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Diablo 4 arriva su Xbox Game Pass questo mese

Activision-Blizzard è ormai nelle mani di Microsoft e il pubblico Xbox comincia a trarne beneficio già da questo mese. I possessori di Xbox Game Pass infatti riceveranno all’interno del proprio abbonamento Diablo 4, l’ultima fatica di Blizzard, che abbiamo anche recensito.

Diablo 4 arriverà su Xbox Game Pass questo mese, per la precisione il 28 marzo 2024. Al suo arrivo, il mondo creato da Lilith conterrà già “Le Forche Caudine“, che saranno disponibili in-game dal 5 marzo. Le Forche Caudine sono un dungeon fisso non lineare che permetterà ai videogiocatori delle stessa classe di affrontarsi l’uno contro l’altro.

Il dungeon ha durata settimanale, con conclusione il martedì alle 17.00 e ripresa alle 19.15. Le sfide permettono di guadagnare Sigilli, fino a quattro, che ovviamente garantiranno loot sempre più ambiti. Tutti i dettagli, sono disponibili sul post pubblicato sul sito ufficiale di Diablo 4.

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Editoriali

Starfield e Mass Effect: confronto tra videogiochi di ruolo spaziali

È arrivato il momento: dal 6 settembre finalmente ci siamo avventurati nel nuovo universo Bethesda, quello di Starfield che tanto aspettavamo. Man mano andando avanti nel gioco, scopriremo se l’hype altissimo che si è creato attorno al gioco avrà avuto senso. In questo articolo, però vogliamo rispondere a un’altra domanda: Starfield è il gioco di ruolo ambientato nello spazio definitivo? Per farlo, abbiamo messo a confronto Starfield con una trilogia epica simile per ambientazione: Mass Effect.

Caratteristiche di Starfield

Dopo le prime ore di gioco su Starfield, le differenze tra l’opera di Bethesda e Mass Effect sono state sin da subito evidenti, sia a livello di gameplay che di narrazione. Starfield, ovviamente, si basa su un motore grafico avanzato ma anche su una fisica accurata che rendono l’ambiente spaziale credibile ma soprattutto dinamico.

Il giocatore può viaggiare ed atterrare su circa un migliaio di pianeti (queste le cifre comunicate più o meno ufficialmente), esplorarli liberamente a piedi o con veicoli ed interagire con la flora e fauna locale, a volte ostile, a volte no, tramite lo scanner oltre che con gli abitanti in loco.

Per poter viaggiare nello spazio è necessario che l’utente modifichi a proprio vantaggio le caratteristiche della nave per dare più energia agli scudi piuttosto che al salto gravitazionale in caso di scontro e viceversa ad esempio. Una volta attraccato poi, in un porto interspaziale, sarà possibile acquistare modifiche per la propria nave potenziandola o comprarne una completamente nuova.

La storia non ha una trama lineare ma lascia al giocatore la possibilità di creare il proprio personaggio e la propria storia secondo le sue inclinazioni morali ed etiche.

Allo stato attuale ad esempio, mi trovo ad essere un pilota dell’Avanguardia della UC, Unione Coloniale, pronto a difendere i perimetri delle città protette dalla UC con la mia nave che purtroppo ancora è una “Suzuka baracca” di Aldo, Giovanni e giacomiana memoria. Non è ancora all’altezza di poter affrontare scontri a fuoco complessi. Ma tranquillamente sarei potuto essere un pirata spaziale che invece la UC la combatte per intenderci. Il tutto fermo restando la trama principale che, al momento, resta difficile seguire viste le numerose missioni secondarie che pullulano l’universo di Starfield.

Caratteristiche di Mass Effect

Le opere di BioWare (Recensione Mass Effect Legendary Edition) compongono una celebre saga spaziale iniziata nel 2007 e conclusasi nel 2017 con Mass Effect Andromeda. La storia ha come protagonista il comandante Shepard, a capo di un cast di personaggi memorabili e con una trama avvincente e ramificata.

La serie di Mass Effect si può collocare tra i “GDR anomali”. Sin partendo dal primo capitolo, Bioware ha si mantenuto le caratteristiche narrative tipiche di un GDR ma nel contempo ha reso gli scontri a fuoco più simili ad un Gear of War per intenderci. Anche la visuale è la stessa, parliamo della terza persona. Inoltre il nostro protagonista potrà, come in ogni classico GDR che si rispetti, scegliere la propria squadra prima di ogni missione.

Con il secondo capitolo, nonostante Bioware avesse da poco rilasciato Dragon Age: Origin, uno tra i GDR più classicamente intesi, continua nell’opera di rinnovamento del genere con un gameplay più orientato al combattimento ed al dialogo.

Nel terzo capitolo, Mass Effect 3, il gioco è ancora più spiccatamente una commistione di generi, dallo sparatutto in terza persona, al gioco di ruolo di tipo occidentale passando per l’avventura grafica con enigmi da risolvere. e questa caratteristica lascia intuire l’enorme lavoro svolto dagli sviluppatori teso a rendere la saga un’epopea, di carattere epico.

Infine: Mass Effect Andromeda, spin off del 2017 della serie, ambientata 600 anni dopo gli eventi narrati nella trilogia, Bioware si lascia scappare di mano durante la ricerca di riconquistare il proprio pubblico che aveva storto il naso per i finali un pò arrangiati del secondo e del terzo capitolo; infatti, gli sviluppatori si lasciano andare ad una massificazione del genere rendendolo più che altro uno sparatutto, oltre al fatto, ben più grave, che in Andromeda non sono presenti la maggior parte delle risposte alle conseguenze delle azioni del comandante Shepard compiute nella trilogia.

Personalmente, dell’intera saga mi è piaciuta particolarmente la forte componente emotiva e relazionale che permette di interagire coi propri compagni di squadra oltre che instaurare rapporti di amicizia ed amore, prendendo, spesso, delle decisioni morali difficili.

Prendiamo ad esempio la Missione suicida del secondo capitolo, dove le scelte del giocatore influenzano addirittura con quali personaggio continuare l’avventura e quali sacrificare; insomma un gioco di ruolo coi fiocchi nella maggior parte dei casi che però rimane troppo legato alla trama principale secondo me, nonostante alcune scelte modifichino pesantemente e permanentemente la narrazione, come già accennato.

Punti di contatto

Le analogie tra i due titoli sono perlopiù legate al genere e al tema. Sia Starfield che Mass Effect sono dei GDR spaziali che offrono al giocatore la possibilità di vivere fantastiche avventure in ricchi e variegati mondi sconosciuti, incontrando personaggi incredibili e tenendo incollati a schermo i videogiocatori per ore.

In comune poi hanno una forte componente sci-fi che si riflette nell’aspetto tecnologico e nelle varie razze aliene incontrate.

Sia il titolo Bethesda che quello Bioware hanno una forte componente artistica che si esprime nella colonna sonora e nel design dei personaggi e delle ambientazioni. Pensate che per l’uscita di Starfield, Bethesda ha addirittura collaborato con la band statunitense Imagine Dragons che ha composto una canzone dedicata al gioco.

Infine, entrambi concentrano le proprie forse sulla sfida, sulla scoperta e sul combattimento.

Conclusioni

Starfield non è Mass Effect e viceversa. I puristi dei GDR probabilmente si troveranno più a proprio agio con Starfield dovendo scegliere una moltitudine di aspetti durante il gioco, persino il tipo di lavoro del personaggio ma soprattutto in che modo vivere la propria vita e in che modo essere percepiti dagli altri. Fondamentalmente quello che mi è piaciuto del gioco, almeno per quanto ho giocato finora, è proprio questa libertà data al giocatore di scegliere chi essere, che comportamenti adottare, creare la propria storia in definitiva.

In Mass Effect, il personaggio è già un eroe, riconosciuto da molti come tale, che per quanto possa effettuare determinate scelte morali o immorali, impopolari o no, la trama segue comunque una direzione lineare modificandosi in base alle scelte del giocatore ma non creandola da zero. Benchè, come accennato nel corso dell’articolo, la storia dell’intera saga, sia una delle più belle del panorama videoludico mai scritte.

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Editoriali

Sea of Thieves: a spasso per The Legend of Monkey Island

Nel profondo dei Caraibi, l’isola di Melee, al di là del Mare dei Ladri, nel limbo onirico del Mare dei Dannati…No, non sono ubriaco a causa di fiumi di Grog e non sto confondendo Sea of Thieves con la saga di Monkey Island.

Premessa

Rare Software, come promesso da Microsoft nell’ultimo Xbox Showcase, ci ha deliziati con un DLC per Sea of Thieves ambientato nientepopodimeno che nell’universo di Monkey Island. Un DLC in tre atti che verranno rilasciati a distanza di circa un mese l’uno dall’altro. Scommettiamo che l’attesa sarà spasmodica?

E relativamente importa che, purtroppo, non sia stato tirato in ballo Ron Gilbert, ideatore dei primi due capitoli della storia e dell’ultimo, Return to Monkey Island, targato Devolver Digital epilogo reale della saga (di cui abbiamo già parlato), avrebbe certamente dato quel tocco di classe in più, ma a conti fatti, Rare, è riuscita nel migliore dei modi.

La storia, a mio avviso infatti, è scritta molto bene e cosa ancora più “magica”, anche se, forse, il voodoo non c’entra nulla, è che Sea of Thieves, da gioco cooperativo e fondamentalmente di azione, viene reso a tutti gli effetti, un’avventura grafica, omaggio sia alla saga di Monkey Island, sia a tutte le avventure grafiche spuntate a cavallo tra gli anni 80 e 90.

Melee, Return to Monkey Island

Capitolo 1

Il 20 luglio è stato quindi il giorno di The Legend of Monkey Island, come dicevo, primo di tre DLC. Da appassionato della saga, ho approcciato al gioco con il giusto scetticismo, seppur con quella fibrillazione tipica di un bambino che scarta il suo regalo di Natale.

Sea of Thieves mi ha, sin da subito, lasciato con luci ed ombre. La mancata possibilità di salvare la partita, costringendo di fatto a ricominciare le missioni quasi sempre da zero, l’enorme libertà lasciata al giocatore che rende ostica (almeno per me) la comprensione di come accettare missioni e come seguire la mappa, la spiccata indole multiplayer e l’enormità delle cose da fare si scontrano con un’atmosfera piratesca unica, una navigazione di bordo davvero soddisfacente e tutta una serie di allusioni e ambientazioni che solo un appassionato di pirati può davvero comprendere.  

Capitolo 2

Dopo l’abituale scenetta post scelta missione, in cui si capirà che Guybrush è rimasto intrappolato in una sorta di dimensione dei dannati per colpa del solito cattivone LeChuck e che proprio voi avrete l’arduo compito di salvarlo, eccoci a navigare quindi nel Mare dei Dannati alla volta di Melee Island.

Ancor prima di scorgere l’isola, una voce, quella di Guybrush…voce familiare, che riscopre antiche emozioni…Dominic Armato! Il doppiatore ufficiale di Guybrush Threepwood. Rare ha fatto le cose in grande penso. Ed eccola che spunta dalla nebbia, i colori diventano più scuri, lasciando finalmente vedere la bellissima volta stellata che sovrasta il mare dei Caraibi con la “classica” Luna, più grande del normale.

L’isola di Melee, in tutto il suo splendore, con le luci in lontananza al posto giusto, con il porto al quale finalmente, dopo tanto averlo vissuto in 2D, attraccherò. I dubbi svaniscono come un fantasma colpito da birra di radice e non vedo letteralmente l’ora di mettere piede sulla terraferma.  

Guybrush Threepwood

Capitolo 3

Appena attraccato, non senza poche difficoltà nello stretto porto di Melee, mi guardo intorno e faccio quello che ogni rispettato fan di Monkey Island farebbe, cerco di scorgere i luoghi familiari e inaspettatamente li riconosco tutti e la sensazione è quella di ritornare a casa.

Rare ha fatto un gran lavoro, è come se si prendesse l’ambientazione originale di Monkey Island e la si rendesse 3D, è tutto lì, al posto dove tutti se lo aspetterebbero. Impagabile è stata la scalata fino alla vedetta, cosa che nel gioco originale avveniva nel tempo di un micro caricamento.

Ci si gira intorno e già si sa cosa aspettarsi poiché è davvero tutto li, di nuovo, dopo più di trent’anni. In 3D. Con i personaggi sempre pronti, da anni ormai, a sparare battute pungenti, ligi al dovere (Chiedimi di Loom!).

Capitolo 4

Come dicevo all’inizio, Ron Gilbert non ha partecipato al progetto, ma ciò non ha impedito a Rare di cogliere sia l’atmosfera sia lo spiccato umorismo dei personaggi, calando il giocatore nel mood Monkey Island. Senza rivelare troppo della storia, posso dire che nonostante l’episodio sia corto e con enigmi alquanto semplici, è un piacere giocarlo.

Le musiche poi, cambiano da scena a scena in una sorta di nuova iMUSE. E, mentre i fan di vecchia data troveranno soddisfazione anche solo nel percorrere le strade di Melee, i nuovi giocatori potranno scoprire per la prima volta questo universo piratesco, molto, molto affine a Sea of Thieves.

LeChuck

Epilogo

Dispiace che in questo primo episodio i luoghi visitabili si limitino ad essere solo quelli della zona del porto fino alla casa del Governatore, ed è impossibile esplorare la restante parte dell’isola.

Anche se, dalla cima dove si trova la vedetta, si possono intravedere dall’alto i tendoni del circo dei fratelli Fettuccini).

Nonostante questo il DLC è un qualcosa di imprescindibile. Sea of Thieves sembra quasi come se sia nato con lo scopo, un giorno, di portarci qui, nell’universo di Guybrush Threepwood. Rare ha colto perfettamente nel segno, regalando a tutti gli appassionati di pirati una vera e propria perla. E non importa se siete fan di Guybrush o meno, la storia vi appassionerà.

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Recensioni

Planet of Lana – Recensione

Planet of Lana, la prima produzione dello studio Wishfully, aveva già attratto a sé molti occhi all’Xbox ShowCase del 2021. Si parla di una produzione dalle dimensioni visibilmente più contenute e che pone grande enfasi su un comparto artistico di richiamo pittorico particolarmente brillante e su una narrazione silenziosa di pregio.

Il titolo arriva sui nostri schermi nelle vesti di un puzzle-adventure di chiara ispirazione “Uediana”, ma che impara con intelligenza le lezioni impartite dai più recenti titoli Playdead come Limbo, pescando a piene mani anche dalle suggestioni di Journey.

Il timore di un’opera eccessivamente derivativa va però dissipato rapidamente: Planet of Lana è un gioco con una personalità propria capace sì di imparare dai migliori, ma comunque in grado di mantenere una propria distinta personalità.

La narrazione

La prima opera firmata Wishfully esplora diverse suggestioni narrative: l’abbandono e la perdita, il genuino affetto tra due ragazzini, l’amore spontaneo che può scaturire tra uomo e bestia.

Già dal trailer infatti, abbiamo fatto conoscenza di Mui, adorabile bestiolina che ci terrà compagnia per quasi tutta la durata dell’avventura, capace di arrampicarsi laddove a noi l’accesso sarà precluso, e soluzione essenziale a molti enigmi disseminati per il percorso di gioco.

Se è vero però che il rapporto fra i due coprotagonisti appare tenero e sincero, l’amicizia scaturita dalla necessità dei due sembra cementarsi un pizzico troppo rapidamente. Manca (forse più per ragioni tecniche e di budget che per scelte di design) quella lenta ma percepibile sedimentazione del rapporto fra Trico ed “il ragazzo” in The Last Guardian, evidente fonte d’ispirazione per Planet of Lana.

Nelle prime battute il gioco ci proietta in un piccolo villaggio di pescatori, un pianeta riconducibile al nostro come ambienti, ma con fauna e panorami “stellari” ampiamente alterati, memori più della fantasia di Cameron espressa in Avatar, che dalla realtà osservabile sul nostro pianeta.

La quiete del villaggio di Lana, coprotagonista del gioco e alter-ego del videogiocatore, non è purtroppo destinata a perdurare, interrotta da delle misteriose macchine che invadono il villaggio e ne rapiscono gli abitanti. Tra questi, Ilo, il fratello di Lana. La nostra eroina riesce miracolosamente a fuggire ripromettendosi di salvare il fratello, inconsapevole di essere destinata a svelare misteri ben più grandi di lei.
Nel tragitto, farà conoscenza con Mui, la già citata amabile creaturina.

Raccontare senza parole

L’ultima fatica Wishfully non comunica mai direttamente le informazioni sopra descritte. Il titolo è infatti sprovvisto di dialoghi esplicativi (o quantomeno quelle poche battute che hanno i personaggi sono comunicate in una lingua di fantasia, incomprensibile all’utente) e mancano persino i tanto abusati frammenti di testo sparsi per la mappa che spiegano per filo e per segno storia e retroscena di varia natura.

L’opera infatti si serve della mera comunicazione per ambienti, e talvolta per immagini, quasi icone religiose (rubate con furbizia a lavori ben più celebri come Journey di Thatgamecompany), volte non tanto a dare una spiegazione precisa degli eventi, ma più a suggerire al giocatore più attento possibili significati e valori di ciò che accade a schermo.

Planet of Lana certamente non è il primo titolo che racconta una vicenda senza l’ausilio di dialoghi o di testi scritti. Ciònondimeno non è semplice narrare una storia (per quanto semplice voglia essere quella del gioco in questione) “silenziosamente” senza per questo risultare inutilmente criptici e misteriosi.

Al contrario, l’avventura della nostra eroina rischia di finire sul versante opposto: il racconto rischia di risultare prevedibile per i videogiocatori più navigati, rimanendo però una valida esperienza per i più giovani o i meno avvezzi al genere. Non temete però, per quanto semplice, le animazioni, la colonna sonora ed il gusto estetico sopperiranno a una storia semplice conferendole il giusto peso emotivo e l’attiva partecipazione del giocatore.

Planet of Lana: paesaggio

Il gioco

Il team di Wishfully decide consapevolmente di non voler rivoluzionare il mondo dei puzzle games, limitandosi ad imitare i migliori del genere. Ciò è chiaramente un bene dal punto di vista pratico, visto quanto facile sia sopravvalutare le capacità del proprio Team (sopratutto se agli albori com’è il caso di wishfully), d’altro canto però così facendo i puzzles risultano troppo spesso banali e dalla risoluzione immediatamente comprensibile per tutti i videogiocatori avvezzi al genere.

Il titolo infatti si presenta come adatto ai più giovani ed ai meno avvezzi al mondo dei videogames, complice anche la breve durata complessiva dell’esperienza che si aggira attorno alle 4 ore e il fatto che il titolo sia disponibile nel servizio in abbonamento di Microsoft. I neofiti apprezzeranno senza dubbio lo stile grafico, la dolcezza della narrazione e la semplicità dei comandi.

Controllare due personaggi alla volta può apparire complesso sulla carta, tuttavia le azioni che potremo far compiere ai nostri protagonisti sono veramente ridotte, alla luce di quello che è presumibilmente un design di tipo sottrattivo.

Lana, infatti, può soltanto saltare ed abbassarsi, oltre a comandare a Milo, chiedendogli di aspettarla o di seguirla e, all’occorrenza, di posizionarsi in un punto determinato a non grande distanza dal nostro alter-ego.

A questo proposito, il sistema di movimento di Lana è stranamente meccanico e datato, costringendo a movimenti lenti e fuori dal tempo: per saltare a destra mentre siamo rivolti a sinistra, infatti dovremo prima far voltare il nostro personaggio e solo allora premere il comando di salto.

Una svista che sicuramente non influenzerà complessivamente il valore dell’esperienza ma che emerge prepotente in un oceano di cura e amore verso tutti gli altri comparti che fanno emergere in negativo un sistema di controllo a tratti alienante.

Planet of Lana: il Sole

Come si presenta

Basta un solo sguardo per apprezzare la cura e la dedizione impiegata dal team per costruire gli ambienti di Planet of Lana.
Il colpo d’occhio è immediato e lo stile usato rende il gioco riconoscibile da un solo screenshot.

Il timore che la palette cromatica potesse risultare ridondante e poco varia viene in realtà fugato presto, sia perché le macchine e le creature sono realizzate utilizzando dei toni di nero molto peculiari, che spezzano bene con gli ambienti molto colorati, sia perché il gioco fa capolino in ambienti dissimili l’un con l’altro: spaziando da deserti a paludi; da foreste ad accampamenti abbandonati.

Se è innegabile che questi ambienti donino necessaria freschezza al titolo, evitando un precoce affaticamento cromatico, questi risultano essere poco connessi l’un l’altro, dando la spiacevole sensazione di trovarsi in dei veri e propri livelli a tenuta stagna, piuttosto che di star facendo un esperienza di viaggio continua e indissolubile.

Il comparto sonoro è più che apprezzabile con un sound design avvolgente e rilassante, utile a immedesimarsi nell’azione.

È però nella colonna sonora, composta da Takeshi Furukawa (già celebre per aver curato le musiche di The Last Guardian), che l’avventura di Wishfully brilla maggiormente dal punto di vista sonoro: composizioni potenti e posizionate sapientemente sono in grado di far emozionare anche il più duro degli orecchi.

Conclusione

Planet of Lana è un gioco che si lascia ispirare dai migliori, senza la presunzione di voler rivoluzionare il genere. Quello che spicca nella produzione Wishfully è senz’altro il comparto artistico, curato, riconoscibile e che non può lasciare indifferenti, sia dal lato visivo che sonoro.
Si tratta in definitiva di un’esperienza memorabile e adatta a tutti, senza però raggiungere le vette delle produzioni a cui si ispira.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: Xbox Series S|X, PC, Xbox One
  • Data uscita: 23/05/2023
  • Prezzo: 19,99 €

Ho provato il gioco a partire dal day one su PC grazie all’Xbox Game Pass

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Editoriali

Xbox Game Pass: i migliori giochi di guida

I videogiochi hanno sempre trovato terreno fertile nel mondo dei motori (e viceversa), sin dall’epoca d’oro quando l’osannato cabinato Out Run mi costringeva a investire la mia misera paghetta. Oggi il mondo dei videogiochi, anche quelli di corse, è profondamente cambiato. I cabinati sono quasi estinti in Italia, ma non l’amore per le auto digitali che trova sfogo nei servizi in abbonamento come Xbox Game Pass che contiene diversi giochi di guida: vi elenco qui i migliori!

Forza Horizon 5

Forza Horizon 5

In casa Microsoft i giochi di guida disponibili su Game Pass non sono tantissimi ma sono di qualità. Partiamo dal titolo di punta di casa Microsoft, ovvero Forza Horizon 5 (che abbiamo anche recensito). Il racing game di Playground, studio britannico, porterà i giocatori tra le caldissime strade del Messico.

Oltre 400 auto a disposizione, una campagna con elementi RPG, una componente online competitiva e tanta tanta adrenalina. Il gioco è ottimizzato per Xbox One ma da il suo meglio con la next-gen su Xbox Series S e X. La mappa, quella del Messico come detto, è 1,5 volte più grande di quella di Forza Horizon 4 (anch’esso incluso nel Game Pass).

Nella release 5 è stato sviluppata ed introdotta l’intelligenza artificiale Forza Link, che ha memoria dei comportamenti e dei gusti del giocatore per potergli consigliare sfide sempre più appropriate sia online che in singolo.

Dirt 5 e Dirt rally 2.0

Dirt 5

Cambiamo (quasi) modalità e parliamo di Dirt 5 e Dirt Rally 2.0. Li mettiamo sullo stesso piano perché sono tra i migliori simulatori di riferimento in circolazione ma mentre Dirt 5 impronta il suo gameplay su uno stile molto arcade e spettacolare, che da spazio al divertimento senza pensieri; Dirt Rally 2 invece è un vero e proprio simulatore improntato sul realismo e sulle caratteristiche delle gare reali.

Quindi i fan rallistici avranno pane per i loro denti, sia che si tratti di piloti della domenica che non amano modificare gli assetti ma amano, invece, lanciarsi subito in pista, sia i piloti che amano più ragionare, andando a modificare tutti i dettagli per cercare di spuntare qualche decimo di secondo sul tempo.

Burnout Paradise Remastered

Burnout Paradise Remastered

Restando in tema arcade non possiamo non citare Burnout Paradise Remastered, una versione (completa di tutti i DLC successivi) rimasterizzata appunto a distanza di più di dieci anni. C’è poco da fare, la colonna sonora rock, la velocità e il nitro rendono il gioco ancora tremendamente attuale, facendo scorrazzare il giocatore su un’intera isola, un open world a tutti gli effetti.

A parte il gameplay quasi privo di pecche , ciò che ci piace del titolo Criterion è sicuramente la colonna sonora, che riporta ai fasti quel rock anni ’80 spensierato, in linea con la canzone più ovvia a cui possiate pensare, Paradise City dei Guns ‘n’ Roses.

F1 2022

F1 2022

Nel Game Pass – che cerca di accontentare qualsiasi tipo di palato inclusi quello degli amanti dei giochi di guida – non può non mancare la Formula 1, recentemente giunta alla versione 2022. F1 2022 (di cui trovate la recensione su questo blog) è quanto di più realistico ci sia in ambito videoludico sulla Formula 1.

Gli sviluppatori si sono dovuti adeguare agli importanti cambi normativi a favore di una maggiore spettacolarità del circuito. Cambiamenti che sono tutti riportati in game. Quello che risalta, oltre a ciò che ogni fan di un simulatore di F1 si aspetta è la modalità parallela F1 Life.

Ormai anche i videogiochi si stanno adeguando all’aspetto social della vita di uno sportivo e ovviamente la riportano nel gioco. F1 Life accompagna il giocatore nell’arco di tutta la sua carriera sportiva. Con la possibilità di personalizzare la propria abitazione, di mostrarla al mondo online insieme ai propri trofei.

A livello simulativo il gioco si comporta perfettamente. È altamente personalizzabile consentendo un approccio più arcade per i neofiti sia più simulativo per i giocatori più esperti consentendo la modifica di una miriade di aspetti dell’auto.

Need for Speed: Heat

Need for Speed Heat

Concludo questa rassegna con Need for Speed: Heat. La serie Need for Speed non ha bisogno di presentazioni. Questo capitolo di simulativo non ha assolutamente nulla, come probabilmente nessun capitolo della serie.

Il gioco presenta una serie di gare, alcune legali, corse di giorno ed altre illegali, che hanno luogo di notte, nel turbinio di luci e neon, che però attireranno pattuglie della polizia come mosche. A voi la scelta.

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Editoriali

Xbox Game Pass: 5 gemme nascoste da non perdere

Da quanto emerge da un documento spedito da Sony all’antitrust inglese in merito all’acquisizione da parte di Microsoft del celeberrimo publisher Activision-Blizzard, gli utenti di Xbox Game Pass ammonterebbero a 29 milioni, seppur in seguito Phil Spencer abbia più o meno ufficialmente ribassato la cifra a 25 milioni.

Qualunque sia la verità, è palese che il servizio in abbonamento della casa di Redmond abbia già preso posto nelle case di noi videogiocatori, grazie agli oltre 400 titoli presenti nel catalogo, tra cui spiccano i nomi di giochi del calibro di Deathloop, Persona 5, Dragon Quest XI, Assassin’s Creed Origins, i vari Battlefield presenti nel catalogo di Game Pass + EA Play ed il venturo Starfield.

Cionondimeno, ci sono anche videogiochi indie meno noti al grande pubblico, ma non per questo meno validi o intrattenenti. Stiamo parlando di cinque gemme nascoste da non lasciarsi sfuggire nello sconfinato catalogo del servizio di videogames in abbonamento più popolare del momento.

Donut County

Nato principalmente dalla fantasia di Ben Esposito, arriva su Game Pass direttamente dalle mani di un autore già celebre per aver lavorato anche a giochi come What Remains of Edith Finch, The Unfinished Swan ed il recentissimo Neon White. Donut County è un titolo dalle premesse semplici: “Un gioco carino in cui interpreti un buco nel pavimento”, per citare quanto riportato nel sito dello sviluppatore.

Se già l’incipit appare di per sé quantomeno originale, è il gameplay la colonna portante dell’esperienza che, richiamando senza vergogna avventure come Katamari Damacy, si basa su degli enigmi nei quali, interpretando il sopracitato buco, dovremo inghiottire elementi dello scenario via via più grandi in modo da poter passare al livello successivo. Dopo il nostro passaggio, infatti, sarà appagante constatare come non sarà rimasta che una distesa deserta (o in fiamme) laddove prima erano presenti costruzioni di varia natura.

La scrittura dei disparati dialoghi è davvero di pregevole fattura, e tiene incollati allo schermo per la durata delle circa due ore di durata del titolo, con buffi scambi tra i personaggi che intervallano le varie sezioni di gioco, sempre sagaci ed ironici, attraverso i quali conosceremo la storia del procione che per pigrizia ha scatenato l’inarrestabile buco e degli altri, sempre bizzarri e sopra le righe, abitanti della cittadina.

Manca tuttavia la localizzazione in italiano, per cui sarà necessario masticare un po’ di inglese per comprendere la divertente, ma non essenziale trama del gioco.

Pikuniku

Rileggendo la lista che ho stilato prima di scrivere questo testo, quando ho scelto i 5 giochi da consigliare, mi sono subito reso conto quanto semplice sia evincere da questa selezione diversi aspetti del mio carattere ed, in particolar modo, il mio senso dell’umorismo.

Sì, perché è senza dubbio necessario parlare di umorismo per descrivere il gioco sviluppato da SectorDub.

Apparentemente adatto a tutte le età, e nell’aspetto e nella difficoltà effettivamente lo è (classificato PEGI 7), cela in realtà un umorismo che farà molto piacere a chi, come il sottoscritto, è un amante del nosense.

A livello puramente ludico, si tratta di un misto tra un platform 2D ed un rompicapo con enigmi ambientali mai troppo complessi da affrontare in solo o in coop “da divano”.

Interpretando un mostro bipede, ci avventureremo in uno strampalato mondo popolato da creature ancora più bizzarre, in una trama che resta semplice, ma che si infittisce fino all’assurdo, anche grazie ai suoi irrazionali protagonisti, rivelando infine un misterioso complotto che avremo il compito di debellare.

Il gioco di per sé non ha molte pretese e fa poche cose ma buone, regalando anche dei minigiochi intrattenenti ma mai invadenti.

Consigliatissimo a grandi e piccini ed a chiunque abbia voglia di farsi delle grasse risate sulle spalle degli insensati e coloratissimi personaggi dell’altrettanto variopinto mondo di Pikuniku.

Prodeus

Prodeus è una delle gemme nascoste dell'Xbox Game Pass

Se siete appassionati di retro shooters, boomer shooters, doom’s clones o come preferite chiamarli, Prodeus è senz’altron pane per i vostri denti.

Alcune criticità sono da evincere: la ricarica un po’ troppo frequente di alcune armi e la pessima gestione dello shop per acquisire i diversi power-up e le nuove armi con cui fare fuori schiere di demoni.

Della trama non sto neanche a parlarne, l’fps ideato da Bounding Box Software e disponibile nel catalogo di Xbox Game Pass segue la filosofia un tempo descritta da John Carmack per cui la storia di un gioco è equiparabile a quella di un film porn: “Ci si aspetta che ci sia, ma non è così importante”. Prodeus sintetizza la trama riducendola a delle scritte facilmente skippabili su schermo, richiamando alla memoria vecchie glorie del passato degli fps, e consentendo al giocatore di passare subito all’azione.

Lo shooting è frenetico e soddisfacente, costringendo il giocatore a non rimanere mai fermo, pena la sconfitta. Le morti saranno abbastanza comuni, ma non estenuanti, in quanto si ripartirà dall’ultimo checkpoint.

Buono il comparto audio, che restituisce pienamente il feeling dei colpi andati a segno.

Complessivamente, un’esperienza appagante e non eccessivamente longeva (circa 8 ore), che saprà gratificare chiunque desideri del sano gore e spappolare una moltitudine di demoni a suon di proiettili.

Se avete già finito gli intramontabili classici IDSoftware presenti nel catalogo ed ancora non siete sazi di interiora di demoni, questo è senz’altro il gioco che stavate cercando.

The Pedestrian

The Pedestrian è una delle gemme nascoste dell'Xbox Game Pass

L’opera prima di Skookum Arts è una chicca a mio avviso imperdibile per tutti gli amanti dei puzzle 2D.

In questa curiosa avventura presente su Game Pass, impersoneremo un pedone, come suggerisce il titolo, ovvero l’omino (o la donnina, per così dire, in base ad una scelta iniziale) dei vari segnali stradali o delle indicazioni urbane. Questi ha infatti magicamente preso vita e necessita del nostro soccorso per spostarsi da cartello in cartello, da segnaletica in segnaletica.

Per la durata delle circa 4 ore di durata del titolo, si susseguiranno numerosi puzzle, quasi tutti validi ma con pochi “momenti wow” come amo definirli io (cioè rivelazioni, nuovi significati di meccaniche già conosciuti, epifanie), ma compensando con numerose meccaniche che si avvicendano al cambiare dell’ambientazione, come dover collegare elettricamente elementi di una parete con gli allacci elettrici di un cartello per aprire una porta, o dipingere un cartello per paralizzare gli elementi al suo interno, mettendo a dura prova l’ingegno e la capacità di problem solving dell’utente.

In particolare, proprio quando penseremo di aver già visto tutto quello che il titolo aveva da offrirci e i puzzle cominceranno ad apparire stantii, un finale a dir poco sorprendente ci sconvolgerà.

Sconvolgimento non da legare alla trama, che è praticamente assente (salvo fare un fumoso capolino nell’ultimissima parte dell’esperienza, pur rimanendo sempre solo accennata), ma legato a doppio filo a come The pedestrian va inteso come gioco, ribaltando le nostre idee sul titolo e costringendo l’utente per l’ennesima volta a doversi riadattare ad un importante cambiamento nelle meccaniche.

Gorogoa

Gorogoa è una delle gemme nascoste dell'Xbox Game Pass

Ennesimo pozzle di questa lista, ma data la sua qualità generale non potevo escluderlo.

Fra i titoli dell’elenco, Gorogoa, il gioco nato dai disegni di Jason Roberts e sviluppato da Buried Signals e pubblicato dall’ormai nota ed amata Annapurna Interactive è sicuramente il più avveniristico.

Catapultati da (quasi) subito in un interfaccia divisa in 4 blocchi, senza un vero e proprio tutorial, per procedere dovremo spostare e sovrapporre i vari elementi che compongono i quadranti per procedere in quella che è una storia disseminata nei secoli, dal significato fumoso e mai esplicito, che si lascia interpretare dal giocatore, senza imporre un messagio univoco.

Se per The Pedestrian i puzzle erano vari e diversificati tra loro, ma con pochi “momenti wow” come li ho definiti, qui le circostanze si ribaltano completamente: spostare i vari blocchi per i quadranti rimarrà una meccanica immutata dall’inizio alla fine: saranno infatti le risoluzioni degli enigmi ad essere di volta in volta diverse e sempre originali, costringendoci a pensare “lateralmente” e sorprendendo l’utente di volta in volta con intuizioni difficili da prevedere ma mai troppo ostiche.

Consigliato a chiunque sia alla ricerca di un’esperienza breve ma dalla forte personalità, capace di distinguersi ed eccellere nelle poche meccaniche date in pasto all’utente.

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Cos’è stato Google Stadia: flop o precursore?

Il 29 settembre 2022, Google annuncia che Stadia chiuderà il 18 gennaio 2023, perché «non ha guadagnato la popolarità che ci aspettavamo». In questo articolo ripercorriamo la breve vita del cloud gaming secondo Google e spieghiamo cos’è stato Stadia per l’industria videoludica.

L’inizio

Nel 2018, con l’arrivo di Phil Harrison in Google, il progetto “Stadia” prende forma. Inizialmente con il nome di Project Stream (in collaborazione con Ubisoft) e successivamente Project Yeti; si esplorano le possibilità del Cloud Streaming. Stadia è il plurale di Stadium (in latino) e sta a significare luogo aperto dedito all’intrattenimento, lasciando intravedere, così facendo, la possibilità di usufruire di uno spazio dove una persona può sia “sedersi” e guardare che prendere parte attiva all’azione. Stadia nasce ufficialmente il 19 novembre 2019, con un alone di scetticismo ad avvolgerne l’attesa.

Personalmente ne preordino la Premium Edition (le Founder Edition che consentivano piccoli vantaggi in più erano già terminate): per quanto mi riguarda l’attesa era spasmodica. Google Stadia consta semplicemente di un Chromecast Ultra e di un controller, il quale, collegandosi via Wifi al Chromecast, apre un mondo videoludico davvero “magico”: quello del cloud streaming che con Stadia, forse per la prima volta, gli utenti toccano seriamente con mano.

Caratteristiche di Google Stadia

Quali sono i vantaggi di tale piattaforma? L’eliminazione in pratica dell’hardware, che lo mette Google: l’utente deve solo procurarsi, casomai decidesse di sfruttarne tutte le potenzialità, una connessione adeguata, per evitare il fastidioso lag (ritardo tra l’input e l’output). Consideriamo, infatti, che con Stadia non stiamo giocando online ma siamo connessi ad un server che sta facendo “girare” il gioco prescelto, una specie di “Netflix” dei videogiochi.

L’utente ha bisogno di una connessione veloce quindi che consenta almeno i 10 Mbps come riferimento minimo, per giocare ai massimi livelli. Google raccomanda invece una connessione che raggiunga i 35 Mbps. Consiglio personale: per verificare la propria velocità, utilizzate lo strumento messo a disposizione da Google stesso, invece delle classiche applicazioni che permettono di verificare la connessione.

Il punto nodale è sincronizzare il momento in cui l’utente preme un tasto sul controller con quello in cui l’azione si ripercuote su schermo. Qui, oltre l’affidabilità della connessione dell’utente, è dovuta entrare in gioco necessariamente l’intelligenza artificiale, che ha il compito di “predire” in una situazione di quale tasto sarebbe più conveniente premere “preparandosi” all’evento e minimizzando i tempi di risposta. Ovviamente è un sistema adattivo che impara gradualmente mentre l’utente gioca.

Dati tecnici

Ma snoccioliamo due dati sulle caratteristiche dell’architettura di Stadia: Cpu x86 personalizzata a 2,7 Ghz con hyper-threated, AVX2 SIMD e 9,5 Mb cache L2+L3, GPU AMD personalizzata con memoria HBM2 e 56 unità computazionali capaci di generare 10,7 teraflops (non “spalmati” tra tutti gli utenti ma ad effettiva disposizione di ogni singolo utente, conferma Google), 16 Gb RAM con prestazioni fino a 484 GB/s, archiviazione su SSD Cloud (dati Google).

L’azienda afferma comunque che questo è il suo sistema di prima generazione con l’idea che l’hardware col tempo sarebbe migliorato senza richiedere alcun tipo di aggiornamento da parte dell’utente. Appare chiaro come un sistema di questo tipo surclassi le console nextgen presenti sul mercato e, nelle idee di Google, anche quelle del futuro.

Altro vantaggio: normalmente in un gioco multiplayer, che si aggancia ad un server dedicato, il client gira sulla macchina in locale. Con Stadia invece il client è un’appendice del server che gira quindi sulla stessa rete, ad una velocità molto più elevata ovviamente, quindi anche per il multiplayer Stadia è un passo avanti

Libreria titoli e abbonamenti

Quali giochi, in soldoni, sono disponibili per Stadia? Una lista di prodotti è presente sul sito ufficiale; scorrendo il catalogo, si può notare come lo stesso sia piuttosto scarno, con pochi titoli tripla A a disposizione: Fifa 22, Assassin’s Creed: Valhalla – che abbiamo recensito – e Odyssey, Red Dead Redemption 2, Doom Eternal e poco altro.

Per il resto, l’abbonamento Pro (consente di accedere a giochi gratuiti e di usufruire della tecnologia più avanzata a 4K HDR e suono surround 5.1 al costo di 9,99 euro al mese) che dovrebbe competere con l’Xbox Game Pass e il Playstation Plus, non riesce nell’intento di mettere a disposizione degli abbonati dei titoli veramente validi. Microsoft ad esempio, che addirittura, per una manciata di euro in più, consente di mettere le mani su succosi titoli anche al Day One.

Competitor

C’è da dire anche che dal 2019 ad oggi, a parte i servizi in streaming di Sony e Microsoft, e l’appena arrivato in Italia SHADOW, si è imposto di prepotenza anche GeForce Now, piattaforma streaming di Nvidiache abbiamo messo a confronto con Google Stadia.

Quest’ultima prevede degli abbonamenti, tre per la precisione che consentono in modo scalare, di ricevere più o meno vantaggi. Quello top costa circa 17 euro al mese o 100 euro ogni sei mesi, per godere della massima tecnologia e dell’accesso prioritario ai server. Con il servizio di Google condivide un difetto: per giocare ai titoli più innovativi e recenti bisogna acquistarli.

Non giriamoci intorno: il più grande problema di Stadia è stato il costo, e le modalità d’acquisto, dei videogiochi. Benché siano previsti giochi gratuiti con l’abbonamento Pro, mi aspetto che se pago un abbonamento sia possibile giocare a tutto, o quasi, senza spendere più un euro, alla stregua di Netflix per le serie TV.

Considerazioni finali

Considerando che anche lo studio interno di Google, lo Stadia Games ed Entertainment, è stato chiuso ritenendo lo sviluppo dei videogiochi troppo oneroso e relegando, di fatto, Stadia a un contenitore di prodotti sviluppati da terze parti, ecco che si delineano le cause che, in un certo qual modo, hanno portato ad una sorta di “fallimento” Stadia.

Nell’ultimo periodo, la piattaforma ha ricevuto un “depotenziamento”, con l’utenza che, stando alle statistiche, privilegia gli abbonamenti Sony e Microsoft (che parimenti a Stadia consentono il Cloud Gaming) e che, per un prezzo simile a quello di Google, offrono più titoli senza l’obbligo di acquistarli e una più adeguata importanza dei giochi compresi nel Pass.

In definitiva, il cloud gaming è ancora oggi una grande incognita, ma Google Stadia è stata soprattutto vittima di una pessima scelta commerciale.