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Librogame e Videogame: intervista a Mauro Longo

Eccoci di nuovo qui, con il quarto e ultimo (per ora) appuntamento della rubrica dedicata ai librogame (LG)!

Per comprendere meglio cosa siano e come interagiscano con i videogiochi, oggi sfrutteremo l’aiuto di un altro capace e prolifico autore del settore: il “faccendiere” dell’editoria italiana, Mauro Longo.

Per chi volesse recuperare tutte le altre interviste già uscite, può trovarle elencate nel box Librogame e Videogame in fondo all’articolo.

Ciao Mauro, puoi presentarti e dirci di cosa ti occupi?

Ciao a tutti! Mi chiamo Mauro e amo definirmi un faccendiere dell’editoria italiana: sono autore, curatore, game designer, consulente e community manager per diverse case editrici, e mi occupo prevalentemente di narrativa fantastica, giochi di ruolo e librogame, nonché didattica e saggistica incentrate su tutti questi comparti editoriali. Principalmente collaboro con Acheron, una realtà editoriale milanese, per la quale sono curatore e autore delle linee di librigioco e giochi.

Mauro Longo, autore di librogame, libri, gdr
Mauro Longo, autore e scrittore di librogame, giochi di ruolo, libri

Cos’è un librogame?

I librogame, ma dovremmo forse dire meglio librigioco, visto che “librogame” è marchio registrato di una sola casa editrice italiana, sono opere di narrativa interattiva esplosi tra gli anni ’70 e ’80, prima dell’avvento e della diffusione dei videogame, che permettevano di giocare con i libri, gli albi a fumetti e la narrativa. Ne esistono una decina di tipologie diverse e migliaia di titoli: dalle storie a bivi senza regole ai fumetti interattivi, dalle avventure in solitario per vari giochi di ruolo cartacei ai librigioco propriamente detti, con prove, dadi, regole ed equipaggiamento, dalle avventure visuali senza una parola aggiunta per pagine e pagine, ai videogame con forte componente testuale.

Il punto chiave è che si legge o sfoglia una storia fatta di testo e/o immagini, e si compiono delle scelte che dirigono la trama in una direzione o un’altra, creando una struttura di ramificazioni possibili, snodi e situazioni alternative, che conducono poi verso uno o più finali positivi o eventuali morti ingloriose.

You Died: le morti ingloriose... quelle "belle"
Le morti ingloriose… quelle “belle”

Cos’era il librogame nel suo periodo d’oro?

Era un vero e proprio sottogenere di albi o libri per ragazzi che raggranellava milioni di copie vendute, un fenomeno di costume oggi studiato da saggi e corsi accademici. Sono davvero pochi gli italiani tra i trentacinque e i quarantacinque anni in Italia che non ricordino Lupo Solitario, le storie a bivi di Topolino o la collana Scegli la tua Avventura della Mondadori, per citare solo i testimonial più celebri.

Prima dell’arrivo dei PC e delle consolle in tutte le case, il librogame era la modalità di gioco in solitario più comune tra bambini e adolescenti, contribuendo anche, incidentalmente, alla diffusione della lettura tra i più giovani.

Sopravvivere in Mare, librogame
Scegli la tua Avventura #1 (Arnoldo Mondadori)

Cos’è un librogame oggi? Come si è evoluto?

I librogame di oggi sono i librogame di allora: fumetti a bivi di Topolino, librigioco pieni di regole, abilità, combattimenti ed equipaggiamento, avventure in solitario per giochi di ruolo e albi interattivi completamente visuali.

Sono differenti tra loro per mille tratti ma rispettano ancora la logica e le premesse degli anni ’80: In questa storia il protagonista sei TU!

Tuttavia, rispetto alla “età dell’oro” di questo comparto, le differenze ci sono e sono tante:

  • le vendite in caso di grandi successi viaggiano nell’ordine delle migliaia di copie, e non delle centinaia di migliaia.
  • i librogame hanno un buon riscontro nei negozi di giochi di ruolo, boardgame, giochi di carte collezionabili e fumetti, e non (come un tempo) nelle librerie, nelle quali non riescono mai a spiccare e anzi sono condannati al fallimento.
  • una buona parte dei giocatori di questi titoli sono gamer, retrogamer e boardgamer, collezionisti e vecchi appassionati, e solo pochissimi titoli parlano direttamente a nuovi lettori, distaccandosi dalla tradizione.
  • il design e lo stile narrativo dei nuovi titoli sono molto più maturi, consapevoli e ragionati; se un tempo molte collane erano buttate lì tanto per fare, con librigioco che non venivano mai progettati con cura, testati o proofati*, oggi tutte le case editrici che ci lavorano sono molto più attente e precise, e hanno reso molti librigioco delle piccole chicche di arte concettuale perfettamente realizzate.
    *da proofreading, ovvero correzione di bozze/revisione ndr

Legami, contrasti e coesistenza (virtuosa?) con i videogiochi. Cosa ne pensi?

Che sono sani e auspicabili, e saranno sempre di più. Ci sono moltissimi librogame vecchi e nuovi realizzati o trasposti come mobile app e qualche versione per computer, come l’ottimo Joe Dever’s Lone Wolf o Sorcery!

Joe Dever’s Lone Wolf… leggere e giocare per credere!

In passato molti titoli legati a Lupo Solitario o Fighting Fantasy hanno visto trasposizioni digitali e, se vogliamo, molti videogame recenti completamente privi di agganci con i vecchi librigioco sono di fatto opere di narrativa filmata interattiva (cito al volo lo stile dei giochi della Telltale).

Lo trovo un modo nuovo e coerente di portare avanti lo stesso concetto: storie da giocare.

Sei un videogiocatore?

Purtroppo molto meno di quanto vorrei. Ho in corso un’eterna campagna a Darkest Dungeon (di cui abbiamo recensito il secondo capitolo), e ho una mezza dozzina di giochi installati, iniziati e mai terminati. A volte seguo actual play di videogame epocali che non riesco a giocare e mi godo l’esperienza così…

Darkest Dungeon
Darkest Dungeon: anche qui si perisce in modo ignobile

I videogiochi ti hanno influenzato o ispirato in qualche modo nella realizzazione delle tue opere?

Ho videogiocato parecchio tra i 20 e i 30 anni, e sicuramente moltissime di quelle esperienze mi hanno coinvolto e influenzato, anche senza che io me ne accorga coscientemente.

La cosa più importante secondo me è che ormai videogame, narrativa, cinema, televisione, boardgame, giochi di carte e di miniature, librigiochi, fumetti e giochi di ruolo costituiscono una nerdosfera completamente integrata, che sfuma continuamente dall’uno all’altro dei medium coinvolti.

ISdA/LoTR: alcuni prodotti che ruotano attorno al suo universo narrativo

Dove finiscono i fumetti sui supereroi e cominciano gli universi cinematografici, i giochi di ruolo e di miniature, le novelization e i videogame? Dove finisce Il Signore degli Anelli letterario e cominciano le derivazioni videoludiche, cinematografiche, fumettistiche e televisive? Ormai tutti questi ambiti dell’immaginario, del gioco e della narrazione, sono completamente interconnessi, e questo è uno dei tratti più entusiasmanti del periodo che stiamo vivendo!

Vuoi segnalarci qualche tuo progetto in particolare o in corso d’opera?

Visto che si parla di videogame e librogame, vi segnalo la nostra ultima uscita: Sette Eoni in Tibet. Si tratta di un librogioco a tema avventuroso e lovecraftiano ambientato tra Italia e Tibet, e facente parte del Secolo Nero di Fascisti da Yuggoth, una versione fantascientifica, weird e distopica della storia più cupa del nostro Novecento.

Nel librogame, scritto da Antonio Costantini, si interpreta una partigiana infiltrata in un istituto scientifico segreto dell’Impero Fascista, che deve riuscire a partecipare a una spedizione sull’Himalaya alla ricerca di un’antica e proibita città perduta, di origine aliena, che si troverebbe lì dai proverbiali sette eoni.

Lanciamo il libro alla Play 2022 ma si può trovare anche sul sito di Acheron.

Sette eoni in Tibet, librogame
Sette Eoni in Tibet: librogame di Antonio Costantini

Conclusioni

E con questo articolo si concludono le interviste agli autori di librogame, ops librigioco, di quest’anno.

Ma Play 2022 è già alle porte e sicuramente riusciremo a portare a casa qualche novità da condividere sul nostro blog.

Ringrazio Mauro per il tempo che ci ha dedicato e per l’infinita pazienza; fra pochi giorni andrò a trovarlo in fiera e vedremo cos’ha da raccontare…

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F1 22: il provato del nuovo titolo di Formula 1

F1 22 è la nuova iterazione di Codemasters ed Electronic Arts, in uscita il l’1 luglio 2022. Abbiamo avuto l’opportunità di metterci le mani su in anteprima e dopo diverse ore di prove possiamo raccontarvi i dettagli di quello che sarà il nuovo titolo dedicato alla nuova stagione di Formula 1. Ci teniamo a sottolineare che la build che abbiamo provato in anteprima potrebbe essere diversa da quello che arriverà sugli scaffali digitali e fisici. Detto questo, non perdiamo ulteriore tempo, prendi tuta e casco: saliamo insieme sulle monoposto più veloci del mondo. 

Il gameplay di F1 22 viene incontro a tutti

Una delle novità più importanti di F1 22 riguarda la gestione dell’auto e il sistema delle gomme, senza contare una fisica aggiornata che rispecchi le regole implementate dalla FIA in questa stagione di Formula 1. Le novità rispetto a F1 2021 sono davvero tante, e sembra proprio che questa volta gli sviluppatori inglesi abbiano voluto ascoltare i fan della serie e hanno apportato delle modifiche a una delle meccaniche più importanti per la strategia di una gara di Formula 1: il pit stop. Ma come? Una volta entrato nella pit lane, stando attento a non superare la linea d’entrata a velocità troppo alta, non dovrai stare attento a un quick time event. Premere il tasto al momento giusto farà in modo che tu riesca ad avere un buon tempo di pit. Mentre nel caso contrario perderai del tempo prezioso.

Benvenuto nella nuova era della Formula uno.

Secondo quanto detto dagli sviluppatori durante l’evento su F1 22, il developer ha fatto sapere che anche l’intelligenza artificiale può sbagliare. Questo significa che ci saranno due variabili “non controllabili”: la fortuna e l’IA. Il che renderà tutto decisamente più realistico, perché sì, nonostante i costruttori possano fare tutte le strategie possibili, c’è e ci sarà sempre quel fattore di imprevedibilità tipico della gare

Rimanendo a tema intelligenza artificiale, gli sviluppatori hanno confermato che sarà adattiva, e non dovrai selezionare tu il livello di difficoltà ma cambierà da solo in base alle tue abilità in pista. Potrai scegliere tra due opzioni:

  • Normale: dove l’IA si adatta alla posizione sul tracciato
  • Piena: dove l’intelligenza artificiale cambia in base alla posizione in griglia e le abilità

Mentre per quanto riguarda la safety car, il giro di formazione e pit stop, è possibile avere due stili diversi: immersivo o televisivo. Nel primo caso avrai tu il controllo della situazione, come nelle vecchie iterazioni, mentre nel secondo caso la telecamera si allontanerà dalla tua monoposto e diventerà dinamica, così che tu possa goderti lo spettacolo come se stessi guardando la gara in televisione. 

f1 aston martin lance stroll sebastian vettel
Fonte: Electronic Arts

Una delle aggiunte che i giocatori stanno aspettando da tempo è l’arrivo della realtà virtuale nella sua versione PC che sarà disponibile con i vari headset, la lista per ora è: Valve Index, Oculus Quest 2 + Link Cable, Oculus Rift S, HTC Vive, HTC Vive Cosmos. Mentre per quanto concerne i volanti che potrai usare, al momento non c’è una vera e propria lista, ma Codemasters ha fatto sapere che F1 22 supporta tutti i volanti più moderni realizzati da Thrustmaster, Fanatec e Logitech. 

Vivere la Formula 1

Se lo scorso anno abbiamo visto l’implementazione di una storia originale, Braking Point, all’interno di F1 22, quest’anno ci sarà una novità più grande. Ma prima la brutta notizia: non ci sarà una modalità storia, ma quello che Codemasters chiama F1 Life e ti farà vivere un po’ la vita fuori dal paddock. Esattamente, similmente ad alcuni NBA 2K, sarà possibile modificare la propria abitazione e personalizzare l’aspetto del proprio avatar digitali. Non ci è dato sapere bene come funzionerà con il multiplayer, ma possiamo immaginare che sarà possibile mostrare le proprie abitazioni agli altri giocatori. 

Per quanto riguarda La Mia Scuderia e la Carriera, ci saranno dei cambiamenti. Ma se per la prima modalità non ci è dato sapere molto, gli sviluppatori hanno dato informazioni per quanto riguarda la Carriera. Prima di tutto bisogna dire che tornerà quella a due giocatori, seppur con qualche modifica, ma l’implementazione più interessante riguarda le scelte iniziali della carriera. Infatti da ora non sarà possibile scegliere a prescindere qualsiasi costruttore, ma ci saranno tre status:

  • Newcomer
  • Midfield challenger
  • Title contender
f1 22 alpine mclaren
Fonte: Electronic Arts

Rimangono il sistema di rivalità e gli obiettivi stagionali, che cambieranno in base alla scelta fatta. Per quanto riguarda il livello di personalizzazione de “La Mia Scuderia”, sappiamo solo che a livello di personalizzazione sarà leggermente più profondo. Per esempio, sarà possibile scegliere il materiale della carrozzeria della monoposto tra:

  • Metallico
  • Opaco
  • Lucente
  • Raso

Come si comporta in-game?

F1 22 ha alcune differenze estetiche per quanto riguarda l’HUD, che ora è leggermente trasparente e ogni elemento viene messo in mostra facilmente ed è di chiara lettura. Non ci sono differenze per quanto riguarda la mappa e il Display Multi-Funzione. Dunque la base per la costruzione di questa nuova iterazione è il capitolo precedente, sembra chiaro. 

Graficamente questo F1 22 offre alti e bassi. Le monoposto sono realizzate in maniera perfetta, mentre lo stesso non si può dire ad esempio dei modelli dei piloti, che sembrano usciti da un titolo della scorsa generazione. Premetto che ho provato il titolo a impostazioni grafiche massime, ma il colpo d’occhio non fa gridare al miracolo. I circuiti provati sono tutti ben realizzati sotto l’aspetto visivo, e insieme al comportamento dell’auto riescono a dare una vera e propria sensazione di guida, ma per quanto concerne la grafica perde un po’, tant’è vero che sembra molto simile a F1 2021. Anche se, ti ripeto, si tratta di una prova del work in progress, dunque le cose potrebbero cambiare quando arriverà il prodotto finito.

Per quanto riguarda la safety car, come già detto è possibile vivere l’esperienza come se fosse un evento televisivo. Dunque con informazioni sui piloti, cambi d’inquadrature e tanto altro. Lo stesso vale per il pit stop, nel caso in cui non si voglia vivere l’esperienza in prima persona e si pensi solo a gareggiare. L’inquadratura ritornerà a te prima che la bandiera gialla si toglierà, così che tu abbia il tempo di controllare tutto ciò che devi: temperatura delle gomme, dei freni, del motore e tutti gli aspetti tecnici. Devo comunque dire che vivere il pitstop in prima persona ha sempre il suo fascino, e non ho trovato il QTE fastidioso. Il prompt viene richiesto proprio all’ingresso box, ed il tempismo richiesto non è eccessivo. Un elemento gradito per non farci “rilassare” troppo durante i pitstop, insomma.

Inoltre, sembra che F1 22 non sia molto accessibile ai meno avvezzi, cosa che potrebbe far contenti i simracer, che hanno sempre odiato il sistema di gioco troppo arcade. Amando il genere, posso dirti che questo titolo riesce quasi a liberarsi di tutti quei limiti imposti dall’arcade. Ovviamente non possono mancare i tantissimi settaggi che ti permetteranno di attivare aiuti alla guida, come la frenata assistita, il controllo di trazione e tanto altro. Puoi leggere di più grazie alle nostre prime impressioni sul circuito di Miami.

Parliamo ora della fisica. Come ben saprai la stagione 2022 segna un cambiamento radicale nella filosofia di costruzione. Dopo 40 anni torna l’effetto suolo, le ruote passano ai 18″ e il profilo aerodinamico viene semplificato. Come si traduce tutto ciò in game? A conti fatti sì, guidare una monoposto 2022 restituisce un feeling diverso a ciò a cui eravamo abituati. La monoposto risulta più pesante, e questo è percepibile soprattutto in staccata, mentre l’effetto suolo fa il suo durante le varianti più veloci, offrendo una percorrenza più agevole, soprattutto ad alti regimi. Ho davvero apprezzato il feedback restituito dal pad, periferica con cui ho effettuato la prova. Controlli precisi, reattivi e un ottimo feedback fisico del rumble (vibrazione, ndr). Anche chiudendo gli occhi potrai facilmente percepire se la monoposto sta passando su un cordolo alto o basso, ad esempio.

Quel che non mi ha convinto è invece l’effetto scia. Intendiamoci, che la scia sia molto meno influente che nelle passate stagioni è vero, la nuova aerodinamica ha portato a questo, però la sensazione è che in game risulti totalmente ininfluente. Discorso simile per il DRS, o più comunemente chiamata ala mobile. Il boost in velocità c’è, ma anche qui mi è sembrato un po’ poco, soprattutto se rapportato a quel che vediamo in TV durante i weekend. Ah, se ve lo state chiedendo no, fortunatamente Codemasters ha deciso di non includere l’effetto porpoising in gioco. Di sicuro ci hanno salvato da tanti mal di testa e attacchi di nausea.

Un altro cambiamento molto apprezzabile riguarda la cutscene di fine gara, la quale è molto simile a quella di F1 2021, almeno all’inizio. Inoltre, è anche possibile vedere le tre auto vincitrici raggiungere il paddock. La differenza sta nel podio, in questo caso la scena cambia e mostra il vincitore della gara che affronta un tunnel buio per poi godersi il gradino più alto del podio. Uno degli aspetti rimasti molto simili al precedente è la qualità grafica dei membri della squadra, che sarà inferiore rispetto a quella dei piloti. Senza contare che l’animazione finale è rimasta la stessa dell’iterazione precedente, il che mi ha fatto un po’ storcere il naso, vista la presentazione diversa. Ma questo potrebbe cambiare una volta che il gioco arriverà sugli scaffali.

f1 22 mclaren
Fonte: Electronic Arts

Pre-ordini, crossplay e altre informazioni

Insieme alla versione standard di F1 22, è possibile preordinare anche la versione F1 22 Champions Edition, questo vi dà accesso a questi bonus:

  • Potrai giocare a F1 22 con tre giorni di anticipo
  • Esiste il Dual Entitlement: cioè, quella meccanica che ti permette di avere la versione PlayStation 5 o Xbox Series X | S. 
  • Pacchetto Contenuti F1 22 la nuova Era, che celebra le monoposto di nuova generazione
  • Nuove icone per La Mia Scuderia
  • 18.000 PitCon da spendere in-game
  • F1 Life Starter Pack

Per quanto riguarda il cross-play, gli sviluppatori hanno dato una risposta che farà contenti tutti i giocatori: ci sarà, ma non al lancio. Verrà aggiunto successivamente. Inoltre, Codemasters ha fatto sapere che anche in F1 22 ci saranno le monoposto che hanno fatto la storia del motorsport.

Durante la nostra prova non abbiamo potuto mettere le mani su tutte le modalità di gioco e su tutte le piste, Infatti abbiamo giocato al Grand Prix, Attacco a Tempo e Auto del giocatore, mentre i circuiti a disposizione erano solo cinque:

  • Miami
  • Imola
  • Austria
  • Silverstone
  • Texas

Ti ricordo che il titolo uscirà l’1 luglio 2022 su PlayStation 4, Xbox One, PC e console di nona generazione: PlayStation 5, Xbox Series X e Xbox Series S. Tu che ne pensi di questo nuovo titolo? Facci sapere la tua con un commento qui sotto!

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Super Nintendo fu il mio migliore errore

L’11 aprile 1992, il Super Nintendo debuttava in Europa. La console giapponese, con le sue 49.10 milioni di unità vendute in tutto il mondo, ha rivoluzionato l’intrattenimento degli attuali trentenni; me incluso, nonostante i tempi di acquisto possono essere considerati da molti un errore.

L’informazione videoludica della prima metà degli anni ’90 era scarna, a tratti inesistente. Internet non era ancora così comune e l’edicola era l’unico modo per rimanere aggiornato sui videogame. Le riviste di settore nascevano e morivano nel giro di pochissimi anni; la maggior parte trattavano di videogiochi per PC. In particolare, tra la fine del ’95 e ’96, le riviste attive erano appena due (Consolemania e Super console).

Ovviamente, nessun genitore avrebbe concesso al proprio figlio di acquistare una rivista di videogiochi per console, senza la possessione di quest’ultima; di conseguenza, l’unica fonte attendibile era il negoziante. In quegli anni, le console, almeno nelle piccole città, erano vendute nei negozi di giocattoli, che si giostravano tra la vendita di action figure, giochi di tavolo, biciclette e anche videogame. Non saprò mai se colui che consigliò i miei genitori, e me, nell’acquisto di un Super Nintendo, alla fine del 1995, lo avesse fatto in malafede, ma avere uno SNES ha cambiato il mio modo di percepire e amare i videogiochi.

Fonte: Ebay

Il 29 settembre 1995, PlayStation arrivava sul mercato europeo; io iniziavo la mia avventure console con il Super Nintendo.

Il mio primo gioco in assoluto fu Super Mario World, che detiene il record di videogame più venduto per SNES con 20.60 milioni di copie. Dalla copertina sino alla grafica, Super Mario World faceva presupporre che il titolo fosse un’opera dedicata ai bambini, ma la sua difficoltà non mi ha mai permesso di finirlo, nemmeno in età adulta. D’altro canto, l’ampia quantità di inutili tentativi di battere il gioco, mi hanno permesso di amare l’icona Nintendo e soprattutto il suo fido dinosauro Yoshi.

Dopo aver deciso di abbandonare Super Mario World per manifesta inferiorità, il mio successivo acquisto fu uno dei miei giochi fisicamente più dolorosi: Super Soccer. Pubblicato nel 1992 da Human Entertainment, Super Soccer era semplicemente un gioco di calcio brutto e ingiusto; per questo motivo lo giocai per mesi, adorandolo. Il titolo non prevedeva il movimento in diagonale, che però era necessario per dribblare, e soprattutto, calciare in porta. La conseguenza è stata una lenta agonia delle mie dita sulla croce direzionale di SNES, che durò fino a quando capii che Super Soccer era nato per non poter mai essere terminato; infatti, in alcune partite era semplicemente impossibile segnare. L’unico modo era vincere ai calci di rigore, che credo fossero palesemente pilotati. Provare per credere, visto che Super Soccer è disponibile su Nintendo Switch Online.

Arrivati a metà del 1996, il mio successivo acquisto porta il nome di una delle serie più ridicole e amate dai bambini italiani l’anno precedente: Power Rangers. Per qualche inspiegabile motivo, ero attratto dall’insensato modo in cui i nemici balzano via dopo un colpo di spada, che causava assurde scintille. Era tutto quello di cui avevo bisogno, fino a quando non scoprii che Bandai aveva pubblicato, durante la fine del 1994, un videogioco sulla serie anche per Super Nintendo. Devo subito smentire i comprensibili dubbi: Power Rangers per SNES era un bel gioco; forse troppo semplice per gli esperti, ma decisamente a misura di bambino. Lo terminai così tante volte, che ora odio tutto quello che abbia a che fare con Mighty Morphin Power Rangers.

Siamo nel natale del 1996 e i videogiocatori di tutto il mondo hanno la possibilità di impersonare Lara Croft nel primo capitolo di Tomb Raider. Tranne me, che decisi di comprare, completamente a caso, un picchiaduro del 1994. Nonostante Super Soccer potrebbe farvi pensare il contrario, credo che quel giorno il mio sesto senso per i videogiochi abbia ricevuto un level up. Il titolo in questione era Killer Instinct di Rare: un vero e proprio capolavoro, che riuscii a comprare probabilmente solo perché l’inglese era ignoto ai miei genitori e a colui che me lo ha venduto.

Killer Instinct mi fece capire quanto fossi scarso nei fighting game sin dalla tenera età, ma anche di quanto i videogiochi possano offrire sorprese, se solo si ha voglia di cercarle. Il picchiaduro di Rare aveva una grafica mozzafiato, ideata per sembrare, con successo, 3D; il gameplay era così all’avanguardia per l’epoca, che fu apprezzato anche nella sua versione del 2013. In altre parole, il mio primo Tomb Raider è stato il secondo capitolo e se tornassi indietro ricomprerei Killer Instinct e SNES.

Il Super Nintendo è stata una console che probabilmente non avrei dovuto possedere; doveva essere un’esclusiva per chi è nato durante gli anni ’80, ma sono debitore al qui pro quo che mi ha consentito di innamorarmi di Nintendo. Senza questo errore economico, non avrei avuto l’ardore di acquistare il Game Boy Color, amare la serie Pokémon sin dalla sua versione Blu; non avrei conosciuto The Legend of Zelda: A Link to the Past; e soprattutto, non avrei commesso il mio secondo miglior errore: acquistare un Nintendo GameCube.

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Chiedi a Iwata: il libro di una geniale brava persona

Qualunque sia la tua posizione nei confronti di Nintendo, difficilmente potrai essere in disaccordo con questa affermazione: tutti i videogiocatori del mondo devono molto a Satoru Iwata. L’ho apprezzato come geniale programmatore di HAL Laboratory e visionario amministratore delegato di Nintendo, ma nel nuovo libro Chiedi a Iwata, edito da Panini Comics, ho scoperto la fantastica persona dietro il genio. L’opera, attraverso le parole del protagonista e quelle dei suoi colleghi più importanti, Shigeru Myamoto e Shigesato Itoi, racconta come un videogiocatore possa diventare una delle personalità più influenti della storia videoludica.

Satoru Iwata è stato l’antitesi dell’ego del genio: si narra che Albert Einstein fosse un misogino; Steve Jobs un despota. Iwata invece ha contenuto la sua voglia di imparare e innovare in una mente gentile. La malattia ci ha portato via un sognatore, ma le sue gesta vivono in questo libro, una raccolta di testi provenienti dal sito web Hobo Nikkan Itoi Shinbun e dalla serie Iwata chiede del sito ufficiale di Nintendo.

Fonte: AP Photo/Katsumi Kasahara

La giovinezza

Chiedi a Iwata è suddiviso in sette capitoli, che raccontano la vita dell’uomo dietro a Wii e Nintendo DS. L’opera inizia con un giovane Satoru, un appassionato di informatica e programmazione. Laureato alla Tokyo Institute of Technology, muove i primi passi nell’industria in Commodore per poi approdare in HAL Laboratory, il cui lavoro da programmatore prima e da presidente poi, gli hanno dato un posto speciale nella storia dei videogiochi. Del resto, ha contribuito alla creazione di Super Smash Bros., Kirby, EarthBound e persino Pokémon.

Nonostante le sue innate qualità da informatico, apprezzate e invidiate persino da Shigeru Miyamoto, Iwata ha mostrato il suo maggior talento da amministratore delegato. La carriera presso HAL Lab aveva già creato un’icona, ma la leggenda si è formata in Nintendo. Chiedi a Iwata dedica molto tempo a spiegare il pensiero di Satoru Iwata durante il suo periodo da presidente di Nintendo, focalizzandosi sui due pilastri fondamentali della sua leadership: creare divertimento e innovare.

In alto, da sinistra: Takao Shimizu, Satoru Iwata, Shigeru Miyamoto; in basso: Takashi Saitou, Masahiro Sakurai, Hiroaki Suga

La leadership di Iwata

Wii, Nintendo DS e tutti i giochi che hanno definito nuovi standard nell’industria sono una conseguenza diretta della volontà di Iwata di far divertire tutti i tipi di videogiocatori. La necessità di Satoru Iwata, sin dai tempi di EarthBound è stata quella di «ampliare la popolazione di videogiocatori». Nulla che un osservatore attento non abbia avuto modo di vedere nella strategia Nintendo, ma leggerlo dalla penna del suo presidente ha un fascino particolare.

Nel mio sistema di valori, la gioia di chi mi circonda e la felicità sul volto degli altri occupano una posizione molto alta!

Satoru Iwata, Chiedi a Iwata

Oggi Nintendo si è defilata dalla lotta all’hardware più performante e sta sbaragliando la concorrenza con Nintendo Switch. Nel 2002, anno in cui Iwata divenne presidente della compagnia di Kyoto, era però tutto diverso. Nintendo stava inanellando la seconda sconfitta hardware consecutiva: Nintendo 64 aveva venduto poco a causa di PlayStation; il GameCube subì i muscoli dei suoi competitor principali, PlayStation 2 e la prima Xbox. Mentre il rischio del fallimento aleggiava, con la storica SEGA che dovette abbandonare il mercato console un anno prima, Satoru Iwata prese il posto di Hiroshi Yamauchi e fece diventare realtà l’intuizione dello storico presidente:

Il ruolo che ha svolto Yamauchi in Nintendo è di fondamentale importanza. Se non ci fosse stato lui, probabilmente l’azienda Nintendo non sarebbe quella che è. Per esempio, se il Nintendo DS ha due schermi è perché Yamauchi fu irremovibile su questa cosa! Grazie alla sua costante richiesta di realizzare una console con due schermi, Miyamoto e io ci siamo predisposti a pensare in un modo che potrei definire “retroattivo” a quali contenuti si potessero sfruttare su due schermi.

Satoru Iwata, Chiedi a Iwata
Da sinistra: Shigesato Itoi, Satoru Iwata, Shigeru Miyamato

Raccontare Iwata

Le librerie contemporanee sono piene di biografie composte da frasi in cui gli autori elogiano il proprio ego, contornate da una prefazione del miglior amico di sempre. Chiedi a Iwata invece dedica gli ultimi capitoli alle parole dei colleghi più celebri dell’ex presidente Nintendo.

Shigeru Miyamoto è stato genuinamente invidioso delle abilità di Iwata. Miyamoto non è uno sviluppatore e rimaneva strabiliato dalle capacità informatiche di Satoru. Il suo rapporto si è sempre basato su una profonda diversità volta all’aiuto reciproco. Il risultato è stata una lunga e sincera amicizia.

Ero sicuro di potermi fidare di Iwata. D’altra parte, se due persone sono entrambe brave nelle stesse cose finiranno facilmente per scontrarsi e si creeranno una serie di situazioni in cui uno dei due dovrà cedere. Ma non mi sono mai dovuto preoccupare di niente del genere, mentre lavoravo con Iwata.

Shigeru Miyamoto, Chiedi a Iwata

Shigesato Itoi conobbe Iwata durante lo sviluppo di EarthBound. Per stessa ammissione di Itoi, il progetto era giunto a un punto morto e fu Satoru a compiere il miracolo rifondando completamente il progetto dopo aver pronunciato le storiche parole:

La prima opzione è aggiustare e sfruttare al meglio quello che c’è già, e richiederà due anni. Se invece rifacciamo tutto da capo, ci vorranno sei mesi.

Satoru Iwata, Chiedi a Iwata

Prima che tu li possa interpretare con un’accezione negativa: Iwata ha sempre sottolineato che il gioco poté uscire dopo un anno solo perché il lavoro più importante era già pronto; grafica, sonoro e sceneggiatura furono creati da Shigesato Itoi e dal suo team, prima dell’arrivo di Satoru Iwata. Questa collaborazione creò un’amicizia profonda, che li legò per sempre, anche durante la malattia, anche dopo la morte:

Non so come, ma il nostro legame durerà per sempre. È strano come il tempo in cui Iwata era vivo, quando si ammalò, quel giorno in cui sua moglie mi chiamò e andai da lui, e anche quando parlai con Miyamoto, siano tutti momenti collegati. Come le volte in cui chiacchieravo fino a tardi a Kyoto con Iwata, che resteranno per sempre dentro di me.

Shigesato Itoi, Chiedi a Iwata

Dettagli e Modus Operandi

  • Autori: Satoru Iwata, Hobonichi
  • Genere: biografia
  • Pagine: 192
  • Lingua: italiano
  • Prezzo: 15,00 €

Ho approfondito l’umile e geniale personalità di Satoru Iwata grazie a una copia digitale del libro gentilmente fornita dall’editore.

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30 anni di Kirby: curiosità, amici e nemici della pallina rosa

Una pallina rosa, un mondo di stelle e arcobaleni e tante sfide continue. Sapete di chi sto parlando? Esatto proprio di Kirby. Il nostro amico della Nintendo compie trent’anni. Direi che li porta bene e, nonostante la sua veneranda età, non smette mai di farci divertire. Parliamo insieme di Kirby e sveliamo qualche curiosità che (forse) non sapevate su questa serie di giochi.

La nascita

Kirby non ha sempre avuto l’aspetto che tanto ci sta a cuore. Inizialmente infatti il design, che poi è diventato quello decisivo, era solo una bozza. Il suo creatore, Masahiro Sakurai, si affezionò al dolce aspetto della pallina sorridente e sbarazzina e decise di tenerlo. La scelta del colore non fu semplice, infatti Sakurai non era d’accordo con Shigeru Miyamoto che lo preferiva giallo. Mentre questo dibattito procedeva però il primo gioco di Kirby venne esportato in America. Sul Game Boy non esistevano colori così gli americani rappresentarono l’eroe di Dream Land sulla copertina del gioco in bianco. Solo successivamente fu chiarito l’equivoco e data a Kirby la sua forma e il suo colore definitivi.

Se finora la creazione è sembrata solo una serie di decisioni improvvisate sappiate che non finisce qui. Il nome infatti non è sempre stato Kirby, inizialmente il protagonista del gioco doveva essere Popopo.

La provenienza del nome che noi tutti conosciamo però è un mistero. Alcuni affermano venga dall’omonima marca di aspirapolveri, da cui verrebbe anche la peculiare capacità di risucchiare i nemici. Altri invece credono si tratti di un tributo all’avvocato che difese Nintendo nella causa contro la Universal studio per la violazione del copyright di King Kong. Le fonti ufficiali però non hanno confermato né l’una né l’altra teoria, probabil­mente perché il mistero è sempre più interessante quando è tale piuttosto di quando viene svelato.

Kirby e King Dedede

Kirby e King Dedede

La storia dei giochi di Kirby segue schemi molto simili per ogni capitolo. Kirby finisce per partire all’avventura per puro caso, e per aiutare qualcuno affronta numerosi boss e sfide. Quello che però non ci stanca mai della piccola pallina rosa è la varietà delle sue storie e la vastità dell’universo creato per accogliere la sua storia.

In questo universo incontriamo numerosi personaggi, alcuni dalla parte del protagonista, alcuni cattivi e altri ambigui come ad esempio King Dedede.

Il pinguino armato di martello è forse il personaggio più conosciuto della saga dopo il protagonista. Nel primo capitolo viene presentato come antago­nista di Kirby ma durante il resto della sega King Dedede si schiera spesso al suo fianco o si rivela posseduto da qualche malvagia entità. Il pingui­no in questione sembra infatti incarnare una sfumatura dell’animo umano che solitamente non viene introdotto nei contenuti per bambini. Mi spiego meglio, spesso in favole e fiabe viene rappresen­tato il buono e il cattivo, il bianco e il nero. Come tutti sappiamo però la vita è ben distante dall’essere così definita.

King Dedede rappresenta l’egoista e l’ambizioso che vuole governare il regno di Dream Land. Queste due caratteristiche vengono però oscurate e archiviate come umane, se consideria­mo un personaggio malvagio come 0 o Void Termina.

Kirby e Meta Knight

Kirby e Meta Knight

Informazioni su Meta Knight vengono sparse tra videogiochi e anime, ma sembra che dal suo passato si possa risalire anche a quello di Kirby. Meta Knight difatti farebbe parte della razza dei guerrieri stellari votata a combattere i mostri creati da Enemy e dalla Nightmare Enterprise. Nell’affrontare questi mostri, vengono quasi sterminati, e Meta Knight è uno dei pochi sopravvissuti.

Vi starete chiedendo cosa c’entra in tutto questo Kirby? Ebbene un giorno il mostro più potente di Enemy fugge a bordo di una piccola astronave. Il cucciolo, perché quello era all’epoca, al massimo delle sue forze avrebbe persino il potere di sconfiggere il suo stesso creatore. Esso fugge e diventa un guerriero stellare. La nave su cui è fuggito però precipita ai piedi del castello di King Dedede che contatta la Nightmare Enterprise per comprare dei mostri per sconfiggere il piccolo guerriero stellare di nome Kirby.

Kirby e i Dark Matter

Kirby e Dark Matter

Dark Matter è il boss finale di Kirby’s Dream Land 2. Grazie a questo personaggio e alla sua omonima specie, Kirby sembra aver trovato il suo antagonista per eccellenza. Questo almeno fino a quando non si scopre che i Dark Matter sono al servizio di Zero.

Di quest’ultimo si sa ben poco oltre ai suoi piani megalomani per la conquista dell’Universo. Nonostante appaia solo in due capitoli della saga, Zero è considerato il nemico principale di Kirby. Forse perché costringe Kirby e alcuni ex antagonisti ad unirsi contro di lui, o forse appunto per le sue mire espansionistiche. Molto probabilmente però viene considerato tale per il suo aspetto raccapricciante.

Un gioco per bambini?

Nonostante sia considerato materiale adatto ai bambini Kirby possiede comunque un lato oscuro. Come già accennato precedentemente infatti, Kirby sarebbe un mostro e in alcune descrizioni all’interno del videogioco Super Smash Bros il nostro eroe è descritto come “demone rosa” o “terrore rosa”. Questo forse a sottolineare la sua natura violenta e distruttiva. Anche se priva di sangue e maciullamenti, la vita di Kirby non è sicuramente all’insegna della pace. D’altronde stiamo parlando di una piccola palla rosa che corre, salta e risucchia i nemici nella sua bocca dissolvendoli in chissà quale modo e assorbendone le abilità.

L’aspetto creepy di Kirby però non risiede solo nel personaggio principale ma nei nemici incontrati lungo la saga. Il gioco infatti, anche se considerato per bambini, propone alcuni contenuti disturban­ti che forse potrebbero farci pensare prima di far giocare dei giovanissimi a questo gioco.

Zero e Void Termina

Kirby e Zero

Lo scontro contro il generale dei Dark Matter Zero vede un dolce e carino Kirby scontrarsi con un po’ meno dolce e carino bulbo oculare. Già solo all’apparenza Zero non trasmette lo stesso stucchevole candore e la stessa scintillante purezza tipica di Kirby. La sua boss fight ovviamente non è da meno: Zero cerca di colpire Kirby con numerose gocce di sangue che sembrano scaturire direttamente dal suo corpo sferico. Inoltre l’iride cremisi che fissa il nostro protagonista è resa ancora più inquietante dall’assenza di tratti di un viso come la bocca o il naso. Dettagli che potrebbero rendere il generale dei Dark Matter un po’ più umano e meno inquietante.

Se questo non bastasse a farvi venire i brividi, aspettate però di arrivare alla fine dello scontro e di vedersi staccare l’iride rossa dalla sclera solo per ricominciare a combattere con ancora più sangue.

Un boss dall’aspetto meno raccapricciante è Void Termina che però ha i suoi lati creepy proprio come Zero. L’aspetto in un primo momento può sembrare innocuo ed è forse proprio in questo che risiede proprio nella sua semplicità. Assomiglia quasi ad una pallina dei Geomag, ma lungo la boss fight compie una serie di metamorfosi che ricordano molti nemici passati e addirittura lo stesso Kirby. Tutto questo in una battaglia rievocativa che ricorda quella di Delirium in The Binding of Isaac. Sconfiggendo la sua versione finale (Void Soul) si arriva infine ad una scena raccapricciante in cui il boss, prima di scomparire, alterna diverse facce inquietanti assomiglianti a quella di Kirby.

In conclusione: Kirby è OP (Over Power)

In conclusione Kirby è davvero molto potente. Se valutiamo infatti il suo aspetto “coccoloso” non ci si aspetterebbe mai una macchina da guerra quale Kirby. In giochi come Smash Bros Kirby risulta un personaggio che all’occhio inesperto non vale la pena scegliere ma per gli intenditori diventa un arma segreta. Secondo alcuni infatti, il personaggio della HAL Laboratory sarebbe il più forte tra tutti quelli creati per Nintendo. Quindi sarà meglio fargli gli auguri come si deve e non farlo arrabbiare o potrebbe aspirarvi nella sua boccuccia rosa.

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Dying Light è un inno all’umanità

Ormai si sa che quando si gioca non è solo divertimento. Un videogame, proprio come altre opere dell’uomo, dona a chi ne fruisce molto più di quello che ad una prima occhiata si possa pensare. È il caso di Dying Light, un videogioco di zombi che però è molto più di questo. Se si cerca di collocarlo all’interno del genere horror infatti si perde, a mio parere, una buona fetta di ciò che l’opera vuole raccontare. Dying Light ritengo che possa essere definito un ritratto dell’umanità. Nel gioco i morti viventi sono infatti parte dell’ambiente e costituiscono il contesto in cui è ambientata la storia, non il fulcro di essa.

Un inno all’umanità

Dying Light è un inno all’umanità nelle sue mille sfaccettature. Gli zombi nel gioco diventano fonte di sfida, ma nulla più che il contesto di difficoltà che l’umanità deve affrontare. Su questo banco di prova ogni individuo ha il suo modo di reagire. C’è chi approfitta della situazione per suo profitto, chi aiuta gli altri e chi si scopre leader quando meno se l’aspetta.

Questo cocktail di umani che vivono al limite con la morte, e vi hanno a che fare ogni giorno, crea un contrasto affascinante che non si rispecchia solo nell’ambiente ma anche nei suoi abitanti. Dentro ad ognuno di loro si scontrano l’istinto dell’uomo civilizzato e quello di sopravvivenza dovuto alla situazione attuale. Il conflitto continuo di queste due parti mette in luce la capacità degli abitanti di Harran di adattarsi alla situazione e cercare di trarne il meglio finché non arriveranno tempi migliori. Il fatto che il mondo al di fuori sia un luogo sicuro inoltre alimenta la loro speranza e rende l’emergenza un po’ più sopportabile. In ognuno di loro si scontrano la crudele realtà e la speranza di poter tornare al mondo che conoscevano.

Il videogioco è quindi una specie di tributo alla capacità adattativa umana, unica specie sulla Terra che si è adeguata agli habitat più disparati: se ci si pensa, l’uomo ha colonizzato il pianeta dal luogo più freddo a quello più caldo senza mai fermarsi davanti alle difficoltà. Adattandosi e migliorando come altre specie sulla Terra non avevano mai fatto.

Dying Light, come gli altri giochi zombi, porta all’umanità una nuova minaccia da affrontare. Sfruttando quel pretesto però inneggia alle sfaccettature che rendono la razza umana unica nel suo genere, sia nel bene che ne male.

Una parte inaspettata di sé

Harris Brecken

Quasi tutti giocando una storia come quella di Dying Light hanno pensato al cattivo in modo negativo. Diciamo a noi stessi qualcosa come “io non sarei mai così”. Finché siamo nella nostra casetta al sicuro potrà anche essere vero. La realtà però ci insegna che non possiamo veramente sapere in cosa ci trasformerebbe una determina­ta situazione. In Dying Light questo concetto si può recepire molto bene dalle storie dei personaggi.

Il protagonista in primis, parte per una missione come ogni altro buon soldato farebbe. Obbedisce agli ordini e non fa domande. Possiamo credere che prima di arrivare ad Harran (città esistente) non avrebbe mai pensato di tradire l’organizzazione per cui lavorava. Vivere a stretto contatto col problema lo ha cambiato e gli ha fatto vedere la situazione in modo diverso. Una volta in città percepisce la realtà come chi si trova fuori da Harran non potrà mai fare.

Seguendo alla perfezione il suo ruolo di eroe, si ribella e cerca di salvare la situazione. Il personaggio che però stupisce di più sé stesso è Brecken. Il leader della Torre ha una storia interessante alle spalle, che giocando superficialmente potrebbe fuggire. In una confessione al protagonista ci rivela di essere stato un semplice istruttore di parkour. Prima dell’epidemia si era trasferito nella speranza di trovare lavoro ad Harran. Sicuramente non si sarebbe mai aspettato di diventare un capo, una figura di riferimento. Non credeva che le sue capacità avrebbero potuto salvare delle vite eppure per sopravvivere agli zombi sapersi destreggiare velocemente nella giungla architettonica della città è diventato essenziale.

L’egoismo della sopravvivenza

Rais alias Kadir Suleiman

Nella difficoltà è facile dimenticarsi degli altri. L’altruismo è figlio dell’abbondanza, è facile condividere e donare quando non manca nulla. È nel momento in cui si ha poco che si vedono la vera bontà o il vero egoismo. In Dying Light percorriamo entrambe le strade. Gli abitanti della Torre hanno poco Antizin, a malapena basta per loro, eppure aiutano Crane (il protagonista) e gli somministrano il farmaco per rallentare la trasformazione. Aiutando uno sconosciuto scommettono parte delle loro scorte, già esigue, nella speranza che quel gesto porti a qualcosa di buono.

La fazione di Rais al contrario pensa a sopravvivere e non si cura minimamente di chi potrebbe aiutare, se non per il proprio tornaconto. Ad esempio quando il protagonista raggiunge il villaggio portuale scopre che la popolazione viene protetta solo in cambio di qualcosa.

L’egoismo però non sempre è così palese. Il governo infatti sembra un’organizzazione intenta a perseguire il bene dei cittadi­ni di Harran. In realtà cova qualcosa di losco e nel momento in cui quella verità sta per trapelare fa di tutto perché non venga svelata. Minaccia di sterminare un’intera città in cui ci sono ancora sopravvissuti. Arriva ad offrire un accordo a Rais, il ricercato che sembravano voler morto fin dall’inizio, pur di salvare la propria reputazione.

L’esperimento scientifico di Harran

Città di Harran

Le situazioni di difficoltà però non possono durare in eterno. L’umano non è progettato per sopportare uno stato scomodo a lungo, in esso ci sarà sempre la tendenza a ricercare una normalità. Ad esempio, per quanto contorta, la società nella Torre persegue una sua quotidianità. I bambini giocano e schiamazzano e gli adulti vanno al lavoro. Il fatto che quel lavoro sia incentrato sul sopravvivere e salvarsi diventa ad un certo quasi superfluo. L’uomo tende a ricercare un ordine in ciò che fa, si aggrega in comunità più o meno regolarizzate, crea una scala sociale e si adopera per la sopravvivenza comune.

Dying Light con la città di Harran completamente isolata dal resto del mondo sembra voglia invitarci ad osservare un esperimento scientifico. Come quando si mettono tante formiche in una teca di vetro per osservarne l’organizzazione. Harran alla fine è proprio quello, solo che il governo non vuole studiare le formiche ma la diffusione e gli effetti della sua arma biologica, ovvero il virus che tramuta la gente in zombi. In questa situazione però vediamo come le persone ricerchino comunque una normalità e resistano a questo cambiamento forzato che è l’immissione del virus.

L’entropia di Dying Light

Perché ci sia la vita, ci dev’essere ordine. Le cellule si devono organizzare, le reazioni chimiche devono svolgersi e tutto deve scorrere nel verso giusto perché ognuno di noi esista. È così che questo gioco mi ha fatto capire che l’opposto della vita non è la morte ma il caos. La morte è la naturale fine della vita e fa parte anch’essa di quell’ordine che permette l’esistenza. Il caos invece è ciò a cui il protagonista si oppone alla fine. Durante uno dei suoi deliri Rais inneggia proprio al caos, ed è in quel momento che possiamo capire che è impazzito completamente. Nessun essere umano che tenga alla sua vita e a quella dei suoi cari desidererebbe una situazione simile. Proprio per questo motivo probabilmente non sempre capiamo chiaramente le motivazioni dietro le azioni di questo personaggio. Anch’esso un leader, proprio come Brecken, ma a lui contrapposto, non solo nel dominio delle risorse ma anche per le sue caratteristiche.

Rais è un capo che ha reclamato il suo posto e che ama il potere, è spietato e controlla i suoi sottoposti con il ricatto e con la paura. Coloro che lo seguono ne sono spaventati o sono egoisti alla sua stregua.

Brecken, come detto prima, è un leader quasi per caso. Non avrebbe voluto quella carica e se ne sarebbe disfatto volentieri, ma non si sottrae ai suoi doveri in quanto si preoccupa delle persone che dipendono da lui.

I due sono i capi delle fazioni al­l’interno di Harran, e si contrappongono proprio come l’ordine e il caos. Agente dell’equilibrio in questa storia è quindi il nostro protagonista, che durante il gioco si trova a lavorare allo stesso tempo per entrambe e per nessuna delle due fazioni, sperimentando in egual misura le leadership e alleandosi alla fine con il rappresentante dell’ordine che fino a poco prima del suo arrivo sembrava sul punto di arrendersi a Rais.

Le domande che mi ha lasciato Dying Light

Dying Light è stata un’esperienza diversa. Un gioco di zombi che parla di umanità (l’origine degli zombi nella cultura) Un’opera che mi ha aperto davanti agli occhi un ventaglio di possibili me stessa. Mi sono ritrovata a chiedermi cosa avrei fatto. Sarei stata così debole da volermi unire alla fazione di Rais per sopravvivere a qualun­que costo? O avrei trovato il fegato di rischiare me stessa per uno sconosciuto come i ragazzi della Torre? Le risposte potrebbero essere vere o no, non lo potrò sapere finché non verrò catapultata in un’apocalisse zombi. Per ora mi limiterò a giocare dando il meglio di me.

Quindi per quanto questo gioco sia pieno di morti viventi, in realtà per me non parla affatto di morte ma di vita. Di scelte giuste e sbagliate, di buoni e cattivi e di quanto questa divisione netta sia impossibile quando si tratta del fallibile essere umano.

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Editoriali

Zombie: dalle origini ai videogiochi

Morti viventi, cadaveri ambulanti, redivivi: sono molti i modi in cui li hanno chiamati ma il più diffuso è sicuramente zombi. Cogliamo l’occasione dell’uscita di Dying Light 2 per scoprire qualcosa di più sulla misteriosa figura dello zombi. Partendo dalle sue origini caraibiche ripercorriamo alcuni capisaldi dei tre settori che più hanno permesso la sua diffusione.

Quando non c’è più spazio all’Inferno, i morti cammineranno sulla Terra

L’alba dei morti viventi (1978) di G. Romero

Le origini del termine

Per quanto riguarda il termine “zombi” dobbiamo ricercare le sue origini tra le spire della magia haitiana: nasce infatti per indicare persone riportate indietro dalla morte dagli stregoni voodoo dei Caraibi. I soggetti venivano resuscitati in uno stato di coscienza parziale per essere asserviti allo stregone che li ha richiamate. I redivivi erano utilizzati per lavori umili e, al contrario della figura classica dello zombi, non erano aggressivi verso le persone.

L’antropologo Wade Davis si confronta con questa realtà quando si trasferisce ad Haiti alla ricerca della verità sugli zombi. Davis si rende conto che gli abitanti del posto non temono i ritornati ma bensì il diventare tali e asservirsi al volere del bokor, lo stregone.

Il ricercatore svolge le sue numerose ricerche per arrivare ad una verità scientifica sugli zombi, una spiegazione che sveli il mistero dietro la magia. Pagata a caro prezzo ad uno stregone locale la realtà dietro all’inspiegabile fenomeno sembra portare all’uso di sostanze stupefacenti e allucinogene. La creazione delle zombi sarebbe quindi da imputare ad un miscuglio tra suggestione e tossine.

Wade Davis scoprì degli stregoni che usavano la tetrodotossina, un veleno estratto dal pesce palla. Tale tossina poteva in qualche modo indurre, nella vittima designata, uno stato simile alla morte. Dopo la sepoltura lo stregone poteva quindi recupe­rare il corpo e con l’uso di stramonio rendere la vittima facilmente manipolabile e suggestionabile. Questa sostanza, ricca di scopolamina, ha infatti effetto allucinogeno. Essa riduce la persona a cui viene somministrata a uno stato di semicoscienza che non la rende in grado di rispondere di sé stessa.

La zombificazione sarebbe quindi il risultato di un’interazione ben riuscita tra tossine, allucinazioni e suggestione culturale.  Una spiegazione certamente meno eccitante di quella data dal mito o dai numerosi film, libri e giochi di genere.

La figura dello zombi in Occidente

Zombie a caccia

Il termine zombi arriva in Occidente probabilmente grazie alla scoperta dell’America e con l’inizio di scambi commerciali con essa. Ci vorrà però ancora molto tempo prima che la figura del morto vivente cominci a popolare l’immaginario comune europeo.

Anche se inizialmente fu accumunato al revenant e al vampiro, lo zombi prese pian piano forma attraverso le opere letterarie di genere. Si potrebbe considerare come un primo zombi vero e proprio il mostro di Frankenstein di Mary Shelley. Esso infatti è un cadavere che poi ha preso vita, anche se il metodo di resurrezione non è quello classico. Ancora però non siamo arrivati allo zombi che noi tutti conosciamo.

L’esordio della figura del morto vivente viene assistita da molti maestri dell’horror che ne parlano nei loro libri. Tra loro il celebre Edgar Allan Poe col suo “La verità sul caso Valdermar” del 1845 in cui un uomo ipnotizzato muore mentre l’effetto è ancora attivo e si risveglia proprio grazie a quella. Nell’opera di Poe la figura del redivivo resta legata ad un fattore ipnotico e non virale, il che la porta ad essere più congruente con le sue origini di quanto non sia lo zombi putrescente contemporaneo.

Altre citazioni importanti di autori celebri che hanno trattato il tema del morto ritornato si trovano negli scritti di H.P. Lovecraft ad esempio “Herbert West rianimatore”. Lovercarft parla di molti mostri nei suoi racconti, tra cui ghoul e altri incubi dell’immaginario di certo non poteva farsi mancare lo zombi.

Ultima citazione letteraria e forse uno degli autori più sconosciuti tra quelli riportati è William Seabrook. Col suo libro “L’isola magica” porterà alla fine, nel 1929, il termine zombi nel linguaggio occidentale.

Il virus

Nella maggior parte dei giochi, così come nei film, ciò che trasforma le persone in zombi è un virus. La provenienza del patogeno varia da opera ad opera. Per alcuni si tratta di un virus sfuggito da un laboratorio, per altri di un’arma biologica sviluppata dal governo. Ci sono teorie sempre diverse così come sono diversi tra loro gli zombi dei vari film e giochi. A volte corrono a volte no. La malattia può uccidere l’infetto e trasformarlo, o può essere che la trasformazione avvenga solo dopo la morte naturale del soggetto.

Una cosa però sembra mettere tutti d’accordo, il tramite del contagio. Un morso. Da dove venga questa credenza non è chiaro, forse perché è necessario che due fluidi corporei vengano a contatto (saliva e sangue). Io credo invece che la spiegazione più plausibile sia quella che la figura del vampiro, nata prima di quello dello zombi, l’abbia in qualche modo influenzata. Dato che le due figure inizialmente non erano così ben definite e distinte l’una dall’altra, penso che una volta indipendizzato lo zombi abbia portato con sé la caratteristica del morso.

Zombi nei libri e film

Locandina de “L’alba dei morti viventi”

La storia ci insegna quanto il cinema e la letteratura siano legati l’uno all’altro. Spesso ispirandosi a vicenda o completandosi come le tessere di un puzzle. Quando si parla della figura dello zombi questo legame diventa ancora più evidente. I romanzi citati sopra infatti sono quasi tutti diventati successivamente film più o meno di successo.

Il successo dei morti viventi, iniziato col celebre film di Romero “L’alba dei morti viventi” ha avuto seguito in altre opere come Io sono leggenda, World War Z o La notte dei morti viventi. Gli zombi però non sono solo protagonisti di film horror. Data la loro figura grottesca e la camminata sconnessa, si prestano molto bene anche a film più ironici come Zombieland o a rivisitazioni alternative di classici come Orgoglio Pregiudizio e Zombie.

Il genere zombi ha ricevuto una nuova impennata di successo grazie alla seguitissima serie tv The Walking Dead tratta dall’omonima serie di fumetti.

Il mondo videoludico: il vero regno degli zombi

Penso che, a discapito di libri e cinema, il panorama videoludico sia quello più adatto ad ospitare gli zombi e ad esaltarli. Nei libri si perde lo stimolo visivo del cadavere putrescente mentre nel gioco questo non accade. Anche se i libri riescono a descrivere le sensazioni molto meglio delle opere su schermo, quando si tratta di zombi, credo sia preferibile addentarsi personalmente nella paura e nell’ansia. Giocare una storia zombi infatti non ci descrive ciò che dovremmo provare ma ce lo fa sentire direttamente.

Nei film le sensazioni vengono filtrate dalla figura del protagonista e anche se non si perde l’impatto visivo, si ha sempre la sensazione di seguire la storia di qualcun altro. Quest’impressione che abbiamo rischia quindi di rovinarci l’esperienza, cosa che non accade nei videogiochi sugli zombi. La decisionalità dei videogiochi infatti lascia più spazio a ciò che prova il giocatore anche se giocato in terza persona. Compiendo noi stessi le azioni della storia infatti abbiamo la sensazione di viverla appieno. Concluso questo citiamo qualche classico videogame e parliamo del suo zombi.

Il redivivo di Resident Evil

Resident Evil

Una saga che non si può non conoscere. Non si tratta del primo gioco sugli zombi ma di sicuro è il più longevo. Conta ben otto titoli principali e molti altri aggiuntivi. Il tipo di redivivo adottato da Resident Evil segue a tutti gli effetti la figura dello zombi tradizionale. Abbiamo quindi a che fare con un cadavere ambulante dai movimenti sconnessi e le braccia protese avanti in cerca di prede. L’illusione di avere a che fare con lo zombi lento dei film rimane intatta finché non si incontrano i primi cani zombi.

Il virus T è una parte fondamentale del gioco in quanto crea gli zombi e altri nemici che si devono affrontare. Scopriamo il patogeno e le sue conseguenze avanzando nel gioco, attraverso video e file della Umbrella Corporation. La nascita del virus T non è lasciata ad una spiegazione grossolana né le sue caratteristiche scientifiche sono improvvisate. La cura dei creatori di Resident Evil nel creare un virus verosimile ha forse decretato il successo della serie e la sua longevità. Si tratta infatti dell’unica saga zombie ad aver attraversato 5 generazioni Playstation e 4 generazioni Xbox senza contare che è sempre stata presente anche su PC.

L’infetto di The Last of Us

Clicker The Last of Us

Un titolo sicuramente più recente ma molto apprezzato dai videogiocatori è sicuramente The Last of Us. La storia emozionante e ben costruita ci parla di un’umanità già abituata alla presenza degli zombi, se così si possono chiamare gli esseri di questo gioco. Infatti i redivivi in questione hanno la particolarità di essere generati da un fungo che li deforma rendendoli ancora più inquietanti. Il Cordyceps è il fungo parassita che crea gli infetti, quelli che nel gioco possiamo considerare come zombi: esiste realmente, ma colpisce soltanto gli insetti crescendo dentro di loro fino ad ucciderli, gli effetti sulle vittime sono inquietanti e affascinanti allo stesso tempo.

The Last of Us sceglie quindi di innovare non solo sulla causa della zombificazione ma anche sull’aspetto. Inoltre dà agli infetti caratteristiche evolutive coerenti con la loro mutazione, come ad esempio i Clicker, una specie di zombi privi della vista, che hanno sviluppato l’udito per cacciare gli umani. Dando ai redivivi queste nuove capacità, riusciamo a considerare gli zombi non più come cadaveri ambulanti ma una vera propria specie evolutasi da quella umana.

Lo zombi di Dying Light

Dying Light

Un altro gioco che ha saputo sfruttare il contesto zombi al massimo è sicuramente Dying Light: i redivivi in questo titolo fanno da contorno a una storia che come protagonista incontrastato ha l’umanità in tutte le sue sfaccettature (I valori di Dying Light). Siamo qui però per parlare della figura dello zombi perciò spendiamo due parole a riguardo.

Il tipo di redivivi che abbiamo in questo videogioco è abbastanza classico ma non per questo noioso. Ci sono anche qui, come in quasi tutti i giochi di zombi, vari tipi di nemici: quelli che esplodono, quelli enormi e i nemici standard. Quelli con le pustole verdi sono però i più interessanti. Per chi ha giocato Dying Light è facile sapere che questo ultimo tipo di zombi rappresenta l’unica speranza per gli abitanti di Harran. In essi infatti si cela il segreto per trovare la cura al virus.

I creatori di Dying Light decidono di non svelarci molto sulla malattia se non che potrebbe essere una mutazione della rabbia. Il gioco sceglie di soffermare la sua attenzione così sulla lotta per la sopravvivenza e non su ciò che minaccia l’umanità compiendo così una scelta inaspettata a livello narrativo. Altra decisione particolare è quella di non rendere il fenomeno della zombificazione globale ma mantenerlo rinchiuso in una sola città. Harran infatti sembra essere il soggetto di un esperimento governativo per l’arma biologica che risulta appunto essere il virus.

La conclusione degli zombi

Ci sono stati periodi in cui il genere zombi sembrava ormai al tramonto e anni in cui i prodotti del cinema e del mondo videoludico non parlavano d’altro. Così com’è successo con altre figure della credenza popolare o del mito, anche gli zombi non tramonteranno mai. Nonostante il saliscendi del loro successo infatti la figura del redivivo affascinerà sempre l’immaginario comune. Finché ci sarà il mistero della morte, lo zombi non perderà mai il suo fascino putrescente: faremo nuove scoperte, e finché non sapremo come riportare in vita le persone, resteranno nel registro dei mostri e continueranno a mutare. Chissà, magari tra vent’anni la figura del zombi non sarà più come la conosciamo noi.

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Rayn: abbiamo provato il gioco di ruolo esoteric fantasy

Alle 21:00 sono arrivato puntuale all’appuntamento e molti dei partecipanti all’evento erano già collegati; nel giro di pochi minuti c’eravamo tutti. Andrea, da buon ospite, ha messo tutti a proprio agio e via via ci ha lasciato scegliere i personaggi da interpretare. Io ho preso Nanse Luze, una cercatrice distaccata e volubile, guida forte e astuta che ha dato il suo contributo allo sviluppo della storia…

Dopo una piccola premessa sull’ambientazione, sulla nostra Fratria e sullo scopo da raggiungere, abbiamo subito iniziato a giocare, senza alcuno “spiegone” iniziale.

Durante l’avventura Andrea apriva piccole ed efficaci parentesi, chiarendo regole, elementi di gioco e introducendo approfondimenti di ambientazione, senza appesantire mai il corso della partita. Sicuramente riuscire bene in questa attività è frutto della sua bravura e grande esperienza, ma anche del motore di Rayn che risulta pratico e veloce.

Nanse Luze, distaccata e volubile, ma ottima guida
Nanse Luze, distaccata e volubile, ma ottima guida

Tornando all’avventura giocata, siamo riusciti a raggiungere il nostro obiettivo, senza sfoderare mai le armi e fidandoci gli uni degli altri, da buoni Fratelli e Sorelle delle Genti. In chiusura, una difficile decisione morale è stata presa, mettendo a nudo la volontà di tutti i nostri personaggi. Un bel risultato!

Personalmente mi sono molto divertito, anche se stavo giocando con persone che non conoscevo se non per fama… e questo, come sempre, è la parte migliore e dannatamente difficile da replicare del gdr “tradizionale”, quando si è tutti seduti a un tavolo, fisico o virtuale che sia.

La Fratria ascolta lo Ierofante e l'avventura continua...
La Fratria ascolta lo Ierofante e l’avventura continua…

Ringrazio tutte le giocatrici e i giocatori per l’esperienza (e la pazienza) e tutto il team di Aristea per il materiale cartaceo fornito e l’invito all’evento. In ordine sparso, un saluto e un abbraccio a: AndreaTupac Mollica, La Madre dei Draghi (Meme of Thrones ITA), Giuliano Gianfriglia, Matteo TeOoh Boca e Filippo Franco.

Cos’è Rayn

Rayn (si legge rain) è un gioco di ruolo cartaceo edito da Aristea che prevede l’uscita di almeno tre manuali e svariati accessori, quali l’immancabile schermo del master, un particolare mazzo di carte e altri elementi utili al gioco. Il materiale sarà distribuito anche in forma digitale (pdf), ma tutto ciò che verrà reso disponibile, lo troverete chiaramente indicato nella campagna kickstarter dedicata.
Gli autori del progetto sono Dario Leccacorvi e Andrea Tupac Mollica, con le illustrazioni di Fabio Porfidia e Silvia Pasqualetto, e il contributo di tutto lo staff Aristea.

Mockup dei manuali e accessori di Rayn
Mockup dei manuali e accessori di Rayn

Il genere esoteric fantasy di Rayn lo identifica come un gioco dall’ambientazione cupa e misteriosa, caratterizzata da elementi mistici ed esoterici:

La Luce guardò dentro di sé e vide la Tenebra;

dall’orrore che ne provò, nacque l’Abisso.

Fin dalle prime righe ci si accorge che Luce, Tenebra e Abisso rappresentano il cuore del gioco, tanto dell’ambientazione quanto delle meccaniche. Qui i giocatori interpreteranno dei personaggi da condurre lungo una crescita non solo fisica, legata all’esplorazione, al combattimento e all’esperienza, ma anche (e soprattutto) spirituale: di comprensione di sé, del mondo e delle realtà che lo circondano.

Ambientazione

Il gioco è ambientato nella regione dell’Ortnan, ovvero il continente che il popolo Esardan sta colonizzando. I PG appartengono a tele popolo (invasore) e sono dei Cercatori: donne e uomini incaricati di esplorare le foreste di Ortnan in cerca delle risorse indispensabili alla sopravvivenza della comunità e dei luoghi adatti per creare nuovi insediamenti. Tutti hanno servito nella milizia cittadina e, dopo aver superato i riti di iniziazione sociale, hanno acquisito a pieno titolo i diritti di cittadinanza.

Ortnan: la parte del mondo di Rayn dove i personaggi inizieranno le loro avventure
Ortnan: la parte del mondo di Rayn dove i personaggi inizieranno le loro avventure

Ma la storia e gli eventi che coinvolgono Rayn e le sue Genti sono molto più antiche.
Un tempo l’umanità era schiava degli Antichi, padroni crudeli, potenti e spietati; loro era la conoscenza, la tecnica, la magia e la Tenebra.
In tutto ciò, anche altri esseri meravigliosi e pericolosi influenzano i popoli: esistono infatti Spiriti terribili, crudeli o generosi… noti anche come le Entità Pure, coloro che vivono l’Abisso.

Loro sono gli Antichi e gli Spiriti; noi esseri umani siamo le Genti.

Questi tre aspetti sono molto ben delineati e caratterizzati, ma il bello è che le donne e gli uomini liberi di Rayn nascono sì nella Luce, ma possono accogliere, se non addirittura piegarsi, anche alla Tenebra e all’Abisso.

Semplificando al massimo, diamo uno sguardo ai tre princìpi:
La Luce (colore giallo) è la componente dominante delle Genti, cioè gli esseri umani. Essi prevalgono nel Mondo di Sopra o Ecumene; alla Luce rimandano concetti come equilibrio, parola, sopra, repubblica, libertà, cerchio, anima, oro e vita.
La Tenebra (colore grigio) è la componente dominante degli Antichi, cioè le civiltà non umane. Essi prevalgono nel Mondo di Sotto o Erebo; alla Tenebra rimandano concetti come paura, dominio, sotto, regno, necessità, triangolo, materia, argento e morte.
L’Abisso (colore rosso) è la componente dominante degli Spiriti (o Entità Pure). Essi prevalgono nel Mondo di Là o Chasma (si legge ciasma); all’Abisso rimandano concetti come esaltazione, seduzione, oltre, anarchia, arbitrio, ottagono, spirito, rame e sogno.

Da sinistra a destra, simboli e colori dei tre princìpi: Abisso, Luce e Tenebra

GDR videogame = GDR cartaceo?

Non sempre.

Per chi è del mondo dei videogiochi, la parola gdr identifica un ben preciso genere videoludico, che di per sé incarna e realizza in digitale quello che ai tempi (e tutt’oggi) si gioca carta-e-matita: “il cartaceo” (tabletop rpg).
Rispetto ad altre definizioni, dopo anni di studi, il gdr “cartaceo” non ne possiede ancora una sua propria che sia al tempo stesso concisa, chiara e condivisa.
Da un rapido confronto fra i due mondi, e solo come indicazione di massima, sappiate che il genere videoludico gdr:

  • è figlio del tabletop rpg;
  • incarna una sola delle possibili “vie” del tabletop rpg;
  • prevede aspetti assodati che ci permettono di identificarlo con un preciso genere; ciò non vale per il tabletop rpg.

Se volete approfondire l’argomento e capire il senso di questo box, vi consiglio di iniziare guardando un illuminante video di Helios Pu (che ringrazio):

Meccaniche di Base

Per i curiosi, mettiamo le mani sotto il cofano e guardiamo gli aspetti principali delle meccaniche e dinamiche di gioco. Nei videogiochi gdr, tutti questi elementi verrebbero tipicamente gestiti da varie interfacce, con i conti e la maggior parte degli aspetti tecnici risolti dall’HW/SW e resi trasparenti al giocatore.

Personaggio

Ciascun personaggio in Rayn è descritto da tre Abilità (Valore, Sapienza e Astuzia), due Energie (Fisica e Mentale), dal punteggio di Fato, dalle sue Specialità e dal Retaggio.
Abilità, Energie e Fato hanno dei punteggi numerici.

Rayn - Scheda PG Nanse Luze
Scheda del personaggio pregenerato Nanse Luze, presente nel Quickstart e giocato online
  • Il Valore riguarda le capacità fisiche, le capacità di combattimento e quelle militari
  • La Sapienza riguarda le conoscenze teoriche, le più diverse, inclusa la magia
  • L’Astuzia riguarda il campo sociale, il saperci fare con le persone e la furbizia
  • L’Energia Fisica gestisce la salute, la resistenza a veleni, malattie, fatica, etc
  • L’Energia Mentale rappresenta la forza di volontà e si usa per resistere a condizioni mentali
  • Il Fato indica la forza spirituale, la buona sorte, l’armonia col mondo e si usa per “spezzare i Sigilli”
  • Le Specialità afferiscono a una delle Abilità e per acquisirle occorre avere un punteggio di 8+ nella relativa Abilità; possono essere attive o passive, forniscono tratti o capacità speciali e spesso garantiscono Sgravi
  • Il Retaggio riguarda la storia del personaggio, le sue origini e quello che ha vissuto prima di iniziare la sua vita da Cercatore
Il Trimundio: l'insieme dei tre Sentieri dove vanno distribuiti i Punti Fato, Passo per Passo, fino a infrangere i Sigilli
Il Trimundio è l’insieme dei tre Sentieri: qui si distribuiscono i Punti Fato fino a infrangere i Sigilli

Infine i Sentieri relativi a Luce, Tenebra e Abisso vedono su di essi distribuiti i punti Fato; quando su un Sentiero si raggiungono certe soglie, viene infranto permanentemente un Sigillo. Questo elemento di gioco permette di ottenere una maggiore conoscenza della realtà e la capacità di influenzarla. In base al Sentiero predominante, si otterrà una specifica capacità, ma se due o tutti e tre i sentieri sono in equilibrio, sarà il giocatore a scegliere a suo piacimento la capacità da usare di volta in volta.
Alcuni passaggi relativi alla creazione del personaggio funzionano un po’ diversamente per i Generati, esseri creati dalle Genti per via alchemica.
Con l’accumulo di esperienza e Fato il personaggio può incrementare i punteggi di Abilità ed Energie, acquisire Specialità e aumentare la consapevolezza dei Sentieri e della realtà (spezzando i Sigilli).

Prove

Per risolvere le prove di Abilità, Energia e Fato, in Rayn si usano i D6; lo Ierofante (master) indica quanti tirarne (minimo 1 e massimo 4) e che tipo di prova effettuare (per esempio di Volontà). Se il risultato è minore o uguale al punteggio di Abilità, Energia o Fato indicato sulla scheda del personaggio, la prova è superata.

Ulteriori elementi che modificano la prova sono gli Aggravi (condizioni che giocano a sfavore) e gli Sgravi (spesso garantiti da Specialità specifiche o condizioni che rendono le cose più facili). Gli Aggravi trasformano i D6 in D8, gli Sgravi rendono i D6 in D4.
Al massimo si possono applicare due Aggravi, eventualmente compensati da un solo Sgravio; ulteriori Sgravi si accumulano senza limiti.
Se per esempio a una prova standard (2D6) si applicano due Aggravi e tre Sgravi, la prova risultante sarà effettuata con 2D4: uno Sgravio annulla entrambi gli Aggravi e i due Sgravi restanti trasformano i 2D6 in 2D4.

Prova standard con esempi di Aggravi e Sgravi
Prova standard con esempi di Aggravi e Sgravi

Altra particolarità sono gli Incrementi: anche questi sono cumulabili e se ne ottiene uno per ogni dado tirato che realizza 1… ma solo se la prova riesce.
Un altro modo di ottenere Incrementi è Sfidare la prova.
La scelta è in mano al giocatore, che può decidere di aggiungere uno o più D6 alla prova (ma al massimo si possono tirare 4D6 in totale) e ottenere un Incremento per ogni dado aggiunto… ovviamente, sempre se la prova riesce. Oltre a questi Incrementi “speciali”, si ottengono anche tutti quelli dovuti ai risultati 1 ottenuti. Gli incrementi indicano che una prova è riuscita particolarmente bene, in combattimento si traducono in due danni addizionali.

Combattimento

In Rayn, il combattimento si svolge in round, turni entro i quali i PG e gli antagonisti agiscono per effettuare azioni come attaccare, lanciare una magia, utilizzare un oggetto dell’equipaggiamento, etc.
A cominciare è il primo in ordine di iniziativa e ciò si determina stabilendo chi ha il valore di Astuzia più alto (in caso di parità, si guardano i punteggi di Valore e Sapienza); alcune armi o Specialità possono influenzare l’iniziativa.

Azioni, prove, danni, protezione e stati psicofisici
Nel proprio turno si possono effettuare al massimo tre azioni: una principale e due secondarie, in qualsiasi ordine.

Fra le azioni principali annoveriamo sferrare un attacco, usare un Suono Ancestrale o un Forma, spostarsi di una distanza considerevole, usare un oggetto, aiutare un altro in una prova.

Fra le azioni secondarie abbiamo: gridare qualcosa, cambiare arma, spostarsi di poco, attivare un oggetto, impartire un ordine a un animale o a un Paredro (una sorta di famiglio o guida spirituale della Fratria).

Le azioni secondarie impartiscono un Aggravio alla prossima azione, ma se si effettuano solo azioni secondarie e nessuna azione principale, non si genera alcun Aggravio.

Gli attacchi in mischia e a distanza vengono entrambi effettuati tramite prove di Valore, per un numero di danni inflitti che dipende dall’arma impiegata; gli Incrementi garantiscono 2 danni aggiuntivi, ma anche Specialità e Protezione intervengono nel conteggio.
Distanza, copertura e altri elementi simili vengono gestiti sempre tramite Aggravi.

Le armature, alcuni oggetti e anche certe magie forniscono un certo valore di Protezione che viene scalato dai danni inflitti, che possono essere anche annullati completamente.

Infine, il danno inflitto e non protetto viene scalato dall’Energia Fisica dell’avversario.

Alcuni attacchi, magie o altre situazioni possono intaccare la psiche, provocando la perdita di Energia Mentale, ma si può incorrere anche in stati psicofisici particolari quali: debilitazione, stordimento, avvelenamento o malattia, soggezione, terrore, ossessione.

La Fratria è impegnata in uno scontro pericoloso
La Fratria è impegnata in uno scontro pericoloso

Magia e Dintorni

In Rayn esistono vari tipi di “magia” e alcune arti, non propriamente magiche, sono dai più considerate tali. Secondo un’antica classificazione, esistono le Vie Esteriori che comprendono la Magia Rituale e la Technia, e le Vie Interiori, che includono la Magia Ancestrale, l’Oniromantica, la Gnosi e i Sigilli.

La Magia Rituale (iatromantica, goetica e stregonesca) attinge al potere di misteriose Entità Pure, impiega Elementi Simbolici consumabili, lavora con prove di Sapienza e utilizza punti EM. Tutti possono praticare la Magia Rituale, ma solo chi possiede la relativa Specialità non incorre in grandi rischi quando le cose non vanno per il verso giusto. Molto del sapere magico dell’Arte Rituale è scritto o prevede passaggi in Kadjan, la scrittura degli Antichi.

Un antico testo scritto in una lingua misteriosa... probabilmente in  Kadjan, la lingua degli Antichi
Un antico testo scritto in una lingua misteriosa… probabilmente in Kadjan, la lingua degli Antichi

Esiste poi la Magia Ancestrale legata ai relativi dodici suoni arcani, quattro per il sentiero della Luce (MAYR, AUR, SAH, KER), quattro per la Tenebra (ZHAI, PNA, YG, LOO) e quattro per l’Abisso (JUM, DMA, GHA, RTU). I Suoni Ancestrali sono vibrazioni primordiali che, secondo alcuni studiosi, originarono l’intero universo. Nel tempo è possibile imparare più suoni e combinarli in Forme o Mantra capaci di scatenare enormi poteri.
A livello di gioco, occorre disporre della Specialità Suono Ancestrale; pronunciarne uno in combattimento è un’azione principale dal costo di 1 punto di EM.

Mazzo dei Suoni Ancestrali e altro materiale utile per giocare a Rayn
Mazzo dei Suoni Ancestrali e altro materiale utile per giocare a Rayn

La Technia non è propriamente una forma di magia, anche se prevede conoscenze in ambito alchemico, ma sfrutta le proprietà di piante e minerali, quelle fisiche del mondo e branche di studio più scientifiche (meccanica, ottica, dinamica dei fluidi e del calore). Questo era il sapere degli Antichi, ma ora è anche appannaggio delle Genti, seppure in modo incompleto. La Technia viene impiegata per realizzare prodigi: dalle luci alchemiche ai trabucchi, dai cannoni a vampa alle armi a folgorazione, dai filtri di vario potere fino ai Creati e ai Generati.
Per realizzare tali opere occorre disporre della relativa Specialità, di ingredienti e materiali, tempo e superare prove di Sapienza.

Vi è poi l’Oniromantica, ovvero la capacità di entrare nei reami del sogno, legati al Mondo di Qua. Il Mondo di Là può essere visitato casualmente, ma più spesso in modo volontario, ricorrendo a capacità interiori, tecniche apposite (sapere gnostico) o assumendo sostanze specifiche. Il mondo è abitato da Spiriti posti al di là del bene e del male e dai viandanti onirici, ed è utile ricordare che agire nei reami onirici produce effetti tangibili nella realtà. I più potenti Oniromanti riescono a creare mondi propri, privati, detti Imperi Onirici: qui il loro controllo è assoluto.
Per accedere ai reami del sogno ed essere a proprio agio occorrono Specialità appropriate o aver spezzato il Secondo Sigillo.

Conclusioni

Il materiale del quickstart mi ha dato modo di scoprire un bel gioco.

L’ambientazione di Rayn è sentita e svariati suoi concetti ed elementi vanno a caratterizzarne direttamente le meccaniche. Personalmente, questo è uno degli aspetti dei giochi che preferisco, ma non sempre i risultati sono soddisfacenti: a volte il processo è goffo o con evidenti forzature, ma questo non è il caso di Rayn.

Le meccaniche sono immediate se confrontate ad altri gdr ma non per questo banali, anzi. A mio giudizio le trovo funzionali al tipo di gioco e offrono un approccio soft a chi decide di iniziare a praticare la sacra via dei gdr “cartacei”.

La one-shot online non ha fatto altro che esaltare l’esperienza di gioco, sia a livello ludico che sociale. È stato bello conoscere gli altri giocatori e intrattenersi con loro a fine sessione per scambiare due chiacchiere su Rayn, sui giochi in generale, ma anche su molto altro.

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Editoriali

Librogame e Videogame: intervista a Gilbert Gallo

Ancora fra le pagine… e non solo!

Eccoci di nuovo qui, con il terzo appuntamento della rubrica dedicata ai librogame (LG)!
Lo scopo è sempre quello: capire cosa sono e cosa c’entrano con i videogiochi… ma per fortuna possiamo avvalerci dell’aiuto di vari big del settore che ci hanno rilasciato delle graditissime interviste.

Per chi volesse recuperare tutte le altre interviste uscite (e che usciranno), può trovarle elencate nel box Librogame e Videogame in fondo all’articolo.

Ciao Gilbert, puoi presentarti e dirci di cosa ti occupi?

Salve ragazzi! Sono Gilbert, vivo a Bari e (fra le altre diecimila cose che faccio) mi occupo attivamente di scrittura interattiva (con ogni mezzo possibile). Ho un solido background nel campo dei giochi di ruolo da tavolo (oltre 50 titoli pubblicati da diversi editori Americani) e da qualche anno mi sono lanciato nel settore videogame.

Ho realizzato diverse app per cellulari (sia Android che iOS: tutte storie interattive) e al momento dirigo un team di scrittori per realizzare un videogame (coperto da n.d.a) che nel 2022 sarà su Steam e altre piattaforme.

A Novembre (2021 ndr) ho iniziato un ciclo di docenze per Vigamus Academy come insegnante di Narrative Design e già un altro progetto bolle in pentola… e questo è solo l’inizio!

Gilbert Gallo
Gilbert Gallo, autore e scrittore di giochi di ruolo, librogame, app e videogame

Cos’è un librogame?

Per me il librogame è stato il primo approccio che abbia avuto con la narrazione interattiva. Probabilmente è proprio colpa dei librigame se oggi mi occupo di scrittura interattiva. Hanno acceso in me quella scintilla creativa che brucia ancora oggi.

Se invece volete una definizione “accademica”, il librogame è un libro che ti permette di guidare la storia con le tue scelte fino ad arrivare a uno di tanti finali differenti.

Un possibile grafo dei paragrafi di un librogame
Un possibile grafo dei paragrafi di un librogame

Cos’era il librogame nel suo periodo d’oro?

Negli anni ‘80-‘90 i librigame erano probabilmente la forma più evoluta della narrazione interattiva. All’epoca, i videogame erano ancora poco “attraenti” a livello d’interfaccia e di gameplay per cui sotto ogni punto di vista i libri erano il top che si potesse desiderare da quel punto di vista.

Layout pulito, illustrazioni evocative e avventura interattiva: il top ludico degli anni '80
Layout pulito, illustrazioni evocative e avventura interattiva: il top ludico degli anni ’80

Cos’è un librogame oggi? Come si è evoluto?

Dall’epoca d’oro i librogame hanno potuto evolversi solo sui “contenuti” e sul “mood”, ma non hanno potuto superare i limiti che un libro fisico impone loro. Un po’ perché spesso gli acquirenti sono “adulti”, un po’ perché è stata un’evoluzione sui gusti, oggi i librogame trattano una rosa più ampia di argomenti, generi e situazioni.

I videogame interattivi, invece, hanno avuto un’evoluzione incredibile che ha portato a sfornare capolavori assoluti multimediali come Detroit: Become Human.

Detroit Become Human: capolavoro multimediale
Detroit Become Human: capolavoro multimediale

Legami, contrasti e coesistenza (virtuosa?) con i videogiochi. Cosa ne pensi?

Oggigiorno i librogame devono faticare immensamente per ritagliarsi una fetta di mercato in un mondo ove l’idea di “narrazione interattiva” è ormai associata quasi unicamente ai videogame, soprattutto nelle fasce più giovani.

I videogame superano i libri da molti punti di vista: immagini fichissime, colonne sonore ed effetti sonori, scelte a tempo, scelte interattive (tipo clicca per fermare la ruota), scelte nascoste e segrete, gestione semplificata di ogni parametro ecc. ecc. Ma soprattutto: coi videogame NON puoi barare saltando da un paragrafo all’altro come pare a te senza tener conto di ciò che le regole ti dicono di fare (prassi consolidata con i libri… e per qualcuno sono sicuro che questo sia un vantaggio 😉 ).

Un librogame per i più piccoli, ottima alternativa alla fiaba classica
Un librogame per i più piccoli, ottima alternativa alla fiaba classica

Secondo me la collocazione ideale per i librogame oggi (a parte lo zoccolo duro dei collezionisti/appassionati) è come intrattenimento dei più giovani. Ci sono bellissimi librigioco che letti da un adulto intrattengono i più piccoli molto meglio delle fiabe della buonanotte.

Sei un videogiocatore?

Certo. Esiste ancora qualcuno che non lo è oggigiorno?

I videogiochi ti hanno influenzato o ispirato in qualche modo nella realizzazione delle tue opere?

Assolutamente sì. Chi mi conosce bene troverà sempre qualche accenno di uno o più dei seguenti titoli/saghe nelle opere che scrivo: Final Fantasy (soprattutto il 7), Metal Gear Solid, Monkey Island, Zak Mc Kracken, Maniac Mansion, Super Robot Wars, Rise of the Dragon, Devil May Cry… e potrei continuare per ore.

Hideo Kojima: Metal Gear Solid l'ha fatto lui!
Hideo Kojima: Metal Gear Solid l’ha fatto lui!

Vuoi segnalarci qualche tuo progetto in particolare o in corso d’opera?

Di sicuro gli appassionati di librigame apprezzeranno la mia versione per cellulare del libro numero 1 della celeberrima serie di Lupo Solitario: Flight from the Dark. È completamente gratuito e realizzato in collaborazione con Project AON, la fondazione che ha raccolto l’eredità culturale di Joe Dever. Scaricatelo gratis per Android o iOs da qui!

La mia ultima creazione invece è ispirata ai Pirati dei Caraibi e al Franchise di Monkey Island e si chiama Pirates of Donkey Island. È una storia testuale interattiva che ho realizzato per il più grande publisher di storie interattive digitali al mondo: Choice of Games. Potete giocare i primi tre capitoli gratuitamente qui!

 Pirates of Donkey Island: storia testuale interattiva tutta da giocare!
Pirates of Donkey Island: storia testuale interattiva tutta da giocare!

Da poco ho iniziato un altro bellissimo progetto di storia interattiva chiamato Last Dream. È ispirato a Viaggio in Occidente, Avatar the last Airbender e a Final Fantasy. Potete giocare una demo online qui!

Il videogame che sto realizzando per Steam al momento è coperto da n.d.a., spero di potervi raccontare di più al più presto.

Conclusioni

Anche per oggi è tutto, con un altro punto di vista sul mondo dei “libri/video-giochi” che si aggiunge alla nostra collezione.

Ringrazio Gilbert per il suo entusiasmo e per averci fornito dei link per giocare; di sicuro ci terremo in contatto per saperne di più sul gioco segreto su cui sta lavorando… e poi vi spiffereremo tutto!

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Editoriali

I valori dei Videogiochi: The Binding of Isaac

Spoiler alert!
Questo articolo contiene dettagli rilevanti sulla trama di The Binding of Isaac.

The binding of Isaac, letteralmente il sacrificio di Isacco. È un gioco rouguelike uscito nel 2011 per PC e portato successivamente su console. Ci si potrebbe chiedere come in un mondo videoludico sempre più propenso alla grafica realistica, ci sia ancora spazio per titoli come questo. Ebbene a volte la semplicità è la via migliore per portare il proprio messaggio. Badate a non confondere, però la grafica lineare di The binding of Isaac con la facilità di gioco. Il titolo infatti offre sempre nuovi obbiettivi e sfide.

The binding of Isaac è un gioco che ad una prima occhiata può sembrare effimero, ma che nasconde al suo interno una macabra sorpresa e una terribile storia di maltrattamenti e disfacimento famigliare. Il tutto finemente intessuto in un loop di partite che sono al contempo tutte uguali e ognuna unica nel suo genere.

Vi voglio rassicurare: nonostante il riferimento biblico, non si tratta di una rivisitazione fantasiosa del mito di Isacco, ma di un’opera ben più profonda.

Iniziando The Binding of Isaac

The Binding of Isaac madre

Isaac and his mother lived alone in a small house on a hill. […] Life was simple, and they were both happy. That was, until the day Isaac’s mom heard a voice from above.

The Binding of Isaac

Questa è la frase con cui il narratore ci intro­duce al gioco. La voce narrante è accompagnata da dei disegni in bianco e nero che ritraggono Isaac a sua madre.

Dio parla alla donna avvertendola che suo figlio è corrotto dal peccato, così lei tenta di correggere il bambino. Allontana da lui tutto ciò che è peccaminoso e anche di più, arrivando perfino a togliere i suoi vestiti. Fedele al mito di Isacco, Dio però non si accontenta e parla alla donna ancora una volta.

To prove your love and devotion, I require a sacrifice. Your son Isaac will be the sacrifice. Go into his room and end his life as an offering to me, to prove that you love above all else.

The Binding of Isaac

Con questa frase Dio chiede alla donna il gesto estremo di sacrificare suo figlio. La madre di Isaac accetta, afferra un coltello e si dirige verso la camera del figlio. Isaac vedendo tutto da una fessura nella porta della sua camera, cerca terrificato un posto in cui nascondersi. Alla fine vede una botola sul pavimento e senza esitazione vi entra solo per addentrarsi nell’ignoto al di sotto.

Questa a grandi linee è la storia che possiamo assaporare con un primo approccio al gioco.

Una storia a livelli

The binding of Isaac, però si può considerare una storia su più livelli. Questo non solo per il gameplay strutturato a piani consecutivi, ma anche per la profondità della vicenda narrativa stessa. Gli accadimenti legati alla trama del gioco vengono infatti presentati a più step. Si scopre la storia un tassello dopo l’altro. Come se l’autore del gioco ci avesse fornito un calendario dell’avvento dalle cui caselline possiamo estrarre piccole pillole di trama. La storia si costruisce giocando e rigiocando. Ogni nuova scoperta, ogni nuovo boss, ogni sfida superata ci porterà a comprendere sempre di più cosa sta succedendo.

The Binding of Isaac gameplay

Come se non bastasse, ad arricchire la situazione, ci sono anche i due livelli di narrativa: Isaac e la verità. I quali non sempre combaciano.

Le scene iniziali del gioco, narrate con disegni in bianco e nero, sono la storia che Isaac ci sta raccontando dal suo punto di vista, così come la sua mente ha elaborato ciò che è successo. In contrapposizione ai disegni del bambino ci sono le scene a colori che illustrano la realtà dei fatti. La rarità di queste ultime ci porterà a pensare che ciò che racconta Isaac sia reale, ma osservando attentamente si potranno notare delle incongruenze e arrivare alla medesima conclusione: la morte di Isaac.

La storia tramite gli oggetti

Gli oggetti. Forse gli elementi fondamentali del gioco. Grazie ad essi possiamo creare combinazioni sempre diverse sul personaggio rendendolo forte. Le sinergie che possiamo creare tra diversi item sono imprevedibili e anche solo un equipaggiamento sbagliato può rovinare la partita o ribaltarla.

The Binding of Isaac oggetti

Gli oggetti non sono però utili solo al giocatore in quanto tale, ma anche alla trama. In essi e nelle loro descrizioni infatti possiamo carpire dettagli che potrebbero chiarire qualche dubbio riguardo alla storia di Isaac. Gli “Healt up” ad esempio il cibo per cani o il latte avariato, o “Speed up” come la cintura e il cucchiaio, suggeriscono una storia di maltrattamenti nei confronti del piccolo Isaac.

Item come la parrucca della mamma o le innumerevoli pillole e siringhe insinuano la possibilità che la madre fosse malata. La figura che però si nasconde per lo più tra gli equipaggiamenti del gioco è proprio il padre. Dell’uomo sappiamo solo che se n’è andato e solo con l’ultima espansione si può individuarne vagamente la motivazione. Dad’s lost coin ad esempio allude al fatto che il padre fosse quella di un alcolista. La moneta in questione infatti si rivela essere un riconoscimento degli alcolisti anonimi per 24 ore di sobrietà.

Grazie alle ultime informazioni fornite da Repentance, possiamo meglio interpretare alcuni elementi come la fiches, le varie monete e le slot machine presenti. Il padre era un giocatore d’azzardo che ha perso tutti i risparmi della famiglia giocando solo per poi andarsene. L’idea che Isaac ha dei soldi è legata al ricordo del padre.

La contrapposizione

Nel gioco vediamo contrapporsi molti opposti, il bene e il male, Dio e il Diavolo, realtà e immaginazione. Giocare a The Binding of Isaac potrebbe ridefinire il vostro confine tra buono e cattivo o meglio sbiadirlo.

The Binding of Isaac artwork

Dal lato della Luce troviamo la madre di Isaac, cattolica accanita e timorosa di Dio ma anche la donna che vuole sacrificare suo figlio. Dall’altro abbiamo un padre che esortava il bambino ad utilizzare la sua fantasia e che seguiva il figlio molto più della madre. Un uomo che era però un alcolista e giocatore d’azzardo e che è assente dalla vita di Isaac perché ha lasciato la famiglia.

Entrambi i genitori sono perciò per il figlio delle figure discordanti e ambivalenti. La donna si presenta come una matrona impigrita davanti ai programmi televisivi cristiani. Per Isaac, la madre incarna una figura punitiva che cerca di legare il figlio alla realtà privandolo di tutte le fonti di divertimento, che normalmente un bambino dovrebbe avere. Allo stesso tempo però è colei che non lo ha abbandonato.

La figura maschile invece nella vita di Isaac è assente, infatti non se ne hanno informazioni fino all’ultima espansione. Le orme del padre sono meno evidenti nel gioco ma comunque presenti. Di lui si sa veramente poco e quel poco si può intuire dagli oggetti o dai dialoghi finali inseriti con Repentance. Ad Isaac il padre porta un esempio da non seguire. L’uomo è infatti un soggetto problematico ma spinge Isaac a sfruttare la propria fantasia e a rifugiarsi in essa quando la realtà gli sembra troppo.

Ed è proprio per questo che tutta la storia raccontata dai disegni di Isaac non può essere presa come realtà assoluta. Il bambino si trova a dover processare troppi traumi e si vede costretto a riscrivere, o in questo caso a ridisegnare, la realtà in modo da poterla affrontare.

Ascesa e discesa nei livelli dell’essere

How could you have spent our savings?

The Binding of Isaac – Repentance

Come hai potuto spendere i nostri risparmi? Questo domanda furiosa la madre di Isaac al marito nel dialogo inserito nel nuovo percorso ascendente. Durante il quale ripercorriamo tutti i piani attraversati dal nostro personaggio fino a quel momento.

Il percorso d’ascesa di Isaac comincia dopo aver trovato la Dad’s note. Non sappiamo cosa ci sia scritto su quel foglio di carta, ma questo porta Isaac a scontrarsi con la dura realtà. L’ascesa infatti rappresenta la risalita verso la realtà dalle profondità dell’inconscio che lo hanno portato all’alienazione.

In quest’ottica si può vedere tutta l’opera di McMillen, perciò anche il percorso che porta alla cattedrale può essere visto come il confronto del piccolo Isaac con la realtà della sua morte. La discesa può invece essere interpretata come l’alienazione sempre più estrema da un mondo troppo difficile da accettare.

Simbolicamente infatti l’atto di scendere nelle profondità può significare l’allontanamento di Isaac dall’immagine della madre armata di coltello, dal padre che ha abbandonato la famiglia e da tutti gli altri fatti inaccettabili per la giovane mente di un bambino.

La cruda realtà di The Binding of Isaac

Durante le innumerevoli partite al fianco di Isaac e dei suoi alter ego ci verranno forniti molti indizi per condurci a quella che poi è la realtà dei fatti. Isaac, spaventato dalla visione della madre armata di coltello, si rifugia dentro ad un baule. Vi rimane sfortunatamente bloccato dentro e cade preda di un delirio pre-morte in cui rivive parte della sua vita. L’accadimento è rappresentato nel gioco da uno dei boss più difficili chiamato appunto Delirium. Nella battaglia quest’ultimo assume la forma di molti boss o nemici del gioco quasi a volerci far ripercorrere la run.

Tutti gli indizi però sembrano portare alla cruda realtà dei fatti: Isaac è morto asfissiato nel baule mentre tentava di nascondersi dalla madre. Lo suggeriscono altri personaggi come The Forgotten e ??? (comunemente conosciuto come Blue Baby) che rappresentano il destino toccato al corpo del piccolo Isaac.

Il percorso fatto e il traguardo

Tutti i percorsi fatti quindi sembrano portare alla macabra verità della morte di Isaac. Secondo la mia interpretazione, inoltre tutta la storia viene raccontata in ultima fantasia del bambino. Una volta battuto the Beast si scopre che il narratore di tutta la vicenda altri non era che il padre di Isaac. Forse invocato per un ultima volta dalla mente del figlio per aiutarlo a trapassare.

Dad: Are you sure this is how you want this story to end, Isaac? […] Maybe a happy ending?

Isaac: Okay, Daddy.

Dad: Good, are you getting sleepy yet?

Isaac: Yeah

Dad: Okay, so… Isaac and his parents lived in a small house…

The Binding of Isaac – Repentance

Il papà chiede al bambino se vuole che sia quella la fine della storia. Suggerendo che forse non è troppo tardi per pensare ad un lieto fine. Con questa immagine voglio pensare alla rievocazione della figura paterna come a quella di un trito mietitore che accompagna Isaac verso la morte con una favola della buona notte.

The Binding of Isaac

Devo ammettere che quando mi sono approcciata a questo gioco ero piuttosto scettica, non mi sembrava il giusto soggetto su cui investire il mio tempo. Mi sono dovuta ricredere. Escludendo la storia, di cui ho già ampiamente parlato, il gioco è veramente divertente e anche quando ti sembra di averne avuto abbastanza non vorresti smettere.

Il giocare e rigiocare mi ha portato poi a farmi delle domande. Le poche scene sparpagliate per il gioco che ci raccontano un po’ di Isaac portano ad una linea generale unica ma ancora a libera interpretazione. È certo che giocando a The Binding of Isaac mi sono un po’ risentita bambina. Ho ripercorso le paure dell’infanzia come i ragni o i vermi. Ho sperimentato vecchie fobie che crescendo si impara a dominare come il timore del buio e la paura di perdersi rappresentata nel gioco dalle maledizioni che posso presentarsi nei vari piani.

Ultima cosa, ma non per importanza: questo gioco mi ha fatto riflettere su quanto a volte possiamo dare per scontato ciò che si guadagna crescendo con una famiglia che ti ama.

Invito tutti a provare a giocare a questo gioco e di fermarsi a pensare. Aprite The Binding of Isaac e per questa volta non pensate a giocare un roguelike ma ad una storia.

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