Attimi di silenzio, schermo nero, voce narrante del protagonista: “Parigi in autunno, gli ultimi mesi dell’anno e la fine del millennio. In questa città ho molti ricordi: bar, musica, amore… e morte”. Così inizia Broken Sword, avventura grafica punta e clicca targata Revolution Software, pubblicata nel 1996, con protagonisti George Stobbart e Nicole Collard. Quegli attimi di silenzio che precedono quel breve ma intenso monologo, sembrano rappresentare gli occhi che si chiudono prima di addormentarsi e di iniziare un sogno, poiché cari lettori, Broken Sword èun’avventura indimenticabile, che continua a scorrere nelle vene anche decenni dopo.
Incipit
George Stobbart è un turista americano in visita a Parigi, e mentre è seduto al tavolino all’esterno di un bistrot intento a flirtare con la cameriera, resta coinvolto in un’esplosione che lo priva dei sensi. Prima che ciò accadesse aveva visto un clown entrare nel locale e poco dopo scappare via, capendo così, successivamente, che il pagliaccio sarebbe diventato l’indiziato numero uno.
Al nostro risveglio, nei panni di George, cominciamo a guardarci intorno, ed entrando nel bistrot scopriamo un cadavere al suo interno. Troviamo poi la cameriera sana e salva, un po’ stordita, e successivamente facciamo la conoscenza della polizia che ci interroga con le solite domande di rito, invitandoci poi ad andare alla stazione di polizia nel caso dovessimo ricordarci qualcosa.
L’inizio del gioco, dopo l’esplosione al bistrot.
Tornando in strada, oltre a vedere il bistrot disastrato, notiamo un’affascinante ragazza con una macchina fotografica e facciamo così la conoscenza di Nicole Collard, una fotoreporter a caccia dello scoop della vita, in grado di farla svoltare a livello professionale.
La chiacchierata con Nico è illuminante, poiché ci informa del fatto che avrebbe dovuto incontrare, in quei minuti lì al bistrot, un uomo chiamato Plantard (che distrattamente avevamo visto entrare nel bistrot, prima dell’esplosione), che le aveva accennato di avere informazioni su una serie di omicidi avvenuti in quel periodo, commessi molto probabilmente da una persona con diversi costumi.
Restiamo così coinvolti in una storia più grande di noi, ma ciò non farà desistere il nostro George Stobbart, con la collaborazione di Nicole Collard, ad indagare per voler scoprire di più sugli omicidi e sul misterioso assassino.
Trama di Broken Sword 1
La trama di Broken Sword è fin dal primo istante molto coinvolgente. Il modo in cui essa ci viene introdotta, narrata, fa sì che ci troviamo subito al centro di un qualcosa di avvincente. Partendo dalla serie di omicidi, indagando assieme a Nicole e parallelamente alla polizia, prenderemo una strada che ci porterà ai Cavalieri Templari, l’ordine monastico cavalleresco creato nel 1118 dall’aristocratico Hugo di Payns.
Questo rappresenta uno dei motivi che maggiormente coinvolge il videogiocatore, difatti in una fase di gioco – nell’appartamento di Nico – abbiamo modo di conoscere per bene la storia dei Templari, con tanto di scene di intermezzo che ci spiegano storicamente le vicende dei Cavalieri. Mi ricordo bene quanto rimasi affascinato da tutto ciò, anche perché personalmente non li conoscevo.
Ciò che balzava agli occhi, soprattutto in quegli anni, erano le location meravigliosamente disegnate, dettagliate, con colori nitidi e una definizione più alta rispetto ad altri giochi simili. La splendida localizzazione in italiano, la caratterizzazione di ogni personaggio, anche secondario, con enigmi sempre ben bilanciati ed un’ottima curva di apprendimento, contribuirono a rendere il gioco una perla nel panorama videoludico.
Da Parigi all’Irlanda, per poi passare in Spagna, ogni posto è realizzato in maniera credibile e con dovizia di particolari. Girare per l’Europa, fermarsi un attimo ad ammirarne i dettagli,è come guardare delle cartoline, o dei piccoli affreschi che popoleranno la nostra memoria per poi riposare lì in eterno.
I dialoghi con gli altri personaggi sono ricchi di ironia, sarcasmo, ma sanno essere anche piuttosto riflessivi e profondi (molte volte potremo scegliere anche noi come e cosa rispondere). Ciò che funziona molto è il carattere carismatico di George e l’intesa che si crea da subito con la fotoreporter Nicole Collard, nostra compagna di avventure, dotata di un bel caratterino, che spicca per iniziativa e doti investigative.
Un pub in Irlanda.
Broken Sword, lato enigmi, propone per la maggior parte quelli classici che coinvolgono l’inventario oppure la combinazione di più oggetti tra loro con altri sullo schermo e con gli stessi personaggi. Oltre a questa tipologia di puzzle ce ne sono anche altri che richiedono l’interazione dell’utente su certe parti dello schermo in uno specifico momento, come ad esempio infilarsi in una stanza proprio nel momento in cui un altro personaggio, che ci fa da guardia, viene attirato da un diversivo attuato da noi in precedenza.
Conclusione
Se siete amanti delle classiche avventure grafiche punta e clicca, se vi piacciono giochi che hanno nella narrativa la loro colonna portante e vi stuzzica il risolvere enigmi di ogni genere, Broken Sword (che ha anche una sua director’s cut con nuove sezioni di gioco) non può mancare nella vostra collezione. Anche i successivi capitoli – tra alti e bassi – sono assolutamente meritevoli di essere giocati. E personalmente non mancherò l’appuntamento con il stesso e nuovo capitolo della saga e la rimasterizzazione già annunciata del primo capitolo, in arrivo nel 2024: Broken Sword – Shadow of the Templars: Reforged.
Cocoon è un esordio decisamente atipico per Geometric Interactive. Contrariamente a quanto accade per le opere prime, che devono essere preparatorie per mostrare ciò che i creativi sono in grado e desiderano fare, Cocoon si trova nell’ambigua posizione per cui deve essere una conferma per gli appassionati del genere.
Questa strana dicotomia è dovuta alla mente sopra il progetto: Jeppe Carlsen, ex direttore del gameplay per le avventure Playdead, casa di sviluppo che ha dato alla luce due tra gli indie più iconici dello scorso decennio: Limbo e Inside.
Un esordio che, contrariamente a quanto succede il più delle volte, risalta la profonda conoscenza che il team e il director possiedono sul genere e che fa scuola nelle meccaniche e nella varietà di idee: come leggerete in questa recensione di Cocoon, da adesso in poi gli indie puzzle-adventures dovranno confrontarsi con questa produzione, sia per quanto riguarda il gameplay, sia dal punto di vista stilistico e atmosferico.
Design sottrattivo stratificato
Impossibile, parlandone, non far evincere le somiglianze di Cocoon con le ultime due produzioni del lead designer: Jeppe Carlsen, ma anche con le opere interattive del maestro giapponese Fumito Ueda, traslatore, in un certo senso del design sottrattivo nei videogames. Sia le produzioni Playdead che l’esordio di Geometric interactive, infatti, sono dei puzzles con una trama appena accennata, che ama lasciarsi interpretare, immersi in un atmosfera cupa e a tratti horror (anche se la produzione Geometric Interactive si lascia influenzare da delle suggestioni talvolta più colorate).
È nelle differenze, però, che emerge il vero sprito di Cocoon: la più evidente è senza dubbio il passaggio dalla scelta del 2D dei lavori precedenti, al 3D low-poly del gioco in questione. La stratificazione che ne consegue è iterata anche nel videogioco, grazie alla meccanica delle sfere, centrale nel gameplay e nella risoluzione dei puzzle.
Il gameplay è assolutamente ridotto all’osso: per giocare a Cocoon è sufficiente premere un solo tasto. Anche i puzzle risulteranno raramente una sfida vera e propria, risolvendosi gradualmente mentre procediamo nel mondo di gioco, quasi guidati dall’invisibile mano dei designer che conoscono i nostri movimenti ancora prima che noi possiamo compierli.
Il videogiocatore è indotto a uno stato quasi meditativo mentre compie azioni inconsciamente, quasi sapesse come muoversi all’interno di un mondo che riesce a comunicarci senza uso di parole o dialoghi. Nessun HUD sarà mai presente. Persino al primo avvio del software non ci sarà concesso nemmeno di curiosare nelle impostazioni, ma verremo catapultati direttamente all’interno del gioco.
Eccellente a questo proposito il lato acustico, con un sound design complesso e ben curato che accentua i momenti di “Eureka” del giocatore in modo acuto, o il senso di meraviglia che si prova quando si penetra in una nuova sfera (o ne si esce).
Non solo sottrazioni
Cocoon è il brillante risultato di un design sottrattivo. Tuttavia, non bisogna illudersi che a furia di sottrazioni il titolo rischi di essere eccessivamente semplice o ridondante nelle soluzioni proposte al giocatore. È vero, gli enigmi non sono mai (o quasi) veramente impegnativi, ma ciò è dovuto più ad una ponderata scelta autoriale piuttosto che a una mancanza del team
Come già accennato, il gioco riesce a indurre il giocatore in uno stato di trance – motivo per cui è comune sentire di esperienze di giocatori che l’hanno terminato tutto d’un fiato, me compreso – per cui nello stesso modo in cui il nostro alter-ego, un insetto antropomorfo dotato di ali, ma incapace di volare, sembra esser perfettamente a conoscenza dio ciò che gli accade attorno e della strada necessaria per raggiungere il suo obiettivo, così anche il videogiocatore se ne illude muovendosi inconsciamente nella direzione giusta per giungere al finale (e anche a questo proposito potrebbe esserci qualche sorpresa).
Le boss fight sono sporadiche ma tutte valide, aggiungendo varietà al gameplay e spezzando bene il ritmo, segnando la fine di una sezione e l’inizio della successiva. Morire è impossibile, e nessuna di questa risulterà mai essere un vero ostacolo, ma è altrettanto impossibile non apprezzarne la qualità e varietà.
Persino la modellazione poligonale, per quanto limitata ed estremamente lowPoly, all’insegna del design minimale dell’intera esperienza, riesce a conferire un’atmosfera unica e immediatamente riconoscibile, che potrebbe ricordare a qualcuno le atmosfere biomeccaniche di Giger, ma con una vena più fumettosa e decisamente meno puramente horror.
Conclusione
Cocoon è un esperimento decisamente riuscito, con delle atmosfere uniche ed evocanti, ma che trova il suo apice in un gameplay assolutamente travolgente, per quanto minimale, che induce il giocatore in una sorta di trance videoludica in cui l’unica possibile scelta e continuare a giocare nella speranza di poter comprendere almeno in parte il senso delle suggestioni apparse a schermo.
Jeppe Carlsen si rinconferma un maestro del genere, e tutte le future produzioni del genere dovranno scontrarsi con l’inevitabile confronto di quello che è un’opera imperdibile per gli amanti del genere.
Dettagli e Modus Operandi
Piattaforme: PS5, Xbox Series S/X, Switch, PC, PS4, Xbox One
Marvel’s Spiderm-Man 2 si è rivelato perfettamente all’altezza delle aspettative, imponendosi come uno dei giochi più apprezzati e di successo degli ultimi mesi.
Appare dunque scontato che Insomniac ricorra alla politica dei DLC, ovvero contenuti aggiuntivi in grado di tenere vivo l’interesse dei videogiocatori ed arricchire il gioco di nuovo materiale. Una serie di indiscrezioni sembrerebbero suggerire la presenza di un altro eroe Marvel all’interno di questi contenuti, ovvero Daredevil, l’avvocato cieco di Hell’s Kitchen.
Già il primo Marvel’s Spider-Man conteneva un piccolo easter egg dedicato al personaggio. Nella zona di Hell’s Kitchen era infatti presente l’insegna “Nelson & Murdock: Attorneys at law”. Lo stesso Peter menzionava Daredevil in un dialogo sbloccabile dopo aver ottenuto un collezionabile.
Durante una recente livestream organizzata da Insomniac per approfondire la colonna sonora di Spider-Man 2, Bryan Inthiar, uno dei produttori, al momento dei saluti ha esclamato “Dov’è Daredevil?”. Una recente patch ha inoltre reintrodotto in Spider-Man 2 la targhetta dell’ufficio Nelson and Murdock, che non era inizialmente presente nel gioco.
Insomma, tutti gli indizi sembrano puntare verso l’inserimento di Daredevil all’interno di Spider-Man 2. Vedremo ora se questi indizi verranno effettivamente confermati o se si tratta solamente di un depistaggio orchestrato dagli sviluppatori. Sarà anche interessante scoprire se Daredevil sarà un personaggio giocabile o una semplice comparsa.
Se c’è un genere che più di ogni altro ha saputo imporsi con forza nel corso dell’ultimo decennio, esso è indubbiamente quello legato alle avventure dei supereroi. I nostri avventurieri in calzamaglia infatti, fino a metà degli anni 2000, erano considerati solo i protagonisti di fumetti e cartoni animati, spesso catalogati come prodotti per bambini.
Con le prime trasposizioni cinematografiche e, soprattutto, con l’avvento dell’MCU le cose sono profondamente cambiate. I supereroi infatti sono saliti con forza alla ribalta, elevandosi a vere e proprie icone pop, in grado di muovere milioni e milioni di dollari e di appassionare migliaia di fan.
Anche nel mondo dei videogiochi gli eroi dei fumetti hanno vissuto un’evoluzione molto simile. Fino ai primi anni 2000 i videogiochi dedicati ai supereroi, salvo rarissime eccezioni, erano prodotti poco più che mediocri. Col tempo, però, i giochi di alta qualità dedicati agli eroi dei fumetti hanno iniziato a moltiplicarsi. Potremmo ad esempio citare la serie di picchiaduro Marvel vs Capcom o la celeberrima saga di Arkham dedicata a Batman (che abbiamo approfondito in un articolo dedicato).
Anche il celeberrimo Spider-Man, uno degli eroi più amati di tutti i tempi, dopo una carriera costellata di (pochi) alti e (parecchii) bassi, ha ottenuto la sua consacrazione in ambito videoludico grazie a Marvel’s Spider-Man, prodotto da Insomniac Games nel 2018 per PS4.
Dopo il sequel/spin-off Spider-Man Miles Morales, uscito nel 2020, Insomniac riporta alla ribalta entrambi i suoi uomini ragno in una nuova, entusiasmante avventura, sempre sotto la regia del duo Inthiar-Smith: riuscirà la casa di sviluppo americana a riproporre la qualità dei suoi predecessori e a bissarne il successo? Scopriamolo insieme in questa recensione di Marvel’s Spider-Man 2.
Ragnatele e vita familiare
La trama di Marvel’sSpider-Man 2 inizia subito dopo le vicende narrate nelle due avventure precedenti, con vari riferimenti ai DLC rilasciati per entrambi i giochi. In questo nuovo capitolo, il videogiocatore ha il controllo di entrambi gli Spider man, ovvero Peter Parker e Miles Morales.
Entrambi i nostri eroi si trovano a dover conciliare la loro attività di vigilantes con le difficoltà della vita di tutti i giorni. Per il buon vecchio Peter, orfano dell’amata zia May, i problemi maggiori derivano dalla ricerca di un lavoro e dall’organizzazione della vita insieme a Mary Jane. Per il giovane Miles, invece, la sfida principale consiste nell’avviare la sua carriera universitaria, dal momento che tende a lasciarsi distrarre molto facilmente dal suo “lavoro” comeSpider-Man. Inoltre il ragazzo deve ancora metabolizzare del tutto la perdita del padre.
La situazione viene enormemente complicata dall’arrivo del principale villain di Spider-Man 2, ovvero Kraven il cacciatore. Questo fanatico della caccia, nella sua ricerca di una sfida degna di lui, è intenzionato a trasformare New York nella sua giungla privata, dal momento che desidera dare la caccia ad ogni superumano della città, criminali compresi.
Senza dare ulteriori spoiler, mi limiterò a dire che avranno un ruolo molto importante nella storia sia Harry Osborn, grande amico di Peter e Mary Jane, misteriosamente guarito dalla sua malattia, sia un certo costume nero.
La trama di Spider-Man 2, pur risultando abbastanza prevedibile in alcune fasi, è davvero ben scritta e coinvolgente. Gli avvenimenti si susseguono con un ottimo ritmo, alternando varie sequenze in cui il giocatore dovrà controllare sia Peter che Miles.
La regia delle varie scene è sempre di altissimo livello, con filmati di inseguimenti, combattimenti ed esplosioni sempre coinvolgenti e spettacolari. Anche il nuovo villain, Kraven, è presentato e sviluppato in modo interessante ed efficace, risultando un personaggio forte e carismatico. Non mancano poi varie citazioni a storiche saghe a fumetti che faranno la gioia di tutti i fan.
Insomma, per quanto riguarda la trama, Spider-Man 2 si mostra assolutamente all’altezza dei suoi predecessori. Anzi, la vicenda messa in scena da Insomniac non sfigurerebbe nemmeno in un cinecomic (anzi, sarebbe superiore a molti dei più recenti). Unica pecca, un’eccessiva velocità nella successione degli eventi, soprattutto nelle fasi finale della vicenda.
Volteggiando su New York
A livello visivo, Spider-Man 2 è forse quanto di più bello si sia visto finora su PS5. I modelli e le animazioni dei nostri protagonisti sono semplicemente fantastici. I costumi, gli abiti, le animazioni, tutto è semplicemente perfetto. Unico aspetto a non averci convinto del tutto è la realizzazione dei volti di alcuni dei personaggi. Mary Jane in particolare mostra lineamenti fin troppo adulti e maturi per la sua età.
Anche per quanto riguarda nemici e personaggi secondari, il titolo di Insomniac Games non sfigura, riuscendo sempre a mantenere standard grafici elevatissimi. Persino negli scontri più concitati, con decine di nemici su schermo, il gioco non mostra il minimo rallentamento.
Ma l’elemento più spettacolare in assoluto è certamente la città di New York. Se già i giochi precedenti ci avevano regalato una copia virtuale della Grande Mela praticamente perfetta, Spider-Man 2 va oltre. Qui infatti la città è davvero viva, sempre in movimento, con tutti i suoni e i rumori tipici di una grande città e con un numero di passanti e automobilisti davvero esorbitante.
Ogni elemento di New York, sia reale sia immaginario, è esattamente dove dovrebbe. Le fasi del gioco saranno anche ambientate in fasi diverse della giornata. Questo ci regalerà numerosi volti diversi di New York, dal traffico frenetico di mezzogiorno fino alle spettacolari luci notturne che avvolgono la città.
I momenti più spettacolari in assoluto di Spider-Man 2 sono sicuramente le sequenze di intermezzo, che talvolta proporranno anche dei quick time event. Questi, sebbene molto semplici, hanno il pregio di far sentire il giocatore sempre al centro dell’azione e mai un semplice spettatore.
Anche per quanto riguarda il sonoro, Insomniac ha fatto davvero un’ottimo lavoro, con musiche sempre a tema e coinvolgenti. Spicca tra tutte il tema principale, Greater Together, davvero piacevole e orecchiabile.
Doppio Ragno
Il gameplay di Marvel’s Spider-Man 2 ricalca perfettamente quello dei suoi predecessori. Nel corso dell’avventura, nei panni ora di Peter e ora di Miles, si alternano fasi di esplorazione o di inseguimento, combattimenti e sequenze stealth. Ognuna di queste fasi è molto ben realizzata e divertente e il continuo passaggio da una fase all’altra garantisce al titolo un’ottima varietà.
Il giocatore dovrà affrontare anche una serie di minigiochi, che variano dalla mappatura di particolari sequenze di DNA al controllare il nostro fido spider-bot all’interno di condutture ed edifici. Vi sono anche alcune sequenze del gioco in cui prenderemo il controllo di MJ. Compito del giocatore sarà guidare la nostra reporter in una serie di azioni stealth volte ad eliminare silenziosamente un gran numero di guardie facendoci strada verso l’obiettivo.
Anche queste sezioni di gioco appaiono ben realizzate, anche se risulta assai poco credibile il modo in cui una semplice reporter armata di taser si sbarazzi di decine di cacciatori addestrati in grado dare filo da torcere persino ai due Spider-Man…
Tante novità
Ognuna delle tre fasi in cui è suddiviso il gioco presenta diverse novità rispetto ai primi due giochi. Durante l’esplorazione, oltre che sulla nostra fida ragnatela, potremo contare anche sulle nuove ali di tela. Esse permettono di planare ad altissima velocità attraverso la città. Con l’aiuto di alcune particolari correnti d’aria, l’effetto sarà molto simile a quello del volo. Ho davvero apprezzato questa novità, che rende il passaggio da una parte all’altra di New York ancora più scorrevole e divertente.
Nelle fasi stealth i nostri ragni potranno contare su un nuovo cavo di tela, che consente di creare dal nulla dei nuovi punti di appiglio utili per sfuggire ai nemici ed eliminarli silenziosamente dall’alto.
Nei combattimenti, infine, entrambi i ragni potranno contare, oltre che sui loro fidi gadget, anche su una serie di abilità uniche. Mentre Miles può ricorrere alle sue scariche velenose, in grado di stordire un gran numero di nemici, Peter ha in dotazione delle braccia da ragno metalliche, utili per scatenare potenti combo e attacchi speciali.
Come già accennato, lo Spider-Man originale potrà ad un certo punto fare affidamento anche sul suo costume nero, in grado di utilizzare i suoi tentacoli come arma e di scatenare un vero e proprio stato di Berserk che renderà Peter praticamente inarrestabile per alcuni secondi. Ho apprezzato molto la resa del costume nero, che sfrutta anche il microfono del joypad per ricreare le sensazioni causate da questa particolare tuta, che i fan di film e fumetti conoscono bene.
Il gameplay di Spider-Man 2 è davvero divertente e coinvolgente, coi comandi che rispondono quasi sempre a dovere. Unico difetto è la difficoltà di mirare un nemico specifico quando ci si trova in mezzo a molti avversari. Inoltre ho trovato le sequenze di combattimento fin troppo lunghe e a tratti un po’ ridondanti.
Altra piccola osservazione è l’eccessiva somiglianza tra Peter e Miles. Non abbiamo infatti trovato grandi differenze tra i due ragnetti, dal momento che anche le loro abilità uniche tendono ad avere effetti molto simili.
Attrezzatura e missioni
Come da tradizione della saga, anche Spider-Man 2 propone tutta una serie di potenziamenti, che il giocatore può sbloccare investendo i suoi punti esperienza. Si tratta di nuovi gadget, tra cui armi soniche e ragnatele elettriche, che vanno prima sbloccati ed in seguito potenziati. Vi sono poi le già citate abilità dei sue Spider-Man, sbloccabili e migliorabili nella medesima maniera. Abbiamo infine, come di consueto, anche un gran numero di costumi sbloccabili, che però hanno solo una funzione estetica.
Per raccogliere i punti esperienza necessari a sbloccare tutte queste abilità non dovremo fare altro che completare le numerosissime missioni disseminate lungo la mappa di gioco. Il giocatore viene lasciato completamente libero di scegliere se dedicarsi prima alla missione principale, legata alla trama del gioco, o di dedicarsi da subito ai vari compiti secondari che vanno via via a sbloccarsi.
Queste missioni presentano davvero un ottima varietà. Si passa dalle classiche sfide di combattimento a tempo a prove di inseguimento in volo per la città. Altre missioni invece propongono particolari sfide rompicapo, utili per rallentare il ritmo di gioco e allenare la nostra materia grigia. Ognuna delle missioni secondarie propone anche una porzione di storia ad esse legata. Pur non raggiungendo la qualità della trama principale, anche queste storie risultano piacevoli ed interessanti.
Per quanto riguarda la longevità, completare la storia principale necessita di una ventina di ore circa. Personalmente, condivido la scelta di Insomniac, che ha puntato su una storia che dura il giusto, senza essere troppo breve ma allo stesso tempo senza rischiare di divenire troppo lunga e stancante. Le missioni secondarie, la possibilità di ricominciare l’avventura a difficoltà superiore (tra cui il livello Ultimate, sbloccabile a gioco completato) e gli altri aspetti legati al completismo bastano tranquillamente per soddisfare le esigenze di quei giocatori che volessero dedicare a Spider-Man 2 un tempo maggiore, riuscendo a sviscerare ogni suo singolo aspetto.
Conclusione
Spiderman 2 è davvero una splendida avventura. Il gioco presenta un comparto tecnico davvero eccellente ed un gameplay divertente e vario.
Certo, l’esperienza non è priva di difetti. I volti di alcuni personaggi non ci hanno proprio convinto e la lunghezza di alcuni scontri può risultare noiosa per alcuni giocatori. Inoltre Spider-Man 2 non propone alcuna reale novità rispetto ai predecessori, dunque chi non ha apprezzato i due precedenti difficilmente si farà convincere da questo.
Al netto di tutto, Spider-Man 2 resta comunque un bellissimo gioco, consigliato a tutti i possessori di PS5.
Dettagli e Modus Operandi
Piattaforme: PS5
Data uscita: 20/10/2023
Prezzo: 79,99 €
Ho provato il gioco a partire dal day one su PlayStation 5 grazie a un codice fornito dal publisher.
Il genere punta e clicca non è mai morto: nonostante ora i videogiochi puntino su altre caratteristiche, ogni anno escono sul mercato avventure grafiche che meritano la nostra attenzione. Return to Monkey Island è l’esempio più lampante, ma la fortuna del genere sta nelle produzioni indipendenti, tra cui anche italiane. Un titolo su tutti: The Wardrobe.
The Wardrobe è un’avventura grafica 2D punta e cliccatutta italiana, pensata e sviluppata da CINIC Games come segno di riconoscenza nei confronti delle avventure degli anni 90. Ogni dialogo vuole omaggiare la cultura pop e i capisaldi delle avventure grafiche anni 90 come Monkey Island, Day of the Tentacle e Sam & Max.
Trama
Skinny si ritrova “inscheletrito” dopo che il suo amico Ronald gli aveva donato una prugna, frutto a cui lui era allergico e che l’ha spedito nell’oltretomba. Da quel momento Skinny vive nell’armadio di Ronald (ironicamente a forma di bara), il quale non si è ripreso più dal giorno dell’incidente.
Ma ora è tempo di ricominciare a parlare per Ronald, dovrà confessare il suo “crimine” a qualcuno altrimenti, alla sua morte, sarà condannato alla “dannazione eterna”.
In questo lo aiuterà Skinny, il personaggio principale in carne ed oss…ehm, solo ossa. L’impresa sarà resa più ardua dal fatto che Ronald, insieme alla famiglia, è in procinto di trasferirsi in altra casa e Skinny dovrà affrontare numerose peripezie per raggiungere l’amico al nuovo indirizzo.
A qualcuno piace nerd…
The Wardrobe è un titolo del 2017, ma si sa, le avventure grafiche sono senza tempo e la grafica. Questo è possibile grazie a sfondi disegnati a mano davvero accattivanti; enigmi, a volte forzati ed irrazionali, ma sempre ben integrati bene nel gioco e Skinny. Il protagonista del gioco è un personaggio cinico, macabro e dotato di tutto l’humor nero immaginabile.
Non di rado lo vedrete “sfondare” lo schermo con battute rivolte al giocatore a seguito di comandi più o meno appropriati; un magnifico: “Ti rendi conto di ciò che mi hai appena chiesto di fare” o un secco: “Fallo tu piuttosto” strapperanno in più di un’occasione una bella risata anche in relazione al comando impartito.
In generale è tutto il gioco che trasuda dall’inizio alla fine humor macabro, con citazioni nerd rivolte al mondo dei videogiochi, fumetti, serie tv e film. In ogni scena proverete a capire quali rimandi sono presenti, e sono davvero tanti anche se spesso non funzionali allo sviluppo del gioco (la macchina del tempo che va a plutonio o la statua di Daniel Fortesque nel cimitero della città sono solo due piccoli esempi).
Cosa resterà di questi anni 90
The Wardrobe è ispirato alle avventure anni 90in stile Lucasarts. Il risultato è un’opera, dalla durata di una decina di ore, divertente e spiccatamente dissacrante.
Degna di nota è la colonna sonora che, seppur non eccellendo, risulta azzeccata in ogni momento. Al comparto audio si aggiunge la completa localizzazione in italiano con voci credibili ed espressive.
La versione provata per questo articolo è stata quella di Nintendo Switch. Personalmente avrei preferito una gestione dei comandi più consona a una console, ma l’opera didi CINIC Games rimane comunque giocabile anche nella sua versione da controller.
L’ottimo riscontro di critica e utenza per Alan Wake 2 ha incuriosito molti nostri lettori, che non hanno giocato il primo capitolo e ora si chiedono se possono iniziare la nuova opera di Remedy Entertainment pur non conoscendo la trama del survival horror del 2010.
Remedy ha creato un vero e proprio universe che lega le principali opere della software house, in ordine cronologico: Max Payne, Alan Wake, Quantum Break e Control. Tutti i videogiochi di Remedy sono gradevoli e vi consigliamo di dargli una possibilità, ma è comprensibile che vogliate subito tuffarvi su Alan Wake 2. Non vi preoccupate: in questo articolo vi spieghiamo la trama del primo capitolo tanto quanto basta per poter affrontare il nuovo survival horror di Remedy Entertainment, ma allo stesso tempo vi forniamo tutte le informazioni necessarie per iniziare dall’inizio la saga, spin-off incluso.
Incipit
Alan Wake è uno scrittore di best-seller. Alan sta attraversando una crisi creativa e decide di recarsi con la moglie Alice nella cittadina di Bright Falls, con l’intento di ritrovare l’ispirazione. Una volta giunti in loco, le cose prendono una svolta inaspettata: Alice scompare e Alan inizia la sua personale ricerca restando coinvolto in eventi sovrannaturali ed inquietanti.
Il gioco è strutturato come una serie TV ad episodi, con tanto di riassunto della puntata precedente all’inizio di ogni nuovo capitolo; questo aspetto aumenta il coinvolgimento del videogiocatore, ampliando così l’interesse e la voglia di sapere le cose come andranno a finire.
Luce e ombre
Il gameplay si basa su armi e oggetti per scacciare i nemici, ombre chiamate Taken, ma l’elemento fondamentale è la luce contrapposta all’oscurità. Puntando la torcia sul viso dei nemici, molti di essi vengono sconfitti già al primo “colpo”, mentre per ombre più forti ed ingombranti bisognerà tenere per più tempo la luce puntata, o ricorrere ad altre strategie.
Il primo capitolo di Alan Wake è noto per gli eventi Poltergeist, con oggetti, persino automobili e altro, che si alzeranno in volo per poi prenderci di mira con tutta la violenza possibile. Anche questi si eliminano con l’uso della luce puntata, spesso prolungato a seconda delle dimensioni dell’oggetto. Naturalmente, la torcia si potrà anche potenziare nel corso del videogioco.
“Alan Wake Remastered” – Torcia e pistola per abbattere meglio un nemico
La differenza fra Alan Wake e i vari giochi che negli anni successivi hanno popolato la scena horror videoludica sta principalmente nel modo in cui gli sviluppatori hanno deciso di spaventare il giocatore. Per esempio, in giochi come Amnesia e Oulast, la paura nasce soprattutto dall’impossibilità di difendersi concretamente, nascondendosi e non potendo usare armi. Nel videogioco di Remedy, viviamo di una costante tensione, spesso crescente, che mette il seme della paura ad ogni passo, con la possibilità di fuggire dai nemici, ma anche con la possibilità di respingere gli stessi. Percorrere le strade e le foreste significa vagare tra i nostri peggiori incubisenza mai arrivare a destinazione.
Elemento chiave della trama di di Alan Wake sono le pagine del manoscritto. Le troveremo andando avanti nel corso dell’avventura: alcune saranno complicate da trovare mentre altre si potranno ottenere solo alla difficoltà di gioco Nightmare. Le pagine forniscono indizi o svelano parte degli eventi che stanno per svolgersi e delineano meglio la psicologia del personaggio.
Inoltre, fungono sia da guida strategica per il giocatore, aiutandolo a progredire nella storia e affrontare le varie creature, sia come elemento narrativo, con la funzione di dare profondità e ancora più mistero all’intera esperienza.
Nel corso dell’avventura ci capiterà abbastanza spesso di trovarci nelle condizioni di ascoltare trasmissioni della Radio KBFF FM. Le trasmissioni sono una parte importante della trama di Alan Wake, poiché forniscono elementi per capire ancora meglio la vita di Bright Falls e dei suoi cittadini, che difatti saranno sono spesso coinvolti nelle telefonate trasmesse dalla radio stessa.
Le trasmissioni radio non solo aiutano a comprendere il background della storia, ma aggiungono indizi su cosa stiamo per affrontare in determinate fasi del gioco; in altre parole, quello che sembra un elemento di importanza secondaria, in realtà è parte integrante della narrativa di Alan Wake ed è altamente consigliato ascoltare più trasmissioni radio possibili.
Alan Wake’s Nightmare
Nel 2012 è stato rilasciato esclusivamente in digitale su Xbox 360 e PC, Alan Wake’s Nightmare, un episodio spin-off che ha lo scopo di approfondire la trama del primo capitolo. Lo stile di gioco cambia un po’ rispetto ad Alan Wake: Nightmare è principalmente uno sparatutto, mentre il primo capitolo era soprattutto a metà tra un survival horror e un’avventura dinamica.
Il confine tra cinema e videogioco, specialmente con il progredire di quest’ultimo medium, si sta facendo sempre più sottile. Mi riferisco soprattutto a quel genere di videogiochi d’avventura che pongono l’aspetto narrativo in maniera più centrale rispetto al gameplay, privilegiando il coinvolgimento emotivo dell’utente e intrattenendolo con una trama che diventa l’anima dell’opera stessa.
Negli anni 90 alcune software house si specializzarono nelle avventure grafiche punta e clicca (Lucasarts, Sierra Entertainment, Revolution Software, per dirne alcune), mettendo al centro dei loro titoli narrativa e puzzle da risolvere. Alcuni dei giochi di queste case non erano del tutto lineari, visto che permettevano al videogiocatore di prendere decisioni in grado di influenzare il corso della storia, portando in alcuni casi anche a finali diversi.
Il gioco di “Blade Runner”
Nel 1997 venne pubblicato “Blade Runner”, videogioco d’avventura di Westwood Studios, basato sul film di fantascienza cult di Ridley Scott. Il film a sua volta si ispirava al romanzo “Il cacciatore di androidi” di Philip K. Dick. Io grazie a quel gioco cominciai a capire quanto le decisioni che prendevo di volta in volta portassero a cambiamenti di trama ancora più palpabili, considerando soprattutto la quantità di finali differenti, circa una dozzina.
La realizzazione grafica, l’atmosfera cupa e distopica ed il comparto audio, erano molto fedeli al film, e aumentavano di conseguenza l’immersione del videogiocatore. Inoltre erano presenti delle scene di intermezzo di notevole impatto, che contribuivano a far sì che il giocatore si sentisse coinvolto in un gioco dalla forte impronta cinematografica.
Esperienze interattive
Con l’avanzare del progresso tecnologico in ambito gaming, certe avventure sono diventate sempre più esperienze interattive e realistiche. Determinate software house si sono specializzate in questa ramificazione specifica del genere adventure: Quantic Dream, con Heavy Rain e Detroit: Become Human; Dontnod, nota per la saga di Life Is Strange; Telltale Games, con i suoi videogiochi ad episodi su The Walking Dead, ed altri).
Ritengo che, in questa tipologia di giochi, il puro gameplay non debba essere necessariamente al primo posto. L’esperienza stessa non vive delle nostre abilità manuali, della gestione di risorse in game o altro, ma viene valorizzata dal coinvolgimento che la storia stessa ci regala; le decisioni da prendere durante un dialogo, oppure in una sequenza d’azione (quick time event) fanno scaturire vari tipi di emozioni, poiché scegliere un bivio rispetto ad un altro può avere conseguenze sulla storia.
In ambito cinematografico, Netflix nel 2018 pubblicò sulla propria piattaforma il film “Black Mirror: Bandersnatch”, un vero e proprio film interattivo. Lo spettatore di tanto in tanto, col telecomando, doveva prendere delle decisioni. In base a queste, la storia prendeva l’una o l’altra piega. Quando il cinema prende ispirazione dal videogioco: chi lo avrebbe mai detto un po’ di anni fa?
Walking simulator e affini
In questa tipologia di giochi spesso non dobbiamo far altro che camminare all’interno dei vari scenari, analizzare oggetti, di tanto in tanto interagire con qualche enigma, NPC, ed assistere a scene di intermezzo, essendo partecipi dei pensieri del protagonista e di eventuali altri personaggi.
The Town of Light
Uno dei videogiochi che mi colpì più profondamente all’epoca fu “The Town of Light”, un’avventura/thriller psicologica in prima persona. Il gioco è ambientato in Italia, precisamente a Firenze, nell’ex-manicomio di Volterra. Sviluppata da LKA, software house italiana, e pubblicata nel 2016.
Siamo nei panni di Renèe, un tempo paziente dell’istituto, in cerca di verità sul suo passato. L’esplorazione la fa da padrone, con i silenzi che ci tengono in apprensione, un crescendo di curiosità e tensione, uno scavare costante in questo scenario decadente, colmo di verità nascoste sotto polvere e macerie. Solitudine e profondità in un titolo che, con appunti trovati in giro e flashback, ricostruisce la storia della protagonista e ci trasmette emozioni di ogni genere, alcune sorprendenti.
Un’esperienza davvero immersiva
Ed è impossibile non parlare del gioco che diede una ventata di aria fresca alle avventure grafiche di questo specifico sottogenere, vale a dire quel piccolo grande capolavoro del 2017: “What Remains of Edith Finch” (di cui abbiamo approfondito l’importanza in un altro articolo), sviluppato da Giant Sparrow e pubblicato da Annapurna Interactive. La protagonista, Edith Finch Jr, unica sopravvissuta della sua famiglia, torna nella vecchia casa del bisnonno per ricordare e ricostruire la vita di tutti i suoi parenti.
Estetica splendida, ambientazioni pittoriche, un modo artistico e toccante nel raccontare e rivivere i ricordi dei membri della famiglia – tra simbolismi e metafore – una narrativa solida, ed una forte impronta autoriale, rendono questo videogioco d’avventura un titolo imperdibile. Dura poche ore, ma si cuce dentro di noi, dimostrando quanto il fattore longevità possa dipendere anche dal modo in cui si mettono in scena le cose. Mai dispersivo, sempre immersivo, un’esperienza che vi consiglio con tutto il cuore.
What Remains of Edith Finch
Considerazioni finali
La parte di utenza che non gradisce tutto ciò (o parte) che vi ho scritto finora, punta il dito contro il fatto che se non c’è abbastanza interazione, si sente troppo nel ruolo di spettatore, sottolineando quanto si tratta pur sempre di videogiochi e non di film. Per me invece, c’è spazio per tutto; io stesso apprezzo moltissimo sia il videogioco più “classico”, sia quello improntato maggiormente su trama e trasporto emotivo.
Ritengo che il videogiocare non sia solo una sfida manuale, una competizione, oppure un passatempo, ma ancheun’esperienza puramente narrativa, un viaggio all’interno di storie che a loro volta si fanno strada tra le nostre emozioni, mettendo radici.
Oggi è il giorno dell’esclusiva Nintendo Switch per eccellenza del 2023: Super Mario Bros. Wonder, nuovo capitolo in 2D della celebre saga platform. Quale occasione migliore per parlare dei giochi platform a scorrimento in 2D di Super Mario?
Un po’ di storia
Dietro la creazione di Mario (e di serie come Donkey Kong e The Legend of Zelda) c’è Shigeru Miyamoto, uno dei direttori creativi di Nintendo più celebri, da molti considerato uno dei padri del medium videoludico.
Donkey Kong – 1981
Mario fece la sua prima comparsa nel videogioco Donkey Kong (1981) col nome di “Jumpman”, gioco arcade, diventando rapidamente la mascotte di casa Nintendo. In questo gioco a piattaforme, dobbiamo salvare la sua fidanzata Pauline dal gorilla Donkey Kong, scalando i piani del palazzo, ed evitando gli ostacoli che il gorilla ci lancerà addosso.
Mario Bros – 1983
Due anni dopo, sempre come gioco arcade, uscì Mario Bros., spin-off della serie Donkey Kong, in cui esordisce anche il fratello di Mario, Luigi, e con lui la modalità a due giocatori. Mario diventa l’idraulico che tutti conosciamo, e il suo scopo è eliminare i nemici che escono dai tubi delle fognature di New York, specialmente le tartarughe (i Koopa Troopa).
Super Mario Bros. – 1985, NES
Super Mario Bros. – 1985
Pubblicato su NES, console Nintendo a 8 bit, il gioco ci trasporta nel Regno dei Funghi, luogo pacifico popolato da creature con la testa a forma di fungo, i Toad. L’equilibrio viene rotto da Bowser (malvagio re dei Koopa Troopa) che conquista il regno, lo trasforma e rapisce la principessa Peach Toadstool.
Nel primo vero platform 2D di Super Mario dovremo salvare la principessa e riportare la pace nel regno, superando mondi popolati da ostacoli e nemici vari. Ad aiutarci, power-up come il Super Fungo, che raddoppia le dimensioni di Mario, il Fiore di Fuoco, che fa sparare palline infuocate, la Super Stella, che dona per pochi secondi l’invincibilità, ed il Fungo 1-up che regala una vita.
Come non citare poi l’iconica asta con la bandiera, che ad ogni fine livello dobbiamo afferrare per poterlo finire e andare al successivo, e le monete da raccogliere in giro. Nell’immaginario di tutti i videogiocatori di Mario e non solo, anche questi due elementi sono iconici, così come i passaggi Warp, scorciatoie per andare direttamente ad altri mondi.
Super Mario Bros.: The Lost Levels – 1986, Famicom Disk System
Super Mario Bros.: The Lost Levels – 1986
Il secondo capitolo, inizialmente pubblicato solo in Giappone e sul Famicom Disk System, segue le orme del primo, ma con un livello di difficoltà più alto, introducendo il fungo velenoso e confermando i power-up del predecessore. I salti richiedono più precisione e ci sono anche dei blocchi invisibili sui quali atterrare; pochi upgrade grafici, ma funzionali.
Il secondo platform 2D di Super Mario non arrivò subito in Occidente poiché Nintendo credeva che il livello di difficoltà fosse alto per quella fetta di pubblico. Venne distribuito successivamente, nel 1993, tramite la raccolta Super Mario All-Stars, che includeva il capitolo precedente ed anche quelli successivi, fino a Super Mario World, incluso però solo in un’altra edizione successiva.
Super Mario Bros. 2 – 1988, NES
Super Mario Bros. 2 – 1988
Il secondo capitolo di Super Mario, pubblicato inizialmente in Occidente e poi anche in Giappone nel 1992, fu quello che vedete nell’immagine più in bassos; un gioco del tutto differente dal vero secondo capitolo, cioè Super Mario: The Lost Levels, di cui abbiamo parlato qui sopra.
Super Mario Bros. 2 era una conversione di un gioco già esistente, vale a dire Doki Doki Panic, per l’occasione ritoccato graficamente e cambiato soprattutto nell’aspetto dei personaggi giocabili, difatti qui in ogni livello possiamo scegliere chi usare fra Mario, Luigi, Toad e la principessa Peach.
Ogni personaggio ha le proprie caratteristiche: Mario è il più equilibrato, mentre Luigi può saltare più in alto, Toad è piccolo e rapido, Peach è in grado di planare per qualche secondo. In certi livelli conviene usare uno piuttosto che un altro per superarlo più agevolmente.
Inoltre rispetto al Super Mario classico, non basta saltare sulla testa dei nemici per poterli eliminare, ma bisogna andarci sopra, premere il tasto per raccoglierli e scaraventarli contro ostacoli o altri nemici, eliminando così entrambi, o anche gruppi interi, a seconda della situazione.
Super Mario Bros. 3 – 1988, NES
Super Mario Bros. 3 – 1988 – NES
Il terzo capitolo del platform 2D di Super Mario introduce come novità più sostanziali la mappa, l’inventario, una maggiore verticalità e power-up nuovi. Ogni mondo ha la sua mappa e noi dovremo entrare nei livelli muovendoci sulle relative caselle; è possibile spesso anche non affrontarli nell’ordine classico, ma scegliere una strada alternativa.
Gli upgrade grafici hanno permesso ai mondi di avere biomi più dettagliati e variegati. Ogni mondo ha il suo; il primo ha le classiche colline verdeggianti, il secondo è desertico, il terzo acquatico e così via. Ogni mondo ha mediamente almeno una mini fortezza e il castello (una nave volante) con la battaglia finale di quella mappa.
Ci sono dei minigiochi sparsi, che se fatti correttamente, possono donare vite ed altro. Alla fine di ogni fine livello c’è un box da colpire, che ha al suo interno lo scorrere veloce dei simboli di stella, fungo, fiore; quando completeremo 3 livelli, di volta in volta, a seconda della combinazione dei simboli colpiti sino a quel momento, avremo delle vite extra.
Tra i nuovi power-up troviamo la Super Foglia che dona a Mario la coda da procione, permettendogli di volare dopo aver preso la rincorsa (per qualche secondo e al massimo della velocità). Ciò aggiunge profondità al gameplay, verticalità e segreti piazzati in maniera anche più fantasiosa.
Super Mario Land – 1989, Game Boy
Super Mario Land – 1989
Titolo di lancio del Game Boy, Super Mario Land è anche il primo Super Mario ad uscire su console portatile. Il videogioco è stato diretto da Gunpei Yokoi, conosciuto per aver creato sia il Gameboy che i Game & Watch, una serie di giochi elettronici portatili. Super Mario Land è ambientato nella pacifica regione di Sarasaland, suddivisa in quattro regni: Birabuto, Muda, Easton e Chai.
Il gioco vede anche debuttare la Principessa Daisy, qui rapita da un alieno di nome Tatanga, che ipnotizza tutti gli abitanti del regno e rapisce Daisy con l’intenzione di farla diventare sua moglie. Toccherà come sempre a Mario attraversare i regni, sconfiggere tutti e andare a salvarla.
Super Mario World – 1990, SNES/Game boy Advance
Super Mario World – 1990
Questo titolo, da molti ritenuto il miglior gioco in 2D della saga principale di Mario, amplia tutto ciò che c’era nel terzo capitolo della saga, migliorando la grafica, introducendo il dinosauro Yoshi (cavalcabile e in grado di mangiare i nemici), altri nemici, ampliando la mappa ed i livelli con segreti e strade alternative.
Graficamente ci fu un bel balzo rispetto al già ottimo terzo capitolo, con sfondi ancora più dettagliati, livelli, nemici, più vari, un level design ineccepibile che fa ancora storia.
Oltre al dinosauro Yoshi, in grado di trasformare i gusci rossi dei Koopa in fiamme per poter colpire i nemici, abbiamo la novità della piuma, che dona a Mario un mantello che lo rende in grado di volare per pochi secondi. Un altro power-up inedito è il palloncino P, che gonfia Mario e gli permette di galleggiare per un tempo limitato.
L’inventario ha una sua funzionalità anche in-game in quanto è possibile acquisire un power-up di riserva nel caso dovessimo essere colpiti, cosa che non accadeva nel terzo, dove i power-up si potevano utilizzare solo quando eravamo nella mappa, PRIMA di accedere al livello.
Super Mario Land 2: 6 Golden Coins – 1992, Game Boy
Super Mario Land 2: 6 Golden Coins – 1992
Il gioco si svolge su una mappa principale che rappresenta Mario Land, dove Mario è il Re, con il villain di turno che qui è Wario, invidioso del nostro idraulico baffuto e della sua popolarità fin da quando erano ragazzi.
Mario dovrà sconfiggere i capi delle 6 zone (Tree Zone, Space Zone, Macro Zone, Pumpkin Zone, Mario Zone e Turtle Zone) in cui l’isola è divisa, per recuperare le relative monete d’oro, una per ogni zona. Una volta fatto ciò, Mario potrà accedere alla fase finale del gioco e liberare il suo mondo dalle grinfie di Wario.
Wario Land: Super Mario Land 3 – 1994 , Game Boy
Wario Land: Super Mario Land 3
In questo terzo capitolo guideremo lo stesso Wario che, dopo aver perso tutte le ricchezze accumulate sul finale del precedente capitolo, decide di mettersi contro dei pirati, i Brown Sugar, guidati dal Capitan Melassa. Quest’ultimi hanno rubato un’enorme statua dorata della principessa Peach dal Regno dei Funghi.
Lo scopo di Wario è di rubare questa statua, rivenderla a Mario e costruirsi un castello ancora più grande del precedente. Il gioco è ambientato su Kitchen Island, il covo dei pirati, isola suddivisa nelle seguenti zone: Spiaggia di Riso, Monte Teiera, Terra del Sorbetto, Canyon Stufa, Veliero Tazzaditè, Foresta di Prezzemolo, Castello di Melassa.
Super Mario World 2: Yoshi’s Island – 1995 – SNES
Super Mario World 2: Yoshi’s Island
Il gioco ci fa vedere Baby Mario e Baby Luigi trasportati da una cicogna verso quella che diventerà la loro casa. Purtroppo il malvagio mago Kamek è al corrente di questo viaggio ed intercetterà i nostri piccoli eroi; durante il volo Baby Mario cade su un’isola e viene trovato da un gruppo di Yoshi.
Da qui in poi comincia il gioco, un viaggio di ritorno in cui noi comanderemo Yoshi e i suoi compagni, che di livello in livello, porteranno Baby Mario a destinazione, come in una staffetta.
Il gameplay cambia moltissimo dai precedenti giochi della saga, difatti qui usiamo Yoshi che trasporta Mario, ed ogni volta che subiremo dei danni Baby Mario comincerà a piangere e ad allontanarsi da noi, e noi dovremo riacciuffarlo in tempo per non compromettere la partita.
Va detto che il gioco graficamente è molto ben fatto, sfondi molto dettagliati, molte animazioni, colori vivi, accesi, come se fosse un disegno fatto con acquerelli o pastelli, ed ha un level design eccezionale.
New Super Mario Bros. – 2006, DS
New Super Mario Bros. – 2006
Pubblicato su Nintendo DS, questo titolo inaugurò il nuovo filone di platform 2D di Super Mario negli anni 2000. La storia è quella che conosciamo, dobbiamo salvare Peach, superando 8 mondi con più di 80 livelli in totale.
Tra power-up vecchi e nuovi, fra quest’ultimi abbiamo il guscio Koopa blu, che consente a Mario di nascondersi nel guscio ed eseguire poi il “tarta-scatto”; inoltre ha anche l’effetto di velocizzare il nuoto. Abbiamo poi il Megafungo che fa crescere Mario fino a dimensioni incredibili, distruggendo tutto ciò che trova sul suo cammino.
Il Minifungo fa ovviamente l’opposto e ci permette di entrare nei passaggi più piccoli, raggiungendo zone altrimenti inaccessibili; inoltre ci fa diventare così leggeri che possiamo correre sull’acqua e saltare più in alto.
New Super Mario Bros. Wii – 2009, Wii
New Super Mario Bros. Wii – 2009
Il secondo capitolo di questa saga introduce una serie di novità, fra le quali spiccano:
Modalità cooperativa fino a 4 giocatori su schermo in contemporanea, in cui è possibile aiutarsi, oppure ostacolarsi a vicenda.
Nuovi power-up come l’Elmetto di Ghiaccio, che trasforma i nemici in blocchi di ghiaccio, Fiore di Ghiaccio, che fa sparare proiettili di ghiaccio
Veicoli come la Super Roulotte, che serve in determinati livelli.
Ci sono poi nuovi nemici, come i Fratelli Martello, e i Bowser Jr. Inoltre aumentano percorsi e passaggi segreti per una maggiore varietà e senso di sfida. Ovviamente la grafica è ulteriormente migliorata rispetto al precedente capitolo, vista la maggior potenza della Nintendo Wii.
New Super Mario Bros. 2 – 2012 , 3DS
New Super Mario Bros. 2 – 2012
Il gioco riprende lo stile del precedente capitolo uscito su 3DS, ed oltre a confermare il Mini-Fungo e il Mega-Fungo, vede il ritorno dell’amata Super Foglia di Super Mario 3. In questo titolo gioca un ruolo molto importante la raccolta di monete.
Il Fiore d’Oro trasforma i blocchi in monete, anelli che per un breve lasso di tempo trasformano i nemici in oro, ed una maschera che produce monete durante la corsa di Mario.
Ci sono 9 mondi che includono 94 livelli, quelli base, 44, sono numerati, mentre gli altri includono 15 livelli lettera, sbloccati con la scoperta di uscite segrete, 4 cannoni Warp, 6 torri, 9 castelli, 9 livelli arcobaleno e 7 case dei Boo.
New Super Mario Bros. 2 è il primo capitolo della serie ad introdurre DLC a pagamento, espandendo così la modalità Febbre dell’Oro, con livelli inediti in cui bisogna raggiungere obiettivi che riguardano il numero di monete raccolte.
Super Mario Maker – 2015, Wii U
Super Mario Maker – Wii U (2015)
Questi due giochi sono stati i sogni di milioni di videogiocatori: poter creare i propri livelli in un platform 2D di Super Mario, condividerli online e giocare quelli degli altri. Il primo usava bene le caratteristiche ibride della console di casa Nintendo, tra modalità portatile e quella su TV; ciò rendeva molto comoda la realizzazione di livelli, soprattutto con l’uso del pennino su schermo.
In questo primo capitolo è possibile la creazione di livelli con gli stili dei seguenti giochi:
Super Mario Bros.
Super Mario Bros. 3
Super Mario World
New Super Mario Bros U.
Super Mario Run – Mobile, 2016
In questo gioco non abbiamo il controllo diretto di Mario, che corre da solo, ma dobbiamo premere il touch al momento giusto e l’intensità del salto dipende dalla pressione del nostro dito sullo schermo, con i dovuti limiti. Ci sono poi delle meccaniche che ci fanno tornare indietro di qualche passo, nel caso volessimo recuperare delle monete.
Nella modalità “World Tour” dovremo raccogliere quante più monete possibili e arrivare al traguardo, sbloccando così i livelli successivi. Ci sono 6 mondi in tutto, con 4 livelli ciascuno, suddivisi in maniera identica (3 normali più fortezza), con eccezion fatta per l’ultimo, che ha 2 fortezze nel terzo e nel quarto livello.
C’è anche una modalità denominata “Sfide Toad” che ci permette di sfidare gli altri utenti nei vari livelli e un’altra per costruire il nostro personale Regno Dei Funghi, acquistando oggetti, decorazioni e piazzandole dove vogliamo.
Un’altra modalità è la “Remix 10”, in cui bisogna affrontare 10 livelli brevi ad un ritmo frenetico, per arrivare a salvare Daisy. Al termine di questi livelli comparirà un minigioco bonus che ci permetterà di avere altri elementi per abbellire il nostro regno.
Super Mario Maker 2 – 2019, Switch
Super Mario Maker 2 – 2019 – Nintendo Switch
Nel secondo capitolo troviamo le stesse possibilità del primo, con una miriade di possibilità in più per personalizzare i nostri livelli, soprattutto con l’aggiornarsi del gioco nel tempo. I livelli sono realizzabili con i seguenti stili:
Super Mario Bros.
Super Mario Bros. 3
Super Mario World
New Super Mario Bros U.
Super Mario 3d World
Inoltre è possibile creare i propri mondi rappresentati con la mappa stile “Super Mario World”, con selezioni di livelli, minigiochi e così via. Presente anche la modalità online multigiocatore, fino a 4 in contemporanea, con modalità cooperative o di sfida, con tanto di rank.
Super Mario Bros. Wonder – Switch, 2023
Super Mario Bros. Wonder
Il futuro dei platform 2D è già qui? Dai primi trailer del gioco è possibile subito notare uno stile grafico, in generale, diverso dai classici Super Mario, con più animazioni facciali dei personaggi, sfondi molto dettagliati, fasi di gioco al limite del trip mentale, nuovi costumi come l’ormai già famoso “Elefante“, in grado di spazzare via i nemici e non solo.
Sembra essere tutto molto frenetico, soprattutto quando utilizzeremo questo “Fiore meraviglia”, che cambia il mondo attorno a noi, rendendolo più psichedelico, animando i tubi, facendo arrivare gruppi di animali contro di noi, modificando l’inclinazione dei livelli ed altro ancora, come le trasformazioni in nemici, citando così “Mario Odissey“.
Ciò che più balza agli occhi, grafica a parte, è l’introduzione delle “Spille”, che sembrano essere dei perk da assegnare al personaggio in ogni livello – massimo uno alla volta – aggiungendo profondità al gameplay, in quanto ciò permetterà probabilmente di affrontare livelli in modo diverso e di giungere in punti altrimenti non raggiungibili, senza l’uso di alcune spille.
Passato, presente e futuro
Super Mario per molti videogiocatori e non solo, rappresenta l’icona per eccellenza dei platform in particolare quelli 2D, ma anche l’emblema nostalgico di una saga, di un personaggio, che ci ha tenuto compagnia durante la nostra crescita. Lui è sempre lì, a ricordarci quanto in un videogioco sia importante il puro divertimento, lo stupirsi ancora per le novità introdotte ogni volta.
Voglio chiudere così questo articolo, ringraziandovi per la pazienza avuta in questo lungo viaggio fatto assieme, ed affermando che Mario, assieme ad altre poche saghe e personaggi, rappresenta passato, presente e futuro del suo genere… e non solo.
Nel panorama dei videogiochi indie esistono prodotti che hanno la potenzialità di veicolare dei concetti piuttosto importanti ai loro fruitori, soprattutto a quelli più predisposti a coglierne il significato. Tra i tanti, due importanti esempi di questo trend sono “Limbo”, sviluppato da Playdead (2010), e “To the Moon”, di Freebird Games (2011). Entrambi sono giochi indie in single-playerdi breve durata, ed entrambi hanno avuto un ruolo importante nel mercato indipendente con attestati di stima e amore da parte di addetti al lavoro ed appassionati di gaming, diventando parte importante del medium videoludico stesso.
Fra tutti ho scelto Limbo e To the Moon perché mi sono sono rimasti nel cuore, giungendo dentro di me in maniera differente e restando memorabili anche dopo tutti questi anni a dimostrazione che con pochi mezzi è possibile brillare di luce propria, rimanendo impressi nella memoria del videogiocatore.
Limbo è un puzzle-platform in 2D privo di dialoghi con altri NPC, senza una narrazione testuale o vocale, né il classico tutorial didascalico, ed è privo di HUD; lo stile di gioco è un “prova e muori”, con il frequente susseguirsi di enigmi e trappole di ogni tipo. Tecnicamente parlando, Limbo, gira su un motore grafico proprietario, leggero e adatto al contesto; un perenne bianco e nero, con giochi di luci e ombre molto suggestivi, in grado di donare all’intera esperienza un’atmosfera surreale.
Il protagonista è un ragazzino finito in un mondo oscuro; all’inizio lo vediamo steso sul terreno e tocca a noi svegliarlo, interagendo con i tasti. Questo gioco non è rivoluzionario, ma elegante e ricercato esteticamente, intelligente ed accattivante nelle sue meccaniche, con una narrazione visiva che ci guida in un quasi totale silenzio. Alcuni nemici si possono eliminare interagendo con l’ambiente circostante, mentre altri andranno schivati per poter andare avanti e scontrarsi con i vari enigmi da risolvere.
Limbo
To the Moon, è realizzato con RPG maker, difatti a vederlo ha l’aspetto di un classico gioco di ruolo anni ’90, privo però di alcuni elementi rpg più caratteristici, come il livello di progressione dei personaggi. Qui troviamo una grafica colorata, una narrazione che avviene tramite i tanti testi su schermo, fatti di dialoghi e descrizioni varie, con musiche che sanno toccare il cuore; il gameplay è ridotto all’osso, quasi ai livelli di una visual novel, se non per qualche minigioco e puzzle, che di tanto in tanto veicola la profonda e toccante trama.
Questo titolo vive di una trama toccante e piena di sentimenti. Il gioco ci mette nei panni di 2 dottori, Eva Rosalene e Neil Watts, dipendenti della “Sigmund Agency of Life Generation”. Quest’azienda, tramite l’impianto di ricordi artificiali, aiuta i pazienti in fin di vita ad avere una morte più serena, eliminando i loro rimpianti, ed esaudendo (in un certo senso), i desideri più importanti, quelli magari durati una vita
To The Moon
Less is more
I giochi indie sono sviluppati solitamente da piccoli studi indipendenti, che (spesso) non hanno l’aiuto economico di un editore, ma questo può voler dire anche avere meno vincoli e sentirsi più liberi di esprimere maggiormente la propria autorialità. Ciò che mi viene da pensare è che non è detto ci sia sempre l’intenzione conscia di veicolare un certo tipo di messaggio, ma ciò non vuol dire che esso stesso non si crei ugualmente durante lo sviluppo e che quindi poi giunga comunque al giocatore.
Parlando di cinema, un’opinione che mi è capitato di sentire sui film di Christopher Nolan, è che quando lui ha realizzato film con meno budget a disposizione, senza l’utilizzo di troppi effetti speciali e dovendo quindi mettere mano di più al cuore della pellicola stessa, è riuscito a realizzare opere che, secondo una parte della critica, son state complessivamente migliori di altre sue, magari più titolate e di maggior successo ai botteghini.
Il mio parallelismo richiama, tornando in ambito videoludico, la differenza tra alcune produzioni di grosse software house tripla A e quelle degli sviluppatori di giochi indie (entrambe le categorie hanno sia ottimi prodotti che mediocri, non dimenticandoci che poi esistono anche produzioni che si trovano nel mezzo), che non avendo tutta questa disponibilità di mezzi, sono anche più costretti a lavorare di più all’anima del videogioco stesso.
In queste condizioni possono riuscire a superare questi limiti, per far sì che essi diventino orizzonti da raggiungere e superare. Può capitare così, che possa venir fuori un’esperienza più immersiva, dando più spazio a trama e caratterizzazione, fornendo quel tocco artistico che passa anche da un’estetica più o meno ricercata. A livello di storie, concetti, è sempre più difficile tirar fuori qualcosa di nuovo ed originale, ma la differenza sta nel modo in cui le idee, anche le più usate, vengono rielaborate.
I due giochi protagonisti di questo articolo, insieme ad altri di cui magari vi parlerò in futuro, sono piccoli grandi gioielli, opere d’arte in miniatura, che fanno bene ad un’industria videoludica che ha, in generale, un po’ paura di sperimentare e di proporre qualcosa di diverso e nuovo, che abbia più anima, originalità e meno ripetitività.
Ritengo comunque che l’industria videoludica stia vivendo un periodo storico abbastanza positivo. I ragazzi di oggi sono in grado di apprezzare anche titoli retrò o comunque giochi nuovi realizzati appositamente così (anche remastered e remake possono aiutare, in certi casi), capendo così che non sempre serve la grafica pompata per divertirsi, ma che intrattenimento, sfida ed emozioni, possono essere ovunque.
La saga di Final Fantasy è certamente una delle più longeve e importanti dell’intera storia dei videogiochi. Come accaduto per praticamente ogni episodio della saga, anche l’uscita di Final Fantasy XVI è stata accompagnata da una lunga e sentita attesa. Con l’apparizione dei primi trailer e di varie indiscrezioni su questo sedicesimo capitolo, le aspettative sono andate via via crescendo.
Sebbene le prime impressioni siano state quasi universalmente positive, non sono mancate le perplessità. Una parte dei fan, infatti, ha mostrato poco entusiasmo verso la direzione action intrapresa dalla serie e anche la presenza di un solo personaggio giocabile ha suscitato pareri contrastanti.
Dopo aver giocato a fondo il gioco, sono pronto a darvi il mio giudizio completo su Final Fantasy XVI. Imbracciamo le spade, ricontrolliamo il nostro equipaggiamento e lanciamoci in questa nuova avventura!
Nelle terre di Valisthea
La trama di Final Fantasy XVI prende a piene mani dal mondo del ghiaccio e del fuoco di Martin.
La trama di Final Fantasy XVI ci trasporta a Valisthea, mondo immaginario dall’ambientazione e dalle atmosfere tipiche dei racconti fantasy di ispirazione medievale. Valisthea è divisa in due continenti principali, Ciclonia e Cineria, a loro volta suddivisi tra diversi regni. Tra di essi spiccano il Gran Ducato di Rosaria, l’Impero di Sanbreque, la repubblica Dhalmekiana e il Regno di Waloed.
La principale fonte della magia di Valisthea è costituita dai Cristalli Madre, enormi ammassi cristallini magici dai quali è possibile estrarre un’energia chiamata etere. L’etere può a sua volta essere incanalato in cristalli più piccoli, utilizzati dalla gente per le funzioni più disparate. Esistono tuttavia alcuni individui, chiamati portatori, in grado di ricorrere alla magia senza l’ausilio dei cristalli. L’uso eccessivo del loro “dono”, però, condanna i portatori a morire pietrificati. Queste persone sono vittime di odio e pregiudizio da parte della maggioranza del popolo e spesso vivono come veri e propri schiavi.
Le entità più potenti di Valisthea sono gli Eikon (i famosi spiriti delle invocazioni presenti in tutti gli episodi della saga), fortissime creature magiche che donano i loro poteri ad alcuni umani predestinati, chiamati dominanti.
Game of Fantasy
Il setting, la trama e gli intrighi di Final Fantasy XVI sono davvero ben sviluppati.
Il controllo dei Cristalli Madre e degli Eikon sarà alla base di tutte le principali manovre delle varie potenze, ognuna intenta ad affermare il suo dominio o semplicemente a mantenere il precario equilibrio in cui versa il mondo. Un equilibrio che verrà messo a dura prova dalla diffusione della misteriosa Piaga, un misterioso esaurimento di etere che provoca la desolazione in tutte le zone in cui si manifesta.
La trama di Final Fantasy XVI insiste molto sui giochi di potere, le alleanze, i tradimenti e le macchinazioni delle varie forze in gioco. In questo, l’ultima fatica Square-Enix strizza palesemente l’occhio alla fortunata saga di Game of Thrones, di cui riprende anche diverse frasi. Anche molti dei personaggi di Final Fantasy XVI sembrano prendere ispirazione da alcuni eroi delle storie di Martin.
Nato dal dolore
Il passato di Clive ci ha davvero commossi.
Protagonista principale della storia è Clive Rosefield, giovane cavaliere proveniente dal Gran Ducato di Rosaria. Dopo una brevissima sequenza introduttiva, il passato di Clive ci verrà svelato attraverso un lungo flashback.
Il nostro eroe è il primogenito della famiglia reale di Rosaria, ma funge da semplice guardia del corpo per suo fratello minore Joshua. Infatti la Fenice, Eikon protettore di Rosaria, ha scelto come dominante proprio il piccolo principe, sebbene anche Clive mostri la capacità di controllare in parte il potere degli eikon.
A causa del tradimento della madre di Clive, Anabella, Rosaria subisce un attacco a sorpresa da parte dell’impero di Sanbreque. Durante questo attacco trovano la morte sia l’arciduca che il piccolo Joshua, poichè la fenice viene attaccata e apparentemente distrutta da un anomalo Eikon fiammeggiante, controllato da un misterioso individuo incappucciato.
Ridotto a mero soldato agli ordini dell’impero, Clive dovrà farsi strada per scoprire la verità sul terribile Eikon delle fiamme e vendicare il fratello e la famiglia.
Una trama davvero all’altezza
A livello narrativo, Final Fantasy XVI è davvero un capolavoro.
Non c’è davvero niente da dire: la trama di Final Fantasy XVI è davvero bella, avvincente e persino commovente. Per quanto possiate essere poco sensibili, difficilmente resterete indifferenti alle peripezie dei nostri protagonisti.
Il gioco porta avanti la storia principalmente attraverso i vari filmati che si attiveranno tra una sessione di gioco e l’altra. La lunghezza di questi filmati a volte sarà davvero consistente, quindi preparatevi a poggiare il controller per diversi minuti. Ma non temete, ne varrà davvero la pena.
Square-Enix però non si è limitata a narrare una bella storia, ma ha anche realizzato un mondo di gioco davvero solido e credibile. I personaggi, le relazioni tra di loro, la caratterizzazione dei vari regni e delle loro politiche, tutto è spiegato in modo molto dettagliato e nulla è lasciato al caso.
Il giocatore avrà in ogni momento la possibilità di leggere e approfondire tutte le varie informazioni su praticamente ogni aspetto del mondo di gioco. Dapprima ciò sarà possibile attraverso alcuni menù dedicati, mentre in seguito vi saranno due specifici personaggi che fungeranno da vere e proprie enciclopedie viventi del mondo di gioco.
Una gioia per gli occhi
Grafica e sonoro, in linea con la tradizione della saga, sono davvero superbi.
Anche dal punto di vista tecnico, Final Fantasy XVI riesce a rispettare appieno le aspettative. Graficamente, il gioco è semplicemente superbo. I personaggi, gli sfondi, i mostri e gli effetti visivi delle battaglie sono realizzati in modo davvero sublime.
Le varie zone del continente che Clide esplorerà sono una vera meraviglia. Che si tratti di zone boscose, di vasti prati pianeggianti o di gallerie vulcaniche, il motore grafico del gioco riesce a rendere ogni ambientazione in modo assolutamente credibile e spettacolare.
Meritano una menzione particolare i vari villaggi, creati ricreando in maniera davvero precisa gli antichi borghi medievali. Le piccole abitazioni, le locande e soprattutto i vari mercati all’aperto sembrano realmente prendere vita e aiutano ulteriormente il giocatore a sentirsi totalmente immerso nell’esperienza di gioco.
Anche il sonoro è davvero di ottimo livello, con un mix di tracce musicali, principalmente di ispirazione classica, che risultano quasi sempre coinvolgenti e d’atmosfera. Come spesso accade, le musiche più memorabili sono quelle che accompagnano le battaglie coi boss, sempre incalzanti ed emozionanti.
Tra viaggi e battaglie
Gli scontri di Final Fantasy XVI sono davvero avvincenti e spettacolari.
Come in ogni Final Fantasy che si rispetti, anche il sedicesimo capitolo propone un gameplay suddiviso principalmente in fasi di battaglia e di esplorazione.
In modo analogo a quanto visto in Final Fantasy XV e Final Fantasy VII Remake, tuttavia, Final Fantasy XVI presenta una rottura netta con il passato. Anche in questo nuovo episodio, infatti, l’azione si svolge sempre e rigorosamente in tempo reale, senza alcuna transizione tra fase di esplorazione e fase di battaglia. Semplicemente, quando Clide incontra un nemico, estrae la sua spada e permette al giocatore di iniziare ad attaccare.
Il potere degli Eikon
In battaglia Clive potrà sfruttare molteplici abilità, mutuate dagli Eikon in suo possesso.
Durante gli scontri, Clive dispone di quattro abilità di base. Un attacco fisico, uno magico a distanza, il salto e un’abilità unica legata all’eikon a lui collegato. Come svelato in precedenza, infatti, il nostro eroe avrà la possibilità di assorbire i poteri dei vari eikon.
Una volta assimilati, essi doneranno a Clive alcune particolari abilità (scudi, scatti, salti speciali ecc.) oltre a due attacchi speciali. Questi attacchi devono essere ricaricati dopo l’utilizzo, ma infliggono danni davvero devastanti. Clive potrà equipaggiare un massimo di tre eikon e avrà la possibilità di selezionare due attacchi speciali per ciascuno di essi. In questo modo il giocatore ha la possibilità di trovare il setting che maggiormente lo soddisfa.
Clive avrà inoltre la possibilità di concatenare fra loro i vari attacchi, generando vere e proprie combo a base di fendenti, attacchi magici e colpi speciali. Premendo alcune combinazioni, il nostro alter ego potrà anche attivare degli attacchi unici, come affondi, colpi caricati e attacchi in salto. In aiuto di Clive ci sarà anche il suo fido cane Torgal (palese ispirazione ai metalupi di Game Of Thrones), che avrà la facoltà di attaccare i nemici e, all’occorrenza, curare Clive. Anche in questo caso, sarà possibile coordinare i nostri attacchi con quelli di Torgal per generare vere e proprie combo.
Non sarà invece possibile controllare altri personaggi oltre al nostro cavaliere. Nel corso del gioco diversi personaggi ci accompagneranno nel nostro viaggio, ma saranno semplici supporti, in grado di darci un piccolo aiuto nelle battaglie. Non solo non potremo controllarli direttamente, ma non avremo nemmeno alcun modo per impostare le loro azioni e modus operandi.
Per quanto riguarda invece la difesa, essa si basa principalmente sulle schivate. Se eseguite con il giusto tempismo, esse genereranno un piccolo “congelamento” del tempo, utile a Clive per effettuare degli attacchi extra. Sono presenti anche gli ormai celebri parry, che possono essere innescati premendo il tasto di attacco col giusto tempismo. Se messi a segno in modo corretto, anche i parry andranno a rallentare il tempo, lasciando il nemico sbilanciato e donando a Clive una finestra d’attacco ancora più ampia.
Poco spazio alla nostalgia
Nel complesso, il battle system si presenta ricco, dinamico e divertente e regala scontri molto vari e coinvolgenti. Le battaglie coi boss, in particolare, raggiungono livelli di spettacolarità veramente notevoli, proponendo anche una serie di sequenze cinematiche in cui premere i tasti col giusto tempismo in un tripudio di effetti speciali e spettacolari sequenze di scontro.
Tuttavia, tutto il sistema ha un grosso tallone d’achille: la difficoltà. Inutile girarci attorno, Final Fantasy XVI è davvero troppo facile. Non solo le schivate garantiscono sempre una difesa quasi perfetta dagli attacchi nemici, ma anche il danno subito in caso di attacco è spesso poco significativo e può facilmente essere recuperato tramite gli oggetti curativi, di cui il gioco è molto generoso. Certo, Clive ha a disposizione solo un numero limitato di pozioni, elisir e granpozioni, ma queste si rivelano praticamente sempre più che sufficienti a garantire la vittoria.
Una volta terminato il gioco viene sbloccata una difficoltà più elevata, che rende le cose molto più complesse ed interessanti, ma si tratta solo di un’extra. Un peccato davvero: un pizzico di difficoltà in più avrebbe giovato all’intera esperienza.
Un altro aspetto che potrebbe disturbare i fan di vecchia data è la mancanza di numerosi elementi tipici della serie. Oltre alla presenza di un singolo personaggio al posto del classico party, mancano totalmente gli effetti elementali delle magie. Quando utilizziamo un attacco magico, infatti, il danno che causa è assolutamente indipendente sia dal suo elemento sia dalle caratteristiche del nemico. Non sono presenti nemmeno le alterazioni di status, che nei titoli classici andavano ad aggiungere diversi elementi strategici alle battaglie.
Square-Enix ha probabilmente deciso di dare la priorità ai nuovi utenti, scegliendo di proporre un sistema di combattimento improntato sull’azione e sull’abilità del giocatore di effettuare parry e schivate al momento giusto, andando però a sacrificare la strategia. Questa scelta, in realtà, ci ha convinti solamente in parte, perché rischia di allontanare buona parte dello zoccolo duro dei fan della serie.
Un’esplorazione limitata
L’esplorazione è forse l’aspetto più debole di Final Fantasy XVI.
Final Fantasy XVI sceglie di non riproporre l’open world visto nel quindicesimo capitolo, ma presenta una struttura molto più simile a quella di Final Fantasy VII Remake. Nel corso del gioco avremo la possibilità di visitare quasi tutte le zone principali del continente di Valisthea. Ogni area presenta una grande mappa, che può essere esplorata liberamente. Tuttavia, ogni zona risulta indipendente dalle altre e non sarà possibile in alcun modo passare direttamente da un’area all’altra.
I viaggi lunghi sono gestiti da un pratico sistema di teletrasporti, tramite alcuni obelischi di etere. Oltre a questo, le aree di gioco sono piene di muri invisibili, che rendono l’esplorazione ancora più limitata. Tra l’altro, non c’è alcuna reale motivazione che possa spingere il giocatore ad esplorare liberamente. Le varie mappe non hanno aree segrete o tesori nascosti e i bauli disseminati per la mappa normalmente contengono solo qualche guil o oggetti spesso poco significativi.
L’unica motivazione che può spingerci ad aggirarci per la mappa è da ricercare nella bellezza delle ambientazioni, ma risulta molto più pratico attendere che si sblocchi una missione secondaria che abbia il suo obiettivo in una zona ancora inesplorata. In questo modo almeno le nostre peregrinazioni saranno valorizzate.
Missioni secondarie e cacce
Anche le missioni secondarie di Final Fantasy XVI non risultano particolarmente ispirate.
Il luogo che visiteremo più spesso sarà il quartier generale degli alleati di Clive, dove sarà possibile aggiornare il nostro equipaggiamento, approfondire la storia e le info sui vari personaggi ed accedere a varie missioni secondarie.
Il sistema di side quest di Final Fantasy XVI ricorda molto da vicino quello di Final Fantasy XIV. Progredendo nella trama, alcuni personaggi, evidenziati da un’icona verde, ci proporranno delle missioni. Normalmente le missioni saranno attive proprio nella zona in cui ci troveremo seguendo la trama del gioco, ma sarà possibile visionare l’archivio di tutte le missioni attive direttamente dal quartier generale.
Purtroppo, le missioni secondarie non appaiono particolarmente ispirate. Si tratta normalmente di rispondere a richieste di soccorso o di procurare particolari materiali. Il tutto si traduce nel recarsi da un punto A ad un punto B, raccogliere gli oggetti desiderati e affrontare uno scontro (di solito piuttosto semplice) che va a concludere la missione.
Una categoria particolare di missioni è costituita dalle cacce. Si tratta di scontri contro nemici particolarmente coriacei, a volte dotati anche di un design originale. Le cacce saranno visualizzabili su un apposito tabellone situato nel quartier generale e controllato da un simpatico moguri. Questi scontri risultano decisamente più interessanti ed impegnativi del normale e aumentano la varietà e la sfida del gioco.
Equipaggiamenti ed abilità
La gestione delle abilità risulta nel complesso ben fatta.
Per finire, diamo uno sguardo all’aspetto strategico e gestionale, che, in Final Fantasy XVI, viene ad identificarsi con la gestione dell’equipaggiamento e delle abilità. Il giocatore ha la possibilità di equipaggiare Clive con spade, bracciali e mantelli. Ognuno di questi oggetti andrà a migliorare le sue statistiche, senza dare particolari abilità.
Discorso diverso per gli accessori, che potranno essere assegnati al nostro protagonista fino ad un massimo di tre. In questo caso, oltre a fornire dei bonus alle statistiche, avremo accessori in grado di donare a Clive abilità passive, come ad esempio delle schivate potenziate. Infine, alcuni accessori hanno la funzione di potenziare uno specifico attacco speciale donato dagli eikon.
Per quanto riguarda le abilità di attacco, come accennato in precedenza, esse verranno donate dagli eikon man mano che li sbloccheremo col proseguo della storia. Sarà il giocatore a decidere quali abilità andare a sbloccare e in quale ordine, spendendo i punti esperienza a accumulati salendo di livello. É possibile in qualsiasi momento del gioco andare a “resettare” le abilità sbloccate per spendere i punti in maniera differente. Questo permette, una volta individuate le abilità a noi più consone, di investire solo su quelle, lasciando da parte quelle inutilizzate.
Risulta quindi chiaro come l’aspetto gestionale, seppur presente, non abbia decisamente un ruolo preponderante in Final Fantasy XVI, che predilige un approccio più improntato all’azione. Va comunque riconosciuto il buon lavoro fatto da Square con le abilità degli Eikon, che sono abbastanza diversificate tra loro e regalano animazioni ed effetti davvero belli e spettacolari.
Conclusione
Final Fantasy XVI è certamente un ottimo gioco. Un’avventura dalla trama emozionante e coinvolgente, con una grafica ed un sonoro di altissima qualità e un battle system immediato e funzionale.
Purtroppo il gioco è penalizzato dal livello di difficoltà davvero troppo basso e da una gestione delle abilità e dell’equipaggiamento fin troppo limitata e semplificata. Anche le missioni secondarie risultano spesso deludenti e ripetitive, sebbene le cacce siano divertenti ed intriganti.
Al netto di questi difetti, Final Fantasy XVI resta un’ottima avventura 3D, consigliatissima sia ai fan della saga che agli appassionati del genere, che potranno godere di un’ottima storia immersi in un mondo di gioco credibile e spettacolare.
Dettagli e Modus Operandi
Piattaforme: PS5
Data uscita: 22/06/2023
Prezzo: 59,99 €
Ho testato il gioco a fondo poco dopo il day one su PlayStation 5.
Questo sito web usa Cookie al fine di fornire la migliore esperienza possibile. Le informazioni Cookie sono conservate sul tuo browser e hanno il compito di riconoscerti quando torni sul nostro sito web. Inoltre, sono utili al nostro team per capire quali seizioni del sito web sono maggiormente utili e interessanti.
Cookie strettamente necessari
I cookie strettamente necessari dovrebbero essere sempre attivati per poter salvare le tue preferenze per le impostazioni dei cookie.
Se disabiliti questo cookie, non saremo in grado di salvare le tue preferenze. Ciò significa che ogni volta che visiti questo sito web dovrai abilitare o disabilitare nuovamente i cookie.
Cookie di terze parti
Questo sito web usa Google Analytics, Hotjar e Facebook Pixel per collezionare informazioni anonime come il numero di visitatori sul sito e le pagine più popolari.
Mantenere questo Cookie abilitato ci permette di migliorare il nostro sito web.
Attiva i cookie strettamente necessari così da poter salvare le tue preferenze!