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Fatal Fury: la storia della saga

Parlando del genere picchiaduro, i primi titoli a balzare alla mente dei videogiocatori sono certamente Tekken e Street Fighter. Tuttavia, per tutto il corso degli anni 90 e per parte del decennio successivo, la giapponese SNK è stata senz’altro una delle eccellenze assolute nell’ambito dei giochi di lotta. Fatal Fury, assieme a The King of Fighters, è stata certamente la saga di maggior successo della casa di Osaka.

Col passare degli anni, la saga ha purtroppo perso gran parte della sua popolarità. Nel corso della sua storia, tuttavia, Fatal Fury ha raggiunto livelli di successo notevoli, soprattutto in Giappone. Qui alla saga vennero dedicati manga, numerosissimi gadget e persino dei film di animazione.

Recentemente, dopo una lunghissima attesa, Fatal Fury è tornato a far parlare di se. A fine mese infatti è prevista l’uscita di City of Wolves, ultima incarnazione del franchise. In attesa di scoprire se il gioco avrà le carte in regola per riportare in auge la saga, ripercorriamo insieme le tappe più importanti della nascita e dell’evoluzione di Fatal Fury. Pronti al ritorno dei lupi?

Le origini di Fatal Fury

Fatal Fury

Il primo Fatal Fury apparve nelle sale giochi giapponesi il 21 novembre 1991, col titolo completo di Garō densetsu – Shukumei no tatakai, ovvero “La leggenda del lupo affamato – La battaglia del destino”, che giunse in occidente col titolo Fatal Fury: The King of Fighters.

La trama del gioco vede i due fratelli Terry ed Andy Bogard, spalleggiati dall’amico Joe Higashi, intraprendere un lungo viaggio per vendicarsi del signore del crimine esperto di arti marziali Geese Howard, colpevole dell’omicidio del padre dei due fratelli.

Dal punto di vista del Gameplay, il gioco ripropone lo schema visto in Street Fighter 2, coi due lottatori posti uno di fronte all’altro e intenti a suonarsele a suon di attacchi leggeri, potenti e mosse speciali. Nel corso della modalità single player, erano presenti una serie di livelli bonus. Questi ultimi, una volta superati, rivelavano le combinazioni per eseguire le varie mosse speciali dei personaggi.

La novità introdotta da Fatal Fury consisteva nella presenza di due piani di gioco differenti. Durante la lotta, tramite la pressione di un tasto, era infatti possibile spostare il proprio lottatore da un piano all’altro. Questa meccanica, sebbene solo abbozzata, donava agli scontri un pizzico di varietà in più e permetteva a Fatal Fury di distinguersi dalla concorrenza. Inoltre il titolo SNK poteva vantare una grafica molto curata e ben definita ed una grande attenzione alla trama e alla caratterizzazione dei personaggi.

Queste caratteristiche permisero a Fatal Fury di ottenere un buon successo, sebbene, diverse critiche colpirono il basso numero di personaggi giocabili (solo tre nella modalità ad un giocatore) e l’eccessiva difficoltà di gioco. Il titolo venne anche convertito per varie console casalinghe, con la versione Neo Geo che risultava facilmente la migliore.

Tra sequel e special

Visto il buon successo raggiunto, SNK decise di realizzare un sequel per la saga dei Bogard. Nel dicembre del 1992 ecco dunque arrivare Fatal Fury 2 (titolo originale Garō Densetsu 2: Arata-naru Tatakai, cioè La leggenda dei lupi famelici 2: la nuova battaglia).

La trama vede Wolfgang Krause, fratellastro di Geese, organizzare un nuovo torneo per fidare colui che aveva sconfitto Howard. Inutile dire che Terry riuscirà nuovamente ad abbattere il rivale, confermandosi campione. Rispetto al predecessore, Fatal Fury 2 presentava un roster molto più vasto, tra cui spiccavano Mai Shiranui, provocante lottatrice esperta di ninjutsu e Kim Kaphwan, lottatore koreano destinato a diventare una delle colonne della saga.

Fatal Fury 2 presentava anche varie migliorie al gameplay, col ritorno dei due piani di gioco e la possibilità di spostarsi da uno all’altro in qualsiasi momento. compaiono anche una super mossa particolarmente distruttiva e l’evasion attack, una sorta di contromossa eseguibile parando gli attacchi avversari col tempismo giusto.

Il successo di Fatal Fury 2 fu enorme, soprattutto nelle sue versioni casalinghe, tra cui brillavano quelle per SNES e Mega Drive. L’anno successivo vide la luce una versione migliorata di Fatal Fury 2, ovvero Fatal Fury Special. Questo gioco, considerato uno dei migliori della saga, poteva vantare un roster ulteriormente ampliato, una maggiore velocità e l’inserimento di un rudimentale sistema di combo. Terminando il gioco senza perdere neppure un round era possibile affrontare Kyo Kusanagi, il protagonista di The King of Fighters.

Non c’è due senza tre

Fatal Fury

Dopo l’edizione Special, la serie si prese una piccola pausa. Nel marzo 1995, però, ecco arrivare il terzo capitolo, ovvero Fatal Fury 3: Road to the Final Victory ( Garō Densetsu 3 Harukanaru Tatakai in originale). Questo terzo episodio apportò numerosi cambiamenti al gameplay.

Anzitutto il sistema del combattimento a più piani venne implementato, con l’aggiunta di un terzo piano di gioco e la possibilità di eseguire numerosi attacchi che potevano colpire l’avversario anche se si trovava su un piano differente. Inoltre il giocatore ebbe la possibilità di eseguire salti di differente intensità ed altezza. Anche il sistema di combo venne perfezionato.

La modifica più impattante però fu l’inserimento delle super mosse, attacchi particolarmente devastanti eseguibili nel momento in cui la barra dell’energia iniziava a scarseggiare. Ogni personaggio disponeva anche di una seconda super nascosta, la cui esecuzione risultava però difficilissima, in quanto l’attivazione avveniva solamente con una percentuale molto limitata di successo. Il gioco, oltre che in versione arcade, apparve anche su Neo Geo, Neo Geo CD e Sega Saturn, ottenendo un ottimo successo sia dalla critica che tra i fan.

La serie Real Bout

Sempre nel 1995, a dicembre, SNK pubblicò anche Real Bout Fatal Fury (Real Bout Garō Densetsu), primo capitolo della sottosaga Real Bout. Caratteristica principale di questo gioco e dei suoi succesori era un motore grafico particolarmente curato e spettacolare, che rendeva il gioco molto più simile ad un anime giapponese.

Anche il Gameplay presentava numerose migliorie, grazie all’introduzione di una barra dell’energia spirituale, che poteva essere sfruttata per eseguire vari contrattacchi e mosse speciali. Anche le famigerate abilità nascoste, attivabili solo nel momento in cui la barra dell’energia raggiungeva livelli critici, fecero il loro ritorno. Questa volta però la loro esecuzione risultava più semplice, anche se condizionata dalla barra dell’energia spirituale. vennero anche introdotte alcune arene in cui era possibile vincere per ring out, scaraventando l’avversario fuori dallo stage.

Anche il roster venne ulteriormente ampliato, con volti vecchi e nuovi, mentre la trama si incentrava sull’ascesa di Geese Howard, che al termine del gioco precedente era riuscito ad impossessarsi di alcune potentissime pergamene.

Una saga nella saga

Negli anni seguenti, SNK pubblicò altri due episodi della saga Real Bout. Il primo, Real Bout Fatal Fury Special, uscì nel 1997, sempre in versione arcade e Neo Geo. Il gioco era un semplice perfezionamento dell’episodio precedente, impreziosito da un maggior numero di personaggi e da un comparto tecnico perfezionato.

Di questo gioco venne realizzata anche una versione aggiornata per Playstation, denominata Real Bout Special: Dominated Mind. Questa edizione era impreziosita dalla presenza di numerose sequenze animate realizzate dalla Sunrise, oltre che da un nuovo potenziamento del roster.

Nel marzo 1998 fu la volta di Real Bout fatal Fury 2: The newcomers ( in originale Real Bout Garō Densetsu 2: The Newcomers, Real Bout Legend of the Hungry Wolf 2). RB2 ridimensionava il ruolo dei piani di gioco, ora utilizzati solo per effettuare schivate e particolari attacchi. Inoltre, il gioco potenziava in modo importante tutto l’assetto tecnico, presentando una grafica davvero spettacolare, colorata e ricca di dettagli. Particolare impressione destavano le mosse speciali, che scatenavano un uragano di luci ed effetti visivi molto appariscenti.

Sebbene tutti questi giochi fossero di qualità davvero elevata, il genere dei picchiaduro 2d stava attraversando un periodo di grande affanno, soprattutto a causa del successo dei giochi in tre dimensioni. Il pubblico tendeva ormai a preferire giochi come Tekken o Virtua Fighter ai classici giochi in 2d. Di conseguenza, la saga di Fatal Fury iniziò ad avere un ruolo sempre più marginale nel mercato.

Esperimenti e spin off

Vista la situazione, SNK decise di spostare anche la sua saga più famosa al mondo delle tre dimensioni. Nel gennaio 1999 apparve nelle sale giochi Fatal Fury: Wild Ambition, poi convertito anche per la prima Playstation. Il gioco riproponeva la trama e l’ambientazione del primo Fatal Fury, aggiungendo numerosi personaggi al cast originale.

Pur presentando una grafica tridimensionale e lottatori realizzati tramite modelli poligonali, il gameplay di Wild Ambition non si discostava in maniera pesante dagli altri titoli della saga. I movimenti, le mosse speciali e le dinamiche degli scontri seguivano infatti i ritmi settati dalla saga Real Bout. I lottatori avevano la possibilità di muoversi in profondità, ma queste schivate andavano semplicemente a sostituire l’utilizzo dei due piani di gioco visto nei titoli precedenti.

Questa natura ibrida del gioco non seppe conquistare né la critica né i fan, che riservarono a Wild Ambition un’accoglienza molto tiepida. Questo risultato convinse SNK del fatto che Fatal Fury fosse una saga ormai legata a doppio taglio alle caratteristiche dei picchiaduro 2d.

Dedichiamo una menzione anche a Fatal Fury: First Contact, unico episodio della serie ad essere uscito in formato portatile. Il gioco uscì sempre nel 1999 su Neo Geo Pocket

L’ultimo ululato

Nel novembre del 1999 uscì quello che è stato a lungo l’ultimo episodio della saga, ovvero Garou: Mark of the Wolves, conosciuto anche come Fatal Fury: Mark of the Wolves nella versione Dreamcast. Con questo gioco, SNK decise di provare a dare una sterzata decisiva alla serie. Mark of the Wolves è infatti ambientato ben dieci anni dopo l’ultimo episodio della saga e sostituisce praticamente tutti i vecchi lottatori, con la sola eccezione di Terry. Il ruolo del protagonista passò a Rock Howard, figlio adottivo di Terry.

Dal punto di vista del gameplay, il gioco presentava, in generale, un approccio più semplice rispetto al passato, per incoraggiare i neofiti. Vennero introdotti la Tactiacal Offense Position, con la quale il giocatore poteva selezionare una zona della sua barra dell’energia, una volta raggiunta la quale il personaggio avrebbe sbloccato tutta una serie di potenziamenti. Venne inoltre introdotto il sistema “just defend”, che donava una serie di vantaggi in base alla precisione con cui venivano eseguite parate e schivate.

Tecnicamente parlando, il gioco era di qualità elevatissima, con sfondi dettagliatissimi e personaggi realizzati ed animati in maniera superba. Anche il sonoro svolgeva il suo compito in maniera egregia, con musiche molto azzeccate e d’atmosfera.

Il gioco fu accolto molto calorosamente e ricevette generalmente recensioni molto positive, al punto da essere spesso accostato a Street Fighter 3. Nonostante questo, il declino della saga (e del genere dei picchiaduro 2d in generale) sembrava ormai inarrestabile. Dopo Mark of Wolves, infatti, non fu realizzato nessun nuovo Fatal Fury. Almeno, fino ad ora.

La città dei lupi

Fin dal 2005 SNK aveva rivelato di avere in serbo un progetto sul sequel di Mark of Wolves. Tuttavia, col tempo, l’idea venne accantonata e, nel 2016, gli sviluppatori rivelarono che la versione Neo Geo del gioco era stata cancellata. Tuttavia, nel 2020 il direttore Kuroki rivelò che la volontà di realizzare questo nuovo episodio della saga era ancora ben salda.

Durante l’EVO del 2022 fu per la prima effettuato l’annuncio ufficiale del gioco. Negli anni successivi sono state diffuse sempre maggiori informazioni, oltre, naturalmente, ai primi trailer. Da quel che traspare, il gioco sembra allinearsi alle ultime produzioni SNK, come Samurai Shodown e The King of Fighters XV. Tra poche settimane sapremo se City of Wolves sarà all’altezza della sua eredità e se i lupi famelici torneranno a lottare per il dominio del territorio dei picchiaduro!

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Dragon Ball Sparking Zero,superate le 5 milioni di copie vendute

Dragon Ball Sparking Zero ha raggiunto l’obiettivo delle cinque milioni di copie vendute. Questo risultato, ottenuto in relativamente poco tempo, ha permesso gioco di Bandai Namco di consacrarsi come il titolo di Dragon Ball più venduto in minor tempo. Pubblicato lo scorso ottobre, il videogioco ha ricevuto grande apprezzamento dalla critica e dai fan, consolidando la sua posizione nel genere dei picchiaduro in arena.

Disponibile per PlayStation 5, Xbox Series X/S e PC tramite Steam, il titolo ha attirato milioni di giocatori grazie al suo comparto grafico e al gran numero di personaggi giocabili disponibili, oltre 180. L’enorme successo di Sparking Zero dimostra la forza del brand Dragon Ball nel mondo videoludico. Non a caso, Bandai Namco ha già annunciato aggiornamenti futuri, con nuovi DLC, tornei ufficiali e contenuti inediti per mantenere vivo l’interesse dei giocatori.

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I migliori Picchiaduro del 2024

É trascorsa ormai più di una settimana dalla cerimonia dei Game Awards del 2024. Come tutti saprete, ad aggiudicarsi il titolo di miglior picchiaduro dell’anno è stato Tekken 8. Sebbene il 2024 non abbia riservato grandissime gioie agli amanti dei giochi di combattimento, non sono mancati i titoli interessanti. In questo articolo analizzeremo uno per uno i migliori picchiaduro del 2024, ovvero i cinque giochi che hanno ricevuto la nomina agli awards, per scoprire i punti di forza e le criticità di ognuno di essi.

Tekken 8

E partiamo proprio dal re dei picchiaduro 2024. Su Tekken 8 si è già detto davvero tutto. Bandai Namco ha saputo realizzare un titolo davvero ricco, completo, profondo e divertentissimo. Tekken 8 offre una modalità storia lunga e spettacolare, una innovativa modalità arcade e una modalità online estremamente funzionale e adatta sia ai professionisti che ai neofiti.

Come se non bastasse, Tekken 8 è uno dei pochi giochi della lista ad essere un vero picchiaduro competitivo (su questo punto torneremo più avanti) e a restare fedele a tutti i canoni che hanno fatto la fortuna della serie di Tekken. Alla luce di tutti queste argomentazioni, a giudizio di chi scrive, Tekken 8 ha meritato ampiamente la vittoria agli awards. Per un ulteriore approfondimento, rimandiamo alla nostra recensione.

Dragon Ball: Sparking! Zero

Migliori picchiaduro 2024

Se c’è stato un gioco in grado di insidiare la vittoria di Tekken 8, questo è stato certamente Dragon Ball Sparking Zero. L’ultimo gioco dedicato a Goku e compagni offre in effetti un’offerta davvero valida, con decine di modalità, un numero esorbitante di personaggi e un gameplay semplice ed accessibile ma anche molto soddisfacente e divertente.

A nostro giudizio, però, il tallone d’Achille di Sparking Zero è stato proprio vendersi per quello che non è. Come abbiamo ribadito più volte in sede di recensione, infatti, Sparking è un picchiaduro arena, non un picchiaduro tradizionale. Le meccaniche del suo gameplay lo rendono molto più adatto ai giocatori casual che ad un pubblico competitivo per definizione come quello degli amanti dei picchiaduro.

I problemi riscontrati in molti degli eventi dedicati al gioco sono un elemento a favore della nostra tesi. Di conseguenza, sebbene Sparking Zero sia stato un vero e proprio fenomeno di massa per quanto riguarda vendite e attenzione mediatica, abbiamo apprezzato la scelta degli organizzatori di premiare Tekken 8, sebbene Sparking resti un titolo davvero valido, ricco e divertente.

Granblue Fantasy Versus: Rising

Migliori picchiaduro 2024

Tra tutti i titoli in corsa per l’award, Granblue Fantasy Versus: Rising è forse quello che avrebbe meritato maggiori fortune. L’ultima fatica di Arc System infatti è un picchiaduro profondo, divertente da giocare e assolutamente spettacolare da vedere.

Sulla falsariga di Dragon Ball Fighters, Rising presenta una grafica 2d assolutamente superba, al punto da sembrare addirittura più bello da vedere di un film di animazione. Il combat system è molto complesso e tecnico, ma riesce allo stesso tempo a risultare divertente ed appagante. Rising è anche estremamente ricco di contenuti, con un roster enorme ed in continua espansione, un gran numero di modalità e un online reso impeccabile dall’uso sapiente del rollback netcode.

Per quanto ci riguarda, se c’era un gioco in grado di contendere fino alla fine il premio a Tekken 8, questo era proprio Granblue Fantasy Versus Rising. Se siete amanti del genere e vi eravate persi questa autentica perla correte subito a recuperarlo. Ne varrà la pena.

Multiversus

Non possiamo negare di essere rimasti sorpresi dalla presenza di Multiversus tra i migliori picchiaduro 2024. Nonostante l’ottimo successo di pubblico, infatti, il titolo Warner è stato funestato dai problemi fin dalla sua uscita in forma di beta, nel luglio 2022.

Multiversus è un picchiduro con meccaniche platform, molto simile sia in estetica che in gameplay alla saga di Super Smash Bros. Punto di forza del titolo è indubbiamente il suo roster sterminato, che unisce i personaggi della DC Comics a tutte le altre proprietà intellettuali di Warner, dai Looney Tunes a Game of Thrones.

Nonostante il gameplay scanzonato e divertente, il gioco ha sofferto da sempre di enormi problemi di bilanciamento, ulteriormente peggiorati dalla qualità dell’online, non sempre all’altezza. Molte critiche sono state rivolte anche al sistema di microtransazioni all’interno del gioco.

Nonostante tutto, il successo di multiversus è stato enorme. L’amore mostrato dai fan e la buona volontà messa in campo da Warner nell’aggiornamento costante del gioco sono certamente un segnale molto positivo. Restano tuttavia diverse perplessità nel vedere in una classifica così importante un gioco che, per molti aspetti, è più simile ad un party game che ad un picchiaduro. Soprattutto un gioco che, finora, ha mostrato così tante criticità.

Marvel vs Capcom Fighting Collection: Arcade Classics

Milgiori picchiaduro 2024

E qui arriviamo davvero alle note dolenti. Intendiamoci: non abbiamo nulla contro l’ottima collection imbastita da Capcom. In sede di recensione, abbiamo anche lodato questa ricchissima raccolta. La domanda che dobbiamo porci però è un’altra. Una raccolta di giochi di oltre 20 anni fa può essere considerata uno dei migliori picchiaduro del 2024? Per quanto ci riguarda, la risposta è un deciso no.

Ribadiamolo di nuovo: la collezione è di buonissimo livello. Tutti i giochi all’interno sono godibili e divertenti, con Marvel vs Capcom 2 che resta tuttora un capolavoro. Tutti i titoli della saga crossover di Capcom presentano gameplay frenetici e divertenti e una grafica coloratissima e in grado di ricreare fedelmente le atmosfere dei fumetti Marvel.

Tuttavia resta davvero difficile considerare questo prodotto uno dei migliori picchiaduro dell’anno. Il fatto che questo gioco sia stato inserito tra i candidati al premio deve farci tutti riflettere su quanto nel 2024 il genere dei fighting games sia passato in secondo piano.

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Dragon Ball Sparking! Zero si amplia con nuovi personaggi di DAIMA

La serie anime Dragon Ball DAIMA introduce nuovi personaggi nei principali titoli di Dragon Ball. Tra questi, Dragon Ball: Sparking! ZERO vedrà l’arrivo di Glorio e Vegeta (Mini) come parte del DLC 2, ampliando ulteriormente il roster di combattenti disponibili.

Oltre a Sparking! Zero, Dragon Ball DAIMA influenzerà anche altri giochi del franchise. In Dragon Ball Xenoverse 2, Goku (Mini) sarà giocabile con il prossimo aggiornamento, mentre Dragon Ball Z: Kakarot aggiungerà lo stesso personaggio nel suo DLC, immergendo i giocatori nel mondo di DAIMA con nuove battaglie e avventure.

Il DLC 2 di Dragon Ball: Sparking! ZERO offrirà quindi nuove opzioni ai fan, che potranno utilizzare personaggi inediti come Glorio e Vegeta (Mini).

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Dragon Ball Sparking! ZERO, record di vendite e picco di utenti su Steam

Il nuovo titolo della serie Dragon Ball, Dragon Ball Sparking! ZERO, ha registrato un clamoroso successo in tutto il mondo, vendendo oltre 3 milioni di copie nelle prime 24 ore dal lancio. Rilasciato l’11 ottobre 2024 da Bandai Namco Entertainment e sviluppato da Spike Chunsoft, il gioco ha conquistato i fan grazie al gameplay tipico della serie Budokai Tenkaichi. Disponibile su PlayStation 5, Xbox Series X|S e PC via Steam, Sparking! ZERO ha raggiunto anche un picco di oltre 120.000 giocatori simultanei su Steam, segno di una calorosa accoglienza da parte della community di videogiocatori.

Il titolo, atteso come il primo sequel della serie Budokai Tenkaichi in più di 15 anni, si distingue per l’offerta di combattimenti intensi e modalità innovative. Tra queste spicca la Episode Battle, che permette ai giocatori di rivivere le epiche battaglie della serie anime, e le Battaglie personalizzate, in cui è possibile creare e condividere scenari unici. Con un roster impressionante di 182 personaggi giocabili e un’ampia varietà di modalità multiplayer, Sparking! ZERO si sta già affermando come uno dei capitoli più acclamati del franchise.

L’ottima accoglienza critica e il supporto della fanbase confermano che Dragon Ball Sparking! ZERO è destinato a diventare un nuovo punto di riferimento nel panorama dei picchiaduro a tema anime.

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Dragon Ball Sparking! Zero è finalmente disponibile

I sayan tornano sul pianeta terra e nello specifico all’interno delle nostre console. Ben 15 anni dopo il Sparking! Meteor, noto in Occidente come Budokai Tenkaichi 3, Bandai Namco pubblica il quarto capitolo della serie con lo stesso nome per tutte le versioni: Sparking! Zero.

Dragon Ball Sparking! Zero di Spike Chunsoft (ultimo titolo pubblicato: Pokémon Mystery Dungeon: Squadra di soccorso DX) è ora disponibile per PlayStation 5, Xbox Series X|S e PC. Per l’occasione il picchiaduro di Bandai Namco si è mostrato ancora un’ultima volta in un trailer.

Tra le caratteristiche principali di Sparking! Zero c’è un roster enorme di 181 personaggi giocabili e diverse modalità di gioco sia single player che multiplayer. Tra le modalità di combattimento più interesanti citiamo Episodio battaglia, in cui i giocatori potranno rivivere alcune delle battaglie più iconiche di Dragon Ball con diversi protagonisti e antagonisti del manga e dell’anima. La campagna includerà alcuni percorsi alternativi del tipo “What if“, in cui i videogiocatori potranno sfruttare abilità e scelte per sbloccare e sperimentare nuovi racconti unici.

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Marvel VS Capcom Fighting Collection Arcade Classics – Recensione

Negli scorsi mesi, in maniera quasi del tutto inattesa, Capcom ha annunciato l’uscita di una collection dedicata alla saga Marvel vs Capcom. Questa collection è stata accolta in modo molto positivo dai fan.

Dopo la delusione di Marvel VS Capcom Infinite, questa raccolta, per molti fan, rappresentava la possibilità di ritrovare al massimo del suo splendore una saga che, nei primi anni duemila, godeva di grande popolarità, soprattutto tra i fan del genere picchiaduro.

Questa raccolta, come vedremo, raccoglie di fatto tutto il meglio della serie, compreso un gradevole extra. Questi vecchi classici avranno però l’appeal necessario per giustificare l’acquisto del gioco?

Un’offerta molto ricca

L’offerta che Capcom propone con questa collection è certamente molto ricca e completa. Arcade classics contiene l’intera serie VS, composta da X-Men Vs Street Fighter, Marvel Super Heroes Vs Street Fighter, Marvel Vs Capcom e Marvel Vs Capcom 2. Capcom ha saggiamente deciso di includere anche X-Men Children of the Atom e Marvel Super Heroes, di fatto i capostipiti della saga.

Come ciliegina sulla torta, è stato inserito nella raccolta anche The Punisher, divertente picchiaduro a scorrimento 2d dedicata al tetro giustiziere Marvel. Si tratta di un vero e proprio concentrato di azione da sala giochi anni 90 che, sebbene un po’ fuori luogo, risulta davvero divertente e piacevole da giocare ancora oggi.

Tutti i titoli sono presenti nelle loro versione Arcade, con la possibilità di effettuare alcune personalizzazioni. Il giocatore può infatti scegliere quale versione del gioco caricare (giapponese o inglese), il livello di difficoltà, i filtri grafici da inserire (se si desidera farlo) e persino se inserire delle cornici per personalizzare lo schermo.

Durante il gioco è possibile effettuare un salvataggio in qualsiasi momento della partita e consultare il set di mosse dei nostri personaggi. Ogni gioco è poi impreziosito dalle immagini dei cabinati originali, che mostrano tramite illustrazioni i comandi principali di ogni gioco. Un vero e proprio tocco di classe per i nostalgici!

Completa l’offerta l’inserimento di una modalità allenamento. Quest’ultima, purtroppo, risulta appena abbozzata. Se infatti sono presenti sia le hit box dei personaggi che le indicazioni dei frames delle mosse, manca totalmente un tutorial per le combo principali dei personaggi, che in questi giochi sono spesso lunghe e complesse. Davvero un peccato, anche se apprezziamo lo sforzo fatto da Capcom nel cercare di venire incontro alle esigenze dei giocatori più smaliziati.

La collection messa insieme da Capcom è dunque certamente molto ricca e variegata. Vediamo ora se i giochi all’interno sono altrettanto validi.

Mazzate mutanti

Marvel VS Capcom

Diciamo la verità: tra tutti i giochi della Collection X-Men: Children of the Atom è certamente quello invecchiato peggio. Le collisioni tra i personaggi sono spesso casuali, i danni inferti dagli attacchi sono incoerenti e spesso sproporzionati e il sistema di combo è troppo poco rifinito, permettendo ai più esperti di eseguire sequenze di attacchi praticamente infinite.

Come se non bastasse, l’intelligenza artificiale della CPU risulta incoerente, con avversari che sembrano spesso leggere in anticipo i nostri comandi per anticiparci, salvo poi cascare in “trabocchetti” banali come attacchi a distanza scagliati a mezzaria eseguiti a ripetizione. Tuttavia, X-Men COTA mantiene un fascino ed un carisma davvero enormi. Gli sprites enormi e definiti, lo stile grafico fumettoso, la frenesia del gameplay e l’enorme numero di mosse e abilità a disposizione rendono l’esperienza ancora gradevole, nonostante i numerosi difetti.

Le principali innovazioni portate da X-Men consistono nella possibilità di effettuare enormi salti durante lo scontro e nella possibilità di sfruttare i differenti livelli della barra special per ricorrere ad attacchi ed abilità speciali. Oltre alle devastanti Hyper X, infatti, ogni personaggio dispone di particolari X-abilities. Queste ultime spesso non consistono in veri e propri attacchi, bensì in poteri speciali, come la capacità di volare, un temporaneo potenziamento dei nostri attacchi e persino la capacità di recuperare la nostra energia.

Nel complesso, X-men COTA resta un buon picchiaduro, che avrà sicuramente un grande valore nostalgico per chi, come me, lo ha giocato all’uscita in versione arcade nel 1994 e, non disponendo di un Sega Saturn, non ha mai potuto godere di una conversione all’altezza. Una menzione speciale merita Magneto, boss finale del gioco. Ancora oggi fatico a trovare avversari finali più ostici e difficili del signore del magnetismo.

Eroi marvel in azione

Uscito per la prima volta nel 1995 come sequel diretto di X-men COTA, Marvel Super Heroes migliora il predecessore sotto ogni aspetto. MSH presenta animazioni più pulite, un sistema di combo e combo aeree più preciso e divertente ed un roster che comprende eroi provenienti dall’intero mondo Marvel. La barra dell’energia spirituale può ora essere riempita fino a tre livelli differenti e viene utilizzata dai nostri eroi per effettuare i loro attacchi speciali, che vanno a consumare un livello di barra ciascuno.

Il gioco si ispira alla famosissima saga del Guanto dell’Infinito (dalla quale ha preso spunto anche l’MCU) e presenta il titano Thanos come antagonista principale. Nel corso dei vari scontri, gli eroi sbloccano l’accesso a tutte e sei le gemme dell’infinito. Il giocatore può usare le gemme a sua disposizione in ogni momento della battaglia. Ogni gemma dona particolari capacità, che vanno dalla velocizzazione dei movimenti al dono di una super corazza. Un’idea davvero niente male, che dona agli scontri ancora più incertezza e varietà.

Unico vero neo del gioco è il suo roster. Sebbene contenga molti dei principali eroi e villain dell’universo Marvel, l’assenza di mostri sacri come Thor, i fantastici 4 o Silver Surfer si fa sentire. Soprattutto se al loro posto troviamo personaggi come Blackheart (il figlio di Mefisto) e Shuma Gorath, assolutamente sconosciuti ai più.

Che il crossover abbia inizio!

Marvel VS Capcom

Coi due giochi successivi, ovvero X-Men vs Street Fighter e Marvel Super Heroes vs Street Fighters, rispettivamente del 1995 e 1996, la serie assume quelle che diventeranno le sue caratteristiche più peculiari. Entrambi questi giochi infatti propongono battaglie a coppie, in cui il giocatore può selezionare i suoi personaggi scegliendo tra gli eroi della marvel e i combattenti della strada di Capcom.

Durante la sfida i lottatori possono essere scambiati in ogni momento, mentre il match termina nel momento in cui entrambi i lottatori di una squadra vengono sconfitti (senza alcun secondo round). I lottatori hanno anche la possibilità di collaborare per scatenare tremende e spettacolari super combinate, che consumano ben due indicatori della barra special. Il partner può anche essere sfruttato per effettuare dei contrattacchi mentre nell’istante in cui si blocca un colpo nemico.

MSHvsSF introduce anche la possibilità di convocare in ogni momento il nostro partner per fargli effettuare un attacco “assist”, in grado sia di cogliere di sorpresa l’avversario che di estendere le nostre combo. Questi giochi introducono anche i famigerati Boss giganti, dal momento che il mastodontico Apocalisse occupa praticamente tutto lo schermo con la sua mole!

Se XMvsSF risulta tuttora un gioco davvero divertente e spettacolare, sebbene ancora piuttosto acerbo, MSHvsSF sembra molto meno ispirato. A penalizzare questo gioco è soprattutto il roster, davvero scialbo e poco azzeccato, con numerosi personaggi riciclati da MSH e X men COTA. Anche la resa generale risulta molto pressapochista, con musiche e sfondi ripresi dai giochi precedenti in maniera praticamente identica.

Marvel VS Capcom

Marvel vs Capcom

Con Marvel vs Capcom, del 1998, la formula dei giochi precedenti viene migliorata e perfezionata. Tornano gli scontri a coppie, arricchiti dalla presenza di un terzo personaggio, il cui utilizzo è legato unicamente agli attacchi di supporto. Questi personaggi sono richiamabili solo per un numero limitato di volte, dunque il loro uso deve essere dosato con attenzione.

Oltre alle devastanti super combinate, MVC consente anche di schierare per un tempo limitato entrambi i personaggi contemporaneamente (il secondo agisce in modo speculare al primo), permettendo al giocatore di scatenare terribili combo personalizzate.

Anche il comparto tecnico del gioco risulta davvero di buon livello, con grafica e sonoro ritoccate, una serie di nuovi stages e un roster all’altezza della situazione. Certo, come nei titoli precedenti, i personaggi non sono bilanciatissimi e l’azione risulta fin troppo caotica per esaltare la tecnica, ma MVC resta un picchiaduro divertente e vario.

Marvel VS Capcom 2: Il capolavoro

Marvel vs Capcom 2: New Age of Heroes, uscito nel 2000 in versione arcade e, successivamente, su Sega Dreamcast, è certamente il titolo migliore della collectione. Forte di un roster di ben 56 personaggi, di un rinnovato motore grafico e di un sistema di controllo finalmente limato e perfezionato, MVC2 migliora e perfeziona praticamente ogni elemento della saga.

Il gioco propone scontri 3 vs 3, mantenendo la possibilità di effettuare mosse combinate e di “convocare” i personaggi non in gioco per effettuare attacchi assist. Questo sistema, unito all’enorme numero di personaggi selezionabili, potenzia la giocabilità in modo incredibile. L’enorme numero di lottatori e mosse a disposizione permette infatti ai giocatori di assemblare la propria squadra in maniera strategica.

Si può ad esempio mettere insieme squadre in cui i personaggi compensino a vicenda i propri punti deboli. É anche possibile, per i giocatori più esperti, creare vere e proprie tattiche personalizzate, che combinino gli attacchi e le caratteristiche di ogni personaggio per creare veri e propri schemi di attacco fra loro coerenti.

Anche sotto il comparto tecnico, MVC 2 non delude, proponendo personaggi e sfondi molto più definiti rispetto ai primi giochi. Tuttavia, il miglioramento più sensibile riguarda le animazioni e la fluidità di gioco. L’azione e gli attacchi sono molto più precisi e coerenti e l’azione è sempre fluida e scorrevole, anche nelle fasi più concitate. MVC 2 riesce finalmente a realizzare quell’equilibrio tra velocità d’azione e abilità tecnica, che fino ad allora era sfuggito alla serie Capcom.

Non a caso, questo gioco è stato uno dei protagonisti assoluti di numerose edizione dell’EVO ed è tutt’oggi richiesto e supportato da molti giocatori professionisti. Grazie a Capcom, finalmente MVC 2 è a disposizione di ogni giocatore, in una versione facilmente fruibile e che offre la miglior versione possibile di questo leggendario titolo. Non è esagerato affermare che la presenza di MVC2 giustifichi da sola l’acquisto della collection.

Conclusioni

Tirando le somme, Capcom ha realizzato davvero una collection ricca ed interessante. Ogni gioco è presente nella miglior versione possibile, con in più una buona dose di opzioni per personalizzare l’esperienza. Arricchiscono il pacchetto una modalità museo, che contiene molti degli artwork legati ai vari giochi e la modalità “medaglie”, con una serie di sfide da completare per ognuno dei titoli a disposizione.

Capcom ha inserito anche una modalità online, con tanto di sfide amichevoli, battaglie classificate e la possibilità di creare stanze personalizzate. Purtroppo, nonostante la presenza del rollback (vedi qui per approfondire), durante la nostra esperienza siamo incorsi in vari rallentamenti, anche piuttosto pesanti. Anche in questo caso, però, non ce la sentiamo di bocciare l’operato di Capcom. Stiamo comunque parlando di giochi e codici ormai molto vecchi e implementare tecnologie nuove in questo genere di prodotti è sempre piuttosto complicato.

Certo, se non siete amanti del genere e non avete giocato a questi giochi alla loro uscita, l’offerta perde sicuramente di appeal. Se però apprezzate questo genere di giochi e volete avere l’intera collezione dei picchiaduro Marvel targati Capcom a disposizione, Arcade Classic Collection è il gioco che fa per voi.

Conclusione

Marvel vs Capcom Fighting Collection: Arcade Classics è una raccolta estremamente ricca e ben assemblata. Tutti i giochi sono proprosti in versione Arcade Perfect, con varie possibilità di personalizzazione e diversi contenuti extra. L’acquisto è consigliatissimo per i nostalgici dei classici picchiaduro 2d. Ci sentiamo di consigliare il gioco anche a tutti gli amanti dei giochi di lotta. Questa collection potrebbe rivelarsi una piacevole e divertente scoperta.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: PS5, Xbox Series S|X, Switch, PC, PS4
  • Data uscita: 11/09/2024
  • Prezzo: 49,99 €

Ho testato il gioco a pochi giorni dall’uscita nella versione Switch.

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Editoriali

The King of Fighters, ascesa e declino dei picchiaduro di SNK

Nel momento in cui stiamo scrivendo questo articolo si è da poco conclusa l’edizione 2024 del prestigioso torneo EVO. Nella suggestiva cornice di Las Vegas, migliaia di giocatori da tutto il mondo si sono sfidati per il titolo di re dei picchiaduro. Accanto a mostri sacri come Street Fighter 6 e Tekken 8 (vedi qui per la nostra recensione) e a nuovi titoli come Granblue Fantasy Versus figura anche un titolo SNK appartenente ad una storica saga degli anni 90: The King of Fighters XV.

Sebbene la popolarità di questa saga non sia più quella che aveva negli anni 90, è innegabile come The King of Fighters resti un titolo di assoluto rilievo nel mondo dei picchiaduro, ancora in grado di attirare e coinvolgere un gran numero di fan.

Scopo di questo articolo è proporre una panoramica sull’evoluzione di questa saga e sui suoi episodi principali. Prepariamo le nostre Delorian e lanciamoci un viaggio indietro nel tempo, fino alla metà degli ormai mitici anni 90, alla scoperta della storia di quello che è forse il primo picchiaduro crossover di sempre.

La nascita di The King of Fighters

The King of Fighters

Il primo capitolo della saga di The King of Fighters apparve nel 1994. In quel periodo, come molti sapranno, il mercato era letteralmente dominato dai picchiaduro a incontri. Accanto a Capcom, creatrice della leggendaria saga di Street Fighter, la nipponica SNK era considerata la casa produttrice di riferimento per questo genere, grazie a saghe come Fatal Fury e Art of Fighting.

Per sfruttare ulteriormente la popolarità delle sue serie principali, gli sviluppatori di SNK ebbero l’idea di realizzare un vero e proprio crossover. Per chi non avesse familiarità con questo termine, si tratta di un’espressione nata nel mondo dei fumetti. Indica quelle storie in cui vari personaggi tratti da serie diverse si uniscono insieme. King of Fighters fu proprio questo: un picchiaduro che raccoglieva al suo interno personaggi tratti dalla più famose saghe SNK.

Nello specifico, i personaggi del roster erano tratti da Fatal Fury, Art of Fighting, Ikari Warriors (vecchio sparatutto arcade) e Psycho Soldier (strambo titolo a scorrimento a metà tra platform e sparatutto). L’altra grande novità di King of Fighters fu l’idea di proporre vere e proprie battaglie a squadre. Il giocatore avrebbe dovuto selezionare un team di tre lottatori e sfidare tutti gli altri. Nel momento in cui un personaggio veniva sconfitto era sostituito dal successivo finché tutti i combattenti di una squadra non erano più in grado di lottare.

Questo gameplay proponeva una ventata di aria fresca all’interno di un genere ormai troppo a lungo legato alla struttura al meglio dei tre round. Il gioco riproponeva lo stesso stile di comandi visto in Fatal Fury 2, con i quattro pulsanti per pugni e calci deboli o forti. Ogni lottatore disponeva di un numeroso set di mosse e di una barra dedicata alle super. Una volta riempita, questa barra garantiva un momentaneo potenziamento per le mosse del proprio lottatore, oltre alla possibilità di scatenare una super particolarmente potente che andava però a svuotare completamente la nostra barra.

Forte di tutti questi elementi, The King of Fighters 94 riuscì ad ottenere un ottimo successo, soprattutto in virtù del suo roster, composto da ben 24 lottatori. Nel gioco erano presenti anche personaggi originali, tra cui Kyo Kusanagi, protagonista assoluto, e il boss finale, Rugal Bernstein. Oltre che in versione arcade, il gioco uscì anche per Neo Geo e Playstation, ottenendo un buon successo anche in versione casalinga.

La saga di Orochi

The King of fighters

Vista l’ottima accoglienza di KOF 94, SNK decise di trasformare la sua nuova saga in un appuntamento annuale. Fino al 2003, infatti, ogni anno sarebbe apparso un nuovo capitolo della serie, accompagnato proprio dal numero dell’anno in corso. Per rendere le cose più interessanti, SNK decise di curare con attenzione anche l’aspetto della trama.

Se KOF 94 si limitava al classico espediente del torneo (il King of Fighters che da’ il titolo alla saga) organizzato dal cattivone di turno, a partire da The King of Fighters 95 le cose si fecero più interessanti. SNK decise infatti di dotare la sua serie di una vera e propria storia, che si sarebbe evoluta col procedere degli episodi. I dettagli dell’intreccio sarebbero stati rivelati al giocatore tramite le scene di intermezzo e i finali dei vari lottatori. Gli episodi che vanno da KOF 94 a KOF 97 appartengono alla cosiddetta saga di Orochi, dal nome del misterioso demone che, a partire da KOF 97, svolge la funzione di boss finale.

Questi giochi mostrano un gameplay piuttosto simile l’uno all’altro. Le novità degne di nota consistono di solito in aggiornamenti grafici e l’introduzione di alcune piccole meccaniche, di solite relative alle schivate e alla gestione delle mosse speciali. The King of Fighters 97 è indubbiamente l’episodio meglio riuscito tra questi, grazie all’ottima grafica e alla profondità del gameplay, che consente al giocatore di scegliere tra due differenti sistemi di gestione della barra delle special.

L’evoluzione della saga

The King of Fighters

L’episodio successivo della serie, King of Fighters 98, non era che un semplice aggiornamento della versione 97. Oltre non presentare alcuna trama, quest’ edizione non aggiungeva alcuna meccanica innovativa. Si limitava invece ad inserire tutti i personaggi comparsi fino a quel momento nella saga adattandoli al gameplay di King of Fighters 97.

La vera svolta avviene l’anno seguente, con The King of Fighters 99: Millennium Battle. Il gioco introduce un nuovo arco narrativo, denominato “NEST Chronicles”, incentrato sul personaggio di K, che assume il ruolo di protagonista assoluto.

Oltre al rimaneggiamento del roster, Millennium porta con sé numerose novità di gameplay. Diviene possibile scegliere fino a 4 componenti del team. I primi tre sono, come al solito, personaggi giocabili, mentre il quarto funge da supporto e può eseguire una serie limitata di mosse denominate “strike bombs”. Ritorna anche la possibilità di scegleire tra due stili differenti, ovvero il counter, più votato all’attacco e l’armor, più difensivo.

Lottatori e strikers

L’episodio seguente, intitolato semplicemente The King of Fighters: 2000 ripropone sostanzialmente la ricetta dell’edizione 99. Viene però ulteriormente ampliata la meccanica legata agli strikers. Diventa infatti possibile scegliere come supporti dei personaggi non presenti nel gioco, ma utilizzabili solamente come Strikers. In KOF 2000 è possibile richiamare gli Strikers in ogni momento, sia per prolungare le combo che come azione difensiva, al fine di bloccare l’attacco avversario.

L’edizione successiva rappresenta il primo King of Fighters a non essere sviluppato da SNK. The King of Fighters 2001: è infatti stato realizzato dal team sudcoreano Eolith e da BrezzaSoft, team formato da ex sviluppatori SNK. Questo team sarebbe in seguito divenuto Playmore. KOF 2001 conclude l’arco narrativo del NEST e porta avanti il sistema di gioco legato agli strikers. La principale novità del gioco consiste nella possibilità di variare il numero di personaggi giocabili e strikers. Il giocatore ha la possibilità di scegliere liberamente come combinare i suoi lottatori. Si possono utilizzare 4 combattenti senza alcuno striker, ricorrere a squadre miste e persino utilizzare un solo personaggio supportato da tre strikers.

Il gioco successivo della saga, The King of Fighters 2002, ripropone la formula di KOF 98. Non si tratta dunque di un vero nuovo episodio della serie ma solo di un pretesto per raccogliere insieme tutti i personaggi delle edizioni passate e permettere ai giocatori di realizzare i loro dream match. Il gioco scartava la meccanica degli strikers per riproporre i vecchi incontri 3 vs 3. Unica innovazione era un nuovo utilizzo della barra, che va potenziandosi man mano che i membri della squadra vengono eliminati.

Sebbene questi giochi continuassero a raccogliere un buon successo, soprattutto in sala, era chiaro che occorreva un salto in avanti per contrastare una concorrenza sempre più agguerrita.

Tra novità e tradizione

L’edizione 2003 di King of Fighters, la prima a non vedere la luce su Neo Geo, provò ad introdurre diverse novità. Oltre ad iniziare un nuovo arco narrativo, “Tales of Ash”, questo gioco aggiunge per la prima volta la meccanica tag. Tramite il riempimento di un’apposita barra, il giocatore ha la possibilità di scambiare il proprio lottatore con uno dei due compagni selezionati. Questa innovazione, sebbene coraggiosa, non trovò consenso unanime. Molti fan infatti non apprezzarono il profondo cambio di approccio e strategia che il tag portava con se.

Dopo The King of Fighters Neowave, ennesimo capitolo intermediario rilasciato per testare un nuovo hardware, nel corso del 2005 SNK (ormai divenuta SNK Playmore) rilasciò The King of Fighters XI. Per la prima volta, dunque, King of Fighters rinuncia al tradizionale titolo annuale a favore di una numerazione legata al numero dei giochi della saga. KOF XI ripropone il gameplay dell’edizione 2003, spingendo il sistema tag all’ennesima potenza.

Il gioco introduce un gran numero di nuove abilità, tra cui Quick Shift, Saving Shift e l’introduzione della barra delle skill, utile soprattutto ad attivare le combinazioni legate al coinvolgimento dei due lottatori non attivi. KOF XI propone anche un roster immenso, con ben quaranta personaggi selezionabili, tratti da numerosi giochi SNK. KOF XI venne recepito favorevolmente dalla critica, sebbene alcuni recensori lo ritenessero fin troppo “old school”.

Una nuova veste grafica

Forse proprio a causa di questo, per il successivo episodio SNK decise di cambiare marcia. Fu così che nel 2009 apparve The King of Fighters XII, primo episodio ad utilizzare la piattaforma Taito Type X2. Questa scelta permise la creazione di nuovissimi sprites in alta risoluzione, che andarono a sostituire tutti i precedenti.

Il risultato fu davvero impressionante, con lottatori dettagliatissimi che sfoggiavano animazioni degne di un anime di ultima generazione. Il sistema tag e il tactical shift vennero accantonati, mentre vennero inserite nuove meccaniche. In particolare, il critical counter, che donava un periodo limitato in cui il nostro personaggio subiva un potenziamento nelle combo notevole. Il guard attack e il clash invece fungevano da perfect parry, premiando l’abilità di chi fosse riuscito a padroneggiarle. Stranamente, il gioco non proponeva alcuna storia e offriva un roster di soli 20 lottatori. Questo e la mancanza di reali novità causarono al gioco un’accoglienza piuttosto tiepida.

Tra 2010 e 2011 vide la luce The King of Fighters XIII. Su preciso desiderio del designer, Yamamoto, Questo nuovo episodio eliminò le innovazioni del capitolo precedente. La decisione fu presa per cercare di riavvicinare il gameplay ai primi storici episodi della saga.

Oltre a concludere la saga di Ash, il tredicesimo capitolo introdusse nuovi elementi di gameplay, come la EX Mode, che permetteva di potenziare gli attacchi speciali dei personaggi. Abbiamo poi la Modalità Hyper Drive, che dona un periodo di counters illimitate e il drive cancel, che permette di personalizzare le combo. KOF XIII ottenne un’accoglienza generalmente positiva, ma non riuscì ad avvicinarsi al successo di titoli come Street Fighter IV.

Tra seconda e terza dimensione

Dopo il tredicesimo capitolo, King of Fighters si prese una lunga pausa. Dovettero infatti trascorrere ben sei anni prima dell’uscita di un nuovo episodio. Finalmente, nel 2016 SNK rilasciò su PS4, PC e Arcade The KIng of Fighters XIV. In maniera analoga a Street Fighter IV, KOF XIV propone personaggi e sfondi realizzati in modelli 3d, mantenendo le meccaniche tipiche di un picchiaduro a due dimensioni. KOF XIV è insomma un esponente di quelli che vengono definiti dai fan picchiaduro in 2.5d.

Il quattordicesimo capitolo della saga prosegue la trama dopo il paradosso temporale causato da Ash alla fine di KOF XII, coinvolgendo addirittura personaggi provenienti da altri universi. KOF XIV ripropone il max mode e la presenza di ben tre super differenti, tra cui la devastante Climax super special move. Il gioco propone anche una modalità pensata per principianti, la rush combo.

L’ultimo capitolo

Nonostante il buon successo di KOF XIV, i fan dovettero attendere altri sei anni prima di mettere le mani su un nuovo King of Fighters. Il 17 febbraio 2022 ecco arrivare The KIng of Fighrers XV, per PS4, PS5, PC e X-Box Series X/S.

Forte del rinomato Unreal Engine 4, questo gioco offre un livello di spettacolarità e qualità grafica elevatissimo. Il gameplay risulta assolutamente all’altezza, con la ripresa di tutti gli elementi principali di KOF XIV, che vengono al contempo implementati, per esempio col reinserimento delle mosse Ex e max. Anche il comparto online è stato curato in maniera maniacale, con la presenza di un’enorme numero di modalità e possibilità.

La trama tuttavia non ha del tutto convinto i fan. La storia del gioco infatti risulta davvero confusionaria ed irreale. A complicare ulteriormente la faccenda ci pensano i finali multipli, che vanno a confondere ulteriormente le idee. Alcuni fan hanno anche criticato i tutorial presenti nel gioco, troppo superficiali e poco chiari. Nononstante questo, KOF XV è riuscito a garantirsi un ottimo successo, ottenendo un posto di tutto rispetto persino all’interno dell’EVO e portando avanti l’eredità dell’ormai decennale saga di The King of Fighters.

Quella di The King of Fighters è una saga davvero lunga. Nel corso dei decenni, pur presentando molti cambiamenti, è sempre riuscita a restare fedele alla sua natura originaria. Proprio questo, a nostro giudizio, è il motivo del suo successo e dell’amore che i fan di questa saga le dimostrano costantemente ancora oggi.

E voi? Conoscevate la saga di The King of Fighters? Se si, quali sono i vostri giochi preferiti?

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Dragon Ball Sparking! ZERO, Super Vegeku e molti altri si aggiungono al roster

Mancano solo tre mesi all’uscita di Dragon Ball Sparking! ZERO, prevista per l’11 ottobre 2024, e come immaginabile Bandai Namco sta presentando tanti nuovi personaggi che saranno disponibili nel roster finale. Ad oggi sono ancora tanti i personaggi giocabili da mostrare e questa volta l’azienda giapponese si è concentrata sulla sfida “Spada vs Pugni”. Con un trailer dedicato, sono stati mostrati personaggi importanti, e meno importanti, provenienti da tutte le saghe di Dragon Ball.

Tra i personaggi di Sparking! ZERO che usano le spade, o che abbiano poteri molto vicino a quella che sembra essere un’arma da taglio, sono stati presentati, tra gli altri, anche: Darbula, Super Vegeku, Goku Black e Super Saiyan Rosé. Gli amanti dell’arma bianca invece potranno usare: Spopovich, Goku (Super), Goku Ultra Instinct, Ribrianne, Rozie o Anilaza.

Dragon Ball Sparking! ZERO è il sequel diretto di Dragon Ball Z: Budokai Tenkaichi 3. Arriverà questo autunno su PlayStation 5, Xbox Series X/S e PC.

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Editoriali

Streets of Rage: tutti i giochi della saga di picchiaduro a scorrimento

Il genere dei picchiaduro a scorrimento, dominatore assoluto delle sale giochi degli anni 90, oggi è quasi totalmente scomparso. Se siete tra i nostri lettori più giovani, titoli come Golden Axe, Double Dragon e Final Fight vi diranno ben poco. Coloro invece che, come chi scrive, hanno avuto il piacere di vivere l’ultimo decennio del 900, avranno certamente molti bei ricordi legati a questi giochi.

L’incredibile divertimento e soddisfazione che dava avanzare lungo lo stage riempiendo di legnate orde intere di cattivoni, soprattutto se in compagnia di un amico, resta tuttora una delle esperienze più piacevoli ed appaganti di tutta la mia carriera di videogiocatore (anche se, come spesso accade, probabilmente la nostalgia contribuisce ad addolcire i ricordi).

La saga di Streets of Rage, targata Sega, è stata certamente tra le più importanti ed apprezzate in assoluto nel suo genere, nonostante la concorrenza fosse decisamente spietata. In occasione dell’inserimento di Streets of Rage 4 tra i titoli del PS Plus Essential, abbiamo scelto di ripercorrere tutta la storia di questa gloriosa saga, che tutti i fan del mitico Sega Mega Drive ricorderanno certamente con grande affetto. Pronti a tornare a calcare le strade per distribuire un po’ di mazzate a qualche teppistello?

La nascita di una saga cult

Come già detto, a inizio anni 90 i picchiaduro a scorrimento stavano letteralmente spopolando. Per chi non fosse avvezzo al genere, non si tratta di classici giochi di lotta 1vs1 (in questo articolo puoi leggere dei migliori degli ultimi anni). Nei picchiaduro a scorrimento, infatti, il giocatore deve guidare il proprio personaggio all’interno di una serie di livelli. Nel corso di ogni stage, il nostro eroe deve vedersela con intere orde di nemici. Per fronteggiarli, il giocatore ha di solito a disposizione un discreto arsenale di attacchi e una serie di armi che è possibile raccogliere nel corso del livello.

In particolare Final Fight, uscito sul finire del 1990 e convertito in esclusiva per SNES, aveva ottenuto un successo davvero eccezionale nelle sale giochi. A questo punto Sega, impegnata col suo Mega Drive in una serrata rivalità con Nintendo per il predominio del mercato delle console, non poteva davvero restare a guardare. Ecco dunque arrivare Bare Knuckle, poi rinominato Streets of Rage nelle versioni occidentali. L’opera fu il risultato degli sforzi congiunti del Director Noriyoshi Ohba, del compositore Yuzo Koshiro e del designer Hiroaki Chino.

Ambientato in una città fittizia, il primo Streets of Rage racconta la storia di Axel, Adam e Blaze. Si tratta di tre ex poliziotti che, delusi dalla corruzione che ha ormai investito il corpo di polizia, decidono di rinunciare al distintivo per combattere la malvagia organizzazione che ha gettato la loro città nel caos, capitanata dal crudele Mr. X.

Una volta selezionato il personaggio, il giocatore avrebbe dovuto condurlo lungo una serie di otto livelli. Ogni livello presenta uno scrolling da sinistra verso destra ad eccezione dell’ultimo, che si svolge da destra verso sinistra. Per giungere alla fine del livello, il giocatore deve sbarazzarsi delle classiche orde di nemici fino al confronto col boss di fine stage. Alcuni livelli presentano anche un mini boss, che di solito appare verso la metà del percorso.

Per fronteggiare i vari cattivoni, ogni personaggio ha a disposizione un set di mosse base, che comprende la combo base del personaggio, le mosse in salto e le prese. I nostri eroi possono inoltre contare sull’aiuto della polizia. Tramite un apposito comando, è infatti possibile chiamare un’auto di poliziotti, che scatena un colpo di mitragliatrice o di lanciarazzi contro i nemici. I livelli inoltre, come da tradizione, sono disseminati di armi, utili come potenziamento momentaneo contro i vari sgherri. Degna di nota la presenza di due finali distinti del gioco, sebbene il secondo finale, quello “cattivo” potesse essere sbloccato solo giocando in modalità cooperativa.

Nonostante la qualità generale di Streets of Rage fosse sicuramente molto buona, non mancavano i difetti. I tre protagonisti apparivano molto simili tra loro, differenziandosi solo per velocità, potenza ed agilità dei salti. anche l’ambientazione, pur rendendo molto bene l’atmosfera di guerriglia urbana che voleva evocare, risultava piuttosto ripetitiva, nonostante la buona varietà dei nemici. Infine, il comparto tecnico, per quanto di buon livello, non poteva assolutamente competere con quello di giochi come Final Fight. Nonostante i suoi difetti, comunque, Streets of Rage ottenne un ottimo successo, creando i presupposti per un possibile sequel.

Il sequel perfetto

Streets of Rage

Sega decise di non farsi prendere dalla fretta, dedicando diversi mesi allo sviluppo del nuovo titolo della saga, appoggiandosi, per quanto concerne la direzione artistica, allo studio Ancient, fondato dalla famiglia di Yuzo Koshiro. Al momento della sua uscita, tra fine 1992 e inizio 1993, Streets of Rage 2 fece subito capire ai giocatori che era valsa la pena attendere.

A livello grafico, il gioco era migliorato esponenzialmente, anche grazie all’utilizzo di una cartuccia da 16 Megabit. Sia gli sprites che i fondali apparivano molto più grossi, colorati e ricchi di dettagli. Anche la qualità del sonoro appariva notevolmente migliorata, con musiche molto più varie e curate.

Streets of rage 2 racconta il ritorno di Mr. X e della sua organizzazione. Dopo aver rapito Adam, il malvagio tende una trappola ad Axel e Blaze. Per non soccombere a Mr. X, i due protagonisti chiedono aiuto a Max, gigantesco wrestler amico di Axel e a Skate, giovane fratello di Adam.

Il gameplay di Streets of Rage 2 propone numerosi miglioramenti rispetto al primo episodio. I quattro personaggi giocabili appaiono ora molto diversi tra loro, sia per le loro movenze, sia per il set di mosse, sia per le rispettive debolezze e punti di forza. Se Max appare estremamente potente, soprattutto nelle prese, ma poco mobile, Skate risulta velocissimo e agile ma poco potente. Axel e Blaze restano i personaggi più equilibrati, con quest’ultima che fa degli attacchi in salto il suo principale punto di forza.

Anche gli attacchi speciali sono stati profondamenti rinnovati. Ora ogni personaggio dispone di due attacchi speciali, eseguibili con un apposito pulsante da usare in combinazione con la croce direzionale. Questi attacchi, per quanto potenti, consumano la barra dell’energia. Occorre quindi usarli con parsimonia. Ogni personaggio dispone anche di attacchi che potremmo definire semispeciali, eseguibili con la doppia pressione della croce direzionale assieme all’attacco base.

Infine, la varietà dei nemici e dei livelli fu ulteriormente migliorata, con un numero esorbitante di nemici diversi e numerosi boss, tutti ben caratterizzati. Tra essi non possiamo non citare Shiva, penultimo boss del gioco, che diverrà una figura iconica all’interno della saga. Tutti questi elementi fecero di Streets of Rage 2 un successo assoluto, considerato ancora oggi uno dei migliori giochi per Megadrive (se non il migliore in assoluto).

Streets of Rage 3: un passo indietro

Streets of Rage

Purtroppo, l’ultimo capitolo della trilogia originale non fu, come molti si aspettavano, il canto del cigno della saga. La maggior parte dei giocatori infatti ritenne il terzo capitolo sensibilmente inferiore a Streets of Rage 2.

Quando il gioco uscì, nel 1994, Sega non stava passando un periodo semplice. Dopo gli esperimenti ben poco riusciti di Sega CD e 32X, la grande S si preparava ormai al lancio del Saturn, ma si sforzava allo stesso tempo di sostenere fino all’ultimo il Mega Drive e le sue varie espansioni. Il risultato di questa strategia fu un’enorme confusione, che finì col penalizzare anche Streets of Rage 3.

Il primo danno per la serie fu la versione occidentale del gioco, che uscì pesantemente rimaneggiata rispetto alla sua controparte giapponese. Se Bare Knuckle 3 racconta di una misteriosa e letale arma che sta causando migliaia di vittime in tutto il mondo, oggetto delle indagini dei nostri eroi, Streets of Rage 3 narra l’ennesimo ritorno di Mr. X, stavolta alla guida di un’azienda di armi robotiche. Queste modifiche naturalmente si riflettono sui dialoghi di gioco e sulle varie cutscenes. Inoltre nella versione occidentale, il giocatore aveva la possibilità di scegliere tra quattro differenti lottatori. A Blaze, Axel e Skate si affianca il dottor Zan, scienziato cyborg dotato di incredibile potenze ma dalla limitata mobilità. Nella versione giapponese invece, al roster si aggiungono tre personaggi segreti, il letale Shiva, il canguro pugile Roo e il bizzarro Ash, eliminato dalla versione occidentale per la sua chiara appartenenza al mondo LGBT.

Il gameplay di Streets of Rage 3 presentava diverse novità, come la presenza di un maggior numero di mosse speciali e un’apposita barra special che, se piena, evitava di perdere energia al momento dell’esecuzione delle special. Inoltre sono state inserite una serie di mosse “di gruppo”, che permettevano ai nostri eroi di unire le forze in un unico attacco letale. Inoltre tutti i personaggi hanno la facoltà di correre, aumentando la velocità del gameplay. Sono presenti anche una serie di attacchi speciali eseguibili con le armi. Infine, viene reinserita la meccanica del peso, presente solo nel primo Streets of Rage. In pratica alcuni nemici, dalle dimensioni eccessive, non possono essere proiettati con le prese. Ultima interessante novità è la presenza di diversi bivi nel corso dell’avventura, che condurranno ad una serie di finali multipli.

Nonostante tutte queste aggiunte, il gioco non riuscì a raggiungere il successo e i consensi del secondo capitolo. Ciò fu dovuto a diversi fattori, tra cui un impatto grafico e sonoro meno accattivante, un design dei livelli meno ispirato e il livello di difficoltà. Quest’ultimo, soprattutto nella versione occidentale, era infatti stato innalzato in maniera artificiosa, soprattutto per cercare di rendere il gioco meno veloce da completare, scoraggiando così il noleggio.

Con Streets of Rage 3 la trilogia per Megadrive si concluse. Tuttavia, nel corso degli anni i fan non smisero mai di chiedere a gran voce a Sega un nuovo episodio della saga. Sorprendentemente, nell’agosto 2018 giunse l’annuncio di un nuovo Streets of Rage, la cui uscita fu fissata per l’anno 2020.

Streets of Rage 4: il ritorno della rabbia

Prodotto da Lizardcube e Guard Crush Games e pubblicato da DotEmu in associazione con Sega, Streets of Rage 4 viene lanciato nell’aprile 2020 su PC, Xbox One, Playstation 4 e Nintendo Switch.

Il gioco è ambientato dieci anni dopo Streets of Rage 3 e racconta l’ascesa dell’ennesimo impero criminale. Responsabili della nuova organizzazione sono i gemelli Y, figli di Mr. X. Axel e Blaze, ormai ritirati dalla polizia, decidono di tornare in azione. Ad affiancarli nell’avventura troviamo Cherry, la figlia di Adam e Floyd, apprendista del dottor Zan dotato di arti meccanici.

Il gioco ripropone tutti gli elementi vincenti dei suoi predecessori, con personaggi estremamente bilanciati e ben diversificati, un set di livelli estremamente be congegnati e dalle ambientazioni varie e, soprattutto, un’eccezionale giocabilità. Rispetto ai predecessori, le principali novità sono due. Anzitutto, la possibilità di recuperare energia dopo l’esecuzione di una mossa speciale. Dopo una special, infatti, la nostra barra dell’energia cambierà colore per un po’. Durante quest’arco di tempo, sarà possibile recuperare la salute perduta malmenando i nostri nemici.

La principale innovazione però è la possibilità di prolungare le nostre combo facendo rimbalzare i nemici contro il muro tramite combo e prese. Questa trovata aumenta davvero molto la strategia ed il divertimento del gioco, permettendo al giocatore di generare una serie davvero devastante di attacchi concatenati. Ogni personaggio infine dispone di una vera e propria mossa finale, rappresentata da una stellina. Normalmente possono essere eseguite una sola volta per vita, ma è possibile raccogliere ulteriori stelle all’interno del livello. Queste mosse, oltre che devastanti, sono anche davvero spettacolari da vedere.

Il comparto tecnico risulta davvero accattivante e al passo coi tempi. La grafica del gioco infatti presenta un 2D all’avanguardia, che rende Streets of Rage 4 davvero simile ad un cartone animato anni 90 interattivo. Anche il sonoro è davvero coinvolgente e ben realizzato e funge da ottimo sfondo per i numerosi combattimenti.

Il quarto capitolo ha ricevuto un’accoglienza molto positiva, al punto che sono stati realizzati dapprima un DLC, Mr. X Nightmare e, in seguito, nel 2021, un’edizione fisica, ovvero Streets of Rage 4: Anniversary Edition. Come già segnalato, da questo mese il gioco è disponibile gratuitamente su PS Store tramite abbonamento Essential e fino ad aprile 2022 è stato disponibile anche su Xbox Game Pass. Ci sentiamo di consigliare davvero a tutti di provare questo gioco. Il divertimento è davvero garantito, soprattutto, come sempre, se in compagnia di un amico.

Ed eccoci al momento dei saluti. Conoscevate già la saga di Streets of Rage? Se si, qual’è il vostro episodio preferito?

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