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The Alters – Recensione

11 anni fa, 11 bit studios ha scosso il mondo dei videogiochi con This War of Mine, un’opera così potente da entrare nel programma scolastico polacco. Raccontava l’assedio di Sarajevo, ma soprattutto la guerra come fonte di crudeltà e lancinante dolore. Quattro anni dopo, nel 2018, la software house polacca riceve gli onori del pubblico e della critica con Frostpunk, un gestionale survival ricco di pathos narrativo e minuzioso gameplay.

Nel 2025, 11 bit studios chiude il cerchio – letteralmente come vedremo più avanti – con The Alters, un videogioco di sopravvivenza e gestione 3D che punta a unire This War of Mine e Frostpunk sotto un’unica etichetta. Il team polacco sarà riuscito nel suo intento o ha creato un mero clone del proprio passato? Scopriamolo in questa recensione di The Alters.

Un tragico incidente

Jan Dolski è un uomo che ha dovuto affrontare delle difficoltà nella vita. In particolare, ha subito un padre violento che poco si curava della volontà di Jan di continuare gli studi. Gli stessi gli hanno permesso di fuggire dalla sua famiglia e trovare un lavoro ben remunerato, e una donna che lo rendesse felice. Quando tutto sembrava andare per il verso giusto, però la sorte lo ha condotto nuovamente nel baratro. Jan Dolski perde il lavoro e anche l’amore. Tutto questo lo porta in una nuova azienda, Ally Corp, un’enorme multinazionale che ha un unico scopo: organizzare spedizioni nello spazio alla ricerca di un misterioso materiale dalle proprietà straordinarie, il Rapidium.

Jan parte per la spedizione, ma un tragico incidente sconvolge nuovamente la sua esistenza. Durante un viaggio verso un pianeta irradiato da tre soli, tutto l’equipaggio muore, tranne lui. Dolski si ritrova quindi solo, in un ambiente ostile, con l’unico obiettivo di uscirne vivo e tornare sulla Terra. Per farlo deve gestire una base mobile, che avrà la necessità di spostarsi ogniqualvolta un sole sarà troppo vicino alla sua base. Sopravvivere in queste condizioni richiede organizzazione, risorse e strumenti. E ben presto Jan si renderà conto che non riuscirà mai a sopravvivere con solamente le proprie forze, forse.

The Alters Recensione: Key Art

Esplorando la fantascienza

Solo in un pianeta ostile e privo di vita. Qui parte la nostra missione composta inizialmente dall’esplorazione e l’upgrade della nostra base, un’enorme ruota in cui al suo interno vi è una base componibile pari pari a quanto già visto in Fallout Shelter. Tra un nuovo modulo e una scampagnata in un ambiente sci-fi e fantascientifico, Dolski si imbatte nel tanto ambito Rapidium. Solo a questo punto, l’Ally Corp farà il suo ingresso, contattandoci e spiegandoci come usarlo per sopravvivere, e per intimarci di raccoglierne il più possibile.

Il Rapidium è il carburante delle clonazioni e curiosamente il computer di bordo della base ha memorizzato l’intera vita del suo ospite, ma non solo; infatti, il terminale è in grado di staccare nuovi rami nella vita di Jan, cioè degli alter ego, che hanno vissuto una parte di vita come quella di Dolski. Almeno fino a quando non hanno preso scelte diverse.

Da questo incipit nasce The Alters, un ambizioso titolo che dirama su tre generi: gioco di ruolo narrativo, gestionale e survival. In realtà, questa divisione è puramente teorica, perché il gioco si amalgama perfettamente risultando alla fine un videogioco di sopravvivenza con una fortissima base narrativa. Tutto il resto è una conseguenza ben sviluppata.

The Alters Recensione: Miniera

Soli con sé stessi

Nonostante la dichiarata volontà di prendere spunto da This War of Mine e Frostpunk, 11 bit studios ha intrapreso anche delle scelte diverse dal passato, tali da rendere The Alters un’opera ben distinta rispetto ai suoi predecessori. Mi riferisco nella fattispecie alla totale mancanza di combattimenti del gioco. In The Alters, l’unico nemico da battere è il tempo, da affrontare su un luogo ostile. Per il resto, saremo soli con, letteralmente, noi stessi.

L’obiettivo dunque è ritornare sulla terra. Per farlo sarà prima di tutto capire come farlo e per comprenderlo serve tempo. Il nostro scopo sarà quindi quello di sopravvivere il più a lungo possibile. Per farlo, inizieremo con l’esplorare l’esterno alla ricerca di miniere di metalli e gas, fondamentali per fornirci i beni di prima necessità, come il cibo, e necessari per ampliare la nostra base.

The Alters Recensione: Base

Rapidium

Tra i materiali fondamentali c’è il Rapidium, che permette di azionare l’incubatrice dei nostri alter ego. Quando lo faremo, creeremo una versione di noi stessi, che ha condiviso una parte di vita, ma che nei momenti cruciali, ha fatto scelte diverse. Queste scelte hanno caratterizzato il proprio modo di vedere il mondo, sviluppando pregi e difetti. Caratteristiche con cui ci scontreremo noi stessi e gli altri alter ego. È qui che si svolge la partita narrativa. The Alters è colmo di dialoghi, non localizzati in italiano, da affrontare con il massimo della concentrazione.

I dialoghi che faremo con gli alter ego, e le loro diatribe su cui dovremo far delle scelte, sono parte integrante della sopravvivenza. Dar sempre contro a un’unica persona o rifiutare il confronto verbale può significare generare conseguenze disastrose, che possono condurre anche alla fine del gioco, sia perché la situazione diventa ingestibile sia perché alcune scelte possono portare alla morte dei nostri simili.

The Alters Recensione: Scientist

Micromanagement

La giornata di Jan Dolski è divisa in tre parti: lavoro, pubbliche relazioni e riposo. Potremo decidere di rinunciare a una cosa piuttosto che un’altra – con alcune limitazioni, bypassabili da particolari scelte come il crunch – ma ognuna di queste dovrà essere ponderata al fine di garantire un equilibrio tra benessere delle persone ed efficienza. Il tempo scorre e non sempre sarà possibile soffermarsi a parlare. Allo stesso tempo, ci saranno dei momenti sociali da gestire, pena perdere la bussola e la partita.

Il Jan Dolski principale è solo una parte della macchina, che può funzionare solo in relazione alla buona salute degli altri. Ma a differenza di altri prende le decisioni. In particolare, tutto quello che facciamo noi può essere svolto anche da un alter ego, con la sola eccezione dell’esplorazione. Sarà dunque fondamentale incaricare qualcuno che prepari il cibo, qualcuno che raccolga risorse, chi costruisce equipaggiamento, chi si riposa in infermeria, preferibilmente in base alle caratteristiche degli Alter, tutti unici anche nelle loro specializzazioni, 12 in tutto.

Una volta gestite le code, andremo a decidere come gestire la nostra giornata fuori dalla base. Qui potremmo costruire punti di estrazione ed esplorare la mappa grazie a una particolare tuta che ci aiuta nella sopravvivenza, ma che ci limita perché ha bisogno di essere ricaricata per determinate azioni (i salti per esempio).

Il gameplay è un’elegante danza delle priorità che parte dalla gestione delle persone di This War of Mine e finisce nella conto delle risorse e delle sfortune di Frostpunk. Come in ogni gioco di 11 bit studios infatti dovremmo affrontare delle calamità naturali o delle disgrazie sociali. Il loro impatto è tremendo e la preparazione a quest’ultimo sarà l’ago della bilancia tra la vita e la morte (game over ben gestito dai salvataggi automatici nei punti critici).

Ma quando riusciremo a sopravvivere a una tempesta elettromagnetica o all’avvicinarsi del sole, saremo in qualche modo premiati. A volte ci coccoleremo con una canzone o un beer pong insieme ai nostri Alter. Altre volte riceveremo una chiamata dall’Ally Corp o da persone importanti della nostra vita. Piccoli premi per la nostra sanità mentale che ci permetteranno di arrivare fino alla fine della trama. Una storia semplice, quasi banale, per gli appassionati della fantascienza sci-fi. Ma il viaggio invece è introspettivo e divertente sia nei dialoghi che nel gameplay che innalza il team polacco ra i grandi sviluppatori di quest’era videoludica.

The Alters è un videogioco fondamentale per quest’era videoludica, perché è il punto di arrivo di quello che sarà uno dei team di sviluppo più importanti dei prossimi 10 anni. Con The Alters, 11 bit studios ha chiuso il proprio cerchio e ora si può affacciare al settore videoludico come un team veterano, garante della qualità del medium. The Alters è un videogioco di sopravvivenza che sfrutta al meglio la potente narrativa e l’esperienza nei gestionali del team polacco. La trama è semplice, ma il viaggio è potente sia nelle interazioni sociali con gli altri alter ego che nel gameplay. La mancanza di tempo è stata la mia bussola per tutto il tempo, sensazioni che mi hanno fatto appassionare all’avventura dei Jan Dolski con interesse, emozioni e impegno nel giocarlo. Tutto quello che un videogioco dovrebbe avere per entrare di diritto tra i grandi della storia.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: Xbox Series X|S, PS5, PC
  • Data uscita: 13/06/2025
  • Prezzo: 34,99€ su Steam, disponibile su Xbox Game Pass al Day One.

Ho giocato a The Alters su Xbox Series X grazie a un codice gentilmente fornito dal publisher pochi giorni prima del day one.

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The Alters è ora disponibile: sopravvivere significa anche affrontare sé stessi

The Alters è disponibile da ieri 13 giugno su Steam, GOG, PlayStation 5 e Xbox Series X|S. Lo studio polacco 11 bit studios (già noto per This War of Mine) propone un’avventura sci-fi fuori dagli schemi, in cui la sopravvivenza non dipende solo da risorse e rifugi, ma anche dal confronto diretto con sé stessi.

Il protagonista è Jan Dolski, unico sopravvissuto a una missione spaziale fallita. Intrappolato su un pianeta ostile, Jan non ha modo di cavarsela da solo. Così decide di sfruttare una tecnologia sperimentale: creare delle sue versioni alternative, ognuna generata da una scelta di vita diversa. Un Jan che ha fatto il militare. Uno che è diventato padre. Uno che ha rinunciato agli studi. Tutti sono reali. Tutti ricordano.

Ma The Alters non è un gestionale classico. Qui, costruire una base è solo parte dell’esperienza. Ogni Alter ha una personalità distinta, spesso in conflitto con quella del protagonista. I dialoghi mettono a nudo rimpianti, frustrazioni e identità irrisolte. C’è chi collabora. C’è chi si ribella. E ogni scelta ha un peso emotivo concreto.

Non solo sopravvivenza: identità, rimorsi e il valore dell’autonomia

Il gioco alterna fasi di survival e base-building a momenti narrativi forti, con bivi morali che interrogano direttamente il giocatore: stai usando i tuoi Alter come strumenti o stai riconoscendo la loro autonomia? La domanda è tutt’altro che teorica. Alcuni Alter inizieranno a mettere in discussione la tua leadership. Altri, semplicemente, non vorranno più collaborare.

The Alters colpisce anche per l’atmosfera: ambientazioni claustrofobiche, design minimale e colonna sonora inquieta costruiscono un mondo che sembra chiudersi addosso. Tecnicamente, il gioco gira solido sulle nuove console e su PC, con opzioni grafiche ben ottimizzate.

Dopo cinque anni di sviluppo e un team di appena 40 persone, 11 bit studios ha consegnato un titolo coraggioso, capace di parlare di identità, libertà e controllo senza retorica.

The Alters è una storia di fantascienza, ma anche una riflessione amara sulle vite che non viviamo.

E voi, se poteste incontrare una vostra versione alternativa… ci collaborereste o la temereste?

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Onimusha: Way of the Sword al Summer Game Fest, Musashi sfida nuovi mostri e un rivale leggendario

Capcom ha presentato un nuovo trailer di Onimusha: Way of the Sword durante il Summer Game Fest 2025. Il filmato, intitolato Formidable Foes Emerge, mostra sequenze inedite di gameplay che rivelano nuovi nemici, ambienti ultraterreni e dettagli sulle meccaniche di combattimento.

Il protagonista è Miyamoto Musashi, samurai iconico armato di un misterioso guanto Oni, pronto a fronteggiare creature demoniache in un Giappone deformato dal soprannaturale. Il trailer mette in evidenza lo scontro con un avversario storico: Sasaki Ganryu, maestro di spada e antagonista diretto di Musashi. Il duello tra i due si svolge nel suggestivo scenario del tempio di Kiyomizu-dera, ricostruito in chiave dark fantasy.

Un trailer denso di dettagli e combattimenti ad alto impatto

Tra le novità, spiccano i nuovi Genma, demoni con design imponenti e comportamenti letali. Il primo è Kubi Akari, in grado di rubare anime, seguito da Daidara, un colosso armato di una mazza gigantesca che distrugge tutto sul suo cammino. Il combattimento con Daidara si svolge in una nuova ambientazione onirica, fatta di rovine sospese nel cielo e sentieri che si formano magicamente.

Capcom mostra anche nuovi dettagli sul sistema di combattimento, che premia riflessi e precisione. Le tecniche “Issen”, già note ai fan, permettono di infliggere colpi critici devastanti se eseguite al momento giusto. Spunta anche un’arma inedita simile a martelli gemelli, capace di frantumare l’aria con la sua potenza.

Il trailer si chiude con un momento enigmatico: una figura femminile emerge dalla luce del guanto Oni. Chi è? Qual è il suo ruolo nella storia? Capcom non ha fornito dettagli, alimentando le speculazioni.

Onimusha: Way of the Sword arriverà nel 2026 su PS5, Xbox Series X|S e PC. Nel frattempo, chi vuole riscoprire la saga può giocare alle versioni rimasterizzate di Onimusha: Warlords e Onimusha 2: Samurai’s Destiny, disponibili su PS4, Xbox One, Switch e Steam.

Che ne pensate del ritorno di Onimusha con questo taglio più dark e mitologico? La rivalità Musashi-Ganryu vi convince o avreste preferito un’altra direzione narrativa?

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Resident Evil Requiem è stato annunciato, uscirà il 27 febbraio 2026

Al Summer Game Fest 2025, Capcom ha aperto col botto: Resident Evil Requiem, nuovo capitolo principale della celebre saga survival horror, è stato presentato con un trailer intenso e visivamente impressionante. La data di uscita è fissata per il 27 febbraio 2026, su PlayStation 5, Xbox Series X|S e PC via Steam.

Il gioco segna un ritorno alle origini, riportando i giocatori a Raccoon City, il luogo simbolo dell’epidemia biologica che ha dato inizio all’incubo. Questa volta, però, l’obiettivo è chiaro: portare l’esperienza horror a un livello completamente nuovo, combinando azione ad alta tensione e orrore psicologico profondo.

Ritorno a Raccoon City, con un livello tecnico mai visto prima

Sviluppato con il motore proprietario RE ENGINE, Requiem sfrutta a pieno le capacità delle piattaforme attuali per offrire un realismo visivo inquietante. Dettagli come espressioni facciali, texture della pelle e persino gocce di sudore sono ricostruiti con una fedeltà maniacale, pensata per mantenere alta la tensione in ogni istante.

Il trailer mostra una Raccoon City più oscura che mai, con ambienti deformati, nuovi nemici e minacce sconosciute. L’atmosfera opprimente, unita a una narrazione più cupa, promette di far vivere ai giocatori una vera e propria discesa nell’angoscia. L’azione non mancherà, ma sarà integrata in un contesto più denso e disturbante, in linea con le radici horror della serie.

Resident Evil Requiem sarà doppiato e sottotitolato in oltre 15 lingue, rendendolo accessibile a un pubblico globale. La prima demo pubblica sarà giocabile alla Gamescom 2025, dando modo ai fan di toccare con mano il nuovo standard tecnico e narrativo del franchise.

Capcom ha già confermato che nel corso dell’anno arriveranno nuovi trailer e rivelazioni, a partire proprio dagli eventi Summer Game Fest Play Days.

Sei pronto a tornare dove tutto è cominciato? O questa volta Raccoon City finirà per inghiottirti del tutto?

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Silent Hill f, il nuovo trailer mnostra la data di uscita e l’ambientazione nel Giappone degli anni ’60

Konami fissa la data di lancio del nuovo capitolo horror della saga. Atmosfere disturbanti e narrazione psicologica al centro del nuovo trailer.

Durante lo State of Play del 6 giugno 2025, Konami ha finalmente svelato la data di uscita ufficiale di Silent Hill f: il gioco arriverà il 26 settembre 2025 su PlayStation 5, Xbox Series X|S e PC. Il nuovo trailer, completamente doppiato in giapponese, ha mostrato per la prima volta ambientazioni estese, frammenti di trama e uno stile visivo unico nel panorama horror attuale.

Ambientato in un Giappone rurale degli anni ’60, Silent Hill f rappresenta una deviazione radicale dalla classica città nebbiosa americana. Le immagini del trailer combinano folklore giapponese, elementi psicologici e body horror per costruire un’esperienza disturbante e visivamente potente. La protagonista, ancora senza nome, appare inseguita da una forza invisibile in un mondo che si contorce, marcisce e fiorisce in modo inquietante.

Un nuovo volto per l’orrore targato Konami

Il gioco è scritto da Ryukishi07, autore delle famose visual novel horror Higurashi e Umineko, mentre il design delle creature è affidato all’artista giapponese Kera. A svilupparlo è lo studio Neobards Entertainment, con la supervisione di Konami.

Il trailer lascia intendere che l’approccio sarà fortemente narrativo e psicologico, con meccaniche ancora da svelare ma un’enfasi chiara sull’atmosfera. Spiccano le scene in cui la protagonista si fonde letteralmente con la natura, invasa da fiori parassitari, in un crescendo di body horror viscerale che richiama l’immaginario classico della serie ma con una sensibilità completamente nuova.

La data del 26 settembre 2025 è ora fissata per il ritorno di una delle saghe horror più iconiche, ma in una forma mai vista prima.

Secondo te, questa nuova ambientazione e lo stile giapponese riusciranno a riportare Silent Hill ai suoi fasti? Oppure ti aspettavi qualcosa di più tradizionale?

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Elden Ring: Nightreign supera le 3,5 milioni di copie vendute – in arrivo la modalità per due giocatori

A pochi giorni dal lancio, Elden Ring: Nightreign continua a registrare numeri impressionanti. Bandai Namco e FromSoftware hanno comunicato che le vendite globali hanno superato le 3,5 milioni di copie, confermando il forte interesse del pubblico per questo spin-off cooperativo ambientato nell’universo di Elden Ring .

Il gioco, disponibile dal 30 maggio su PC, PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox One e Xbox Series X|S, ha raggiunto un picco di oltre 300.000 giocatori simultanei su Steam, posizionandosi come il secondo miglior lancio nella storia di FromSoftware, subito dopo il titolo originale.

Modalità per due giocatori e nuovi contenuti in arrivo

In risposta alle richieste della community, FromSoftware ha annunciato l’introduzione di una modalità per due giocatori, che si affiancherà all’attuale cooperativa a tre. Questa novità mira a rendere l’esperienza più accessibile, soprattutto per chi preferisce giocare in coppia .

Oltre a questa modalità, sono previsti ulteriori aggiornamenti:

  • DLC: contenuti aggiuntivi che espanderanno la storia e le sfide del gioco.
  • Versioni potenziate dei “Re della Notte”: boss più difficili per mettere alla prova i giocatori più esperti.

Questi aggiornamenti indicano l’intenzione di FromSoftware di trasformare Nightreign in un’esperienza live service, con supporto continuo e contenuti regolari.

Nonostante il successo commerciale, il gioco ha ricevuto recensioni miste su Steam, con un punteggio del 64% di valutazioni positive. Le critiche principali riguardano la difficoltà elevata, soprattutto in modalità singolo giocatore, e l’assenza iniziale di una modalità per due.

FromSoftware ha riconosciuto queste problematiche e sta lavorando per migliorare l’esperienza complessiva, ascoltando il feedback dei giocatori.

E tu, cosa ne pensi dell’evoluzione di Elden Ring: Nightreign verso un modello live service? La nuova modalità per due giocatori cambierà il tuo approccio al gioco?

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Elden Ring Nightreign è già un successo di vendite: superate le 2 milioni di copie

Elden Ring: Nightreign è uscito da pochi giorni, ma ha già infranto un primo traguardo importante di vendite: oltre 2 milioni di copie vendute in tutto il mondo. FromSoftware, in collaborazione con Bandai Namco, ha rilasciato un’esperienza stand-alone che punta in alto, con un’impronta decisa sul co-op PvE e un mondo che cambia forma a ogni run.

Ambientato a Plagaride, un nuovo territorio brutale, Nightreign porta i giocatori in una corsa contro il tempo. Il ciclo di tre giorni e tre notti struttura ogni sessione di gioco: esplorazione, combattimenti e decisioni strategiche vanno presi con attenzione, perché ogni errore può costare caro. I giocatori possono agire da soli o in squadre da tre, cercando risorse e potenziamenti per affrontare nemici e boss sempre più letali.

L’anima di Elden Ring si sente tutta: atmosfera cupa, difficoltà elevata e nemici dal design inquietante, alcuni dei quali richiamano volti familiari del titolo originale. Ma qui c’è anche qualcosa di nuovo: otto classi giocabili, chiamate Crepuscolari, ciascuna con abilità e armi uniche, pronte a intrecciarsi in battaglie serrate dove il lavoro di squadra può fare la differenza.

Mappa dinamica, morte permanente e boss spietati

Nightreign è pensato per essere rigiocabile all’infinito. La mappa cambia forma, biomi e nemici a ogni ciclo. Il pericolo arriva da ogni angolo e l’avanzare della “Marea della Notte” rende l’atmosfera ancora più opprimente. Chi sopravvive alla terza notte dovrà affrontare un Signore della Notte, boss inediti pensati per mettere in crisi anche i veterani di FromSoftware.

La morte non è però la fine. I fallimenti lasciano tracce: reliquie utilizzabili per potenziare il proprio personaggio. Ogni run diventa un tassello per adattare il proprio stile di gioco, sperimentare nuove build e scoprire dettagli narrativi nascosti su questo nuovo universo parallelo.

Disponibile ora su PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox Series X|S e PC via Steam, Elden Ring: Nightreign si presenta come una nuova colonna portante del franchise, capace di attrarre sia i fan hardcore sia chi cerca un’esperienza cooperativa intensa e appagante.

E tu? Hai già affrontato il ciclo delle tre notti o stai ancora aspettando il momento giusto per entrare a Plagaride?

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Metaphor: ReFantazio – Recensione

Metaphor: ReFantazio è stato certamente uno dei migliori giochi dello scorso anno, nonché uno dei principali successi di Atlus. Sembra davvero che i JRPG stiano vivendo una seconda giovinezza, come dimostra il successo di giochi come Persona 5 e dello stesso Metaphor.

Recentemente anche Clair Obscure: Expedition 33, basato su un classico sistema di combattimento a turni e su meccaniche tipiche dei giochi di ruolo giapponesi, ha ottenuto una serie di consensi davvero strepitosa. Alla faccia di chi riteneva che i JRPG tradizionali fossero ormai un genere vecchio e poco appetibile per il pubblico (vero Square Enix?)!

Cavalcando questo rinnovato interesse per il genere, vi proponiamo la nostra recensione approfondita di Metaphor, sperando che possa invogliare chi si è perso questa autentica perla a rimediare al più presto alla sua lacuna. Pronti ad immergervi con noi nella fantasia del re?

Trama e ambientazione

Metaphor

La storia di Metaphor è ambientata nel regno unito di Euchronia. Si tratta, apparentemente, di un enorme mondo fantasy abitato da numerose razze diverse. Tra esse spiccano i Cleimar, dotati di corna, i Roussainte, molto simili agli elfi e gli ishkia, dotati di ali simili a quelle degli angeli.

Il mondo di Euchronia è stracolmo di razzismo e gli abitanti di ogni razza tendono ad essere chiusi e diffidenti verso il diverso. Questa chiusura mentale è ulteriormente aggravata dalla chiesa Santista, la principale organizzazione religiosa del mondo, costruita intorno al pregiudizio e al pensiero unico.

Su Euchronia magia e tecnologia coesistono, ma sono pochissime le persone in grado di utilizzare la forza magica, chiamata magla, in modo naturale. La maggior parte delle persone ricorre a particolari dispositivi chiamati inneschi, che imbrigliano il potere del magla e lo utilizzano per varie funzioni. Infine, il mondo è popolato da mostruose e grottesche creature chiamate umani, che seminano terrore e distruzione al loro passaggio

La storia del gioco ha inizio con l’assassinio del sovrano ad opera del generale Louis, che si rivelerà il principale antagonista del gioco. Questo evento darà il via ad una catena di avvenimenti che porteranno ad una competizione per la scelta del successore del sovrano, voluta dallo spirito dello stesso re tramite un potente incantesimo.

Il giocatore veste i panni di un elda, la razza più disprezzata ed apparentemente più debole presente su Euchronia. Sebbene il protagonista possa essere rinominato a piacere, il suo nome ufficiale è Victor. Accompagnato dalla fatina Gallica, Victor ha inizialmente il compito di aiutare i membri della Resistenza nell’orchestrare l’omicidio di Louis. Victor infatti scopre che, ancor prima di uccidere il re, Louis aveva attentato anche alla vita del principe, che ora giace in uno stato comatoso in seguito agli effetti di una maledizione. Eliminare Louis sembra l’unico modo per salvare il legittimo erede al trono.

Questo tentato omicidio darà il via ad una serie di eventi che porterà il nostro protagonista a competere per il posto di nuovo sovrano, in un viaggio che lo condurrà ad esplorare tutti i principali regni di Euchronia e a scoprire incredibili verità non solo su se stesso ma sull’intero mondo in cui vive.

La trama di Metaphor è molto ben scritta e narrata ottimamente. L’intreccio è estremamente lungo e complesso, i personaggi sono ben diversificati e la gestione dei colpi di scena è davvero ottima. Soprattutto la fase finale vi terrà davvero col fiato sospeso. Certo, non si tratta di una storia originalissima. Quando i misteri hanno iniziato a diradarsi, ci siamo accorti che avevamo intuito molte delle svolte narrative principali. Anche il cattivo, Louis, sebbene per tutto il gioco appaia molto carismatico ed intrigante, una volta svelate le sue vere motivazioni, ci ha lasciati abbastanza delusi. Nel complesso, comunque, trama, ambientazione e personaggi di Metaphor sono promossi a pieni voti.

Alleati e archetipi

Durante il viaggio Victor conosce numerosi personaggi appartenenti a svariate razze, che finiscono col diventare i membri del nostro party. Sia Victor che i suoi amici scoprono di avere il potere di evocare gli archetipi. Si tratta di potenti spiriti ispirati a grandi eroi del passato. Ognuno di questi archetipi dona al personaggio che lo evoca abilità specifiche, che lo aiutano durante gli scontri.

Proseguendo nel gioco vengono sbloccati numerosi nuovi archetipi, sia livellando i nostri personaggi sia migliorando i nostri legami con loro (su questo aspetto torneremo). A differenza della serie Persona dove, ad eccezione del protagonista, i personaggi ricorrevano ad un solo spirito, in Metaphor ogni personaggio può utilizzare l’archetipo che preferisce, a patto di averlo sbloccato.

Merita subito una menzione il misterioso More. Si tratta di una figura in abiti neri che comincia ad apparire a Victor fin dalla prime fasi della storia e che lo accompagna per tutta l’avventura. Sarà proprio More a donare a Victor un misterioso libro che descrive un mondo utopico ricco di tecnologia e prosperità e in cui le differenze raziali non sembrano esserci. Un mondo che, tuttavia, ricorda molto pericolosamente il nostro…

Comparto tecnico

Per quanto riguarda l’aspetto tecnico, Metaphor vanta una realizzazione davvero eccellente. Il sonoro del gioco è semplicemente sublime. Tutte le musiche posseggono delle tonalità molto alte e solenni e ricordano molto da vicino gli inni sacri. Oltre alla maestosità, la colonna sonora riesce sempre a trasmettere un tono di mistero e suspense.

Anche le musiche che caratterizzano le varie località che i protagonisti visitano nel corso dell’avventura ci sono parse sempre molto azzeccate e d’atmosfera. Ovviamente, le musiche che accompagnano le battaglie sono molto più ritmate e dinamiche, ma svolgono altrettanto bene il loro compito. Meritano una menzione speciale le musiche delle boss battle, soprattutto quelle contro alcuni umani, che sono davvero meravigliose.

Il comparto grafico non ci ha altrettanto ben impressionato. Intendiamoci, Metaphor presenta una grafica molto curata e ben realizzata, con vari rimandi agli anime e ai personaggi della tradizione fantasy medievali. Anche la direzione artistica generale è di ottima qualità.

Ci ha particolarmente colpiti quella sorta di alone luminoso che sembra accompagnare sempre sia i nostri personaggi che alcuni elementi degli sfondi. Sembra un particolare da nulla, ma accresce ancor di più l’atmosfera onirica e misteriosa del gioco. Molto bello anche il fatto che queste luminosità si manifestino in maniera ancora più forte quando i protagonisti fanno ricorso agli archetipi e in occasione dei rafforzamenti dei legami.

Anche le battaglie sono molto dinamiche e spettacolari e mostrano animazioni ed effetti speciali di altissimo livello, soprattutto quando riusciremo a realizzare le tecniche più devastanti, che sono accompagnate da animazioni lunghe, dettagliate e davvero mozzafiato.

Tuttavia, la grafica di Metaphor non ci è parsa del tutto adeguata alla potenza delle attuali console. Abbiamo avuto l’impressione che la cura generale dei modelli dei personaggi e delle ambientazioni avrebbe potuto essere anche migliore, soprattutto per quanto riguarda la realizzazione degli sfondi. Dunque, un comparto tecnico di fattura sicuramente pregevole, ma che probabilmente avrebbe potuto essere anche migliore.

Il gameplay di Metaphor

Tutti coloro che hanno giocato alla saga di Persona si troveranno immediatamente a casa con Metaphor. Il titolo Atlus, infatti, ricalca molto da vicino gli ultimi episodi della fortunata saga, in particolare Persona 5. Per chi invece non fosse avvezzo a questa saga, ecco qualche delucidazione.

L’avventura si sviluppa attraverso una serie di avvenimenti principali. Ognuno di questi eventi culmina con la visita ed il superamento di un dungeon (un po’ come accadeva coi palazzi di Persona). Tutto lo svolgimento dell’avventura è scandito da un calendario, che segna lo scorrere delle varie giornate. Nel corso di ogni giornata il giocatore è lasciato sostanzialmente libero di agire, a meno che la giornata in questione non sia già occupata da eventi di trama.

Il non superamento del dungeon entro la data stabilita segna inevitabilmente il game over. Nel corso delle giornate “libere”, il giocatore ha diverse possibilità. Può dedicarsi all’esplorazione e alla ricerca di missioni secondarie, potenziare le sue virtù regali (coraggio, saggezza, tolleranza, immaginazione ed eloquenza) oppure migliorare il rapporto coi nostri seguaci. Ognuna di queste azioni causerà il trascorrere del tempo e quindi il passaggio al giorno successivo.

Parlando dei seguaci, essi hanno lo stesso ruolo dei confidant. In pratica, durante l’avventura avremo la possibilità di approfondire la relazione coi principali personaggi che incontreremo. Una volta scelto con chi trascorrere il tempo, assisteremo ad una serie di eventi che porteranno ad una crescita del rapporto e, di conseguenza, al potenziamento delle nostre abilità. Da notare che, come già accennato, potenziare queste relazioni è fondamentale per avere accesso agli archetipi più potenti.

Rispetto a Persona, abbiamo trovato il meccanismo molto più accessibile in Metaphor. Le finestre temporali sono, in generale molto larghe e una buona gestione del tempo permette di avanzare in modo regolare su tutti i fronti. Già nella prima run abbiamo potenziato al massimo tutte le virtù (fondamentali per accedere agli eventi più avanzati legati ai seguaci) e siamo riusciti a massimizzare il rapporto con quasi tutti i seguaci, svolgendo allo stesso tempo un gran numero di missioni secondarie.

La gestione del tempo è resa ancora più semplice dalla presenza di Gallica. La nostra fatina infatti potrà ricordarci in qualsiasi momento quali sono le attività principali presenti nel corso della giornata (che in ogni caso risultano visibili anche dalla mappa) e anche quali seguaci sono disponibili per interagire. Consigliamo però di fare attenzione alle missioni di esplorazione principale. Spesso i dungeon, o comunque gli eventi legati alla trama, sono lunghi e complessi, quindi è sconsigliabile affrontarli con pochi giorni a disposizione.

Esplorazione e battaglie

Le fasi di esplorazione in Metaphor sono sempre vincolate alle mappe delle varie aree che esploreremo. Sebbene alcune città ed alcune aree di missione siano molto vaste e presentino numerose aree, non si può parlare di vera e propria esplorazione libera. La scelta, tuttavia, ci è parsa azzeccata, perché rende l’esperienza meno frustrante e dispersiva. Dal punto di vista esplorativo, la parte migliore sono senz’altro i Dungeon, che appaiono quasi sempre ben strutturati ed intriganti.

Oltre a quelle legate alla trama principale Metaphor propone anche molte aree secondarie, che potranno essere affrontate solamente una volta sbloccata la missione ad esse legata, che si tratti di una caccia o di un altro evento. Anche queste aree, spesso ambientate in foreste o grotte ci sono parse ben realizzate. Unico neo sono alcuni villaggi, che non sono esplorabili direttamente ma che si riducono ad immagini fisse. Sebbene si tratti solo di luoghi utilizzati per l’acquisto di materiale, ci sarebbe piaciuto poter esplorare anche quelli.

Durante l’esplorazione i nemici sono sempre ben visibili. Il giocatore ha la possibilità di evitarli oppure di cercare di attaccarli. Se gli attacchi azzereranno la barra della stamina del nemico, il giocatore avrà diritto ad un attacco preventivo. Se invece il nemico riesce a colpire il giocatore, sarà lui ad avere la priorità. Nel caso si incontrino nemici di livello molto inferiore, è possibile eliminarli direttamente con un solo attacco, senza nemmeno passare alla schermata di battaglia. Una vera manna dal cielo per il farming.

Per quanto concerne il battle system, esso appare molto tradizionale. Le battaglie si svolgono secondo un rigoroso sistema a turni. Nel corso del proprio turno, il giocatore può scegliere di attaccare, difendere, ricorrere alle abilità degli archetipi o spostare il personaggio in attacco o in difesa. Il passaggio di un personaggio dalla prima alla seconda linea non comporta la perdita del turno, a differenza della sostituzione del nostro personaggio (che è accessibile da subito, una volta che il party avrà superato i 4 membri).

Come nella serie Persona, ogni nemico avrà uno o più punti deboli che, se colpiti, garantiranno turni extra. Lo stesso però vale per i nostri personaggi, in base all’equipaggiamento e agli archetipi. Occorre quindi valutare con attenzione il nostro setup, anche a seconda delle abilità nemiche. Sono presenti poi particolari abilità, denominate sintesi. Esse permettono ai nostri personaggi di combinare le loro forze per scatenare potentissimi attacchi o abilità difensive particolarmente forti, che consumano però due intere icone turno.

Per una buona riuscita degli scontri, la parte più importante è sicuramente la pianificazione. La scelta degli archetipi e degli equipaggiamenti risulta infatti fondamentale. Gli archetipi ricordano i classici sistemi di classe presenti in altri giochi e permettono l’utilizzo di svariate abilità. Alcuni sono specializzati negli attacchi fisici, altri nelle magie, altri ancora nella cura o in abilità di supporto. Per affrontare i dungeon è necessario un gruppo con archetipi ben assortiti e che sappiano allo stesso tempo colpire le debolezze nemiche e metterci al sicuro dalle loro abilità. Non è infatti possibile cambiare archetipo nel corpo della battaglia.

Anche in questo caso, tuttavia, il gioco è molto generoso. Ogni città infatti ospita alcuni informatori, che svelano informazioni sui nemici presenti nei vari dungeon, boss compresi. Questo semplifica di molto la scelta degli archetipi più efficaci. Il discorso cambia radicalmente quando si parla dei boss nascosti, che presentano sfide davvero ostiche, anche a causa di alcune meccaniche nascoste che regolano il loro agire e che, in alcuni casi, possono costare una sconfitta immediata.

Longevità ed elementi strategici

Metaphor

Dal punto di vista strategico e gestionale, Metaphor risulta abbastanza profondo, senza allo stesso tempo essere eccessivamente complicato. Le parti più importanti sono la scelta dell’equipaggiamento e la gestione degli archetipi. Per quanto riguarda l’equipaggiamento, ogni personaggio potrà selezionare un’arma legata all’archetipo con cui è equipaggiato. L’archetipo va anche ad influenzare le armature e gli altri elementi dell’equipaggiamento. Sono anche presenti numerosi accessori, ognuno dotato di bonus e abilità particolari.

Gestire gli archetipi risulta più profondo ed interessante. Livellando i vari archetipi, come già scritto in precedenza, diventa possibile sbloccarne di più potenti ed elaborati. Il giocatore, sacrificando una certa quantità di MAG, può anche “salvare” determinate abilità, in modo da poterne assegnare un numero limitato anche ad archetipi diversi da quello a cui l’abilità è associata in origine. Questo elemento aggiunge un ulteriore tocco di strategia e rende ancora più semplice assegnare i “ruoli” ai nostri personaggi, individuando quelli votati all’attacco e coloro che invece dovranno concentrarsi sulla cura o sulle abilità di supporto.

Dal punto di vista della longevità, Metaphor certamente non delude. Completare l’avventura non richiederà meno di sessanta ore. Tuttavia, come già detto, per completare tutte le missioni e le attività secondarie saranno necessarie almeno due run, se non persino una terza.

Metaphor ReFantazio è un JRPG davvero solido, lungo, ricco e divertente. Vanta un sonoro eccellente, un’ottima trama ed un sistema di controllo magari non originalissimo ma sicuramente profondo e divertente. Gli archetipi ed il loro utilizzo donano profondità e originalità al gioco, le battaglie sono molto tatiche e divertenti e anche l’esplorazione è ben strutturata, soprattutto per quanto riguarda i dungeon. Unico neodel gioco sono alcuni aspetti della trama, non proprio originalissimi e il comparto grafico, di ottimo livello ma che non pare sfruttare appieno le potenzialità dei moderni sistemi di gioco. Da provare assolutamente, soprattutto se amate le avventure.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: Playstation 5
  • Data uscita: 26 giugno 2025
  • Prezzo: 69,99 euro

Ho giocato e completato il gioco su Playstation 5

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Recensioni

DOOM: The Dark Ages – Recensione

L’universo videoludico si è sempre contraddistinto per un’ingente mole di opere. Oggi viviamo nella bulimia più assoluta, ma anche 30 anni fa eravamo ricchi di giochi, che molto spesso ne copiavano altri molto influenti. Il titolo di cui parleremo oggi è tra quelli più plagiati, più amati, più venduti. Del resto il Doom di Romero e Carmack ha reso popolare gli FPS e creato un sacco di cloni, alcuni anche molto popolari come Duke Nukem 3D.

Dal 2016, Doom è rinato tra le mani di Bethesda che ha potuto sperimentare ed evolvere il franchise con risultati – per i primi due capitoli – di altissimo livello. Oggi, nel 2025, la trilogia si chiude con un prequel, Doom: The Dark Ages, che vi raccontiamo in questa recensione.

Le premesse del game director di Doom: The Dark Ages, Hugo Martin, sono sempre state molto chiare: vogliamo creare un Doom single-player, che abbia una trama e un’ambientazione unica, mai vista per la saga. È naturale che se queste parole vengono pronunciate da un membro di Bethesda, la mente viaggia nelle terre di Skyrim, nel post-apocalittico di Fallout e, soprattutto in questo caso, nello spazio di Starfield. C’è tanto di questo approccio nel nuovo Doom, ma vi garantisco che i titoli a cui si ispira The Dark Ages, vi sorprenderanno.

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Una trama e tanti cliché

È possibile dare una storia a Doom? John Carmack paragonava la trama di un videogioco a quella dei film a luci rossi: “Ti aspetti che ci sia, ma non serve a niente”. Doom: The Dark Ages prova ad andare oltre questa affermazione, crea una storia intorno al prequel di Doom, ma il risultato può essere paragonato a quello di un film action degli anni 80.

The Dark Ages è ambientato in un mondo dark fantasy, in cui la tecnologia si fonde con un’atmosfera medievale dai toni cupi e oscuri. Il palcoscenico in cui si esibirà lo Slayer ricorda soprattutto Berserk del compianto Kentaro Miura e quindi trova una sua naturale similitudine con tutte le opere videoludiche che da Berserk derivano. Ampliando il quadro, qualcuno ci vedrà Bloodborne per i toni medievali, altri, come me, System Shock per quello tecnologico. Ma penso che tutti concorderanno che quando si scende all’inferno il riferimento è Diablo 4. E se poi, a un certo punto, vi sembra di essere all’interno della Maschera di Inssmouth, qualche ora dopo ne avrete la conferma: sì, vedrete anche una forte ispirazione all’orrore sommerso di Lovecraft.

Per alcuni sa di già visto, per me è un sogno che diventa realtà. Tutte le opere che più amo fuse in un unico contesto con a capo il videogioco per eccellenza degli anni 90, Doom. E in questo contesto onirico, i demoni escono dall’inferno, come nel più classico dei canovacci, alla ricerca di un artefatto, il Cuore di Argent, che gli permetterebbe di avere il controllo totale su tutto l’universo. Da un lato demoni e diavoli, dall’altro la razza, per così dire, umana. Lo scopo è preservare l’artefatto, ma solo un’entità può affrontarli. Sempre lui, ma tanto diverso rispetto al passato: lo Slayer.

Un nuovo Slayer

Vi ho raccontato tutte le opere a cui si ispira Doom: The Dark Ages, ma a mio avviso è Berserk il punto focale. E il motivo sta proprio nel suo protagonista. A differenza del passato, il nuovo Slayer è più pesante, meno veloce ma di gran lunga più distruttivo. Le armi che impugna sono enormi e alla fine non puoi non notare le somiglianze con Gatsu. Il nuovo slayer è una macchina infernale, silenziosa e brutale, nata per combattere e per generare tante scene splatter, sia durante il gioco che nel cutscene realizzate divinamente con il portentoso motore idTech 8.

L’esagerazione di Berserk non si limita solamente all’ambientazione ma si fonde perfettamente con il gameplay di Doom, che ora è più compassato, meno veloce, meno verticale ma molto più cinematografico. Qualsiasi videogiocatore navigato capisce subito quando ci sarà da menar le mani, perché la mappa 3D ci mostrerà delle ampie zone in cui non può che esserci una battaglia epica, che è la grande novità di The Dark Ages. Il nostro Slayer si dovrà muovere tanto in battaglia e lo fa all’interno di arene molto grandi, dove medipack, munizioni e armature sono sparse in modo chirurgico, con l’esatto scopo di farci correre per tutta la zona, evitando i colpi e massacrando gli enormi mostri e i demoni da cannone.

La scelta è vincente. Le battaglie epocali che affronteremo generano un’enorme soddisfazione e si alternano tra grandi spazi all’aperto – tipiche dei migliori giochi di ruolo e soulslike in circolazione – e angusti spazi cibernetici, come visto in System Shock Remake. In tutto questo, i demoni che abbiamo odiato, e amato, in tutti Doom continuano a essere sempre gli stessi, con i loro pattern e le loro movenze, e con un personale e particolare odio per i Revenant.

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Ferri del mestiere

Le novità non mancano nemmeno per quanto riguarda il comparto armi, e aggiungerei difesa. Sono certo che tra di voi ci sarà chi le apprezzerà e chi assolutamente no. Cambiare in modo così drastico non è sempre apprezzato, ma le scelte di Hugo Martin sono molto sensate. Il nuovo Slayer ha tre tipologie di arma. Oltre alle vere e proprie “pistole”, ci sono nuovamente le armi da Mischia, ma la novità principale è lo Scudo, che diventa anche l’oggetto cardine di tutto il gioco.

Le armi sono tante, molto delle quali attingono dal passato e posseggono un fuoco alternativo che si sblocca andando avanti per i 22 capitoli del nuovo Doom. Non può mancare la mitica doppietta, ma i designer si sono concessi anche una morning star semi-automatica. Il risultato è un gunplay effervescente come tutti i Doom, in cui purtroppo la mira può anche essere secondaria. La sensazione infatti è che il gioco, almeno su Xbox Series X, favorisca molto il videogiocatore, anche il meno preciso.

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Alle armi a distanza si aggiunge l’attacco in Mischia. Si può scegliere un unico attacco in mischia alla volta, tra una manciata disponibili. Quest’ultimo non si potrà spammare perché ha solamente tre cariche, ricaricabili con le munizioni che trovano in giro o, così come gli altri caricatori, recuperabili colpendo i nemici grandi o piccoli che siano.

Arriviamo dunque alla novità: lo Scudo con tanto di lama rotante. Il tutorial vi dirà che serve per pararsi utilizzando il trigger sinistro. In realtà, ben presto scopriremo che possiamo lanciarlo sugli avversari come un boomerang e sarà fondamentale per scoprire tutte le aree segrete di Doom: The Dark Ages, perché permetterà di risolvere la maggior parte degli enigmi ambientali. Una scelta che sa molto di gioco di ruolo e che viene confermata anche dalla possibilità di sbloccare dei perk per Armi, Scudo e Mischia attraverso dei Santuari (Diablo docet) in cui spendere denaro e pietre preziose trovate nel mondo di gioco.

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Tanti contenuti infernali

Ho giocato a Doom: The Dark Ages per circa 20 ore, muovendomi tra i capitoli a diversi livelli di difficoltà (molto alta ai massimi livelli), senza riuscire a completarli tutti al 100%. Di conseguenza, mi aspetto che i completisti possano avere almeno 40 ore di divertimento, anche se alcuni livelli si possono terminare solo al 100% e mi riferisco alle sezioni meno riuscite del gioco.

Inoltre, oltre a comandare lo Slayer nella sua Gatsusità, in The Dark Ages sono diventato anche un Mech e ho cavalcato un Drago, fido servitore dello Slayer. Nella maggior parte è successo in livelli a sé stanti, ma qualche volta queste sezioni di gioco fanno da intermezzo tra una zona e l’altra per farci rifiatare. Atlan è un riempitivo non necessario. Avremmo appena un paio di azioni disponibili, tra pugni e palmate. Ben più riuscito invece è il Drago, perché ricalca quanto abbiamo già avuto modo di vedere con videogiochi ben oliati come Panzer Dragoon. In questo caso, dovremmo evitare i colpi degli avversari, quasi a tempo, e colpire quando mostreranno il fianco, con la possibilità di inseguire in cunicoli stretti dei nemici che dropperanno oro (sì, proprio come in Diablo, o Elden Ring).

Concludiamo questa recensione di Doom: The Dark Ages parlando di qualcosa di scontato: le musiche metal a cui si poteva chiedere qualcosa in più, ma che sanno caricarci nei momenti in cui veramente conta e il multiplayer, o meglio la sua assenza. Personalmente ritengo che Doom non sia il miglior esponente della modalità multiplayer e già sapevamo che The Dark Ages non era stato pensato per questo. A mio avviso è una scelta sensata non includerlo, perché probabilmente avrebbe tolto tempo alla realizzazione di qualcosa che, nella sua interezza, è veramente ben riuscito. D’altro canto però fa effetto non vedere una modalità multiplayer su quello che poteva comunque essere un gradevole arena shooter online, anche se più lento e compassato. Però non stiamo parlando né di Quake né di Unreal Tournament. Se Bethesda vuole ha tutte le IP necessarie per creare qualcosa di grandioso senza scomodare lo Slayer.

Doom: The Dark Ages è una nuova incarnazione dello storico franchise, in puro stile Bethesda. Dopo due capitoli eccellenti, Hugo Martin ha deciso di dare a Doom un tocco tipico della casa madre, includendo elementi da gioco di ruolo. Lo fa introducendo una trama più presente – seppur dimenticabile – e soprattutto offrendo la possibilità di esplorare vaste mappe per il puro piacere di scoprire nuovi segreti. Per ottenere questo risultato, ha dovuto sacrificare la velocità frenetica di Doom Eternal in favore di uno Slayer più lento, ma allo stesso tempo più possente ed epico. Il risultato è un videogioco evoluto e moderno, che prende forma attraverso la cultura pop contemporanea e in cui si citano – e si fondono con successo – Kentaro Miura, H. P. Lovecraft e i videogiochi cult degli anni ’90 nati proprio dopo Doom.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: PS5, PS5 PRO, Xbox Series X/S
  • Data uscita: 15/05/2025
  • Prezzo: 79,99 €

Ho giocato a partire dal day one Doom: The Dark Ages su Xbox Series X, grazie a un codice della Premium Edtion gentilmente fornito dal publisher.

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Mafia: Terra Madre non sarà un open world, 2K punta su una storia lineare

Dopo anni di silenzio, la serie Mafia torna a far parlare di sé con Mafia: The Old Country, prequel ambientato in Sicilia. Ma chi si aspettava un altro open world in stile Mafia III resterà sorpreso: 2K ha confermato che il gioco non sarà un open world. La scelta è netta e segna un cambio di rotta rispetto agli ultimi titoli del franchise.

L’informazione arriva da un’intervista ufficiale rilasciata da 2K Games, in cui il team ha chiarito che l’obiettivo è offrire una storia solida, cinematografica e concentrata. Addio quindi a grandi mappe da esplorare liberamente. The Old Country punterà su un’esperienza narrativa guidata, con ambientazioni dettagliate ma strutturate per seguire il ritmo della trama.

L’ambientazione si sposta negli anni 20, in una Sicilia durissima e povera, dove la criminalità prende forma. Il protagonista, ancora senza nome, sarà testimone e partecipe della nascita di quella che diventerà la mafia italoamericana. L’atmosfera sarà più cupa e drammatica rispetto ai titoli precedenti, con un tono quasi da thriller storico.

2K sostiene che la narrazione sarà al centro, con missioni costruite per tenere alto il coinvolgimento. L’idea è raccontare una storia densa, senza tempi morti o distrazioni superflue. In altre parole, niente corse in taxi tra un quartiere e l’altro solo per allungare la durata.

Il gioco è sviluppato con l’Unreal Engine 5, e il primo trailer lo mostra in tutta la sua potenza grafica: paesaggi rustici, volti scolpiti, luce naturale. Se non l’hai ancora visto, puoi guardarlo qui: trailer ufficiale.

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