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Assassin’s Creed The Ezio Collection – Recensione: bello ma non balla

Recensione in BREVE

Assassin’s Creed The Ezio Collection è la collezione che raccoglie la trilogia di Ezio Auditore, considerata da tantissimi come la migliore della serie. Nonostante dal punto di vista grafico riesca a essere davvero strabiliante, nonostante un piccolo sacrificio, una delle cose che perplime è il gameplay. Si tratta di un porting al cento percento, e nonostante alcune modifiche, i difetti di gameplay sono rimasti gli stessi. Purtroppo presenta una serie di problemi che potrebbero allontanare chi non ha mai toccato nessuno dei tre giochi. Non solo, anche il film presenta alcune seccature che potrebbe annoiare soprattutto il giocatore più giovane e che non è un grande conoscitore del franchise prima del suo soft-reboot.

6.5


Assassin’s Creed The Ezio Collection è finalmente arrivato per Nintendo Switch. Sì, la trilogia che racchiude la storia di Ezio Auditore, incluso il film Embers è godibile anche sulla piattaforma ibrida firmata Nintendo. Per la prima volta, possiamo godere di Assassin’s Creed II, Brotherhood e Revelations. Nonostante ci siano stati dei sacrifici dal punto di vista tecnico per via dei limiti della console, rimane un titolo che ha fatto la storia del franchise Ubisoft. 

Un passo indietro

Nel caso in cui non conoscessi Assassin’s Creed The Ezio Collection, si tratta della trilogia firmata Ubisoft che narra le vicende di Ezio Auditore, un giovane ragazzo fiorentino che si trova in una situazione decisamente più grande di lui. Infatti, scoprirà che la sua famiglia appartiene agli Assassini, un gruppo di persone che lotta da secoli contro i Templari

Durante il corso della sua avventura, farai anche dei passi indietro, tornando da Altaïr, protagonista del primo capitolo del franchise. Narrarti ogni singolo aspetto di ogni gioco presente in questa collezione richiederebbe un articolo a sé stante, perché sì, il livello di profondità di questi tre giochi è davvero strabiliante e riesce a catturare l’attenzione del giocatore. Non solo per via dell’ambientazione in suolo italico, ma anche e soprattutto per i personaggi ben caratterizzati. Ma dato che si tratta di un porting, è meglio concentrarci sull’aspetto tecnico, vero?

Come gira Assassin’s Creed The Ezio Collection?

Assassin’s Creed The Ezio Collection gira davvero bene su Nintendo Switch Lite, console dove ho potuto provare il titolo. Sì, la grafica è davvero strabiliante e fedele all’originale. I modelli di Ezio e degli altri personaggi fanno davvero una bella figura, nonostante si tratti di una console portatile, dove normalmente ci sono dei sacrifici per permettere al gioco di girare in modo fluido. Questi sacrifici ci sono e colpiscono principalmente gli NPC minori, quindi quelli che si incontrano per Firenze, Venezia, Roma e Medio Oriente. Ma non riguardano mai i personaggi secondari o principali. 

assassin's creed the ezio collection
Fonte: Ubisoft

Ogni singolo capitolo della Assassin’s Creed The Ezio Collection gira a 30 fotogrammi al secondo, e durante la prova non ho notato problemi o cali di framerate, anche nelle zone dense di modelli. Nonostante il piccolo sacrificio fatto per i modelli dei personaggi non giocanti, è possibile affermare che la collezione sia davvero ben ottimizzata e non è scesa a compromessi estremi, come visto per altri titoli che hanno avuto un’operazione di porting per la console ibrida. 

Un semplice porting, nessun cambiamento

Una delle cose che potrebbe far storcere il naso a chi non ha mai giocato i primi Assassin’s Creed è il fatto che il gameplay ha alcuni problemi. Sì, perché alla fine ha i suoi anni e inizia a perdere colpi. Basti pensare al problema di pathfinding dei nemici: sarà davvero difficile per loro trovare la strada giusta per inseguirti, senza incastrarsi da qualche parte. 

Non è tutto qui, un difetto scovato durante la prova di Assassin’s Creed The Ezio Collection è la mancanza di precisione dei salti. Un classico per la serie, che con i Joy-Con viene decisamente accentuato. Inoltre, a volte ci sono dei problemi di input lag. Per fortuna non mi è mai capitato durante i combattimento o in situazioni concitate. Tutto questo non distrugge l’esperienza videoludica, ma sicuramente chi è più giovane e non conosce la serie potrebbe frustrarsi, soprattutto se consideriamo la fluidità con la quale si muove il protagonista negli ultimi capitolo della serie, soprattutto in Valhalla (che abbiamo recensito).

Assassin's Creed The Ezio Collection cover ezio
Fonte: Ubisoft

La versione Nintendo Switch di Assassin’s Creed The Ezio Collection arriva comunque con alcune modifiche. Infatti vedrai un HUD ottimizzato e il sistema di vibrazione. Senza voler contare la possibilità di sfruttare il touchscreen. Nonostante si tratti di feature apprezzabili, non sono sfruttate al meglio. Sotto un certo punto di vista, sarebbe stato meglio se gli sviluppatori si fossero concentrati nel rendere l’esperienza Assassin’s Creed The Ezio Collection ancora più ottimizzata. 

La storia di Ezio tra film e videogiochi: ma il multiplayer?

Una delle grosse mancanze di Assassin’s Creed The Ezio Collection è il multiplayer. Sì, non sarà possibile sfruttare quelle modalità presenti originariamente in Brotherhood e Revelations, sarebbe stato davvero un modo per far tornare in auge qualcosa che molti si dimenticano che esista. Nonostante questo, l’idea questa collezione non è quella di far vivere al giocatore l’esperienza completa, ma solo di far recuperare la trilogia dedicata a Ezio Auditore, considerata da molti fan la migliore. 

Per completezza, la Assassin’s Creed The Ezio Collection contiene anche due cortometraggi, che però mancano di due funzioni fondamentali: la pausa e il tornare indietro. Una volta avviato non ci sarà nessuna possibilità di fermare la pellicola, quindi se vuoi vederlo, ricordati che non potrai allontanarti dallo schermo. Certo, puoi sempre portare con te la Nintendo Switch, ma se lo stai vedendo in compagnia può essere davvero scomodo, no?

Assassin's Creed The Ezio Collection monteriggioni
Fonte: Ubisoft

Inoltre, dovrai premere tasti durante la visione del film. Si tratta quindi di un corto interattivo? No, semplicemente dovrai farlo per evitare che la console vada in modalità riposo, il che rende l’esperienza davvero seccante. 

Ne vale la pena?

Dopo tutto questo, vale la pena acquistare Assassin’s Creed The Ezio Collection per Nintendo Switch? La mia personale risposta è sì, ma solo se non hai altra scelta. La collezione è disponibile per tutte le piattaforme, senza contare che è ancora possibile acquistare i singoli titoli. Quindi se vuoi recuperare la storia di Ezio e hai solo a disposizione la console della Grande N, questa collection è la tua unica scelta. In caso contrario, ti consiglio di partire per altri lidi: il titolo è gradevole e si presta bene alla portabilità, ma è seccante per via dei problemi legati al gameplay che ti ho citato durante la recensione. 

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: Avventura action
  • Lingua: Italiano
  • Multiplayer: No
  • Prezzo49,99€

Mi sono avventurata tra le città più belle italiane e mediorientali per svariate ore grazie a un codice fornito dal publisher.

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Infernax – Recensione

Recensione in BREVE

Infernax: un titolo che preannuncia demoni e fiamme e non ci delude. Avrei scommesso fosse un gioco breve e divertente e nulla più. Avrei perso la mia scommessa. Questo titolo mi ha sorpreso positivamente per la sua rigiocabilità e varietà. La storia è divertente e l’esperienza di gioco è impegnativa ma non frustrante. Divertente e molto curato, un prodotto indie che merita di essere giocato.

8


Il gioco segue la storia di Alcedor, il duca di Upel che torna da una crociata. Viene poi a sapere che nella sua terra è stato introdotto un artefatto maligno di immenso potere ed è così che inizia la sua avventura. Darsov, la città di partenza, è attaccata da una bestia ripugnante e subito il duca deve porre rimedio a questo pericolo. La storia però non ha un solo risvolto. Infatti si può decidere di intraprendere la via del bene o del male assecondando o meno le varie richieste che ci vengono fatte durante il nostro percorso. Il sistema morale del gioco è ben fatto, di per se non è quindi difficile capire che risposta si deve dare per intraprendere il destino dell’eroe o quello del corrotto. Alcedor ha un fascino alla Rambo in versione medievale ed imbraccia una mazza e uno scudo ma non è l’unico design che il protagonista può assumere. Completando i diversi finali disponibili infatti potrete, grazie a dei velati consigli degli sviluppatori, sperimentare un tipo di Alcedor diverso.

Alcedor saving village

La pixel grafica che non passa mai di moda 

Dopo aver completato tutti i finali e platinato il titolo posso dire che mi è piaciuto molto. Sicuramente è un gioco da cui non mi aspetta­vo una così vasta rigiocabilità. Infernax mi ha veramente stupito su tutti i fronti, si tratta di un Metrodivania non molto complicato e dai toni medievali e demoniaci. Si presenta come un gioco con grafica retrò e nonostante l’aspetto da vecchio gioco da cabinato, mi ha offerto una giocabilità degna di un suo contemporaneo. Infatti anche se ne ha tutto l’aspetto non eredita i problemi dei giochi Arcade. Le hit box delle armi e dei nemici sono ben fatte e non rendono snervante il gioco. Anche il platforming è calcolato al millimetro per non diventare mai noioso o snervante. 

Spesso la grafica a pixel pecca di scarsità di particolari che può portare ad una monotonia estetica e ad una limitata varietà di nemici. Non in Infernax. Per quanto ripetitivi come move set di attacco, i nemici base sono numerosi e disparati. Tutti rigorosam­ente trafugati dall’immaginario horror e demoniaco come zombi, spettri e lupi mannari. 

Paimon fight

Un discorso a parte sono i boss, molto più numerosi di quanto mi aspettassi, ma mai troppi da rendere il gioco troppo impegnativo. Ogni boss è diverso ma tutti hanno un punto debole comune che non vi svelo. Su questo però devo fare un appunto, il mortal point è sempre in una posizione sopraelevata e quasi mai raggiungibile senza saltare. A lungo andare questo diventa un po’ frustrante. Con l’avvicinarsi della fine del gioco, quando la situazione si fa sempre più difficile, spesso per riuscire a colpire il boss si è costretti a subire danno. 

I sei destini di Infernax 

Fatti non foste a viver come bruti… 

Canto XXVI dell’Inferno, Divina Commedia

…ma per seguir tutti i sei finali di Infernax. Dopo aver brutalizzato le parole del poeta Alighieri possiamo dedicarci alla rigiocabilità di Infernax. Devo dire che la più grande sorpresa di questo gioco, e anche il suo più grande pregio, è la sua grande quanti­tà di contenuti. Come accennato sopra, la lunga lista di nemici e boss impedisce al gioco di diventare monotono. Se questo non vi basta però troverete numerose quest secondarie che aiutera­nno a decidere il destino del protagonista.

Lo svolgersi della storia infatti è lineare ma dipende dalle scelte che facciamo e prende tutta un’altra piega a seconda del finale a cui stiamo andando incontro. Bene o male? Sta a noi decidere quale percorso seguire e a quale destino condannare il nostro duca di Upel. 

Se dovessi trovare un difetto a Infernax direi che alcune quest e alcuni trofei risultano un po’ criptici e senza una guida sono davvero difficili da conquistare. Due parole sulla casa produttrice 

Due parole sulla casa produttrice 

Come ho potuto imparare dalle parole del maestro Kojima nel suo libro dietro ad ogni videogioco ci sono degli artisti per cui è giusto spenderci su due parole. Infernax è prodotto dalla Arcade Crew, una casa produttrice specializzata su indi game in stile retrò. 

La Arcade Crew collabora con molti piccoli studi di sviluppo tra cui Berserk Studio responsabile appunto della creazione di Infernax 

Vale la pena giocare ad Infernax?  

Ebbene per me è sì. Un gioco che è una sorpresa continua e che mi ha allietato e fatto ridere durante tutto il percorso. Inoltre come resistere al richiamo di demoni, mostri all’epoca delle crociate?

ProContro
Finali multipli Boss scomodi da colpire 
Varietà di nemici e questAlcuni finali e trofei difficili da conquistare senza guida 
Personaggio maneggevole 

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: Metroidvania
  • Lingua: Italiano
  • Multiplayer: No
  • Prezzo19,99€

Sono stata un crociato che faceva ritorno a casa e salvava la sua gente ma anche un crociato corrotto dal male per circa 7 ore grazie a un codice gentilmente fornito dal publisher.

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Getsu FumaDen: Undying Moon – Recensione

Recensione in BREVE

Sarò sincero, avevo grandi aspettative per Getsu FumaDen: Undying Moon. Aspettative che sono state quasi completamente disattese, e lo dico a malincuore. Ammirare la direzione artistica del titolo è una gioia per gli occhi, ma una bellissima presentazione estetica non riesce a nascondere le tante, troppe ingenuità che Undying Moon porta con sé. Segreti, sfide opzionali, un mondo interessante, stage che offrono ogni volta qualcosa di nuovo. Proprio questo manca al titolo Konami, e per un roguelite è un enorme difetto. A ciò uniamo un loot quantitativamente eccezionale, ma che qualitativamente risulta insipido. E poi un gameplay senza infamia né lode, con qualche buona idea ma mal bilanciata. Se siete fan accaniti dei roguelite potreste anche divertirvi per qualche ora, a patto di tenere basse le aspettative.

5.5


Chi non conosce “La grande onda di Kanagawa”? Opera del maestro giapponese Katsushika Hokusai, questa è senza dubbio una delle immagini più conosciute al mondo, e chiunque di voi l’avrà vista almeno una volta. Amo quello stile, denominato Ukyio-e, di cui Hokusai era il più famoso esponente, tant’è che in salone ho appeso una riproduzione della Grande Onda. Una tela dalle dimensioni ragguardevoli, 160x110cm, poi accompagnata da altre piccole tele facenti parte della stessa serie, “Trentasei vedute del Monte Fuji”, di cui vi consiglio caldamente la visione.

Capirete quindi che ho accettato al volo la recensione di Getsu FumaDen: Undying Moon, roguelite che somiglia ad una tela più che ad un videogioco. Sviluppato da Konami, questo è il seguito di Getsu Fuma Den, adventure a scorrimento rilasciato nel lontano 1987 per Famicom, e che non ha mai lasciato la terra del Sol Levante.

Quando avvio titoli con comparti artistici tanto interessanti ciò che mi chiedo sempre è “bene, ma oltre una bella copertina c’è altro?”. Oggi tenterò di rispondere proprio a questo quesito.

A spasso per l’inferno

Noi incarniamo Fuma, 27° leader del clan Getsu e difensore del mondo in superficie. Ryukotsuki, signore dei demoni – e final boss del prequel – è risorto e vuole scatenare ancora una volta le sue orde sul mondo dei vivi. Toccherà quindi a noi la discesa negli inferi, pronti a sconfiggere ancora una volta la minaccia demoniaca, e sperare di trovare Getsu Rando, il nostro fratello da tempo disperso.

Questo l’incipit di Undying Moon, che come potete immaginare si rivelerà essere un mero pretesto per menare le mani. La trama risulta di fatto completamente assente o quasi, con una brevissima sequenza iniziale che in realtà non spiega nulla. I pochissimi dettagli sull’universo di gioco vanno ricercati su delle lapidi sparse per gli stage. Vi anticipo che sono giunto dinnanzi al final boss senza sapere chi o cosa fosse e perché si trovasse lì, traete voi le conclusioni.

Di norma non do troppa importanza alla narrativa quando si parla di roguelite, ma qui ci ritroviamo al di sotto del minimo sindacale. Nel titolo è presente ben UN NPC con cui dialogare, che per altro ha poche e banali linee di dialogo. Un po’ poco, visto che un certo Hades ci ha dimostrato come anche un roguelite può offrire decine di npc interessanti e migliaia di dialoghi qualitativamente notevoli.

Insomma, il comparto narrativo non è sicuramente la parte meglio riuscita di Undying Moon, ma procediamo.

Un dipinto in movimento

Quel che balza subito all’occhio di Getsu Fumaden: Undying Moon è sicuramente la straordinaria direzione artistica. Ogni singolo elemento a schermo urla Giappone a gran voce, il tutto in un delizioso stile ukyio-e, tant’è che spesso sembrerà di guardare un’opera d’arte piuttosto che un videogioco. Fondali 2d animati, ricchi di dettagli e davvero tanto ispirati fanno da sfondo allo stage vero e proprio, colmo di creature del folklore giapponese. Menzione d’onore per lo stage Il bestiario è ben nutrito, e si spazia dai classici Oni all’enigmatica Kyūbi, meglio conosciuta come volpe a nove code. Per non parlare dei boss di fine livello, davvero spettacolari e ben animati.

Undying Moon però presenta un brutto difetto, ovvero pone la forma prima della sostanza. Gli stage sono visivamente spettacolari, ma lo stesso non si può dire della loro struttura. Ogni livello è generato in maniera procedurale, e si compone di tante piattaforme orizzontali da attraversare, fine, non c’è letteralmente nulla con cui interagire se non i nemici ed eventuali scrigni. Tutto quel che contraddistingue un buon roguelite è totalmente assente. Stanze segrete, eventi casuali, sfide opzionali, nulla di tutto ciò è presente in Undying Moon. Ciò che ne consegue è una ripetitività che si fa prepotente già dopo una manciata di run, e questo non è mai un bene per titoli del genere.

Anche il level design è poco brillante. La struttura di base degli stage non soffre di particolari problemi, seppur risulti molto elementare, mentre la creazione procedurale degli stessi scade spesso in delle ingenuità. Ad esempio non è raro trovare numerosi vicoli ciechi che non portano letteralmente a nulla, né ad un nemico né ad uno scrigno, e fanno solo perdere tempo. Anche il posizionamento dei nemici non aiuta, con questi ultimi che spesso potranno attaccarci fuori schermo; ho letteralmente odiato lo stage delle Colline Nebbiose, e vi sarà chiaro il perché non appena lo raggiungerete.

Il samurai demoniaco

Veniamo ora a quel che conta, il gameplay. Controllare Fuma mi lascia sensazioni contrastanti. Se da un mero lato visivo il tutto risulta molto piacevole – anche grazie alle splendide animazioni del samurai – lo stesso non si può dire dal punto di vista prettamente meccanico. Non so se il problema sia della sola versione Switch, ma ho costantemente avvertito una legnosità generale nei comandi, o per meglio dire, un – seppur minimo – input delay. Fortunatamente il gameplay di Undying Moon non è particolarmente frenetico, quindi l’esperienza di gioco non viene totalmente compromessa; ci tengo però a precisare che qui siamo ben lontani dall’estrema responsività di un Dead Cells, ecco.

Il combattimento vero e proprio è quello tipico di un qualsiasi hack ‘n’ slash, con però qualche meccanica in più. Abbiamo l’attacco leggero, l’azione speciale differente per ogni arma e la schivata di Dark Souls memoria. A ciò si vanno ad aggiungere gli attacchi di sfondamento, i contrattacchi e la demonization. I primi servono a spezzare l’equilibrio del nemico, per poi effettuare una soddisfacente finisher, i secondi sono dei semplici contrattacchi, qui definiti Lampo. La demonization è invece una sorta di demon trigger, e ci permette di potenziare attacco e velocità per ogni colpo assestato in rapida sequenza. Voglio precisare che il titolo fa di tutto per rendere ciò che ho scritto il più ermetico possibile, relegando la spiegazione di meccaniche fondamentali a voci situate nei meandri dei sotto menù. Una scelta abbastanza discutibile

Queste aggiunte al gameplay sono interessanti sulla carta, ma anche qui ho notato più di una ingenuità. A livelli di difficoltà più alti lo sfondamento è decisamente troppo forte, essendo in grado di giustiziare qualsiasi nemico previa rottura del suo equilibrio. La demonization invece è, senza mezzi termini, una meccanica mal implementata; di fatto è praticamente impossibile “demonizzarsi” se non si utilizzano le doppie lame, la lancia o i pugni. E così 3 armi principali su 6 risultano quasi totalmente estromesse da questa dinamica di gioco.

Devo precisare che Fuma può trasporate due armi principali alla volta, quindi si potrebbero sfruttare delle doppie lame per demonizzarsi e poi passare alla katana, ciononostante ritengo che relegare una parte del core gameplay a certe armi senza un particolare motivo sia una bella svista.

L’arsenale del clan Getsu

Ed eccoci qui a parlare del loot, degli sbloccabili, la linfa vitale di qualsiasi roguelite ed ossessione di noi fan del genere. Partiamo col dire che Fuma ha a sua disposizione 6 diversi tipi di armi primarie, ovvero katana, mazza, lancia, doppie lame, ombrello e tirapugni. A ciò si vanno ad aggiungere le armi secondarie, generalmente ranged, tra le quali si annoverano kunai, archi, archibugi e bombe. Queste funzionano come dei consumabili, ed una volta esaurite le “cariche” disponibili entrano in cooldown.

Se c’è una cosa che non manca ad Undying Moon, quella è proprio la quantità spropositata di equipaggiamenti e potenziamenti per il nostro eroe. I nemici da noi massacrati droppano infatti delle risorse e, più raramente, dei “progetti” che ci permetteranno di creare nuovi strumenti di morte. Ogni singola arma va poi potenziata tramite un sistema di upgrade che, sebbene sia presentato in maniera davvero tanto confusionaria, risulta in realtà abbastanza semplice ed intuitivo dopo poco tempo.

Quindi abbiamo visto che la quantità di loot sicuramente non manca ad Undying Moon, ma possiamo dire lo stesso della qualità? Anche in questo aspetto ci ritroviamo davanti ad un sistema potenzialmente interessante, ma che a conti fatti non risulta mai brillante. Le armi principali sono solamente 6, e nonostante ognuna di esse abbia 5 varianti, a conti fatti parliamo sempre di 6 armi dai moveset striminziti. Ogni katana è uguale all’altra da un punto di vista prettamente tecnico, e poco vi cambierà utilizzare la katana affilata o una ammazzademoni. Sì, a livello parametrico sono differenti, ma all’atto pratico non cambia praticamente nulla tra le due, ed anzi, spesso le armi presenti sin dall’inizio del gioco risultano anche essere le più forti.

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Il drop rate delle armi più “esotiche” è davvero basso, mentre le armi “base” piovono giù in continuazione, e 9 volte su 10 il tutto si riduce ad equipaggiare l’arma con il parametro d’attacco più alto. Il problema è proprio l’impossibilità di creare una qualsivoglia build, poiché non vi è sinergia tra le varie primarie e secondarie, se non in qualche raro caso. Quindi le vere statistiche desiderabili sono l’attacco e lo sfondamento, mentre tutto il resto passa in secondo piano.

Anche il personaggio va potenziato tramite risorse, e pure qui ci ritroviamo davanti a potenziamenti funzionali, ma estremamente banali. Aumentare la vitalità o le pozioni trasportabili va più che bene, ma mancano opzioni davvero interessanti, come nuove abilità di movimento – per snellire la navigazione degli stage – o nuove tecniche per le armi primarie, ad esempio. E non voglio entrare nel dettaglio, ma sappiate che servono davvero tanti, oserei dire troppi materiali per potenziare armi e personaggio.

Insomma, abbiamo sì una quantità davvero alta di sbloccabili, ma questo non equivale a qualità come un pò tutto in Undying Moon.

In conclusione

Che dire di Getsu FumaDen: Undying Moon? Devo essere onesto, avevo grandi aspettative per il titolo, anche e soprattutto per l’ottima direzione artistica che lo contraddistingue. Peccato che qui si sia curata quasi unicamente la forma a discapito di ciò che conta veramente in un roguelite. Il gameplay è accettabile, ma tra un level design scialbo, comandi non proprio precisissimi e scelte di gameplay spesso ingenue mi viene davvero difficile consigliarne l’acquisto.

A ciò aggiungiamo che mancano tutti quegli elementi che rendono memorabile un roguelite; segreti da scovare nei livelli, building del pg durante la run, loot vario e diversificato, eventi casuali ed npc che ci rivelano dettagli del mondo di gioco. Qui troviamo giusto le fondamenta per un buon roguelite, ma nulla di tutto ciò che ho appena elencato.

Spero vivamente che Konami supporti il titolo e lo migliori, perché le potenzialità ci sono. Ma allo stato attuale è impossibile consigliarne l’acquisto quando un certo Dead Cells – che fa letteralmente tutto meglio di Undying Moon – è già disponibile, e probabilmente più economico. Se siete fan incalliti del genere potreste pure divertirvi per qualche ora, a patto di tenere basse le aspettative.

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: Hack and slash
  • Lingua: Italiano
  • Multiplayer: No
  • Prezzo24,99€

Ho tenuto alto l’onore del clan Getsu per circa 15 ore grazie a un codice gentilmente fornito dal publisher.

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Yu-Gi-Oh Master Duel – Recensione: il cuore delle carte

Recensione in BREVE

Yu-Gi-Oh Master Duel è il titolo che trasforma il gioco di carte reale in digitale. E lo fa davvero bene, riuscendo a dare spazio anche ai neofiti con una campagna singleplayer che unisce storia e tutorial. Pecca per la versione Nintendo Switch, decisamente più sacrificata rispetto a quella home console. Per il resto, non c’è davvero niente da dire: è un ottimo free to play!

8


Yu-Gi-Oh Master Duel è il sogno di tutti i giocatori del TCG. Riesce a unire tutti i tipi di player che hanno mai toccato con mano o digitalmente il titolo cartaceo. Ma non ti preoccupare, non è un gioco punitivo nei confronti di chi si approccia a questo gioco. Yu-Gi-Oh Master Duel si basa sulla serie di manga e anime dove i protagonisti si sfidano in combattimenti a turni che prevedono l’utilizzo di carte che richiamano dei mostri, incantesimi e trappole. L’obiettivo è molto semplice: azzerare i Life Points (Punti Vita, in italiano) dell’avversario. In questa trasposizione videoludica realizzata da Konami avremo lo stesso obiettivo.

Gioca la partita, vinci la fatica

Una delle prime cose che bisogna dire di Yu-Gi-Oh Master Duel è che riesce ad essere decisamente diretto, rispetto ad altri titoli della stessa serie. L’obiettivo degli sviluppatori è sia semplice che comprensibile a colpo d’occhio: l’idea alla base di questo titolo è quello di riproporre il mondo TCG Yu-Gi-Oh e portarlo nel mondo digitale. Dunque, se pensi che sia tempo di duellare è il gioco per te.

Master Duel è propone due modalità di gioco principali: una multiplayer e una singleplayer. Ma ti voglio parlare prima della seconda: la Solo Mode è letteralmente la campagna che ti aiuterà nel comprendere le meccaniche base e ti permetterà di avere un po’ di mazzi da utilizzare, così da farti un’idea su quale sia il tuo stile di gioco. Inoltre, saranno presenti anche delle brevi storie che riguardano le carte che andrai a utilizzare. Questo è anche un ottimo modo per dare un contesto a ciò che giocherai. L’esperienza proposta è molto lunga e divisa in vari capitoli che andranno a narrare una storia tramite delle immagini statiche e una voce narrante.

Ovviamente passare del tempo nella Solo Mode di Yu-Gi-Oh Master Duel è ottimo anche per coloro che sono già a conoscenza dei meccanismi del gioco di carte. Questo perché ti darà accesso a più carte, così da poter realizzare il deck più adatto al tuo stile. Senza contare che è possibile anche guadagnare moneta in-game che ti permette di acquistare pacchetti. Sì, ci sono anche le microtransazioni, ma saranno necessarie solo se desideri velocizzare questo processo. Quindi avrai accesso a un mazzo competitivo senza dover mettere mano al portafoglio, ma dovrai “solo” vincere tanto. Senza contare che è possibile anche creare le carte che desideri grazie ad un intuitivo sistema di crafting visto anche in altri CCG, così da rendere questo procedimento ancora più veloce, se sai già quali carte desideri nel tuo deck.

Yu-Gi-Oh Master Duel drago bianco occhi blu
Fonte: Konami

La modalità multiplayer si divide in due tipi di partite diverse ed un extra. Infatti stiamo parlando di partite casuali, ranked (classificata) ed infine gli eventi. Al momento questi ultimi non sono ancora disponibili, ma è possibile immaginare che si tratti di tornei speciali – come accade in Yu-Gi-Oh Duel Links – oppure degli eventi crossover.

Ora concentriamoci sulle partite, che sono letteralmente il cuore pulsante di Master Duel. Le partite casuali ti permettono di creare(o entrare)in “stanze duello”in cui partecipare a scontri amichevoli, un’ottima occasione per comprendere come giocano le “persone vere” e farti un’idea su quali siano i deck “meta”. Per quanto concerne le Ranked, ti consentono di scalare la classifica e diventare il giocatore di Yu-Gi-Oh! Master Duel più forte. I Ranghi sono molto classici: al momento vanno dal Bronzo al Platino, ma probabilmente in futuro anche questo aspetto verrà ampliato. Ovviamente riceverai dei premi speciali in caso di vittoria o di “scalata di Rango”, come gemme(valuta di gioco)o mini pacchetti di carte.

Descriverti per filo e per segno come funziona una lotta in Yu-Gi-Oh! Master Duel è un discorso che meriterebbe un articolo a sé stante, ma posso spiegarti brevemente come funziona: avrai a disposizione tre tipi di “carte base” divise in mostri, magie e carte trappola. I mostri hanno un valore in Stelle che ti farà capire se possono essere evocati immediatamente o se richiedono qualche azione extra. Mentre gli incantesimi e le carte trappola possono essere lanciate quando vuoi, anche “coperte”, così da attivarle solo vengono rispettate le condizioni scritte sulla carta stessa.

Yu-Gi-Oh Master Duel link
Fonte: Konami

Ogni mostro ha un valore di attacco e di difesa che determinerà in quale posizione vale la pena metterlo. Il tuo obiettivo è eliminare tutte le carte avversarie così da poter danneggiare i Life Points del rivale e ridurli a zero. Troverai una miriade di meccaniche più o meno complesse, come tutti i tipi di evocazione(Xyz, Link, Pendulum e tante altre), ma non posso spiegarti tutto nel dettaglio, poiché un’infarinatura generale richiederebbe un articolo a parte.

L’unico difetto di questo titolo sta nella durata delle partite, che spesso risultano davvero lunghe. Sì, a volte si raggiungono anche i 30 minuti, il che per un TCG che può essere giocato in “movimento” sembra un tantino esagerato. Senza contare che è disponibile anche per smartphone Android e iOS, dunque il concetto di “handheld” è molto spinto. Per questa ragione, è molto meglio giocarlo quando sai di avere tempo. Inoltre, uno dei fattori che “rovina” un po’ l’esperienza sta nelle prime battute dei match. Quando si parte per secondi, e il giocatore che abbiamo davanti è particolarmente avvezzo al titolo in questione è molto probabile che perderai nei primi turni senza avere possibilità di risposta. Il che può diventare frustrante, poiché non si impara nulla. E senza poter imparare non è possibile migliorare.

Devo comunque ammettere che Yu-Gi-Oh! Master Duel è decisamente un titolo che riesce nel suo intento, almeno considerando il gameplay. L’unica cosa che resta da giudicare, ma per questo ci vorrà del tempo, è il post-lancio. Ma la situazione sembra rosea.

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Risvegliare un passato mozzafiato

Dal punto di vista dell’aspetto tecnico, tutto ciò che riguarda Yu-Gi-Oh! Master Duel è davvero ben realizzato. L’unica pecca sono i testi molto piccoli delle carte, tant’è vero che Konami ha dovuto trovare un’alternativa per mostrare cosa una determinata carta può fare. La colonna sonora del titolo è estremamente gradevole e accompagna il giocatore in tutte le sue azioni. Gli effetti sonori e visivi danno già l’idea di quello che sta per scatenarsi sulla board e se una carta è forte o meno, dunque anche solo stando attenti a questi dettagli si riesce a capire costa sta succedendo sul campo di battaglia.

Yu-Gi-Oh Master Duel battaglia
Fonte: Konami

A questo proposito ti posso dire che gli sviluppatori hanno voluto realizzare diversi “campi” dove giocare, e saranno tutti disponibili all’acquisto tramite moneta in-game. Sono realizzati in modo davvero eccelso e danno il meglio su home console, rispetto alla versione Nintendo Switch, che invece ha delle pecche tecniche, soprattutto dal punto di vista grafico.

Ne vale la pena?

Ma vale la pena scaricare Yu-Gi-Oh! Master Duel? La risposta è sì, ma solo se sei davvero appassionato del TCG. Questo gioco ti pone davanti un competitivo agguerrito e mutevole. Stare al passo non è così semplice come con altri giochi di carte. Certo, dato che è disponibile come free to play vale la pena provarlo, magari diventerai il prossimo campione!

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: Gioco di Carte Collezionabili
  • Lingua: Italiano
  • Multiplayer: Sì
  • PrezzoFree to Play

Ho duellato con altri giocatori e con l’intelligenza artificiale per circa 10 ore prima di scrivere questa recensione.

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Editoriali

I valori dei Videogiochi: The Binding of Isaac

Spoiler alert!
Questo articolo contiene dettagli rilevanti sulla trama di The Binding of Isaac.

The binding of Isaac, letteralmente il sacrificio di Isacco. È un gioco rouguelike uscito nel 2011 per PC e portato successivamente su console. Ci si potrebbe chiedere come in un mondo videoludico sempre più propenso alla grafica realistica, ci sia ancora spazio per titoli come questo. Ebbene a volte la semplicità è la via migliore per portare il proprio messaggio. Badate a non confondere, però la grafica lineare di The binding of Isaac con la facilità di gioco. Il titolo infatti offre sempre nuovi obbiettivi e sfide.

The binding of Isaac è un gioco che ad una prima occhiata può sembrare effimero, ma che nasconde al suo interno una macabra sorpresa e una terribile storia di maltrattamenti e disfacimento famigliare. Il tutto finemente intessuto in un loop di partite che sono al contempo tutte uguali e ognuna unica nel suo genere.

Vi voglio rassicurare: nonostante il riferimento biblico, non si tratta di una rivisitazione fantasiosa del mito di Isacco, ma di un’opera ben più profonda.

Iniziando The Binding of Isaac

The Binding of Isaac madre

Isaac and his mother lived alone in a small house on a hill. […] Life was simple, and they were both happy. That was, until the day Isaac’s mom heard a voice from above.

The Binding of Isaac

Questa è la frase con cui il narratore ci intro­duce al gioco. La voce narrante è accompagnata da dei disegni in bianco e nero che ritraggono Isaac a sua madre.

Dio parla alla donna avvertendola che suo figlio è corrotto dal peccato, così lei tenta di correggere il bambino. Allontana da lui tutto ciò che è peccaminoso e anche di più, arrivando perfino a togliere i suoi vestiti. Fedele al mito di Isacco, Dio però non si accontenta e parla alla donna ancora una volta.

To prove your love and devotion, I require a sacrifice. Your son Isaac will be the sacrifice. Go into his room and end his life as an offering to me, to prove that you love above all else.

The Binding of Isaac

Con questa frase Dio chiede alla donna il gesto estremo di sacrificare suo figlio. La madre di Isaac accetta, afferra un coltello e si dirige verso la camera del figlio. Isaac vedendo tutto da una fessura nella porta della sua camera, cerca terrificato un posto in cui nascondersi. Alla fine vede una botola sul pavimento e senza esitazione vi entra solo per addentrarsi nell’ignoto al di sotto.

Questa a grandi linee è la storia che possiamo assaporare con un primo approccio al gioco.

Una storia a livelli

The binding of Isaac, però si può considerare una storia su più livelli. Questo non solo per il gameplay strutturato a piani consecutivi, ma anche per la profondità della vicenda narrativa stessa. Gli accadimenti legati alla trama del gioco vengono infatti presentati a più step. Si scopre la storia un tassello dopo l’altro. Come se l’autore del gioco ci avesse fornito un calendario dell’avvento dalle cui caselline possiamo estrarre piccole pillole di trama. La storia si costruisce giocando e rigiocando. Ogni nuova scoperta, ogni nuovo boss, ogni sfida superata ci porterà a comprendere sempre di più cosa sta succedendo.

The Binding of Isaac gameplay

Come se non bastasse, ad arricchire la situazione, ci sono anche i due livelli di narrativa: Isaac e la verità. I quali non sempre combaciano.

Le scene iniziali del gioco, narrate con disegni in bianco e nero, sono la storia che Isaac ci sta raccontando dal suo punto di vista, così come la sua mente ha elaborato ciò che è successo. In contrapposizione ai disegni del bambino ci sono le scene a colori che illustrano la realtà dei fatti. La rarità di queste ultime ci porterà a pensare che ciò che racconta Isaac sia reale, ma osservando attentamente si potranno notare delle incongruenze e arrivare alla medesima conclusione: la morte di Isaac.

La storia tramite gli oggetti

Gli oggetti. Forse gli elementi fondamentali del gioco. Grazie ad essi possiamo creare combinazioni sempre diverse sul personaggio rendendolo forte. Le sinergie che possiamo creare tra diversi item sono imprevedibili e anche solo un equipaggiamento sbagliato può rovinare la partita o ribaltarla.

The Binding of Isaac oggetti

Gli oggetti non sono però utili solo al giocatore in quanto tale, ma anche alla trama. In essi e nelle loro descrizioni infatti possiamo carpire dettagli che potrebbero chiarire qualche dubbio riguardo alla storia di Isaac. Gli “Healt up” ad esempio il cibo per cani o il latte avariato, o “Speed up” come la cintura e il cucchiaio, suggeriscono una storia di maltrattamenti nei confronti del piccolo Isaac.

Item come la parrucca della mamma o le innumerevoli pillole e siringhe insinuano la possibilità che la madre fosse malata. La figura che però si nasconde per lo più tra gli equipaggiamenti del gioco è proprio il padre. Dell’uomo sappiamo solo che se n’è andato e solo con l’ultima espansione si può individuarne vagamente la motivazione. Dad’s lost coin ad esempio allude al fatto che il padre fosse quella di un alcolista. La moneta in questione infatti si rivela essere un riconoscimento degli alcolisti anonimi per 24 ore di sobrietà.

Grazie alle ultime informazioni fornite da Repentance, possiamo meglio interpretare alcuni elementi come la fiches, le varie monete e le slot machine presenti. Il padre era un giocatore d’azzardo che ha perso tutti i risparmi della famiglia giocando solo per poi andarsene. L’idea che Isaac ha dei soldi è legata al ricordo del padre.

La contrapposizione

Nel gioco vediamo contrapporsi molti opposti, il bene e il male, Dio e il Diavolo, realtà e immaginazione. Giocare a The Binding of Isaac potrebbe ridefinire il vostro confine tra buono e cattivo o meglio sbiadirlo.

The Binding of Isaac artwork

Dal lato della Luce troviamo la madre di Isaac, cattolica accanita e timorosa di Dio ma anche la donna che vuole sacrificare suo figlio. Dall’altro abbiamo un padre che esortava il bambino ad utilizzare la sua fantasia e che seguiva il figlio molto più della madre. Un uomo che era però un alcolista e giocatore d’azzardo e che è assente dalla vita di Isaac perché ha lasciato la famiglia.

Entrambi i genitori sono perciò per il figlio delle figure discordanti e ambivalenti. La donna si presenta come una matrona impigrita davanti ai programmi televisivi cristiani. Per Isaac, la madre incarna una figura punitiva che cerca di legare il figlio alla realtà privandolo di tutte le fonti di divertimento, che normalmente un bambino dovrebbe avere. Allo stesso tempo però è colei che non lo ha abbandonato.

La figura maschile invece nella vita di Isaac è assente, infatti non se ne hanno informazioni fino all’ultima espansione. Le orme del padre sono meno evidenti nel gioco ma comunque presenti. Di lui si sa veramente poco e quel poco si può intuire dagli oggetti o dai dialoghi finali inseriti con Repentance. Ad Isaac il padre porta un esempio da non seguire. L’uomo è infatti un soggetto problematico ma spinge Isaac a sfruttare la propria fantasia e a rifugiarsi in essa quando la realtà gli sembra troppo.

Ed è proprio per questo che tutta la storia raccontata dai disegni di Isaac non può essere presa come realtà assoluta. Il bambino si trova a dover processare troppi traumi e si vede costretto a riscrivere, o in questo caso a ridisegnare, la realtà in modo da poterla affrontare.

Ascesa e discesa nei livelli dell’essere

How could you have spent our savings?

The Binding of Isaac – Repentance

Come hai potuto spendere i nostri risparmi? Questo domanda furiosa la madre di Isaac al marito nel dialogo inserito nel nuovo percorso ascendente. Durante il quale ripercorriamo tutti i piani attraversati dal nostro personaggio fino a quel momento.

Il percorso d’ascesa di Isaac comincia dopo aver trovato la Dad’s note. Non sappiamo cosa ci sia scritto su quel foglio di carta, ma questo porta Isaac a scontrarsi con la dura realtà. L’ascesa infatti rappresenta la risalita verso la realtà dalle profondità dell’inconscio che lo hanno portato all’alienazione.

In quest’ottica si può vedere tutta l’opera di McMillen, perciò anche il percorso che porta alla cattedrale può essere visto come il confronto del piccolo Isaac con la realtà della sua morte. La discesa può invece essere interpretata come l’alienazione sempre più estrema da un mondo troppo difficile da accettare.

Simbolicamente infatti l’atto di scendere nelle profondità può significare l’allontanamento di Isaac dall’immagine della madre armata di coltello, dal padre che ha abbandonato la famiglia e da tutti gli altri fatti inaccettabili per la giovane mente di un bambino.

La cruda realtà di The Binding of Isaac

Durante le innumerevoli partite al fianco di Isaac e dei suoi alter ego ci verranno forniti molti indizi per condurci a quella che poi è la realtà dei fatti. Isaac, spaventato dalla visione della madre armata di coltello, si rifugia dentro ad un baule. Vi rimane sfortunatamente bloccato dentro e cade preda di un delirio pre-morte in cui rivive parte della sua vita. L’accadimento è rappresentato nel gioco da uno dei boss più difficili chiamato appunto Delirium. Nella battaglia quest’ultimo assume la forma di molti boss o nemici del gioco quasi a volerci far ripercorrere la run.

Tutti gli indizi però sembrano portare alla cruda realtà dei fatti: Isaac è morto asfissiato nel baule mentre tentava di nascondersi dalla madre. Lo suggeriscono altri personaggi come The Forgotten e ??? (comunemente conosciuto come Blue Baby) che rappresentano il destino toccato al corpo del piccolo Isaac.

Il percorso fatto e il traguardo

Tutti i percorsi fatti quindi sembrano portare alla macabra verità della morte di Isaac. Secondo la mia interpretazione, inoltre tutta la storia viene raccontata in ultima fantasia del bambino. Una volta battuto the Beast si scopre che il narratore di tutta la vicenda altri non era che il padre di Isaac. Forse invocato per un ultima volta dalla mente del figlio per aiutarlo a trapassare.

Dad: Are you sure this is how you want this story to end, Isaac? […] Maybe a happy ending?

Isaac: Okay, Daddy.

Dad: Good, are you getting sleepy yet?

Isaac: Yeah

Dad: Okay, so… Isaac and his parents lived in a small house…

The Binding of Isaac – Repentance

Il papà chiede al bambino se vuole che sia quella la fine della storia. Suggerendo che forse non è troppo tardi per pensare ad un lieto fine. Con questa immagine voglio pensare alla rievocazione della figura paterna come a quella di un trito mietitore che accompagna Isaac verso la morte con una favola della buona notte.

The Binding of Isaac

Devo ammettere che quando mi sono approcciata a questo gioco ero piuttosto scettica, non mi sembrava il giusto soggetto su cui investire il mio tempo. Mi sono dovuta ricredere. Escludendo la storia, di cui ho già ampiamente parlato, il gioco è veramente divertente e anche quando ti sembra di averne avuto abbastanza non vorresti smettere.

Il giocare e rigiocare mi ha portato poi a farmi delle domande. Le poche scene sparpagliate per il gioco che ci raccontano un po’ di Isaac portano ad una linea generale unica ma ancora a libera interpretazione. È certo che giocando a The Binding of Isaac mi sono un po’ risentita bambina. Ho ripercorso le paure dell’infanzia come i ragni o i vermi. Ho sperimentato vecchie fobie che crescendo si impara a dominare come il timore del buio e la paura di perdersi rappresentata nel gioco dalle maledizioni che posso presentarsi nei vari piani.

Ultima cosa, ma non per importanza: questo gioco mi ha fatto riflettere su quanto a volte possiamo dare per scontato ciò che si guadagna crescendo con una famiglia che ti ama.

Invito tutti a provare a giocare a questo gioco e di fermarsi a pensare. Aprite The Binding of Isaac e per questa volta non pensate a giocare un roguelike ma ad una storia.

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Editoriali Guide

Pokémon Colpo Fusione: i migliori mazzi del meta

Il meta di Pokémon GCC si sta stabilizzando e finalmente possiamo tirare le somme, analizzando i migliori mazzi del meta di Colpo Fusione.

Il mazzi più forti del momento del gioco di carte collezionabili Pokémon sono cambiati, perché il Mew Genesect è il nuovo mazzo da battere. Mew Genesect è basato su Mew VMAX, pokémon colpo fusione psico con debolezza buio e resistenza lotta. Di conseguenza, tutti i mazzi con debolezza psico sono svantaggiati e i pokémon lotta, come Urshifu VMAX, stanno diventando sempre più rari. D’altro canto, i mazzi buio hanno trovato nuovi giocatori.

Tutto questo ha portato a un nuovo meta in cui bisogna scegliere se giocare Mew Genesect, un mazzo che lo countera o altre liste che prima avevano meno spazio a causa di Urshifu.

Mew Genesect

Mew Genesect sfrutta tutte le migliori carte dell’espansione Colpo Fusione e il risultato è strepitoso. Il funzionamento del mazzo è lo stesso già visto per Mew & Mewtwo GX. Colpo Fusione Incrociato di Mew VMAX ti permette di attaccare usando l’attacco dei pokèmon Colpo Fusione nella tua panchina (costo due). In questo caso, l’unico veramente disponbile è Tecnobotto di Genesect V.

Nonostante i danni non siano molti, il mazzo funziona bene, grazie alla conosistenza fornita dagli strumenti Colpo Fusione e dall’abilità di Genesect V:

Una sola volta durante il tuo turno, puoi pescare fino ad avere in mano un numero di carte uguale a quello dei tuoi Pokémon Colpo Fusione in gioco.

Ability: Sistema Colpo Fusione di Genesect V

Lo scopo è avere, il prima possibile, tanti Genesect V. Per questo motivo, il Superpass VIP Lotta è molto importante. Infine, Compressa Energetica e Leggiadria di Camelia fanno il resto.

Migliori mazzi buio: Gengar VMAX e Sableye Inteleon

Il modo migliore per counterare un mazzo pokémon è sfruttare la sua debolezza. Ti consiglio quindi di usare i migliori mazzi buio attualmente disponibili nel meta di Colpo Fusione: Gengar VMAX e Sableye Inteleon.

Gengar VMAX è una nuova carta Colpo Singolo con una strategia semplice: fare un sacco di danni. Gli attacchi di Gengar VMAX sono due: Paura e Ansia, e Gigainghiottire. Il primo (costo due) infligge 60 danni per ogni Pokémon V (e GX) dell’avversario. Il secondo fa 250 danni, ma non permette di attaccare al turno successivo.

Il mazzo Gengar VMAX funziona grazie ai suoi potenti supporti. Il più importante è Houndoom, la cui abilità fornisce un’Energia Colpo Singolo a Gengar VMAX ogni turno. Il Boato Colpo Singolo di Houndoom velocizza il caricamento di Gengar VMAX, che puoi anche ritirare facilmente con Energia Oscurità Nascosta; infatti, questa energia annulla i costi di ritiro di tutti i pokémon buio.

Sableye Inteleon è tornato di moda perché Sableye V è un pokémon buio (base), che grazie a Inteleon può mettere KO qualsiasi pokémon VMAX. L’attacco principale di Sableye V infligge 60 danni extra per ogni segnalino presente sul pokémon avversario attivo. Diventa dunque molto interessante la combo con l’abilità di Inteleon, che aggiunge segnalini danno ai pokémon avversari. Ovviamente, la strategia è devastante contro i pokémon deboli al tipo buio.

Il ritorno di Jolteon VMAX e Zacian V

La dipartita dei mazzi lotta e la scarsa presenza di pokémon fuoco, ha dato una seconda possibilità a due vecchie conoscenze: Jolteon VMAX e Zacian V.

Jolteon VMAX è presente in meta con due mazzi già visti con Evoluzioni Eteree, espansione ancora oggi molto importante. Il primo è il classico Jolteon Inteleon, mentre il secondo è una versione simile con Jolteon VMAX e Zigzagoon. Entrambi sfruttano il velocissimo Jolteon VMAX, che può attaccare un membro della panchina avversaria per 100 danni, a cui si aggiungono i segnalini danno di Inteleon o Zigzagoon.

Zacian V ha un’abilità fortissima. Spada Indomita permette di caricare velocemente qualsiasi pokémon metallo. Per questo motivo, Zacian V è usato in due versioni: in un mazzo con Duraludon VMAX e in uno con Zamazenta V.

Duraludon VMAX non ha debolezze e, soprattutto, previene tutti i danni dei pokémon che hanno energie speciali assegnate. Questa abilità gli permette di resistere almeno due turni in battaglia, il tempo necessario per fare 440 danni. Zamazenta V, invece previene tutti i danni dei VMAX e il suo attacco fa scartare un’energia speciale all’avversario. In altre parole, countera perfettamente il meta attuale.

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Giochi di gruppo: consigli su cosa giocare a Natale

Fuori ancora non nevica, ma già per le strade si può percepire il calore delle feste. Il gusto dolce del pandoro, i colori dell’albero, l’odore del muschio nel presepe, le note di Jingle Bells; questo per me significa Natale, ma più di tutto questo significa passare del tempo con la famiglia a fare giochi di gruppo, e ridere insieme. Spendere le nostre ore con le persone importanti a cui durante l’anno magari non riusciamo a concedere il tempo che vorremmo. 

Non c’è gioia più grande del condividere le proprie passioni con le persone a cui vogliamo bene. I videogiocatori non fanno eccezione; anche se solitamente siamo considerati creature solitarie, a Natale vorremmo poter coinvolgere la nostra famiglia nei videogiochi. Magari potremmo portare in famiglia una ventata di innovazione qualcosa di diverso dalle vecchie tradizioni. Quest’anno invece della vecchia cara tombola, si potrebbe fare una partita a qualche videogame da giocare in gruppo.  

Così come ho fatto con i giochi per due, sono qui a consigliarvi una lista di giochi di gruppo da usare come alternativa ai tradizionali giochi da tavolo in famiglia.  

Giochi di gruppo con tabellone virtuale: Mario Party Superstars 

Super Mario Party
Super Mario Party

L’idraulico di Nintendo viene in nostro soccorso con un titolo divertente che nulla ha da invidiare al gioco dell’oca. Nato sul Nintendo 64, Mario Party incarna perfettamente il concetto di party game. Usufruibile su Nintendo Switch con l’ultimo capitolo della linea o su console più datate come Wii, questo videogioco riprende il caratteristico tabellone da gioco da tavolo e lo trasporta in un mondo virtuale. I personaggi a fare da pedine sono proprio Mario e i suoi amici che si sfidano in minigiochi sempre più divertenti allo scopo di conquistare le superstar e vincere il gioco. 

Si tratta di un gioco divertente e coinvolgente, ma vi devo però avvertire: chi ci ha giocato ha riscontrato un aumento nel livello di divertimento. Scherzi a parte Mario Party Superstar è il videogioco di gruppo perfetto da giocare in famiglia aspettando si sedersi a tavola per il cenone della Vigilia. 

Mario Kart 8 Deluxe

Mario Kart
Mario Kart

La serie di videogiochi dedicati a Mario include un altro titolo degno di nota, che può divertire un ingente numero di giocatori anche in locale. Mario Kart è sostanzialmente un gioco di corse. I veicoli sono personalizzabili e diversi per ogni personaggio giocabile, ma a distaccare Mario Kart da qualsiasi altro gioco di corse sono i suoi circuiti fantastici e divertenti. Inoltre, correndo per le piste si possono raccogliere dei potenziamenti o oggetti che aiutano a battere gli altri avversari. Potrebbe sembrare sleale, ma vi posso assicurare che una volta iniziato a giocare, capirete che non esiste Mario Kart senza gusci e funghi. 

Mario Kart è un gioco adatto alle famiglie, ma che mi sento di consigliare ai grandi gruppi di amici che magari vorranno passare il capodanno in compagnia. Quindi cotechino, lenticchie e Mario Kart quest’anno, che ne dite? 

Super Smash Bros Ultimate

Super Smash Bros Ultimate
Super Smash Bros Ultimate

Kirby, Super Mario, Pokémon, Zelda, e Kingdom Hearts. Cos’hanno in comune tutti questi videogiochi La risposta è Super Smash Bros Ultimate

Volete un gioco in cui i personaggi di Mario prendono a calci e pugni quelli di Metroid? Questo è quello giusto. Sui paesaggi colorati in stile cartoon potrete sperimentare lotte all’ultimo colpo con i vostri personaggi preferiti e sfidarvi con i vostri familiari.  

Scontratevi con la vostra cuginetta collegando la Switch alla tv e date spettacolo a tutta la famiglia per un natale tutto Nintendo. 

Call of Duty

Call of Duty: Vanguard
Call of Duty: Vanguard

Se passate le Feste tra maschietti vi consiglio Call of Duty, qualsiasi versione (anche se è appena uscito l’ultimo capitolo, Vanguard, che abbiamo anche recensito). Proiettili, mimetiche e mappe tutte diverse, Call of Duty è uno sparatutto che accoglie più di due giocatori in locale e permette di vivere un’esperienza di scontro dettagliata e divertente. Ci sono numerose armi tra cui scegliere, così da potersi creare un personaggio perfetto per le proprie capacità e preferenze. Quindi se volete passare una serata a ritmo di spari e attacchi aerei Call of Duty fa al caso vostro. 

Go Vacation

Go Vacation
Go Vacation

Grazie a Go Vacation, anche se passerete il Natale in casa, vi sembrerà di essere in vacanza. Avventuratevi nei resort disponibili, divertitevi a esplorare la zona circostante e provate tutte le attività possibili. Premesso di avere tutti i controller necessari per giocare, potrete godervi una vacanza virtuale comodamente seduti sul divano di fianco ai vostri familiari. 

Ci sono davvero tantissimi minigiochi possibili dentro questo titolo nato su Wii e poi portato su Nintendo Switch. Si può giocare una partita di beach volley e un attimo dopo fare lo slalom con gli sci o ancora fare skate in città. C’è davvero l’imbarazzo della scelta. 

Just Dance

Just Dance 2022
Just Dance 2022

Il Natale e il Capodanno portano con sé musica e festeggiamenti, quindi quale gioco migliore da proporre se non Just Dance? Impugnate i Joy Con della vostra Switch e scuotetevi a ritmo per conquistare punti. Sullo schermo vedrete un ballerino senza volto che vi mostrerà le mosse da fare, imitatelo e diventate superstar. C’è una versione diversa per ogni anno aggiornata con le ultime hit del momento. Inoltre da qualche anno si può usufruire di un abbonamento che mette a disposizione tutte le canzoni delle versioni già pubblicate. Grazie a Just Dance quest’anno scoprirete chi è il più coordinato in famiglia. 

Overcooked

Overcoocked! All you can eat
Overcoocked! All you can eat

Si sa che per il Cenone c’è già tanto da cucinare, ma se mai voleste rimettervi virtualmente ai fornelli allora vi consiglio Overcooked: All You Can Eat. Questo gioco è per massimo 4 giocatori in locale; collaborate o sfidatevi nella cucina più caotica del Playstore per completare il servizio. Ci sono tantissime ricette e cuochi giocabili; inoltre, ci si può districare tra i piatti di tante cucine tipiche come quella giapponese, italiana e chi più ne ha più ne metta. 

Insomma, se in casa siete tutti appassionati chef o volete essere solidali alla mamma che in cucina sta preparando tutto per imbandire la tavola, allora sfidate i vostri invitati a Natale a questo gioco culinario di qualità. 

Giochi di gruppo: meglio giocare in locale

Giocare ai videogame è un bellissimo passatempo, ma le persone a noi care lo sono ancora di più. Giocare online con giocatori del nostro stesso livello rappresenta sempre una sfida, ma giocare con i nostri famigliari e amici, anche se del tutto inesperti, credo possa dare un senso tutto nuovo al Natale e fornici una prospettiva diversa sulle persone che abbiamo intorno, e viceversa. Quindi, buon divertimento e buon Natale!

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Pokémon Perla Splendente e Diamante Lucente – Recensione

Recensione IN BREVE

Pokémon Perla Splendente e Diamante Lucente sono un discreto remake di uno dei capitoli Pokémon meno apprezzati. ILCA ha fatto un buon lavoro su tutte le modalità secondarie, con un picco di ispirazione sui Grandi Sotterranei. Purtroppo, la trama originale non ha ricevuto nessuna modifica, rimanendo anacronistica e terminando senza sussulti. Il buon lavoro degli sviluppatori meritava maggiore fiducia da parte di Pokémon Company, che hanno dimostrato di avere tutte le carte in regola per fare un buon lavoro. Un’occasione mal sfruttata in generale, ma che porta comunque nuovi interessanti contenuti per i fan amanti del collezionismo.

7.5


Il panorama videoludico ben conosce il rifacimento di giochi su altre piattaforme. Già dai tempi del Game Boy ci è stata data la possibilità di provare in mobilità titoli originariamente disponibili su console casalinghe come il Super Nintendo. In un periodo storico in cui c’è un’evidente necessità di mostrare grandi glorie a nuove generazioni, è ancora difficile trovare una logica comune che permetta di valutare un remake. Pokémon Perla Splendente e Diamante Lucente sono un chiaro esempio di quanto possa essere soggettiva la valutazione di un’opera, soprattutto se lo sviluppatore è il primo a non avere le idee chiare.

Per la prima volta, Game Freak non ha lavorato su un titolo principale della saga; infatti, il team è impegnato con Leggende Pokémon Arceus, probabilmente sotto la stretta supervisione di Nintendo, con cui da qualche periodo condivide gli uffici. Per questo motivo, Pokémon Perla Splendente e Diamante Lucente sono stati sviluppati da ILCA, nota per due ottimi titoli come NieR: Automata e Yakuza 0. Questa importante premessa è essenziale per dare una spiegazione al motivo per cui questi nuovi giochi sono eccessivamente fedeli agli originali, ma allo stesso tempo portano interessanti novità, decisamente poco amalgamate con tutto il resto.

Iniziamo su Pokémon Perla Splendente e Diamante Lucente

Antiche storie

C’era una volta un bambino di circa 12 anni, che viene mandato in giro per il mondo da una mamma poco attenta alla salute del suo pargolo. Questo canovaccio è stata la base dei primissimi titoli Pokémon per anni e lo stesso vale per Perla Splendente e Diamante Lucente, che non cambiano nemmeno una virgola di una trama decisamente anacronistica per 2021, ma in realtà vetusta anche nel 2006. Nel nostro caso, abbiamo vissuto con una certa nostalgia la visuali 2D che racconta un bambino che da zero arriva a diventare campione assoluto, sconfiggendo anche il poco temibile Team Galassia. D’altro canto, chiunque voglia cercare nella storia principale un motivo per acquistare Pokémon Perla Splendente e Diamante Lucente, rimarrà deluso.

Del resto, il franchise Pokémon non è mai stato eccessivamente brillante per le storie proposte. Rivolte maggiormente a un pubblico molto giovane, le trame passano molto spesso in secondo piano a favore di un level design molto spesso profondo. Pokémon Perla e Diamante esprimono proprio questo concetto, perché mostrano come Game Freak avesse anticipato i tempi. Oggi i metroidvania sono all’ordine del giorno e sembra quasi banale muoversi in una mappa che adotta il backtracking per scoprirne tutti i segreti; non era così scontato nel 2006 e nel 2021 la mappa rimane al passo con i tempi.

Sproporzionati per design

La scelta stilistica è una delle decisioni più complicate per un remake, poiché bisogna trovare l’esatto equilibro tra rispetto e coraggio. Riuscire ad accontentare tutti non è semplice, ma il lavoro svolto da ILCA è decisamente apprezzabile. Lo stile prettamente nipponico del chibi, cioè personaggi di bassa statura, in questo caso con una testa decisamente sproporzionata, vuole esagerare quanto già mostrato nei capitoli originali, riuscendo nell’intento di portare la giusta dose di vivacità e spensieratezza.

Sotto questo punto di vista, i complimenti maggiori vanno al comparto audio decisamente ispirato, con una dovizia di particolari sui remix di quanto già sentito in Pokémon Perla e Diamante. Le nuove tracce mutano le vecchie sotto una nuova vesta, senza snaturare, ma anzi esaltando l’ottimo lavoro dei compositori.

Una vita troppo spensierata

Come tutti i remake, anche Pokémon Perla Splendente e Diamante Lucente ricevono dei miglioramenti sulla, così denominata, qualità della vita. Non sappiamo se è stato totalmente voluto, ma le novità apportate dai ragazzi di ILCA hanno aggiunto due novità che hanno profondamente cambiato l’esperienza, e soprattutto la difficoltà, di gioco. Stiamo parlando dell’esperienza condivisa obbligatoria e l’utilizzo delle MN (Macchine Nascoste) sul PokéKron.

L’esperienza condivisa è ormai nota ai fan della serie, ma non esisteva nei primi capitoli, in particolare in Pokémon Perla e Diamante. Si tratta dunque di un’aggiunta scontata, ma che non ci aspettavamo di non poter disattivare; questo ha reso i remake molto più semplici dei capitoli originali, che diventano una lunga passeggiata intervallata da uno svogliato click del tasto A.

A rendere ulteriormente più facile la nostra scalata verso la vittoria è il PokèKron: uno smartwatch che permette l’installazione di svariate app durante l’avventura. I fan di vecchia data ricorderanno la necessità di sacrificare uno slot della propria squadra di Pokémon Perla e Diamante per Bidoof; pokémon catturabile sin dalle primissime battute, utilissimo perché può imparare quasi tutte le Macchine Nascoste. In altre parole, poco efficiente in battaglia, ma fondamentale per il proseguo dell’avventura e del backtracking. In questo nuovo remake, per sua sfortuna, il povero Bidoof è stato sostituito dallo smartwatch, che permette di utilizzare le MN senza il bisogno di assegnare l’abilità a un Pokémon in squadra; di conseguenza, l’allenatore può disporre di sei slot di Pokémon capaci di menar le mani, rendendo di fatto l’esperienza molto, troppo semplice.

Bidoof in Pokémon Perla Splendente e Diamante Lucente

L’importanza del superfluo

La maggior parte delle novità presenti nei due remake sono volti ad espandere l’esperienza di gioco oltre l’immutata trama principale. Questo compromesso probabilmente concordato tra ILCA, Game Freak e Nintendo, ha permesso allo studio di sviluppo di stravolgere alcune modalità. Le due modalità principali da svolgere durante l’avventura sono le Gare Pokémon e i Grandi Sotterranei.

Le Gare Pokémon sono state cambiate e divise in due fasi. La prima consiste nella valutazione della Poké Ball usata, che dovrà essere decorata con un nuovo oggetto collezionabile: i bolli. Questi sticker si possono trovare durante tutto il gioco, soprattutto parlando con i personaggi non giocanti sparsi per la mappa. Per decorare le sfere vi è un’apposita sezione denominata Decora Ball, dove sbizzarrirsi con le proprie creazioni.

La seconda parte della gara, invece è rhythm game, basato sul premere i tasti al momento giusto e, una volta per gara, usare una mossa del proprio Pokémon. Tutte le mosse hanno una valutazione in cuori e se usata al momento giusto, cioè dopo che un altro Pokémon in gara ha usato la propria, si otterrà qualche punto in più. La Gara Pokémon è una modalità che non aggiunge nulla al mondo di gioco, ma permette agli amanti del collezionismo di spendere ancora più ore all’interno dei titoli.

Gare Pokémon in Pokémon Perla Splendente e Diamante Lucente

Gotta Catch ‘Em All!

I Grandi Sotterranei sono l’upgrade più importante di Pokémon Perla Splendente e Diamante Lucente e allo stesso tempo quella che giustifica le perplessità su una mancata omogeneità del remake. Basati sui meno estesi Sotterranei dei titoli principali, la nuova versione della modalità si rivela decisamente appagante per dimensioni e quantità di cose da fare. L’esplorazione può durare diverse ore a cui bisogna aggiungere la possibilità di estrarre tantissimi collezionabili, sia offline che via wi-fi, e di costruire la propria base segreta. A tutto questo, bisogna aggiungere quanto già visto in Pokémon Let’s Go e Pokémon Spada e Scudo, cioè la possibilità di incontrare in specifiche zone dei sotterranei Pokémon ben visibili in-game.

I fan dei JRPG ben conoscono lo stile della mappa dei Grandi Sotterranei (ma anche gli appassionati di Darkest Dungeon o nel mio anziano caso i primi titoli per PlayStation di Digimon), basata su cunicoli che legano tra loro delle aree specifiche, ricche di differente flora e fauna. Solo in questa zona, accessibile praticamente sempre via Esplorokit ricevuto ad Evopoli, è possibile incontrare moltissimi Pokémon, che oltre a essere più forti del normale, permettono anche di completare un Pokédex ampliato di circa 500 mostriciattoli.

Nel 2021, i Grandi Sotterranei sono un’ottima feature per un remake. Consentono di sfruttare la modalità online, ampliano il gioco per moltissime ore e appagano il collezionismo di tutti i fan Pokémon. Purtroppo generano anche una piccola delusione; infatti, questa modalità è così ben realizzata che viene da pensare cosa avrebbe potuto fare ILCA se avesse avuto maggiore libertà anche sulla terra emersa di Sinnoh. Esattamente in linea con la valutazione con le Terre Selvagge di Pokémon Spada e Scudo, sembra che i team di sviluppo del franchise abbiano tante nuove idee che non si stiano sfruttando a dovere per mancanza di coraggio e soprattutto tempo; da ricordare, infatti, come il franchise Pokémon proceda alla stessa velocità di altri titoli annuali come Call of Duty o FIFA, che hanno tutti in comune una noiosa riproposizione di quanto già visto nel titolo precedente.

Endgame

Dopo aver completato Pokémon Blu sul Game Boy Color, il mio endgame consisteva nel livellare al massimo i miei Pokémon sfidando continuamente la Lega Pokémon di Kanto in attesa di incontrare i pochi possessori di Pokémon Rosso che conoscevo per completare il Pokédex. Su Pokémon Spada e Scudo, invece l’endgame è il competitivo, dove le teorie statistiche di 20 anni fa sono diventate scienza, seguita costantemente anche da Game Freak per bilanciare la sua ultima opera. In Pokémon Perla il competitivo è assente e si torna dunque indietro ai primi capitoli della saga, dove l’achievement finale era il completamento del Pokédex.

Da questo ragionamento, è stata introdotto Parco Rosa Rugosa, una nuova area che sostituisce il Parco Amici. Il nuovo parco consente di ampliare il Pokédex, catturando anche i Pokémon Leggendari delle prime tre generazione di Pokémon. Per farlo sarà necessario recuperare dei Frammenti dai Grandi Sotterranei da scambiare con le piastre dei Pokémon che vogliamo incontrare e catturare.

Conclusione

Pokémon Perla Splendente e Diamante Lucente permettono a tutti i fan della saga di conoscere per la prima volta, o riscoprire, Sinnoh in vista di Pokémon Leggende: Arceus. Per molti appassionati, Perla e Diamante sono tra i titoli meno brillanti della serie, ma ci è sembrato che non fosse nell’intenzione di The Pokémon Company migliorare il loro status con questi remake; infatti, il lavoro di ILCA si è concentrato soprattutto sull’ampliare modalità secondarie e svecchiare un titolo di 15 anni fa.

Nonostante i remake siano mediocri così come i titoli principali, al suo interno ci sono dei picchi interessanti per una determinata categoria di videogiocatori. I Grandi Sotterranei e Parco Rosa Rugosa possono fornire diverse ore di divertimento extra agli appassionati del collezionismo, che probabilmente daranno un significato anche alle soporifere Gare Pokémon. Proprio questi giocatori sono il target principale di Pokémon Perla Splendente e Diamante Lucente, il cui scopo secondario è anche creare il giusto clima per il lancio di Pokémon Leggende: Arceus.

In altre parole, se cercate un RPG interessante e profondo, Pokémon Perla Splendente e Diamante Lucente vi deluderà. In egual misura, non ci sono grandi motivi per acquistare questo remake se avete già provato i titoli passati, considerando che probabilmente sarebbe stato più utile partire da Pokémon Platino piuttosto che da Perla e Diamante. D’altro canto, se volete recuperare un tassello della saga che vi siete persi, Pokémon Perla Splendente e Diamante Lucente hanno una grande quantità di contenuti che vi permetterà di conoscere Sinnoh al meglio.

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: RPG
  • Lingua: italiano
  • Multiplayer: si
  • Prezzo59,99€

Mi sono aggiudicato il titolo di Campione della regione di Sinnoh dopo circa 15 ore grazie a un codice di Pokémon Perla Splendente gentilmente fornito da Nintendo.

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Recensioni

Carrion – Recensione: il difficile incontro tra Metroidvania e Carpenter

Recensione in un Tweet

Carrion è un titolo che si basa su un’ottima idea, ovvero interpretare noi stessi il mostro. Ed in questo riesce davvero benissimo, mostrando una creatura inquietante e divertente da controllare. Al tempo stesso però la componente prettamente ludica del titolo soffre di non poche criticità. Cacciare i poveri rimane divertente, peccato che il titolo duri davvero poco ed abbia rigiocabilità pressoché nulla. Da acquistare se siete fan del reverse horror, a patto di scendere a compromessi con i limiti che Carrion si porta dietro.

7.5


La Cosa, la leggendaria pellicola diretta da John Carpenter, ha da sempre un posto speciale nel mio cuore di appassionato del genere sci-fi, assieme ad Alien e pochi altri esponenti. Capirete quindi che non potevo farmi scappare Carrion, reverse horror sviluppato da Phobia Game Studio che per ovvie ragioni si ispira al cult sopra citato. Di titoli in cui impersoniamo eroi pronti a combattere aberrazioni di ogni tipo ne è pieno il mondo; di titoli in cui siamo NOI l’aberrazione se ne trovano assai pochi invece.

Carrion offre proprio questo, la possibilità di impersonare il mostro, la cosa, e stavolta il nemico – o per meglio dire, la preda – è proprio lui, l’uomo.

Un orrore strisciante

Come già detto, stavolta siamo noi a vestire i panni della creatura. E lasciatemelo dire, qui i ragazzi di Phobia Game Studio hanno fatto un lavoro più che eccellente. Il protagonista di Carrion è un ammasso organico dalla natura non meglio specificata, un alga o un qualche tipo di verme primitivo forse. Si muove a velocità fulminea grazie ad i suoi innumerevoli tentacoli, ed è in grado di sgattaiolare in qualsiasi anfratto. Dotato di svariate fauci acuminate, sembra la materializzazione fisica del più terribile tra gli incubi.

Carrion
Ecco la creatura che andremo a controllare

Le premesse narrative sono semplici ed appena accennate; l’obiettivo della creatura è uno soltanto, fuggire dalla base militare in cui è stato rinchiuso, o magari creato. A fronteggiarlo saranno i malcapitati occupanti della base, quelle fragili creature chiamate uomini. Armate, certo, ma pur sempre fragili, soprattutto per le sue lame.

In qualsiasi reverse horror che si rispetti il focus principale è il mostro, e qui ne troviamo uno a dir poco perfetto. Aspetto, movenze, versi, tutto è stato studiato nei minimi particolari. Veder sfrecciare la cosa tra soffitti, cunicoli o tubature è incredibilmente appagante ed inquietante allo stesso tempo, anche grazie all’estrema fluidità che cozza con le dimensioni del mostro. I suoi attacchi sono brutali e restituiscono un feedback perfetto, potente. Il tutto è poi animato in una bellissima pixel art, fiore all’occhiello della produzione polacca.

Abilità mostruose

Bene, quindi cosa è Carrion? Potremmo definirlo come un metroidvania alla lontana in realtà, con una componente puzzle abbastanza elementare. Il nostro compito è semplice, muoverci per un Hub centrale – Frontier – ed invadere le varie zone della base ad esso collegate, al fine di acquisire abilità via via più potenti. Il mostro si contraddistingue infatti in tre “stadi evolutivi”.

Carrion al sole
Dopo un massacro la bestia si gode una piccola sosta al sole

Durante le primissime fasi della partita ci ritroveremo a comandare un mostriciattolo, piccolo ma pur sempre letale. Come crescere? Ovviamente divorando i malcapitati scienziati che avranno la sfortuna di incrociare la nostra strada. È così che pian piano ci ritroveremo a comandare una massa informe delle dimensioni di una automobile. Inoltre durante le razzie il mostro si imbatterà in varie celle di contenimento, che dopo esser state aperte doneranno abilità essenziali alla risoluzione di scontri armati e puzzle ambientali.

Ecco uno dei pochi tipi di nemici che incontreremo

Ovviamente all’interno di una base militare sotterranea non possono mancare due elementi: gli scienziati ma soprattutto i militari. I primi rappresentano un gradito pasto per la creatura, ma i secondi possono rivelarsi avversari davvero temibili. Le fasi prettamente action in Carrion difatti ci vedono fronteggiare un piccolo esercito composto da soldati, droni da combattimento e – nelle fasi avanzate – addirittura mech. Ogni nemico è una sorta di piccolo puzzle, come ad esempio i soldati, dotati di scudo frontale che per forza di cose andranno colpiti alle spalle, o sopresi durante le loro ronde. Insomma, gli umani offriranno quel pizzico di sfida necessario a non rendere noiosa l’esperienza di gioco, fortunatamente.

Ovviamente non parliamo di un titolo stealth, ma fa piacere notare come gli scontri possano spesso esser risolti in maniera “diretta” o sfruttando il level design ed i poteri della creatura. Menzione d’onore poi per l’abilità “Parassitismo” che ci permetterà di prendere il controllo di un umano; si, anche dell’umano che sta pilotando quel mech. Tocca però segnalare che la varietà di nemici è davvero bassa, e dopo un paio d’ore ogni combattimento avrà quell’amaro retrogusto di “già visto”, peccato.

Carrion, controllo
L’abilità di poter controllare gli umani è sicuramente la più riuscita.

Si potrebbe anche parlare dei “puzzle ambientali”, che però sono talmente banali da non richiedere un paragrafo a parte. Tutto ruota attorno all’utilizzare l’abilità giusta per tirare questa o quella leva, ed il modo in cui risolverli è sempre abbastanza ovvio.

Senso d’orientamento

Come già detto Carrion è fondamentalmente un metroidvania. Ed ogni metroidvania che si rispetti presenta mappe labirintiche, intricate, enormi, come ci dimostra il recente Metroid Dread. Carrion però non offre una mappa labirintica, enorme ed intricata, anzi, le varie aree risultano abbastanza striminzite. La navigazione è praticamente su rotaia, il titolo mette sempre il giocatore sulla strada giusta, la via “ovvia” per la quale dirigersi.

La tanto agognata superficie, ma stavolta è andata male alla creatura

Ma attenti, non commettete l’errore del sottoscritto, non deviate MAI dal percorso che il titolo suggerisce. Pena per tale errore è la certezza matematica di stare a vagare una buona mezz’ora al fine di ritrovare la via maestra. Direte voi: “se mi perdo consulto la mappa, no?”. No, questa è la risposta. Inspiegabilmente questo metroidvania non offre una mappa consultabile, espediente utilizzato forse al fine di nascondere le dimensioni piuttosto modeste del mondo di gioco.

La varietà visiva dei settori poi non agevola assolutamente l’orientamento; ogni area è praticamente identica a quella successiva, un groviglio di cunicoli, tubature con uscite a senso unico, ascensori etc. Capirete quindi che il rischio di deviare dal percorso prestabilito e vagare senza meta per troppo tempo è sempre dietro l’angolo. Anche l’hub centrale risulta inutilmente complesso, considerando che dovrebbe essere una semplice mappa in cui spostarsi tra le varie zone.

Una delle abilità del mostro, dividersi in tantissimi vermi se a contatto con l’acqua

Ironico tra l’altro che il gioco possieda dei “collezionabili”, nove celle di contenimento extra da scovare all’interno delle varie aree, e che forniscono bonus addizionali come salute aumentata o più energia per le abilità. Bonus praticamente inutili, sia chiaro, ma che risultano comunque una piacevole aggiunta. Non fosse che per scovarle tocca intraprendere delle deviazioni, e questo ci porta al problema di prima, ovvero il concreto rischio di perdere l’orientamento. Peccato, perché alcune di queste celle offrono dei puzzle un minimo più articolati ed appaganti.

In conclusione

Carrion parte da un’ottima idea, ed alcune sue componenti sono sviluppate in maniera davvero egregia. In particolare la realizzazione del mostro è magistrale, e questo è un enorme punto a favore se parliamo di un reverse horror. La storia è sì abbastanza banale, ma riesce ad intrattenere quel tanto che basta, e soprattutto riserba un gran bel finale. Peccato però per la durata, decisamente striminzita, che si attesta sulle 3-4 ore totali.

Il problema sorge quando analizziamo la componente prettamente ludica del titolo. La varietà di nemici è praticamente assente, e dall’inizio alla fine incontreremo ben cinque tipologie di avversari, decisamente poche. La navigazione – componente fondamentale in un metroidvania – fila liscia fin quando il giocatore segue religiosamente la via tracciata dagli sviluppatori. Alla prima deviazione intrapresa la mancanza di una mappa si sente tutta, e ritrovare il percorso da compiere è noioso e complicato.

In poche parole Carrion si basa su un’ottima idea, con punti di forza importanti, ma che presenta anche delle criticità non da poco. Se siete dei fan dei reverse horror è sicuramente un titolo da tenere in considerazione, seppur con qualche riserva.

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: Metroidvania
  • Lingua: Inglese
  • Multiplayer: No
  • Prezzo19,99€

Ho sfamato la mie diverse orripilanti bocche per circa 4 ore grazie a un codice per Nintendo Switch gentilmente fornito dal publisher.

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Editoriali

Monster Hunter Stories 2, ne vale davvero la pena?

Non ne farò mistero, Monster Hunter Stories 2: Wings of Ruin è un jrpg che mi è piaciuto, tanto, come testimonia la mia recensione, siglata da un altisonante 9. Insomma, non un perfect score, certo, ma un voto dannatamente alto, soprattutto se dato da un fan di lunga data del genere JRPG. Il 28 ottobre è stato rilasciato l’ultimo dlc gratuito, comprendente l’iconica coppia del Rathalos Argentato e la Rathian Dorata, che chiude la roadmap annunciata durante il periodo di release del titolo.

Siamo quindi qui a tirare le somme sul JRPG made in Capcom, e per quest’occasione ho avuto modo di confrontarmi con un importante membro della community italiana di Monster Hunter. Sto parlando del carissimo Edivad, di cui linko il canale Youtube, ricco di informazioni, guide e curiosità sul nostro hunting game preferito.

L’idea di scrivere questo articolo è nata proprio da una chiacchierata circa i ” problemi” di Stories 2, concludendo che i margini di miglioramento ci sono tutti, seppur sia un ottimo titolo. Abbiamo quindi deciso di proporre le nostre personali visioni nel modo che ci riesce meglio, io tramite questo articolo, lui tramite un video che vi linko, e di cui consiglio la visione. Ma adesso cominciamo!

Meglio soli che male accompagnati

Un aspetto molto importante di Monster Hunter Stories 2 è sicuramente il comparto online, e più nello specifico la componente cooperativa. Capcom ha difatti presentato la possibilità di cacciare in compagnia come uno dei focus principali del titolo, e ci è riuscita… Fino ad un certo punto.

Chiariamoci, gli elementi co-op di Stories 2 funzionano, abbiamo la possibilità di perlustrare tane o affrontare mostri assieme ad i nostri amici, o semplicemente affidandoci al matchmaking. Dove sta il problema allora? Banalmente non vi è un vero e proprio incentivo nel giocare assieme ad altri utenti, ed anzi, spessissimo risulterà più veloce ed efficiente “farmare” per i fatti propri. Questo è dovuto alla macchinosità generale del sistema co-op; selezione di una stanza in cui entrare, attesa che tutti i partecipanti siano pronti, attesa che il compagno selezioni l’azione da eseguire in combattimento, ed una lentezza generale dei comandi.

Il multiplayer co-op risulta spesso macchinoso e lento, peccato.

Capirete da soli quindi che creare una stanza privata e partire con al seguito un – poco incisivo, è vero – Bot a darci man forte risulterà spessissimo l’opzione più veloce, efficiente e francamente meno snervante. Sarebbe stata gradita la presenza di ricompense aggiuntive per chi superasse assieme ai suoi compagni le impegnative tane co-op, mentre a conti fatti se avete voglia di buildare un Monstie l’opzione decisamente più veloce è girare da soli, in mappe pensate per la cooperazione. Un controsenso, non credete?

Ah, c’è anche il PvP?

Ecco, la modalità PvP è davvero qualcosa in cui Stories 2 poteva brillare, ed è ridotta ad una piccola comparsa; d’altronde Capcom stessa ha praticamente ignorato il PvP durante tutta la fase di marketing, limitandosi a citarla per 30 secondi una tantum nel corso di mesi e mesi. Non stupisce quindi che molti giocatori neanche sapessero dell’esistenza del PvP in Stories 2, e non fatico ad immaginare che tanti altri abbiano portato a termine il titolo senza accorgersi della sua presenza.

Il PvP in realtà funziona, ed anche discretamente bene. Proprio lì, nella sfida contro altri giocatori, Stories 2 mostra del discreto potenziale. Considerandolo un titolo prettamente PvE, è sorprendente vedere come un aspetto tanto trascurato del titolo riesca a dare un senso a tante build e strategie ed a valorizzare Monstie ed abilità altrimenti dimenticati.

Il PvP di Monste Hunter Stories 2 poteva brillare di luce propria, ed invece è ridotto a mera comparsa.

Anche qui purtroppo il problema non risiede nel PvP in sè, ma in ciò che gli sta attorno. Manca del tutto un sistema di ranking, e le ricompense sono poche e poco soddisfacenti. Di nuovo, manca totalmente un incentivo nel giocare tale modalità, visto anche l’impegno ed il tempo necessari a buildare una squadra efficace in PvP; questi due fattori ovviamente rendono la modalità competitiva quasi un contentino per i fan del primo titolo, piuttosto che una componente del gioco ben ragionata.

Un gran peccato, poichè davvero tante abilità risultano abbastanza inutili in singleplayer. Basti pensare alle varie AoE, più costose delle skill single target, ma di fatto poco desiderabili dato che il 99% del contenuto PvE è relegato a battaglie contro un solo mostro grande. O ancora, status alterati come il Blocco Abilità, o i debuff alla mira, velocità ed ancora altro. Insomma, risulta quasi inspiegabile che un comparto PvP che funziona ed è vario sia stato trascurato in tale maniera.

Compagni di trekking

Altro aspetto che avrei preferito fosse approfondito è sicuramente quello degli Aiutanti, compagni mossi dall’IA che ci accompagneranno per l’interezza del titolo, sia durante la trama che nel post game. Chiariamoci, gli aiutanti non sono “fatti male”, ma mancano di quella profondità che li avrebbe elevati ad una feature molto ben realizzata, piuttosto che risultare un’aggiunta dimenticabile.

Esempio di compagno che non sceglierete mai per le vostre avventure.

La scelta di impedire che il giocatore controlli le loro azioni è sicuramente comprensibile, ed anzi li fa percepire davvero come dei guerrieri che lottano al fianco del Rider. Decisamente meno comprensibile è invece l’impossibilità totale di personalizzazione degli stessi; non potendo cambiare né il loro equipaggiamento né il monstie quel che ne consegue è che alcuni siano decisamente più forti di altri. Il fatto che i compagni Rider siano poi tutti troppo simili tra loro non aiuta, e sono sicuro che un albero di skill/personalizzazione equip avrebbe enormemente giovato alla scelta del compagno.

Quando il troppo stroppia

Abbiamo analizzato vari aspetti del gioco, che potevano sì essere migliorati, ma rimangono comunque aspetti piuttosto secondari. Ora veniamo al vero grande difetto di Monster Hunter Stories 2, che anche il sottoscritto aveva “scambiato” per un pregio in sede di recensione. Sto parlando della personalizzazione dei Monstie; o per meglio dire, dell’eccessiva personalizzazione.

Uno dei pochi Monstie con una vera personalità.

L’idea di poter far apprendere qualsiasi gene al proprio monstie potrebbe sembrare davvero allettante, ed in effetti lo è, quantomeno durante una prima giocata. Il problema sorge nel momento in cui Capcom decide di gestire le statistiche di tutti i monstie in maniera abbastanza ingenua. Il risultato è che nelle fasi avanzate di gioco tantissimi monstie risultano praticamente identici da un mero punto di vista statistico. Basti pensare che la differenza tra un Ignis Glavenus ed un Rex Rathalos – entrambi monstie endgame di tipo fuoco – risiede in 20 miseri Punti Ferita – a fronte di un pool di centinaia – ed un 1% di percentuale colpo critico. Per il resto sono letteralmente identici.

Un Ignis Glavenus! O forse un Rex reskinnato?

Uniamo quindi le statistiche fin troppo simili di tanti monstie al fatto di poter far loro apprendere qualsiasi abilità. Il risultato è che i sopracitati Ignis e Rex hanno le stesse statistiche e sfrutteranno le stesse build, eliminando di fatto qualsivoglia unicità. Questo è solo un piccolo esempio, ma vi assicuro che ne potrei citare tanti, troppi altri.

In definitiva, a volte il troppo stroppia; una qualche limitazione alla personalizzazione avrebbe reso ogni cattura unica, dotata di personalità, mentre al momento la scelta di tantissimi monstie è totalmente irrilevante. Questo porta anche ad un appiattimento delle build, che risultano praticamente tutte uguali per i monstie di tipo fuoco, elettro etc.

I buoni propositi

In conclusione, in quanto fan della serie, cosa spero di trovare in un Monster Hunter Stories 3? Sicuramente un comparto online maggiormente rifinito, meno macchinoso e “lento”, con un qualche incentivo per chi partecipa alle cacce co-op. Un comparto PvP non rilegato ad aspetto meno che secondario; il PvP di Stories 2 funziona, e spero che Capcom punti forte su questo aspetto in un eventuale sequel.

Speriamo di rivederla in un eventuale sequel. E speriamo che lì risulti una compagna utile.

Un’esplorazione delle mappe più curata, soprattutto per quanto concerne le Tane Mostro, che già dopo le prime ore risultano troppo ripetitive e poco ispirate. Maggiore libertà di manovra per quanto concerne gli Aiutanti, ottima aggiunta di Stories 2, ma molto acerba al momento.

Ma quello che serve soprattutto alla saga è una totale rivisitazione del sistema parametrico e dell’eccessiva personalizzazione lasciata all’utente. Qualche limitazione – sapientemente piazzata, ovvio – alla personalizzazione dei monstie donerebbe loro una vera e propria personalità. Ed una distribuzione dei geni più coerente rispetto a quel che vediamo in Stories 2 male non farebbe.

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