La lunga notte dei Game Awards 2023 ha decretato diversi vincitori, ma soprattutto il vincitore: Baldur’s Gate 3 ha vinto il titolo di miglior videogioco del 2023, collezionando inoltre 6 statuine sulle 8 nomination ricevute. Il GDR di Larian Studios ha portato a casa – oltre al titolo di Game of the Year – anche il premio come miglior gioco di ruolo, miglior videogioco multiplayer, miglior performance (Neil Newbon come Astarion), ma anche Best Community Support e Player’s Voice.
Baldur’s Gate 3 ha superato la concorrenza di altri cinque titoli di altissimo valore qualitativo. Tra questi il più apprezzato è stato Alan Wake 2 che ha vinto ben tre statutine di primissimo piano: miglior narrativa; miglior game direction e miglior art direction.
Gli altri quattro videogiochi in lizza sono nomi altisonanti, che hanno reso quest’anno videoludico davvero importante per la storia del medium. BG3 ha lottato, e vinto, infatti contro opere che avrebbero probabilmente trionfato negli anni passati, e alcuni di questi lo hanno anche fatto con i capitoli precedenti. Gli altri giochi in nomination per il Game of The Year 2023 infatti erano: The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom, Super Marios Bros. Wonder, Resident Evil 4 e l’esclusiva PlayStation Marvel’s Spider-Man 2 (Recensione).
Infine, Larian Studios si è presa ulteriormente la scena per annunciare che Baldur’s Gate 3 è ora disponibile anche su console Microsoft Xbox Series S/X.
Tra i suoi tanti ospiti, Milan Games Week 2023 ha ospitato anche i cinque videogiochi finalisti della Red Bull Indie Forge, competizione che permette ai giovani sviluppatori italiani di dire la loro nel mondo videoludico e che eleggerà due vincitori, uno scelto da una giuria di esperti ed uno dal pubblico. Noi de ilVideogiocatore.it abbiamo provato tutti e cinque i titoli finalisti di Red Bull Indie Forge e scambiato due chiacchiere con gli sviluppatori.
Glasshouse
Sviluppato dai ragazzi di Flat28, Glasshouse si mostra al pubblico come un classico RPG di ambientazione neofuturista e distopica che si sviluppa all’interno di un condominio popolato da 18 persone. Un titolo molto politico, in cui il giocatore si troverà a fare da paciere tra i condomini, bloccati in una sorta di lockdown post atomico.
La demo che abbiamo provato durante l’evento presenta un videogioco con visuale isometrica e che sin da subito ci proietta nello squallore del mondo ideato dagli sviluppatori, un futuro di stampo vittoriano. Quello che ci ha colpito di più del gioco è stata un equilibrato mix tra gioco di ruolo e avventura grafica. Glasshouse si muove in un mondo tra crafting necessario e sapiente uso di dialoghi in cui il sistema di dialoghi bypassa il combattimento.
Intrigante l’idea che l’orientamento politico che si darà al proprio personaggio influirà sulla storia e sulle scelte da intraprendere.
While We Wait Here
Il videogioco, sviluppato da Bad Vices Games, già autori di Ravenous Devils, ci mette nei panni di un ristoratore di una piccola tavola calda dispersa nel nulla.
La demo ci ha fatto assaggaire un’opera che si sviluppa in prima persona e che sì, effettivamente dovrete preparare da mangiare per i clienti. Quello che ancora non si sa è ciò che sta accadendo attorno: quale catastrofe sta per arrivare? Cosa stiamo aspettando? Sembra di intuire che nella versione finale ci saranno numerose linee di dialogo che probabilmente porteranno il giocatore ad una visione introspettiva. Ci vorrà ancora tempo per saperlo, ma il senso di disagio dopo la demo ci stuzzica e non vediamo l’ora di mettere le mani sul prodotto finito.
Monster Chef
Forse non è un cliché dire che gli italiani sono appassionati di cucina. Del resto, tra i finali di Red Bull Indie Forge 2023 ci sono ben due titoli dedicati. Il secondo è Monster Chef di Studio Pizza, un hack & slashcon elementi roguelite e gestionali.
Visivamente Monster Chef ci ha ricordato molto Cult of the Lamb (Recensione) ma gli sviluppatori dicono di essersi ispirati ad Hades. Il protagonista è Pranzo, un novizio dell’Ordine della Buona Forchetta, una congrega di cuochi guerrieri, che dovrà procacciare le prede e cucinarle sul campo di battaglia per soddisfare i palati degli avventori della sua locanda.
La locanda dovrà essere gestita nella sua interezza: dagli negli interni alle spezie che dovremmo coltivare per rendere i nostri piatti succulenti. Inoltre, non basterà andare a caccia di mostri e colpirli, bisognerà cucinarli sul campo tramite Presina, un guanto da cucina che sputa fuoco.
La parte gestionale poi è perlopiù completa; i clienti infatti saranno saranno esigenti sotto vari aspetti: dalla pulizia della locanda alla corretta consegna dei piatti. Un gioco leggero, graficamente accattivante e, personalmente molto divertente da giocare.
Umbral Core
A Few Round Games ha proposto un picchiaduro che ci ha davvero colpito. Benchè il personaggio giocabile nella demo sia solamente uno, abbiamo potuto saggiare la bontà del titolo grazie al game designer Simone Demontis che ci ha spiegato l’enorme lavoro dietro ogni frame.
Umbral Core è un picchiaduro pensato per il competitivo che gira fino a 60 FPS, valore volutamente bloccato per non favorire chi ha hardware migliori (ma in realtà il motore grafico Unity ha permesso al team di lavorare con un framerate sbloccato e in effetti la demo girava a più di 200 FPS. Uno spettacolo!).
Il gameplay di Umbral Core spicca grazie alla possibilità di attivare combo leggere, medie e pesanti con la pressione di un solo tasto in base alla distanza tra il giocatore ed il nemico. Questa agevolazione rende il tutto più fluido senza la necessità di ricordare complesse sequenze di tasti. Apprezzato!
TEOM -The Enemy Of Mine
Sviluppato da Voxel Studios, TEOMè un tower defense di nuova generazione che non tende a stravolgere il genere ma cerca di perfezionarlo.
A livello estetico è molto interessante ed accattivante, ma c’è molto di più; Le unità che l’utente ha a disposizione per difendere il proprio nucleo e le unità da distruggere – adorabili robot che si faranno via via sempre più potenti – rendono il gioco vario e divertente.
TEOM è un tower defense molto intuitivo: dopo una breve spiegazione da parte degli sviluppatori eravamo pronti a partire con la demo. Il videogioco si è rivelato altamente personalizzabile e modulare. Piazzare le torrette è semplice e la possibilità di inserire dei blocchi in più per determinare un particolare path alla scia dei robot rende la vita un po’ più semplice rispetto ad altre opere di questo genere.
La struttura di gioco è divisa in livelli, ciascuno dei quali è sua volta spezzato in round. Ogni livello ha una mappa diversa mentre ogni round vi metterà contro più nemici del precedente. Se nel corso di uno qualunque dei round, il vostro nucleo verrà distrutto dovrete ricominciare l’intero livello e ricostruire daccapo le vostre difese. Particolarità del titolo è che oltre la normale campagna, i ragazzi di Voxel Studios hanno inserito una modalità roguelite, rendendo di fatto, la longevità praticamente infinita.
Milan Games Week 2023 è stata un’edizione ricca di contenuti e ospiti in cui abbiamo avuto modo di incontrare, tra gli altri, i ragazzi di Smallthing Studios, studio italiano nato dalla visione di Massimiliano Calamai, appassionato e videogiocatore come tanti di noi, passione che ha trasmesso a tutti i suoi collaboratori e che si percepisce sia nei lori pensieri che nelle loro creazioni.
Durante la fiera meneghina, oltre a provare in anteprima una demo del gioco, siamo riusciti a intervistare Fabrizio Rizzo, lead designer di Simon the Sorcerer Origins, prequel di quel Simon the Sorcerer del 1993, avventura grafica che, scommetto, avrà “regalato” tanti notti in bianco a quei fortunati che hanno avuto l’occasione di giocarci.Ma bando ai convenevoli e partiamo con le domande sul titolo.
IlVideogiocatore.it: Ciao Fabrizio, come mai avete scelto proprio il titolo di Adventure Software per proporre un vostro “seguito” o meglio, una visione di esso?
Fabrizio Rizzo: Beh, tutto nasce dalla enorme passione del nostro CEO Massimiliano Calamai e dal suo debole per le avventure grafiche: ricordiamo che in quegli anni, il titolo Adventure Softwarese la giocò ad armi pari con titoli del calibro di Monkey Island e Broken Sword. Mettiamoci anche che dopo un “ritorno” degli altri titoli di riferimento, era tempo anche per Simon di avere un capitolo in questo secolo. Dopo aver quindi proposto il nostro concept e la nostra idea agli autori originali, abbiamo avuto tutto il supporto possibile, ci sentiamo sempre e ci scambiamo consigli e idee.
IlVideogiocatore.it: è stato complicato ottenere supporto ma soprattutto l’approvazione dei fratelli Woodroffe?
Fabrizio Rizzo: È stato complicato sì, inizialmente erano scettici. Giustamente consideravano Simon the Sorcerer il loro “bambino”. Ci sono voluti infiniti incontri e riunioni per far accettare loro che l’idea era quella giusta. Alla fine posso dire, che dopo aver ascoltato tutte le nostre idee e le nostre visioni, anche loro si sono arresi alla loro bontà.
IlVideogiocatore.it: Dopo anni di buio sembra quindi che le avventure grafiche siano ritornate di moda, qual è il vostro pensiero in merito?
Fabrizio Rizzo: Ti dirò, come afferma il nostro CEO Calamai, il mondo dei videogames oltre che variegato è anche molto “democratico”. Fortunatamente chiunque può giocare oltre che produrre ciò che più lo appassiona. L’importante è che alla fine della giornata, ripensando a ciò che si è fatto, con un foglio bianco avanti, si possa affermare di aver creato qualcosa di narrativamente coinvolgente e di emozionante. Ed è questo ciò che conta. Vedrete che anche in Simon the Sorcerer Origins avrete delle belle sorprese e delle chicche di cui però ancora non posso parlare.
IlVideogiocatore.it: Ad inizio anni 90 Simon the Sorcerer fu, insieme a Monkey Island e Broken Sword una vera e propria pietra miliare. Questo nuovo capitolo, questo vostro lavoro, cosa vuole essere al giorno d’oggi?
Fabrizio Rizzo: Vuole essere innanzitutto una storia, una storia che emoziona, che cattura, che commuove, che fa vivere il giocatore insieme al personaggio, nonostante il personaggio stesso si riveli cinico, cattivello, satirico, sfondando spesse volte anche la quarta parete, senza mai, però, scadere nel volgare. Perché alla fine, bisogna investire sui fruitori finali, il prodotto deve valere il prezzo del biglietto. Perché i giocatori pagano per investire in modo piacevole il loro tempo, e noi abbiamo il dovere morale di lavorare al meglio per ripagarli. E tutte le sorprese che abbiamo in mente, a partire da quelle musicali, passando da quelle di gameplay, sono indirizzate in questo senso.
IlVideogiocatore.it: Simon the Sorcerer Origins è quindi un prequel del primissimo titolo del 1993: avete creato una storia stand alone con protagonista il solo personaggio di Simon o ci sono dei rimandi ai successivi capitoli?
Fabrizio Rizzo: Il lavoro più duro e delicato è stato proprio quello di creare un collegamento perfetto con gli altri capitoli e ritengo che ci siamo riusciti. Mettiamola comunque in questo modo, sia se si è un fan di vecchia data sia un nuovo adepto, il gioco riuscirà a coinvolgere senza troppi problemi. I giocatori che conoscono già il titolo troveranno i giusti rimandi, ma i nuovi non avranno bisogno di altro se non di Origins per godersi l’esperienza.
IlVideogiocatore.it: Essendo Origins un’avventura grafica ci si aspetta, come è costume, una spiccata ironia. Simon come sarà in questo senso? È stato difficile mantenere l’humor inglese tipico dei primi episodi considerando il nostro contesto italiano?
Fabrizio Rizzo: Ci è voluto tanto tanto lavoro, abbiamo giocato decine e decine di volte i primi titoli per entrare nella mentalità giusta e vi posso assicurare che siamo arrivati ad una comicità e ironia davvero pazzesca, Simon è acido, ironico, cattivo il giusto ma ha un motivo per esserlo che scoprirete. E anche a livello visivo, il gioco, spesso vi strapperà più di una volta una risata.
IlVideogiocatore.it: Gli enigmi? Saranno “folli” come si dice in gergo o abbastanza lineari? Avete pensato ad un sistema di aiuti tipo Return to Monkey Island o il giocatore sarà lasciato completamente solo?
Fabrizio Rizzo: Allora, partiamo da quest’ultima parte, come lead designer poco mi ispirava ad avere una specie di diario degli aiuti, preferivo un approccio diegetico alla risoluzione degli enigmi, quindi tutto nel gioco, dagli scenari ai personaggi possono concorrere ad aiutare il giocatore a proseguire. Personalmente inoltre, preferisco che si crei una comunità intorno al gioco, dove ci si confronta, si chiacchiera e ci si da consigli su come andare avanti, piuttosto che fornire al giocatore un freddo diario che lo porti alla risoluzione degli enigmi. Cosi come, il confrontarsi, può aiutare a guardare un problema a 360 gradi o comunque da un diverso punto di vista; infine, un’avventura grafica va assaporata, lentamente. Gli enigmi infine, saranno strettamente legati alla narrativa del gioco, saranno in definitiva un mix tra logica e pensiero laterale.
IlVideogiocatore.it: Da appassionato del genere, ti chiedo: co dobbiamo aspettare altre avventure grafiche da Smallthing Studios? Magari qualcosa di inedito?
Da Smallthing Studios possiamo aspettarci davvero davvero tanto. Siamo lo studio, forse, in Italia che sta facendo l’investimento più grande nel mondo videoludico e questo ci permette una certa autonomia. Abbiamo in cantiere già sei titoli. Alcuni della stessa fascia di Simon, altri più piccoli e altri più grandi. In prospettiva stiamo chiudendo accordi per avere importanti licenze per titoli doppia e tripla A. E stiamo lavorando anche a progetti proprietari inediti di cui siamo particolarmente soddisfatti e sicuri e che non vediamo l’ora di raccontare al nostro pubblico.
Attimi di silenzio, schermo nero, voce narrante del protagonista: “Parigi in autunno, gli ultimi mesi dell’anno e la fine del millennio. In questa città ho molti ricordi: bar, musica, amore… e morte”. Così inizia Broken Sword, avventura grafica punta e clicca targata Revolution Software, pubblicata nel 1996, con protagonisti George Stobbart e Nicole Collard. Quegli attimi di silenzio che precedono quel breve ma intenso monologo, sembrano rappresentare gli occhi che si chiudono prima di addormentarsi e di iniziare un sogno, poiché cari lettori, Broken Sword èun’avventura indimenticabile, che continua a scorrere nelle vene anche decenni dopo.
Incipit
George Stobbart è un turista americano in visita a Parigi, e mentre è seduto al tavolino all’esterno di un bistrot intento a flirtare con la cameriera, resta coinvolto in un’esplosione che lo priva dei sensi. Prima che ciò accadesse aveva visto un clown entrare nel locale e poco dopo scappare via, capendo così, successivamente, che il pagliaccio sarebbe diventato l’indiziato numero uno.
Al nostro risveglio, nei panni di George, cominciamo a guardarci intorno, ed entrando nel bistrot scopriamo un cadavere al suo interno. Troviamo poi la cameriera sana e salva, un po’ stordita, e successivamente facciamo la conoscenza della polizia che ci interroga con le solite domande di rito, invitandoci poi ad andare alla stazione di polizia nel caso dovessimo ricordarci qualcosa.
L’inizio del gioco, dopo l’esplosione al bistrot.
Tornando in strada, oltre a vedere il bistrot disastrato, notiamo un’affascinante ragazza con una macchina fotografica e facciamo così la conoscenza di Nicole Collard, una fotoreporter a caccia dello scoop della vita, in grado di farla svoltare a livello professionale.
La chiacchierata con Nico è illuminante, poiché ci informa del fatto che avrebbe dovuto incontrare, in quei minuti lì al bistrot, un uomo chiamato Plantard (che distrattamente avevamo visto entrare nel bistrot, prima dell’esplosione), che le aveva accennato di avere informazioni su una serie di omicidi avvenuti in quel periodo, commessi molto probabilmente da una persona con diversi costumi.
Restiamo così coinvolti in una storia più grande di noi, ma ciò non farà desistere il nostro George Stobbart, con la collaborazione di Nicole Collard, ad indagare per voler scoprire di più sugli omicidi e sul misterioso assassino.
Trama di Broken Sword 1
La trama di Broken Sword è fin dal primo istante molto coinvolgente. Il modo in cui essa ci viene introdotta, narrata, fa sì che ci troviamo subito al centro di un qualcosa di avvincente. Partendo dalla serie di omicidi, indagando assieme a Nicole e parallelamente alla polizia, prenderemo una strada che ci porterà ai Cavalieri Templari, l’ordine monastico cavalleresco creato nel 1118 dall’aristocratico Hugo di Payns.
Questo rappresenta uno dei motivi che maggiormente coinvolge il videogiocatore, difatti in una fase di gioco – nell’appartamento di Nico – abbiamo modo di conoscere per bene la storia dei Templari, con tanto di scene di intermezzo che ci spiegano storicamente le vicende dei Cavalieri. Mi ricordo bene quanto rimasi affascinato da tutto ciò, anche perché personalmente non li conoscevo.
Ciò che balzava agli occhi, soprattutto in quegli anni, erano le location meravigliosamente disegnate, dettagliate, con colori nitidi e una definizione più alta rispetto ad altri giochi simili. La splendida localizzazione in italiano, la caratterizzazione di ogni personaggio, anche secondario, con enigmi sempre ben bilanciati ed un’ottima curva di apprendimento, contribuirono a rendere il gioco una perla nel panorama videoludico.
Da Parigi all’Irlanda, per poi passare in Spagna, ogni posto è realizzato in maniera credibile e con dovizia di particolari. Girare per l’Europa, fermarsi un attimo ad ammirarne i dettagli,è come guardare delle cartoline, o dei piccoli affreschi che popoleranno la nostra memoria per poi riposare lì in eterno.
I dialoghi con gli altri personaggi sono ricchi di ironia, sarcasmo, ma sanno essere anche piuttosto riflessivi e profondi (molte volte potremo scegliere anche noi come e cosa rispondere). Ciò che funziona molto è il carattere carismatico di George e l’intesa che si crea da subito con la fotoreporter Nicole Collard, nostra compagna di avventure, dotata di un bel caratterino, che spicca per iniziativa e doti investigative.
Un pub in Irlanda.
Broken Sword, lato enigmi, propone per la maggior parte quelli classici che coinvolgono l’inventario oppure la combinazione di più oggetti tra loro con altri sullo schermo e con gli stessi personaggi. Oltre a questa tipologia di puzzle ce ne sono anche altri che richiedono l’interazione dell’utente su certe parti dello schermo in uno specifico momento, come ad esempio infilarsi in una stanza proprio nel momento in cui un altro personaggio, che ci fa da guardia, viene attirato da un diversivo attuato da noi in precedenza.
Conclusione
Se siete amanti delle classiche avventure grafiche punta e clicca, se vi piacciono giochi che hanno nella narrativa la loro colonna portante e vi stuzzica il risolvere enigmi di ogni genere, Broken Sword (che ha anche una sua director’s cut con nuove sezioni di gioco) non può mancare nella vostra collezione. Anche i successivi capitoli – tra alti e bassi – sono assolutamente meritevoli di essere giocati. E personalmente non mancherò l’appuntamento con il stesso e nuovo capitolo della saga e la rimasterizzazione già annunciata del primo capitolo, in arrivo nel 2024: Broken Sword – Shadow of the Templars: Reforged.
La terza settimana di novembre 2023 amplia la vasta libreria dei videogiochi in uscita quest’anno con il ritorno di vecchie glorie e interessanti spin-off. Tra tutti arriva anche Super Mario RPG.
Super Mario RPG è il remake dell’iconico videogioco per Super Nintendo del 1996, noto anche con il suo titolo statunitense di Super Mario RPG: Legend of the Seven Stars. Super Mario RPG è in uscita oggi 17 novembre 2023 in esclusiva per Nintendo Switch.
Un altro titolo che fa leva sulla nostra nostalgia, ma sicuramente con minori volontà di eccellere, è UFO Robot Goldrake Il Banchetto dei Lupi. Un videogioco d’azione che Microids ha pensato soprattutto per i fan. Il titolo è già disponibile per PC, PS4, PS5, Xbox One e Xbox Series S/X.
Per gli amanti degli spin-off invece esce questa settimana Persona 5 Tactica, un gioco di ruolo strategico prodotto da Atlus e ambientato nel mondo di Persona 5 già disponibile su PC, PS4, PS5, Xbox One e Xbox Series S/X, ma anche su Xbox Game Pass (console e PC). Per rimanere in tema di spin-off, oggi è anche il giorno di Assassin’s Creed Nexus che porta le avventure Ubisoft su Realtà Virtuale in esclusiva per i dispositivi famiglia Meta Quest.
Infine, citiamo l’uscita questa settimana di Hogwarts Legacy anche su Nintendo Switch e di un hardware: Atari 2600+ sbarca sul mercato videoludico portando con sé i videogiochi per Atari 2600 e Atari 7800 al costo di 120,99 euro.
Cocoon è un esordio decisamente atipico per Geometric Interactive. Contrariamente a quanto accade per le opere prime, che devono essere preparatorie per mostrare ciò che i creativi sono in grado e desiderano fare, Cocoon si trova nell’ambigua posizione per cui deve essere una conferma per gli appassionati del genere.
Questa strana dicotomia è dovuta alla mente sopra il progetto: Jeppe Carlsen, ex direttore del gameplay per le avventure Playdead, casa di sviluppo che ha dato alla luce due tra gli indie più iconici dello scorso decennio: Limbo e Inside.
Un esordio che, contrariamente a quanto succede il più delle volte, risalta la profonda conoscenza che il team e il director possiedono sul genere e che fa scuola nelle meccaniche e nella varietà di idee: come leggerete in questa recensione di Cocoon, da adesso in poi gli indie puzzle-adventures dovranno confrontarsi con questa produzione, sia per quanto riguarda il gameplay, sia dal punto di vista stilistico e atmosferico.
Design sottrattivo stratificato
Impossibile, parlandone, non far evincere le somiglianze di Cocoon con le ultime due produzioni del lead designer: Jeppe Carlsen, ma anche con le opere interattive del maestro giapponese Fumito Ueda, traslatore, in un certo senso del design sottrattivo nei videogames. Sia le produzioni Playdead che l’esordio di Geometric interactive, infatti, sono dei puzzles con una trama appena accennata, che ama lasciarsi interpretare, immersi in un atmosfera cupa e a tratti horror (anche se la produzione Geometric Interactive si lascia influenzare da delle suggestioni talvolta più colorate).
È nelle differenze, però, che emerge il vero sprito di Cocoon: la più evidente è senza dubbio il passaggio dalla scelta del 2D dei lavori precedenti, al 3D low-poly del gioco in questione. La stratificazione che ne consegue è iterata anche nel videogioco, grazie alla meccanica delle sfere, centrale nel gameplay e nella risoluzione dei puzzle.
Il gameplay è assolutamente ridotto all’osso: per giocare a Cocoon è sufficiente premere un solo tasto. Anche i puzzle risulteranno raramente una sfida vera e propria, risolvendosi gradualmente mentre procediamo nel mondo di gioco, quasi guidati dall’invisibile mano dei designer che conoscono i nostri movimenti ancora prima che noi possiamo compierli.
Il videogiocatore è indotto a uno stato quasi meditativo mentre compie azioni inconsciamente, quasi sapesse come muoversi all’interno di un mondo che riesce a comunicarci senza uso di parole o dialoghi. Nessun HUD sarà mai presente. Persino al primo avvio del software non ci sarà concesso nemmeno di curiosare nelle impostazioni, ma verremo catapultati direttamente all’interno del gioco.
Eccellente a questo proposito il lato acustico, con un sound design complesso e ben curato che accentua i momenti di “Eureka” del giocatore in modo acuto, o il senso di meraviglia che si prova quando si penetra in una nuova sfera (o ne si esce).
Non solo sottrazioni
Cocoon è il brillante risultato di un design sottrattivo. Tuttavia, non bisogna illudersi che a furia di sottrazioni il titolo rischi di essere eccessivamente semplice o ridondante nelle soluzioni proposte al giocatore. È vero, gli enigmi non sono mai (o quasi) veramente impegnativi, ma ciò è dovuto più ad una ponderata scelta autoriale piuttosto che a una mancanza del team
Come già accennato, il gioco riesce a indurre il giocatore in uno stato di trance – motivo per cui è comune sentire di esperienze di giocatori che l’hanno terminato tutto d’un fiato, me compreso – per cui nello stesso modo in cui il nostro alter-ego, un insetto antropomorfo dotato di ali, ma incapace di volare, sembra esser perfettamente a conoscenza dio ciò che gli accade attorno e della strada necessaria per raggiungere il suo obiettivo, così anche il videogiocatore se ne illude muovendosi inconsciamente nella direzione giusta per giungere al finale (e anche a questo proposito potrebbe esserci qualche sorpresa).
Le boss fight sono sporadiche ma tutte valide, aggiungendo varietà al gameplay e spezzando bene il ritmo, segnando la fine di una sezione e l’inizio della successiva. Morire è impossibile, e nessuna di questa risulterà mai essere un vero ostacolo, ma è altrettanto impossibile non apprezzarne la qualità e varietà.
Persino la modellazione poligonale, per quanto limitata ed estremamente lowPoly, all’insegna del design minimale dell’intera esperienza, riesce a conferire un’atmosfera unica e immediatamente riconoscibile, che potrebbe ricordare a qualcuno le atmosfere biomeccaniche di Giger, ma con una vena più fumettosa e decisamente meno puramente horror.
Conclusione
Cocoon è un esperimento decisamente riuscito, con delle atmosfere uniche ed evocanti, ma che trova il suo apice in un gameplay assolutamente travolgente, per quanto minimale, che induce il giocatore in una sorta di trance videoludica in cui l’unica possibile scelta e continuare a giocare nella speranza di poter comprendere almeno in parte il senso delle suggestioni apparse a schermo.
Jeppe Carlsen si rinconferma un maestro del genere, e tutte le future produzioni del genere dovranno scontrarsi con l’inevitabile confronto di quello che è un’opera imperdibile per gli amanti del genere.
Dettagli e Modus Operandi
Piattaforme: PS5, Xbox Series S/X, Switch, PC, PS4, Xbox One
Viviamo in un’era videoludica caratterizzata da una quantità ingestibile di titoli. Per quanto un appassionato di videogiochi ci possa provare, è letteralmente impossibile giocare tutto quello che quotidiamente invade i nostri PC e le nostre console.
Non è sempre stato così. C’è stato un periodo in cui fare videogame era più complicato; un momento storico che possiamo inquadrare intorno alla fine degli anni 90 in cui portare l’innovazione su bit era difficile: chi ci è riuscito ha contribuito a creare una nuova generazione di opere d’arte e sarà per sempre ricordato nella storia. Uno di questi è Hideo Kojima e la sua opera magna Metal Gear Solid.
Quest’anno Konami ci ripropone il capolavoro per PlayStation, ma anche i successivi due capitoli, e le prime due opere per NES e MSX, in un’unica collezione di cui state leggendo la recensione: Metal Gear Solid: Master Collection Vol. 1.
Master Collection Vol. 1
La raccolta di Konami contiene tutti i videogiochi mustche ogni appassionato del medium dovrebbe giocare almeno una volta nella vita, ma anche qualcosa in più.
Il motivo principale per cui Metal Gear Solid: Master Collection Vol. 1 è interessante per il pubblico odierno è la presenza del primo Metal Gear Solid del 1998, opera tanto famosa quanto complicata da giocare per chi non appartiene al mondo Sony PlayStation; infatti, è solo grazie a questa nuova collezione che Metal Gear Solid arriva su Xbox, e parzialmente anche su Nintendo (chi ha avuto la fortuna, o sfortuna, di acquistare il Nintendo Gamecube avrà potuto anche giocareMetal Gear Solid: The Twin Snakes, il remake di Silicon Knights, un pubblico decisamente scarno secondo i dati di vendita).
Al primo capitolo, Metal Gear Solid: Master Collection Vol. 1 accompagna Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty e Metal Gear Solid 3: Snake Eater nella loro versione remaster del 2011 di Bluepoint Games. Si aggiungono inoltre i due videogiochi che hanno dato il via a tutto, ma che di fatto ormai dovrebbero stare in un museo: Metal Gear (NES) e Metal Gear 2: Solid Snake (MSX2).
Infine, la raccolta contiene tre altri tipi di contenuti, tanto affascinanti quanto difficili da apprezzare in formato digitale: due graphic novel, diversi Screenplay e Master Book e una selezione di soundtrack.
Metal Gear Solid
Sembra banale ma nell’era dei gameplay su Twitch e YouTube è assolutamente necessario ricordare che un videogioco va sempre giocato prima di poterlo giudicare. Metal Gear Solid va conosciuto. Metal Gear Solid deve essere giocato.
Nel 1998, Hideo Kojima ha rivoluzionato il mondo dell’intrattenimento, ma alcuni aspetti dell’opera sono oggi completamente obsoleti: il riferimento è chiaramente al gameplay totalmente superato e frustante; per esempio, muovere Solid Snake in modalità stealth significa semplicemente camminare tenendo gli occhi puntanti sulla mini-mappa al fine di evitare un cono di luce. Il tutto diventa poi insopportabile quando bisogna affrontare le fasi di combattimento con un sistema di puntamento totalmente anacronistico.
Nonostante tutto però immegersi nuovamente, o per la prima volta, in Metal Gear Solid significa dimenticare tutte le storture tecniche per vivere una trama accattivante e purtroppo incredibilmente attuale con i suoi rimandi verso terroristi e bombe atomiche.
Sembra incredibile ma il gioco vale la candela, nonostante Konami non abbia fatto alcuno sforzo per rendere la vita facile ai videogiocatori, senza nemmeno attingere da The Twin Snakes né semplicemente corregere alcuni storici problemi del passato (banalmente alcuni passi del controverso doppiaggio italiano).
Prima della Kojima Production
Il primo capitolo rese Hideo Kojima famoso in tutto il mondo. Un seguito era scontato e arrivò sotto l’effige di Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty, che migliorò ed evolse tutte le meccaniche della prima opera.
La scelta, pigra, di Konami di riproporre il remaster di Bluepoint Games, ora a 1080p e 60 fps, permette al videogiocatore di vivere un’avventura più attuale rispetto al primo capitolo con un trama estremamente al passo con i tempi. Avete presente il dibattito sulle fake news e l’informazione liquida? Kojima lo aveva già proposto nel 2001 ingannando anche in continuazione il giocatore sin dal protagonista iniziale che passa, e si alterna, tra Solid Snake e Raiden.
La proposta di Metal Gear Solid: Master Collection Vol. 1 si conclude con il videogioco che precede la nascita della Kojima Production: Metal Gear Solid 3: Snake Eater. Un gioco del 2004 ancora piacevolmente attuale nel gameplay, anche grazie all’ennesima versione di Bluepoint Games del 2011 in versione 1080p e 60 fps.
Snake Eater è un ulteriore passo avanti della saga con l’introduzione di elementi survival e un modo di gestire le fasi di stealth più complesso rispetto al passato, fatto di interrogatori e scudi umani. La trama narra le peripezie di Big Boss. Il level design invecesi contraddistingue per la varietà degli scenari: il gamer si muoverà tra zone militari, aree desertiche, paludi e foreste.
Retrogame e il problema del digitale
Nonostante Metal Gear e Metal Gear 2: Solid Snake siano l’inizio della leggenda, giocarli non aumenterà di molto il vostro bagaglio culturale. Si tratta di due opere che possono tranquillamente rientrare nella categoria del retrogame.
Allo stesso modo, le graphic novel e la collection di soundtrack sono di quanto più evitabile possibile. Più interessante, e allo stesso tempo più deludente, invece sono i libri di Screenplay e Master (Book) che completano l’opera rendendola molto valida ma anche poco fruibile a causa della loro forma digitale. In altre parole, la raccolta di Metal Gear Solid: Master Collection Vol. 1 in formato digitale ha senso solamente per i tre videogiochi dell’era “Solid”.
Conclusione
Vale la pena acquistare Metal Gear Solid: Master Collection Vol. 1? La domanda è lecita, ma la risposta non può che essere ambigua: dipende. Chi ha giocato, e magari ancora possiede, i primi tre capitoli di Metal Gear Solid, non ha grandi motivi per acquistare a prezzo pieno una raccolta che non propone assolutamente nulla di nuovo. Con questa raccolta, Konami ha voluto solamente massimizzare i guadagni rendendo fruibile una delle sue migliori IP su tutte le piattaforme.
D’altro canto, se non avete mai avuto il piacere di giocare la prima trilogia, e soprattutto il primo Metal Gear Solid, vi consiglio vivamente di farvi un favore e giocare questa raccolta considerandola un’importante, e divertente, esperienza formativa: un viaggio nel mondo della storia videoludica insieme al carisma di Solid (e Liquid) Snake, e il genio di Kojima.
Dettagli e Modus Operandi
Piattaforme: PS5, Xbox Series S/X, Switch, PC, PS4
Data uscita: 24/10/2023
Prezzo: 59,99 €
Ho provato il gioco a partire dal day one su Xbox Series X grazie a un codice fornito dal publisher.
La seconda settimana di novembre 2023, ci porta diverse novità per svariati generi e note serie videoludiche. Probabilmente molti di voi si stanno divertendo con diversi titoli da una longevità enorme usciti quest’anno come Baldur’s Gate 3 o The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom, ma chi è in cerca di qualche novità, l’offerta videoludica di questa settimana è molto interessante e anzi, anche molto attesa, visto l’arrivo odierno di Call Of Duty Modern Warfare 3.
Un anno fa, Infinity Ward pubblicava il secondo capito di CoD Modern Warfare. Oggi, con la logica di portare un CoD ogni anno, Activision aggiorna il suo prodotto più remunerativo e rilascia Call Of Duty Modern Warfare 3 disponibile per PC, Xbox Series S/X , PS5, PS4 e Xbox One.
Chi non è avvezzo agli FPS però può cimentarsi anche in altri generi. I fan già dal 6 novembre possono giocare a Football Manager 2024 (PC, Xbox One, Nintendo Switch, PlayStation 5 e Xbox Series S/X e mobile), mentre gli amanti dell’ex serie Yakuza, e degli action, ricevono un dono dall’Oriente: Like A Dragon Gaiden: The Man Who Erased His Name (PC, PS4, PS5, Xbox One e Xbox Series S/X), episodio che narra gli eventi tra Yakuza 6 The Song of Life e Yakuza Like A Dragon.
Infine, il panorama indie ci porta l’interessante The Invincible di Starward Industries ( PC, PlayStation 5 e Xbox Series S/X), mentre i retrogamer possono menar le mani con Double Dragon Collection (Nintendo Switch), che raccolgie Super Double Dragon, Double Dragon Advance, Double Dragon, Double Dragon II The Revenge, Double Dragon III The Sacred Stones e Double Dragon IV.
Il genere punta e clicca non è mai morto: nonostante ora i videogiochi puntino su altre caratteristiche, ogni anno escono sul mercato avventure grafiche che meritano la nostra attenzione. Return to Monkey Island è l’esempio più lampante, ma la fortuna del genere sta nelle produzioni indipendenti, tra cui anche italiane. Un titolo su tutti: The Wardrobe.
The Wardrobe è un’avventura grafica 2D punta e cliccatutta italiana, pensata e sviluppata da CINIC Games come segno di riconoscenza nei confronti delle avventure degli anni 90. Ogni dialogo vuole omaggiare la cultura pop e i capisaldi delle avventure grafiche anni 90 come Monkey Island, Day of the Tentacle e Sam & Max.
Trama
Skinny si ritrova “inscheletrito” dopo che il suo amico Ronald gli aveva donato una prugna, frutto a cui lui era allergico e che l’ha spedito nell’oltretomba. Da quel momento Skinny vive nell’armadio di Ronald (ironicamente a forma di bara), il quale non si è ripreso più dal giorno dell’incidente.
Ma ora è tempo di ricominciare a parlare per Ronald, dovrà confessare il suo “crimine” a qualcuno altrimenti, alla sua morte, sarà condannato alla “dannazione eterna”.
In questo lo aiuterà Skinny, il personaggio principale in carne ed oss…ehm, solo ossa. L’impresa sarà resa più ardua dal fatto che Ronald, insieme alla famiglia, è in procinto di trasferirsi in altra casa e Skinny dovrà affrontare numerose peripezie per raggiungere l’amico al nuovo indirizzo.
A qualcuno piace nerd…
The Wardrobe è un titolo del 2017, ma si sa, le avventure grafiche sono senza tempo e la grafica. Questo è possibile grazie a sfondi disegnati a mano davvero accattivanti; enigmi, a volte forzati ed irrazionali, ma sempre ben integrati bene nel gioco e Skinny. Il protagonista del gioco è un personaggio cinico, macabro e dotato di tutto l’humor nero immaginabile.
Non di rado lo vedrete “sfondare” lo schermo con battute rivolte al giocatore a seguito di comandi più o meno appropriati; un magnifico: “Ti rendi conto di ciò che mi hai appena chiesto di fare” o un secco: “Fallo tu piuttosto” strapperanno in più di un’occasione una bella risata anche in relazione al comando impartito.
In generale è tutto il gioco che trasuda dall’inizio alla fine humor macabro, con citazioni nerd rivolte al mondo dei videogiochi, fumetti, serie tv e film. In ogni scena proverete a capire quali rimandi sono presenti, e sono davvero tanti anche se spesso non funzionali allo sviluppo del gioco (la macchina del tempo che va a plutonio o la statua di Daniel Fortesque nel cimitero della città sono solo due piccoli esempi).
Cosa resterà di questi anni 90
The Wardrobe è ispirato alle avventure anni 90in stile Lucasarts. Il risultato è un’opera, dalla durata di una decina di ore, divertente e spiccatamente dissacrante.
Degna di nota è la colonna sonora che, seppur non eccellendo, risulta azzeccata in ogni momento. Al comparto audio si aggiunge la completa localizzazione in italiano con voci credibili ed espressive.
La versione provata per questo articolo è stata quella di Nintendo Switch. Personalmente avrei preferito una gestione dei comandi più consona a una console, ma l’opera didi CINIC Games rimane comunque giocabile anche nella sua versione da controller.
L’ottimo riscontro di critica e utenza per Alan Wake 2 ha incuriosito molti nostri lettori, che non hanno giocato il primo capitolo e ora si chiedono se possono iniziare la nuova opera di Remedy Entertainment pur non conoscendo la trama del survival horror del 2010.
Remedy ha creato un vero e proprio universe che lega le principali opere della software house, in ordine cronologico: Max Payne, Alan Wake, Quantum Break e Control. Tutti i videogiochi di Remedy sono gradevoli e vi consigliamo di dargli una possibilità, ma è comprensibile che vogliate subito tuffarvi su Alan Wake 2. Non vi preoccupate: in questo articolo vi spieghiamo la trama del primo capitolo tanto quanto basta per poter affrontare il nuovo survival horror di Remedy Entertainment, ma allo stesso tempo vi forniamo tutte le informazioni necessarie per iniziare dall’inizio la saga, spin-off incluso.
Incipit
Alan Wake è uno scrittore di best-seller. Alan sta attraversando una crisi creativa e decide di recarsi con la moglie Alice nella cittadina di Bright Falls, con l’intento di ritrovare l’ispirazione. Una volta giunti in loco, le cose prendono una svolta inaspettata: Alice scompare e Alan inizia la sua personale ricerca restando coinvolto in eventi sovrannaturali ed inquietanti.
Il gioco è strutturato come una serie TV ad episodi, con tanto di riassunto della puntata precedente all’inizio di ogni nuovo capitolo; questo aspetto aumenta il coinvolgimento del videogiocatore, ampliando così l’interesse e la voglia di sapere le cose come andranno a finire.
Luce e ombre
Il gameplay si basa su armi e oggetti per scacciare i nemici, ombre chiamate Taken, ma l’elemento fondamentale è la luce contrapposta all’oscurità. Puntando la torcia sul viso dei nemici, molti di essi vengono sconfitti già al primo “colpo”, mentre per ombre più forti ed ingombranti bisognerà tenere per più tempo la luce puntata, o ricorrere ad altre strategie.
Il primo capitolo di Alan Wake è noto per gli eventi Poltergeist, con oggetti, persino automobili e altro, che si alzeranno in volo per poi prenderci di mira con tutta la violenza possibile. Anche questi si eliminano con l’uso della luce puntata, spesso prolungato a seconda delle dimensioni dell’oggetto. Naturalmente, la torcia si potrà anche potenziare nel corso del videogioco.
“Alan Wake Remastered” – Torcia e pistola per abbattere meglio un nemico
La differenza fra Alan Wake e i vari giochi che negli anni successivi hanno popolato la scena horror videoludica sta principalmente nel modo in cui gli sviluppatori hanno deciso di spaventare il giocatore. Per esempio, in giochi come Amnesia e Oulast, la paura nasce soprattutto dall’impossibilità di difendersi concretamente, nascondendosi e non potendo usare armi. Nel videogioco di Remedy, viviamo di una costante tensione, spesso crescente, che mette il seme della paura ad ogni passo, con la possibilità di fuggire dai nemici, ma anche con la possibilità di respingere gli stessi. Percorrere le strade e le foreste significa vagare tra i nostri peggiori incubisenza mai arrivare a destinazione.
Elemento chiave della trama di di Alan Wake sono le pagine del manoscritto. Le troveremo andando avanti nel corso dell’avventura: alcune saranno complicate da trovare mentre altre si potranno ottenere solo alla difficoltà di gioco Nightmare. Le pagine forniscono indizi o svelano parte degli eventi che stanno per svolgersi e delineano meglio la psicologia del personaggio.
Inoltre, fungono sia da guida strategica per il giocatore, aiutandolo a progredire nella storia e affrontare le varie creature, sia come elemento narrativo, con la funzione di dare profondità e ancora più mistero all’intera esperienza.
Nel corso dell’avventura ci capiterà abbastanza spesso di trovarci nelle condizioni di ascoltare trasmissioni della Radio KBFF FM. Le trasmissioni sono una parte importante della trama di Alan Wake, poiché forniscono elementi per capire ancora meglio la vita di Bright Falls e dei suoi cittadini, che difatti saranno sono spesso coinvolti nelle telefonate trasmesse dalla radio stessa.
Le trasmissioni radio non solo aiutano a comprendere il background della storia, ma aggiungono indizi su cosa stiamo per affrontare in determinate fasi del gioco; in altre parole, quello che sembra un elemento di importanza secondaria, in realtà è parte integrante della narrativa di Alan Wake ed è altamente consigliato ascoltare più trasmissioni radio possibili.
Alan Wake’s Nightmare
Nel 2012 è stato rilasciato esclusivamente in digitale su Xbox 360 e PC, Alan Wake’s Nightmare, un episodio spin-off che ha lo scopo di approfondire la trama del primo capitolo. Lo stile di gioco cambia un po’ rispetto ad Alan Wake: Nightmare è principalmente uno sparatutto, mentre il primo capitolo era soprattutto a metà tra un survival horror e un’avventura dinamica.