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Clair Obscur: Expedition 33 – Recensione

In un mercato ricolmo di sequel fotocopia e produzioni senz’anima, trovare un gioco che trasmetta passione vera è diventato un’impresa. Clair Obscur: Expedition 33 è un raro gioiello che ogni videogiocatore aspettava da anni: un titolo capace di emozionare, stupire e, alla fine, far venire voglia di alzarsi in piedi e applaudire. È un atto d’amore verso i videogiochi, un’esperienza che unisce stile, cuore e dedizione in ogni sua scelta.

Sandfall Interactive: studio indipendente o team solido?

Sviluppato da Sandfall Interactive, pubblicato da Kepler Studio e distribuito da Bandai Namco, Clair Obscur: Expedition 33 nasce da un team francese ben strutturato: non una piccola produzione indipendente, ma un progetto ambizioso che sorprende per qualità. Si tratta di un RPG a turni, sebbene rinchiuderlo in quest’etichetta non renda giustizia alla complessità del titolo. Tra i suoi punti di forza c’è sicuramente l’ispirazione ai grandi classici del genere, sebbene il gioco proponga molte idee originali.

Alla guida del progetto troviamo Guillaume Broche, ex dipendente Ubisoft che, come ha raccontato in diverse interviste, si era ormai annoiato in quell’ambiente lavorativo, e ha scelto di rimettersi in gioco per dare vita a qualcosa di nuovo. Anche lo sceneggiatore ha un percorso insolito: scoperto su Reddit, rappresenta un perfetto esempio di come la passione per i videogiochi possa portare a risultati sorprendenti. È proprio questa dedizione a permeare ogni aspetto del gioco, nato non per obbligo, ma per pura volontà di ritagliarsi un posto nel mercato.

Trama e ambientazione di Clair Obscur: Expedition 33

Il titolo affascina sin dai primi istanti, grazie a un incipit narrativo che colpisce per intensità, proiettando il videogiocatore in un mondo vivido e suggestivo.

L’ambientazione unisce elementi della belle époque francese con un immaginario fantasy dalle tinte dark, dando vita a un universo unico. Ogni anno, una figura enigmatica conosciuta come “la Pittrice” si sveglia e dipinge un numero su un enorme monolite situato all’orizzonte della città di Lumière. Questa cifra rappresenta l’età delle persone che svaniranno nel nulla e diminuisce progressivamente ogni anno. Per sfuggire a questo destino, vengono organizzate le Spedizioni. Si tratta di gruppi, spesso composti da persone prossime alla sparizione, che si avventurano nel continente vicino alla ricerca di un modo per interrompere il ciclo. Tuttavia, nessuna spedizione è mai riuscita a tornare indietro.

Il mondo di gioco è incredibilmente vasto ed esplorabile con varie zone curate in ogni dettaglio, al punto da invogliare il videogiocatore a perdersi al loro interno. Non si tratta di un open world, ma piuttosto di un grande continente, con aree piene di segreti e numerose quest secondarie. Alcune di queste accessibili solo dopo specifici punti di trama.

Narrativa e tematiche di Clair Obscur: Expedition 33

L’aspetto narrativo del titolo rappresenta senza dubbio uno dei suoi migliori punti di forza. La narrazione colpisce per intensità ed emozione, grazie a un uso sapiente delle cutscene. Questo aspetto ricorda molto Final Fantasy X, dove le scene cinematiche sapevano esaltare i momenti più significativi senza mai risultare invadenti. In un genere che spesso preferisce i dialoghi testuali, questa scelta regala un ritmo narrativo più coinvolgente e cinematografico.  

Clair Obscur: Expedition 33 tratta inoltre con rara sensibilità temi attuali e universali: la perdita, la fragilità della vita davanti all’ineluttabilità della morte, il valore della famiglia, la ricerca di sé, l’arte e la musica come rifugio e salvezza. Una storia capace di scaldare anche i cuori più duri ci viene raccontata con una delicatezza e una forza che lasciano il segno.

I personaggi, intensi e splendidamente caratterizzati, entrano nel cuore e ci restano, trasformando l’avventura in un legame profondo difficile da sciogliere.

Al termine della storia principale il gioco offre un ricco postgame, con nuove aree da esplorare, boss opzionali e contenuti aggiuntivi. Ciò approfondisce ulteriormente la trama, fornendo al videogiocatore un incentivo importante per continuare anche dopo i titoli di coda. L’interfaccia di combattimento si ispira a Persona, riuscendo però a rielaborare i principaki elementi in una formula originale.

Colonna sonora di Clair Obscur: Expedition 33

Le OST di Expedition 33 meritano un plauso particolare. Le tracce sono armoniose e perfettamente integrate nell’esperienza di gioco, capaci di enfatizzare i momenti chiave di narrazione e combattimenti, oltre ad accompagnare l’esplorazione. La qualità dei brani è talmente elevata da spingere il giocatore a fermare il gameplay per ascoltarli con più attenzione. Curioso è il fatto che il compositore sia un artista scoperto su SoundCloud, un dettaglio che sottolinea ancora una volta lo spirito innovativo e aperto del progetto.

Gameplay e meccaniche

Dal punto di vista del gameplay, Expedition 33 offre un sistema solido e sfaccettato. A una classica struttura a turni si affianca un’ampia gamma di meccaniche che arricchiscono significativamente gli scontri.

Un grandissimo punto di forza del gioco è la sua capacità di combinare caratteristiche provenienti da generi diversi senza mai risultare dispersivo (in alcuni frangenti ci si scorda persino di star giocando a un titolo turn-based). È infatti presente un sistema di parry e schivate coadiuvate da un vasto numero di abilità attive e passive (i Picto e le Lumina), un albero delle abilità estremamente articolato e la distribuzione dei punti tipica dei GDR. Questa combinazione di elementi rende il titolo accessibile a un pubblico più ampio, uscendo dai confini del (J)RPG e strizzando l’occhio ai fan dei Souls-like e ai videogiocatori più casuali, prendendo ispirazione da numerosi videogiochi di successo.

Inoltre, i tre livelli di difficoltà garantiscono un’esperienza adatta a neofiti e veterani del genere.

Personalizzazione di gioco

Un altro aspetto di grande rilievo è la personalizzazione: il giocatore può modificare l’aspetto del personaggio attraverso cosmetici, vestiti e acconciature, ma anche personalizzare in profondità il gameplay grazie ai Picto e alle Lumina. Queste abilità passive permettono di creare build uniche, ad esempio aumentando i danni sotto una certa soglia di vita o potenziando la possibilità di colpi critici, adattandosi a diversi approcci e preferenze. Ogni personaggio può essere costruito a seconda dello stile di gioco del videogiocatore, senza limitazioni imposte da ruoli fissi come mago, guaritore o guerriero.

Un punto a sfavore è la relativa facilità con cui si può “rompere il gioco”, specialmente nel post-game. I giocatori più esperti possono infatti facilmente creare build in grado di eliminare con un solo colpo anche i boss più impegnativi del post game. Fortunatamente, il team di bilanciamento rilascia regolarmente patch mirate a correggere questi squilibri.

Un prezzo competitivo

Dal punto di vista economico, il titolo viene proposto a 49,99 € al lancio, un valore decisamente competitivo rispetto agli standard attuali del mercato. Inoltre, grazie a promozioni e sconti, è possibile reperirlo a cifre ancora più basse. Ciò lo rende molto appetibile sul fronte qualità/prezzo.

Per concludere, Clair Obscur: Expedition 33 è un titolo che è stato capace di emozionare profondamente e di creare una solida community di appassionati che condividono l’amore per questo gioco. Nonostante alcune pecche, la qualità elevatissima sotto quasi ogni aspetto lo rende il punto di partenza ideale per un mercato videoludico che aspiri a tornare a produzioni di grande valore, fondate sulla passione e sulla cura di ogni dettaglio. L’anno è ancora lungo, ma una cosa è certa: Expedition 33 si candida con forza come uno dei favoriti assoluti per il titolo di GOTY 2025.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: PS5, Microsoft Windows, Xbox Series X/S
  • Data uscita: 24/04/2025
  • Prezzo: 49,99€

Ho giocato e completato il gioco su PC.

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The Alters – Recensione

11 anni fa, 11 bit studios ha scosso il mondo dei videogiochi con This War of Mine, un’opera così potente da entrare nel programma scolastico polacco. Raccontava l’assedio di Sarajevo, ma soprattutto la guerra come fonte di crudeltà e lancinante dolore. Quattro anni dopo, nel 2018, la software house polacca riceve gli onori del pubblico e della critica con Frostpunk, un gestionale survival ricco di pathos narrativo e minuzioso gameplay.

Nel 2025, 11 bit studios chiude il cerchio – letteralmente come vedremo più avanti – con The Alters, un videogioco di sopravvivenza e gestione 3D che punta a unire This War of Mine e Frostpunk sotto un’unica etichetta. Il team polacco sarà riuscito nel suo intento o ha creato un mero clone del proprio passato? Scopriamolo in questa recensione di The Alters.

Un tragico incidente

Jan Dolski è un uomo che ha dovuto affrontare delle difficoltà nella vita. In particolare, ha subito un padre violento che poco si curava della volontà di Jan di continuare gli studi. Gli stessi gli hanno permesso di fuggire dalla sua famiglia e trovare un lavoro ben remunerato, e una donna che lo rendesse felice. Quando tutto sembrava andare per il verso giusto, però la sorte lo ha condotto nuovamente nel baratro. Jan Dolski perde il lavoro e anche l’amore. Tutto questo lo porta in una nuova azienda, Ally Corp, un’enorme multinazionale che ha un unico scopo: organizzare spedizioni nello spazio alla ricerca di un misterioso materiale dalle proprietà straordinarie, il Rapidium.

Jan parte per la spedizione, ma un tragico incidente sconvolge nuovamente la sua esistenza. Durante un viaggio verso un pianeta irradiato da tre soli, tutto l’equipaggio muore, tranne lui. Dolski si ritrova quindi solo, in un ambiente ostile, con l’unico obiettivo di uscirne vivo e tornare sulla Terra. Per farlo deve gestire una base mobile, che avrà la necessità di spostarsi ogniqualvolta un sole sarà troppo vicino alla sua base. Sopravvivere in queste condizioni richiede organizzazione, risorse e strumenti. E ben presto Jan si renderà conto che non riuscirà mai a sopravvivere con solamente le proprie forze, forse.

The Alters Recensione: Key Art

Esplorando la fantascienza

Solo in un pianeta ostile e privo di vita. Qui parte la nostra missione composta inizialmente dall’esplorazione e l’upgrade della nostra base, un’enorme ruota in cui al suo interno vi è una base componibile pari pari a quanto già visto in Fallout Shelter. Tra un nuovo modulo e una scampagnata in un ambiente sci-fi e fantascientifico, Dolski si imbatte nel tanto ambito Rapidium. Solo a questo punto, l’Ally Corp farà il suo ingresso, contattandoci e spiegandoci come usarlo per sopravvivere, e per intimarci di raccoglierne il più possibile.

Il Rapidium è il carburante delle clonazioni e curiosamente il computer di bordo della base ha memorizzato l’intera vita del suo ospite, ma non solo; infatti, il terminale è in grado di staccare nuovi rami nella vita di Jan, cioè degli alter ego, che hanno vissuto una parte di vita come quella di Dolski. Almeno fino a quando non hanno preso scelte diverse.

Da questo incipit nasce The Alters, un ambizioso titolo che dirama su tre generi: gioco di ruolo narrativo, gestionale e survival. In realtà, questa divisione è puramente teorica, perché il gioco si amalgama perfettamente risultando alla fine un videogioco di sopravvivenza con una fortissima base narrativa. Tutto il resto è una conseguenza ben sviluppata.

The Alters Recensione: Miniera

Soli con sé stessi

Nonostante la dichiarata volontà di prendere spunto da This War of Mine e Frostpunk, 11 bit studios ha intrapreso anche delle scelte diverse dal passato, tali da rendere The Alters un’opera ben distinta rispetto ai suoi predecessori. Mi riferisco nella fattispecie alla totale mancanza di combattimenti del gioco. In The Alters, l’unico nemico da battere è il tempo, da affrontare su un luogo ostile. Per il resto, saremo soli con, letteralmente, noi stessi.

L’obiettivo dunque è ritornare sulla terra. Per farlo sarà prima di tutto capire come farlo e per comprenderlo serve tempo. Il nostro scopo sarà quindi quello di sopravvivere il più a lungo possibile. Per farlo, inizieremo con l’esplorare l’esterno alla ricerca di miniere di metalli e gas, fondamentali per fornirci i beni di prima necessità, come il cibo, e necessari per ampliare la nostra base.

The Alters Recensione: Base

Rapidium

Tra i materiali fondamentali c’è il Rapidium, che permette di azionare l’incubatrice dei nostri alter ego. Quando lo faremo, creeremo una versione di noi stessi, che ha condiviso una parte di vita, ma che nei momenti cruciali, ha fatto scelte diverse. Queste scelte hanno caratterizzato il proprio modo di vedere il mondo, sviluppando pregi e difetti. Caratteristiche con cui ci scontreremo noi stessi e gli altri alter ego. È qui che si svolge la partita narrativa. The Alters è colmo di dialoghi, non localizzati in italiano, da affrontare con il massimo della concentrazione.

I dialoghi che faremo con gli alter ego, e le loro diatribe su cui dovremo far delle scelte, sono parte integrante della sopravvivenza. Dar sempre contro a un’unica persona o rifiutare il confronto verbale può significare generare conseguenze disastrose, che possono condurre anche alla fine del gioco, sia perché la situazione diventa ingestibile sia perché alcune scelte possono portare alla morte dei nostri simili.

The Alters Recensione: Scientist

Micromanagement

La giornata di Jan Dolski è divisa in tre parti: lavoro, pubbliche relazioni e riposo. Potremo decidere di rinunciare a una cosa piuttosto che un’altra – con alcune limitazioni, bypassabili da particolari scelte come il crunch – ma ognuna di queste dovrà essere ponderata al fine di garantire un equilibrio tra benessere delle persone ed efficienza. Il tempo scorre e non sempre sarà possibile soffermarsi a parlare. Allo stesso tempo, ci saranno dei momenti sociali da gestire, pena perdere la bussola e la partita.

Il Jan Dolski principale è solo una parte della macchina, che può funzionare solo in relazione alla buona salute degli altri. Ma a differenza di altri prende le decisioni. In particolare, tutto quello che facciamo noi può essere svolto anche da un alter ego, con la sola eccezione dell’esplorazione. Sarà dunque fondamentale incaricare qualcuno che prepari il cibo, qualcuno che raccolga risorse, chi costruisce equipaggiamento, chi si riposa in infermeria, preferibilmente in base alle caratteristiche degli Alter, tutti unici anche nelle loro specializzazioni, 12 in tutto.

Una volta gestite le code, andremo a decidere come gestire la nostra giornata fuori dalla base. Qui potremmo costruire punti di estrazione ed esplorare la mappa grazie a una particolare tuta che ci aiuta nella sopravvivenza, ma che ci limita perché ha bisogno di essere ricaricata per determinate azioni (i salti per esempio).

Il gameplay è un’elegante danza delle priorità che parte dalla gestione delle persone di This War of Mine e finisce nella conto delle risorse e delle sfortune di Frostpunk. Come in ogni gioco di 11 bit studios infatti dovremmo affrontare delle calamità naturali o delle disgrazie sociali. Il loro impatto è tremendo e la preparazione a quest’ultimo sarà l’ago della bilancia tra la vita e la morte (game over ben gestito dai salvataggi automatici nei punti critici).

Ma quando riusciremo a sopravvivere a una tempesta elettromagnetica o all’avvicinarsi del sole, saremo in qualche modo premiati. A volte ci coccoleremo con una canzone o un beer pong insieme ai nostri Alter. Altre volte riceveremo una chiamata dall’Ally Corp o da persone importanti della nostra vita. Piccoli premi per la nostra sanità mentale che ci permetteranno di arrivare fino alla fine della trama. Una storia semplice, quasi banale, per gli appassionati della fantascienza sci-fi. Ma il viaggio invece è introspettivo e divertente sia nei dialoghi che nel gameplay che innalza il team polacco ra i grandi sviluppatori di quest’era videoludica.

The Alters è un videogioco fondamentale per quest’era videoludica, perché è il punto di arrivo di quello che sarà uno dei team di sviluppo più importanti dei prossimi 10 anni. Con The Alters, 11 bit studios ha chiuso il proprio cerchio e ora si può affacciare al settore videoludico come un team veterano, garante della qualità del medium. The Alters è un videogioco di sopravvivenza che sfrutta al meglio la potente narrativa e l’esperienza nei gestionali del team polacco. La trama è semplice, ma il viaggio è potente sia nelle interazioni sociali con gli altri alter ego che nel gameplay. La mancanza di tempo è stata la mia bussola per tutto il tempo, sensazioni che mi hanno fatto appassionare all’avventura dei Jan Dolski con interesse, emozioni e impegno nel giocarlo. Tutto quello che un videogioco dovrebbe avere per entrare di diritto tra i grandi della storia.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: Xbox Series X|S, PS5, PC
  • Data uscita: 13/06/2025
  • Prezzo: 34,99€ su Steam, disponibile su Xbox Game Pass al Day One.

Ho giocato a The Alters su Xbox Series X grazie a un codice gentilmente fornito dal publisher pochi giorni prima del day one.

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The Alters è ora disponibile: sopravvivere significa anche affrontare sé stessi

The Alters è disponibile da ieri 13 giugno su Steam, GOG, PlayStation 5 e Xbox Series X|S. Lo studio polacco 11 bit studios (già noto per This War of Mine) propone un’avventura sci-fi fuori dagli schemi, in cui la sopravvivenza non dipende solo da risorse e rifugi, ma anche dal confronto diretto con sé stessi.

Il protagonista è Jan Dolski, unico sopravvissuto a una missione spaziale fallita. Intrappolato su un pianeta ostile, Jan non ha modo di cavarsela da solo. Così decide di sfruttare una tecnologia sperimentale: creare delle sue versioni alternative, ognuna generata da una scelta di vita diversa. Un Jan che ha fatto il militare. Uno che è diventato padre. Uno che ha rinunciato agli studi. Tutti sono reali. Tutti ricordano.

Ma The Alters non è un gestionale classico. Qui, costruire una base è solo parte dell’esperienza. Ogni Alter ha una personalità distinta, spesso in conflitto con quella del protagonista. I dialoghi mettono a nudo rimpianti, frustrazioni e identità irrisolte. C’è chi collabora. C’è chi si ribella. E ogni scelta ha un peso emotivo concreto.

Non solo sopravvivenza: identità, rimorsi e il valore dell’autonomia

Il gioco alterna fasi di survival e base-building a momenti narrativi forti, con bivi morali che interrogano direttamente il giocatore: stai usando i tuoi Alter come strumenti o stai riconoscendo la loro autonomia? La domanda è tutt’altro che teorica. Alcuni Alter inizieranno a mettere in discussione la tua leadership. Altri, semplicemente, non vorranno più collaborare.

The Alters colpisce anche per l’atmosfera: ambientazioni claustrofobiche, design minimale e colonna sonora inquieta costruiscono un mondo che sembra chiudersi addosso. Tecnicamente, il gioco gira solido sulle nuove console e su PC, con opzioni grafiche ben ottimizzate.

Dopo cinque anni di sviluppo e un team di appena 40 persone, 11 bit studios ha consegnato un titolo coraggioso, capace di parlare di identità, libertà e controllo senza retorica.

The Alters è una storia di fantascienza, ma anche una riflessione amara sulle vite che non viviamo.

E voi, se poteste incontrare una vostra versione alternativa… ci collaborereste o la temereste?

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Onimusha: Way of the Sword al Summer Game Fest, Musashi sfida nuovi mostri e un rivale leggendario

Capcom ha presentato un nuovo trailer di Onimusha: Way of the Sword durante il Summer Game Fest 2025. Il filmato, intitolato Formidable Foes Emerge, mostra sequenze inedite di gameplay che rivelano nuovi nemici, ambienti ultraterreni e dettagli sulle meccaniche di combattimento.

Il protagonista è Miyamoto Musashi, samurai iconico armato di un misterioso guanto Oni, pronto a fronteggiare creature demoniache in un Giappone deformato dal soprannaturale. Il trailer mette in evidenza lo scontro con un avversario storico: Sasaki Ganryu, maestro di spada e antagonista diretto di Musashi. Il duello tra i due si svolge nel suggestivo scenario del tempio di Kiyomizu-dera, ricostruito in chiave dark fantasy.

Un trailer denso di dettagli e combattimenti ad alto impatto

Tra le novità, spiccano i nuovi Genma, demoni con design imponenti e comportamenti letali. Il primo è Kubi Akari, in grado di rubare anime, seguito da Daidara, un colosso armato di una mazza gigantesca che distrugge tutto sul suo cammino. Il combattimento con Daidara si svolge in una nuova ambientazione onirica, fatta di rovine sospese nel cielo e sentieri che si formano magicamente.

Capcom mostra anche nuovi dettagli sul sistema di combattimento, che premia riflessi e precisione. Le tecniche “Issen”, già note ai fan, permettono di infliggere colpi critici devastanti se eseguite al momento giusto. Spunta anche un’arma inedita simile a martelli gemelli, capace di frantumare l’aria con la sua potenza.

Il trailer si chiude con un momento enigmatico: una figura femminile emerge dalla luce del guanto Oni. Chi è? Qual è il suo ruolo nella storia? Capcom non ha fornito dettagli, alimentando le speculazioni.

Onimusha: Way of the Sword arriverà nel 2026 su PS5, Xbox Series X|S e PC. Nel frattempo, chi vuole riscoprire la saga può giocare alle versioni rimasterizzate di Onimusha: Warlords e Onimusha 2: Samurai’s Destiny, disponibili su PS4, Xbox One, Switch e Steam.

Che ne pensate del ritorno di Onimusha con questo taglio più dark e mitologico? La rivalità Musashi-Ganryu vi convince o avreste preferito un’altra direzione narrativa?

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Resident Evil Requiem è stato annunciato, uscirà il 27 febbraio 2026

Al Summer Game Fest 2025, Capcom ha aperto col botto: Resident Evil Requiem, nuovo capitolo principale della celebre saga survival horror, è stato presentato con un trailer intenso e visivamente impressionante. La data di uscita è fissata per il 27 febbraio 2026, su PlayStation 5, Xbox Series X|S e PC via Steam.

Il gioco segna un ritorno alle origini, riportando i giocatori a Raccoon City, il luogo simbolo dell’epidemia biologica che ha dato inizio all’incubo. Questa volta, però, l’obiettivo è chiaro: portare l’esperienza horror a un livello completamente nuovo, combinando azione ad alta tensione e orrore psicologico profondo.

Ritorno a Raccoon City, con un livello tecnico mai visto prima

Sviluppato con il motore proprietario RE ENGINE, Requiem sfrutta a pieno le capacità delle piattaforme attuali per offrire un realismo visivo inquietante. Dettagli come espressioni facciali, texture della pelle e persino gocce di sudore sono ricostruiti con una fedeltà maniacale, pensata per mantenere alta la tensione in ogni istante.

Il trailer mostra una Raccoon City più oscura che mai, con ambienti deformati, nuovi nemici e minacce sconosciute. L’atmosfera opprimente, unita a una narrazione più cupa, promette di far vivere ai giocatori una vera e propria discesa nell’angoscia. L’azione non mancherà, ma sarà integrata in un contesto più denso e disturbante, in linea con le radici horror della serie.

Resident Evil Requiem sarà doppiato e sottotitolato in oltre 15 lingue, rendendolo accessibile a un pubblico globale. La prima demo pubblica sarà giocabile alla Gamescom 2025, dando modo ai fan di toccare con mano il nuovo standard tecnico e narrativo del franchise.

Capcom ha già confermato che nel corso dell’anno arriveranno nuovi trailer e rivelazioni, a partire proprio dagli eventi Summer Game Fest Play Days.

Sei pronto a tornare dove tutto è cominciato? O questa volta Raccoon City finirà per inghiottirti del tutto?

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Silent Hill f, il nuovo trailer mnostra la data di uscita e l’ambientazione nel Giappone degli anni ’60

Konami fissa la data di lancio del nuovo capitolo horror della saga. Atmosfere disturbanti e narrazione psicologica al centro del nuovo trailer.

Durante lo State of Play del 6 giugno 2025, Konami ha finalmente svelato la data di uscita ufficiale di Silent Hill f: il gioco arriverà il 26 settembre 2025 su PlayStation 5, Xbox Series X|S e PC. Il nuovo trailer, completamente doppiato in giapponese, ha mostrato per la prima volta ambientazioni estese, frammenti di trama e uno stile visivo unico nel panorama horror attuale.

Ambientato in un Giappone rurale degli anni ’60, Silent Hill f rappresenta una deviazione radicale dalla classica città nebbiosa americana. Le immagini del trailer combinano folklore giapponese, elementi psicologici e body horror per costruire un’esperienza disturbante e visivamente potente. La protagonista, ancora senza nome, appare inseguita da una forza invisibile in un mondo che si contorce, marcisce e fiorisce in modo inquietante.

Un nuovo volto per l’orrore targato Konami

Il gioco è scritto da Ryukishi07, autore delle famose visual novel horror Higurashi e Umineko, mentre il design delle creature è affidato all’artista giapponese Kera. A svilupparlo è lo studio Neobards Entertainment, con la supervisione di Konami.

Il trailer lascia intendere che l’approccio sarà fortemente narrativo e psicologico, con meccaniche ancora da svelare ma un’enfasi chiara sull’atmosfera. Spiccano le scene in cui la protagonista si fonde letteralmente con la natura, invasa da fiori parassitari, in un crescendo di body horror viscerale che richiama l’immaginario classico della serie ma con una sensibilità completamente nuova.

La data del 26 settembre 2025 è ora fissata per il ritorno di una delle saghe horror più iconiche, ma in una forma mai vista prima.

Secondo te, questa nuova ambientazione e lo stile giapponese riusciranno a riportare Silent Hill ai suoi fasti? Oppure ti aspettavi qualcosa di più tradizionale?

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The Witcher 4 si mostra in una tech demo in Unreal Engine 5

CD PROJEKT RED ha aperto la presentazione State of Unreal 2025 con una demo tecnica spettacolare di The Witcher 4, realizzata in collaborazione con Epic Games. Sul palco di Unreal Fest Orlando, gli sviluppatori hanno mostrato per la prima volta un’ambientazione completamente inedita: Kovir, regione mai esplorata prima nella serie.

Il video ha seguito Ciri, nuova protagonista ufficiale, mentre attraversa montagne innevate e fitte foreste in compagnia del suo cavallo Kelpie, diretta verso il porto di Valdrest. Il tutto in tempo reale, con un gameplay fluido a 60 FPS su PlayStation 5, grazie all’impiego delle tecnologie di Unreal Engine 5.6.

Kovir e Unreal Engine 5: il nuovo volto del mondo di The Witcher

Il cuore della demo non è solo il panorama, ma l’innovazione tecnologica dietro ogni fotogramma. CDPR e Epic hanno illustrato come Unreal Engine stia evolvendo per supportare mondi aperti più vasti, reattivi e credibili.

La partnership tra CDPR ed Epic, attiva dal 2022, punta non solo a sviluppare il miglior Witcher mai realizzato, ma anche a fornire questi strumenti a tutti gli sviluppatori UE5. Alcune di queste tecnologie sono già disponibili da oggi con l’aggiornamento di Unreal Engine 5.6.

Michał Nowakowski, Co-CEO di CD PROJEKT RED, ha commentato:

“Questo è solo l’inizio. Siamo lontani dal prodotto finale, ma il traguardo di 60 FPS in un mondo aperto così denso è un grande passo avanti.”

Che ne pensi del ritorno di Ciri come protagonista? Ti convince la direzione tecnologica presa da CDPR con Unreal Engine 5?

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DOOM: The Dark Ages – Recensione

L’universo videoludico si è sempre contraddistinto per un’ingente mole di opere. Oggi viviamo nella bulimia più assoluta, ma anche 30 anni fa eravamo ricchi di giochi, che molto spesso ne copiavano altri molto influenti. Il titolo di cui parleremo oggi è tra quelli più plagiati, più amati, più venduti. Del resto il Doom di Romero e Carmack ha reso popolare gli FPS e creato un sacco di cloni, alcuni anche molto popolari come Duke Nukem 3D.

Dal 2016, Doom è rinato tra le mani di Bethesda che ha potuto sperimentare ed evolvere il franchise con risultati – per i primi due capitoli – di altissimo livello. Oggi, nel 2025, la trilogia si chiude con un prequel, Doom: The Dark Ages, che vi raccontiamo in questa recensione.

Le premesse del game director di Doom: The Dark Ages, Hugo Martin, sono sempre state molto chiare: vogliamo creare un Doom single-player, che abbia una trama e un’ambientazione unica, mai vista per la saga. È naturale che se queste parole vengono pronunciate da un membro di Bethesda, la mente viaggia nelle terre di Skyrim, nel post-apocalittico di Fallout e, soprattutto in questo caso, nello spazio di Starfield. C’è tanto di questo approccio nel nuovo Doom, ma vi garantisco che i titoli a cui si ispira The Dark Ages, vi sorprenderanno.

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Una trama e tanti cliché

È possibile dare una storia a Doom? John Carmack paragonava la trama di un videogioco a quella dei film a luci rossi: “Ti aspetti che ci sia, ma non serve a niente”. Doom: The Dark Ages prova ad andare oltre questa affermazione, crea una storia intorno al prequel di Doom, ma il risultato può essere paragonato a quello di un film action degli anni 80.

The Dark Ages è ambientato in un mondo dark fantasy, in cui la tecnologia si fonde con un’atmosfera medievale dai toni cupi e oscuri. Il palcoscenico in cui si esibirà lo Slayer ricorda soprattutto Berserk del compianto Kentaro Miura e quindi trova una sua naturale similitudine con tutte le opere videoludiche che da Berserk derivano. Ampliando il quadro, qualcuno ci vedrà Bloodborne per i toni medievali, altri, come me, System Shock per quello tecnologico. Ma penso che tutti concorderanno che quando si scende all’inferno il riferimento è Diablo 4. E se poi, a un certo punto, vi sembra di essere all’interno della Maschera di Inssmouth, qualche ora dopo ne avrete la conferma: sì, vedrete anche una forte ispirazione all’orrore sommerso di Lovecraft.

Per alcuni sa di già visto, per me è un sogno che diventa realtà. Tutte le opere che più amo fuse in un unico contesto con a capo il videogioco per eccellenza degli anni 90, Doom. E in questo contesto onirico, i demoni escono dall’inferno, come nel più classico dei canovacci, alla ricerca di un artefatto, il Cuore di Argent, che gli permetterebbe di avere il controllo totale su tutto l’universo. Da un lato demoni e diavoli, dall’altro la razza, per così dire, umana. Lo scopo è preservare l’artefatto, ma solo un’entità può affrontarli. Sempre lui, ma tanto diverso rispetto al passato: lo Slayer.

Un nuovo Slayer

Vi ho raccontato tutte le opere a cui si ispira Doom: The Dark Ages, ma a mio avviso è Berserk il punto focale. E il motivo sta proprio nel suo protagonista. A differenza del passato, il nuovo Slayer è più pesante, meno veloce ma di gran lunga più distruttivo. Le armi che impugna sono enormi e alla fine non puoi non notare le somiglianze con Gatsu. Il nuovo slayer è una macchina infernale, silenziosa e brutale, nata per combattere e per generare tante scene splatter, sia durante il gioco che nel cutscene realizzate divinamente con il portentoso motore idTech 8.

L’esagerazione di Berserk non si limita solamente all’ambientazione ma si fonde perfettamente con il gameplay di Doom, che ora è più compassato, meno veloce, meno verticale ma molto più cinematografico. Qualsiasi videogiocatore navigato capisce subito quando ci sarà da menar le mani, perché la mappa 3D ci mostrerà delle ampie zone in cui non può che esserci una battaglia epica, che è la grande novità di The Dark Ages. Il nostro Slayer si dovrà muovere tanto in battaglia e lo fa all’interno di arene molto grandi, dove medipack, munizioni e armature sono sparse in modo chirurgico, con l’esatto scopo di farci correre per tutta la zona, evitando i colpi e massacrando gli enormi mostri e i demoni da cannone.

La scelta è vincente. Le battaglie epocali che affronteremo generano un’enorme soddisfazione e si alternano tra grandi spazi all’aperto – tipiche dei migliori giochi di ruolo e soulslike in circolazione – e angusti spazi cibernetici, come visto in System Shock Remake. In tutto questo, i demoni che abbiamo odiato, e amato, in tutti Doom continuano a essere sempre gli stessi, con i loro pattern e le loro movenze, e con un personale e particolare odio per i Revenant.

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Ferri del mestiere

Le novità non mancano nemmeno per quanto riguarda il comparto armi, e aggiungerei difesa. Sono certo che tra di voi ci sarà chi le apprezzerà e chi assolutamente no. Cambiare in modo così drastico non è sempre apprezzato, ma le scelte di Hugo Martin sono molto sensate. Il nuovo Slayer ha tre tipologie di arma. Oltre alle vere e proprie “pistole”, ci sono nuovamente le armi da Mischia, ma la novità principale è lo Scudo, che diventa anche l’oggetto cardine di tutto il gioco.

Le armi sono tante, molto delle quali attingono dal passato e posseggono un fuoco alternativo che si sblocca andando avanti per i 22 capitoli del nuovo Doom. Non può mancare la mitica doppietta, ma i designer si sono concessi anche una morning star semi-automatica. Il risultato è un gunplay effervescente come tutti i Doom, in cui purtroppo la mira può anche essere secondaria. La sensazione infatti è che il gioco, almeno su Xbox Series X, favorisca molto il videogiocatore, anche il meno preciso.

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Alle armi a distanza si aggiunge l’attacco in Mischia. Si può scegliere un unico attacco in mischia alla volta, tra una manciata disponibili. Quest’ultimo non si potrà spammare perché ha solamente tre cariche, ricaricabili con le munizioni che trovano in giro o, così come gli altri caricatori, recuperabili colpendo i nemici grandi o piccoli che siano.

Arriviamo dunque alla novità: lo Scudo con tanto di lama rotante. Il tutorial vi dirà che serve per pararsi utilizzando il trigger sinistro. In realtà, ben presto scopriremo che possiamo lanciarlo sugli avversari come un boomerang e sarà fondamentale per scoprire tutte le aree segrete di Doom: The Dark Ages, perché permetterà di risolvere la maggior parte degli enigmi ambientali. Una scelta che sa molto di gioco di ruolo e che viene confermata anche dalla possibilità di sbloccare dei perk per Armi, Scudo e Mischia attraverso dei Santuari (Diablo docet) in cui spendere denaro e pietre preziose trovate nel mondo di gioco.

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Tanti contenuti infernali

Ho giocato a Doom: The Dark Ages per circa 20 ore, muovendomi tra i capitoli a diversi livelli di difficoltà (molto alta ai massimi livelli), senza riuscire a completarli tutti al 100%. Di conseguenza, mi aspetto che i completisti possano avere almeno 40 ore di divertimento, anche se alcuni livelli si possono terminare solo al 100% e mi riferisco alle sezioni meno riuscite del gioco.

Inoltre, oltre a comandare lo Slayer nella sua Gatsusità, in The Dark Ages sono diventato anche un Mech e ho cavalcato un Drago, fido servitore dello Slayer. Nella maggior parte è successo in livelli a sé stanti, ma qualche volta queste sezioni di gioco fanno da intermezzo tra una zona e l’altra per farci rifiatare. Atlan è un riempitivo non necessario. Avremmo appena un paio di azioni disponibili, tra pugni e palmate. Ben più riuscito invece è il Drago, perché ricalca quanto abbiamo già avuto modo di vedere con videogiochi ben oliati come Panzer Dragoon. In questo caso, dovremmo evitare i colpi degli avversari, quasi a tempo, e colpire quando mostreranno il fianco, con la possibilità di inseguire in cunicoli stretti dei nemici che dropperanno oro (sì, proprio come in Diablo, o Elden Ring).

Concludiamo questa recensione di Doom: The Dark Ages parlando di qualcosa di scontato: le musiche metal a cui si poteva chiedere qualcosa in più, ma che sanno caricarci nei momenti in cui veramente conta e il multiplayer, o meglio la sua assenza. Personalmente ritengo che Doom non sia il miglior esponente della modalità multiplayer e già sapevamo che The Dark Ages non era stato pensato per questo. A mio avviso è una scelta sensata non includerlo, perché probabilmente avrebbe tolto tempo alla realizzazione di qualcosa che, nella sua interezza, è veramente ben riuscito. D’altro canto però fa effetto non vedere una modalità multiplayer su quello che poteva comunque essere un gradevole arena shooter online, anche se più lento e compassato. Però non stiamo parlando né di Quake né di Unreal Tournament. Se Bethesda vuole ha tutte le IP necessarie per creare qualcosa di grandioso senza scomodare lo Slayer.

Doom: The Dark Ages è una nuova incarnazione dello storico franchise, in puro stile Bethesda. Dopo due capitoli eccellenti, Hugo Martin ha deciso di dare a Doom un tocco tipico della casa madre, includendo elementi da gioco di ruolo. Lo fa introducendo una trama più presente – seppur dimenticabile – e soprattutto offrendo la possibilità di esplorare vaste mappe per il puro piacere di scoprire nuovi segreti. Per ottenere questo risultato, ha dovuto sacrificare la velocità frenetica di Doom Eternal in favore di uno Slayer più lento, ma allo stesso tempo più possente ed epico. Il risultato è un videogioco evoluto e moderno, che prende forma attraverso la cultura pop contemporanea e in cui si citano – e si fondono con successo – Kentaro Miura, H. P. Lovecraft e i videogiochi cult degli anni ’90 nati proprio dopo Doom.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: PS5, PS5 PRO, Xbox Series X/S
  • Data uscita: 15/05/2025
  • Prezzo: 79,99 €

Ho giocato a partire dal day one Doom: The Dark Ages su Xbox Series X, grazie a un codice della Premium Edtion gentilmente fornito dal publisher.

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Death Stranding 2 è in fase gold: sviluppo concluso, lancio confermato

Lo sviluppo di Death Stranding 2: On the Beach è ufficialmente terminato. Il titolo è entrato in fase Gold, confermando che la data di uscita del 26 giugno 2025 su PlayStation 5 sarà rispettata.

L’annuncio del completamento dello sviluppo è la ciliegina sulla torta di giornate ricche di novità su Death Stranding 2: On the Beach. Di recente sono stati rivelati nuovi dettagli sul gioco grazie a un evento a porte chiuse per la stampa. Nello specifico, la stampa internazionale ha rivelato che per completare Death Stranding 2 ci vorranno circa 75 ore.

Il sequel promette un’esperienza più dinamica rispetto al primo capitolo. I giocatori affronteranno disastri naturali come terremoti e tempeste di sabbia, e potranno utilizzare nuovi mezzi di trasporto, tra cui monorotaie per collegare le basi. Il sistema di combattimento è stato ampliato con un arsenale che include fucili da cecchino, lanciarazzi e la possibilità di abbandonare temporaneamente il carico per affrontare le missioni con maggiore agilità.

Il cast si arricchisce con l’ingresso dell’attore italiano Luca Marinelli, che interpreta un personaggio chiave nella trama.

Death Stranding 2: On the Beach sarà disponibile in tre edizioni: Standard, Digital Deluxe e Collector’s Edition. Quest’ultima includerà una statua di Magellan Man, una figure di Dollman, stampe esclusive e una lettera firmata da Hideo Kojima.

E voi, siete pronti a tornare nel mondo di Death Stranding? Cosa vi aspettate da questo nuovo capitolo?

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Mafia: Terra Madre non sarà un open world, 2K punta su una storia lineare

Dopo anni di silenzio, la serie Mafia torna a far parlare di sé con Mafia: The Old Country, prequel ambientato in Sicilia. Ma chi si aspettava un altro open world in stile Mafia III resterà sorpreso: 2K ha confermato che il gioco non sarà un open world. La scelta è netta e segna un cambio di rotta rispetto agli ultimi titoli del franchise.

L’informazione arriva da un’intervista ufficiale rilasciata da 2K Games, in cui il team ha chiarito che l’obiettivo è offrire una storia solida, cinematografica e concentrata. Addio quindi a grandi mappe da esplorare liberamente. The Old Country punterà su un’esperienza narrativa guidata, con ambientazioni dettagliate ma strutturate per seguire il ritmo della trama.

L’ambientazione si sposta negli anni 20, in una Sicilia durissima e povera, dove la criminalità prende forma. Il protagonista, ancora senza nome, sarà testimone e partecipe della nascita di quella che diventerà la mafia italoamericana. L’atmosfera sarà più cupa e drammatica rispetto ai titoli precedenti, con un tono quasi da thriller storico.

2K sostiene che la narrazione sarà al centro, con missioni costruite per tenere alto il coinvolgimento. L’idea è raccontare una storia densa, senza tempi morti o distrazioni superflue. In altre parole, niente corse in taxi tra un quartiere e l’altro solo per allungare la durata.

Il gioco è sviluppato con l’Unreal Engine 5, e il primo trailer lo mostra in tutta la sua potenza grafica: paesaggi rustici, volti scolpiti, luce naturale. Se non l’hai ancora visto, puoi guardarlo qui: trailer ufficiale.

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