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ICO – Videogiochi che ho amato

Nell’ultimo decennio, creare un videogioco – in termini puramente tecnici – è relativamente più facile rispetto al passato. Il lato positivo di questa opportunità è vedere opere indipendenti che colmano le lacune lasciate dai grandi del settore, troppo spesso occupati a seguire il trend del momento piuttosto che l’arte. D’altro canto, c’è una bulimia di opere che rischia di saturare di noia un’industria che diventa ogni giorno più piatta.

In questo scenario c’è poi Fumito Ueda, che è riuscito a imporsi nell’industria videoludica grazie a solo tre videogiochi in vent’anni di carriera (più Enemy Zero in cui ha lavorato come animator). Tra queste c’è ICO: un’opera fondamentale per la carriera di Ueda, un videogioco che ho amato e che oggi voglio raccontarvi.

Chi è Fumito Ueda

Classe 1970, Ueda è noto al grande pubblico per lavori che si distinguono particolarmente per atmosfera, costruzione visiva e narrazione emotiva.

La sua carriera prende una svolta positiva nel 1997, quando inizia la sua vventura il Sony con ICO, arrivato poi su PlayStation 2 nel 2001, ma la consacrazione arriva il suo secondo titolo del 2005, sempre per PS2: Shadow of the Colossus (di cui abbiamo già parlato in un altro articolo).

Infine, dopo una lunga pausa ritorna nel 2016 per un’esclusiva Playstation 4: The Last Guardian. Anche questo gioco, così come già avvenuto tra Wander e il suo cavallo in Shadow of the Colossus, esplora i legami emotivi tra il protagonista e una creatura di nome Trico, con la quale dovremo affrontare le sfide del mondo immaginario creato da Ueda.

ICO: Fumito Ueda

Primi passi in ICO

Rilasciato su PlayStation 2 nel 2001, ICO parla di sentimenti, diversità, legami, coraggio, paura. Il protagonista, Ico per l’appunto, è un ragazzino con delle corna bianche, che ben presto viene trasportato via dalle guardie del suo paese per essere rinchiuso in sarcofago all’interno di un castello. Il motivo? Le corna indicherebbero presagio di grandi sventure per il villaggio.

Dopo esserci liberati dal sarcofago, cominciamo a vagare nel castello e troviamo imprigionata una ragazzina di nome Yorda. Una volta liberata, scopriamo di non poterla comprendere, poiché lei dialoga in una lingua sconosciuta; così cominceremo ad esplorare il castello insieme a Yorda, affrontando enigmi e creature oscure.

Le creature oscure che affronteremo avranno come primo obiettivo far del male a Yorda; questo ci fa intuire sin da subito un probabile legame tra la ragazzina, il male oscuro e probabilmente il castello stesso di cui Yorda può aprire determinate porte grazie all’uso di misteriosi poteri magici, che diventano maggiormente ignoti se pensiamo che la comunicazione tra Ico e la Yorda avviene tramite gesti, segnali, versi.

ICO: creature oscure
Le creature oscure che affronteremo.

Gameplay e narrazione

Ciò che contraddistingue il gameplay della prima opera di Fumito Ueda è che per gran parte del tempo dovremo – con la pressione di un tasto – tenere per mano Yorda, così da proteggerla dalle creature e allo stesso tempo farci aiutare nella risoluzione di enigmi ambientali. Questa scelta aumenta il coinvolgimento emotivo e il rapporto con Yorda, di cui ci sentiamo responsabili.

Ico ha le corna bianche, mentre Yorda una carnagione molto pallida. Queste differenze fisiche tra Ico e Yorda impattano su diversi aspetti dell’opera, a simboleggiare l’unicità degli individui. Per esempio: le hitbox dei due protagonisti sono diverse e la storia integra perfettamente queste particolarità, sottolineando nuovamente le tematiche di diversità e anche di collaborazione tra i due ragazzini.

ICO ha una narrazione minimalista: è privo di interfaccia e inventario. Come in opere più recenti come Limbo e Inside, l’opera di Fumito Ueda non ha un tutorial. Sarà il videogiocatore a scoprire man mano tutta la storia, senza che (quasi) nulla venga detto o scritto.

Immagine simbolica ed importante

Esplorazione ed atmosfera

ICO è un videogioco in terza persona con una visuale panoramica che segue più o meno a distanza le gesta dei protagonisti. La scelta è azzeccata perché dà l’idea di una regia ben precisa ed è molto adatta all’ambientazione, ovvero un grande castello con stanze enormi e ampi spazi esterni.

Come un dipinto in movimento, per estetica e gestione della telecamera, il gioco ci tiene per mano alternando momenti di contemplazione a situazioni con enigmi sempre più ardui. La comparsa sempre più copiosa delle creature oscure diviene opprimente, rendendo la voglia di fuggire dal castello sempre maggiore. A un certo punto, respireremo una solitudine che ha il sapore dell’abbandono che ci accompagnerà fino alla fine del titolo.

Le sezioni all’aperto sono caratterizzate da pont e cortili, ma anche negli ambienti esterni si respira forte la solitudine che può essere ammorbidita solamente un po’ dal legame che si crea fra i due ragazzini e la comparsa delle creature, indesiderate, che creano paura e fanno sorgere sempre più domande al giocatore.

I puzzle ambientali, in alcuni casi di risoluzione non intuitiva, richiedono l’ingegno del giocatore per essere superati. Spesso richiederanno una combinazione di più elementi, tra esplorazione, manipolazione di oggetti e soprattutto l’aiuto di Yorda, con o senza poteri magici.

Perché ho amato Ico

Già dall’introduzione ICO mi coinvolgeva in un’atmosfera fiabesca, sognante. Quando poi dopo le primissime fasi di gioco mi sono reso conto che per la prima volta non dovevo solamente proteggere un secondo personaggio che seguiva in automatico i miei passi, ma dovevo letteralmente dargli la mano, il senso di empatia faceva crescere in me un forte legame con Yorda ad ogni passo e situazione che si superava assieme.

In ICO, il senso di responsabilità è un peso di gran lunga maggiore rispetto ad altri videogiochi. Non si pensa solo alla vita del proprio personaggio, ma ancor di più alla vita dell’altro, di Yorda, così da fondere preoccupazioni, attenzione e senso di fragilità in una miscela che rende ogni passo emozionante e particolarmente attento alle circostanze. Tenere (quasi) sempre la mano di Yorda unita alla nostra, vuol dire crescere con lei in un viaggio condiviso, farle capire che assieme, attraversando mille ostacoli, fatti di creature oscure e non, si può uscirne, feriti dentro e fuori, ma sopravvivendo.

Questi due ragazzini, che si sono trovati imprigionati nel medesimo luogo, ma con due storie personali diverse, si incontrano su di un binario comune della loro esistenza e lo percorrono assieme. Nel corso dell’avventura, il legame tra i due si cementerà e avremo modo di capire meglio l’origine e il destino di Yorda. Allo stesso tempo, si formerà anche il percorso di Ico, in una trama che fa crescere entrambi i protagonisti e noi stessi, che abbiamo tenuto strette le loro mani per tutto il tempo.

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Broken Sword: Il segreto dei Templari – Videogiochi che ho amato

Attimi di silenzio, schermo nero, voce narrante del protagonista: “Parigi in autunno, gli ultimi mesi dell’anno e la fine del millennio. In questa città ho molti ricordi: bar, musica, amore… e morte. Così inizia Broken Sword, avventura grafica punta e clicca targata Revolution Software, pubblicata nel 1996, con protagonisti George Stobbart e Nicole Collard. Quegli attimi di silenzio che precedono quel breve ma intenso monologo, sembrano rappresentare gli occhi che si chiudono prima di addormentarsi e di iniziare un sogno, poiché cari lettori, Broken Sword è un’avventura indimenticabile, che continua a scorrere nelle vene anche decenni dopo.

Incipit

George Stobbart è un turista americano in visita a Parigi, e mentre è seduto al tavolino all’esterno di un bistrot intento a flirtare con la cameriera, resta coinvolto in un’esplosione che lo priva dei sensi. Prima che ciò accadesse aveva visto un clown entrare nel locale e poco dopo scappare via, capendo così, successivamente, che il pagliaccio sarebbe diventato l’indiziato numero uno.

Al nostro risveglio, nei panni di George, cominciamo a guardarci intorno, ed entrando nel bistrot scopriamo un cadavere al suo interno. Troviamo poi la cameriera sana e salva, un po’ stordita, e successivamente facciamo la conoscenza della polizia che ci interroga con le solite domande di rito, invitandoci poi ad andare alla stazione di polizia nel caso dovessimo ricordarci qualcosa.

L’inizio del gioco, dopo l’esplosione al bistrot.

Tornando in strada, oltre a vedere il bistrot disastrato, notiamo un’affascinante ragazza con una macchina fotografica e facciamo così la conoscenza di Nicole Collard, una fotoreporter a caccia dello scoop della vita, in grado di farla svoltare a livello professionale.

La chiacchierata con Nico è illuminante, poiché ci informa del fatto che avrebbe dovuto incontrare, in quei minuti lì al bistrot, un uomo chiamato Plantard (che distrattamente avevamo visto entrare nel bistrot, prima dell’esplosione), che le aveva accennato di avere informazioni su una serie di omicidi avvenuti in quel periodo, commessi molto probabilmente da una persona con diversi costumi.

Restiamo così coinvolti in una storia più grande di noi, ma ciò non farà desistere il nostro George Stobbart, con la collaborazione di Nicole Collard, ad indagare per voler scoprire di più sugli omicidi e sul misterioso assassino.

Trama di Broken Sword 1

La trama di Broken Sword è fin dal primo istante molto coinvolgente. Il modo in cui essa ci viene introdotta, narrata, fa sì che ci troviamo subito al centro di un qualcosa di avvincente. Partendo dalla serie di omicidi, indagando assieme a Nicole e parallelamente alla polizia, prenderemo una strada che ci porterà ai Cavalieri Templari, l’ordine monastico cavalleresco creato nel 1118 dall’aristocratico Hugo di Payns.

Questo rappresenta uno dei motivi che maggiormente coinvolge il videogiocatore, difatti in una fase di gioco – nell’appartamento di Nico – abbiamo modo di conoscere per bene la storia dei Templari, con tanto di scene di intermezzo che ci spiegano storicamente le vicende dei Cavalieri. Mi ricordo bene quanto rimasi affascinato da tutto ciò, anche perché personalmente non li conoscevo.

Location, personaggi ed enigmi

Ciò che balzava agli occhi, soprattutto in quegli anni, erano le location meravigliosamente disegnate, dettagliate, con colori nitidi e una definizione più alta rispetto ad altri giochi simili. La splendida localizzazione in italiano, la caratterizzazione di ogni personaggio, anche secondario, con enigmi sempre ben bilanciati ed un’ottima curva di apprendimento, contribuirono a rendere il gioco una perla nel panorama videoludico.

Da Parigi all’Irlanda, per poi passare in Spagna, ogni posto è realizzato in maniera credibile e con dovizia di particolari. Girare per l’Europa, fermarsi un attimo ad ammirarne i dettagli, è come guardare delle cartoline, o dei piccoli affreschi che popoleranno la nostra memoria per poi riposare lì in eterno.

I dialoghi con gli altri personaggi sono ricchi di ironia, sarcasmo, ma sanno essere anche piuttosto riflessivi e profondi (molte volte potremo scegliere anche noi come e cosa rispondere). Ciò che funziona molto è il carattere carismatico di George e l’intesa che si crea da subito con la fotoreporter Nicole Collard, nostra compagna di avventure, dotata di un bel caratterino, che spicca per iniziativa e doti investigative.

Un pub in Irlanda.

Broken Sword, lato enigmi, propone per la maggior parte quelli classici che coinvolgono l’inventario oppure la combinazione di più oggetti tra loro con altri sullo schermo e con gli stessi personaggi. Oltre a questa tipologia di puzzle ce ne sono anche altri che richiedono l’interazione dell’utente su certe parti dello schermo in uno specifico momento, come ad esempio infilarsi in una stanza proprio nel momento in cui un altro personaggio, che ci fa da guardia, viene attirato da un diversivo attuato da noi in precedenza.

Conclusione

Se siete amanti delle classiche avventure grafiche punta e clicca, se vi piacciono giochi che hanno nella narrativa la loro colonna portante e vi stuzzica il risolvere enigmi di ogni genere, Broken Sword (che ha anche una sua director’s cut con nuove sezioni di gioco) non può mancare nella vostra collezione. Anche i successivi capitoli – tra alti e bassi – sono assolutamente meritevoli di essere giocati. E personalmente non mancherò l’appuntamento con il stesso e nuovo capitolo della saga e la rimasterizzazione già annunciata del primo capitolo, in arrivo nel 2024: Broken Sword – Shadow of the Templars: Reforged.

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Alan Wake: riassunto della trama e gameplay (Nightmare incluso)

L’ottimo riscontro di critica e utenza per Alan Wake 2 ha incuriosito molti nostri lettori, che non hanno giocato il primo capitolo e ora si chiedono se possono iniziare la nuova opera di Remedy Entertainment pur non conoscendo la trama del survival horror del 2010.

Remedy ha creato un vero e proprio universe che lega le principali opere della software house, in ordine cronologico: Max Payne, Alan Wake, Quantum Break e Control. Tutti i videogiochi di Remedy sono gradevoli e vi consigliamo di dargli una possibilità, ma è comprensibile che vogliate subito tuffarvi su Alan Wake 2. Non vi preoccupate: in questo articolo vi spieghiamo la trama del primo capitolo tanto quanto basta per poter affrontare il nuovo survival horror di Remedy Entertainment, ma allo stesso tempo vi forniamo tutte le informazioni necessarie per iniziare dall’inizio la saga, spin-off incluso.

Incipit

Alan Wake è uno scrittore di best-seller. Alan sta attraversando una crisi creativa e decide di recarsi con la moglie Alice nella cittadina di Bright Falls, con l’intento di ritrovare l’ispirazione. Una volta giunti in loco, le cose prendono una svolta inaspettata: Alice scompare e Alan inizia la sua personale ricerca restando coinvolto in eventi sovrannaturali ed inquietanti.

Il gioco è strutturato come una serie TV ad episodi, con tanto di riassunto della puntata precedente all’inizio di ogni nuovo capitolo; questo aspetto aumenta il coinvolgimento del videogiocatore, ampliando così l’interesse e la voglia di sapere le cose come andranno a finire.

Luce e ombre

Il gameplay si basa su armi e oggetti per scacciare i nemici, ombre chiamate Taken, ma l’elemento fondamentale è la luce contrapposta all’oscurità. Puntando la torcia sul viso dei nemici, molti di essi vengono sconfitti già al primo “colpo”, mentre per ombre più forti ed ingombranti bisognerà tenere per più tempo la luce puntata, o ricorrere ad altre strategie.

Il primo capitolo di Alan Wake è noto per gli eventi Poltergeist, con oggetti, persino automobili e altro, che si alzeranno in volo per poi prenderci di mira con tutta la violenza possibile. Anche questi si eliminano con l’uso della luce puntata, spesso prolungato a seconda delle dimensioni dell’oggetto. Naturalmente, la torcia si potrà anche potenziare nel corso del videogioco.

“Alan Wake Remastered” – Torcia e pistola per abbattere meglio un nemico

La differenza fra Alan Wake e i vari giochi che negli anni successivi hanno popolato la scena horror videoludica sta principalmente nel modo in cui gli sviluppatori hanno deciso di spaventare il giocatore. Per esempio, in giochi come Amnesia e Oulast, la paura nasce soprattutto dall’impossibilità di difendersi concretamente, nascondendosi e non potendo usare armi. Nel videogioco di Remedy, viviamo di una costante tensione, spesso crescente, che mette il seme della paura ad ogni passo, con la possibilità di fuggire dai nemici, ma anche con la possibilità di respingere gli stessi. Percorrere le strade e le foreste significa vagare tra i nostri peggiori incubi senza mai arrivare a destinazione.

Le arti di Alan Wake: tra scrittura e musica

Elemento chiave della trama di di Alan Wake sono le pagine del manoscritto. Le troveremo andando avanti nel corso dell’avventura: alcune saranno complicate da trovare mentre altre si potranno ottenere solo alla difficoltà di gioco Nightmare. Le pagine forniscono indizi o svelano parte degli eventi che stanno per svolgersi e delineano meglio la psicologia del personaggio.

Inoltre, fungono sia da guida strategica per il giocatore, aiutandolo a progredire nella storia e affrontare le varie creature, sia come elemento narrativo, con la funzione di dare profondità e ancora più mistero all’intera esperienza.

Nel corso dell’avventura ci capiterà abbastanza spesso di trovarci nelle condizioni di ascoltare trasmissioni della Radio KBFF FM. Le trasmissioni sono una parte importante della trama di Alan Wake, poiché forniscono elementi per capire ancora meglio la vita di Bright Falls e dei suoi cittadini, che difatti saranno sono spesso coinvolti nelle telefonate trasmesse dalla radio stessa.

Le trasmissioni radio non solo aiutano a comprendere il background della storia, ma aggiungono indizi su cosa stiamo per affrontare in determinate fasi del gioco; in altre parole, quello che sembra un elemento di importanza secondaria, in realtà è parte integrante della narrativa di Alan Wake ed è altamente consigliato ascoltare più trasmissioni radio possibili.

Alan Wake’s Nightmare

Nel 2012 è stato rilasciato esclusivamente in digitale su Xbox 360 e PC, Alan Wake’s Nightmare, un episodio spin-off che ha lo scopo di approfondire la trama del primo capitolo. Lo stile di gioco cambia un po’ rispetto ad Alan Wake: Nightmare è principalmente uno sparatutto, mentre il primo capitolo era soprattutto a metà tra un survival horror e un’avventura dinamica.

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Lo stato dell’arte dei videogiochi d’avventura

Il confine tra cinema e videogioco, specialmente con il progredire di quest’ultimo medium, si sta facendo sempre più sottile. Mi riferisco soprattutto a quel genere di videogiochi d’avventura che pongono l’aspetto narrativo in maniera più centrale rispetto al gameplay, privilegiando il coinvolgimento emotivo dell’utente e intrattenendolo con una trama che diventa l’anima dell’opera stessa.

Negli anni 90 alcune software house si specializzarono nelle avventure grafiche punta e clicca (Lucasarts, Sierra Entertainment, Revolution Software, per dirne alcune), mettendo al centro dei loro titoli narrativa e puzzle da risolvere. Alcuni dei giochi di queste case non erano del tutto lineari, visto che permettevano al videogiocatore di prendere decisioni in grado di influenzare il corso della storia, portando in alcuni casi anche a finali diversi.

Avventura
Il gioco di “Blade Runner”

Nel 1997 venne pubblicato “Blade Runner”, videogioco d’avventura di Westwood Studios, basato sul film di fantascienza cult di Ridley Scott. Il film a sua volta si ispirava al romanzo “Il cacciatore di androidi” di Philip K. Dick. Io grazie a quel gioco cominciai a capire quanto le decisioni che prendevo di volta in volta portassero a cambiamenti di trama ancora più palpabili, considerando soprattutto la quantità di finali differenti, circa una dozzina.

La realizzazione grafica, l’atmosfera cupa e distopica ed il comparto audio, erano molto fedeli al film, e aumentavano di conseguenza l’immersione del videogiocatore. Inoltre erano presenti delle scene di intermezzo di notevole impatto, che contribuivano a far sì che il giocatore si sentisse coinvolto in un gioco dalla forte impronta cinematografica.

Esperienze interattive

Con l’avanzare del progresso tecnologico in ambito gaming, certe avventure sono diventate sempre più esperienze interattive e realistiche. Determinate software house si sono specializzate in questa ramificazione specifica del genere adventure: Quantic Dream, con Heavy Rain e Detroit: Become Human; Dontnod, nota per la saga di Life Is Strange; Telltale Games, con i suoi videogiochi ad episodi su The Walking Dead, ed altri).

Ritengo che, in questa tipologia di giochi, il puro gameplay non debba essere necessariamente al primo posto. L’esperienza stessa non vive delle nostre abilità manuali, della gestione di risorse in game o altro, ma viene valorizzata dal coinvolgimento che la storia stessa ci regala; le decisioni da prendere durante un dialogo, oppure in una sequenza d’azione (quick time event) fanno scaturire vari tipi di emozioni, poiché scegliere un bivio rispetto ad un altro può avere conseguenze sulla storia.

In ambito cinematografico, Netflix nel 2018 pubblicò sulla propria piattaforma il film “Black Mirror: Bandersnatch”, un vero e proprio film interattivo. Lo spettatore di tanto in tanto, col telecomando, doveva prendere delle decisioni. In base a queste, la storia prendeva l’una o l’altra piega. Quando il cinema prende ispirazione dal videogioco: chi lo avrebbe mai detto un po’ di anni fa?

Walking simulator e affini

In questa tipologia di giochi spesso non dobbiamo far altro che camminare all’interno dei vari scenari, analizzare oggetti, di tanto in tanto interagire con qualche enigma, NPC, ed assistere a scene di intermezzo, essendo partecipi dei pensieri del protagonista e di eventuali altri personaggi.

Videogiochi d'avventura
The Town of Light

Uno dei videogiochi che mi colpì più profondamente all’epoca fu “The Town of Light”, un’avventura/thriller psicologica in prima persona. Il gioco è ambientato in Italia, precisamente a Firenze, nell’ex-manicomio di Volterra. Sviluppata da LKA, software house italiana, e pubblicata nel 2016.

Siamo nei panni di Renèe, un tempo paziente dell’istituto, in cerca di verità sul suo passato. L’esplorazione la fa da padrone, con i silenzi che ci tengono in apprensione, un crescendo di curiosità e tensione, uno scavare costante in questo scenario decadente, colmo di verità nascoste sotto polvere e macerie. Solitudine e profondità in un titolo che, con appunti trovati in giro e flashback, ricostruisce la storia della protagonista e ci trasmette emozioni di ogni genere, alcune sorprendenti.

Un’esperienza davvero immersiva

Ed è impossibile non parlare del gioco che diede una ventata di aria fresca alle avventure grafiche di questo specifico sottogenere, vale a dire quel piccolo grande capolavoro del 2017: “What Remains of Edith Finch” (di cui abbiamo approfondito l’importanza in un altro articolo), sviluppato da Giant Sparrow e pubblicato da Annapurna Interactive. La protagonista, Edith Finch Jr, unica sopravvissuta della sua famiglia, torna nella vecchia casa del bisnonno per ricordare e ricostruire la vita di tutti i suoi parenti.

Estetica splendida, ambientazioni pittoriche, un modo artistico e toccante nel raccontare e rivivere i ricordi dei membri della famiglia – tra simbolismi e metafore – una narrativa solida, ed una forte impronta autoriale, rendono questo videogioco d’avventura un titolo imperdibile. Dura poche ore, ma si cuce dentro di noi, dimostrando quanto il fattore longevità possa dipendere anche dal modo in cui si mettono in scena le cose. Mai dispersivo, sempre immersivo, un’esperienza che vi consiglio con tutto il cuore.

Avventura
What Remains of Edith Finch

Considerazioni finali

La parte di utenza che non gradisce tutto ciò (o parte) che vi ho scritto finora, punta il dito contro il fatto che se non c’è abbastanza interazione, si sente troppo nel ruolo di spettatore, sottolineando quanto si tratta pur sempre di videogiochi e non di film. Per me invece, c’è spazio per tutto; io stesso apprezzo moltissimo sia il videogioco più “classico”, sia quello improntato maggiormente su trama e trasporto emotivo.

Ritengo che il videogiocare non sia solo una sfida manuale, una competizione, oppure un passatempo, ma anche un’esperienza puramente narrativa, un viaggio all’interno di storie che a loro volta si fanno strada tra le nostre emozioni, mettendo radici.

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Tutti i platform 2D di Super Mario in ordine cronologico

Oggi è il giorno dell’esclusiva Nintendo Switch per eccellenza del 2023: Super Mario Bros. Wonder, nuovo capitolo in 2D della celebre saga platform. Quale occasione migliore per parlare dei giochi platform a scorrimento in 2D di Super Mario?

Un po’ di storia

Dietro la creazione di Mario (e di serie come Donkey Kong e The Legend of Zelda) c’è Shigeru Miyamoto, uno dei direttori creativi di Nintendo più celebri, da molti considerato uno dei padri del medium videoludico.

Donkey Kong – 1981

Mario fece la sua prima comparsa nel videogioco Donkey Kong (1981) col nome di “Jumpman”, gioco arcade, diventando rapidamente la mascotte di casa Nintendo. In questo gioco a piattaforme, dobbiamo salvare la sua fidanzata Pauline dal gorilla Donkey Kong, scalando i piani del palazzo, ed evitando gli ostacoli che il gorilla ci lancerà addosso.

Mario Bros – 1983

Due anni dopo, sempre come gioco arcade, uscì Mario Bros., spin-off della serie Donkey Kong, in cui esordisce anche il fratello di Mario, Luigi, e con lui la modalità a due giocatori. Mario diventa l’idraulico che tutti conosciamo, e il suo scopo è eliminare i nemici che escono dai tubi delle fognature di New York, specialmente le tartarughe (i Koopa Troopa).

Super Mario Bros. – 1985, NES

platform 2D Super Mario: Bros
Super Mario Bros. – 1985

Pubblicato su NES, console Nintendo a 8 bit, il gioco ci trasporta nel Regno dei Funghi, luogo pacifico popolato da creature con la testa a forma di fungo, i Toad. L’equilibrio viene rotto da Bowser (malvagio re dei Koopa Troopa) che conquista il regno, lo trasforma e rapisce la principessa Peach Toadstool.

Nel primo vero platform 2D di Super Mario dovremo salvare la principessa e riportare la pace nel regno, superando mondi popolati da ostacoli e nemici vari. Ad aiutarci, power-up come il Super Fungo, che raddoppia le dimensioni di Mario, il Fiore di Fuoco, che fa sparare palline infuocate, la Super Stella, che dona per pochi secondi l’invincibilità, ed il Fungo 1-up che regala una vita.

Come non citare poi l’iconica asta con la bandiera, che ad ogni fine livello dobbiamo afferrare per poterlo finire e andare al successivo, e le monete da raccogliere in giro. Nell’immaginario di tutti i videogiocatori di Mario e non solo, anche questi due elementi sono iconici, così come i passaggi Warp, scorciatoie per andare direttamente ad altri mondi.

Super Mario Bros.: The Lost Levels – 1986, Famicom Disk System

platform 2D Super Mario: Bros The Lost Levels
Super Mario Bros.: The Lost Levels – 1986

Il secondo capitolo, inizialmente pubblicato solo in Giappone e sul Famicom Disk System, segue le orme del primo, ma con un livello di difficoltà più alto, introducendo il fungo velenoso e confermando i power-up del predecessore. I salti richiedono più precisione e ci sono anche dei blocchi invisibili sui quali atterrare; pochi upgrade grafici, ma funzionali.

Il secondo platform 2D di Super Mario non arrivò subito in Occidente poiché Nintendo credeva che il livello di difficoltà fosse alto per quella fetta di pubblico. Venne distribuito successivamente, nel 1993, tramite la raccolta Super Mario All-Stars, che includeva il capitolo precedente ed anche quelli successivi, fino a Super Mario World, incluso però solo in un’altra edizione successiva.

Super Mario Bros. 2 – 1988, NES

Super Mario Bros. 2 – 1988

Il secondo capitolo di Super Mario, pubblicato inizialmente in Occidente e poi anche in Giappone nel 1992, fu quello che vedete nell’immagine più in bassos; un gioco del tutto differente dal vero secondo capitolo, cioè Super Mario: The Lost Levels, di cui abbiamo parlato qui sopra.

Super Mario Bros. 2 era una conversione di un gioco già esistente, vale a dire Doki Doki Panic, per l’occasione ritoccato graficamente e cambiato soprattutto nell’aspetto dei personaggi giocabili, difatti qui in ogni livello possiamo scegliere chi usare fra Mario, Luigi, Toad e la principessa Peach.

Ogni personaggio ha le proprie caratteristiche: Mario è il più equilibrato, mentre Luigi può saltare più in alto, Toad è piccolo e rapido, Peach è in grado di planare per qualche secondo. In certi livelli conviene usare uno piuttosto che un altro per superarlo più agevolmente.

Inoltre rispetto al Super Mario classico, non basta saltare sulla testa dei nemici per poterli eliminare, ma bisogna andarci sopra, premere il tasto per raccoglierli e scaraventarli contro ostacoli o altri nemici, eliminando così entrambi, o anche gruppi interi, a seconda della situazione.

Super Mario Bros. 3 – 1988, NES

platform 2D Super Mario: Bros 3
Super Mario Bros. 3 – 1988 – NES

Il terzo capitolo del platform 2D di Super Mario introduce come novità più sostanziali la mappa, l’inventario, una maggiore verticalità e power-up nuovi. Ogni mondo ha la sua mappa e noi dovremo entrare nei livelli muovendoci sulle relative caselle; è possibile spesso anche non affrontarli nell’ordine classico, ma scegliere una strada alternativa.

Gli upgrade grafici hanno permesso ai mondi di avere biomi più dettagliati e variegati. Ogni mondo ha il suo; il primo ha le classiche colline verdeggianti, il secondo è desertico, il terzo acquatico e così via. Ogni mondo ha mediamente almeno una mini fortezza e il castello (una nave volante) con la battaglia finale di quella mappa.

Ci sono dei minigiochi sparsi, che se fatti correttamente, possono donare vite ed altro. Alla fine di ogni fine livello c’è un box da colpire, che ha al suo interno lo scorrere veloce dei simboli di stella, fungo, fiore; quando completeremo 3 livelli, di volta in volta, a seconda della combinazione dei simboli colpiti sino a quel momento, avremo delle vite extra.

Tra i nuovi power-up troviamo la Super Foglia che dona a Mario la coda da procione, permettendogli di volare dopo aver preso la rincorsa (per qualche secondo e al massimo della velocità). Ciò aggiunge profondità al gameplay, verticalità e segreti piazzati in maniera anche più fantasiosa.

Super Mario Land – 1989, Game Boy

Super Mario Land – 1989

Titolo di lancio del Game Boy, Super Mario Land è anche il primo Super Mario ad uscire su console portatile. Il videogioco è stato diretto da Gunpei Yokoi, conosciuto per aver creato sia il Gameboy che i Game & Watch, una serie di giochi elettronici portatili. Super Mario Land è ambientato nella pacifica regione di Sarasaland, suddivisa in quattro regni: Birabuto, Muda, Easton e Chai.

Il gioco vede anche debuttare la Principessa Daisy, qui rapita da un alieno di nome Tatanga, che ipnotizza tutti gli abitanti del regno e rapisce Daisy con l’intenzione di farla diventare sua moglie. Toccherà come sempre a Mario attraversare i regni, sconfiggere tutti e andare a salvarla.

Super Mario World – 1990, SNES/Game boy Advance

platform 2D Super Mario: World
Super Mario World – 1990

Questo titolo, da molti ritenuto il miglior gioco in 2D della saga principale di Mario, amplia tutto ciò che c’era nel terzo capitolo della saga, migliorando la grafica, introducendo il dinosauro Yoshi (cavalcabile e in grado di mangiare i nemici), altri nemici, ampliando la mappa ed i livelli con segreti e strade alternative.

Graficamente ci fu un bel balzo rispetto al già ottimo terzo capitolo, con sfondi ancora più dettagliati, livelli, nemici, più vari, un level design ineccepibile che fa ancora storia.

Oltre al dinosauro Yoshi, in grado di trasformare i gusci rossi dei Koopa in fiamme per poter colpire i nemici, abbiamo la novità della piuma, che dona a Mario un mantello che lo rende in grado di volare per pochi secondi. Un altro power-up inedito è il palloncino P, che gonfia Mario e gli permette di galleggiare per un tempo limitato.

L’inventario ha una sua funzionalità anche in-game in quanto è possibile acquisire un power-up di riserva nel caso dovessimo essere colpiti, cosa che non accadeva nel terzo, dove i power-up si potevano utilizzare solo quando eravamo nella mappa, PRIMA di accedere al livello.

Super Mario Land 2: 6 Golden Coins – 1992, Game Boy

platform 2D Super Mario: Land 2
Super Mario Land 2: 6 Golden Coins – 1992

Il gioco si svolge su una mappa principale che rappresenta Mario Land, dove Mario è il Re, con il villain di turno che qui è Wario, invidioso del nostro idraulico baffuto e della sua popolarità fin da quando erano ragazzi.

Mario dovrà sconfiggere i capi delle 6 zone (Tree Zone, Space Zone, Macro Zone, Pumpkin Zone, Mario Zone e Turtle Zone) in cui l’isola è divisa, per recuperare le relative monete d’oro, una per ogni zona. Una volta fatto ciò, Mario potrà accedere alla fase finale del gioco e liberare il suo mondo dalle grinfie di Wario.

Wario Land: Super Mario Land 3 – 1994 , Game Boy

platform 2D Super Mario: Warior Land
Wario Land: Super Mario Land 3

In questo terzo capitolo guideremo lo stesso Wario che, dopo aver perso tutte le ricchezze accumulate sul finale del precedente capitolo, decide di mettersi contro dei pirati, i Brown Sugar, guidati dal Capitan Melassa. Quest’ultimi hanno rubato un’enorme statua dorata della principessa Peach dal Regno dei Funghi.

Lo scopo di Wario è di rubare questa statua, rivenderla a Mario e costruirsi un castello ancora più grande del precedente. Il gioco è ambientato su Kitchen Island, il covo dei pirati, isola suddivisa nelle seguenti zone: Spiaggia di Riso, Monte Teiera, Terra del Sorbetto, Canyon Stufa, Veliero Tazzaditè, Foresta di Prezzemolo, Castello di Melassa.

Super Mario World 2: Yoshi’s Island – 1995 – SNES

platform 2D Super Mario: World 2
Super Mario World 2: Yoshi’s Island

Il gioco ci fa vedere Baby Mario e Baby Luigi trasportati da una cicogna verso quella che diventerà la loro casa. Purtroppo il malvagio mago Kamek è al corrente di questo viaggio ed intercetterà i nostri piccoli eroi; durante il volo Baby Mario cade su un’isola e viene trovato da un gruppo di Yoshi.

Da qui in poi comincia il gioco, un viaggio di ritorno in cui noi comanderemo Yoshi e i suoi compagni, che di livello in livello, porteranno Baby Mario a destinazione, come in una staffetta.

Il gameplay cambia moltissimo dai precedenti giochi della saga, difatti qui usiamo Yoshi che trasporta Mario, ed ogni volta che subiremo dei danni Baby Mario comincerà a piangere e ad allontanarsi da noi, e noi dovremo riacciuffarlo in tempo per non compromettere la partita.

Va detto che il gioco graficamente è molto ben fatto, sfondi molto dettagliati, molte animazioni, colori vivi, accesi, come se fosse un disegno fatto con acquerelli o pastelli, ed ha un level design eccezionale.

New Super Mario Bros. – 2006, DS

New Super Mario Bros. – 2006

Pubblicato su Nintendo DS, questo titolo inaugurò il nuovo filone di platform 2D di Super Mario negli anni 2000. La storia è quella che conosciamo, dobbiamo salvare Peach, superando 8 mondi con più di 80 livelli in totale.

Tra power-up vecchi e nuovi, fra quest’ultimi abbiamo il guscio Koopa blu, che consente a Mario di nascondersi nel guscio ed eseguire poi il “tarta-scatto”; inoltre ha anche l’effetto di velocizzare il nuoto. Abbiamo poi il Megafungo che fa crescere Mario fino a dimensioni incredibili, distruggendo tutto ciò che trova sul suo cammino.

Il Minifungo fa ovviamente l’opposto e ci permette di entrare nei passaggi più piccoli, raggiungendo zone altrimenti inaccessibili; inoltre ci fa diventare così leggeri che possiamo correre sull’acqua e saltare più in alto.

New Super Mario Bros. Wii – 2009, Wii

platform 2D Super Mario: New Super Mario Bros. Wii
New Super Mario Bros. Wii – 2009

Il secondo capitolo di questa saga introduce una serie di novità, fra le quali spiccano:

  • Modalità cooperativa fino a 4 giocatori su schermo in contemporanea, in cui è possibile aiutarsi, oppure ostacolarsi a vicenda.
  • Nuovi power-up come l’Elmetto di Ghiaccio, che trasforma i nemici in blocchi di ghiaccio, Fiore di Ghiaccio, che fa sparare proiettili di ghiaccio
  • Veicoli come la Super Roulotte, che serve in determinati livelli.

Ci sono poi nuovi nemici, come i Fratelli Martello, e i Bowser Jr. Inoltre aumentano percorsi e passaggi segreti per una maggiore varietà e senso di sfida. Ovviamente la grafica è ulteriormente migliorata rispetto al precedente capitolo, vista la maggior potenza della Nintendo Wii.

New Super Mario Bros. 2 – 2012 , 3DS

New Super Mario Bros. 2 – 2012

Il gioco riprende lo stile del precedente capitolo uscito su 3DS, ed oltre a confermare il Mini-Fungo e il Mega-Fungo, vede il ritorno dell’amata Super Foglia di Super Mario 3. In questo titolo gioca un ruolo molto importante la raccolta di monete.

Il Fiore d’Oro trasforma i blocchi in monete, anelli che per un breve lasso di tempo trasformano i nemici in oro, ed una maschera che produce monete durante la corsa di Mario.

Ci sono 9 mondi che includono 94 livelli, quelli base, 44, sono numerati, mentre gli altri includono 15 livelli lettera, sbloccati con la scoperta di uscite segrete, 4 cannoni Warp, 6 torri, 9 castelli, 9 livelli arcobaleno e 7 case dei Boo.

New Super Mario Bros. 2 è il primo capitolo della serie ad introdurre DLC a pagamento, espandendo così la modalità Febbre dell’Oro, con livelli inediti in cui bisogna raggiungere obiettivi che riguardano il numero di monete raccolte.

Super Mario Maker – 2015, Wii U

Super Mario Maker – Wii U (2015)

Questi due giochi sono stati i sogni di milioni di videogiocatori: poter creare i propri livelli in un platform 2D di Super Mario, condividerli online e giocare quelli degli altri. Il primo usava bene le caratteristiche ibride della console di casa Nintendo, tra modalità portatile e quella su TV; ciò rendeva molto comoda la realizzazione di livelli, soprattutto con l’uso del pennino su schermo.

In questo primo capitolo è possibile la creazione di livelli con gli stili dei seguenti giochi:

  • Super Mario Bros.
  • Super Mario Bros. 3
  • Super Mario World
  • New Super Mario Bros U.

Super Mario Run – Mobile, 2016

In questo gioco non abbiamo il controllo diretto di Mario, che corre da solo, ma dobbiamo premere il touch al momento giusto e l’intensità del salto dipende dalla pressione del nostro dito sullo schermo, con i dovuti limiti. Ci sono poi delle meccaniche che ci fanno tornare indietro di qualche passo, nel caso volessimo recuperare delle monete.

Nella modalità “World Tour” dovremo raccogliere quante più monete possibili e arrivare al traguardo, sbloccando così i livelli successivi. Ci sono 6 mondi in tutto, con 4 livelli ciascuno, suddivisi in maniera identica (3 normali più fortezza), con eccezion fatta per l’ultimo, che ha 2 fortezze nel terzo e nel quarto livello.

C’è anche una modalità denominata “Sfide Toad” che ci permette di sfidare gli altri utenti nei vari livelli e un’altra per costruire il nostro personale Regno Dei Funghi, acquistando oggetti, decorazioni e piazzandole dove vogliamo.

Un’altra modalità è la “Remix 10”, in cui bisogna affrontare 10 livelli brevi ad un ritmo frenetico, per arrivare a salvare Daisy. Al termine di questi livelli comparirà un minigioco bonus che ci permetterà di avere altri elementi per abbellire il nostro regno.

Super Mario Maker 2 – 2019, Switch

Super Mario Maker 2 – 2019 – Nintendo Switch

Nel secondo capitolo troviamo le stesse possibilità del primo, con una miriade di possibilità in più per personalizzare i nostri livelli, soprattutto con l’aggiornarsi del gioco nel tempo. I livelli sono realizzabili con i seguenti stili:

  • Super Mario Bros.
  • Super Mario Bros. 3
  • Super Mario World
  • New Super Mario Bros U.
  • Super Mario 3d World

Inoltre è possibile creare i propri mondi rappresentati con la mappa stile “Super Mario World”, con selezioni di livelli, minigiochi e così via. Presente anche la modalità online multigiocatore, fino a 4 in contemporanea, con modalità cooperative o di sfida, con tanto di rank.

Super Mario Bros. Wonder – Switch, 2023

platform 2D Super Mario: Wonder
Super Mario Bros. Wonder

Il futuro dei platform 2D è già qui? Dai primi trailer del gioco è possibile subito notare uno stile grafico, in generale, diverso dai classici Super Mario, con più animazioni facciali dei personaggi, sfondi molto dettagliati, fasi di gioco al limite del trip mentale, nuovi costumi come l’ormai già famoso “Elefante“, in grado di spazzare via i nemici e non solo.

Sembra essere tutto molto frenetico, soprattutto quando utilizzeremo questo “Fiore meraviglia”, che cambia il mondo attorno a noi, rendendolo più psichedelico, animando i tubi, facendo arrivare gruppi di animali contro di noi, modificando l’inclinazione dei livelli ed altro ancora, come le trasformazioni in nemici, citando così “Mario Odissey“.

Ciò che più balza agli occhi, grafica a parte, è l’introduzione delle “Spille”, che sembrano essere dei perk da assegnare al personaggio in ogni livello – massimo uno alla volta – aggiungendo profondità al gameplay, in quanto ciò permetterà probabilmente di affrontare livelli in modo diverso e di giungere in punti altrimenti non raggiungibili, senza l’uso di alcune spille.

Passato, presente e futuro

Super Mario per molti videogiocatori e non solo, rappresenta l’icona per eccellenza dei platform in particolare quelli 2D, ma anche l’emblema nostalgico di una saga, di un personaggio, che ci ha tenuto compagnia durante la nostra crescita. Lui è sempre lì, a ricordarci quanto in un videogioco sia importante il puro divertimento, lo stupirsi ancora per le novità introdotte ogni volta.

Voglio chiudere così questo articolo, ringraziandovi per la pazienza avuta in questo lungo viaggio fatto assieme, ed affermando che Mario, assieme ad altre poche saghe e personaggi, rappresenta passato, presente e futuro del suo genere… e non solo.

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Editoriali

Sullo stato dell’arte dell’industria videoludica: Limbo e To The Moon

Nel panorama dei videogiochi indie esistono prodotti che hanno la potenzialità di veicolare dei concetti piuttosto importanti ai loro fruitori, soprattutto a quelli più predisposti a coglierne il significato. Tra i tanti, due importanti esempi di questo trend sono  “Limbo”, sviluppato da Playdead (2010), e “To the Moon”, di Freebird Games (2011). Entrambi sono giochi indie in single-player di breve durata, ed entrambi hanno avuto un ruolo importante nel mercato indipendente con attestati di stima e amore da parte di addetti al lavoro ed appassionati di gaming, diventando parte importante del medium videoludico stesso.

Fra tutti ho scelto Limbo e To the Moon perché mi sono sono rimasti nel cuore, giungendo dentro di me in maniera differente e restando memorabili anche dopo tutti questi anni a dimostrazione che con pochi mezzi è possibile brillare di luce propria, rimanendo impressi nella memoria del videogiocatore.

Limbo è un puzzle-platform in 2D privo di dialoghi con altri NPC, senza una narrazione testuale o vocale, né il classico tutorial didascalico, ed è privo di HUD; lo stile di gioco è un “prova e muori”, con il frequente susseguirsi di enigmi e trappole di ogni tipo. Tecnicamente parlando, Limbo, gira su un motore grafico proprietario, leggero e adatto al contesto; un perenne bianco e nero, con giochi di luci e ombre molto suggestivi, in grado di donare all’intera esperienza un’atmosfera surreale.

Il protagonista è un ragazzino finito in un mondo oscuro; all’inizio lo vediamo steso sul terreno e tocca a noi svegliarlo, interagendo con i tasti. Questo gioco non è rivoluzionario, ma elegante e ricercato esteticamente, intelligente ed accattivante nelle sue meccaniche, con una narrazione visiva che ci guida in un quasi totale silenzio. Alcuni nemici si possono eliminare interagendo con l’ambiente circostante, mentre altri andranno schivati per poter andare avanti e scontrarsi con i vari enigmi da risolvere.

Limbo
Limbo

To the Moon, è realizzato con RPG maker, difatti a vederlo ha l’aspetto di un classico gioco di ruolo anni ’90, privo però di alcuni elementi rpg più caratteristici, come il livello di progressione dei personaggi. Qui troviamo una grafica colorata, una narrazione che avviene tramite i tanti testi su schermo, fatti di dialoghi e descrizioni varie, con musiche che sanno toccare il cuore; il gameplay è ridotto all’osso, quasi ai livelli di una visual novel, se non per qualche minigioco e puzzle, che di tanto in tanto veicola la profonda e toccante trama.

Questo titolo vive di una trama toccante e piena di sentimenti. Il gioco ci mette nei panni di 2 dottori, Eva Rosalene e Neil Watts, dipendenti della “Sigmund Agency of Life Generation”. Quest’azienda, tramite l’impianto di ricordi artificiali, aiuta i pazienti in fin di vita ad avere una morte più serena, eliminando i loro rimpianti, ed esaudendo (in un certo senso), i desideri più importanti, quelli magari durati una vita

To The Moon
To The Moon

Less is more

I giochi indie sono sviluppati solitamente da piccoli studi indipendenti, che (spesso) non hanno l’aiuto economico di un editore, ma questo può voler dire anche avere meno vincoli e sentirsi più liberi di esprimere maggiormente la propria autorialità. Ciò che mi viene da pensare è che non è detto ci sia sempre l’intenzione conscia di veicolare un certo tipo di messaggio, ma ciò non vuol dire che esso stesso non si crei ugualmente durante lo sviluppo e che quindi poi giunga comunque al giocatore.

Parlando di cinema, un’opinione che mi è capitato di sentire sui film di Christopher Nolan, è che quando lui ha realizzato film con meno budget a disposizione, senza l’utilizzo di troppi effetti speciali e dovendo quindi mettere mano di più al cuore della pellicola stessa, è riuscito a realizzare opere che, secondo una parte della critica, son state complessivamente migliori di altre sue, magari più titolate e di maggior successo ai botteghini.

Il mio parallelismo richiama, tornando in ambito videoludico, la differenza tra alcune produzioni di grosse software house tripla A e quelle degli sviluppatori di giochi indie (entrambe le categorie hanno sia ottimi prodotti che mediocri, non dimenticandoci che poi esistono anche produzioni che si trovano nel mezzo), che non avendo tutta questa disponibilità di mezzi, sono anche più costretti a lavorare di più all’anima del videogioco stesso.

In queste condizioni possono riuscire a superare questi limiti, per far sì che essi diventino orizzonti da raggiungere e superare. Può capitare così, che possa venir fuori un’esperienza più immersiva, dando più spazio a trama e caratterizzazione, fornendo quel tocco artistico che passa anche da un’estetica più o meno ricercata. A livello di storie, concetti, è sempre più difficile tirar fuori qualcosa di nuovo ed originale, ma la differenza sta nel modo in cui le idee, anche le più usate, vengono rielaborate.

Conclusione

I due giochi protagonisti di questo articolo, insieme ad altri di cui magari vi parlerò in futuro, sono piccoli grandi gioielli, opere d’arte in miniatura, che fanno bene ad un’industria videoludica che ha, in generale, un po’ paura di sperimentare e di proporre qualcosa di diverso e nuovo, che abbia più anima, originalità e meno ripetitività.

Ritengo comunque che l’industria videoludica stia vivendo un periodo storico abbastanza positivo. I ragazzi di oggi sono in grado di apprezzare anche titoli retrò o comunque giochi nuovi realizzati appositamente così (anche remastered e remake possono aiutare, in certi casi), capendo così che non sempre serve la grafica pompata per divertirsi, ma che intrattenimento, sfida ed emozioni, possono essere ovunque.