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Shinji Mikami si prenderà una pausa dai survival horror

Nell’ultimo periodo il nome del leggendario Shinji Mikami è comparso più volte tra le pagine della stampa specializzata, ma ormai da tanto tempo mai per il genere che lo ha reso celebre, i survival horror. La mente dietro a diversi capolavori horror, Resident Evil e Dino Crisis su tutti, è attualmente impegnato a promuovere, Shadows of the Damned: Hella Remastered, la versione rimasterizzata dell’eccentrico action di Grasshopper Manufacture. Nell’ultima dichiarazione rilasciata, Shinji Mikami ha affermato di voler prendersi una pausa dai survival horror.

Penso di voler star per un po’ lontano dai survival horror

Shinji Mikami

Dopo aver lasciato Tango Gameworks prima della sua definitiva chiusura, Shinji Mikami ha fondato a marzo di quest’anno, Kamuy, la sua nuova casa di sviluppo su cui non si sa praticamente nulla. I primi due tasselli del puzzle ci indicano che sia coinvolto in qualche modo Suda51 e Grasshopper Manufacture, che per primi hanno dato la notizia della fondazione di Kamuy, e che come apprendiamo adesso, il maestro Mikami non sembra intenzionato a pubblicare nuovi survival horror nell’imminente futuro.

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Resident Evil 4 Separate Ways – Recensione

Mentre il buon Leon Kennedy fa di tutto per portare a casa sana e salva Ashley, la figlia del Presidente degli Stati Uniti, c’è una figura che agisce nell’ombra, che porta avanti la sua missione e che, al contempo, fa da angelo custode al nostro biondo eroe. Si potrebbe riassumere così il plot di Separate Ways, eccellente DLC di Resident Evil 4 Remake, rilasciato da Capcom a completamento del quarto capitolo della fortunata saga horror.

Da amanti della serie, un po’ ce lo aspettavamo, anzi, saremmo rimasti assai delusi se la software house nipponica avesse scelto non riproporre la storia di Ada Wong presente, perlatro, nel gioco originale del 2005 e che tante risposte aveva dato ai giocatori dell’epoca.

E dobbiamo dirlo: “Strade Separate” è un eccellente prodotto su cui gli sviluppatori hanno lavorato sia in termini di rielaborazione della trama sia per quanto concerne il comparto tecnico.

Chi vi scrive lo ha terminato in circa 4 ore e mezza a livello normale notando un ottimo bilanciamento della difficoltà che aumenta di pari passo con le attrezzature in dotazione e che potremo migliorare, riparare, vendere e comprare dal mercante, già al servizio di Leon. Ma andiamo con ordine…

Carissima Ada

Senza sfondare il muro dello spoiler, Separate Ways ci fa rivivere la spaventosa epopea in terra spagnola di Resident Evil 4 questa volta nei panni della femme fatale Ada Wong, agente segreto al soldo di Albert Wesker (ben noto cattivone che presto si prenderà la scena quale vero villain della saga), che ha come obiettivo quello di recuperare l’Ambra, da cui, pare, si sia sviluppata l’infezione che ha falcidiato il villaggio di Valdelobos e dintorni.

Resident Evil 4 Separate Ways: Ada Wong mira

La donna sarà aiutata da Luis Sera, scanzonato e simpatico ricercatore della Umbrella Corporation prima e a libro paga del famigerato Saddler poi. Le sue vicende si intrecceranno con quelle di Leon e la porteranno al loro fondamentale incontro al castello di Salazar.

Separate Ways assolve egregiamente il compito di fornire nuovi elementi alla storia di Resident Evil 4, gettando le basi per il futuro remake, da parte nostro abbastanza scontato, di Resident Evil 5.

Facendosi largo tra nemici sempre più potenti, Ada riuscirà a portare a termine la sua missione? La scopriremo essere davvero una donna di ghiaccio o mostrerà anche un lato più umano e compassionevole? Queste risposte le lasciamo a voi e ai vostri pad. Una cosa ve la diciamo però: peccato per il finale…

Azione? Altro che Leon!

Nei panni di Ada, come detto, dovremo affrontare sostanzialmente lo stesso tipo di nemici che hanno intralciato Leon ma potremo affrontare le sfide in modo diverso. La velocità degli scontri e la frenesia degli attacchi saranno, infatti, maggiori con la bella Ada, non solo per la sua spiccata agilità che, vivaddio, cancella la legnosità di Leon spalle al muro (per sapere di cosa parliamo, vi invitiamo a dare un’occhiata alla recensione di Resident Evil 4 Remake) ma anche per il rampino che potremo sia utilizzare per salire rapidamente sul tetto di un edificio, sia per avventarci sui nemici storditi in men che non si dica e finirli. E non ditemi che non vi sentivate frustrati quando non riuscivate con il biondo agente a raggiungere in tempo il ganado di turno vedendolo riprendersi e gettando a mare un parry perfetto.

Grazie al rampino potremo volteggiare da una costruzione all’altra senza problemi e affrontare i nemici da angolazioni più favorevoli. Certo, la programmazione ci impedisce di trasformarci in Batgirl e vivere un’avventura in chiave stealth e avvolti dalle tenebre ma, comunque, il rampino sarà un nostro fondamentale e fedele alleato per tutta l’avventura. Basti pensare che una bossfight che non vi sveliamo sarebbe pressoché impossibile da completare senza il suo ausilio.

Sviluppato in modo intelligente il comparto dedicato agli enigmi, diversi da quelli che hanno messo alla prova Leon ma, spesso, connessi alle soluzioni da lui trovate. Come detto, ci saremmo aspettati qualcosina in più in termini di trama, soprattutto nelle battute finali ma saremmo bugiardi se dicessimo che il gioco non sia divertente e assolutamente scorrevole.

Visto che vista?

Da un punto di vista tecnico, il DLC è quello che ci aspettavamo: il motore RE Engine, fa il suo lavoro egregiamente. La versione PC che abbiamo provato ci ha colpito per il dettaglio dei personaggi anche se non ha fatto gridare al miracolo. Esattamente come la storia principale. A tal proposito ci teniamo a rimarcare un concetto già espresso nel commento di RE4: il gioco è ben fatto ma non possiamo definirlo assolutamente facente parte della nextgen. È un ottimo cross-gen, niente di più.

Molto bella la resa delle capacità date dall’ I.R.I.S. che permettono ad Ada di vedere particolari invisibili ad un occhio umano. Non stiamo parlando di un potere centrale né tantomeno determinante ai fini della trama e del completamento del gioco ma è una chicca tutta da gustarsi.

Nessun crollo di frame improvviso durante le fasi più concitate, nessun rallentamento o bad clipping quando sullo schermo ci sono orde di nemici a fare compagnia ad Ada o durante le boss fight; insomma: nessun balbettamento tecnico a conferma del lavoro di sviluppo minuzioso fatto dalla software house del sol levante.

Conclusione

Separate Ways, in definitiva, rappresenta un prodotto di assoluto valore che merita di essere giocato dagli amanti della serie. Aggiungiamo anche che il prezzo di vendita, accessibile a tutti, lo rende un must have per chiunque abbia apprezzato Resident Evil 4 Remake. Come accennato, inoltre, alcuni spunti e alcune location (vi dice niente il laboratorio?) inedite sono un evidente gancio ai futuri prodotti Capcom che, si spera, siano di livello ancora superiore tanto di far riappassionare chi ha giocato agli originali e da stregare anche le nuove generazioni di videogiocatori.

Il nuovo DLC di Resident Evel 4 Remake costruisce una storia parallela solida, divertente e, alle volte, anche sorprendente. Un ottimo lavoro che va ad accrescere il valore già alto del RE4 e che ci fa conoscere ancora meglio il carattere, le capacità e le intenzioni della bella e misteriosa Ada Wong.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: PS5, PS4, Xbox Series X/S, PC
  • Data uscita: 21/09/2023
  • Prezzo: 9,99 €

Ho provato il gioco a partire dal day one su PC grazie a un codice fornito dal publisher.

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Resident Evil 4 Remake – Recensione

Recensione in BREVE

Resident Evil 4 è un capolavoro con qualche difettuccio. Il lavoro di Capcom per svecchiare l’opera è stato magistrale e ha trasportato in tutto (tranne che per il comparto grafico) nella piena attualità video ludica. Un must have a tutti gli effetti da giocare e rigiocare. Nessun miracolo, intendiamoci, ma il titolo merita assolutamente un voto altissimo.

9


Parlare di un remake è sempre un compito arduo. Paragonare un prodotto nuovo ad uno di quasi vent’anni fa obbliga l’articolista a camminare su un terreno sdrucciolevole, palleggiando tra presente e passato. Il tutto, poi, si amplifica quando il protagonista del remake è una pietra miliare dell’universo videoludico che ha fatto scuola e che ha rappresentato la linea di demarcazione tra quello che c’è stato prima e quello che è venuto dopo.

Resident Evil 4 Remake è un capolavoro o no? I fan urleranno di eccitazione o resteranno delusi? Ecco cosa aspettarci dall’ultima fatica targata Capcom.

Fare tesoro degli errori passati

Realizzare un remake mette di fronte a due possibilità: restare fedeli alla storia o modificarla per dare una ventata di novità. Secondo il punto di vista di chi scrive, seguire la strada del rinnovamento in termini di trama è un errore molto grave ed è esattamente quello che non ci è piaciuto nel remake di RE3, in cui sequenze e momenti fondamentali a fini della storia apprezzata nel 1999 sono stati modificati o addirittura rimossi e sacrificati sull’altare del rinnovamento. Chi gioca ad un remake, invece, vuole riassaporare il gusto che ha provato ai tempi dell’uscita del gioco originale, rivivere le stesse atmosfere e, perché no, commuoversi nel ricordare personaggi o ambientazioni che gli hanno fatto amare quel titolo.

I ragazzi di Capcom, vivaddio, hanno recepito bene le copiose critiche piovute su Resident Evil 3 Remake, facendone tesoro e presentando un remake di RE4 assai fedele al gioco del 2006. Il lavoro di svecchiamento del titolo, infatti, ha riguardato la rimozione di alcune dinamiche di gioco ormai superate, la piccola modifica di alcune sequenze e la riscrittura di alcuni personaggi (soprattutto di Ashley) redendoli più gradevoli, anzi, evitando di odiarli letteralmente ogni qualvolta aprano bocca o compiano una qualunque azione. Ma andiamo con ordine.

Quoque tu, Leon!

Fin dai primissimi istanti del prologo che fa anche da tutorial, la sensazione che abbiamo provato è stata quella di trovarci di fronte ad un remake concettualmente diverso dal precedente capitolo. Abbiamo riconosciuto perfettamente ambientazioni e stile conosciuti nel 2006 e questo ci ha fatto sentire a casa. La piazza del villaggio di Valdelobos dove assistiamo alla primissima scena horror del gioco è esattamente come la ricordavamo e ci ha fatto sorridere di eccitazione e malinconia.

E, soprattutto, abbiamo riconosciuto il nostro caro Leon Kennedy. In questo capitolo della saga lo ritroviamo in qualità di agente segreto al servizio del Presidente degli Stati Uniti che lo ha assoldato per riportare a casa l’adorata figlia Ashley di cui si sono perse le tracce in Spagna.

Gli orrori vissuti a Raccoon City sembrano ormai alle spalle e l’eroe è convinto, pur nutrendo dei sospetti che ci sia qualcosa di grosso sotto, di aver intrapreso una missione “Trova&Salva” abbastanza canonica. Speranza vana. Appena messo piede in terra iberica, infatti, veniamo a conoscenza del fatto che molta gente del posto e alcuni turisti escursionisti sono scomparsi nel nulla e che le indagini non hanno portato a nessuna pista.

Rimasti soli alla periferia di Valdelobos, dunque, inizierà un nuovo incubo tra mostruosità crescenti e che troverà il suo culmine nell’ultimo atto della nostra avventura.

Scrivere una recensione no-spoiler di un remake parrebbe poco furbo, tanto più che abbiamo svelato essere molto fedele all’originale pubblicato al tempo per GameCube, ma il nostro intento è stato quello di preservare chi, invece, si approccia a Resident Evil 4 per la prima volta.

Una cosa, però, ve la sveliamo: niente Separate Ways. La mini campagna dedicata ad Ada Wong non è presente nel gioco. Prossimo DLC?

Il gameplay fra tradizione e attualità

Nel 2006, Resident Evil 4 si presentò ai fan con la classica visuale alle spalle del protagonista, caratteristica che il remake ha giustamente mantenuto. La capigliatura argentea e i muscoli del buon Leon, quindi, saranno sempre ben visibili sullo schermo garantendo al giocatore una discreta gestione degli spazi e delle fasi di gioco.

Come detto, il gameplay ha ricevuto un dovuto restyling così da rendersi più moderno e fruibile. Innanzitutto, sono stati eliminati i quick time events (a parte uno minuscolo nelle fasi iniziali) con buona pace di chi li amava e di chi, invece, come noi, crede siano ormai superati. Non dovremo più cimentarci, dunque, a premere i vari pulsanti richiesti a tempo per evitare questo o quell’altro ostacolo o sfruttare i nostri riflessi per abbattere nemici oversize. La sfida, dunque, ha ricevuto un upgrade interessante che ha reso il titolo più longevo, più giocabile e, di fatto, più divertente.

Per quanto riguarda i combattimenti, continui e costanti in linea con l’anima action del titolo, ci siamo goduti appieno le novità introdotte: la parata e il parry. In pratica, il nostro eroe potrà disinnescare i colpi sferrati all’arma bianca dai nemici fino a sbilanciarli e contrattaccare con un calcio o una spettacolare (quanto trash) suplex. Proprio per questo, il coltello di Leon sarà il nostro miglior amico e dovremo frequentemente farlo riparare al mercante così da non restarne senza durante gli scontri e poterlo utilizzare per finire i nemici agonizzanti prima che evolvano in mostri più veloci, resistenti e pericolosi.

Abbiamo citato la parata e il parry come gradevolissima introduzione e il motivo risiede nel fatto che Resident Evil 4, fin dal tutorial, ci manda un messaggio chiarissimo: se la vostra idea è quella di affrontare orde di nemici assaltandoli ed esponendovi ad attacchi multipli, accantonatela subito. Gli abitanti del villaggio semi-mutati prima e tutti gli altri avversari che troveremo via via nel nostro cammino di ricerca sono aggressivi, veloci e coriacei. Affrontarli a viso aperto significa, a livello normale e soprattutto difficile, sprecare fiumi di munizioni per abbattere avversari che spawnano di continuo, spaccare il coltello a forza di parate e rimetterci, alla fine, la vita. Meglio, laddove possibile, scegliere la modalità stealth e fuggire verso luoghi più sicuri.

Per quanto concerne le armi a disposizione, il mercante sarà un valido alleato proponendocene sempre di più potenti e, talvolta, offerte d’acquisto vantaggiose. Potremo anche scambiare gli spinelli (pietre preziose di colore rosa) che troveremo disseminati per la mappa o che riceveremo dopo aver completato piccole missioni secondarie le cui richieste troveremo scritte su volantini blu affissi ai muri. Riceveremo, così, manufatti e potenziamenti fondamentali per sopravvivere. Avremo anche la facoltà di vendere gioielli e monili trovali qui e lì così da arricchirci e comprare nuova attrezzatura.

Scegliere cosa acquistare e quando farlo sarà fondamentale per superare i livelli, 16 capitoli per l’esattezza, che si susseguiranno a difficoltà crescente. Trovarsi con l’arma sbagliata e senza munizioni nel posto sbagliato non ci darà scampo e renderà l’esperienza frustrante. A tal proposito, abbiamo gradito l’introduzione del crafting delle munizioni attraverso la combinazione di polvere da sparo e materiali specifici di cui la mappa è ampiamente disseminata. Ne faremo uso molto spesso, se non altro per liberare spazio nella nostra iconica valigetta tetris a carico limitato.

Molto, molto bene, come anticipato, la riscrittura dei personaggi e in particolar modo di Ashley che si rapporta finalmente a Leon in modo più maturo. Scomparsa, per fortuna, la figlia del Presidente sciocca del 2006 che, più di una volta, ci ha fatto invocare gli dei affinché venisse fulminata immantinente. Modificato anche il carattere del buon Kennedy, decisamente più cazzuto in questo capitolo rispetto al passato ma altrettanto ironico e sprezzante.  

Non abbiamo apprezzato, invece, il mancato di lavoro sui movimenti generali di Leon che appaiono piuttosto legnosi e poco fluidi, assai più vicini agli standard tecnici del 2006 piuttosto che a quelli attuali. Caratteristica che ci ha fatto imprecare non poco quando ci siamo trovati spalle al muro contro orde di nemici e i movimenti del nostro platinato eroe si sono rivelati troppo lenti. Nota a margine, la mancata introduzione di un’animazione che arresti la ricarica dell’arma nel caso di assalto nemico: se stiamo rimpolpando di munizioni un fucile o una pistola durante una carica avversaria dovremo rassegnarci a subire l’attacco. Peccato.

Un’opera da guardare ma soprattutto da ascoltare

E veniamo al comparto grafico di Resident Evil 4 Remake. Posto che lo abbiamo giocato su PC quasi al massimo del dettaglio, possiamo dire che il motore fisico e grafico abbia fatto ovvi passi da gigante, migliorando fortemente l’impatto estetico dell’opera ed esaltando lo già straordinario level design apprezzato nell’originale. Riteniamo, comunque, l’opera non pienamente in stile new generation, anzi, piuttosto cross-gen. Per intenderci, RE4 ci regala una cura dei dettagli importante ma ci saremmo aspettati qualcosa in più. È assai probabile che il gioco sia stato concettualmente realizzato immaginando che la maggior parte degli utenti lo avrebbe giocato su console o pc di penultima generazione ma non riteniamo, questa, una scusante. Il gioco, da un punto di vista strettamente grafico è un’occasione mancata di perfezione. Infatti, qui e lì, abbiamo notato texture piuttosto approssimative e qualche bad clipping (rarissimi, c’è da dirlo) alquanto fastidioso. Non abbiamo, insomma, gridato al miracolo.  

Fantastica, invece, la colonna sonora. Le tracce si sposano perfettamente con i momenti del gioco e concorrono a rendere l’esperienza emozionante. Da brividi i rantoli dei nemici, così come le parole di sfida lanciate in spagnolo (anche se leggermente ripetitive). Sentiremo migliaia di volte “Donde estas?” e “Un forastero!”. Una nota di merito al doppiaggio completamente in italiano molto ben fatto.

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: Horror
  • Lingua: Italiano
  • Multiplayer: Si
  • Prezzo59,99€
  • Piattaforme: PlayStation 5, PlayStation 4, Xbox Series X|S, PC
  • Versione provata: PC

Abbiamo affrontato i pericoli di Valdelobos e dintorni per circa 12 ore grazie a un codice fornito dal publisher

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Resident Evil Village per Xbox Series X – Recensione

Recensione in un Tweet

Morimasa Sato è riuscito nell’intento di prendere tutto il meglio della serie evitando i capitoli meno apprezzati. Il livello artistico di Resident Evil Village permane ad altissimi livelli per tutto l’inizio del gioco per poi diventare più anonimo nella parte centrale, esattamente in corrispondenza della deriva action del titolo, che allontana nuovamente la serie dal genere dei survival horror.

8.5


I survival horror vivono su un’onda sinusoidale lunga quasi trent’anni, i cui picchi sono costellati di titoli della saga Resident Evil. Nonostante Biohazard non sia il creatore del genere (la lotta è ormai consolidata tra Alone in the Dark e Clock Tower), e il trono di miglior serie è da contendere con gli orrori di Silent Hill, Resident Evil detiene indiscutibilmente il record della serie horror più famosa e longeva, grazie ai suoi venticinque anni scanditi da enormi successi, che ovviamente aumentano le aspettative su ogni capitolo. Lo stesso vale per Resident Evil Village, séguito diretto di Resident Evil 7 che ha (parzialmente) allontanato il nome Biohazard dalla strada action battuta dai predecessori per ritornare nella famiglia dei survival horror, il genere inizialmente pensato da Shinji Mikami per il suo terrore.

Abbiamo lasciato il mondo di Resident Evil 7: Biohazard con un finale molto simile a quello di uno sparatutto in terza persona e con Ethan Winters che riesce a ricongiungersi con la sua amata Mia. E ripartiamo tre anni dopo proprio da qui.

La perfetta famiglia americana

Resident Evil Village esalta l’importanza della famiglia in tutti i sottogruppi della sua società, dalla famiglia statunitense Winters fino al remoto villaggio dell’est Europa. Le battute iniziali del nuovo titolo ci portano in Louisiana, tra le calde mura della famiglia di Ethan, Mia e la nuova arrivata Rosemary Winters. Come possiamo aspettarci dal genere, questo tenero quadretto familiare non è destinato a durare. Infatti, dopo poco vivremo in prima persona l’irruzione cinematografica di Chris Redfield, che fredda Mia e porta via Rose nel giro di pochi minuti.

La sorte di Ethan Winters invece prevede un trasporto verso una base militare che terminerà in un incidente mortale per tutti i componenti della squadra ad eccezione di Ethan e di sua figlia Rose, sequestrata da non meglio identificati delinquenti in un inospitale villaggio slavo.

Il luogo vive sotto il culto di Madre Miranda, divinizzata protettrice, a dire dei suoi abitanti, del villaggio, almeno fino ad oggi. Infatti, quando prenderemo finalmente le sembianze di Ethan faremo conoscenza degli ultimi abitanti del villaggio prima di vederli morire sotto i colpi di feroci licantropi. In altre parole, siamo nuovamente da soli in una remota zona del globo, circondati da efferati mostri e alla ricerca di un altro membro della nostra famiglia. Questa volta però non si tratta di Mia, come nel capitolo precedente, ma di nostra figlia Rose.

Cinque sotto un tetto

Se il nucleo familiare è ovviamente importante per i “buoni”, lo stesso si può dire per gli antagonisti della nuova trilogia. Esattamente come la famiglia Baker, che viveva il suo personale orrore con una distorta coesione, anche in Resident Evil Village gli affetti saranno parte fondamentale del male. Quest’ultimo è composto da cinque membri, quattro lord e una signora al di sopra di tutto, Madre Miranda per l’appunto. L’idea generale di Morimasa Sato, director del gioco, ruota attorno alla nascita del male a seguito di un amore non corrisposto e ogni signore avrà il proprio personale dolore. Alcina Dimitrescu, la prima che affronteremo e ampiamente pubblicizzata da Capcom, ama morbosamente le tre figlie Bela, Daniela e Cassandra, mentre gli altri tre lord vivono tutte le storture dell’amore: la solitudine compensata dall’affetto di dagide, la mancanza di attenzioni e autostima e la ribellione nei confronti di una dispotica divinità.

Una dolorosa fusione

Le nette differenze nelle emozioni dei lord si notano sia nella parte artistica dei quattro signori quanto nelle ambientazioni in cui li affronteremo. Il level design prescelto prevede la suddivisione in quattro aree ben distinte collegate dal villaggio, con stile artistico e nemici totalmente diversi tra loro.

Resident Evil Village prende a piene mani da Resident Evil 7 e addirittura estende gli omaggi collegando le trame dell’intera lore della serie, dal primo capitolo fino al settimo. Il villaggio, a meno degli stupendi picchi innevati, ricorda l’ambientazione spagnola di Resident Evil 4, mentre il Castello Dimitrescu è un chiaro riferimento alla casa del capostipite. In entrambi i casi, l’egregio lavoro artistico svolto da Tomonori Takano a livello visivo e da Shusaku Uchiyama sul comparto audio è così straordinariamente elevato che potrà essere preso da esempio per tutti i futuri giochi della saga. Purtroppo, gli alti standard della prima parte non sono mantenuti per tutti il gioco. Infatti andando avanti con il titolo tutto sembra molto più simile e piatto.

Come avrete intuito, il gioco si svolgerà in molte più aree rispetto al solo villaggio e castello mostrato dalle demo. Questo causa un senso di eterogeneità che catapulta il videogiocatore in qualcosa più simile a un titolo a piattaforme piuttosto che un survival horror, con troppe disconnessioni sorrette da un sottile filo non troppo convincente rappresentato dal villaggio. Non stupirà quindi avere un proprio nemico preferito che oscurerà gli altri e che non permetterà di valutare facilmente il gioco nella sua interezza. Infatti, i lord, e tutto ciò che è a loro legato, sono così diversi che daranno certamente vita a un dibattito su chi sia più interessante tra Alcina Dimitrescu, le bambole di Donna Beneviento, il kappa Salvatore Moreau e l’arrogante ingegnere Karl Heisenberg.

Contrasti sublimi

I forti contrasti sono alla base del gioco di tutte le componenti di Resident Evil Village, uno dei più riusciti è il design di personaggi e nemici.

La fusione prevede il mix tra neoclassicismo e arte giapponese. La prima è ben visibile già dall’inizio, quando faremo conoscenza dei volti dei pochi superstiti del villaggio, facce pesantemente scolpite dai segni della fatica e del dolore, rappresentati da nette linee nere che rievocano esponenti come Felice Giani. Lo stile nipponico invece riadatta alcuni dei più famosi miti e parte della tipica fauna. Questo prevede un’eterogeneità che spazia tra gli occidentali vampiri e gli orientali takaonna passando per l’inconsueta creatura nipponica nota come narke.

Una macchina da guerra

Sin dal primo incontro con il Duca, capiamo che il gioco ruota tutto intorno a delle meccaniche GDR in cui è possibile potenziare il proprio equipaggiamento. Una scelta non sempre troppo apprezzata sin da Resident Evil 4, ma che Capcom ha deciso di percorrere dopo gli orrori di Resident Evil 7, che premiavano la fuga sullo scontro. Tutto questo cambia in Village, perché i nemici lasceranno sempre un drop che può essere un materiale per le creazione dell’equipaggiamento, denaro o oggetti di valore scambiabili per la valuta corrente. Questo spingerà il giocatore ad affrontare i nemici con maggior frequenza, consci che c’è spesso un guadagno nel consumare le munizioni. Se inizialmente le nostre armi non saranno così potenti da giustificare un assalto frontale, già all’interno del castello capiremo che anche una pistola ben potenziata fornisce un giusto rapporto costo/benefici a vantaggio dell’abbattimento dei mostri.

Purtroppo, così come già successo in passato, questa scelta comporta una minor ansia rispetto ai capitoli più survival della saga a favore di una componente action che alimenta un vero e proprio climax culminante con il finale di gioco. Sotto questo punto di vista, il paragone con Resident Evil 7 è impietoso, perché quanto di buono ricostruito con la famiglia Baker, viene poi demolito dalla necessità di far imbracciare le armi ancora una volta. Non siamo ai livelli esagerati di interazione del quinto e sesto capitolo, ma più andremo avanti nell’avventura e più vedremo il nostro personaggio trasformarsi in una macchina da guerra.

Per questo ricordiamo con piacere la prima parte del gioco in cui non saremo abbastanza forti da essere senza paura e ameremo Donna Beneviento, un lord che affronteremo interamente senza armi, provando alcuni momenti di vero terrore dato dal palpabile esoterismo dell’abitazione. Con meno orgoglio invece narriamo le restanti boss fight, in cui i colpi d’arma da fuoco faranno passare in secondo piano qualsiasi strategia rendendole tutte troppo simili tra loro ed eccessivamente confusionarie.

Conclusione

Resident Evil Village racchiude in sé venticinque anni della serie con tutti i suoi picchi positivi, ma senza mai raggiungere le sue clamorose débâcle. Il nuovo capitolo della serie abbraccia il genere del survival horror per poi virare, non troppo gradualmente, in un’ottica decisamente action. Se siete amanti della serie, Resident Evil Village sarà una piacevole scoperta, che potrà non piacere a tutti gli amanti dei primissimi capitoli, ma che farà la felicità dei fan di Resident Evil 4. Il paragone con Resident Evil 7 vede come vincitore quest’ultimo perché Village esalta maggiormente una delle componenti più fastidiose della nuova trilogia, cioè la netta dicotomia tra la prima e la seconda parte dei titoli.

Se non avete mai giocato un Resident Evil, sarebbe opportuno recuperare il capitolo precedente, poiché il nuovo Biohazard chiarisce diversi punti della trama dell’intera saga, concentrando l’attenzione su Ethan Winters e fornisce un finale decisamente sorprendente che apre a scenari tutti da scrivere. Qualsiasi sia la vostra decisione, confermiamo la bontà del progetto. Resident Evil Village è un titolo di elevato spessore artistico, che vi terrà piacevolmente impegnati per poco meno di dieci ore, ma non sempre con l’ansia dei titoli più apprezzati ad attanagliare il vostro cammino.

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: survival horror (ma anche tanto sparatutto)
  • Lingua: italiano
  • Multiplayer: no
  • Prezzo69,99 euro

Abbiamo affrontato il personale orrore di Ethan Winters per circa 10 ore grazie a un codice gentilmente fornito dal publisher.

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Resident Evil Village uscirà il 7 maggio

Capcom ha rivelato molte novità sul nuovo Resident Evil Village durante lo Showcase di questa settimana. Il gioco uscirà il 7 maggio su PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox One, Xbox Series X|S e PC e i possessori di PlayStation 5 possono mettere mani al gioco con una demo disponibile in esclusiva.

Inoltre, per celebrare il 25° anniversario del franchise, Capcom pubblicherà anche uno spin-off multiplayer: Resident Evil Re:Verse.

Comunicato Stampa

Durante il Resident Evil Showcase di oggi, Capcom ha svelato nuovi dettagli chiave riguardo il suo attesissimo titolo survival horror Resident Evil Village, l’ottavo capitolo del franchise di Resident Evil. Capcom ha confermato che Resident Evil Village sarà disponibile in tutto il mondo il 7 maggio 2021 per PlayStation 5, Xbox Series X|S e Steam, oltre che sulle piattaforme appena svelate, PlayStation 4 e Xbox One. Resident Evil Village sarà idoneo per l’aggiornamento da PlayStation 4 alla versione digitale per PlayStation 5 e supporterà Smart Delivery per Xbox Series X|S e console Xbox One. Sono stati rivelati anche nuovi dettagli attraverso il primo video di gameplay esteso, oltre all’annuncio del gioco multiplayer Resident Evil Re:Verse che celebrerà il 25° anniversario del franchise. Da oggi sono aperti i pre-order e coloro che possiedono una console PlayStation 5 potranno assistere ad un’anteprima del bellissimo e misterioso Castle Dimitrescu di Resident Evil Village grazie alla demo stand-alone Maiden.

In Resident Evil Village prosegue la storia di Ethan Winters, che ha avuto inizio in Resident Evil™ 7 biohazard. L’ultimo capitolo combina un’azione mozzafiato con un gameplay survival horror esclusivo, sinonimo della serie Resident Evil. Nel primo video esteso di gameplay di oggi, il team di sviluppo ha rivelato diversi nuovi dettagli tra cui alcune funzionalità che richiamano gli elementi preferiti dai fan dei precedenti giochi di Resident Evil. Il protagonista Ethan, sarà ora in grado di acquistare e vendere oggetti, acquistare ricette per la creazione e personalizzare delle armi con un mercante soprannominato “The Duke”. Utilizzando i materiali trovati durante il gioco, sarà in grado di creare materiali di consumo inestimabili, necessari per sopravvivere ai terrori del villaggio. L’utilizzo di queste provviste comporterà anche una pianificazione più strategica, con un sistema di inventario rivisto basato sulla gestione dello spazio che sarà familiare ai fan della serie.

Il cast variegato di nemici apparsi durante il programma digitale di oggi rappresenta solo una piccola parte di quelli che troveremo in Resident Evil Village. Ethan affronterà molte minacce tra cui le velocissime creature che lo perseguitano senza sosta e le misteriose figlie di Lady Dimitrescu che possono trasformarsi in sciami di insetti. La schiera disparata di avversari del gioco avrà i propri attacchi distintivi, quindi i giocatori dovranno adattare le loro strategie con decisioni rapide in modo da capire quando attaccare, proteggere o fuggire per sopravvivere. Ethan ha una nuova mossa nel suo arsenale per creare maggiore distanza dai nemici e guadagnare tempo prezioso per decidere la sua prossima mossa.

A partire da oggi, i possessori di PlayStation 5 possono assistere a un’anteprima esclusiva dell’area del castello di Resident Evil Village tramite la demo Maiden. Questa esperienza stand-alone è autonoma, ma mette in mostra le straordinarie immagini e l’audio 3D che ti attendono nel gioco principale. Nei panni della Maiden, i giocatori dovranno fare affidamento esclusivamente sul proprio ingegno per fuggire in questa demo piena di tensione, poiché non avranno modo di combattere o difendersi. Una nuova e diversa demo per tutte le piattaforme sarà disponibile entro la fine della primavera.

Per celebrare il 25° anniversario del franchise di Resident Evil, che prenderà il via a marzo 2021, Capcom ha annunciato che Resident Evil Village includerà l’accesso a un’esperienza multiplayer gratuita intitolata Resident Evil Re:Verse in arrivo su PlayStation 4, Xbox One e PC. I giocatori PlayStation 5 e Xbox Series X|S possono accedere al gioco grazie alla retrocompatibilità. Questo bonus di ringraziamento per i fan presenta straordinarie immagini in stile fumetto e mette i famosi personaggi di Resident Evil l’uno contro l’altro in battaglie deathmatch da quattro a sei giocatori in luoghi iconici di Resident Evil. I giocatori possono scegliere i personaggi preferiti dai fan da un elenco e ognuno di loro avrà proprie abilità uniche da padroneggiare. Quando i giocatori vengono sconfitti in combattimento, il loro personaggio si rigenera trasformandosi in un’arma biologica per mettere in atto la sua vendetta nei confronti dei suoi nemici. Ulteriori informazioni su Resident Evil Re:Verse saranno disponibili prossimamente.

I pre-order di Resident Evil Village sono aperti già da oggi e permettono di prenotare la Standard Edition in versione fisica e digitale, una Deluxe Edition digitale e una Collector’s Edition fisica (i pre-order di quest’ultima saranno disponibili prossimamente presso retailer selezionati). La Deluxe Edition digitale include il gioco base e il “Trauma Pack” digitale, che include contenuti di gioco aggiuntivi tra cui un’arma Samurai Edge, il filtro speciale “Found Footage” ispirato a Resident Evil 7 biohazard e opzioni di salvataggio tramite mangianastri, accesso immediato a un livello di difficoltà particolarmente impegnativo e altro ancora. La Collector’s Edition fisica, include i contenuti digitali della Deluxe Edition più una straordinaria statuetta di Chris Redfield, una custodia SteelBook, un artbook, una mappa in tessuto del villaggio e una stampa A4 che raffigura il key art del gioco.

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Editoriali

Il Postmodernismo fa rinascere i videogiochi

La modernità nei videogiochi è morta. Possiamo spiegare questo periodo storico dei videogiochi storpiando la famosa frase di Friedrich Nietzsche. Come ogni momento storico, ha avuto un suo inizio e avrà una sua fine, ma i remake, i remastered e gli indie permettono al postmodernismo di entrare nel mondo dei videogiochi e farli rinascere.

Postmodernismo nei videogiochi

Il termine postmodernismo nasce nel 1934 all’interno del saggio La condizione postmoderna: Rapporto sul sapere di Jean-François Lyotard e definisce la crisi e il superamento della modernità. Il postmodernismo è presente in tutte le forme d’arte e di conseguenza doveva arrivare anche nei videogiochi.

Gli anni duemila sono stati molto importanti per il movimento nelle opere d’arte più note nella società moderna, come film e musica. Registi come Quentin Tarantino e generi come l’horror sono bandiera del genere grazie al loro attingere ad opere precedenti. Lo stesso vale per la musica con la feroce critica della Retromania di Simon Reynolds.

Metal Gear Solid: The Twin Snakes per Nintendo Gamecube. Il postmodernismo nei videogiochi del 2000
Metal Gear Solid: The Twin Snakes per Nintendo Gamecube

I remastered non sono un’innovazione di questi anni. Con l’avvento del Game Boy, molti videogiochi per NES e Super Nintendo sono stati ricreati in formato portatile. Già dall’inizio 2000, si riscontrano titoli remastered per le console casalinghe, come Metal Gear Solid e i Resident Evil per Nintendo Gamecube.

Il periodo attuale è però molto diverso per due motivi. Il primo è la grande quantità di remake, che si differenziano dai soliti remastered. Il secondo, e forse più importante, è la nuova generazione di videogiocatori.

Remastered e Remake

I remastered sono videogiochi a cui è stata dato un comparto tecnico che possa reggere il peso del tempo senza snaturare il gioco. Solitamente si tratta di titoli che mantengono gli stessi pregi e difetti del titolo originario, con modifiche solo sul comparto tecnico. Di tanto in tanto, i giochi vengono migliorati anche con piccole feature sul gameplay. Un esempio è Resident Evil Remaster del 2002, con una configurazione migliorata dei controlli.

I remake sono dei titoli ex novo. Hanno un comparto tecnico completamente rinnovato così come il gameplay. Resident Evil 2 Remake, Resident Evil 3 Remake e Final Fantasy VII Remake sono sicuramente i titoli di punta di questa generazione.

Il loro scopo è far vivere ai nuovi videogiocatori un’esperienza unica, ma profondamente diversa, tanto da avere anche cambiamenti in termini di linea narrativa o addirittura finale come successo in Final Fantasy VII.

I motivi del postmodernismo nei videogiochi

Il motivo principale dell’ascesa del postmodernismo nei videogiochi è la nuova generazione di videogiocatori. In primis, si tratta di giocatori giovani che non hanno avuto modo di vedere i titoli originali.

Ho giocato Final Fantasy VII a otto anni e adesso ne ho ventinove. I nuovi videogiocatori di 14 anni non hanno fisicamente avuto la possibilità di provarlo e tentare di provarlo oggi potrebbe essere molto ostico.

Il secondo motivo è che i videogiochi di 15 anni fa erano molto più difficili, un po’ per la necessità di allungare giochi con storie relativamente brevi, un po’ per il sadismo degli sviluppatori che rivolgevano le proprie opere a un pubblico di nicchia.

Oggi invece i videogame sono per tutti, devono essere più semplici e devono attirare l’attenzione dei più giovani. Per questo motivo si fa leva sulla nostalgia dei più esperti per fare presa anche su di loro.

Ori and the will of the wisps. Il postmodernismo nei videogiochi indie
Ori and the will of the wisps, un indie meraviglioso

La nostalgia è un fattore predominante nel postmodernismo videoludico. Si parla dei videogiochi del passato come qualcosa di perfetto, ma è chiaramente l’effetto del tempo sulla mente. Di problemi di natura tecnica e narrativa ce ne sono a bizzeffe nella storia dei videogame. Però non sempre la nostalgia è un sentimento negativo.

Nel nostro caso, ci ha permesso di avere grandi remake dedicati a Resident Evil e Final Fantasy, ma anche l’affermazione di generi che hanno scosso l’industria con una vera e propria crisi dei videogiochi tripla A. Mi riferisco ai Metroidvania, che hanno permesso agli sviluppatori indipendenti di spezzare il legame per cui un grande gioco possa essere prodotto solo da una grande casa di sviluppo.

Conclusione

La consacrazione dei Metroidvania è il simbolo di quanto avvenuto negli ultimi anni. L’industria videoludica indipendente può competere con i grandi nomi dell’industria dei videogiochi, che negli ultimi anni hanno peccato con titoli tripla A mediocri. Ovviamente i grandi dell’industria non sono rimasti con le mani in mano e in questo caso bisogna distinguere tra remake o remaster positivi e negativi.

Capcom e Square-Enix hanno dimostrato di saperci mettere il cuore e il coraggio rinnovando titoli affermati e difficili da cambiare. Altre case di sviluppo si sono invece limitate al compitino per poter fare cassa con il minimo sforzo.

Se da un lato i remastered possono dare la possibilità ai più giovani di provare grandi titoli del passato come avventure grafiche del calibro di Monkey Island e Day of The Tentacle, dall’altro lato è innegabile che troppo spesso il loro fine sia guadagnare troppo sforzandosi il minimo.
Il postmodernismo è il campo di battaglia in cui sviluppatori indie con la mania per la grafica a 8-bit e grandi aziende con capolavori da rinnovare si stanno affrontando per tracciare il futuro del mercato dei videogiochi. Ai posteri l’ardua sentenza.

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Editoriali

Resident Evil, storia dell’errore action di Capcom

Sono ormai uscite tutte le recensioni su Resident Evil 3 Remake. La votazione su Metacritic è pari a 8/10, al di sotto delle aspettative, se consideriamo l’attuale periodo storico. Per chi segue le recensioni in questi anni, si è reso conto dell’enormità di titoli con votazioni superiori all’otto e mezzo. Questo rende gli attuali otto dei titoli con del potenziale, ma poco di più.

Questo articolo non è una recensione di Resident Evil 3 Remake, ma affronta un problema ben chiaro e delineato: la testardaggine della Capcom nel voler proporre il loro Survivor Horror di punta in chiave action. Analizzerò il problema storico della serie per trarre le nostre conclusioni.

Resident Evil 3 Remake

Resident Evil 3 Remake è tecnologicamente stupendo come il remake di Resident Evil 2. L’ambientazione è immersiva e ci si addentra facilmente nel gioco, ma non basta.

Il problema nasce già dai personaggi. Gli esperti militari della S.T.A.R.S. che interpreteremo sono delle macchine d’assalto e quel gioco tetro, cupo, pieno di enigmi, che costringeva il videogiocatore a usare la testa per evitare gli scontri, non c’è più. Ora abbiamo un ritorno dell’action con una longevità di circa cinque ore.

Jill Valentine in Resident Evil 3 Remake
Jill Valentine in Resident Evil 3 Remake

E questo signori, non è Resident Evil, ma solo una versione peggiorata di Resident Evil 3, cioè un action game in cui manca anche la costante ansia del Nemesis.

Gli albori

Resident Evil e Resident Evil 2 si basavano sull’idea di Survivor Horror, cioè evitare gli scontri e prediligere un gameplay basato sugli enigmi. Ho di recente giocato Resident Evil HD Remaster e la tensione nel girare ogni angolo è ancora vivida. I rompicapo sono complessi e il gioco non è banale.

Aggiungo a questo stile anche Resident Evil 0. Uscito per Nintendo Gamecube, ebbe grande successo dalla critica, perché era il continuo spirituale di Resident Evil con un livello di difficoltà maggiore. Purtroppo, ebbe pessimi incassi, perché uscito in una console che fu un flop di vendite.

Resident Evil 0
Resident Evil 0

Resident Evil 3 nasceva come primo esperimento per portare all’interno dei Survival Horror la componente action. Infatti, in Resident Evil 3: Nemesis è presente la schiavata d’emergenza, la possibilità di spintonare uno zombie e la possibilità di ruotare di 180° premendo un paio di pulsanti.

I giocatori giustificarono lo snellimento dei movimenti nel gameplay grazie alla presenza del Nemesis e perché interpretavano dei militati esperti come personaggi principali. Nonostante il titolo è oggi ricordato con grande nostalgia, Resident Evil 3: Nemesis fu considerato a suo tempo come il peggiore della trilogia e la sua rivalutazione è soprattutto dovuta al cambiamento repentino di gameplay presente nel capitolo successivo.

L’action che funziona

Resident Evil 4 è stato un capolavoro. Ho avuto la fortuna di giocarlo al day one prima di molti altri grazie all’esclusiva temporale per Nintendo Gamecube. Il gioco cambiava radicalmente il suo gameplay con uno stile action che funzionava.

Il titolo fu rinviato parecchie volte perché la prima versione prevedeva il ritorno in una casa infestata da fantasmi. Le immagini di quell’ambientazione prevedevano un Leon preoccupato ad affrontare degli ectoplasmi. L’idea fu scartata e quando il gioco uscì, trovammo Leon Scott Kennedy in un villaggio spagnolo ad affrontare delle mutazioni genetiche a suon di balzi spettacolari, motoseghe e lanciarazzi.

Leon Scott Kennedy in Resident Evil 4
Leon Scott Kennedy in Resident Evil 4

Quello che rese spettacolare il videogioco fu la scelta di mantenere lo stile dei prime due capitoli per quanto riguardava la raccolta di informazioni e la forte caratterizzazione dei personaggi.

Il tracollo

Forte di questo successo, la Capcom si spinse più in là con dei titoli che sono nel mio backlog e ci rimarranno a lungo, probabilmente per sempre. Il quinto e il sesto capitolo di Resident Evil sono stati bocciati all’unanimità, perché non sono dei Survival Horror. Infatti, si trattava di action game che storpiano il nome della serie. La Capcom incassò il colpo e cominciò una leggera inversione di rotta.

Il grande ritorno

Resident Evil 7 e Resident Evil 2 Remake sono fatti della stessa pasta. Capcom è tornata alle origini con il settimo capitolo e ha rinnovato senza snaturare. Il risultato è brillante, perché in Resident Evil 7 si torna in una casa ad usare il cervello, mentre Resident Evil 2 Remake svecchia la parte di combattimento mantenendo sempre la stessa idea dei primi capitoli: evitare il combattimento a favore di azioni più furbe e meno da kamikaze.

L’errore di Resident Evil 3 Remake

Quanto fatto con Resident Evil 3 Remake è un errore. Purtroppo il vizio della Capcom di proporre un titolo molto action per i giocatori più giovani è stata la principale motivazione della debacle di Resident Evil 3 Remake. Anche se non possiamo dimenticare le cinque misere ore di gioco necessarie per portarlo a termine.

Ipotizzo che la scelta del ritorno all’action totale di Capcom sia data dalla volontà della casa giapponese di voler rendere appetibile il gioco ai gamer più giovani. I Survival Horror sono una categoria di nicchia. Dopo il successo di alcuni titoli indie come Outlast e Amnesia, negli ultimi anni i Survival Horror sono tornati in una fase di declino ravvivata soltanto dalla serie Resident Evil.

È comprensibile la scelta di Capcom di voler trasformare la serie in qualcosa di più vendibile, ma le vendite sono state buone anche con Resident Evil 2 Remake e Resident Evil 7.

Anche Resident Evil 3 Remake ha avuto ottime vendite, ma hanno nuovamente forzato la mano e se vorranno ravvivare la fiamma, saranno costretti a tornare indietro, di nuovo.