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Final Fantasy XVI – Recensione

La saga di Final Fantasy è certamente una delle più longeve e importanti dell’intera storia dei videogiochi. Come accaduto per praticamente ogni episodio della saga, anche l’uscita di Final Fantasy XVI è stata accompagnata da una lunga e sentita attesa. Con l’apparizione dei primi trailer e di varie indiscrezioni su questo sedicesimo capitolo, le aspettative sono andate via via crescendo.

Sebbene le prime impressioni siano state quasi universalmente positive, non sono mancate le perplessità. Una parte dei fan, infatti, ha mostrato poco entusiasmo verso la direzione action intrapresa dalla serie e anche la presenza di un solo personaggio giocabile ha suscitato pareri contrastanti.

Dopo aver giocato a fondo il gioco, sono pronto a darvi il mio giudizio completo su Final Fantasy XVI. Imbracciamo le spade, ricontrolliamo il nostro equipaggiamento e lanciamoci in questa nuova avventura!

Nelle terre di Valisthea

Final Fantasy XVI trama
La trama di Final Fantasy XVI prende a piene mani dal mondo del ghiaccio e del fuoco di Martin.

La trama di Final Fantasy XVI ci trasporta a Valisthea, mondo immaginario dall’ambientazione e dalle atmosfere tipiche dei racconti fantasy di ispirazione medievale. Valisthea è divisa in due continenti principali, Ciclonia e Cineria, a loro volta suddivisi tra diversi regni. Tra di essi spiccano il Gran Ducato di Rosaria, l’Impero di Sanbreque, la repubblica Dhalmekiana e il Regno di Waloed.

La principale fonte della magia di Valisthea è costituita dai Cristalli Madre, enormi ammassi cristallini magici dai quali è possibile estrarre un’energia chiamata etere. L’etere può a sua volta essere incanalato in cristalli più piccoli, utilizzati dalla gente per le funzioni più disparate. Esistono tuttavia alcuni individui, chiamati portatori, in grado di ricorrere alla magia senza l’ausilio dei cristalli. L’uso eccessivo del loro “dono”, però, condanna i portatori a morire pietrificati. Queste persone sono vittime di odio e pregiudizio da parte della maggioranza del popolo e spesso vivono come veri e propri schiavi.

Le entità più potenti di Valisthea sono gli Eikon (i famosi spiriti delle invocazioni presenti in tutti gli episodi della saga), fortissime creature magiche che donano i loro poteri ad alcuni umani predestinati, chiamati dominanti.

Game of Fantasy

Final Fantasy XVI mappa
Il setting, la trama e gli intrighi di Final Fantasy XVI sono davvero ben sviluppati.

Il controllo dei Cristalli Madre e degli Eikon sarà alla base di tutte le principali manovre delle varie potenze, ognuna intenta ad affermare il suo dominio o semplicemente a mantenere il precario equilibrio in cui versa il mondo. Un equilibrio che verrà messo a dura prova dalla diffusione della misteriosa Piaga, un misterioso esaurimento di etere che provoca la desolazione in tutte le zone in cui si manifesta.

La trama di Final Fantasy XVI insiste molto sui giochi di potere, le alleanze, i tradimenti e le macchinazioni delle varie forze in gioco. In questo, l’ultima fatica Square-Enix strizza palesemente l’occhio alla fortunata saga di Game of Thrones, di cui riprende anche diverse frasi. Anche molti dei personaggi di Final Fantasy XVI sembrano prendere ispirazione da alcuni eroi delle storie di Martin.

Nato dal dolore

Final Fantasy XVI storia clive
Il passato di Clive ci ha davvero commossi.

Protagonista principale della storia è Clive Rosefield, giovane cavaliere proveniente dal Gran Ducato di Rosaria. Dopo una brevissima sequenza introduttiva, il passato di Clive ci verrà svelato attraverso un lungo flashback.

Il nostro eroe è il primogenito della famiglia reale di Rosaria, ma funge da semplice guardia del corpo per suo fratello minore Joshua. Infatti la Fenice, Eikon protettore di Rosaria, ha scelto come dominante proprio il piccolo principe, sebbene anche Clive mostri la capacità di controllare in parte il potere degli eikon.

A causa del tradimento della madre di Clive, Anabella, Rosaria subisce un attacco a sorpresa da parte dell’impero di Sanbreque. Durante questo attacco trovano la morte sia l’arciduca che il piccolo Joshua, poichè la fenice viene attaccata e apparentemente distrutta da un anomalo Eikon fiammeggiante, controllato da un misterioso individuo incappucciato.

Ridotto a mero soldato agli ordini dell’impero, Clive dovrà farsi strada per scoprire la verità sul terribile Eikon delle fiamme e vendicare il fratello e la famiglia.

Una trama davvero all’altezza

A livello narrativo, Final Fantasy XVI è davvero un capolavoro.

Non c’è davvero niente da dire: la trama di Final Fantasy XVI è davvero bella, avvincente e persino commovente. Per quanto possiate essere poco sensibili, difficilmente resterete indifferenti alle peripezie dei nostri protagonisti.

Il gioco porta avanti la storia principalmente attraverso i vari filmati che si attiveranno tra una sessione di gioco e l’altra. La lunghezza di questi filmati a volte sarà davvero consistente, quindi preparatevi a poggiare il controller per diversi minuti. Ma non temete, ne varrà davvero la pena.

Square-Enix però non si è limitata a narrare una bella storia, ma ha anche realizzato un mondo di gioco davvero solido e credibile. I personaggi, le relazioni tra di loro, la caratterizzazione dei vari regni e delle loro politiche, tutto è spiegato in modo molto dettagliato e nulla è lasciato al caso.

Il giocatore avrà in ogni momento la possibilità di leggere e approfondire tutte le varie informazioni su praticamente ogni aspetto del mondo di gioco. Dapprima ciò sarà possibile attraverso alcuni menù dedicati, mentre in seguito vi saranno due specifici personaggi che fungeranno da vere e proprie enciclopedie viventi del mondo di gioco.

Una gioia per gli occhi

Grafica e sonoro, in linea con la tradizione della saga, sono davvero superbi.

Anche dal punto di vista tecnico, Final Fantasy XVI riesce a rispettare appieno le aspettative. Graficamente, il gioco è semplicemente superbo. I personaggi, gli sfondi, i mostri e gli effetti visivi delle battaglie sono realizzati in modo davvero sublime.

Le varie zone del continente che Clide esplorerà sono una vera meraviglia. Che si tratti di zone boscose, di vasti prati pianeggianti o di gallerie vulcaniche, il motore grafico del gioco riesce a rendere ogni ambientazione in modo assolutamente credibile e spettacolare.

Meritano una menzione particolare i vari villaggi, creati ricreando in maniera davvero precisa gli antichi borghi medievali. Le piccole abitazioni, le locande e soprattutto i vari mercati all’aperto sembrano realmente prendere vita e aiutano ulteriormente il giocatore a sentirsi totalmente immerso nell’esperienza di gioco.

Anche il sonoro è davvero di ottimo livello, con un mix di tracce musicali, principalmente di ispirazione classica, che risultano quasi sempre coinvolgenti e d’atmosfera. Come spesso accade, le musiche più memorabili sono quelle che accompagnano le battaglie coi boss, sempre incalzanti ed emozionanti.

Tra viaggi e battaglie

Gli scontri di Final Fantasy XVI sono davvero avvincenti e spettacolari.

Come in ogni Final Fantasy che si rispetti, anche il sedicesimo capitolo propone un gameplay suddiviso principalmente in fasi di battaglia e di esplorazione.

In modo analogo a quanto visto in Final Fantasy XV e Final Fantasy VII Remake, tuttavia, Final Fantasy XVI presenta una rottura netta con il passato. Anche in questo nuovo episodio, infatti, l’azione si svolge sempre e rigorosamente in tempo reale, senza alcuna transizione tra fase di esplorazione e fase di battaglia. Semplicemente, quando Clide incontra un nemico, estrae la sua spada e permette al giocatore di iniziare ad attaccare.

Il potere degli Eikon

In battaglia Clive potrà sfruttare molteplici abilità, mutuate dagli Eikon in suo possesso.

Durante gli scontri, Clive dispone di quattro abilità di base. Un attacco fisico, uno magico a distanza, il salto e un’abilità unica legata all’eikon a lui collegato. Come svelato in precedenza, infatti, il nostro eroe avrà la possibilità di assorbire i poteri dei vari eikon.

Una volta assimilati, essi doneranno a Clive alcune particolari abilità (scudi, scatti, salti speciali ecc.) oltre a due attacchi speciali. Questi attacchi devono essere ricaricati dopo l’utilizzo, ma infliggono danni davvero devastanti. Clive potrà equipaggiare un massimo di tre eikon e avrà la possibilità di selezionare due attacchi speciali per ciascuno di essi. In questo modo il giocatore ha la possibilità di trovare il setting che maggiormente lo soddisfa.

Clive avrà inoltre la possibilità di concatenare fra loro i vari attacchi, generando vere e proprie combo a base di fendenti, attacchi magici e colpi speciali. Premendo alcune combinazioni, il nostro alter ego potrà anche attivare degli attacchi unici, come affondi, colpi caricati e attacchi in salto. In aiuto di Clive ci sarà anche il suo fido cane Torgal (palese ispirazione ai metalupi di Game Of Thrones), che avrà la facoltà di attaccare i nemici e, all’occorrenza, curare Clive. Anche in questo caso, sarà possibile coordinare i nostri attacchi con quelli di Torgal per generare vere e proprie combo.

Non sarà invece possibile controllare altri personaggi oltre al nostro cavaliere. Nel corso del gioco diversi personaggi ci accompagneranno nel nostro viaggio, ma saranno semplici supporti, in grado di darci un piccolo aiuto nelle battaglie. Non solo non potremo controllarli direttamente, ma non avremo nemmeno alcun modo per impostare le loro azioni e modus operandi.

Per quanto riguarda invece la difesa, essa si basa principalmente sulle schivate. Se eseguite con il giusto tempismo, esse genereranno un piccolo “congelamento” del tempo, utile a Clive per effettuare degli attacchi extra. Sono presenti anche gli ormai celebri parry, che possono essere innescati premendo il tasto di attacco col giusto tempismo. Se messi a segno in modo corretto, anche i parry andranno a rallentare il tempo, lasciando il nemico sbilanciato e donando a Clive una finestra d’attacco ancora più ampia.

Poco spazio alla nostalgia

Nel complesso, il battle system si presenta ricco, dinamico e divertente e regala scontri molto vari e coinvolgenti. Le battaglie coi boss, in particolare, raggiungono livelli di spettacolarità veramente notevoli, proponendo anche una serie di sequenze cinematiche in cui premere i tasti col giusto tempismo in un tripudio di effetti speciali e spettacolari sequenze di scontro.

Tuttavia, tutto il sistema ha un grosso tallone d’achille: la difficoltà. Inutile girarci attorno, Final Fantasy XVI è davvero troppo facile. Non solo le schivate garantiscono sempre una difesa quasi perfetta dagli attacchi nemici, ma anche il danno subito in caso di attacco è spesso poco significativo e può facilmente essere recuperato tramite gli oggetti curativi, di cui il gioco è molto generoso. Certo, Clive ha a disposizione solo un numero limitato di pozioni, elisir e granpozioni, ma queste si rivelano praticamente sempre più che sufficienti a garantire la vittoria.

Una volta terminato il gioco viene sbloccata una difficoltà più elevata, che rende le cose molto più complesse ed interessanti, ma si tratta solo di un’extra. Un peccato davvero: un pizzico di difficoltà in più avrebbe giovato all’intera esperienza.

Un altro aspetto che potrebbe disturbare i fan di vecchia data è la mancanza di numerosi elementi tipici della serie. Oltre alla presenza di un singolo personaggio al posto del classico party, mancano totalmente gli effetti elementali delle magie. Quando utilizziamo un attacco magico, infatti, il danno che causa è assolutamente indipendente sia dal suo elemento sia dalle caratteristiche del nemico. Non sono presenti nemmeno le alterazioni di status, che nei titoli classici andavano ad aggiungere diversi elementi strategici alle battaglie.

Square-Enix ha probabilmente deciso di dare la priorità ai nuovi utenti, scegliendo di proporre un sistema di combattimento improntato sull’azione e sull’abilità del giocatore di effettuare parry e schivate al momento giusto, andando però a sacrificare la strategia. Questa scelta, in realtà, ci ha convinti solamente in parte, perché rischia di allontanare buona parte dello zoccolo duro dei fan della serie.

Un’esplorazione limitata

L’esplorazione è forse l’aspetto più debole di Final Fantasy XVI.

Final Fantasy XVI sceglie di non riproporre l’open world visto nel quindicesimo capitolo, ma presenta una struttura molto più simile a quella di Final Fantasy VII Remake. Nel corso del gioco avremo la possibilità di visitare quasi tutte le zone principali del continente di Valisthea. Ogni area presenta una grande mappa, che può essere esplorata liberamente. Tuttavia, ogni zona risulta indipendente dalle altre e non sarà possibile in alcun modo passare direttamente da un’area all’altra.

I viaggi lunghi sono gestiti da un pratico sistema di teletrasporti, tramite alcuni obelischi di etere. Oltre a questo, le aree di gioco sono piene di muri invisibili, che rendono l’esplorazione ancora più limitata. Tra l’altro, non c’è alcuna reale motivazione che possa spingere il giocatore ad esplorare liberamente. Le varie mappe non hanno aree segrete o tesori nascosti e i bauli disseminati per la mappa normalmente contengono solo qualche guil o oggetti spesso poco significativi.

L’unica motivazione che può spingerci ad aggirarci per la mappa è da ricercare nella bellezza delle ambientazioni, ma risulta molto più pratico attendere che si sblocchi una missione secondaria che abbia il suo obiettivo in una zona ancora inesplorata. In questo modo almeno le nostre peregrinazioni saranno valorizzate.

Missioni secondarie e cacce

Anche le missioni secondarie di Final Fantasy XVI non risultano particolarmente ispirate.

Il luogo che visiteremo più spesso sarà il quartier generale degli alleati di Clive, dove sarà possibile aggiornare il nostro equipaggiamento, approfondire la storia e le info sui vari personaggi ed accedere a varie missioni secondarie.

Il sistema di side quest di Final Fantasy XVI ricorda molto da vicino quello di Final Fantasy XIV. Progredendo nella trama, alcuni personaggi, evidenziati da un’icona verde, ci proporranno delle missioni. Normalmente le missioni saranno attive proprio nella zona in cui ci troveremo seguendo la trama del gioco, ma sarà possibile visionare l’archivio di tutte le missioni attive direttamente dal quartier generale.

Purtroppo, le missioni secondarie non appaiono particolarmente ispirate. Si tratta normalmente di rispondere a richieste di soccorso o di procurare particolari materiali. Il tutto si traduce nel recarsi da un punto A ad un punto B, raccogliere gli oggetti desiderati e affrontare uno scontro (di solito piuttosto semplice) che va a concludere la missione.

Una categoria particolare di missioni è costituita dalle cacce. Si tratta di scontri contro nemici particolarmente coriacei, a volte dotati anche di un design originale. Le cacce saranno visualizzabili su un apposito tabellone situato nel quartier generale e controllato da un simpatico moguri. Questi scontri risultano decisamente più interessanti ed impegnativi del normale e aumentano la varietà e la sfida del gioco.

Equipaggiamenti ed abilità

La gestione delle abilità risulta nel complesso ben fatta.

Per finire, diamo uno sguardo all’aspetto strategico e gestionale, che, in Final Fantasy XVI, viene ad identificarsi con la gestione dell’equipaggiamento e delle abilità. Il giocatore ha la possibilità di equipaggiare Clive con spade, bracciali e mantelli. Ognuno di questi oggetti andrà a migliorare le sue statistiche, senza dare particolari abilità.

Discorso diverso per gli accessori, che potranno essere assegnati al nostro protagonista fino ad un massimo di tre. In questo caso, oltre a fornire dei bonus alle statistiche, avremo accessori in grado di donare a Clive abilità passive, come ad esempio delle schivate potenziate. Infine, alcuni accessori hanno la funzione di potenziare uno specifico attacco speciale donato dagli eikon.

Per quanto riguarda le abilità di attacco, come accennato in precedenza, esse verranno donate dagli eikon man mano che li sbloccheremo col proseguo della storia. Sarà il giocatore a decidere quali abilità andare a sbloccare e in quale ordine, spendendo i punti esperienza a accumulati salendo di livello. É possibile in qualsiasi momento del gioco andare a “resettare” le abilità sbloccate per spendere i punti in maniera differente. Questo permette, una volta individuate le abilità a noi più consone, di investire solo su quelle, lasciando da parte quelle inutilizzate.

Risulta quindi chiaro come l’aspetto gestionale, seppur presente, non abbia decisamente un ruolo preponderante in Final Fantasy XVI, che predilige un approccio più improntato all’azione. Va comunque riconosciuto il buon lavoro fatto da Square con le abilità degli Eikon, che sono abbastanza diversificate tra loro e regalano animazioni ed effetti davvero belli e spettacolari.

Conclusione

Final Fantasy XVI è certamente un ottimo gioco. Un’avventura dalla trama emozionante e coinvolgente, con una grafica ed un sonoro di altissima qualità e un battle system immediato e funzionale.

Purtroppo il gioco è penalizzato dal livello di difficoltà davvero troppo basso e da una gestione delle abilità e dell’equipaggiamento fin troppo limitata e semplificata. Anche le missioni secondarie risultano spesso deludenti e ripetitive, sebbene le cacce siano divertenti ed intriganti.

Al netto di questi difetti, Final Fantasy XVI resta un’ottima avventura 3D, consigliatissima sia ai fan della saga che agli appassionati del genere, che potranno godere di un’ottima storia immersi in un mondo di gioco credibile e spettacolare.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: PS5
  • Data uscita: 22/06/2023
  • Prezzo: 59,99 €

Ho testato il gioco a fondo poco dopo il day one su PlayStation 5.

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Possiamo ancora chiamarli MMORPG?

Oggi voglio parlarvi di un genere al quale sono particolarmente legato, ovvero quello degli MMORPG. Enormi mondi da esplorare ed epiche avventure da vivere, in compagnia di altri migliaia di giocatori come noi. Un sogno che si realizzava davanti ai miei occhi da ragazzino mentre inserivo il CD di Ragnarok Online, allegato ad un numero di Giochi per il Mio Computer.

Questo accadeva nel lontano 2004, proprio durante la release europea del titolo in questione. Ricordo ancora lo stupore provato quando vidi Prontera – la capitale e cuore del regno – per la prima volta. Centinaia e centinaia di altri personaggi si muovevano freneticamente, conversavano, allestivano bancarelle in cui vendere i ricavati del farming quotidiano. Ma non erano i soliti NPC visti e rivisti. Quelle erano persone, proprio come me!

Quella che oggi potrebbe sembrare una banalità era letteralmente magia per me. Una magia destinata a sparire, ed è proprio di questo che oggi voglio parlare.

Il vecchio cede il passo al nuovo

Facciamo subito una premessa, nel genere degli MMORPG esistono vari titoli che hanno segnato la storia, basti pensare a pietre miliari come Ultima Online o Everquest. Tra questi titoli ne spicca uno però: sto parlando di World of Warcraft. Letteralmente l’MMORPG dei record, che dopo la bellezza di 18 anni conta ancora milioni e milioni di utenti giocanti e paganti, impresa riuscita solo e soltanto a quello che è il re di questo genere.

MMORPG World of Warcraft Classic
World of Warcraft Classic

Bene, fatta questa premessa, cosa significa tutto ciò? Semplicemente WoW fu lo spartiacque tra ciò che era “nuovo” e ciò che era “vecchio”. Il difficilissimo mercato dei MMORPG – caratterizzato da costi di sviluppo/gestione enormi e chance di successo abbastanza risicate – era finalmente stato decodificato. Blizzard aveva tracciato la strada per le quasi due decadi a venire. Strada percorsa da un po’ tutti gli studi di sviluppo, forse stanchi di sperimentare questa o quella stramba formula di gioco, chissà.

Una strada monumentale, sia chiaro, e chi ha giocato WoW ai tempi della release sa benissimo di cosa parlo. Esplorare Azeroth per la prima volta fu qualcosa di incredibile, davvero.

Parco a tema

WoW fa parte di quel grande filone di MMORPG definiti “theme park”, letteralmente “parchi a tema”. Gli sviluppatori creano per voi un bel parco a tema (mondo di gioco) da farvi visitare, con tante attrazioni (quest, dungeons, raids e tutto il resto). Insomma, vi danno uno scopo, come affrontare l’ultimo raid rilasciato ad esempio. Voi fate il vostro bel giro lungo un percorso prestabilito, ma quel parco rimarrà sempre tale, statico, nel concreto nessun giocatore apporterà mai alcuna modifica ad esso.

Final Fantasy XIV
Final Fantasy XIV

Sandbox

In contrapposizione esistono i cosiddetti “sandbox”. Titoli dove lo sviluppatore crea sempre un bel mondo di gioco, lo riempie sì di attrazioni, ma lascia ai giocatori la libertà di interpretarlo, di “viverlo”. Ognuno è libero di creare la propria avventura. Esistono anche delle vie di mezzo tra le due tipologie, ma per comodità differenziamoli così.

Come abbiamo detto WoW fa parte dei theme park, ed indovinate quale tipologia di MMORPG spopola dal 2004 ad oggi, e quale invece è quasi del tutto scomparsa? Basti pensare che i maggiori MMORPG attivi sul mercato sono tutti theme park. Mentre i sandbox sono ormai relegati a produzioni di nicchia, indirizzate al solo zoccolo duro del genere.

Ecco, uno degli effetti dei theme park è proprio quello di spingervi su delle rotaie prestabilite, e questo ci porta a quello che secondo me è l’enorme difetto degli MMORPG moderni.

Viaggio nella memoria

Torniamo per un attimo alla mia avventura su Ragnarok Online. Ricordo ancora benissimo il viaggio verso Morroc, la città del deserto, dove il mio personaggio Novizio avrebbe finalmente classato a Ladro. E ricordo i mille giri per capire dove andare, le tante morti lungo la strada. Ma soprattutto ricordo i tanti giocatori, compagni avventurieri, a cui chiedevo indicazioni circa la mia meta, ma anche consigli su cosa equipaggiare, come ripartire i miei punti abilità.

MMORPG Ragnarok Online
Ragnarok Online

Ed ancora ricordo il mercato di Prontera, pieno di centinaia di bancarelle gestite da noi giocatori. La caccia al miglior prezzo per quel determinato oggetto, o magari la possibilità di speculare un po’ comprando a basso prezzo per poi rivendere il tutto più in là.

La ricerca del fabbro di fiducia – anche i potenziamenti alle armi erano unicamente gestiti dai giocatori – che sapevo mi avrebbe fatto un buon prezzo se sarei rimasto suo cliente. Il mondo di Ragnarok, un titolo abbastanza basilare, era vivo, pieno di gente con cui socializzare, con cui magari si era costretti ad interagire. Tutto questo lo rendeva un MMORPG.

Quello era il mio viaggio, formato sì dal mondo che esploravo, i tesori che trovavo ed i nemici che sconfiggevo. Ma anche dai legami creati con altri giocatori, a volte per pura voglia di socializzare, molte altre per semplice necessità. Semplicemente il titolo mi invogliava a condividere la mia avventura con il resto del mondo (virtuale).

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New World, l’ultima speranza per gli MMORPG

MSORPG

Massive Single Player Online Role Playing Game, ovvero quello ad oggi penso sia il termine corretto per definire gli MMORPG. Perché di massive multiplayer ci vedo davvero poco.

Prima ho parlato di Ragnarok, ora vi parlo di Final Fantasy XIV, titolo che ritengo un fantastico rpg singleplayer con elementi multiplayer. Un MSORPG insomma. Ivalice è un mondo fantastico, e non mi sarei aspettato altro dal team di Yoshida. Una grandissima varietà di classi, gameplay solido e divertente, tantissimi contenuti e soprattutto una trama degna dei migliori jrpg in circolazione.

Final Fantasy XIV
Final Fantasy XIV

Eppure durante quei mesi passati ad Ivalice sentivo che mancava qualcosa. Quel mondo era pieno zeppo di giocatori, eppure nessuno ha mai provato a socializzare con me durante le mie decine (direi centinaia) di ore a vagare per quelle terre. Certo, c’erano le gilde, ma non un reale motivo per entrare a farvi parte, almeno non per chi come me era ancora alle prese con la mastodontica main quest.

C’erano i dungeon, attività di gruppo per eccellenza negli mmorpg theme park. Ma nessun bisogno di formare un party, o di recarsi all’entrata del dungeon. Pensava a tutto il duty finder, nome del classico LFG (Looking For a Group). E così mi ritrovavo insieme ad altre tre persone, pronto ad affrontare un dungeon. Tre persone che sarebbero potuti benissimo essere tre npc comandati dal gioco, dato che nessuno proferiva mai parola.

Poi c’era un bellissimo sistema di crafting, con tante professioni di raccolta/creazione, dove ognuna richiedeva i materiali raccolti dall’altra. Ho pensato “magari è così che il gioco ti porta ad interagire con altre persone”. Ed invece no, perché il personaggio può benissimo “skillare” tutte le professioni in autonomia. E se proprio non si ha voglia basta recarsi al mercato.

Final Fantasy XIV
Final Fantasy XIV

Non il mercato di Prontera, quello pieno di bancarelle, con il fabbro di fiducia, dove puoi perdere ore e spulciarle tutte in cerca dell’affare di una vita. Dove contrattare il prezzo con altri giocatori come noi, e strappare un piccolo sconto. Davanti a me si presenta una schermata di ricerca, inserisco quel che voglio et voilà, ecco le risorse da acquistare ed ecco i prezzi. Semplice, efficiente… Freddo, aggiungerei io.

Insomma, tecnicamente FFXIV è un MMORPG, ne mantiene l’ossatura. Ma giocandolo la sensazione che ho avuto è “ok, è un bel jrpg, ma la parte massive dove sarebbe?”. Non proprio il massimo per un MMORPG. E ci tengo a precisare che considero FFXIV come uno dei più social in circolazione.

Cosa ci aspetta?

Qualcuno potrebbe dire che sto indossando i famigerati occhiali della nostalgia, e magari avrebbe pure ragione. Tendiamo sempre a ricordare con affetto i momenti della nostra giovinezza, ed è giusto che sia così. Tuttavia non credo sia questo il caso, o quantomeno penso che la nostalgia non sia il solo fattore da tenere in considerazione.

Io credo che negli anni il mercato videoludico sia cambiato. Che noi videogiocatori siamo profondamente cambiati. Cose come il raggiungere fisicamente l’entrata di un dungeon un tempo erano viste sì come perdite di tempo, ma anche come opportunità di trovare altri giocatori con cui formare party, e perché no, stringere un’amicizia virtuale. Oggi la stessa azione è vista come una scocciatura, perché non è efficiente. Ed allora arriva viaggio rapido, è veloce ed ottimizza i tempi.

Monastero Scarlatto
World of Warcraft Classic: il Monastero Scarlatto

Spulciare i tantissimi negozietti di Prontera richiede del tempo, non è efficiente. Ed ecco a voi un bel mercato centralizzato, con tanto di barra di ricerca, così da non spendere un secondo di troppo. Comodo, sicuramente.

Creare un party per reclutare qualcuno con cui expare o affrontare il prossimo dungeon? O magari scambiarci semplicemente quattro chiacchiere, che non fa mai male. Troppo tedioso, ma per fortuna arriva in nostro aiuto il LFG, così possiamo mantenere le interazioni sociali a zero!

Insomma, avete sicuramente intuito quale sia il mio punto di vista. Ed invece voi che ne pensate? Romantici da tastiera o power players da ottimizzazione selvaggia?

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Endwalker è la nuova espansione di Final Fantasy XIV Online. Tutti i giochi annunciati nella settimana 6 del 2021

La seconda settimana di febbraio 2021 ha portato diversi annunci, ma solo pochi sono veramente importanti. Tra questi, c’è l’espansione Endwalker di Final Fantasy XIV Online e il massivo cambiamento di Hearthstone con la prossima espansione.

Trovate sotto i dettagli:

Final Fantasy XIV Online: Endwalker

SQUARE ENIX ha svelato Endwalker, l’attesissima quarta espansione di FINAL FANTASY® XIV Online, il pluripremiato MMO con più di 20 milioni di giocatori registrati.

Endwalker, la cui uscita è prevista per l’autunno del 2021 su PC, PlayStation 5, PlayStation 4 e Mac, rappresenta il culmine della storia di Hydaelyn e Zodiark, in cui i Warrior of Light affronteranno qualcosa di ancora più terribile mentre raggiungeranno gli angoli più remoti di Hydaelyn e arriveranno addirittura sulla luna. Oltre a concludere il lungo arco narrativo iniziato con A Realm Reborn, Endwalker segnerà un nuovo inizio per l’amatissimo MMO, preparando le basi per nuove avventure che i fan di vecchia data e i nuovi giocatori potranno vivere insieme.

I fan potranno avere più informazioni su Endwalker al Digital Fan Festival 2021 di FINAL FANTASY XIV, che si terrà il 15-16 maggio 2021. Tutti gli eventi di questo Fan Festival completamente digitale verranno trasmessi in streaming gratuitamente sui canali ufficiali di FINAL FANTASY XIV.

King’s Bounty II

1C Entertainment e Koch Media hanno annunciato che King’s Bounty II, il prossimo capitolo dell’acclamata serie di giochi di ruolo tattico a turni King’s Bounty, sarà pubblicato il 24 agosto 2021 per PlayStation 4, Xbox One, Nintendo Switch e PC. La data di lancio precedente, marzo 2021, è stata rivista per garantire la migliore esperienza ai giocatori quando il gioco sarà disponibile.

R-Type Final 2

Sperimenta l’azione sparatutto mozzafiato di R-Type Final 2! Personalizza la tua nave, potenzia le tue armi e scatena un devastante assalto contro orde di nemici che si evolvono in base alle tue prestazioni!

R-Type Final 2 sarà disponibile su PS4, Nintendo Switch, Xbox One, Xbox Series X | S, PC il 30 aprile 2021!

Anno 1800 Pass Season 3

Ubisoft annuncia che Anno 1800 rilascia un Pass per la Season 3 composto da tre DLC, “Area Portuale”, “Stagione Turistica”, “Alte Vette”, e da tre ornamenti. Il Pass della Season 3 invita i giocatori a scoprire commerci portuali, incrementare il turismo e a gestire nuovi e svettanti edifici. I giocatori potranno provare un nuovo modo di esportare e promuovere le loro città grazie a un distretto modulare di magazzini, bus turistici e grattacieli. La nuova stagione segue due anni di successo che hanno toccato 1.7 milioni di giocatori in tutto il mondo alla fine del 2020.

“Area Portuale” è il primo DLC della Season 3, che uscirà il 23 febbraio 2021. I fan di Anno trasformeranno la loro città costruendo un distretto modulare di magazzini iniziando dall’edificio principale ispirato al famoso “Speicherstadt” (il più grande distretto di magazzini al mondo e Patrimonio Mondiale dell’UNESCO che si trova ad Amburgo, in Germania). “Area Portuale” darà anche ad Anno 1800 una nuova forma di commercio, permettendo ai giocatori di esportare beni rari e rinforzare la loro economia. Assieme al Capitano Tobias Morris, che sarà il contatto tra i giocatori e le Compagnie attorno al mondo, i giocatori potranno fare commerci interessanti e diventare dei leader di mercato.

Hearthstone, Set Principale e il formato Classico

Assieme alla rotazione dei set in arrivo con la prossima espansione, Hearthstone introdurrà il nuovo set Principale e i set Base e Classico entreranno a far parte del formato Selvaggio.

ECCO IL SET PRINCIPALE

Dopo la rotazione dei set di quest’anno, il formato Standard includerà i set di carte dell’Anno della Fenice (Ceneri delle Terre Esterne, L’Accademia di Scholomance, Follia alla Fiera di Lunacupa, Mini-set Corse di Lunacupa), la prossima espansione e il nuovo set Principale.

Il set Principale sarà gratis per tutti i giocatori e sostituirà quelli Base e Classico nel formato Standard con una studiata selezione di 235 carte, pensate per fornire una collezione moderna di carte iniziali per tutti i tipi di giocatori e rendere Hearthstone ancora più accessibile ai nuovi giocatori. Alcune delle carte del set Principale faranno ritorno dai set passati, altre saranno dei classici reinventati e ben 29 carte saranno totalmente nuove.

Come accadeva già per il set Base, le carte del set Principale saranno sbloccate salendo di livello con ogni classe e automaticamente conferite ai giocatori in base al livello con i propri eroi quando si connettono per la prima volta dopo la rotazione.

ECCO IL FORMATO CLASSICO

Oltre alla rotazione dei set, verrà introdotto anche il formato Classico! Questo formato invita i giocatori a creare mazzi e competere utilizzando le 240 carte originali di Hearthstone, così com’erano nel 2014, l’anno in cui Hearthstone è stato pubblicato!.

Nel formato Classico il Capitano Cantaguerra può dare Carica ai servitori, Punizione Sacra può infliggere danni anche all’avversario e Leeroy Jenkins costa solo 4 Mana.

I sistemi di ricompense, dei gradi e delle stagioni saranno gli stessi dei formati Standard e Selvaggio e, proprio come per questi formati, quello Classico avrà il proprio matchmaking.

Con la pubblicazione del formato Classico, Hearthstone aumenterà anche il numero di slot per i mazzi da 18 a 27.

Destiny 2: Oltre la Luce

Disponibile l’accolade trailer di Destiny 2: Oltre la Luce. Non dimenticate inoltre che da qualche giorno è disponibile la nuova stagione, la Stagione degli Eletti.

Paradise Lost

All In! Games è entusiasta di rivelare un nuovo video unico per Paradise Lost, un gioco di PolyAmorous. Il video presenta le differenze tra la nostra linea temporale e la linea temporale alternativa della storia di Paradise Lost, in cui la seconda guerra mondiale non è mai finita.

Quale di questi giochi state seguendo?

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Editoriali

Videogiochi non tradotti, la mia top 5 di giochi rovinati

Ci sono alcune cose che noi italiani amiamo incondizionatamente. Non mi riferisco alla pizza o alla nutella, ma a un’arte in cui siamo sempre stati maestri, il doppiaggio. Prima che mi puntiate il dito addosso, chiaramente ci sono stati dei casi poco felici come Neo Genesis Evangelion su Netflix, ma a questi rari casi si contrappongono grandi voci, che non sempre finiscono nei videogiochi perché non sempre tradotti.

Da Ferruccio Amendola a Luca Ward, passando per chi ne ha fatto un intrattenimento web come Maurizio Merluzzo, i doppiatori italiani sono ormai dei personaggi noti.

Luca Ward doppierà la voce di Keanu Reeves in Cyberpunk 2077
Luca Ward doppierà la voce di Keanu Reeves in Cyberpunk 2077

Purtroppo, il mondo dei videogiochi vive in un ecosistema un po’ diverso. Infatti, ci sono alcuni capolavori per cui non è ancora disponibile nemmeno una traduzione testuale.

I dati sui videogiochi non tradotti

LocalizeDirect, azienda che si occupa di localizzazione di videogiochi, ha condotto uno studio su un campione di 14 mila richieste di traduzioni di giochi. Il risultato ci informa che le richieste di localizzazione di videogiochi in italiano, rispetto gli anni precedenti, sono crollate. La motivazione fornita dall’azienda risiede nella stagnazione dell’economia italiana.

Il grafico mostra l'aumento dei videogiochi non tradotti in italiano
Il grafico mostra l’aumento dei videogiochi non tradotti in italiano

Secondo LocalizeDirect, l’economia italiana porterebbe una contrazione del mercato videoludico. Questa teoria si scontra con il report annuale dell’IIDEA, associazione italiana che analizza il mercato dei videogiochi in Italia. Infatti l’analisi dellIIDEA sostiene che il mercato videoludico italiano è cresciuto.

In altre parole, i publisher non vogliono tradurre i titoli in italiano, perché ritengono che il nostro Paese, nonostante abbia un mercato videoludico in crescita, non spenda abbastanza in videogame.

L’importanza della localizzazione dei videogiochi

Penso che sia fondamentale tradurre i videogame in italiano. Infatti, anche se un titolo può risultare totalmente comprensibile, il lavoro dei localizzatori è di rendere un videogioco più vicino alla nostra cultura. Pensate al giardiniere Willie dei Simpson, che è stato reso sardo per trovare un’analogia italiana con l’idea che gli americani hanno degli scozzesi.

Devo ammettere che i videogame mi hanno permesso di migliorare il mio inglese, ma il costo è non riuscire a percepire molte sfumature che avrebbero meritato maggiori attenzioni.

La classifica dei videogiochi non tradotti

Dopo aver letto la notizia del report di LocalizeDirect, mi sono venuti in mente molti giochi realmente importanti per la storia videoludica, che non hanno mai ricevuto una traduzione italiana ufficiale o è arrivata troppo tardi. Ho deciso di riassumere in questa pagina i 5 titoli che hanno segnato maggiormente la mia vita da videogiocatore a causa di una mancata localizzazione in italiano.

5. Tyranny

Non tutti hanno memoria di questo gioco del 2016. Nonostante la critica e i giocatori che lo hanno seguito non l’abbiano identificato come un capolavoro, Tyranny è un bel gioco. Obsidian e Paradox si mettono a lavoro sul titolo subito dopo Pillars Of Eternity. Stesso genere, gameplay simile, ma l’ambientazione è basata su un mondo caduto nella corruzione e nelle mani della malvagità, in cui impersoniamo dei personaggi altrettanto cattivi.

Tyranny è uno dei videogiochi non tradotti più difficili da giocare in inglese
Tyranny è uno dei videogiochi non tradotti più difficili da giocare in inglese

Tyranny vanta un numero di vocaboli enorme e una quantità di dialoghi superiore ai già abbondanti testi presenti nei gdr occidentali. Questo però non è servito ad avere una localizzazione ufficiale del gioco. A suo tempo, gli utenti che invitavano a imparare l’inglese per giocarlo furono duramente attaccati e probabilmente anche derisi a causa dell’oggettiva complessità dei testi di gioco.

Quello che fece veramente infuriare la community italiana provenne dalla bocca di Gordon Van Dyke, ex produttore di Paradox Interactive:

Consiglio da sviluppatore: non traducete in italiano. È uno spreco. Usate invece quel budget per il russo o il portoghese brasiliano

Gordon Van Dyke, ex producer di DICE e Paradox Interactive

Queste dure parole portarono i videogiocatori italiani a boicottare il titolo. Ho aspettato il gioco a lungo e nonostante abbia ricevuto il videogame gratuitamente con Twitch Prime, Tyranny è ancora nel mio backlog. Il motivo non è legato a Van Dyke, ma alla poca voglia di sorbirmi eterni dialoghi in una lingua che non è la mia.

BoP Italia ha provato a tradurre Tyranny, ma ancora oggi non ci sono notizie confortanti a causa di mancanza di traduttori. Se volete dare una mano potete andare sul loro forum.

4. Fallout e Fallout 2

Fallout e Fallout 2 sono due titoli ormai ritenuti capolavori assoluti da molti esperti del settore. Però solo chi era già un po’ più grande ha avuto la possibilità di giocarlo. Infatti, quando arrivò Fallout 3, molti avevano sentito parlare dei primi due capitoli, ma non tutti hanno avuto il coraggio di giocarli. Io rientro tra i codardi, ma li conosco molto bene.

Fallout 2, capolavoro che fa parte dei videogiochi non tradotti in italiano.

Fallout uscì nel 1997 e nonostante avessi sette anni, avrei voluto giocare quel titolo da adulti. Purtroppo, i Fallout erano inarrivabili a causa della barriera linguistica. Se pensiamo che Fallout 3 è uscito nel 2008, potete capire che questo deficit costò un’attesa di 11 anni prima di poter provare il titolo.

Nemmeno gli anni ’90 possono essere una scusa. Nel 1997 uscirono molti grandi videogame in italiano. Basta citarne tre: Age of Empires, Oddworld: Abe’s Oddysee e Gran Turismo.

3. Vampire: The Masquerade Bloodlines

Vampire The Masquerade – Bloodlines 2 non sarà localizzato in italiano. Guardando le prime immagini non sono troppo triste. Il titolo che vedrà la luce nei prossimi mesi, non sembra paragonabile al suo predecessore. Felice di essere smentito.

Vampire: The Masquerade Bloodlines è uno dei videogiochi gdr non tradotti in italiano
Vampire: The Masquerade Bloodlines è uno dei videogiochi gdr non tradotti in italiano

Vampire: The Masquerade Bloodlines ha una famosa traduzione italiana fan-base, ma non è mai stato localizzato ufficialmente. Il videogioco è stato un successo enorme proprio per la sua libertà nei dialoghi e le sue tinte fosche meritavano di essere tradotte in italiano per essere meglio apprezzate nel Bel Paese.

Se consideriamo che Vampire: The Masquerade Bloodlines è un titolo del 2004, potete comprendere come sia ingiustificabile non aver dato una possibilità ai videogiocatori italiani. Soprattutto ai fan del gdr cartaceo.

2. World of Warcraft

World of Warcaft esce nel 2004. La localizzazione italiana arriva nel 2012. Avevo già abbandonato il gioco da 5 anni.

La versione americana di World of Warcraft mi ha permesso di migliorare il mio inglese, ma anche di perdere moltissimo del gioco. Il titolo era pieno di missioni con una discreta quantità di testo e per comprendere a fondo la storia che ci stava dietro, bisognava avere tanta pazienza con le traduzioni. Il risultato è che molti aspetti della lore di Warcraft sono rimaste per me un mistero per molti anni, almeno fino a quando non decisi di giocare nuovamente il titolo anni dopo, in italiano.

World of Warcraft non ha avuto una localizzazione italiana per 8 anni
World of Warcraft non ha avuto una localizzazione italiana per 8 anni

Il risultato fu sbalorditivo. Anche Edwin Van Cleef, un povero boss di basso livello dell’Alleanza, che mi sembrava uno sfigato qualunque, è invece un personaggio con una storia profonda. Se invece giochi il titolo dal lato dell’Orda, gli accenti napoletani dei troll assicurano risate uniche.

Nonostante non continuai a giocare a World of Wacraft dopo la localizzazione italiana, rimasi molto deluso dal non poterlo averlo vissuto pienamente per ben 3 anni a causa di una mancata caratterizzazione italiana.

1. Final Fantasy VII

I miei ricordi di Final Fantasy VII sono già stati ampiamente discussi, ma non posso non mettere al primo posto il capolavoro della Square Enix, a suo tempo SquareSoft. Il titolo arrivò in Europa in pompa magna e fu amore a prima vista.

Final Fantasy VII del 1997 è IL videogioco tra i videogiochi non tradotti in italiano
Final Fantasy VII del 1997 è IL videogioco tra i videogiochi non tradotti in italiano

Final Fantasy VII fu un altro gioco del 1997, come Fallout, mai tradotto in italiano. Lo giocai, ma dopo un po’ persi completamente la bussola. La trama di Final Fantasy 7 meritava di essere gustata, ma non puoi farlo con semplicità a 7 anni in una lingua straniera.

Menzione d’onore

Una menzione d’onore deve essere fatta ad alcuni titoli.

Il primo è Disco Elysium, un recentissimo gdr del 2019. Un capolavoro di rara bellezza totalmente in lingua inglese che rischia essere, per molti giovani, il Final Fantasy VII della nostra generazione.

Per chi oggi parla di godersi un titolo in lingua inglese, pensate che ci sono tanti giovanissimi videogiocatori che vorrebbero entrare a far parte del mondo dei giochi di ruolo, come Disco Elysium, ma sono tagliati fuori per una mancanza localizzazione italiana. Così come lo è stato per me con Final Fantasy VII, molti di questi giovani videogiocatori magari dedicheranno il proprio tempo a Fifa 20, come ho fatto io con Fifa 98 a suo tempo, a causa di una traduzione mai arrivata.

Disco Elysium rischia di essere il Final Fantasy VII di questa generazione
Disco Elysium rischia di essere il Final Fantasy VII di questa generazione

Le altre due menzioni speciali sono la serie Shin Megami Tensei e Persona 5. Solo di recente Atlus ha cominciato a tener conto dei fan italiani, ma non siamo ancora certi che continuerà a farlo. Infatti l’intera serie di Shin Megami Tensei non è mai stata localizzata in italiano. Nemmeno il più recente Shin Megami Tensei IV per Nintendo 3DS. Persona 5, un titolo con una fortissima narrazione, è stato tradotto solo dopo 4 anni dalla sua uscita, nella sua versione Royal.

Persona 5 è stato tradotto in italiano dopo 4 anni
Persona 5 è stato tradotto in italiano dopo 4 anni

Di conseguenza, viviamo con terrore la notizia di una possibile non traduzione in italiano dell’annunciato Shin Megami Tensei V. Mi chiedo se ci meritiamo quest’ansia.

Conclusione

Quando diciamo che non sia necessario tradurre i videogame, pensiamo anche a chi non può godersi questi titoli per varie ragioni. Siamo nel 2020, ma ci possono essere mille motivazioni per cui una persona non conosce l’inglese. Può essere l’età o una mancanza culturale non necessariamente legata alla volontà di non studiare.

Ricordiamoci anche che non ci siamo potuti godere tante perle, perché sono state relegate solo al mercato giapponese. Alcuni le abbiamo scoperte con gli emulatori, ma altri sono state dimenticate per sempre.

Questa è la mia classifica dei titoli che mi hanno sconvolto l’esistenza videoludica a causa di una mancata localizzazione italiana. Sarei ben felice di leggere la vostra.

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Editoriali

Il Postmodernismo fa rinascere i videogiochi

La modernità nei videogiochi è morta. Possiamo spiegare questo periodo storico dei videogiochi storpiando la famosa frase di Friedrich Nietzsche. Come ogni momento storico, ha avuto un suo inizio e avrà una sua fine, ma i remake, i remastered e gli indie permettono al postmodernismo di entrare nel mondo dei videogiochi e farli rinascere.

Postmodernismo nei videogiochi

Il termine postmodernismo nasce nel 1934 all’interno del saggio La condizione postmoderna: Rapporto sul sapere di Jean-François Lyotard e definisce la crisi e il superamento della modernità. Il postmodernismo è presente in tutte le forme d’arte e di conseguenza doveva arrivare anche nei videogiochi.

Gli anni duemila sono stati molto importanti per il movimento nelle opere d’arte più note nella società moderna, come film e musica. Registi come Quentin Tarantino e generi come l’horror sono bandiera del genere grazie al loro attingere ad opere precedenti. Lo stesso vale per la musica con la feroce critica della Retromania di Simon Reynolds.

Metal Gear Solid: The Twin Snakes per Nintendo Gamecube. Il postmodernismo nei videogiochi del 2000
Metal Gear Solid: The Twin Snakes per Nintendo Gamecube

I remastered non sono un’innovazione di questi anni. Con l’avvento del Game Boy, molti videogiochi per NES e Super Nintendo sono stati ricreati in formato portatile. Già dall’inizio 2000, si riscontrano titoli remastered per le console casalinghe, come Metal Gear Solid e i Resident Evil per Nintendo Gamecube.

Il periodo attuale è però molto diverso per due motivi. Il primo è la grande quantità di remake, che si differenziano dai soliti remastered. Il secondo, e forse più importante, è la nuova generazione di videogiocatori.

Remastered e Remake

I remastered sono videogiochi a cui è stata dato un comparto tecnico che possa reggere il peso del tempo senza snaturare il gioco. Solitamente si tratta di titoli che mantengono gli stessi pregi e difetti del titolo originario, con modifiche solo sul comparto tecnico. Di tanto in tanto, i giochi vengono migliorati anche con piccole feature sul gameplay. Un esempio è Resident Evil Remaster del 2002, con una configurazione migliorata dei controlli.

I remake sono dei titoli ex novo. Hanno un comparto tecnico completamente rinnovato così come il gameplay. Resident Evil 2 Remake, Resident Evil 3 Remake e Final Fantasy VII Remake sono sicuramente i titoli di punta di questa generazione.

Il loro scopo è far vivere ai nuovi videogiocatori un’esperienza unica, ma profondamente diversa, tanto da avere anche cambiamenti in termini di linea narrativa o addirittura finale come successo in Final Fantasy VII.

I motivi del postmodernismo nei videogiochi

Il motivo principale dell’ascesa del postmodernismo nei videogiochi è la nuova generazione di videogiocatori. In primis, si tratta di giocatori giovani che non hanno avuto modo di vedere i titoli originali.

Ho giocato Final Fantasy VII a otto anni e adesso ne ho ventinove. I nuovi videogiocatori di 14 anni non hanno fisicamente avuto la possibilità di provarlo e tentare di provarlo oggi potrebbe essere molto ostico.

Il secondo motivo è che i videogiochi di 15 anni fa erano molto più difficili, un po’ per la necessità di allungare giochi con storie relativamente brevi, un po’ per il sadismo degli sviluppatori che rivolgevano le proprie opere a un pubblico di nicchia.

Oggi invece i videogame sono per tutti, devono essere più semplici e devono attirare l’attenzione dei più giovani. Per questo motivo si fa leva sulla nostalgia dei più esperti per fare presa anche su di loro.

Ori and the will of the wisps. Il postmodernismo nei videogiochi indie
Ori and the will of the wisps, un indie meraviglioso

La nostalgia è un fattore predominante nel postmodernismo videoludico. Si parla dei videogiochi del passato come qualcosa di perfetto, ma è chiaramente l’effetto del tempo sulla mente. Di problemi di natura tecnica e narrativa ce ne sono a bizzeffe nella storia dei videogame. Però non sempre la nostalgia è un sentimento negativo.

Nel nostro caso, ci ha permesso di avere grandi remake dedicati a Resident Evil e Final Fantasy, ma anche l’affermazione di generi che hanno scosso l’industria con una vera e propria crisi dei videogiochi tripla A. Mi riferisco ai Metroidvania, che hanno permesso agli sviluppatori indipendenti di spezzare il legame per cui un grande gioco possa essere prodotto solo da una grande casa di sviluppo.

Conclusione

La consacrazione dei Metroidvania è il simbolo di quanto avvenuto negli ultimi anni. L’industria videoludica indipendente può competere con i grandi nomi dell’industria dei videogiochi, che negli ultimi anni hanno peccato con titoli tripla A mediocri. Ovviamente i grandi dell’industria non sono rimasti con le mani in mano e in questo caso bisogna distinguere tra remake o remaster positivi e negativi.

Capcom e Square-Enix hanno dimostrato di saperci mettere il cuore e il coraggio rinnovando titoli affermati e difficili da cambiare. Altre case di sviluppo si sono invece limitate al compitino per poter fare cassa con il minimo sforzo.

Se da un lato i remastered possono dare la possibilità ai più giovani di provare grandi titoli del passato come avventure grafiche del calibro di Monkey Island e Day of The Tentacle, dall’altro lato è innegabile che troppo spesso il loro fine sia guadagnare troppo sforzandosi il minimo.
Il postmodernismo è il campo di battaglia in cui sviluppatori indie con la mania per la grafica a 8-bit e grandi aziende con capolavori da rinnovare si stanno affrontando per tracciare il futuro del mercato dei videogiochi. Ai posteri l’ardua sentenza.

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Editoriali

Final Fantasy VII, i ricordi di un bambino

Final Fantasy VII arriva in Europa il 17 Novembre 1997. Avevo sette anni e condividevo con molti altri bambini l’ignoranza sulla serie Final Fantasy e sugli JRPG. Se pensate che abbia acquistato il gioco al day-one, vi devo smentire. Probabilmente questa affermazione è vera per molti videogiocatori che seguivano la scena con estrema attenzione, ma io ero piccolo e in Europa il JRPG era ancora un genere praticamente sconosciuto.

Ho deciso di comprare Final Fantasy VII esattamente un anno dopo, nel Novembre 1998. Il motivo è semplice, ne avevo sentito parlare molto bene nelle riviste dedicate ai videogame.

La custodia gigante

Per la prima volta nella mia vita vedevo una custodia di un videogioco così spessa e con all’interno ben quattro cd. Era qualcosa di assolutamente epocale, tanto da chiedermi come sarebbe stato possibile togliere un cd e inserirne un altro per continuare senza far implodere la Playstation. All’epoca aprire la Playstation mentre il gioco stava girando era pura follia, da pena di morte.

Final Fantasy VII, Playstation Platinum
Final Fantasy VII, Playstation Platinum

Che braccia, e che carattere!

Quello che sto per dire farà sorridere molti a pochi giorni dal rilascio di Final Fantasy VII: Remake, ma il titolo originale aveva una grafica incredibile. Nonostante le braccia dei personaggi facessero impressione anche ai suoi tempi e somigliavano più a dei mattoni impilati che a degli arti superiori, Final Fantasy VII era il primo capitolo della serie realizzato in 3D. La sua ambientazione sci-fi lasciava a bocca aperta. I robot giganti, un marchio di fabbrica delle produzioni giapponesi, erano spettacolari così comei video di intermezzo.

Dal protagonista Cloud all’ultimo dei boss, i personaggi avevano tutti una caratterizzazione introvabile in qualsiasi altro videogame del periodo. Anche se c’era la possibilità di modificare il nome dei personaggi giocabili, ogni loro particolare era così perfetto e calzante che decisi di lasciare invariati i loro nomi, perché solo così li potevo lasciare intonsi, privi di una personalizzazione di cui non avevo bisogno.

L’inizio

I miei ricordi da bambino sui primi minuti di Final Fantasy VII sono indimenticabili. Che fretta! Le vicende narrano di un reattore da sabotare e di un count-down per scappare dalla città. Dialoghi e musiche accelerate rendevano esattamente quella premura. Ogni singolo combattimento con qualsiasi entità era una lotta contro il tempo, anche se si era consapevoli che il sistema di combattimento di Final Fantasy VII permetteva di prendersi tutto il tempo di cui si aveva bisogno.

L'inizio di Final Fantasy VII
L’inizio di Final Fantasy VII

Combattimenti strani e lingua stranissima

Avremmo presto conosciuto quelle tipologie di combattimento e le sue schermate con la serie Pokémon, ma il settimo capitolo di Final Fantasy fu il primo vero gioco popolare a includere il sistema di combattimento JRPG.

Per un bambino di otto anni abituato a pane e Crash Bandicoot, era totalmente strano dover ragionare su ogni singola mossa. Infatti, molto spesso anche a causa del titolo completamente in inglese, mi trovavo a dover andare a tentativi sia nel combattimento tanto nello svolgere le missioni.

La traduzione inglese fu definita scarsa anche per il suo tempo, ma noi bambini del ’90 non ce ne rendemmo conto e vocabolario alla mano provavamo ad andare avanti fino alla fine. Inutile dire che alcune feature erano totalmente oscure. Mi ricordo, con un certo imbarazzo, che usavo le Materia totalmente a caso. Ancora oggi non sono certo, se ho fatto un buon lavoro o meno.

Un gioco senza fine

Non ho mai portato a termine il videogioco, ma arrivai molto lontano. Final Fantasy VII non è il JRPG più longevo del mondo, ma richiede circa quaranta ora per essere portato a termine. Tanto quanto bastava per abbandonarlo quando eri un bambino che voleva provare sempre nuovi titoli.

Il Remake

Purtroppo non ho un device adatto per giocarlo e la scelta di dividere in capitoli Final Fantasy VII: Remake non mi porteranno ad acquistarne una. Ci penserò su quando deciderò se comprare una Playstation 5.

Attualmente, a pochi giorni dall’uscita, il titolo sembra molto allettante. Ritengo che i bambini di oggi potranno godere di un grande videogioco, localizzato in italiano, che marchierà a fuoco la loro infanzia, perché se ci sono riusciti degli omini con le braccia a forma di martello, allora non c’è motivo di pensare che non ci riesca un remake che sembra promettere molto di più di quanto ci si potesse aspettare.