Ho potuto provare nuovamente F1 22, il nuovo racing game targato Codemasters. Questa volta molte delle limitazioni imposte dagli sviluppatori erano assenti, tant’è vero che era possibile accedere a tutte le modalità di gioco e tutte le monoposto. Ma questa volta non saranno le 22 piste a essere il cuore pulsante di questo hands on, bensì lo saranno le auto. E se pensi che saranno le monoposto che vediamo sfrecciare, ti sbagli: F1 22 ha una modalità dov’è possibile guidare le supercar, nonostante i modelli che ho visto non sono quelli finali, ed erano “solo” 10. Inoltre, ho potuto provare la vera novità di questo nuovo gioco sportivo: F1 Life. Scopriamo insieme tutti i dettagli.
F1 22 aggiunge un piccolo tocco di “vita quotidiana”
Il franchise videoludico dedicato al mondo della Formula 1 quest’anno inserisce anchela modalità F1 Life, che viene descritto dagli sviluppatori come “l’hub social per i giocatori”. In altre parole, sarà possibile mostrare la collezione di supercar, premi e in generale la propria abitazione. Molto similmente a quanto accadeva in Smackdown vs. Raw 2006, sia avrà una stanza modificabile a proprio piacimento dove sarà possibile mostrare ciò che si ottiene durante le gare. Inoltre, sarà possibile anche creare e personalizzare il proprio avatar digitale, così da essere subito riconoscibile nelle lobby multiplayer. Perché sì, F1 Life serve da trampolino di lancio per partecipare alle gare insieme agli altri giocatori presenti nel mondo.
Ma parliamo delle supercar: sono solo dei modelli che puoi guardare, come se fosse un museo? La risposta è: assolutamente no. Non solo sarà possibile averle, ma potrai anche guidarle. In quali momenti?
Prima delle qualifiche
Eventi Hot-Lap di Pirelli, disponibili in La Mia Squadra e Carriera
Attacco a Tempo
Fonte: Electronic Arts
Per ottenerle non dovrai sborsare un euro, ma la valuta necessaria per sbloccarle è il chilometro. In altre parole, più tempo starai in pista, più auto sbloccherai. C’è solo un grosso ma: due auto sono disponibili solo nell’edizione Champions del gioco. Quali?
Mercedes-AMG GT Black series Safety Car
Aston Martin Vantage Safety Car
Dunque se le vorrai, dovrai acquistare la versione più costosa del gioco, che ti garantisce anche altri bonus nella modalità Carriera e La Mia Squadra. Abbiamo approfondito quest’aspetto nell’articolo del primo hands-on, che trovi a questo indirizzo.
La personalizzazione del personaggio è piuttosto varia, soprattutto per quanto riguarda il vestiario. Cosa di cui molti potrebbero non sentire il bisogno all’inizio, ma che ha il potenziale di diventare un divertimento senza fine. Mentre per quanto riguarda il volto, le cose sono finalmente diverse dai capitoli precedenti ed è possibile differenziare i tratti facciali, così da vedere sul podio avatar diversi e non lo stesso viso con tute diverse.
Fonte: Electronic Arts
Come già detto, sarà possibile modificare anche l’appartamento, così che i tuoi amici possano guardare tutto ciò che hai guadagnato con le tue gare. Ma ovviamente uno degli aspetti che rende molto più realistico il gioco è la realtà virtuale, che purtroppo non ho potuto provare sulla mia pelle, ma che gli sviluppatori hanno definito “migliore” rispetto alla versione precedente. Ti ricordo che è possibile giocare in VR usando questi headset:
Valve Index
Oculus Quest 2
Oculus Rift S
HTC Vive / Cosmos
Dunque possiamo dire che l’1 luglio ci attende finalmente il passo in avanti del franchise, verso una soluzione molto più simulativa piuttosto che una arcade. È possibile vedere come Codemasters abbia sfruttato davvero bene le risorse concesse da Electronic Arts. Sì, perché già dal test di Miami è possibile notare delle differenze che vanno a sottolineare il realismo del gioco. Cosa che farà più contenti gli appassionati del simracing e meno gli arcade gamer? Assolutamente no, perché la difficoltà del gioco si adatterà al tuo livello di bravura in pista, così che tu possa avere l’esperienza cucita su misura per te, come la tuta e il casco di un pilota. Insomma, non ci resta che attendere l’uscita del gioco e divertirci tutti insieme in pista, sperando che la Ferrari – almeno in-game – sia più fortunata.
Lo State of Play di ieri ha dato inizio a quello che sarebbe dovuto essere l’edizione 2022 dell’E3. Durante la presentazione di 30 minuti, i PlayStation Studios hanno mostrato alcuni nuovi titoli tra indie e tripla A tanto attesi. Inoltre, c’è anche stato un piccolo focus sulla realtà virtuale, in quanto sono stati sia presentati, sia mostrati dei giochi per il PlayStation VR2, in uscita probabilmente quest’anno.
Uno State of Play che inizia col botto: Resident Evil 4 Remake è realtà
Capcom ha finalmente annunciato ciò che tutti si aspettavano: Resident Evil 4 Remake, un titolo già largamente anticipato dai numerosi leak e rumor. In una breve clip, la software house giapponese ci ha fatto vedere sia un po’ di revamp dei design, sia la data d’uscita del gioco: 23 marzo 2023. Dulcis in fundo, è anche in sviluppo una versione per il PlayStation VR 2.
Spider-Man arriverà anche su PC
Un’altra esclusiva lascerà PlayStation. Sì, l’uomo ragno con il suo Marvel’s Spider-Man: Remastered arriverà su PC quest’anno. Quando? Il 12 agosto 2022. Dunque manca davvero poco e potrai divertirti e recuperare questo piccolo grande gioco.
Horizon Forbidden West avrà un sacco di novità
Durante lo State of Play è anche stato annunciato un enorme aggiornamento per Horizon Forbidden West che da ora avrà il New Game Plus, difficoltà ancora più alta, la possibilità di ridistrubuire tutti i Punti Abilità e il transmog. Inoltre, proprio per l’arrivo della nuova difficoltà e il New Game Plus, sono stati implementati nuovi Trofei.
A proposito di Horizon e PlayStation VR 2: Call of the Mountain
Horizon: Call of the Mountain è un’esperienza da vivere con l’headset PlayStation VR 2, sviluppata da Guerrilla Games e Firesprite. La finestra di lancio è 2022, ma ancora non si sa nulla dell’uscita del nuovo visore per la realtà virtuale, che escano insieme come bundle? Per ora non ci è dato sapere nulla.
PlayStation VR 2 punta in alto… e all’horror
Anche Resident Evil Village avrà una sua versione per la realtà virtuale, inoltre sono in arrivo anche No Man’s Sky e The Walking Dead: Saints and Sinners 2. Molto curioso ciò che hanno mostrato durante le scene di Village, dato che sarà possibile avere due armi alla volta, che siano dello stesso tipo o differenti.
The Callisto Protocol: Dead Space next-gen?
The Callisto Protocol è uno dei titoli che viene considerato “quadrupla A”, nonostante questo, recentemente gli sviluppatori hanno deciso di fare un passo indietro e hanno fatto sapere che il gioco horror uscirà anche per console di ottava generazione: PlayStation 4 e Xbox One.
Nel video mostrato durante lo State of Play è stato possibile vedere un po’ l’ambientazione e i nemici, insieme a qualche piccola sezione di gameplay (di cui una in particolare sembrava particolarmente legnosa, ndr). Fatto sta che tutto questo dava ai giocatori più “anziani” dei forti ricordi del titolo Dead Space, pubblicato da Electronic Arts.
Rollerdrome: tra pattini e pistole
Uno dei titoli indie presentati in questo State of Play è Rollerdrome, nella quale è possibile vedere una donna su pattini a rotelle sparare a nemici mentre esegue acrobazie. Lo stile grafico è davvero interessante e gli effetti fumettosi non fanno altro che aumentare l’interesse. Uscirà ad agosto.
Eternights unisce due generi diversi
Una vera sorpresa di questo State of Play è Eternights, per quanto riguarda i titoli “meno conosciuti”. Infatti, in mezzo a giochi molto più blasonati, il trailer mostrato ha catturato l’attenzione, poiché questo gioco uscire il gioco di ruolo action al dating sim. Anche se descritto così potrebbe sembrare un Persona, sono due titoli davvero differenti. Uscirà il prossimo anno sia su PlayStation 5, sia su PlayStation 4.
Final Fantasy XVI: un trailer esplosivo
Uno dei trailer più adrenalinici di questo State of Play è sicuramente quello di Final Fantasy XVI, dove abbiamo prima visto un piccolo intervento di Yoshida. Nelle immagini velocissime è stato possibile carpire alcuni dettagli del gioco, anche per quanto riguarda il gameplay e le lotte tra le invocazioni. Quando esce? Fra circa un anno: estate 2023.
Street Fighter 6: colori e colpi
L’esistenza di Street Fighter 6 non è una novità. Sì, il picchiaduro è stato annunciato per la prima volta a febbraio 2022. Ma col lo State of Play di ieri abbiamo potuto vedere un piccolo momento di gameplay che si divide tra pugni, calci ed esplorazione di una mappa (che probabilmente farà da lobby per il multiplayer, ndr).
Tunic pronto ad approdare su PlayStation
Lo zeldiano Tunic arriverà anche su PlayStation 4 e PlayStation 5. Per il momento è disponibile solo su Xbox (anche tramite Xbox Game Pass, ndr) e PC. Quando arriva sulle console Sony? Il 27 settembre 2022.
Season: A Letter To The Future fa riflettere
Scavengers Studio ha annunciato il suo nuovo gioco chiamato Season: A Letter To The Future che punta a far riflettere sul futuro e ciò che potrebbe essere “quando finirà la stagione”. Sarà disponibile sia sulle due console Sony, sia su PC da autunno 2022.
Stray di Annapurna ha una data d’uscita
Stray è il nuovo gioco di Annapurna che chiude questo riassunto sullo State of Play. E potremmo davvero definirlo il “dolce alla fine”, visto che il titolo ha come protagonista un tenero gattino che dovrà fare in modo di superare tutti gli ostacoli senza farsi trovare mai, un po’ come Inside o altri giochi simili. Molto di questo gioco lo fa l’ambientazione, davvero ben realizzata, insieme alle animazioni del tenero gatto protagonista, che sembrano super-realistiche. Il gioco ha anche una data d’uscita, finalmente: 19 luglio 2022. E sarà anche disponibile gratuitamente per coloro che sono abbonati al PlayStation Plus.
Ti ricordo che l’intero State of Play di giugno è disponibile sul canale ufficiale di PlayStation. Puoi recuperarlo a questo link.
F1 22 è la nuova iterazione di Codemasters ed Electronic Arts, in uscita il l’1 luglio 2022. Abbiamo avuto l’opportunità di metterci le mani su in anteprima e dopo diverse ore di prove possiamo raccontarvi i dettagli di quello che sarà il nuovo titolo dedicato alla nuova stagione di Formula 1. Ci teniamo a sottolineare che la build che abbiamo provato in anteprima potrebbe essere diversa da quello che arriverà sugli scaffali digitali e fisici. Detto questo, non perdiamo ulteriore tempo, prendi tuta e casco: saliamo insieme sulle monoposto più veloci del mondo.
Il gameplay di F1 22 viene incontro a tutti
Una delle novità più importanti di F1 22 riguarda la gestione dell’auto e il sistema delle gomme, senza contare una fisica aggiornata che rispecchi le regole implementate dalla FIA in questa stagione di Formula 1. Le novità rispetto a F1 2021 sono davvero tante, e sembra proprio che questa volta gli sviluppatori inglesi abbiano voluto ascoltare i fan della serie e hanno apportato delle modifiche a una delle meccaniche più importanti per la strategia di una gara di Formula 1: il pit stop. Ma come? Una volta entrato nella pit lane, stando attento a non superare la linea d’entrata a velocità troppo alta, non dovrai stare attento a un quick time event. Premere il tasto al momento giusto farà in modo che tu riesca ad avere un buon tempo di pit. Mentre nel caso contrario perderai del tempo prezioso.
Benvenuto nella nuova era della Formula uno.
Secondo quanto detto dagli sviluppatori durante l’evento su F1 22, il developer ha fatto sapere che anche l’intelligenza artificiale può sbagliare. Questo significa che ci saranno due variabili “non controllabili”: la fortuna e l’IA. Il che renderà tutto decisamente più realistico, perché sì, nonostante i costruttori possano fare tutte le strategie possibili, c’è e ci sarà sempre quel fattore di imprevedibilità tipico della gare.
Rimanendo a tema intelligenza artificiale, gli sviluppatori hanno confermato che sarà adattiva, e non dovrai selezionare tu il livello di difficoltà ma cambierà da solo in base alle tue abilità in pista. Potrai scegliere tra due opzioni:
Normale: dove l’IA si adatta alla posizione sul tracciato
Piena: dove l’intelligenza artificiale cambia in base alla posizione in griglia e le abilità
Mentre per quanto riguarda la safety car, il giro di formazione e pit stop, è possibile avere due stili diversi: immersivo o televisivo. Nel primo caso avrai tu il controllo della situazione, come nelle vecchie iterazioni, mentre nel secondo caso la telecamera si allontanerà dalla tua monoposto e diventerà dinamica, così che tu possa goderti lo spettacolo come se stessi guardando la gara in televisione.
Fonte: Electronic Arts
Una delle aggiunte che i giocatori stanno aspettando da tempo è l’arrivo della realtà virtuale nella sua versione PC che sarà disponibile con i vari headset, la lista per ora è: Valve Index, Oculus Quest 2 + Link Cable, Oculus Rift S, HTC Vive, HTC Vive Cosmos. Mentre per quanto concerne i volanti che potrai usare, al momento non c’è una vera e propria lista, ma Codemasters ha fatto sapere che F1 22 supporta tutti i volanti più moderni realizzati da Thrustmaster, Fanatec e Logitech.
Vivere la Formula 1
Se lo scorso anno abbiamo visto l’implementazione di una storia originale, Braking Point, all’interno di F1 22, quest’anno ci sarà una novità più grande. Ma prima la brutta notizia: non ci sarà una modalità storia, ma quello che Codemasters chiama F1 Life e ti farà vivere un po’ la vita fuori dal paddock. Esattamente, similmente ad alcuni NBA 2K, sarà possibile modificare la propria abitazione e personalizzare l’aspetto del proprio avatar digitali. Non ci è dato sapere bene come funzionerà con il multiplayer, ma possiamo immaginare che sarà possibile mostrare le proprie abitazioni agli altri giocatori.
Per quanto riguarda La Mia Scuderia e la Carriera, ci saranno dei cambiamenti. Ma se per la prima modalità non ci è dato sapere molto, gli sviluppatori hanno dato informazioni per quanto riguarda la Carriera. Prima di tutto bisogna dire che tornerà quella a due giocatori, seppur con qualche modifica, ma l’implementazione più interessante riguarda le scelte iniziali della carriera. Infatti da ora non sarà possibile scegliere a prescindere qualsiasi costruttore, ma ci saranno tre status:
Newcomer
Midfield challenger
Title contender
Fonte: Electronic Arts
Rimangono il sistema di rivalità e gli obiettivi stagionali, che cambieranno in base alla scelta fatta. Per quanto riguarda il livello di personalizzazione de “La Mia Scuderia”, sappiamo solo che a livello di personalizzazione sarà leggermente più profondo. Per esempio, sarà possibile scegliere il materiale della carrozzeria della monoposto tra:
Metallico
Opaco
Lucente
Raso
Come si comporta in-game?
F1 22 ha alcune differenze estetiche per quanto riguarda l’HUD, che ora è leggermente trasparente e ogni elemento viene messo in mostra facilmente ed è di chiara lettura. Non ci sono differenze per quanto riguarda la mappa e il Display Multi-Funzione. Dunque la base per la costruzione di questa nuova iterazione è il capitolo precedente, sembra chiaro.
Graficamente questo F1 22 offre alti e bassi. Le monoposto sono realizzate in maniera perfetta, mentre lo stesso non si può dire ad esempio dei modelli dei piloti, che sembrano usciti da un titolo della scorsa generazione. Premetto che ho provato il titolo a impostazioni grafiche massime, ma il colpo d’occhio non fa gridare al miracolo. I circuiti provati sono tutti ben realizzati sotto l’aspetto visivo, e insieme al comportamento dell’auto riescono a dare una vera e propria sensazione di guida, ma per quanto concerne la grafica perde un po’, tant’è vero che sembra molto simile a F1 2021. Anche se, ti ripeto, si tratta di una prova del work in progress, dunque le cose potrebbero cambiare quando arriverà il prodotto finito.
Per quanto riguarda la safety car, come già detto è possibile vivere l’esperienza come se fosse un evento televisivo. Dunque con informazioni sui piloti, cambi d’inquadrature e tanto altro. Lo stesso vale per il pit stop, nel caso in cui non si voglia vivere l’esperienza in prima persona e si pensi solo a gareggiare. L’inquadratura ritornerà a te prima che la bandiera gialla si toglierà, così che tu abbia il tempo di controllare tutto ciò che devi: temperatura delle gomme, dei freni, del motore e tutti gli aspetti tecnici. Devo comunque dire che vivere il pitstop in prima persona ha sempre il suo fascino, e non ho trovato il QTE fastidioso. Il prompt viene richiesto proprio all’ingresso box, ed il tempismo richiesto non è eccessivo. Un elemento gradito per non farci “rilassare” troppo durante i pitstop, insomma.
Inoltre, sembra che F1 22 non sia molto accessibile ai meno avvezzi, cosa che potrebbe far contenti i simracer, che hanno sempre odiato il sistema di gioco troppo arcade. Amando il genere, posso dirti che questo titolo riesce quasi a liberarsi di tutti quei limiti imposti dall’arcade. Ovviamente non possono mancare i tantissimi settaggi che ti permetteranno di attivare aiuti alla guida, come la frenata assistita, il controllo di trazione e tanto altro. Puoi leggere di più grazie alle nostre prime impressioni sul circuito di Miami.
Parliamo ora della fisica. Come ben saprai la stagione 2022 segna un cambiamento radicale nella filosofia di costruzione. Dopo 40 anni torna l’effetto suolo, le ruote passano ai 18″ e il profilo aerodinamico viene semplificato. Come si traduce tutto ciò in game? A conti fatti sì, guidare una monoposto 2022 restituisce un feeling diverso a ciò a cui eravamo abituati. La monoposto risulta più pesante, e questo è percepibile soprattutto in staccata, mentre l’effetto suolo fa il suo durante le varianti più veloci, offrendo una percorrenza più agevole, soprattutto ad alti regimi. Ho davvero apprezzato il feedback restituito dal pad, periferica con cui ho effettuato la prova. Controlli precisi, reattivi e un ottimo feedback fisico del rumble (vibrazione, ndr). Anche chiudendo gli occhi potrai facilmente percepire se la monoposto sta passando su un cordolo alto o basso, ad esempio.
Quel che non mi ha convinto è invece l’effetto scia. Intendiamoci, che la scia sia molto meno influente che nelle passate stagioni è vero, la nuova aerodinamica ha portato a questo, però la sensazione è che in game risulti totalmente ininfluente. Discorso simile per il DRS, o più comunemente chiamata ala mobile. Il boost in velocità c’è, ma anche qui mi è sembrato un po’ poco, soprattutto se rapportato a quel che vediamo in TV durante i weekend. Ah, se ve lo state chiedendo no, fortunatamente Codemasters ha deciso di non includere l’effetto porpoising in gioco. Di sicuro ci hanno salvato da tanti mal di testa e attacchi di nausea.
Un altro cambiamento molto apprezzabile riguarda la cutscene di fine gara, la quale è molto simile a quella di F1 2021, almeno all’inizio. Inoltre, è anche possibile vedere le tre auto vincitrici raggiungere il paddock. La differenza sta nel podio, in questo caso la scena cambia e mostra il vincitore della gara che affronta un tunnel buio per poi godersi il gradino più alto del podio. Uno degli aspetti rimasti molto simili al precedente è la qualità grafica dei membri della squadra, che sarà inferiore rispetto a quella dei piloti. Senza contare che l’animazione finale è rimasta la stessa dell’iterazione precedente, il che mi ha fatto un po’ storcere il naso, vista la presentazione diversa. Ma questo potrebbe cambiare una volta che il gioco arriverà sugli scaffali.
Fonte: Electronic Arts
Pre-ordini, crossplay e altre informazioni
Insieme alla versione standard di F1 22, è possibile preordinare anche la versione F1 22 Champions Edition, questo vi dà accesso a questi bonus:
Potrai giocare a F1 22 con tre giorni di anticipo
Esiste il Dual Entitlement: cioè, quella meccanica che ti permette di avere la versione PlayStation 5 o Xbox Series X | S.
Pacchetto Contenuti F1 22 la nuova Era, che celebra le monoposto di nuova generazione
Nuove icone per La Mia Scuderia
18.000 PitCon da spendere in-game
F1 Life Starter Pack
Per quanto riguarda il cross-play, gli sviluppatori hanno dato una risposta che farà contenti tutti i giocatori: ci sarà, ma non al lancio. Verrà aggiunto successivamente. Inoltre, Codemasters ha fatto sapere che anche in F1 22 ci saranno le monoposto che hanno fatto la storia del motorsport.
Durante la nostra prova non abbiamo potuto mettere le mani su tutte le modalità di gioco e su tutte le piste, Infatti abbiamo giocato al Grand Prix, Attacco a Tempo e Auto del giocatore, mentre i circuiti a disposizione erano solo cinque:
Miami
Imola
Austria
Silverstone
Texas
Ti ricordo che il titolo uscirà l’1 luglio 2022 su PlayStation 4, Xbox One, PC e console di nona generazione: PlayStation 5, Xbox Series X e Xbox Series S. Tu che ne pensi di questo nuovo titolo? Facci sapere la tua con un commento qui sotto!
Codemasters ed Electronic Arts stanno preparando il nuovo titolo dedicato alle monoposto, F1 22, e lo fanno mostrano uno dei circuiti che mette più curiosità ai fan del Circus: Miami. Le monoposto sono pronte a sfrecciare su quel tracciato da oggi alle 20:30 con le prime due prove libere. Che poi porteranno alle qualifiche di sabato e, poi finalmente, alla gara di domenica alle 21:30. Ma facciamo un passo indietro e pensiamo alla sua controparte videoludica e simulativa: F1 22, che ho avuto la fortuna di provare in anteprima.
F1 22 freccia tra le palme e non teme il caldo di Miami
Il circuito di Miami è il secondo tracciato ad arrivare nel Circus della Formula 1 e farà il suo debutto proprio in questo fine settimana. Per questo motivo Codemasters ed Electronic Arts hanno pensato bene di mostrarci il circuito nella sua versione videoludica e posso dirti che è davvero strabiliante. Anche nel video pubblicato sul canale ufficiale YouTube del gioco è possibile vedere la Ferrari F1-75 di Charles Leclerc scorrazzare tra le 19 curve che propone il Circuito di Miami disposte in 5,41 chilometri.
Goditi la Rossa che sfreccia a Miami
Nonostante si tratti di un replay è possibile vedere il comportamento della monoposto sia mentre si trova sul tracciato, sia mentre prende i cordoli piatti o alti, ed è bello vedere come la F1-75 reagisca. E non si tratta solo di una reazione estetica, ma anche quando ero in pista dovevo stare attenta perché prendereun cordolo alto a velocità altissima significava perdere il controllo dell’auto e scontrarmi contro il muro, un po’ com’è successo proprio a Charles Leclerc nella sua fantastica gara a Imola, condannata a un finale imperfetto per via di un errore simile.
Jeddah e Baku fluiscono in Miami
Un tocco davvero interessante arriva in una curva particolare, dove si vede il giocatore muovere il volante abbastanza violentemente per mettere le gomme nella posizione giusta, così da poter affrontare la curva strettissima che arriva dopo, cosa molto comoda da fare soprattutto se si gioca con un volante, come ho fatto io. Questo gesto è il modo perfetto per affrontare la curve decisamente stretta che fa un po’ da cavatappi del circuito, che già non propone un sacco di punti di sorpasso, sono circa quattro. Inoltre, anche questa pista, come quella introdotta lo scorso anno e presente in Arabia Saudita (Jeddah), richiede un margine d’errore minimo, poiché anche questo è un “finto” circuito cittadino, quindi alla destra e alla sinistra del pilota ci saranno dei muri che non concedono nessun errore: bisognerà utilizzare tutta la pista stando attenti a non toccare il muro e danneggiare alettone anteriore o gomme.
Fonte: Electronic Arts
Sarà una bella sfida per tutti i giocatori appassionati di F1 22 e che vogliono sfrecciare in questo circuito che ostenta la ricchezza degli Stati Uniti d’America, visto che similmente al Gran Premio di Monaco, a Monte Carlo, ci sarà una zona dove saranno ormeggiate degli yacht, ma questa volta saranno finti, così come sarà finta l’acqua. Cosa notabile sia dal video, sia quando si ha il controllo della monoposto è la grafica di gioco, la quale è impressionante ed essendo in-game posso immaginare che sia molto vicino a quello che sarà il prodotto finale. Dunque per ora le impressioni sono davvero positive, non resta che mettere tuta e casco ed entrare nella monoposto per godersi questo circuito e tutti gli altri.
Come affrontare l’Autodromo Internazionale di Miami
Qual è la sensazione che dà volante (o pad) alla mano questo circuito? La prima staccata deve essere affrontata in modo particolare, perché è sia lenta, sia stretta. Ma non lasciarti ingannare, subito dopo ci saranno una serie di curve in rapida successione che ti faranno raggiungere la quinta marcia e ti costringeranno poche volte ad alzare il piede dal pedale destro. Dopo una lunga curva a sinistra si arriva al finto Monte Carlo, ed è questo uno dei primi punti dove ipoteticamente è possibile azzardare un sorpasso. Subito dopo preparati a superare i 300 chilometri orari. Sì, perché toccherai i 320chilometri orari. Subito dopo avrai una curva che potrebbe farti venire voglia di sorpassare, ma la chiusura è talmente stretta che sarà praticamente impossibile.
Fonte: Electronic Arts
Ti piace Baku? Sarai accontentato, perché ci sarà un tratto di strada che ricorda sinistra-destra che rende unico il circuito dell’Azerbaijan, proprio quello del castello. Dopo aver superato il ponte dell’autostrada si vedrà sullo sfondo l’Hard Rock Stadium, casa dei Miami Dolphins, cosa che è stata riprodotta nella sua interezza e che rappresenta una novità all’interno di F1 22. Dopo aver superato questa zona si arriva all’ultima zona DRS, si spalanca l’ala posteriore e si affronta il rettilineo che determinerà chi salirà sul gradino più alto del podio.
Ti ricordo che F1 22 uscirà l’1 luglio 2022 su PlayStation 4, Xbox One, PC e console di nona generazione: PlayStation 5, Xbox Series X e Xbox Series S.
The Stanley Parable: Ultra Deluxe dimostra perché i videogiochi siano un medium culturale. Il primo capitolo del 2013 ha dato il via alla rivoluzione del genere delle avventure; The Stanley Parable: Ultra Deluxe torna a fare scuola mantenendo la sua anima pura. Un capolavoro d’autore da provare assolutamente, potenzialmente adatto a tutti, ma che richiede di scrollarsi di dosso la superficialità che pervade il contesto videoludico contemporaneo.
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Cos’è un videogioco? Risponde non è facile: è una domanda complessa, che ha causato lotte intestine anche in Italia; sia che tu sia un sostenitore dell’Opera Multimediale Interattiva di Marco Accordi Rickards piuttosto che dei saggi universitari di Matteo Bittanti, non puoi non considerare, tanto nella risposta quanto nella necessità di porre la domanda, l’importanza di The Stanley Parable. Cos’è un videogioco? è un quesito che mi pongo nuovamente, a distanza di nove anni dalla versione originale, perché la fine non è mai la fine e, nel frattempo, The Stanley Parable è diventato Ultra Deluxe.
Non mi aspetto un trattato filosofico ogni volta che chiedo cosa sia un videogioco; del resto, ogni forma di intrattenimento ha come motore anche la superficialità: non si può vivere solamente di opere d’autore impegnate. Però, se nel 2022 il videogioco è un medium culturale sempre più credibile, una parte del merito va a The Stanley Parable che nel 2013 ha spianato la strada a molti altri titoli (come abbiamo avuto vedere con What Remains of Edith Finch), che oggi formano un genere intenso e complesso, ben lontano dalla svilente definizione di walking simulator.
Dato che Davey Wreden e William Pugh hanno voluto modellare The Stanley Parable: Ultra Deluxe come un’opera che possa essere apprezzata tanto dai fan quanto dai nuovi giocatori, vale la pena chiederti, così come fa il gioco: “Hai mai giocato a The Stanley Parable”?
No, non ho mai giocato a The Stanley Parable
La versione Ultra Deluxe del titolo inizia esattamente come nove anni fa. Il tuo alter ego è Stanley, un dipendente che fino a un’ora prima ha passato la sua vita a premere sulla sua tastiera dei tasti sotto indicazione di qualcun altro. Adesso però Stanley non ha nessuno che gli dice cosa fare; si alza dalla sedia e decide di capire cosa sta accadendo. O almeno questa è la descrizione che del narratore; infatti, l’intero gioco è scandito da una voce narrante, che anticipa le mosse che farà Stanley: dal notare che è rimasto da solo in ufficio, al muoversi verso la sala riunione, fino a scegliere la porta a sinistra in un bivio; il narratore ci conduce verso la sua fine, ancora e ancora.
Una volta preso coscienza del meccanismo dittatoriale della voce fuori campo, ho cercato di imporre il mio finale a una storia già scritta: scelgo la porta a sinistra e arrivo alla sua libertà; poi prendo la porta a destra e vado a sinistra; al successivo tentativo, continuo dritto. Tutto nasce per gioco, da una sfida tra Stanley e il narratore, che una volta abbattuta la quarta parte si tramuta in una gara tra me e la voce narrante. Una sfida che ha sempre lo stesso vincitore, anche quando il mio avversario cade in preda al delirio, perché la sua presenza indica che Davey Wreden e William Pugh avevano previsto anche questa mia scelta.
The Stanley Parable è la parabola della società contemporanea che fugge da un comando in cerca di una libertà effimera, che ben presto si tramuta in una nuova necessità di essere indirizzati verso una vita più piatta e con meno responsabilità. Per questi motivi, l’opera di Crows Crows Crows è un must-have per chi vuole usare i videogiochi come momento di riflessione ed esperienza culturale, esattamente come già facciamo con un film di Sorrentino o un quadro di Caravaggio.
Si, ho già giocato a The Stanley Parable
Se lo hai dimenticato, il narratore di The Stanley Parable: Ultra Deluxe ti ricorderà quanto la versione originale del gioco sia stata apprezzata dalla critica. Ritagli di giornale e prime pagine riempiono il petto della voce fuori campo, che guarda con una certa diffidenza alla parabola Ultra Deluxe pensata dagli sviluppatori. Del resto, il primo Stanley Parable è stato anche molto criticato su Steam e tra le critiche ci sono tanti suggerimenti per rendere il gioco migliore.
Migliore per chi? Questa è la domanda chiave che ci porta in giro tra i nuovi contenuti. The Stanley Parable: Ultra Deluxe è la versione migliorata del gioco secondo gli autori, ma sembra essere distante dalla volontà degli utenti di Steam; una scusa perfetta per una nuova lotta di potere intrisa di delirio di onnipotenza, autocommiserazione, nuove feature e nuovi finali. Se Ultra Deluxe non è abbastanza per gli utenti di Steam, la voce narrante li accontenta con un sequel, con tutte le novità che vanno così di moda nei giochi attuali.; e tanti nuovi vecchi finali che meritano l’attenzione anche di chi ha già gustato quelli originali.
The Stanley Parable 2, o Ultra Deluxe, come dice correttamente il narratore, mantiene la stessa anima del gioco originale, ma fa riflettere sulla nuova teoria del gioco: quella in cui bisogna avere un’arma esclusiva grazie a un DLC; quella in cui bisogna collezionare per il gusto di farlo; quella in cui gli eventi stagionali non sono altro che un ornamento di un gioco morto tenuto in vita da qualcun altro, mentre gli sviluppatori stanno già lavorando a qualcosa di nuovo.
La nuova versione di Crows Crows Crows porta The Stanley Parable a un nuovo livello. Se avete amato il titolo, vorrete assolutamente provare anche Ultra Deluxe, nonostante il senso di libertà percepito nel primo capitolo sembri mancare. Il narratore è un vero dispotico, che mi ha spesso costretto a seguire la sua folle logica con una linearità ben diversa da quella a cui sono stato abituato. Volontà degli sviluppatori o mancanza di idee? Non mi è dato saperlo: anche questa volta decidono gli altri, come sempre.
WWE 2K22 redime la storica serie e pone le basi per il futuro. Dopo la debacle degli ultimi anni, Visual Concepts ha rinnovato il gameplay con un concept che ricalca, in salsa estramemente arcade, i picchiaduro più o meno moderni. Il risultato è un sistema di combattimento maggiormente profondo rispetto al passato, anche se ancora impreciso. Le modalità sono tante e tutte divertenti. 2K può serenamente ripartire da questo capitolo per riportare in auge il pro-wrestling digitale, anche se bisogna smussare tanti angoli.
7.5
Gli storici del wrestling ricorderanno il 2021 come un anno memorabile, nel bene e nel male. L’avvenimento più importante è probabilmente causato dalla pandemia da Covid-19: anche lo sport entertainment ha dovuto programmare i suoi match senza il pubblico. Inoltre, CM Punk è tornato a calcare il palcoscenico in AEW. Per quanto riguarda il settore videoludico, invece la storica serie di videogiochi WWE ha un buco cronologico. Il fallimento dell’opera del 2020 di Visual Concepts ha portato alla luce quello che gli amanti del pro-wrestling digitale ripetono da svariati anni: la serie WWE 2K ha bisogno di ammodernarsi e migliorarsi. Il carico di questa responsabilità è passato a WWE 2K22 e questa recensione risponde alla domanda più importante: esiste ancora un gioco di wrestling divertente?
It’s a Showcase!
La macchina WWE del marketing si è mossa verso un’unica direzione: promouovere 2K Showcase con protagonista Rey Mysterio. E come dargli torto; Rey Mysterio è il luchador più famoso al mondo e, personalmente, lo ritengo il cruiserweight più talentuoso e più importante dell’intera storia del pro-wrestling mondiale. La sua carriera è costellata da enormi successi con l’apice nel 2006, quando dopo il controverso feud con Randy Orton, Rey Mysterio conquista il World Heavyweight Championship.
Lo Showcase di WWE 2K22 è un documentario in cui Óscar Gutiérrez racconta la sua gloriosa carriera. Il primo match è una vera chicca degli anni 90: Rey Mysterio vs Eddie Guerrero in un Title vs Mask Match (WCW Halloween Havoc 1997). Lo scontro digitale racconta perfettamente il duro lavoro che Visual Concepts ha portato avanti dopo l’anno sabbatico. La cura dei dettagli sui costumi e il move set di Rey ed Eddie è veramente elevato e dimostra come la software house abbia imparato dagli orrori commessi in WWE 2K20.
La modalità mi ha intrattenuto per 12 match, ma mancano importanti sfide che avrebbero potuto sostituire alcuni degli incontri inclusi. Un solo match in WCW non rende giustizia all’importanza che la compagnia di Eric Bischoff ha avuto per il luchador e la mancanza del feud tra cruiserweight nelle puntate di Smackdown del 2003, cancella un pezzo di storia che gli appassionati italiani del wrestling ricordano bene, in quanto parte fondamentale dell’ascesa di inizio 2000 del wrestling nella penisola.
Un’altra nota dolente sono le missioni all’interno di ogni match; infatti, per ottenere ulteriori ricompense, ho dovuto effettuare delle mosse specifiche eseguite durante il match reale. Sfortunatamente, alcune di queste missioni mettono in difficoltà l’IA di gioco, o sono spiegate molto male, tanto da far sfociare nella frustrazione e l’abbandono.
Tante modalità
WWE 2K22 offre diverse possibilità di menar le mani. La Mia Ascesa permette di creare un personaggio da zero e iniziare la propria strada verso la gloria. Ho vissuto questa modalità con l’eccesso di socialità che contraddistingue gli ultimi titoli di Visual Concepts: smartphone alla mano, ho portato avanti feud e amicizie con una buona fluidità e missioni secondarie. In modo analogo, e ugualmente corposo, ho condotto alla vittoria diversi wrestler WWE nella modalità Universe, ormai ben nota ai fan.
Un tanto voluto ritorno è la modalità General Manager. Ho vestito i panni di un vero GM della WWE e creato feud a partire dai wrestler ingaggiati durante la prima fase del gioco: il draft. Un punto a favore per WWE 2K22 che ha voluto accontentare i fan che hanno richiesto a lungo la MyGM mode, ma anche due punti negativi. La categoria Tag Team non è presente e la stagione dura al massimo 50 settimane, terminando di fatto nel bel mezzo del divertimento. La sensazione è che MyGM sia stata re-inserita all’ultimo minuto solo per far felici i fan, ma senza tarare a dovere il contenuto.
Infine, la modalità più controversa: la Mia Fazione, che consiste nel creare la propria stable a partire da alcune carte acquistabili nello store di gioco. Esattamente come già visto in tanti gatcha e la celebre modalità FUT di FIFA, la mia Fazione è un ingegnoso espediente che Visual Concepts ha pensato per aggiungere le microtransazioni nell’end-game della serie WWE 2K. Rispetto alla sua controparte calcistica, La mia Fazione è una modalità single player, ma ha l’obiettivo di farti aprire continuamente il gioco per completare le Torri settimanali, la guerra tra fazioni, i terreni di prova e, ovviamente, spendere denaro.
Un picchiaduro all’americana
Yuke’s ha abbandonato il campo del pro-wrestling digitale con WWE 2K19 e il suo impatto è stato tremendo, tanto da condurre Visual Concepts a ragionare sul futuro della serie. Il brainstorming non ha potuto non coinvolgere anche il gameplay, eccessivamente semplificato nel corso del tempo. WWE 2K22 rimane ancora un videogioco troppo semplice, ma aggiunge diverse meccaniche che pongono le basi per guardare avanti con ottimismo.
Il gameplay si basa sul concept dei picchiaduro: due pugni e due calci, leggeri e potenti; questi possono essere concatenati tra loro per ottenere delle combo che puntano ad atterrare e danneggiare l’avversario. Le combo si eseguono in una serie di quattro colpi, tutte uguali per ogni personaggio nella combinazione, ma molto variegate nelle animazioni. A questo, si aggiungono le prese che possono essere leggere e forti, le mosse speciali e le finisher. Le mosse speciali, dopo aver caricato l’apposita barra e se eseguite con successo, permettono di eseguire una finisher, che si può usare anche dopo aver caricato un’ulteriore barra, più lenta da riempire.
Il gameplay prevede una maggior probabilità di schienare l’avversario, se è stata eseguita con successo una finisher. Questa scelta è vincente, perché rende WWE 2K22 più coreografico e simile alla realtà; infatti, i match scorrono fluidi e le animazioni sono migliorate così tanto da far sembrare che i wrestler danzino sul ring esattamente come avviene nella realtà.
Novità e vecchi problemi
Tutte le mosse sono counterabili con la pressione di un unico tasto (Y su Xbox Series X). Per essere precisi, Visual Concepts ha aggiunto anche un counter sulle prese in cui bisogna premere lo stesso pulsante che sta per schiacciare l’avversario. Purtroppo, questa meccanica non mi ha convinto in quanto molto confusionaria. Molto più utile, invece è stata l’aggiunta della capriola laterale, base fondamentale del pro-wrestling. Questa schivata, così come la fuga fuori dal ring quando si è a terra, permette di uscire da situazioni complicate.
Nonostante abbia apprezzato il nuovo gameplay, alcuni vecchi problemi sono ancora presenti e lontani dalla risoluzione. In particolare, l’intelligenza artificiale è spesso fallace e le collisioni soffrono di quel no-sense che da sempre accompagna i titoli WWE. Se i piacchiaduro moderni prevedono un pareggio in caso di esecuzione della stessa mossa nello stesso momento (ad esempio, Dragon Ball FighterZ), questo non accade in WWE 2K22; infatti, un doppio dropkick al centro ring, mossa spesso vista nei recenti match (mi viene in mente Daniel Bryan), porta a una non collisione particolarmente vetusta nei tempi e nelle modalità.
Tecniche vintage
Dopo il disastro di WWE 2K20, è semplice dire che è stato fatto un enorme passo avanti, soprattutto sul piano grafico. Purtroppo, il livello era così basso, che siamo ancora lontani da standard accettabili, soprattutto su next-gen. Graficamente il gioco è migliorato, tanto che alcuni personaggi importanti (non abbastanza rispetto ai 160 disponibili) mostrano un’ottima resa, a cui si aggiungono delle animazioni molto più fluide rispetto al passato. In generale, però WWE 2K22 ha un dettaglio grafico decisamente basso con una qualità sulle texture dozzinale. Come già detto per altre componenti del titolo, anche la grafica è un discreto punto di ripartenza, che però stona quando paragonata con i competitor. La colonna sonora è formata da alcuni pezzi orecchiabili, che ben accompagnano il mood del gioco. Il commento è molto fedele alla realtà, nel bene e nel male.
Infine, il vero punto dolente del comparto tecnico sono i caricamenti. Su Xbox Series X sono abituato a tempi di attesa praticamente nulli sulla maggior parte dei giochi, molti dei quali di gran lunga più pesanti di WWE 2K22. Purtroppo, l’opera di 2K non ha un’ottimizzazione volta a ridurli e ti dovrai sorbire lunghe e frequenti attese, anacronostiche per un videogioco del 2022.
GRID Legends è un more of the same del precedente capitolo, che risente, in senso positivo, del boost che EA ha fornito ai ragazzi e alle ragazze di Codemasters. L’opera si pone perfettamente tra arcade e simulazione, con un cuore che batte soprattutto per la prima componente. Il gioco offre elementi che appartengono al mondo sim racing, senza mai essere totalmente realistico. La modalità Driven to Glory ha un grande potenziale, purtroppo mal sfruttato, mentre la Carriera e l’online potranno tenerti compagnia per centinaia di ore, a patto di essere alla ricerca dell’ibrido perfetto.
7.5
Sopravvivere nello scenario videoludico per oltre trent’anni è un vanto riservato a pochissimi. Chi ci riesce però rimane nella storia dei videogiochi e il suo nome riecheggia più forte del publisher, anche se quest’ultimo si chiama Electronic Arts. Non a caso, GRID Legends sarà ricordato come un racing game di Codemasters, prima che di EA che ha acquisito la software house inglese nel 2021. Continuo diretto della serie, GRID Legends vuole essere il principe dei racing game ibridi ampliando quanto già visto in Grid del 2019.Ci è riuscito? Scoprilo in questa recensione di GRID Legends, provato su Xbox Series X.
Drive to Survive in salsa Codemasters
GRID Legends è strettamente legato al documentario Netflix molto apprezzato dagli amanti dei motori: Drive to Survive. La serie TV racconta una stagione di Formula 1 dal punto di vista dei protagonisti: costruttori e piloti. Codemasters ha emulato il format nella modalità Driven To Glory, in cui attori reali interpretano in alcune cut-scene sia piloti sia chi sta al muretto per raccontare la rivalità tra Seneca, di cui impersoneremo il Pilota 22, e Ravenwest, due costruttori che si danno battaglia sia in pista che fuori.
L’idea di usare attori in carne e ossa è di grande impatto, poiché volti noti come Ncuti Gatwa (Eric Effiong di Sex Education, la serie targata Netflix) mostrano sin da subito il proprio carattere vulcanico. Purtroppo, le aspettative vengono presto deluse in un canovaccio lineare e dei personaggi che si scoprono essere statici e fortemente stereotipati, tanto da lasciar l’amaro in bocca; infatti, nella prima gara, la nostra compagna di squadra, Yume Tanaka, fa un incidente così brutale da perdere l’uso di una gamba. Questo evento pone al centro dell’attenzione il problema della disabilità alla guida. Uno spunto decisamente interessante, considerando anche gli eventi passati ad icone come Alex Zanardi. Purtroppo la trama non approfondirà mai a dovere i dettagli.
Per quanto concerne l’azione, invece Driven to Glory ci conduce all’interno del circuito di GRID, composto da gare che ti mettono alla guida di diverse vetture: gran turismo, monoposto, auto elettriche, truck e probabilmente altri modelli che arriveranno in futuro. Un tuffo variegato che dimostra come Codemasters abbia cercato di potenziare soprattutto la quantità, piuttosto che la qualità delle opere precedenti.
La carriera e l’online
Terminata la Driven to Glory, il gioco basa il proprio end-game single player sulla modalità Carriera, dove il fulcro saranno le gare. Partendo dalle basi, ho scalato le divisioni, e passando attraverso le categorie semi-pro e pro, sono arrivo al Gauntlet, l’apice del professionismo. Per arrivare fino in fondo, ho dovuto maneggiare diverse vetture, ma anche diverse tipologie di gare e prove. Quest’ultime mi hanno riportato indietro allo stile dei primi Gran Turismo, mentre le tipologie di corse sono principalmente tre:
Gara: dovrai essere il primo a tagliare il traguardo.
Eliminazione: si attiva un timer e l’ultimo della griglia viene eliminato finché non ne rimarrà solo uno.
Time Attack: bisogna fare il tempo più veloce facendo attenzione a non rimanere imbottigliato nel traffico.
Ovviamente, le stesse esperienze possono essere vissute nella modalità multiplayer di Grid Legends, fondata sul principio della velocità e facilità di accesso. L’ultima opera di Codemasters prevede il cross-platform, cioè la possibilità di affrontare utenti che provengono da altre piattaforme. Inoltre, ogni gara ha sempre lo stesso numero di veicoli, eventualmente pilotati dal compuer. Questo comporta due vantaggi: la sensazione di sfidare omogeneamente sempre qualcuno e la possibilità di entrare subito all’azione prendendo una vettura, che fino a quel momento era mossa dall’intelligenza artificiale.
Fonte: Electronic Arts
Un pizzico di simulazione
GRID Legends ha al suo interno alcuni elementi tipici dei sim, ma appartiene al mondo del racing game arcade; infatti, il gioco propone danni solo estetici, il cambio automatico e scontrarsi contro un’altra auto non significa ricevere una penalità. L’unico momento in cui potrebbe succedere è nelle gare Track Day, dove nel momento in cui si vai fuori strada puoi incorrere in penalità; non c’è nemmeno la gestione gomme o del carburante. In pratica, GRID Legends ha la fisica e la potenza di F1 2021, ma non il suo realismo. Questo lo rende perfetto per coloro che vogliono solamente l’azione, senza pensare troppo ai dettagli. D’altro canto, se cerchi invece un simulativo profondo, dovrai necessariamente virare su altri competitor, attività abbastanza semplice data la gran mole di videogiochi di corsa usciti nell’ultimo periodo, come Gran Turismo 7 o Forza Horizon 5 (i cui dettagli li puoi trovare nella nostra recensione).
Gli aspetti tipici dei sim di cui parlavo sono presenti nelle impostazioni di gioco; infatti è possibile attivare la marcia manuale, aggiungere i danni fatali all’auto – che sono davvero difficili da raggiungere – oppure aumentare le capacità dell’intelligenza artificiale, che è davvero agguerrita: spesso scambierai vernice e darai sportellate per riuscire a effettuare un sorpasso. Nello specifico, nel caso in cui la tua guida aggressiva ti condurrà alla collisione, si attiva la Nemesi. Già presente anche nel precedente Grid, Nemesi rende l’avversario colpito particolarmente ostile nei tuoi confronti, tanto da mettere a repentaglio la tua corsa.
L’intelligenza artificiale di Grid Legends è un ibrido tra arcade e realismo, esattamente come tutto il gioco. Nei livelli di difficoltà più bassi, non è raro vedere gli avversari digitali commettere errori, non prendere sempre bene le curve e fare incidente. Questo aggiunge quel pizzico di imprevedibilità che rende ogni gara diversa, divertente e un po’ più realistica, anche se alcuni scivoloni degli avversari sono così imbarazzanti che sembrano volutamente scriptati per portare alla vittoria l’utente.
Fonte: Electronic Arts
Farming e vintage
Le gare alla quale potrai partecipare si dividono in base al tipo di auto da portare in pista, che sono tutte potenziabili.Ogni singola vettura può essere potenziata fino al livello 3, che garantisce maggiore accelerazione, frenata e/o manovrabilità.
Ovviamente sono presenti anche eventi multiclasse e non mancano le sfide di drifting, dove bisogna accumulare più punti per vincere. Ogni singola gara può essere giocata in modalità singleplayer o in compagnia di altri giocatori, ma le prima volte è meglio giocare da soli, così da abituarti al sistema di gioco.
Similmente all’upgrade dei bolidi, puoi creare una tua scuderia e migliorare sia il compagno di squadra che il meccanico, così da poter avere miglior possibilità di vittoria. Ad esempio, puoi impartire l’ordine di attaccare e difendere al tuo secondo pilota. Il sistema economico è basato sulla vittoria delle gare e ovviamente guadagnare di più significa anche sbloccare altre auto più potenti. Il parco auto di GRID Legends non è da sottovalutare: per esempio, è possibile salire a bordo di auto che hanno vinto recentemente, come la Ferrari 488 GTE, vincitrice della 24 ore di Le Mans, ma anche la Renault R25 di Fernando Alonso e Giancarlo Fisichella.
Infine, una è presente un editor denominato Crea Gara, dove poter decidere tutti i dettagli della competizione.
Fonte: Electronic Arts
Correre su next-gen
Su Xbox Series X, GRID Legends ha tempi di caricamento realmente minimi. La grafica è realmente piacevole grazie anche alla risoluzione 4K. L’ultima patch ha inoltre fixato anche gli FPS. Adesso anche su Xbox Series X, GRID Legends permane sempre su 60 FPS, senza alcun tipo di rallentamento.
Una delle cose che mi ha dato personalmente fastidio è sentire la musica sovrastare il suono del motore. Sì, perché è davvero ben realizzato e sentirlo soffocato dalla colonna sonora – comunque ben realizzata – mi ha fatto decidere di eliminare la musica in favore del motore. In particolare, il suono del motore cambia in base al tipo di telecamera che decidi di usare. Anche questo è un dettaglio che aggiunge realismo a un titolo che non vuole essere simulativo. Le animazioni sono di qualità e il pubblico offre un buon contorno al gioco. Ovviamente, il cuore di GRID Legends sono le auto, che hanno dei modelli favolosi e mi dispiaciuto non poterle osservare in una modalità “showroom”.
Dal punto di vista del multiplayer, posso dirti che funziona decisamente meglio rispetto a quello di F1 2021, in quanto esistono delle lobby alla quale puoi accedere facilmente scegliendo tramite dei filtri. Durante le partite non ho avuto problemi di lag o disconnessioni e tutto ha funzionato perfettamente e con la massima fluidità.
Fonte: Electronic Arts
Conclusione
GRID Legends è una via di mezzo, tra chi non vuole il realismo e la simulazione di un Assetto Corsa Competizione, ma nemmeno l’arcade pure di Forza Horizon 5. Se sei un utente che si ritrova con questa descrizione, GRID Legends ti permette di godere delle piste più belle del mondo(come Suzuka o Brands Hatch), ma anche di circuiti cittadini originali con il giusto livello di sfida per il grado di difficoltà che stai cercando. In caso contrario, il panorama del racing offre diverse possibilità, soprattutto se sei un utente PlayStation, dove il peso di Gran Turismo 7 è certamente rilevante.
The King of Fighters XV è un piacchiaduro riammordenato, ma ancora fedele alla tradizione dello stile nipponico. La curva di apprendimento è ripida e la CPU sa essere molto punitiva. Anche se poco consigliato per chi si approccia per le prime volte ai picchiaduro, KoF XV può dare comunque grandi soddisfazioni se affrontato con la dedizione che richiede il genere di cui il titolo SNK è ancora un esponenete di spicco.
7.5
I picchiaduro sono la quintessenza degli esport e The King of Fighters XV è il miglior esempio di quanto sia arduo farsi spazio in questo genere. Il mio primo incontro con The King of Fighters risale ai tempi dei cabinati tra i lidi in spiaggia. Ne è passata di acqua sotto i ponti e oggi la competizione online rende tutto molto diverso, ma nel bene e nel male il fighting game di SNK non è mutato così tanto.
Dopo il fallimento nei primi anni duemila di SNK, difficilmente avrei immaginato di vedere un vero capitolo di King of Fighters come il 14esimo capitolo della serie. Fortunatamente, questo è avvenuto nel 2016 e dopo sei anni sono contento di scrivere in questa recensione degli sforzi dei ragazzi e delle ragazze del Nuovo Progetto Giapponese, che sono prepotentemente tornati sul mercato con The King of Fighters XV, dopo svariati anni di misero sfruttamento delle IP per il gioco d’azzardo.
Una storia in bianco e nero
The King of Fighters XV riprende tanto dal glorioso passato nipponico. Gli aspetti positivi si possono trovare in una sceneggiatura basata sulla mitologia shintoista. L’aspetto meno interessante è che tutto sa di già visto e viene affrontato in modo eccessivamente marginale, anche per un picchiaduro. La modalità storia è un pretesto per confrontarsi in otto battaglie e presentare i diversi team dell’ampio roster.
L’ultimo capitolo di King of Fighters vanta ben 39 personaggi, una mole importante per un picchiaduro al day one, anche per un gioco come KoF XV basato su sfide tre contro tre. Ormai da anni i fighting game vivono di DLC e nemmeno l’opera di SNK sarà da meno. Di conseguenza, un numero così ampio di personaggi giocabili è apprezzabile. Per quanto concerne la trama, invece si fonda sulla volontà di evocare nuovamente Verse e poco altro che la modalità svelerà attraverso video che si intervellano tra gli scontri.
Nonostante i picchiaduro siano un genere che non richiede una vera e propria storia, The King of Fighters XV pecca non solo per la mancanza di una vera e propria trama, ma anche per le troppe analogie con un gioco tanto storico quanto obsoleto come Tekken 3. Un gioco nel gioco potrebbe proprio essere trovare le tante similitudini con il terzo capitolo del picchiaduro di Namco.
La difficoltà è nei dettagli
La prima volta che ho aperto la lista delle mosse dei personaggi di KoF XV, ho creduto di trovarmi di fronte a un titolo che potesse avere una curva di apprendimento morbida; infatti, il tutorial è così minimale che mi ha fatto ben sperare. Purtroppo, il tutorial è semplicemente obsoleto in quanto costituito da una serie di mono attività da eseguire in sequenza e una terminate mi sono sentito solamente spaesato; infatti, una volta sceso in campo contro la CPU, mi sono accorto che non bastano le semplici basi per vincere. Il computer è un osso duro e non basta eseguire qualche mossa speciale per avere la meglio.
Pillole di apprendimento
La prima vera cosa da imparare in KoF XV è comprendere le distanze e capire come aprire la difesa avversaria. Nonostante il sistema di combattimento sia basato su due tipi di pugno e calcio, leggero e forte, le combinazioni di apertura in aria e in basso sono tante. Questo implica la necessità di apprendere velocemente il range tanto del proprio personaggio quanto dell’avversario per evitare veloci debacle.
Successivamente, ho introdotto le novità che offre questo nuovo capitolo del picchiaduro, sia in attacco che in difesa. King of Fighters XV ha aggiunto un nuovo sistema difensivo denominato Shatter Strike, che permette di counterare e stordire l’avversario con un solo colpo. Per quanto concerne l’attacco, invece la modalità MAX è stata modificata. Ora, lo status MAX si attiva con due barre di potenza e permette di aumentare i danni di tutti i colpi. In più, le mosse speciali più semplici, cioè le abilità EX possono essere eseguite anche fuori da questa modalità, al costo di mezza barra di potenza. Le altre combinazioni offensive, invece sono tra loro scalari in termini di danni e costi: le Super Special Moves costano una barra, le MAX due barre e le devastanti Climax ben tre barre (è possibile caricare fino a cinque barre).
Pulizia e combo
Questo mix ridotto di abilità rende il gioco molto difficile grazie a due particolarità: la necessità di essere pulitissimi nell’esecuzione e il sistema di collegamento delle mosse tra loro. The King of Fighters XV richiede che le mosse siano eseguite con estrema precisione, pena la mancata attivazione con l’ovvio risultato di una guardia scoperta. Inoltre, non tutte le abilità si legano tra loro in combo. Questo ci pone in due difficoltà: una di conoscenza, perché dovrai studiare molto bene il tuo personaggio; la seconda è che le mosse che si prestano meglio alle combo sono solitamente le più complesse da eseguire.
SNK ha provato a semplificare la curva di apprendimento attraverso le auto combo già presenti in altri titoli contemporanei come Dragon Ball FighterZ; infatti, basta premere ripetutamente (quattro volte) lo stesso pulsante per eseguire una chain con danno ridotto. Un tentativo apprezzabile, ma non sufficiente per far appassionare i nuovi giocatori.
Rollback netcode
Ogni genere ha le sue novità. Per i piacchiduro, la nuova tecnologia si chiama rollback netcode ed è presente anche in King of Fighters XV. Il rollback netcode tratta i giocatori come entità offline con l’aggiunta del supporto di una macchina predittiva, che ipotizza la prossima mossa dell’avversario. Di conseguenza, se la macchina indovina la mossa, il gioco continuerà a scorrere in modo fluido; mentre se si sbaglierà, il sistema invierà al giocatore la mossa eseguita dall’avversario. Tutto questo per evitare il problema più annoso dei picchiaduro, cioè la latenza (o lag). Nella mia esperienza di gioco online, il netcode ha mostrato il fianco a diversi rallentamenti, ma siamo una prima fase del gioco in cui bisogna tenere conto dell’assestamento iniziale.
Tecnica discutibile
I picchiaduro giocano un campionato a parte. Gli appassionati del genere non sono troppo interessati alla componente grafica, spesso esagerata nelle forme e nei colori. The King of Fighters XV è piacevole da guardare, ma non fa sicuramente gridare al miracolo. All’interno del suo genere è accettabile, ma se sei un novizio dei fighting game considererai la grafica di KoF XV probabilmente vetusta e ben lontana dalla bellezza di Dragon Ball FighterZ o dagli eccessi di Mortal Kombat 11 e Street fighter V.
D’altro canto, gli amanti dei piacchiaduro danno molto più valore a una buona colonna sonora e stage diversificati tra loro. King of Fighters XV risponde a questa esigenza con musiche e ambientazioni particolari e in alcuni casi brillanti, come l’amatassimo stage di Metal Slug, altra opera di SNK.
Conclusione
La mia recensione di The King of Fighters XV può concludersi solamente con un vedetto: si tratta di un videogioco per pochi. Se acquisterai KoF XV, probabilmente sei già cosciente di quanto ripida sia la curva di apprendimento, di gran lunga più complessa di altri picchiaduro più moderni. D’altro canto, se sei un novizio dei piacchiaduro, devi tenere a mente che il gioco non farà nulla per aiutarti. Gli errori saranno pagati a caro prezzo anche contro la CPU, ma la soddisfazione di masterare un titolo come KoF 15 non ha prezzo. Di conseguenza, se cerchi picchiaduro entry level, questo titolo non fa per te. King of Fighters 15 è un titolo rimasto ancorato alle sue radici, nel bene e nel male, molto solido, tanto da sembrare eccessivamente duro. In altre parole, un gioco per veterani, veri Re del combattimento.
Infernax: un titolo che preannuncia demoni e fiamme e non ci delude. Avrei scommesso fosse un gioco breve e divertente e nulla più. Avrei perso la mia scommessa. Questo titolo mi ha sorpreso positivamente per la sua rigiocabilità e varietà. La storia è divertente e l’esperienza di gioco è impegnativa ma non frustrante. Divertente e molto curato, un prodotto indie che merita di essere giocato.
8
Il gioco segue la storia di Alcedor, il duca di Upel che torna da una crociata. Viene poi a sapere che nella sua terra è stato introdotto un artefatto maligno di immenso potere ed è così che inizia la sua avventura. Darsov, la città di partenza, è attaccata da una bestia ripugnante e subito il duca deve porre rimedio a questo pericolo. La storia però non ha un solo risvolto. Infatti si può decidere di intraprendere la via del bene o del male assecondando o meno le varie richieste che ci vengono fatte durante il nostro percorso. Il sistema morale del gioco è ben fatto, di per se non è quindi difficile capire che risposta si deve dare per intraprendere il destino dell’eroe o quello del corrotto. Alcedor ha un fascino alla Rambo in versione medievale ed imbraccia una mazza e uno scudo ma non è l’unico design che il protagonista può assumere. Completando i diversi finali disponibili infatti potrete, grazie a dei velati consigli degli sviluppatori, sperimentare un tipo di Alcedor diverso.
Alcedor saving village
La pixel grafica che non passa mai di moda
Dopo aver completato tutti i finali e platinato il titolo posso dire che mi è piaciuto molto. Sicuramente è un gioco da cui non mi aspettavo una così vasta rigiocabilità. Infernax mi ha veramente stupito su tutti i fronti, si tratta di un Metrodivania non molto complicato e dai toni medievali e demoniaci. Si presenta come un gioco con grafica retrò e nonostante l’aspetto da vecchio gioco da cabinato, mi ha offerto una giocabilità degna di un suo contemporaneo. Infatti anche se ne ha tutto l’aspetto non eredita i problemi dei giochi Arcade. Le hit box delle armi e dei nemici sono ben fatte e non rendono snervante il gioco. Anche il platforming è calcolato al millimetro per non diventare mai noioso o snervante.
Spesso la grafica a pixel pecca di scarsità di particolari che può portare ad una monotonia estetica e ad una limitata varietà di nemici. Non in Infernax. Per quanto ripetitivi come move set di attacco, i nemici base sono numerosi e disparati. Tutti rigorosamente trafugati dall’immaginario horror e demoniaco come zombi, spettri e lupi mannari.
Paimon fight
Un discorso a parte sono i boss, molto più numerosi di quanto mi aspettassi, ma mai troppi da rendere il gioco troppo impegnativo. Ogni boss è diverso ma tutti hanno un punto debole comune che non vi svelo. Su questo però devo fare un appunto, il mortal point è sempre in una posizione sopraelevata e quasi mai raggiungibile senza saltare. A lungo andare questo diventa un po’ frustrante. Con l’avvicinarsi della fine del gioco, quando la situazione si fa sempre più difficile, spesso per riuscire a colpire il boss si è costretti a subire danno.
I sei destini di Infernax
Fatti non foste a viver come bruti…
Canto XXVI dell’Inferno, Divina Commedia
…ma per seguir tutti i sei finali di Infernax. Dopo aver brutalizzato le parole del poeta Alighieri possiamo dedicarci alla rigiocabilità di Infernax. Devo dire che la più grande sorpresa di questo gioco, e anche il suo più grande pregio, è la sua grande quantità di contenuti. Come accennato sopra, la lunga lista di nemici e boss impedisce al gioco di diventare monotono. Se questo non vi basta però troverete numerose quest secondarie che aiuteranno a decidere il destino del protagonista.
Lo svolgersi della storia infatti è lineare ma dipende dalle scelte che facciamo e prende tutta un’altra piega a seconda del finale a cui stiamo andando incontro. Bene o male? Sta a noi decidere quale percorso seguire e a quale destino condannare il nostro duca di Upel.
Se dovessi trovare un difetto a Infernax direi che alcune quest e alcuni trofei risultano un po’ criptici e senza una guida sono davvero difficili da conquistare. Due parole sulla casa produttrice
Due parole sulla casa produttrice
Come ho potuto imparare dalle parole del maestro Kojima nel suo libro dietro ad ogni videogioco ci sono degli artisti per cui è giusto spenderci su due parole. Infernax è prodotto dalla Arcade Crew, una casa produttrice specializzata su indi game in stile retrò.
La Arcade Crew collabora con molti piccoli studi di sviluppo tra cui Berserk Studio responsabile appunto della creazione di Infernax
Vale la pena giocare ad Infernax?
Ebbene per me è sì. Un gioco che è una sorpresa continua e che mi ha allietato e fatto ridere durante tutto il percorso. Inoltre come resistere al richiamo di demoni, mostri all’epoca delle crociate?
Pro
Contro
Finali multipli
Boss scomodi da colpire
Varietà di nemici e quest
Alcuni finali e trofei difficili da conquistare senza guida
Sono stata un crociato che faceva ritorno a casa e salvava la sua gente ma anche un crociato corrotto dal male per circa 7 ore grazie a un codice gentilmente fornito dal publisher.
Ormai si sa che quando si gioca non è solo divertimento. Un videogame, proprio come altre opere dell’uomo, dona a chi ne fruisce molto più di quello che ad una prima occhiata si possa pensare. È il caso di Dying Light, un videogioco di zombi che però è molto più di questo. Se si cerca di collocarlo all’interno del genere horror infatti si perde, a mio parere, una buona fetta di ciò che l’opera vuole raccontare. Dying Light ritengo che possa essere definito un ritratto dell’umanità. Nel gioco i morti viventi sono infatti parte dell’ambiente e costituiscono il contesto in cui è ambientata la storia, non il fulcro di essa.
Un inno all’umanità
Dying Light è un inno all’umanità nelle sue mille sfaccettature. Gli zombi nel gioco diventano fonte di sfida, ma nulla più che il contesto di difficoltà che l’umanità deve affrontare. Su questo banco di prova ogni individuo ha il suo modo di reagire. C’è chi approfitta della situazione per suo profitto, chi aiuta gli altri e chi si scopre leader quando meno se l’aspetta.
Questo cocktail di umani che vivono al limite con la morte, e vi hanno a che fare ogni giorno, crea un contrasto affascinante che non si rispecchia solo nell’ambiente ma anche nei suoi abitanti. Dentro ad ognuno di loro si scontrano l’istinto dell’uomo civilizzato e quello di sopravvivenza dovuto alla situazione attuale. Il conflitto continuo di queste due parti mette in luce la capacità degli abitanti di Harran di adattarsi alla situazione e cercare di trarne il meglio finché non arriveranno tempi migliori. Il fatto che il mondo al di fuori sia un luogo sicuro inoltre alimenta la loro speranza e rende l’emergenza un po’ più sopportabile. In ognuno di loro si scontrano la crudele realtà e la speranza di poter tornare al mondo che conoscevano.
Il videogioco è quindi una specie di tributo alla capacità adattativa umana, unica specie sulla Terra che si è adeguata agli habitat più disparati: se ci si pensa, l’uomo ha colonizzato il pianeta dal luogo più freddo a quello più caldo senza mai fermarsi davanti alle difficoltà. Adattandosi e migliorando come altre specie sulla Terra non avevano mai fatto.
Dying Light, come gli altri giochi zombi, porta all’umanità una nuova minaccia da affrontare. Sfruttando quel pretesto però inneggia alle sfaccettature che rendono la razza umana unica nel suo genere, sia nel bene che ne male.
Una parte inaspettata di sé
Harris Brecken
Quasi tutti giocando una storia come quella di Dying Light hanno pensato al cattivo in modo negativo. Diciamo a noi stessi qualcosa come “io non sarei mai così”. Finché siamo nella nostra casetta al sicuro potrà anche essere vero. La realtà però ci insegna che non possiamo veramente sapere in cosa ci trasformerebbe una determinata situazione. In Dying Light questo concetto si può recepire molto bene dalle storie dei personaggi.
Il protagonista in primis, parte per una missione come ogni altro buon soldato farebbe. Obbedisce agli ordini e non fa domande. Possiamo credere che prima di arrivare ad Harran (città esistente) non avrebbe mai pensato di tradire l’organizzazione per cui lavorava. Vivere a stretto contatto col problema lo ha cambiato e gli ha fatto vedere la situazione in modo diverso. Una volta in città percepisce la realtà come chi si trova fuori da Harran non potrà mai fare.
Seguendo alla perfezione il suo ruolo di eroe, si ribella e cerca di salvare la situazione. Il personaggio che però stupisce di più sé stesso è Brecken. Il leader della Torre ha una storia interessante alle spalle, che giocando superficialmente potrebbe fuggire. In una confessione al protagonista ci rivela di essere stato un semplice istruttore di parkour. Prima dell’epidemia si era trasferito nella speranza di trovare lavoro ad Harran. Sicuramente non si sarebbe mai aspettato di diventare un capo, una figura di riferimento. Non credeva che le sue capacità avrebbero potuto salvare delle vite eppure per sopravvivere agli zombi sapersi destreggiare velocemente nella giungla architettonica della città è diventato essenziale.
L’egoismo della sopravvivenza
Rais alias Kadir Suleiman
Nella difficoltà è facile dimenticarsi degli altri. L’altruismo è figlio dell’abbondanza, è facile condividere e donare quando non manca nulla. È nel momento in cui si ha poco che si vedono la vera bontà o il vero egoismo. In Dying Light percorriamo entrambe le strade. Gli abitanti della Torre hanno poco Antizin, a malapena basta per loro, eppure aiutano Crane (il protagonista) e gli somministrano il farmaco per rallentare la trasformazione. Aiutando uno sconosciuto scommettono parte delle loro scorte, già esigue, nella speranza che quel gesto porti a qualcosa di buono.
La fazione di Rais al contrario pensa a sopravvivere e non si cura minimamente di chi potrebbe aiutare, se non per il proprio tornaconto. Ad esempio quando il protagonista raggiunge il villaggio portuale scopre che la popolazione viene protetta solo in cambio di qualcosa.
L’egoismo però non sempre è così palese. Il governo infatti sembra un’organizzazione intenta a perseguire il bene dei cittadini di Harran. In realtà cova qualcosa di losco e nel momento in cui quella verità sta per trapelare fa di tutto perché non venga svelata. Minaccia di sterminare un’intera città in cui ci sono ancora sopravvissuti. Arriva ad offrire un accordo a Rais, il ricercato che sembravano voler morto fin dall’inizio, pur di salvare la propria reputazione.
L’esperimento scientifico di Harran
Città di Harran
Le situazioni di difficoltà però non possono durare in eterno. L’umano non è progettato per sopportare uno stato scomodo a lungo, in esso ci sarà sempre la tendenza a ricercare una normalità. Ad esempio, per quanto contorta, la società nella Torre persegue una sua quotidianità. I bambini giocano e schiamazzano e gli adulti vanno al lavoro. Il fatto che quel lavoro sia incentrato sul sopravvivere e salvarsi diventa ad un certo quasi superfluo. L’uomo tende a ricercare un ordine in ciò che fa, si aggrega in comunità più o meno regolarizzate, crea una scala sociale e si adopera per la sopravvivenza comune.
Dying Light con la città di Harran completamente isolata dal resto del mondo sembra voglia invitarci ad osservare un esperimento scientifico. Come quando si mettono tante formiche in una teca di vetro per osservarne l’organizzazione. Harran alla fine è proprio quello, solo che il governo non vuole studiare le formiche ma la diffusione e gli effetti della sua arma biologica, ovvero il virus che tramuta la gente in zombi. In questa situazione però vediamo come le persone ricerchino comunque una normalità e resistano a questo cambiamento forzato che è l’immissione del virus.
L’entropia di Dying Light
Perché ci sia la vita, ci dev’essere ordine. Le cellule si devono organizzare, le reazioni chimiche devono svolgersi e tutto deve scorrere nel verso giusto perché ognuno di noi esista. È così che questo gioco mi ha fatto capire che l’opposto della vita non è la morte ma il caos. La morte è la naturale fine della vita e fa parte anch’essa di quell’ordine che permette l’esistenza. Il caos invece è ciò a cui il protagonista si oppone alla fine. Durante uno dei suoi deliri Rais inneggia proprio al caos, ed è in quel momento che possiamo capire che è impazzito completamente. Nessun essere umano che tenga alla sua vita e a quella dei suoi cari desidererebbe una situazione simile. Proprio per questo motivo probabilmente non sempre capiamo chiaramente le motivazioni dietro le azioni di questo personaggio. Anch’esso un leader, proprio come Brecken, ma a lui contrapposto, non solo nel dominio delle risorse ma anche per le sue caratteristiche.
Rais è un capo che ha reclamato il suo posto e che ama il potere, è spietato e controlla i suoi sottoposti con il ricatto e con la paura. Coloro che lo seguono ne sono spaventati o sono egoisti alla sua stregua.
Brecken, come detto prima, è un leader quasi per caso. Non avrebbe voluto quella carica e se ne sarebbe disfatto volentieri, ma non si sottrae ai suoi doveri in quanto si preoccupa delle persone che dipendono da lui.
I due sono i capi delle fazioni all’interno di Harran, e si contrappongono proprio come l’ordine e il caos. Agente dell’equilibrio in questa storia è quindi il nostro protagonista, che durante il gioco si trova a lavorare allo stesso tempo per entrambe e per nessuna delle due fazioni, sperimentando in egual misura le leadership e alleandosi alla fine con il rappresentante dell’ordine che fino a poco prima del suo arrivo sembrava sul punto di arrendersi a Rais.
Le domande che mi ha lasciato Dying Light
Dying Light è stata un’esperienza diversa. Un gioco di zombi che parla di umanità (l’origine degli zombi nella cultura) Un’opera che mi ha aperto davanti agli occhi un ventaglio di possibili me stessa. Mi sono ritrovata a chiedermi cosa avrei fatto. Sarei stata così debole da volermi unire alla fazione di Rais per sopravvivere a qualunque costo? O avrei trovato il fegato di rischiare me stessa per uno sconosciuto come i ragazzi della Torre? Le risposte potrebbero essere vere o no, non lo potrò sapere finché non verrò catapultata in un’apocalisse zombi. Per ora mi limiterò a giocare dando il meglio di me.
Quindi per quanto questo gioco sia pieno di morti viventi, in realtà per me non parla affatto di morte ma di vita. Di scelte giuste e sbagliate, di buoni e cattivi e di quanto questa divisione netta sia impossibile quando si tratta del fallibile essere umano.