ci riesce ottimamente. L’ultima fatica di Ubisoft Montreal non è un complesso gioco di ruolo in cui dovrete gestire armature, armi, punti caratteristiche e combattimenti difficili. Si tratta ancora di un action, che vuole far rivivere a tutti i tipi di videogiocatori una parte di storia carica di leggenda, senza mai perdere la propria personalità.

Vi consiglio di giocare questo capitolo di Assassin’s Creed, perché nonostante la storia videoludica lo vedrà come un nuovo punto di partenza per la serie, si tratta di un titolo di qualità, capace di divertire e impegnare con leggerezza per tanto tempo. L’esperimento di osare è riuscito, ma per ambire al Valhalla dei capolavori open world bisognerà aspettare il prossimo capitolo.

Modus Operandi

Abbiamo giocato Assassin’s Creed: Valhalla grazie a un codice per PC fornito gentilmente dal publisher. La configurazione che trovate sotto ci ha permesso di giocare alla massima qualità grafica senza subire rallentamenti.

Tecnicamente il gioco si comporta bene. La qualità grafica è alta, ma alcuni scatti e glitch di troppo mostrano una mancanza nella cura dei dettagli. Piccoli difetti perdonabili e risolvibili con una patch, ma che non permettono al titolo di raggiungere la cappa.

Configurazione PC

  • Processore: Intel Core I5-9600k
  • Ram: 16 gb.
  • Scheda video: Gigabyte GeForce GTX 1660 SUPER.
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Disc Room per PC – Recensione

RECENSIONE IN UN TWEET

È quasi educativo vedere il trattamento che i creatori di Disc Room hanno riservato a un genere di nicchia come i puzzle game. Gli sviluppatori sono partiti dalla crudeltà del passato e hanno innalzato al massimo il livello di dettaglio di tutti quei parametri che prima potevano solo essere abbozzati per mancanza di tecnologia.

8.5


Ci sono stati degli anni in cui i videogiochi dovevano fare i conti con tanti limiti: supporti di memoria, budget e bravura dei videogiocatori. Ai tempi, i giocatori erano una stretta cerchia che cercava un alto grado di sfida per passare più tempo possibile in titoli che non potevano promettere una longevità eccessiva. Oggi ci troviamo in una condizione totalmente diversa. I puzzle game tremendamente difficili sono ormai una minuscola nicchia, mantenuta in vita da sviluppatori indipendenti di grande talento. Prima i rompicapo erano una necessità dovuta alla tecnologia, ora sviluppatori come Jan Willem Nijman, Kitty CalisTerri Vellmann e Doseone vogliono dimostrare che un gioco suddiviso in stanze in cui lo scopo è sopravvivere più a lungo possibile può essere divertente anche nell’era degli open world e della next-gen che mira al 4K.

È l’anno 2089 e un enorme disco gigante è comparso nei pressi del pianeta Giove. Vestiremo i panni di un astronauta che dovrà capire cosa sta succedendo e risolvere i misteri collegati a questo strano avvenimento. La trama sarà raccontata da strisce di fumetto che saranno il filo conduttore tra una morte e l’altra. Infatti, come già avrete intuito, in Disc Room il decesso è parte integrante del gioco, tanto che se ne terrà traccia anche alla fine della partita.

Stanze e Dischi

Ci intrufoleremo, con visuale dall’alto in 2D, in delle stanze quadrate in cui dovremmo sopravvivere a dei dischi affilati, che cercheranno di farci fuori nel più breve tempo possibile. Sarà fondamentale spostarsi velocemente e stare attenti ai dischi che affronteremo. Infatti, Disc Room presenta un vero e proprio bestiario di 64 dischi su cui potersi imbattere e un totale di 101 stanze da affrontare. Ogni stanza può avere una o più porte che portano alle altre. Per sbloccare le porte sarà necessario raggiungere determinati requisiti variabili. Per esempio, potreste trovarvi in una stanza in cui per aprire la porta a nord sarà necessario sopravvivere per almeno 10 secondi, mentre per andare ad est dovrete farvi sminuzzare da un certo numero di dischi diversi. A partire da queste condizioni, bisognerà esplorare la mappa fino a raggiungere il boss finale.

Ogni disco sarà un nemico molto ostico e andando avanti con i secondi, le stanze cominceranno a riempirsi di una quantità così ingente di nemici da risultare ingovernabile. Tra questi, ci sono anche alcuni mini-boss composti da materia organica e parecchia cattiveria, i Gatekeeper, che saranno il crocevia tra le diverse aree. Le zone si differenziano tra loro non solo per lo stile, ma anche per la tipologia di sfida che vi richiederanno. In alcuni casi, per esempio, dovrete fare attenzioni a degli agguati provenienti da sotto terra, in altri i giochi di luce vi metteranno in difficoltà.

Lame rotanti e lame rotanti più grosse, i Gatekeeper.

Infine, il nostro alter-ego potrà portare in battaglia un’abilità speciale da usare rispettando un prefissato cooldown. Inizialmente avremmo soltanto il dash, che ci permetterà di spostarci in avanti, attraversando anche i dischi. In totale sono sei e conoscerli a fondo può essere determinante per la partita. Infatti, una stanza particolarmente ardua può diventare di gran lunga più semplice se affrontata con l’abilità corretta.

Una nuova veste

La grafica disegnata a mano è veramente pregevole e riesce a mostrare tutte le caratteristiche del gioco. Semplicemente guardando la cura con cui sono disegnati i dischi, potete capire che Disc Room è un videogioco con un’anima, la cui maniacalità nel rappresentare e descrivere i nemici ricorda il bestiario proposto da Shinji Mikami nella serie The Evil Within. Le tracce audio non sono memorabili e quando non sarete impegnati nel gioco, la ripetitività potrà anche infastidire. Però, una volta che vi sarete immersi nella partita, lo stile a 8-bit accompagnerà la vostra avventura piacevolmente.

Le strisce di fumetto racconteranno la trama di Disc Room.

Ho terminato la mia prima run su Disc Room in meno di cinque ore, ma sono stato costretto un paio di volte ad abbassare il grado di difficoltà. Infatti, per venire incontro ai giocatori, gli sviluppatori hanno avuto la saggia idea di permettere all’utente di poter gestire a proprio piacimento diversi parametri in modo da adattare la sfida. Sarà quindi possibile diminuire, o aumentare, la velocità dei dischi, il requisito richiesto per sbloccare le porte o la velocità di gioco in generale. Inoltre, una volta terminata la campagna principale, il gioco si riproporrà in una veste ancora più difficile e permetterà di portare a termine alcune stanze lasciate in sospeso durante la prima partita.

Ci tengo a sottolineare, che nonostante il gioco sia praticamente sempre impegnativo, solo raramente ho avuto quel senso di frustrazione che spinge a mollare tutto. La bravura degli ideatori di Disc Room è stata proprio nel fornire una sfida che sembra impossibile al primo tentativo, ma che si dimostra raggiungibile morte dopo morte.

Potremmo confrontarci con gli altri giocatori, sviluppatori inclusi.

Conclusione

Disc Room è un gioco che tanti anni fa veniva realizzato per necessità, mentre oggi è riproposto come piccola gemma curata in ogni dettaglio. È quasi educativo vedere il trattamento che i creatori di Disc Room hanno riservato a un genere di nicchia come i puzzle game. Jan Willem Nijman, Kitty Calis, Terri Vellmann e Doseone sono partiti dal passato e hanno innalzato al massimo il livello di cura e dettaglio di tutti quei parametri che prima dovevano essere solo abbozzati per mancanza di tecnologia. Posso confermare che l’esperimento di riproporre un rompicapo così veramente difficile nel 2020 è totalmente riuscito. Per 15 euro, Disc Room merita la vostra attenzione, anche solo per provare l’ebrezza di testare la crudeltà riservata ai videogiocatori di una trentina di anni fa.

Modus Operandi

Ho terminato Disc Room in cinque ore e mezzo grazie a un codice gentilmente fornito dal publisher su PC (Steam).

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Witcheye per Nintendo Switch – Recensione


Recensione in un Tweet

Witcheye è un platform puzzle game che ha dimostrato la capacità di un titolo mobile di poter approdare con successo su console. L’intuizione del gameplay è interessante, mentre il level design necessita di una revisione con un aumento della difficoltà. Il prezzo (4 euro) mi spinge a consigliarvi un titolo che presenta boss fight divertenti e una pixel art ispirata.

7


Dopo un anno nel mondo del mobile, Witcheye vuole dimostrare che i giochi per smartphone possono competere anche nel mondo PC e console. In questo caso, il Nintendo Switch si dimostra essere la piattaforma migliore per recensire un titolo che sta tra due mondi spesso considerati distanti.

Witcheye racconta le peripezie di Mabel Syrup, una strega che subisce il furto dei propri ingredienti magici e gemme da parte di due buontemponi, un cavaliere e uno stregone di cui conoscerete i nomi una volta terminato il gioco. Per una volta, la strega non è l’antagonista dell’avventura, ma la povera vittima di un furto che la porterà in giro per un mondo eterogeneo e colorato, abitato da nemici più o meno grandi.

Antagonisti Witcheye
Una po’ malvagi, un po’ cleptomani.

Old Style

Witcheye è un platform puzzle game vecchio stile per tanti motivi. Il colpo d’occhio è la pixel art molto colorata e ironica, pensata per l’ingenuità di un pubblico molto giovane mentre strizza l’occhio ai più grandi. Witcheye è chiaramente ispirato a Shovel Knight e Super Mario, ma mai quanto ora è importante sottolineare che ispirazione non significa plagio. Il rompicapo ha una propria anima e ogni avversario presente in gioco ha un nome e una caratteristica peculiare.

Il comparto audio non fa urlare al miracolo, ma si mette in mostra con momenti ispirati, che stimolano il proseguo dell’avventura, e in certi casi scandiscono il tempo delle azioni da eseguire.

Pixel Art Witcheye
Una pixel art ispirata.

Il gioco di Moon Kid e Devolver Digital si distingue da qualsiasi altro rompicapo a piattaforme grazie a un gameplay tanto semplice da capire quanto complesso da mettere in pratica. Il nostro alter ego si muoverà sullo schermo sotto forma di occhio, witcheye per l’appunto. L’occhio della strega può essere mosso in qualsiasi direzione, compreso rimbalzare sulle pareti, e continuerà per inerzia fino a quando non si premerà il pulsante A del nostro Nintendo Switch. Questa scelta implica che sarà molto importante sapere quando continuare in una direzione, quando cambiarla o quando semplicemente fermarsi.

I nemici sapranno metterci in difficoltà, ma la vera sfida è contro noi stessi, perché sarà necessaria un po’ di pratica prima di prendere familiarità con un sistema di comandi che su Nintendo Switch può essere duplice: touchscreen, come per le versioni mobile, oppure via joystick. Come avrete già intuito, non vi è nessuno motivo per usa il touchscreen, eccessivamente scomodo sia per precisione che per la mancanza di visione data dal vostro dito su un gioco estremamente dinamico.

Combattimenti Witcheye
Alcune sfide sono obbligatorie.

Level design da rivedere

Ogni livello consente di collezionare quattro gemme, tre verdi e una blu. Per farlo, bisogna abbatte i nemici più impegnativi e cercare bene all’interno dello scenario. Però, nel caso non siate interessati al collezionismo, Witcheye risulta troppo semplice per circa tre quarti dell’avventura. Infatti, il level design ha un’importante lacuna nella costruzione che permette, a chi vuole darsi una mossa, di bypassare la maggior parte dei nemici e giungere fino alla fine. Per questo motivo, in quanto obbligatorie, le boss fight sono le sfide più interessanti del gioco.

I boss di Witcheye permettono ai veri videogiocatori di poter notare diverse citazioni sia nelle sembianze che nella sfida che offrono. Non fornirò ulteriori dettagli in merito, ma se avete giocato Super Metroid, troverete enormi somiglianze con un boss in particolare, che ha fatto parecchio penare Samus Aran. In Witcheye, i boss sono decisamente meno impegnativi del gioco Nintendo, ma sapranno darvi una vera sfida che bilancerà il livello di difficoltà.

Boss fight Witcheye
I boss sono divertenti

Il titolo è disponibile inizialmente solo a difficoltà normale, mentre la modalità difficile sarà sbloccata dopo aver terminato il gioco una prima volta, insieme alla modalità timer.

One long run

Witcheye è un gioco leggero in tutti i suoi aspetti e rispecchia l’old style anche per la longevità. Il titolo si può terminare in meno di quattro ore, ma è estremamente rigiocabile. Non può essere considerato un difetto se consideriamo che Witcheye si rifà agli anni ’80, dove i videogiochi si potevano terminare in un’unica lunga run. Inoltre, la scarsa lunghezza del gioco è giustificata dal prezzo. Infatti, Witcheye è disponibile sul Nintendo eShop alla modifica cifra di quattro euro.

Livello Witcheye

Il titolo di Devolver Digital è uno di quei giochi di cui mi auguro un seguito con un budget più ampio, sperando di poter vedere un level design più solido e magari nuove feature di progressione e abilità.

Nel frattempo, mi sento di consigliarvi Witcheye, perché dimostra che una semplice idea nel gameplay, unita a un’indubbia qualità artistica, permette di creare un videogame capace di divertire e far passare qualche ora di sfida in un momento storico dell’industria in cui i giochi sono troppo spesso rimasterizzati piuttosto che usati come fonte di ispirazione.

Modus Operandi

Ho terminato Witcheye in quasi quattro ore grazie a un codice per Nintendo Switch gentilmente fornito dal publisher.

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Total War: Elysium – Provato della closed beta

La serie Total War festeggia i venti anni dal primo capitolo, Shogun: Total War con un gioco di carte collezionabili free-to-play. Total War: Elysium è in closed beta e mostra già la sua struttura, un gioco tattico un po’ complesso da capire, ma velocemente accessibile, esattamente come la sua serie principale.

Gli sviluppatori di The Creative Assembly sono coscienti che Total War è il marchio più pregiato tra la nicchia dei gestionali storici. Per questo motivo, hanno più volte cercato di introdurre degli spin-off della serie.

Nonostante Spartan: Total Warrior del 2005 sia stato un buon passatempo per la sesta generazione di console (PlayStation 2, Gamecube, Xbox e Dreamcast), gli spin-off di Total War non sono mai riusciti ad emergere dalla mediocrità. Infatti, i Total War Battle non hanno mai impressionato, mentre Total War: Arena è stato un vero disastro. Nonostante lo strategico online fosse stato accolto discretamente bene da critica e utenti, il gioco ha disatteso le aspettative della casa di sviluppo in termini puramente numerici, fattore che ha decretato la sua morte dopo un anno di vita, ancora in Open Beta.

Facciamo la storia

Total War: Elysium non è di certo il titolo sulla bocca di tutti, ma il gioco sembra essere meritevole di attenzioni in un nicchia come i card game online, che hanno bisogno di nuova linfa da cui attingere.

L’ambientazione prende spunto da tutti i maggiori capitoli di Total War, rimanendo tra lo storico e il leggendario. Le carte possono appartenere a una fazione o a un’epoca storica. Attualmente sono disponibili quattro fazioni: Three Kingdoms, Viking, Troy, French Republic e quattro epoche: Ancient, Medieval, Empire e Timeless, epoca neutrale usabile da tutti.

Epoche e fazioni riducono il pool di carte che ogni generale può usare. Attualmente, i generali giocabili sono otto. Tre di questi sono disponibili semplicemente giocando, mentre gli altri sono acquistabili nello store via ametiste, di cui parleremo in seguito. I tre generali immediatamente ottenibili sono: Lagertha, che si basa su una strategia molto aggressiva, Cao Cao, che è un vero e proprio control e Napoleone, un tempo mid-range orientato all’attacco a distanza.

Le fazioni e le epoche di Total War Elysium

Mazzi delle riserve

Inizialmente, il gioco di carte di Total War è complesso. Il tutorial è ben strutturato, ma le prime partite disorientano a causa di meccaniche a tratti innovative per i giochi di carte digitali. Siam ben lontani dall’accessibilità di Hearthstone e Legends of Runeterra, ma usare la testa ripaga.

Il tutorial, decisamente ben calibrato, ci introduce a tutte le meccaniche principali del titolo. La novità più gradita rispetto agli altri giochi di carte collezionabili digitali è la riduzione ai minimi termini del fattore fortuna. Infatti, inizieremo la nostra partita decidendo con quale riserva giocare. Essa è costituita da 18 carte monocopia da cui attingeremo a ogni daybreak, di cui parliamo subito.

Il generale Napoleone in Total War Elysium

Le giornate

Una novità rispetto ai titoli main stream di carte è la sequenza temporale, scandita dalle giornate. Ogni giorno è costituito da sette turni e un daybreak. Di conseguenza, in ogni giornata, uno dei due sfidanti giocherà un turno in più rispetto il suo avversario. Solo il primo giorno, il giocatore che parte per secondo, avrà una carta supply a costo zero, che gli fonirà una risorsa in più per usare le proprie carte.

A ogni daybreak sarà possibile prelevare dalla propria riserva nove carte che finiranno nel mazzo di gioco. Questo permette di scegliere la strategia più opportuna in base al momento della partita e all’avversario contro cui ci stiamo confrontando.

In Total War Elysium scegliamo le carte del nostro mazzo

I generali

Risolto il primo daybreak, pescheremo 3 carte e partiremo con una supply, le risorse di gioco che ci permettono di pagare le carte. Sul campo di battaglia troveremo il nostro generale, con meccaniche simili agli eroi di Hearthstone. Come per il gioco Blizzard, la partita finisce quando la vita di uno dei due generali arriva a zero.

Inoltre, rispetto ad Hearthstone, i generali di Total War Elysium possono scendere sul campo di battaglia con due azioni, muovere e attaccare. In più, ogni generale ha una passiva speciale e fornisce una carta univoca che si ricarica ogni turno (così da avere in totale quattro carte all’inizio del gioco), esattamente come il potere degli eroi di Hearthstone.

Guthrum in Total War Elysium

Il campo di battaglia

Non è un caso che abbia menzionato il movimento. Ogni unità, tranne casi particolari, può fare un’unica azione per turno: muoversi o attaccare. Il movimento è fondamentale in Total War: Elysium, perché a differenza di tutti gli altri giochi di carte digitali, la plancia di gioco si estende non solo in orizzontale, ma anche in verticale. Di conseguenza, muovere un’unità significa spostarla nella linea avanzata o sulle retrovie.

Potete capire quanto questo possa complicare le cose. Infatti, possiamo giocare le nostre unità, o strutture che vedremo in seguito, in una delle due linee, ma dobbiamo tenere conto che le unità che stanno davanti proteggono quelle che stanno dietro.

Come è facile aspettarsi, alcune unità potranno colpire solamente gli avversari che si trovano davanti a loro, mentre altre, come l’artiglieria che possiede l’abilità di Short-Ranged, possono attaccare con un +1 sulla distanza. Per complicare il tutto, abbiamo anche i Long-Ranged, che possono colpire fino a due posizioni oltre, quindi da linea difensiva a linea difensiva.

L'area di gioco di Total War Elysium

Le carte

Assimilare questi meccanismi richiederà tempo, anche perché le carte di gioco hanno svariate meccaniche uniche e possono essere di 3 tipi: unità, struttura ed evento. Le unità sono i nostri soldati. Le strutture non si possono muovere, ma forniscono bonus fondamentali per la strategia del mazzo. Un esempio è Supply Train della Repubblica francese che permette di ottenere 1 risorsa ogni volta che si pesca una carta. Infine, gli eventi sono equivalenti alle magie di Hearthstone o le stregonerie di Magic, si risolvono immediatamente, si possono giocare solo nel proprio turno e, a differenza di Magic, non sono contrastabili.

Supply Train in Total War Elysium

L’economia

Per quanto riguarda l’economia di gioco, abbiamo due valute nella closed beta di Total War: Elysium: l’oro e le ametiste. Attualmente si ottengono entrambe giocando, ma mi aspetto che una delle due sarà acquistabile con denaro reale. In più, tutte le carte extra diventano materiale da crafting, che sarà usabile per ottenere nuove carte.

Sotto questo punto di vista, il gioco sembra più simile al titolo Blizzard che a Legends of Runeterra. Infatti, non sono presenti token, o wild card come denominate in Magic: Arena, ma solamente crafting material, l’equivalente della polvere arcana. Però, a differenza di Hearthstone, Total War Elysium dona un quantitativo di denaro maggiore, anche se non sono certo che sarà ancora così quando le microtransazioni entreranno in gioco.

Maria Antonietta in Total War Elysium

Una partita di Total War: Elysium dura mediamente 15 minuti, ma non ci sono mai dei momenti veramente morti, perché la possibilità di inserire nel mazzo di gioco le carte che si preferisce a partire dalla propria riserva, diminuisce di molto la probabilità di avere un pick sfortunato.

Conclusione

La closed beta di Total War: Elysium mostra delle meccaniche ragionate con cura e molto innovative nel settore dei giochi di carte collezionabili digitali. Posso dire che non esiste nulla di simile e la complessità del titolo mi ricorda la stessa esperienza che ho provato giocando i gestionali Total War. Ritengo che la difficoltà sia calibrata perfettamente secondo gli standard della serie principale.

Achievement in Total War Elysium

Sono fiducioso che chi apprezza il gestionale storico di The Creative Assembly, apprezzerà anche Total War: Elysium. Allo stesso tempo, chi è stufo di giochi di carte collezionabili digitali troppo banali, troverà in Total War: Elysium pane per i suoi denti.

I dubbi permangono per il videogiocatore medio di card game, che vuole solamente rilassarsi un po’. Questi giocatori potrebbero finire in un titolo troppo ragionato, che può causare facilmente frustrazione, se non affrontato con la giusta concentrazione. Esattamente come tutti i Total War.

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Super Metroid è ancora divertente – Recensione


Recensione in un Tweet

Super Metroid è invecchiato bene. Il titolo Nintendo dimostra di essere ancora all’avanguardia in termini di level design. Una versione rimasterizzata che migliori alcuni comandi vetusti, potrebbe sfidare i metroidvania moderni. La difficoltà può essere un ostacolo, ma è un must da giocare almeno una volta nella vita.

8.5


Ho giocato Super Metroid nel 2020. Oltre che per il mio personale divertimento, ho rivissuto questa avventura per capire se il titolo ha resistito al tempo. Mi riferisco un po’ a tutto il gioco. Dalla grafica, all’audio, dal gameplay al game design e se può reggere il confronto con i metroidvania del momento. Con questa recensione nel 2020 di Super Metroid voglio spiegarvi perché il titolo è ancora divertente e perché dovreste giocarlo anche voi.

Un’anima diversa

Super Metroid esce nel 1994 per Super Nintendo. Si tratta di un platform 2D, un genere comune per il tempo, ma con un’anima totalmente diversa. Le caratteristiche principali del titolo sono due: problem solving e upgrade.

Il gioco per SNES è ambientato in un’unica mappa che esploreremo in modo non lineare. L’esperienza di gioco di molti di platform 2D è molto basilare: entro in una zona, vedo un enigma e rimango lì finché non lo risolvo. Poi posso passare alla prossima area. Ripeto e ripeto.


Super Metroid parte invece dall’idea che ci sono più percorsi all’interno di una zona e molto spesso alcuni di questi non sono attraversabili con l’equipaggiamento che si ha all’inizio. Da questo particolare punto prendono spunto i metroidvania moderni come SteamWorld Dig 2, Hollow Knight, Guacamelee, gli Ori e Dead Cells per citare solo i più noti.

Golden Statue in Super Metroid
La Golden Statue in Super Metroid

Già in Crateria, la prima area di gioco, ci ritroviamo di fronte a un’enorme statua d’oro, che sembra totalmente inutile, ma che sarà il punto nevralgico dell’end-game. Le statue sono parte integrante del titolo e molto presto imparerete ad amare le statue Chozo, almeno finché una di queste non tenterà di uccidervi. Esse contengono gli upgrade principali per l’armatura di Samus Aran e ci permetteranno di andare avanti con l’avventura.

The Beautiful Mind

La soddisfazione di un nuovo equipaggiamento non è spiegabile a parole. Immaginate di attraversare intere aree con piccoli cunicoli in cui non potete entrare e dopo qualche ora avere la possibilità di diventare una pallina che può cimentarsi in qualsiasi tunnel dalla grandezza di un quadrato. Il vostro cervello riceverà una sensazione simile a quanto visto in The Beautiful Mind.

La voglia di tornare indietro per capire cosa vi siete persi è alle stelle e mi sento ridicolo quanto vi dico che ho avuto la sensazione di sentirmi più intelligente delle media, perché avevo colto particolari che in realtà avevano già notato tutti prima di me. Un po’ come quando ti guardi attorno mentre guardi un film con gli amici perché hai capito una parte di trama non rivelata, ma ti calmano subito perché loro l’avevano compreso 15 minuti fa.

Statua Chozo in Super Metroid
Statua Chozo in Super Metroid

Se siete dei videogiocatori con una grande memoria, il gioco vi potrà dare solo soddisfazioni, ma se come me, non siete attenti a tutti i minimi particolari, probabilmente vi ritroverete in dei punti in cui non saprete cosa fare. Super Metroid è un titolo tanto divertente quanto difficile perché il problem solving è crudele. Infatti, a volte non è possibile andare avanti e dovrete aspettare il prossimo upgrade, come per esempio il wave beam che vi permetterà di avere una sorta di rampino per superare delle zone costruite ad hoc.

Altre volte, invece, il problema è solamente difficile, ma è complicato rendersene conto. Questo ci costringerà a fare un sacco di giri inutili per ritornare nuovamente in quella zona e capire che bastava tirare una bomba accanto un muro per aprire un varco, che ci spiana la strada per molte ore di gioco.

L’età che avanza

Ovviamente il gioco è difficile per sua natura. Siamo negli anni ’90 e i giochi sono tremendamente ardui. Ci sono quattro boss principali nel gioco, oltre ai vari mini-boss e sono veramente sfidanti.

Phantoon mi ha messo in vera difficoltà e sono dovuto morire un numero considerevole di volte prima di capire come saltare a tempo per evitare di farmi massacrare. Se lo guardi in un video sembra relativamente facile, ma proprio la sua naturalezza lo rende complicato. Pensi di dover scoprire chissà quale segreto, come avviene durante alcuni scontri, come per esempio con Draygon, e invece basta saltare al momento giusto. E oggi saltare in Super Metroid è tanto fondamentale quanto difficile.

Phantoon in Super Metroid
Phantoon in Super Metroid

Il gameplay è l’unica cosa che è parzialmente invecchiata in Super Metroid. In realtà sono due i problemi principali: i dorsali per mirare in diagonale e il sistema di salto in casi particolari come il wall jump o lo screw attack.

Oggi gli analogici ci permettono di mirare in diagonale, mentre il titolo per Super Nintendo usava i tasti dorsali L/R per permettere questo movimento fondamentale con alcuni nemici, come il boss finale, Mother Brain.

Nonostante sia vero che arrivati a quel punto si prenda padronanza del movimento, durante tutto il gioco ho avuto difficoltà a mirare in diagonale. Non potete nemmeno immaginare il numero di parole fuori luogo che ho tirato quando sbagliavo a usare il rampino, con conseguente caduta e necessità di rifare tutto un pezzo da capo, mentre il gioco che se la ride perché sa di essere severo, ma ritiene che me lo meriti.

Salti malefici

Il wall jump è malefico. Sembra facile, ma può essere eseguito solamente rilasciando il tasto del salto quando si cambia direzione. Una scelta tecnica completamente differente rispetto a quanto avviene già da molto tempo nei videogiochi. Di conseguenza, è impossibile da maneggiare se non si prova e sbaglia decine e decine di volte.

Screw Attack in Super Metroid
Lo Screw Attack in mano a una statua Chozo in Super Metroid

Quando ho ricevuto l’ultimo upgrade, lo Screw Attack, ero contentissimo di poter diventare una palla di elettricità che potesse distruggere qualsiasi cosa in aria. L’idea di rimanere sospeso e superare tutte le zona platform difficili mi facevano sentire un Dio, ma poi la triste verità. Ho dovuto consumare tutta la pelle del mio pollice per riuscire a capire come superare le zone verticali con lo screw attack, perché l’analogico non lavora bene in questa situazione e il D-Pad mi ha fatto tornare in mente tutti i dolori fisici provati con il Super Nintendo e la PlayStation.

Le perle

Parliamoci chiaro, Super Metroid è ancora divertente e ha mantenuto intatto il suo fascino. La grafica è ancora bella. L’armatura di Samus ha dei colori sgargianti che vanno in contrasto con un’ambientazione che passa dal selvaggio allo sci-fi con una naturalezza incredibile.

Se non ci sono testi in Super Metroid è perché grafica e audio li rendono poco importanti. Le colonne sonore di Kenji Yamamoto sono ancora oggi delle perle, quindi ricordatevi di tenere l’audio a palla quando giocate questo titolo.

Metroidvania

Ci saranno altri momenti per approfondirlo, ma Super Metroid non è un metroidvania. La serie Metroid è sui generis e giocarlo è assolutamente obbligatorio se volete capire come si è evoluto il platform 2D negli anni.

L’esperienza di gioco dei metroidvania odierni è totalmente diversa da quella del titolo per Super Nintendo. Super Metroid è ancora divertente, ma per poterlo capire dovete assolutamente provarlo, perché la sua profondità non sempre rende bene in un video su YouTube. In definitiva, il mio consiglio è di giocare Super Metroid, perché è un’esperienza che nessun altro videogame può darvi.