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Guida alle modalità di Call of Duty: Warzone 2.0

Se all’uscita di Call Of Duty Modern Warfare II (che abbiamo recensito) ci siamo espressi in modo molto positivo sul gioco in single player e quindi sulla campagna rivelatasi esplosiva ed avvincente, lo stesso non si poteva dire per il pacchetto multiplayer, apparso sì abbastanza completo con le feature che qualsiasi utente di CoD si aspetta, ma mancante in più punti, soprattutto senza un Battle Pass e senza quelle novità pubblicizzate da Activision. Per questo motivo, abbiamo atteso Call of Duty Warzone 2.0 per tornare sulle modalità PvP di CoD. In questo articolo, vi guiderò tra le modalità disponibili nella Season 01: la classica battle royale, Gulag e DMZ.

Battle Royale 2.0

Per parlare di Warzone 2.0 bisogna partire dalla classica modalità Battle Royale che tutti conosciamo: lancio dall’aeroplano, ottenere loot armi, completare missioni e rimanere vivi alla fine della giostra. La vera novità è Al-Mazrah, la nuova mappa che sorprende per la sua vastità – può ospitare fino a 150 giocatori. Al primo lancio si nota subito la differenza con il precedente Warzone, sia per l’effetto cromatico (ovviamente qui siamo nel deserto) e sia per la complessità del paesaggio che, solamente, ad impatto visivo lascia un po’ disorientati poiché Verdansk risultava più colorata e variegata. L’ambientazione desertica lascia spazio ad una sorta di monotonia cromatica, ma il punto forte della mappa è il level design, talmente ben strutturato che sembrerà di non giocare mai la stessa partita.

Warzone 2.0: modalità Battle Royale

Su Al-Mazrah sono presenti 18 punti di interesse che percorrono tutta la città. Tra questi, ce ne sono anche alcuni peculiari che cambieranno il vostro modo di combattere: i grattacieli della City; i corsi d’acqua; l’Osservatorio.

Il sistema di loot è molto più approfondito rispetto al passato. In ogni partita, il giocatore dovrà fare i conti, aprendo le casse a sua disposizione, con un inventario (uno zaino) e i materiali reperibili, scegliendo accuratamente cosa portare con sé e cosa lasciare. Aprire una cassa e recuperarne il contenuto diventa quindi un’operazione che vi farà impiegare più di pochi istanti, modificando, di fatto, la vostra strategia. La presenza di roccaforti difese da Bot (di cui tutta la lobby conosce l’esistenza) è fondamentale per il recupero di armi ed attrezzatura necessaria per arrivare alla fine del round. Le specialità, invece, sono recuperabili tramite casse lanciate da aerei, ma questo avviene solo verso la fine della partita (che dura, mediamente, 15 minuti).

Consigli

Prima di gettarvi in battaglia sappiate che avrete a disposizione tre classi o meglio tre possibili equipaggiamenti da alternare che prevedono due armi, una principale ed una secondaria, due equipaggiamenti e tre specialità. Tra le armi vi consiglio di sceglierne due principali per avere una copertura quasi totale delle armi a medio e lungo raggio. Ad esempio una mitragliatrice leggera RPK, magari opportunatamente modificata in modalità armaiolo può risultare devastante per i nemici garantendovi la vittoria nella maggior parte degli scontri a media e lunga distanza. Oppure scegliere il TAQ-56, un fucile d’assalto molto preciso.

Ma la scelta è davvero vasta e ognuno troverà un’arma che riuscirà a soddisfarlo e a soddisfare determinate tattiche di combattimento. Altro aspetto di cui tener conto sono le diverse specialità che conferiscono al giocatore caratteristiche diverse. Esse sono : Avanguardia, Commando, Spettro, Esploratore, Sentinella, Guardiano, Specialista Armamenti e Ricognitore. Quindi scegliete bene prima di iniziare un turno. Ne va della vostra sopravvivenza.

Gulag

Infinity Ward ha modificato anche le dinamiche del Gulag rispetto al primo Warzone. Per rinfrescare la memoria ricordiamo che il Gulag è una sorta di prigione, in questo caso nei pressi di Al-Mazrah che ovviamente fa da sfondo al gioco, in cui vengono (de)portati i giocatori sconfitti per la prima volta in una sessione di battle royale. Stavolta i giocatori sono quattro, divisi in gruppi di due, che si scontrano per ritornare in partita. Quindi dovrete allearvi con il vostro compagno per sconfiggere l’altra coppia, compagno che, in caso di esito positivo, tornerà ad essere vostro avversario in gioco.

In realtà, i quattro malcapitati, potranno anche decidere di allearsi tra di loro, poiché, a 30 secondi dall’inizio del round, apparirà un secondino, una specie di mini-boss comandato dall’intelligenza artificiale, abbastanza tosto a dir la verità, il quale, se sconfitto, riporterà in gioco tutti e quattro i giocatori.

Warzone 2.0: modalità Gulag

Modalità DMZ

La novità di Warzone 2.0 è la modalità DMZ: in pratica una versione riveduta del classico Battle Royale, in cui squadre di tre giocatori ognuna si batteranno in Al-Mazrah per completare missioni e recuperare bottino per poi raggiungere i vari punti di estrazioni dislocati per la mappa.

Mappa che risulta sicuramente più “sicura” non offrendo gli stessi pericoli della modalità precedente poiché i giocatori umani sono al minimo ma fortunatamente (o sfortunatamente) l’area è popolata da numerosi Bot IA spiccatamente intelligenti.

Infinity Ward, in merito, ha fatto un ottimo lavoro, poiché detti Bot reagiscono alle azioni degli utenti, risultando molto “veritieri”.

Il vostro loadout va composto attentamente prima dell’inizio del match; si ricarica ogni 2 ore e può essere composto anche da armi “preimpostate” dette “di contrabbando”, che però vengono perse nel momento in cui la vostra squadra viene completamente eliminata dal match.

I negozi funzionano come nel Battle Royale: è necessario, all’inizio di ogni partita DMZ, “arraffare” più soldi possibili per poter acquistare i dei miglioramenti che vi aiuteranno a fuggire dalla mappa perlomeno interi. Ad ogni nuovo inizio in DMZ si ripartirà comunque da zero, ma tutto quello che conserverete alla fine della missioni si tramuterà in punti XP, progetti arma, skin operatore, utilizzabili in seguito in Call of Duty o Warzone 2.0. Il sistema di avanzamento in DMZ è piuttosto semplice, completate le missioni affidate per riceverne sempre di più difficili, tutto qui. Ce ne sono bene 81 sbloccabili quindi non vi annoierete sicuramente!

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Editoriali

La complicata storia tra Sonic e il 3D

Quest’anno è arrivato sul mercato Sonic Frontiers, nuovissimo capitolo delle avventure del riccio più famoso del mondo. Il titolo, pur non esente da difetti, è stato accolto positivamente ed è stato riconosciuto come uno dei migliori capitoli 3D di Sonic, che non ha mai avuto un rapporto facile con la terza dimensione.

Ancora oggi sono molti i giocatori che, quando si parla di Sonic, tendono a preferire i classici plattform 2D. Prova di questo è il buon successo del recente Sonic origins. I titoli in tre dimensioni, di contro, tendono a essere facilmente ignorati dai più. Il motivo è spiegato in questo articolo, dove ripercorriamo le tappe dell’epopea del velocissimo riccio blu  nei meandri del 3D, ricordando sia i titoli più meritevoli che quelli assolutamente evitabili.

Sonic 3D Blast: il Primo in 3 dimenesioni

Sonic 3D Blast
Sonic 3D Blast fu il primo titolo di Sonic ad abbandonare le due dimensioni.

Le prime esperienze di Sonic nel genere dei plattform a tre dimensioni furono estremamente positivi. La nostra cavalcata parte addirittura dai tempi del mitico Sega Mega Drive, console che diede i natali al nostro Sonic. Proprio su Mega Drive, nell’ormai lontano 1996, vide la luce il primo titolo della saga di Sonic in tre dimensioni.

Nell’ormai lontano 1996 Sega, visto il successo di titoli come Donkey Kong Country e Super Mario RPG per SNES, decise che anche la sua mascotte avrebbe avuto un titolo tridimensionale a lui dedicato.

E così, il 30 novembre vide la luce Sonic 3D: Flickie’s Island, poi chiamato Sonic 3D Blast in occidente. Il gioco, pur mantenendo meccaniche e controlli  molto simili ai titoli precedenti, introdusse un’inedita visuale isometrica, che consentiva a Sonic di spostarsi in quattro diverse direzioni e non più solo in linea retta.

Sonic 3D Blast ricevette un’accoglienza nel complesso positiva, soprattutto per il suo comparto tecnico, mentre i controlli destarono qualche perplessità. Tirando le somme, comunque, si può comunque dire che questa prima avventura di Sonic nella terza dimensione si rivelò un buon successo.

Sonic Adventure: la consacrazione

Sonic Adventure: il miglior gioco 3D di Sonic di sempre
Sonic Adventure ancora oggi è considerato da molti il miglior gioco 3D di Sonic

Visto lo scarso successo del Saturn, Sega decise di anticipare i tempi e accellerò lo sviluppo della sua nuova macchina, il Dreamcast.

Fu proprio su Dreamcast che, nel dicembre del 1998, fece la sua uscita Sonic Adventure. L’opera raggiunse il mondo occidentale solo l’anno successivo, con una versione riveduta e corretta che venne ridistribuita anche in Giappone col titolo Sonic Adventure International.

Questo gioco fece fare a Sonic il salto di qualità di cui aveva bisogno, grazie ad un gameplay solido e di grande spessore. I livelli di esplorazione e risoluzione di enigmi (adventure field) si alternavano a stage più brevi votati all’azione (Action stages). Il tutto naturalmente a velocità adrenalinica e accompagnato da un’ottima giocabilità.

Sonic Adventure aggiornò anche il look di Sonic e dei suoi amici, che risultavano più adulti e maturi rispetto alle loro versioni cartoonesche viste su Megadrive. Anche la trama ebbe un ruolo importante in Adventure e narrava l’arrivo della potente entità Chaos e i tentativi del Dottor Robotnick di controllarla.

Adventure ottenne un grande successo di critica e pubblico, divenendo il gioco più venduto in assoluto per Dreamcast. Ancora oggi è considerato da molti il miglior Sonic 3D di sempre.

Sonic Adventure 2

Adventure 2 si rivelò un gioco solido e molto vario.

Visto l’enorme successo ottenuto da Sonic Adventure, era scontato per Sega scegliere la strada del sequel diretto. Nel giugno del 2001 uscì infatti, sempre su Dreamcast, Sonic Adventure 2. Il gioco si rivelò essere un ottimo seguito per l’avventura 3D di Sonic.

In questo titolo la trama aveva un ruolo ancor più centrale. Il giocatore era chiamato a vestire i panni di numerosi personaggi, tra cui Shadow the Hedgeog, che fece qui la sua prima comparsa. A seconda del personaggio utilizzato, lo stile dei livelli sarebbe variato.

Per Sonic e Shadow i livelli sarebbero stati all’insegna della velocità e del tempismo. Con Tails ed il dottor Eggman (che qui per la prima volta abbandona il nome Robotnik) il perno sarebbe stato l’abbattimento dei nemici. Infine, i livelli dedicati a Knuckles e Rouge (anche lei al suo debutto nella serie) erano focalizzati sull’esplorazione e la collezione di tesori. Per completare interamente l’opera, il giocatore avrebbe dovuto completare sia il percorso legato ai buoni sia quella dei cattivi.

Anche in questo caso, il gioco fu un successo di pubblico e critica. vennero apprezzato sia per la sua realizzazione tecnica che per la cura della trama e della caratterizzazione dei personaggi.

Questo successo permise ad Adventure 2 di godere di una riedizione, chiamata Sonic Adventure 2: Battle uscita per PC, Xbox 360 e PlayStation 3.

Sonic Heroes

Heroes fu una piacevole variante a tema gioco di squadra.

Nel dicembre 2003 fu la volta di Sonic Heroes, primo titolo della saga di Sonic a non uscire su una console Sega. La grande S infatti era passata ad occuparsi unicamente della produzione di Software. Il titolo arrivò su PlayStation 2, Xbox, Gamecube e PC.

Heroes ripropose lo stile di Adventure 2, legato allo sviluppo della trama e al coinvolgimento di numerosi personaggi. Quest’ultimo aspetto però fu ulteriormente approfondito. Il giocatore avrebbe dovuto scegliere addirittura tra quattro squadre diverse, ognuna col suo percorso e la sua storia.

Anche il gameplay si concentrava sull’azione di gruppo, poiché nei livelli erano presenti tutti e tre i componenti della squadra contemporaneamente. Il gioco permetteva di passare da un personaggio all’altro in qualsiasi momento, a seconda di quali caratteristiche fossero più adatte all’avanzamento nello stage.

Anche Heroes ricevette un’accoglienza nel complesso positiva, sebbene alcune versioni (in particolare quella PS2) soffrissero di diversi  bug e in generale la giocabilità del titolo fosse penalizzata da un uso non troppo preciso della telecamera.

Sonic the Hedgeog 2006: la pecora nera

Sonic the Hedgeog 2006: la pecora nera 3D
I bug che affliggevano Sonic 06 erano davvero terrificanti.

A metà della prima decade del 2000, Sega concentrl tutti i suoi sforzi nella realizzazione di un nuovo fiammante episodio 3D del suo porcospino blu. Questo gioco avrebbe dovuto segnare il definitivo rilancio di Sonic verso la vetta del mondo dei videogiochi. Per sottolineare l’importanza del progetto, Sega scelse addirittura di chiamare il nuovo gioco semplicemente Sonic the Hedgeog.

Ironia della sorte, il videogioco, uscito nel novembre 2006 su PS3 e Xbox 360, si rivelò un colossale buco nell’acqua. Molti giocatori lo considerano tuttora il peggior gioco di Sonic mai apparso su qualsiasi console.

Erano davvero tanti i problemi che affliggevano Sonic the Hedgeog – noto al pubblico soprattutto con il nome di Sonic 06. Anzitutto, la trama era davvero strampalata e mal scritta. Il nostro Sonic si trovava alle prese con il salvataggio di regni medievali e coinvolto in una improbabile storia d’amore con una principessa umana.

Come se non bastasse, il gioco era letteralmente falcidiato da bug di ogni tipo, che lo rendevano praticamente ingiocabile e lo stesso sistema di controllo era talmente frustrante e impreciso da scoraggiare qualsiasi giocatore dopo poche ore.

La bruttezza di questo gioco fu sottolineata anche dal famoso Angry Video Game Nerd, che dedicò un intero episodio del suo show a Sonic 06.

Un periodo di stanca

Dopo l’incredibile flop di Sonic 06 il nostro porcospino supersonico fu come bloccato in un limbo. I titoli 3D dedicati a Sonic, infatti, continuarono ad uscire, ma nessuno sembrava essere in grado di raccogliere consensi unanimi.

Sonic e gli anelli segreti

Sonic e gli anelli segreti fu un titolo nel complesso divertente.

Su Nintendo Wii uscì nel 2007 Sonic e gli anelli segreti, titolo che trasportava Sonic in un’ambientazione tratta dalle Mille e una Notte. Il gioco ricevette recensioni complessivamente discrete, ma non riuscì ad imporsi sul mercato, soprattutto in virtù dei controlli, non pienamente efficaci.

Sonic Unleashed

Sonic Unleashed

Fu poi la volta di Sonic Unleashed, rilasciato su praticamente ogni piattaforma ancora attiva, compresa PlayStation 2. Il gioco introdusse la trasformazione di Sonic in una sorta di porcospino mannaro. Questa caratteristica si rispecchiò anche nel gameplay, che alternava livelli in cui il giocatore avrebbe controllato Sonic, a fasi notturne in compagnia del nuovo alter ego peloso del porcospino.

Mentre i livelli diurni erano all’insegna della velocità e della destrezza, quelle notturne erano più lente e incentrate su enigmi e combattimenti. Ancora una volta, l’accoglienza fu molto tiepida ed il titolo cadde ben presto nel dimenticatoio.

Sonic e il cavaliere nero

Sonic e il Cavaliere Nero

Nel marzo 2009 fu il turno di Sonic e il cavaliere nero, esclusiva Wii e seguito ideale de Gli anelli segreti. Questa volta il nostro Sonic venne trasportato in un’ambientazione medievale. Scopo del gioco era salvare Re Artù, vittima di una maledizione che lo aveva trasformato nel perfido cavaliere nero.

Caratteristica principale del titolo fu il tentativo di valorizzare i sensori di movimento dei Wiimote: essi vennero utilizzati principalmente per replicare gli attacchi della spada di cui il nostro Sonic era dotato in quest’avventura.

Ahimè, anche in questo caso il titolo fu bellamente ignorato dal pubblico ed affossato dalla critica. Le maggiori critiche furono mosse al suo sistema di controllo, che risultava particolarmente disfunzionale ed impreciso.

Sonic Colors: il ritorno di fiamma

Colors: il ritorno di fiamma di Sonic in 3D
Colors si rivelò un ottimo gioco ed è tuttoggi apprezzato da molti.

Sonic Colors, uscito inizialmente per Nintendo Wii, vedeva il nostro riccio impegnato nel salvataggio dei simpatici Wisp. Si trattava di piccoli spettri colorati in grado di fondersi temporaneamente con Sonic per donargli incredibili abilità. Esse spaziavano dal volo alla capacità di scavare lunghe gallerie nel terreno fino al teletrasporto.

Il gioco aveva un ottimo comparto tecnico e un gameplay davvero piacevole e vario, sebbene a tratti piuttosto difficile. Il pubblico lo accolse in maniera decisamente positiva, al punto che nel 2021 verrà realizzata persino una remaster per Switch, PS4 e Xbox one.

Sonic Generations: generazioni a confronto

Generations: Controllare di nuovo il Sonic classico fu davvero divertente.

Sonic Generations invece nacque come opera celebrativa del ventesimo anniversario della serie. Il gioco sfrutta l’espediente narrativo dei poteri temporali del nuovo antagonista, il Time Eater. Sarà proprio Time Eater a causare l’incontro tra il Sonic moderno e la sua versione più giovane, Sonic classico.

Generations fu accolto positivamente dalla critica ed ottenne un successo commerciale anche maggiore rispetto a Colours. Una delle caratteristiche più apprezzate dei due titoli fu proprio l’alternanza tra livelli 3D e 2D – presente anche in Colours.

Questa meccanica andava ad accontentare sia i fan dei titoli storici di Sonic sia gli amanti dei plattform 3D; insomma, sembrava proprio che Sega avesse ritrovato la via smarrita. Purtroppo, come vedremo, le cose non andranno così.

Sonic Lost World: un’occasione mancata

Sonic Lost World: un’occasione mancata per il 3D
Lost World fu davvero una grande delusione per i fan.

Dopo una serie di semplici giochi per tablet e cellulari, nell’ottobre 2013 Sega pubblica Sonic Lost World, per Wii U e Nintendo 3DS. Il titolo, frutto della collaborazione diretta tra Sega e Nintendo, porta Sonic e il fido Tails ad esplorare le isole fluttuanti dell’Esamondo perduto. Il perfido Zavoc e i Sei nefasti fanno la loro apparizione come nuovi antagonisti del riccio blu.

Pur essendo piuttosto diverse tra loro, entrambe le versioni del gioco riproposero l’alternanza tra sezioni in 3D e altre a scorrimento orizzontale, anche nel medesimo stage. La struttura dei livelli prevedeva l’esplorazione di numerosi mondi sferici, in modo analogo a quanto visto in Super Mario Galaxy.

Il videogioco ottenne un’accoglienza molto fredd: a non convincere furono sia i nuovi nemici, considerati troppo anonimi e generici, sia la struttura stessa dei livelli, eccessivamente complessa e punitiva.

Il progetto Sonic Boom: un rilancio fallimentare

Il restyling grafico proposto da Sonic Boom non piacque praticamente a nessuno.

L’anno successivo Sega e Nintendo decisero di rendere Sonic protagonista di un ambizioso progetto: un vero e proprio reboot della serie. Questa idea avrebbe portato una nuova trama, nuove ambientazioni e un restyling grafico completo di tutti i personaggi.

Il progetto, denominato Sonic Boom, si concretizzò con l’uscita di due nuovi titoli, di una serie animata e persino di una collana a fumetti. Tra il novembre e il dicembre del 2014 uscirono Sonic Boom: L’ascesa di Lyrics e Sonic Boom: Frammenti di Cristallo, rispettivamente su Wii U e 3DS.

Entrambi i giochi riproposero la formula ad azione corale già vista in Heroes. I giocatori avevano la possibilità di controllare diversi personaggi oltre a Sonic, con l’opzione di passare da uno all’altro in qualsiasi momento. Le due opere scelsero di puntare su un gameplay più lento e ragionato, focalizzato su combattimenti ed enigmi piuttosto che sulla velocità.

Purtroppo, entrambi furono stroncati duramente dalla critica, soprattutto a causa dei numerosi bug che affliggevano il gameplay. In generale, i fan mostrarono di non gradire la serie Boom: la causa principale furono le nuove vesti grafiche dei protagonisti, che non seppero raccogliere il favore degli appassionati.

Insomma, ancora una volta, il progetto su cui Sega riversava le sue maggiori speranze; come avvenuto con Sonic 2006, si rivelò un totale fallimento.

Sonic Forces: un successo inatteso

Sonic Forces, nonostante le critiche, fu piuttosto apprezzato dai fan.

Sonic Forces del 2017 fu il nuovo episodio 3D della serie, che riprese il filo degli episodi precedenti, cancellando di fatto Boom.

In Forces, il giocatore aveva l’inedita possibilità di creare il proprio avatar per impersonare un membro della resistenza. L’obiettivo del personaggio era contrastare le azioni di conquista di Eggman, iniziate dopo l’apparente morte di Sonic.

Nel corso dell’avventura il giocatore poteva personalizzare – almeno in parte – il set di mosse e le abilità del proprio personaggio. Inoltre, i fan potevano acontrollare anche Sonic moderno e Sonic classico.

Purtroppo queste furono le uniche vere innovazioni del titolo; infatti, Forces restò saldamente legato alle strutture viste negli ultimi capitoli 3D della saga e all’ormai rodata alternanza tra stages in 2D e in 3D.

Nonostante un’accoglienza tiepida da parte degli addetti ai lavori, il gioco si rivelò inaspettatamente un buon successo commerciale.

Sonic Frontiers

Ed eccoci a Sonic Frontiers, l’ultima incarnazione di Sonic.

Come accennato ad inizio articolo, Sonic Frontiers non è certamente privo di bug e difettucci vari, ma sembra aver colpito positivamente i fan e la maggior parte della critica.

Il gameplay, che alterna fasi di esplorazione open world a classici livelli lineari in 3D con sezioni a scorrimento orizzontale, è finalmente riuscito a conciliare lo spirito e la giocabilità dei classici titoli del riccio blu con le aspettative dei moderni videogiocatori.

Anche le fasi di combattimento sono nel complesso ben realizzate e aggiungono quel pizzico di novità e varietà al gameplay. Solo il tempo ora potrà dirci se per il porcospino si apriranno davvero nuove frontiere nell’universo a tre dimensioni o se il suo percorso continuerà ad essere costellato di alti e bassi.

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Società

Critica su cosa il giornalismo videoludico vorrebbe, ma non può essere

Il 2022 delle fiere videoludiche si è concluso con la Milan Games Week & Cartoomics. C’ero anche io tra i 105mila appassionati che hanno popolato i padiglioni di Fiera Milano Rho e, tra le altre cose, ho felicemente speso del tempo con alcuni giornalisti videoludici più famosi di me: abbiamo riflettuto insieme su cosa sia l’informazione videoludica in Italia, cosa vorrebbe essere ma difficilmente potrà diventare nel breve periodo.

L’evento al padiglione 16 della Milan Games Week: “L’origine del giornalismo videoludico” tenuto dagli ex-autori di Everyeye, Francesco Fossetti e Marco Mottura è stata la miccia che ha innescato una vivace conversazione tra giornalisti, influencer e creator del panorama videoludico. Come avviene spesso in questi casi, il Q&A è stato il momento di maggior interesse dove in tanti hanno espresso i propri dubbi sull’informazione videoludica e la sua sostenibilità. Durante la sessione di domande e le conseguenti risposte di Francesco e Marco, tre sono stati i temi che voglio approfondire in queste righe: il focus dei grandi siti sul creare contenuti velocemente, anche e soprattutto a discapito della qualità; la sostenibilità di un approccio più lento; la velocità del settore dei videogiochi.

Il mondo dell’informazione è cambiato e di conseguenza anche i propri professionisti si sono dovuti evolvere; un discorso che vale per tutto il mondo del giornalismo, ma che trova terreno fertile in un contesto ancora immaturo come quello videoludico. Gli appassionati sono bombardati da nuovi contenuti perché ogni clic ha un valore monetario.

Una bulimia informativa che fa vivere – e in certi casi sopravvivere – i grandi a discapito di tutto quello che li circonda: la qualità dell’informazione non può che peggiorare; chi scrive ha sempre meno tempo ed è sempre meno pagato; i piccoli siti di approfondimento – come il IlVideogiocatore – non possono emergere perché il sistema predilige la quantità. Idee che ho sempre sostenuto, ma che mi sono state finalmente confermate: Francesco Fossetti ha sottolineato come il sistema pubblicitario dei grandi dell’editoria non è più sostenibile, mentre Marco Mottura ha ricordato quanto i newser siano mal pagati.

A questo aggiungo che la velocità d’esecuzione – un pregio per i pro player, ma un contro per i giornalisti – è un problema che può diventare orribile quando – come troppo spesso avviene – sacrifica il fact-checking. Quante volte vi è capitato di vedere notizie: aggiornate, con un cambio di significato; cancellate; o addirittura smentite dagli utenti nei commenti?

Il giornalismo videoludico è troppo veloce

La soluzione più semplice allora è tornare al passato: le slow news come li ha definiti un creator durante l’evento. Chi segue il blog da un po’ di tempo, sa che per me l’approccio lento è l’unico che permette veramente di approfondire il settore per come merita, perché un videogioco – così come un libro o un film – deve essere gustato, digerito e solo dopo è possibile eleborare un pensiero critico. Noi de IlVideogiocatore lo facciamo, nel nostro piccolo, da qualche anno ormai; Francesco Fossetti e Marco Mottura hanno lanciato il loro enorme progetto, FinalRound, per fare la medesima cosa coinvolgendo i più autorevoli giornalisti e creator videoludici italiani.

Quando ho visto FinalRound ho vissuto una dicotomia di emozioni: da un lato c’è un nuovo enorme competitor che diminuirà la nostra possibilità di crescere; dall’altro però ho pensato che potevo imparare come rendere sostenibile il mio progetto che oggi si basa solo sulla passione, e lo sforzo, dei miei stupendi compagni di viaggio. Purtroppo, Francesco mi ha dato la peggiore delle notizie affermando che ogni scrittore di FinalRound è mosso solo dalla passione e che gli introiti sono esterni al progetto. Sono certo che Fossetti e Mottura troveranno un modo per guadagnare dal proprio sito, ma mi chiedo: come può il giornalismo videoludico di qualità essere mosso solo dalla passione?

L’approfondimento nel giornalismo videoludico è ancora allo stato embrionale, ma il mercato dei videogiochi fattura miliardi di euro e noi scrittori possiamo fare ancora poco per proteggerlo, perché i nostri sforzi di dare credibilità al medium sono costantemente bombardati da eventi esterni – detrattori come politici e sedicenti intellettuali – ma anche dall’interno con scritture povere e più concentrate al gossip, che all’opera artistica che si trovano davanti.

Giornalismo videoludico: a volte basta solo rallentare

Infine, la terza e ultima questione che voglio sollevare è la quantità di videogiochi che ogni giorno sono disponibili sul mercato. Il tempo a disposizione per il tak-show era breve, ma sono certo che Fossetti voleva parlarne ampiemente dato che più volte ha ripetuto il concetto; e mi trova d’accordo: c’è troppo materiale, non è possibile valutarlo tutto e questo ci rende giornalisti incompleti, soprattutto quando la volontà è quella di creare contenuti di qualità, che richiedono tanto tanto tempo.

Anche un contenuto apparentemente semplice come la mia classifica dei giochi migliori è ormai un’impresa: ci sono centinaia di videogiochi che vorrei provare e sento di doverne giocare ancora troppi prima di poter dire che quel videogame è effettivamente il meglio che ci sia; semplicemente non posso testarli tutti. Da un lato mi confortano le parole di Umberto Eco che alla domanda se avesse letto tutti i libri che aveva nella sua libreria rispose spiegando come non è importante leggere tutte le opere, ma sapere dove trovare le risposte quando se ne ha la necessità. Sicuramente una risposta sagace, ma che non fa nulla per migliorare il senso di incompletezza che sento quando non posso giocarli veramente tutti.

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Storia dei videogiochi: dalla nascita agli anni 70

I videogiochi sono un medium recente, che nel giro di pochi decenni ha subìto un cambiamento radicale. Oggi l’industria videoludica segue di pari passo le novità e i miglioramenti informatici della nostra era. Agli albori però i videogiochi erano molto più simili a degli esperimenti di elettronica. Per questo motivo, è difficile collocare un vero e proprio punto d’inizio per la nascita dei videogiochi. In questo primo articolo sulla storia dei videogiochi, collochiamo l’inizio di tutto tra la fine degli anni 40 e l’inizio degli anni 50 e proseguiremo raccontandovi gli eventi principali dell’industria videoludica fino alla fine degli anni 70, poco prima dell’età dell’oro dei videogiochi.

I videogiochi dagli anni 40 ai 60

Sembra incredibile ma i primi tentativi di utilizzare la tecnologia a scopo ludico affonda le radici tra gli anni 40 e 50. La nascita del primo prototipo di videogioco può essere collocata nel 1947, quando Goldsmith e Mann progettarono un gioco utilizzando valvole termoelettriche ispirandosi ai radar della Seconda Guerra Mondiale che simulava il lancio di un missile verso un bersaglio. Il giocatore, ruotando delle manopole impostava traiettoria e coordinate. L’idea era geniale, simulare un evento, quale il lancio di un missile, che fino a pochissimi anni prima era una cruda e tremenda realtà, trasposto su una macchina “da gioco” aveva un qualcosa di rivoluzionario.

Per gli elevati costi di produzione e gestione il progetto non andò mai oltre la fase di prototipo. Goldsmith e Mann non lo sapevano ma avevano posto le basi per una lunga e duratura esistenza dell’utilizzo della tecnologia, con il tempo di tipo elettronico, a scopo ludico.

Il primo “video”-gioco

Già nel 1952 un certo Douglas sviluppò quello che si ritiene essere il primo vero e proprio videogioco poiché lo stesso era trasposto su schermo a tubo catodico, il gioco si chiamava OXO ed era praticamente l’equivalente del Tris. Il rilascio avvenne per sistemi EDSAC.

La nascita dei videogiochi: OXO
OXO, il primo Tris elettronico

Nel 1958 lo statunitense William Higinbotham ebbe la geniale idea di creare, con pochi componenti quali un computer Donner 30, un oscilloscopio e alcuni relè un campo da tennis (visto lateralmente).

I giocatori, due quindi, utilizzavano altrettante plance su cui erano poste una manopola per orientare la palla e un pulsante per farla partire; il gioco sbancò tanto che nel 1959 ci fu una riedizione, chiamato Tennis for Twoche abbiamo approfondito in questo articolo in cui furono aggiunti degli ulteriori pulsanti che consentivano di modificare la gravità della palla, rallentandone o accelerandone i movimenti.

Addirittura, nel 1997, per i 50 anni del Brookhaven National Laboratory (laboratorio dove per la prima volta fu esposto il gioco), venne ricreato il Tennis for Two originale, utilizzando gli schemi dell’epoca ma con componenti ovviamente di un’altra era.

I videogiochi dagli anni 60 ai 70

La nascita dei videogiochi: Spacewar!
Spacewar!

Arriviamo dunque negli anni 60, 1962 esattamente, quando un gruppo di studenti del Massachussets programmò Spacewar! Il gioco girava su computer PDP-1, era privo di intelligenza artificiale e per questo motivo erano necessari due giocatori.

Giocatori che muovevano due astronavi che potevano accelerare e ruotare in senso orario e antiorario, vince il round il primo che con un missile riesce a colpire l’avversario. Elementi di disturbo come meteoriti, erano inseriti durante il gioco. Spacewar! viene presto distribuito su tutti i computer tipo DEC-PDP, diventando il primo gioco in larga scala. Per agevolare i giocatori, con dei pezzi di scarto, fu creato quello che oggi possiamo definire un primo joystick!

C’è da dire che, in quegli anni, i giochi erano programmati perlopiù da studenti universitari, su macchine in dotazione alle stesse Università, costosissime, e appare chiaro come tutti i progetti avessero vita davvero breve. Altri titoli degni di nota di quell’anno, sulla stessa piattaforma, furono Hamurabi, un manageriale a turni di tipo testuale e il simulatore Lunar Landing Game.

La prima console

Magnavox Odyssey

Nel 1966 vide la luce, grazie all’ingegno di Ralph Baer, un ingegnere statunitense, il prototipo della prima console. Creò un semplice videogioco, Chase, riprodotto, per la prima volta, su una normale televisione. Il sistema inizialmente molto genericamente chiamato Brown Box, vide la sua evoluzione in Magnavox Odissey, la prima vera console, nella quale erano inclusi un gioco di tennis e un tiro al bersaglio, uno dei primi dispositivi che furono disponibili per tale piattaforma fu una pistola ottica.

I videogiochi dagli anni 70 agli 80

Computer Space

Gli anni Settanta cominciarono alla grande! Già nel 1971 all’Università di Stanford si progettò un videogioco, Galaxy Game, che per funzionare aveva bisogno di una monetina.  Due mesi dopo Bushnell e Dabney ultimarono Computer Space, primo videogioco arcade non meccanico costruito su larga scala (circa 1.500 esemplari). Inizia l’era dei videogiochi arcade. Il gioco in sé non riscuote molto successo perché particolarmente ostico, ma sicuramente questo è un tassello che significherà molto per la storia videoludica. Oggi magari sono sconosciute ai più ma come dimenticare le giornate intere passate in Sala Giochi quando si marinava la scuola o la sera con gli amici? Iconica.

La nascita di Atari

La nascita dei videogiochi: PONG
PONG

Appena l’anno dopo, nel 1972, ritroviamo un Bushnell che non si arrende, insiste con i videogiochi, producendoli, stavolta, in proprio e fonda Atari. Il primo grande successo di Atari e dell’industria videoludica in generale fu PONG, gioco in cui si doveva servire una pallina verso il campo del secondo giocatore, il quale doveva controbattere alla mossa dell’avversario…furono venduti 19.000 cabinati. Si erano poste le basi per il periodo che gli addetti ai lavori definiscono l’età dell’oro dei videogiochi.

La prima controversia pubblica

Ma prima di parlare della nascita di questo periodo fortunato, periodo che possiamo far partire dal 1978, torniamo un attimo indietro nel 1976. Nel 1976 vede la luce Death Race, un gioco di auto il cui scopo era quello di investire dei gremlins, simili a dei pedoni, da ciò scaturì la prima controversia pubblica sulla violenza gratuita nei videogiochi.

Un po’ come avvenne anni più tardi, quando l’opinione pubblica si scagliò contro Carmageddon per lo stesso motivo…in questo caso la casa produttrice fece marcia indietro e modificò il colore del sangue dei poveri investiti da rosso a verde, facendoli sembrare una sorta di alieni.

Space Invaders e Asteroids: l’età d’oro dei videogiochi

L'età dell'oro: Asteroids
Copertina di Asteroids

Ed eccoci al 1978, anno di Space Invaders della Taito e Asteroids di Atari, i giochi che hanno fatto fiorire le sale giochi portandole all’apice del successo e mantenendolo fino alla metà degli anni ’80, la cosiddetta età dell’oro appunto.

Il primo, molto semplice ovviamente rispetto a quello a cui siamo abituati oggigiorno, vede un cannone mobile sullo sfondo dello schermo, che il giocatore può muovere orizzontalmente e con il quale può sparare a una serie di alieni che scendono giù dall’alto dello schermo, in un movimento predefinito a zig zag.

Il secondo, Asteroids invece fa uso di grafica vettoriale e vede una navicella al centro dello schermo, schermo attraversato da asteroidi appunto e dischi volanti: obiettivo del gioco è evitare gli asteroidi e i colpi delle navicelle aliene.

I primi videogiochi a colori vedranno la luce solo l’anno dopo, nel 1979 in cui il più famoso è Pac-Man…ma questa è un’altra storia e vi diamo appuntamento alla prossima puntata!

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Editoriali

DUNE: tutti i videogiochi ambientati nel Duniverse

Parlare di Dune è sempre impegnativo, poiché dal romanzo fantascientifico di Frank Herbert del 1965 è nato un vero e proprio universo: il Duniverse, tornato nuovamente alla ribalta dopo l’enorme successo del film di Denis Villeneuve. Chi scrive non è un purista, ma un fan affascinato dall’universo di Dune, che in questo articolo vi racconterà di tutti i videogiochi del Duniverse e di cosa ci riserverà il futuro del franchise.

I Videogiochi di Dune

La storia dei videogiochi di Dune comincia agli inizi degli anni ’90 ed è tuttora in continua espansione con la produzione di generi completamente diversi dal passato, ma anche dal presente. Chiunque sia alla ricerca di un videogioco ambientato su Arrakis, troverà sicuramente un gioco – anche dall’alto profilo tecnico – che possa adattarsi ai propri gusti videoludici.

Senza Dune, Guerre Stellari non sarebbe mai esistito

George Lucas

Prima di iniziare, se siete interessati alle “carrellate videoludiche”, date un occhio anche ad altri nostri articoli come: I 5 migliori videogiochi (veramente) ispirati a Lovecraft o I 4 migliori videogiochi sui pirati di sempre.

Dune – Cryo Interactive, 1992

Dune: frame del videogioco, fortemente ispirato al film di Lynch

Il primo videogioco di Dune è un mix di avventura e strategia sviluppato per Amiga, Sega Mega Drive (CD) e PC-MS-DOS. L’impianto del gioco è assai interessante e a suo modo innovativo – almeno per i giochi a cui ero abituato: si trattava infatti di una sorta di avventura grafica alternata a un gioco di strategia, non ancora in tempo reale.

Il titolo segue abbastanza fedelmente il libro e si rifà non poco alla controversa pellicola di David Lynch: fra l’altro lo si nota abbastanza chiaramente nelle sembianze di Paul e Jessica Atreides.

La trama di Dune di Cryo Interactive

La trama è incentrata sul novello duca Paul Atreides, impegnato a riconquistare il pianeta (Arrakis/Dune) dopo che la sua casata è stata massacrata dai cattivissimi Harkonnen.

Per raggiungere lo scopo, il protagonista crescerà nelle sue capacità e competenze (rpg) e dapprima si recherà presso diversi avamposti/caverne dei Fremen per convincerli a collaborare (inizialmente come forza lavoro per recuperare la spezia, poi anche a livello militare). La spezia infatti va sempre pagata all’imperatore, con tassi crescenti e, con quel che resta, si devono espandere le proprie capacità personali e militari, acquistando per esempio armamenti tipici dell’ambientazione, “mietitrici” e ornitotteri. Le unità hanno un certo grado di esperienza e si può influenzarne in vari modi il morale, così da renderle sempre più efficienti in battaglia.

I conflitti si svolgono principalmente come assedi alle basi nemiche e si possono subire contrattacchi; se i Fremen perdono vengono presi prigionieri, e se Paul vi prende parte di persona e viene sconfitto: game over!

Più avanti sarà possibile piantare vegetazione e prendersene cura (si ricava meno spezia ma sale il morale) e imparare a cavalcare i vermi della sabbia: più lenti dell’ornitottero usato normalmente per spostarsi ma esaltanti se portati in battaglia (aumentano il morale delle truppe).

Dune II – Westwood Studios, 1992

Dune 2 – Westwood Studios

Per un certo periodo sulla mia Amiga 500 girava solo Dune 2, con cui ho trascorso moltissime ore di puro divertimento. Il motivo? È il capostipite del genere strategia in tempo reale (RTS).

Alla fine del 1992, per le maggiori piattaforme compare Dune 2: The Building of a Dynasty – noto come Dune 2: Battle for Arrakis su Sega Mega Drive. L’opera è nota per aver fissato i capisaldi del genere RTS poi usati in molti altri celebri titoli: Command & Conquer, Warcraft, Starcraft e Age of Empires. È in Dune 2 che troviamo la fog of war, l’albero delle tecnologie, le fazioni asimmetriche e le campagne (missioni correlate a un unico obiettivo).

Nel gioco erano presenti tre campagne da nove missioni ciascuna, ognuna dedicata a una fazione (Atreides, Harkonnen e Ordos). Truppe, edifici e strategie da applicare erano diverse, ma i vermoni, per non far torto a nessuno, massacravano allegramente tutti quelli che incontravano. Come nella migliore (e innovativa!) tradizione degli RTS, si andava a raccogliere le risorse (la spezia poi convertita in crediti) e con esse si realizzavano strutture sempre più potenti e unità sempre più specifiche e forti. Poi si scagliava il tutto contro la base nemica e si sperava di farcela, intervenendo durante la battaglia per ottimizzarne il risultato.

Nelle mie partite, ammetto che l’unità che preferivo era una di quelle base, l’harvester: impiegarla non per raccogliere la spezia ma per spiaccicare i nemici era dannatamente divertente! E Carmageddon arriverà solo nel 1997!

Dune 2000 – Westwood Studios, 1998

Dune 2000 – Westwood Studios

Rremake di Dune 2, Dune 2000 è basato sullo stesso motore grafico di Command & Conquer.

Oltre a essere un buon remake di Dune 2, a partire dal rifacimento del filmato introduttivo di tale gioco ma dalla grafica aggiornata, introduce delle funzionalità da RTS moderno ignote al suo predecessore, per esempio la modalità multigiocatore e la schermaglia. Come piacevoli add-on possiamo notare la presenza di diversi full motion video interpretati da attori di rilievo che rendono l’esperienza di gioco più suggestiva e gradevole.

L’interfaccia presenta dei leggeri cambiamenti, eredità di Command & Conquer, ma oltre quanto evidenziato sopra, non ci sono grandissime innovazioni. Di fatto è un ottimo gioco, un aggiornamento agli RTS moderni con una trama raccontata tramite filmati di ottima fattura che si sbloccano via via durante la partita.

Infine, interessante è anche notare il rilascio di due patch, una per correggere errori minori, un’altra con una decina di nuove mappe per giocare in multiplayer, un bilanciamento più curato del gioco e l’introduzione di tre nuove unità, una per ciascuna casata.

Emperor: Battle for Dune – Westwood Studios, 2001

Emperor: Battle for Dune – Westwood Studios

Uno dei primi RTS dotati di motore 3D, Emperor: Battle for Dune è per la precisione il seguito di Dune 2000. Anche in questa opera sono presenti degli strepitosi filmati di intermezzo, almeno per i miei gusti, ma l’impianto grafico cambia radicalmente, avvalendosi per la prima volta nel mondo videoludico di Dune di un motore tridimensionale.

Le premesse alla trama sono differenti, ma di fatto, ancora una volta ci sono le solite tre fazioni a scontrarsi su Arrakis senza esclusione di colpi. Nonostante ciò, sono stati inseriti alcuni colpi di scena, come la presenza dei Tleilaxu (a voi scoprire chi siano) e un Verme Imperatore…

Un po’ sotto la media per la concorrenza dell’epoca (ma sempre divertente), il gioco presenta comunque alcune novità: altre unità specifiche per le varie fazioni, la possibilità di introdurre rinforzi in battaglia e una campagna non lineare.

Frank Herbert’s Dune – Cryo Interactive, 2001

Frank Herbert’s Dune (Cryo Interactive, 2001): impatto grafico opinabile

Purtroppo, Frank Herbert’s Dune fu un disastro commerciale, che contribuì al fallimento di Cryo Interactive. Cavalcando l’onda commerciale dell’ottima miniserie in tre puntate di Frank Herbert’s Dune del 2000, viene prodotto per l’anno successivo l’omonimo videogame, un gioco d’azione 3D.

Purtroppo, Cryo rilasciò un gioco che risultò essere un fallimento da ogni punto di vista, sia economico, sia di critica, tanto che fu uno degli ultimi che realizzò. Proprio tale insuccesso decretò la fine della casa di sviluppo.

L’unico merito del gioco potrebbe essere stato quello di aver voluto tentare una strada diversa da quella dell’RTS, che però non ha ripagato (visto soprattutto i limiti del motore di gioco e dell’aspetto grafico). Per quanto riguarda la trama, vestiamo i panni del solito Paul Atreides, erede della sua casata, che si dovrà guadagnare il rispetto della popolazione nativa di Arrakis per diventarne il messia e risollevare popolo e pianeta. Infine, il protagonista dovrà anche confrontarsi con lo spietato barone Harkonnen, responsabile del massacro della sua famiglia (con lo zampino dell’imperatore, ovviamente).

Come piccola nota conclusiva, possiamo aggiungere che il fallimento del gioco e della casa di sviluppo provocò la fine anche di Cryonetwork che all’epoca stava lavorando a Dune Generation, uno strategico 3D online, titolo che non vide mai la luce.

Dune Wars – Mod per Civilization IV, 2009

Dune Wars – Mod per Civilization IV

Anche se non è un vero e proprio videogioco, Dune Wars merita di essere citata in quanto amatissima mod per Civilization IV. Nel 2015 è stato rilasciato anche un update dal nome Dune Wars: Revival – che potete scaricare da Moddb.

Dune: Spice Wars – Shiro Games, 2022

Le casate del cartoonesco Dune: Spice Wars
Dune: Spice Wars; le prime quattro fazioni (cartoonesche) disponibili

Dopo il successo del film del 2021 di Dune, il franchise è tornato a mostrarsi anche sotto forma di opera videoludica con Dune: Spice Wars, un videogioco strategico 4X.

Con questo gioco torniamo allo stile di gioco di Dune II/2000, dalla grafica un po’ cartoonesca e con tutte le migliorie rese possibili dalla tecnologia moderna. Rilasciato a fine aprile del 2022, attualmente il gioco è in fase ad “accesso anticipato”, ma ha già ricevuto il plauso da parte dei giocatori.

Al solito, l’ambientazione di Dune la fa da padrona e sia il gioco che il gameplay sono abbastanza solidi (e consolidati), ma come sempre ci sono dei lati oscuri.

Suppur il gioco rappresenti una sorta di rivincita videoludica, a cancellare l’amaro in bocca lasciatomi dai titoli del 2001, la grafica accattivante e fumettosa taglia un po’ le gambe all’epicità innata della saga. Probabilmente è solo per una questione d’età anagrafica di chi scrive, ma provo la stessa (sgradevole) sensazione di quando paragono le immagini delle serie animate di Star Wars con quelle dei rispettivi film, in particolare dei capostipiti.

Spice Wars presenta al momento cinque fazioni invece delle classiche tre, che aumentano la varietà strategica, il numero delle unità, l’asimmetria e la longevità. E anche il sistema di politica/spionaggio/commercio appare più complesso e intrigante; infatti, offre alternative alla pura conquista e vittoria militare. Di fatto si incappa in situazioni un po’ castranti, quando per esempio, per connettere dei territori, vengono richiesti dei requisiti impossibili da soddisfare a causa di un cap imposto dal gioco; oppure quando si desidera sviluppare un potente esercito o far crescere al massimo le potenzialità della propria casata ma il processo risulta talmente lento e complesso (a volte impossibile) da renderlo poco divertente.

Dune: Awakening – Funcom, 2024?

Copertina ufficiale del gioco (in uscita nel 2024?) di Dune: Awakening
Dune: Awakening

Come indicato all’inizio di questo articolo, il franhise di Dune vuole essere appetibile al maggior numero di videogiocatori possibile. Funcom sta rispondendo a questa necessità con un titolo open world survival MMO, Dune: Awakening. Ecco, di questo gioco se ne sa ancora poco, dato che al momento è in fase di sviluppo.

Dagli stessi sviluppatori di Age of Conan e Samurai Showdown, Awakening è un open world survival MMO (probabilmente multipiattaforma), anche con meccaniche PvP; infatti, pare che il videogiocatore dovrà dominare e prevalere su Arrakis, obiettivo condiviso da tutti gli altri partecipanti.

Se si sopravvive al deserto e a tutte le insidie di Dune, si potrà esplorare il pianeta e scoprire, fra le altre cose, territori e luoghi non mappati (e che spariscono a causa delle tempeste si sabbia) con tesori e benefici unici; sicuramente ci sarà modo di gestire o avere a che fare con la spezia, e si potrà realizzare una propria fazione (gilda?), capace di svilupparsi per gestire il commercio, svolgere operazioni di sotterfugio, complottare con intrighi politici e, manco a dirlo, fare a mazzate.

Per chi volesse iscriversi e partecipare allo sviluppo della beta può raggiungere direttamente il sito ufficiale di Dune Awakening.

Ancora Dune… giochi da tavolo

Se l’articolo vi ha incuriosito e siete amanti anche dei giochi da tavolo, vi consiglio di leggere anche DUNE: tutti i giochi da tavolo ambientati nel Duniverse!

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Tecnologie

Rollback netcode: cos’è e perché è così importante

Chiunque abbia una certa familiarità col genere dei picchiaduro – abbiamo approfondito i migliori in questo articolo – ( si sarà certamente imbattuto nel rollback netcode. Di che cosa si tratta? Ve lo spieghiamo passo dopo passo, mostrandovi perchè sia una caratteristica ormai praticamente obbligatoria per ogni nuovo picchiaduro in arrivo sul mercato videoludico.

In un picchiaduro qualsiasi ritardo negli input può risultare fatale.

Un genere votato all’online

La componente online riveste nei picchiaduro un ruolo davvero di primo piano, forse ancor più che in ogni altro genere. Con la progressiva sparizione delle sale giochi e la diffusione sempre più massiva del gioco online, anche la classica modalità multigiocatore in locale ha progressivamente perso importanza.

Risulta dunque chiaro come la modalità online sia divenuta il cuore pulsante di ogni picchiaduro che si rispetti. Ancor più con la recente pandemia da COVID-19 a causa della quale anche numerosi eventi competitivi hanno dovuto giocoforza svolgersi a distanza.

I ritardi sono da sempre la spina nel fianco dei giocatori online

La lentezza della trasmissione

All’interno di una partita online elementi come il lag, i ritardi nell’esecuzione dei comandi e la bassa qualità della connessione di uno dei due giocatori possono incidere in maniera significativa sull’esito degli scontri. Nei picchiaduro il tempismo e la pronta risposta dei comandi sono più che fondamentali e qualunque tipo di delay può compromettere completamente l’esperienza dei giocatori.

Nel gioco online intervengono numerosi fattori che spesso vanno a rallentare l’invio e la ricezione dei pacchetti di rete, i quali contengono tutte le informazioni necessarie per giocare. Le tecniche di connessione tradizionali, come per esempio il peer to peer, gestiscono proprio i tempi di trasmissione di questi pacchetti. Ciò va inevitabilmente a creare una sensazione di lentezza nel gioco, causata dai ritardi nella trasmissione degli input dei giocatori. Spesso questi ritardi sono infinitesimali, ma sommandosi tutti insieme vanno a creare una situazione generale di ritardo e mancanza di fluidità.

L’ intuizione del rollback netcode

La tecnologia del rollback netcode ha l’enorme pregio di rendere il gioco estremamente fluido e veloce, creando l’illusione di una partita a latenza zero. Questa tecnologia infatti ricorre alla previsione degli input e all’esecuzione speculativa, inviando immediatamente i comandi dei giocatori al gioco.

Il rollback netcode sfrutta incredibili tecnologie di previsione e calcolo delle azioni del giocatore.

Come funziona?

Per comprendere meglio, prendiamo come esempio i siti di streaming. Mentre si guarda una serie sarà capitato a tutti di osservare come a volte l’immagine si blocchi. In questi casi, talvolta l’audio continua a essere riprodotto. Nel momento in cui le immagini tornano a scorrere, il video accelera per andare a sincronizzarsi di nuovo con l’audio.

In maniera simile, il rollback netcode, in caso di rallentamenti, cercherà di prevedere le mosse effettuate dal giocatore e le mostrerà immediatamente sullo schermo, in modo da non andare fuori sincro. Questa operazione sfrutta una complessa serie di calcoli ed algoritmi per mettere in atto un mix tra sincronizzazione e congettura, che ricorda quasi una profilazione, e va a cancellare qualsiasi ritardo.

Quando però funziona correttamente, gli effetti sul gioco sono quasi miracolosi e danno davvero ai due contendenti l’illusione di trovarsi a giocare davanti alla stessa macchina.

Prospettive future

Samurai Shodown è uno dei principali titoli ad aver aggiunto il supporto al Rollback Netcode.

Durante l’edizione 2022 dell’EVO, la più importante competizione mondiale dedicata ai picchiaduro, uno degli annunci principali ha riguardato proprio il rollback netcode; infatti, ben tre videogiochi, coi loro più recenti updates, hanno implementato il rollback netcode nelle loro modalità online: Dragonball Fighterz, Persona 4 Arena Ultimax e Samurai Shodown.

L’annuncio è stato accolto con grande gioia dai giocatori e sembra proprio che sempre più case produttrici si stiano convertendo alla tecnologia rollback. Restano tuttavia diversi titoli, anche molto famosi, come ad esempio Super Smash Bros Ultimate, che non hanno ancora annunciato il passaggio a questa nuova tecnologia.

Tuttavia gli incredibili benefici portati da questa tecnologia fanno supporre che nel tempo saranno sempre di più le case produttrici sceglieranno di affidarsi a rollback netcode, che sembre essere realmente il futuro dei picchiaduro.

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Editoriali

Marvel Snap è un vero free-to-play

Sono trascorsi due anni e mezzo dall’ultima volta che ho pronunciato questa frase per un gioco di carte collezionabili – e mi riferivo a Legends of Runeterra – ma l’attesa è stata ripagata. Mai avrei pensato che un videogioco di carte collezionabili mobile – è presente anche per PC ma la sua dimensione è lo smartphone – basato sul mondo dei supereroi potesse essere veramente gratis. Marvel Snap è tutto questo ed è anche divertente! In questo articolo vi spiego come funziona Marvel Snap, la sua economia di gioco veramente free-to-play e perché vale la pena dargli una possibilità.

Veterani dei videogiochi di carte

Il nuovo titolo mobile dedicato ai supereroi Marvel è stato sviluppato da Second Dinner, neonata software house creata da Ben Brode e da diversi ex-sviluppatori di Activision Blizzard.

Ben Brode, designer dietro a Marvel Snap ora e Hearthstone fino a qualche anno fa, può vantare di essere uno dei pochissimi sviluppatori di videogiochi di carte collezionabili, dove la parola chiave è: “videogiochi”; infatti, la maggior parte dei GCC presenti sul mercato videoludico sono riproposizioni digitali di quanto già esiste in forma cartacea: Magic Arena e Pokémon GCC su tutti. I videogiochi di carte collezionabili, invece sono opere non riproducibili su carta, a causa delle loro meccaniche casuali, più o meno amate. Le due opere maggiormente innovative del genere sono due, entrambe nate dalla mente di Ben Brode: Hearthstone e Marvel Snap.

Marvel Snap: Ben Brode
Copyright: TheGamer

Come si gioca a Marvel Snap

Ogni videogiocatore di Marvel Snap gioca con un mazzo da 12 carte, raffiguranti eroi e anti-eroi del mondo Marvel, in monocopia. Ogni partita è composta da 6 turni in cui ogni giocatore pesca e gioca le carte che ha in mano.

Tutte le carte hanno un costo e un valore d’attacco. I videogiocatori partono da 1 energia al turno uno e arrivano fino a 6 energie, a meno di regole all’interno del campo di battaglia che possono stravolgere questa regola.

Gli eroi di Marvel Snap sono giocati in uno dei 3 scenari di combattimento (sinistra – centrale – destra). Vince chi ottiene il maggior valore d’attacco su 2 dei 3 scenari di gioco. In caso di parità, vince il giocatore che ha la somma totale di valore d’attacco maggiore.

Marvel Snap Gameplay

Scenari

Gli scenari sono attualmente più di 50 e ci mostrano il motivo per cui Marvel Snap può esistere solo in digitale. Esattamente come alcune abilità delle carte di Hearthstone basate sulla casualità, gli scenari di Marvel Snap contengono delle regole così casuali che possono essere applicate solamente da un calcolatore.

Ad esempio: “Sostituisci tutte le carte di ogni mazzo con 10 carte casuali”; oppure: “La mano di ogni giocatore è riempita da carte casuali”. Queste regole rendono il gioco sicuramente meno prono al competitivo, ma del resto Hearthstone ha una scena competitiva e vale anche parecchi dollari.

Parole Chiave

Quasi tutti gli eroi e antagonisti di Marvel Snap hanno dei poteri – o come si dice in gergo tecnico: parole chiave. In questa prima fase del gioco, le parole chiave presenti sono 6:

  • Alla scoperta: l’effetto è applicato nel momento in cui la carta è girata sullo scenario. Solitamente corrisponde al momento in cui è giocata, ma alcuni scenari possono ritardare la rotazione della carta che è sempre posta coperta sul campo da gioco.
  • Effetto continuo: l’effetto è continuamente aggiornato; di conseguenza, giocare una nuova carta può cambiare gli effetti del potere.
  • Scarta: le carte sono scartate dalla mano.
  • Muovi: le carte sono spostate tra gli scenari.
  • Distruggi: le carte sono rimosse dal gioco.
  • Nessuna abilità: alcune carte non hanno poteri speciali.

Il meta ha già i suoi archetipi, che sono praticamente tutti basati sulle parole chiave di Marvel Snap.

All-in: la meccanica Snap

Il videogioco prende il nome da una meccanica decisamente rischiosa presente nel gioco. Durante la partita, vi è un enorme cubo sopra l’area di gioco. I giocatori possono cliccare sul cubo una volta ciascuno per ogni partita: farlo aumenta i punti classifica che si possono vincere, o perdere, durante la partita in corso.

Terminare una partita, senza cliccare sullo Snap, implica giocarsi al massimo un paio di punti classifica, che possono diventare quattro se un giocatore clicca sullo Snap o addirittura otto. I punti classifica ci permettono di passare da un rango all’altro (in totale 12) in base al nostro livello: il livello più basso è il numero 1, mentre il più alto è il 100.

Infine, nel caso in cui pensiamo di non avere possibilità di vittoria, possiamo sempre fuggire dallo scontro e perdere solamente il valore di Snap attuale.

Perché Marvel Snap non è pay-to-win

L’economia di gioco di Marvel Snap prevede la presenza di contenuti a pagamento, che possono velocizzare l’ottenimento di carte, ma che non rendono il gioco un pay-to-win; nel mio caso, non ho ancora speso un euro su Marvel Snap e ho una percentuale di vittoria ben oltre il 70% – che per un gioco di carte non è nemmeno poco.

Pool

Quanto descritto sopra è possibile grazie al sistema dei Pool.

Ogni giocatore ha un proprio livello di esperienza, che può aumentare attraverso l’upgrade delle carte. L’aggiornamento degli eroi Marvel non porta alcun beneficio alla forza delle carta, bensì garantisce alle carte delle aggiunte estetiche visibili in-game. Aggiornare una carta ci permette però di aumentare il livello del nostro account e di ottenere premi: crediti per l’upgrade delle carte; potenziamenti delle carte, che sono un’altra valuta utile per l’upgrade delle carte; una carta casuale dal nostro pool di riferimento, che dipende dal livello del giocatore. In particolare:

  • Pool 1: dal livello 18 al livello 214.
  • Pool 2: dal livello 222 al livello 474.
  • Pool 3: dal livello 486 e oltre.

Per esempio, nel primo pool sono presenti 46 carte, mentre nel secondo possiamo aggiungere alla nostra libreria altre 25 carte per un totale di 71. Anche se la fortuna permetterà ad alcuni giocatori di avere carte veramente forti un po’ prima degli altri giocatori, in generale ogni player affronterà avversari che hanno – più o meno – lo stesso numero di carte nella propria libreria. Di conseguenza, Marvel Snap è un vero free-to-play – e soprattutto non un pay-to-win – perché anche se l’acquisto in-game può velocizzare il percorso di livellamento del proprio account, il videogiocatore si troverà ad affrontare sempre avversari che hanno una libreria formata da circa lo stesso numero di carte.

Marvel Snap Battle Pass

Battle Pass Stagionali

Ogni stagione, di circa un mese, avrà il proprio Battle Pass. Questo contenuto permette di sbloccare alcuni livelli del Pass che altrimenti sarebbero bloccati. In questi slot, bloccati agli gli utenti free, ci sono crediti, oro, ma soprattutto Varianti delle carte. Le varianti sono delle carte con un artwork diverso da quello base. Questo significa che se non abbiamo ancora trovato quella carta nel nostro Pool, possiamo prendere la sua Variante e usarla. Come già detto, questo velocizza il processo, ma non ci fornisce quel vantaggio tipico dei giochi pay-to-win.

Conclusione

Marvel Snap – free-to-play che potete scaricare dal sito ufficiale seguendo i link dei vari store – è un gioco di carte veloce (una partita dura circa 3 minuti), divertente, facile da imparare ma impegnativo da masterare. Da giocatore di Hearthstone, il mio maggior timore era quello di trovarmi davanti un bel titolo difficile da mantenere nel tempo, poiché i suoi costi possono essere seriamente proibitivi.

Marvel Snap invece ha dimostrato di essere un vero free-to-play grazie a un’economia di gioco onesta in cui è premiata la costanza e il talento prima del denaro. Una caratteristica che mi ha molto sorpreso, dato che la dimensione perfetta di Marvel Snap è lo smartphone e il franchise si offre a un gioco pay-to-win. Second Dinner invece ha combattuto questo mio pregiudizio con un’opera che vi consiglio caldamente di seguire e che mi auguro possa continuare su questa strada per sempre.

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Editoriali Guide

Pokémon Origine Perduta: i migliori mazzi del meta

Esistono due tipi di giocatori di carte collezionabili: chi prova le nuove carte appena uscite e chi sfrutta l’occasione per giocare i mazzi consolidati nel meta attuale. A pochi giochi dall’arrivo su Pokémon GCC della nuova espansione Spada e Scudo – Tempesta Argentata, abbiamo dei mazzi migliori di altri che sfruttano l’ultima espansione pubblicata: Origine Perduta. Ve li spieghiamo in questo articolo sui migliori mazzi di Origine Perduta.

Spada e Scudo – Origine Perduta ha cambiato il meta di Pokémon GCC, grazie a Giratina V e Giratina V ASTRO, ma aspettatevi anche tante note conoscenze (e varianti). Tra tutti: Palkia Originale V ASTRO, Mew Genesect e Blissey V.

1. Giratina di Origine Perduta

Il mazzo di Giratina V ASTRO è il deck da battere: i pro player dovranno trovare in Tempesta Argentata la soluzione a una carta che sta sovrastrando il meta.

Carte chiave

Strategia

Il deck di Giratina Origine Perduta si basa sull’aggiungere il prima possibile carte nell’Area Perduta. Per farlo utilizziamo il blocco denominato Comfey Engine; nello specifico, il Retino di Recupero serve per recuperare Comfey, mentre il Portalemiraggio permette di soddisfare i pre-requisiti degli attacchi di Giratina V ASTRO. Impatto Perduto è devastante: 280 danni con tre energie; Astro Requiem sconfigge qualsiasi cosa in campo.

Esempio Decklist

Regionali di Lille (22 ottobre 2022) – Lucas Henrique de Araujo Pereira

Variante: Lost Zone Box

Regionali Salt Lake City (15 ottobre 2022) – Kian Amini

2. Palkia Originale

Questo mazzo fonda la sua forza su un archetipo che abbiamo visto diverse volte su Pokémon GCC e che possiamo brutamente riassumere con la frase: “Menare davanti, menare dietro, l’importante è menare”. Palkia Originale V ASTRO garantisce ingenti danni se sono presenti tanti Pokémon in panchina – su entrambi i lati. Greninja Lucente e Inteleon invece hanno ottima sinergia con Palkia e colpiscono i Pokémon nella panchina avversaria.

Carte chiave

Strategia

Lo scopo del deck è aggiungere più Pokémon possibili in panchina al fine di potenziare l’attacco di Palkia: Sottospazio Amplificato – 60 danni più 20 per ogni Pokémon nelle due panchine. Le altre fonti di attacco sono: Idrodardo di Inteleon con 120 danni più 20 danni a uno dei Pokémon nella panchina del tuo avversario; Greninja Lucente che mira a fare danni dietro con Lame Lunari – 90 danni a due Pokémon in panchina.

Greninja è molto importante anche come supporto: il suo attacco fa scartare delle energie, che possono essere usate per caricare altri Pokémon in panchina in sinergia con Astro Portale di Palkia.

Decklist

Regionali di Lille (22 ottobre 2022) – Owyn Kamerman

Variante: Kyurem Palkia

Regionali Indonesia (29 ottobre 2022) – Ferco Fido

3. Mew Genesect

Dieci mesi fa parlavamo di Mew Genesect come probabilmente uno dei migliori mazzi di quel meta. Lo è ancora oggi e – dato il suo design – è praticamente uguale alla sua versione originale.

Carte Chiave

Strategia

Per dettagli sulla strategia di Mew Genesect, vi rimandiamo al nostro articolo precedente sul meta di Colpo Fusione.

Decklist

Regionali di Lille (22 ottobre 2022) – Fabio Battistella

4. Blissey V

Terminiamo la nostra carrellata dei migliori mazzi di Origine Perduta con il deck più economico che può dire la sua in questo meta. Blissey V ha due importanti vantaggi: se inizia bene è devastante; praticamente non ci sono mazzi lotta nel meta attuale che possano sfruttare le debolezze di Blissey V e Miltank.

Carte chiave

Strategia

Tutta il mazzo ruota sul mettere Blissey V in condizione di fare danni il prima possibile con Esplosione Gioiosa: “Questo attacco infligge 30 danni in più per ogni Energia assegnata a questo Pokémon. Se hai inflitto dei danni con questo attacco, puoi assegnare a questo Pokémon fino a tre carte Energia dalla tua pila degli scarti”. In altre parole, bisogna lavorare su due fronti per un unico scopo: scartare carte energia e caricarle su Blissey V con il suo attacco.

Tutto il resto del mazzo fornisce supporto per aumentare i punti vita di Blissey e mantenerlo al massimo dei suoi HP con cure come Iperpozione e Asciugamano del Team Yell. Miltank invece garantisce match up relativamente semplici contro Pokémon V grazie all’abilità Corpo Prodigio: “Previeni tutti i danni inflitti a questo Pokémon dagli attacchi dei Pokémon-V del tuo avversario”.

Decklist

Regionali di Lille (22 ottobre 2022) – Jamie Frankland

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Recensioni

Call of Duty Modern Warfare 2 – Recensione

Recensione in BREVE

Call of Duty Modern Warfare 2 è il degno erede della saga. La campagna singlye player è divertente e anche impegnative grazie alla nuova intelligenza artificiale, che rende i nemici veramente duri a morire già dalla difficoltà base. L’immersione negli specchi d’acqua fornisce un’ulteriore tattica da sfruttare per sorprendere i nemici e il feeling con le oltre 50 armi disponibili è tra i più realistici visti finora. Un acquisto obbligato per i fan del franchise, ma anche per qualsiasi amante degli FPS.

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Scrivere di Call of Duty risulta sempre essere titanico e complesso. É uno dei franchise con la comunità più vasta e attiva da anni a questa parte. Il titolo affonda le radici nei primi anni 2000 – 2003 per la precisione. Ironia della sorte, Infinity Ward era composta interamente da persone di un’altra software house, che nello stesso anno aveva pubblicato Medal of Honor: Allied Assault per conto di Electronic Arts. Il resto è storia: CoD scalzò Medal of Honor dal trono del miglior FPS a stampo bellico grazie agli stessi autori di Medal of Honor! E oggi ne continuiamo a parlare in questa recensione di Call of Duty Modern Warfare 2.

Rispetto all’opera di Electronic Arts, il titolo Activision ha sempre cercato di differenziarsi, passando dall’eroismo del singolo alla collaborazione di squadra. In tutti i capitoli di Call Of Duty è un continuo interfacciarsi con la squadra per andare avanti nel gioco; rispetto al suo antagonista (e non solo), il realismo è predominante. Caratteristiche queste mantenute in quasi tutti i CoD usciti fino all’ultimo capitolo, datato 2019, al netto di Vanguard – che abbiamo anche recensito.

Call of Duty Modern Warfare è una delle saghe più complete e solide che io abbia mai visto, con una campagna single player molto avvincente. Il gioco attinge a piene mani da film a tema, inserendo nella trama terrorismo, doppiogiochismo e infiltrazioni rendendo il titolo altamente scenografico e spettacolare (come dimenticare la missione multi-stage dell’Ambasciata o quella dove bisogna resistere ad un attacco terroristico nel pieno centro di Londra). La saga riuscirà a ripetersi anche in Modern Warfare 2?

Lotta al terrorismo

Modern Warfare 2 è il sequel del Call Of Duty del 2019, anche se la trama è slegata dalle sue vicende.

Ritroviamo riferimenti alle cellule di Al-Qatala, al capitano Price, al sergente Garrick, al tenente “Ghost” Riley. Tutti ancora mobilitati e comandati dalla Laswell fino al “nuovo arrivo”, il colonnello Alejandro Vargas, comandante delle forze speciali messicane. Ed il ritorno della Shadow Company. Tutti personaggi che daranno il loro contributo decisivo alla trama. Stavolta Al-Qatala è entrata in possesso di missili balistici statunitensi, e nel corso del gioco capirete in che modo. I nostri eroi del team 141 (o meglio, una versione alternativa dello stesso) dovranno fare di tutto per recuperarli. La cellula terroristica, che risulta alleata con un cartello della droga di Las Almas, è comandata da un certo Hassan Zyani, successore del generale Ghorbrani, uno dei primi obiettivi eliminati all’inizio del gioco.

Il soldato perfetto

Call of Duty Modern Warfare 2 inizia letteralmente col botto: si dovrà teleguidare un missile attraverso dei canyon fino all’obiettivo. Una sequenza breve che però lascia intendere, sin dall’inizio, che i ragazzi di Infinity Ward hanno provato a implementare qualcosa di nuovo nel gameplay, sensazione confermata nel prosieguo del gioco. Non ci illudiamo: le missioni di Call of Duty per quanto ottimamente realizzate, sono sempre quelle che qualsiasi appassionato della serie si aspetta da un  CoD.

Quindi farsi strada con la forza, irrompere in una fabbrica, assaltare una scuola occupata… ma anche missioni un pelo diverse, come infiltrarsi in un porticciolo sbucando dall’acqua, fornire copertura aerea al team che assalta un complesso edilizio. Oppure quando, privati di tutta la tecnologia e dell’arsenale, bisogna proseguire nella missione con armi di fortuna trovate lungo la strada, riportando, forse per la prima volta in un titolo della saga, il concetto di crafting (cioè quello di ricercare e combinare tra loro materiali). Questa grande varietà rende il ritmo serrato, incollando il giocatore allo schermo.

Personalmente la missione che più mi ha deluso è quella dove si guida un autoveicolo con l’obiettivo di risalire una colonna di mezzi militari, sinceramente troppo lunga e alla fine noiosa. Adrenalinica invece quella in cui bisogna salvare un prigioniero da una base militare armata fino ai denti.

Tecnologia innovativa

L’intelligenza artificiale dei nemici stavolta, come promette Infinity Ward, è davvero migliorata. I nemici sanno attaccare, sanno difendere e sanno fare squadra: è difficile trovare un nemico da solo ed indifeso, facile preda. Inoltre, l’introduzione delle immersioni – in acqua – giova alle dinamiche di gioco sia nella campagna, offrendo all’utenza un qualcosa di diverso nel corso del gioco, sia a livello di multiplayer, garantendo al videogiocatore una variante tattica da utilizzare anche in caso di difficoltà. Purtroppo non in tutte le mappe sono presenti specchi d’acqua utilizzabili.

Discorso a parte meritano le numerose armi che Modern Warfare 2 mette a disposizione dall’inizio alla fine della campagna: mitragliatori; fucili da cecchini; armi a rilevazione di calore; ma anche ottiche notturne e dispositivi quali rilevatori di battito cardiaco e microspie. In altre parole, un arsenale con i controfiocchi. Il feeling di queste armi poi risulta molto realistico ed appagante, risultando a conti fatti in un gunplay leggermente migliorato rispetto al precedente capitolo.

Conflitto ad alta risoluzione

Come da tradizione nella serie, verremo inviati in giro per il mondo. Amsterdam, Messico, Spagna, Medio Oriente, seguendo una trama all’altezza di autori di libri come Ken Follett! Altro piccolo aspetto migliorato nel gameplay è stato quello dei dialoghi. Seppur ininfluente ai fini della trama, si amalgama perfettamente nel contesto risultando godibilissimo. Graficamente Call Of Duty Modern Warfare II è bellissimo, Infinity Ward ha creato un’opera d’arte a livello visivo, anche nella versione testata: Xbox Serie S.

Con estrema bravura, il team di sviluppo è riuscito a mantenere un alto frame rate anche su console meno performanti, facendo addiritura meglio rispetto all’opera del 2019, che sulla stessa console aveva dei cali di framerate molto frequenti nelle scene di intermezzo. Problema fortunatamente risolto in Modern Warfare 2: il risultato è un piacere per gli occhi, sembra di assistere ad un film. Piccola nota dolente: non mancano piccoli glitch e lievi difetti, che però non intaccano assolutamente l’esperienza globale di gioco.

Multiplayer

Call of Duty non è e non può essere solo campagna single player. E infatti il multiplayer è davvero corposo. Oltre alle classiche modalità che i fan della serie conoscono, cioè Deathmatch e Deathmatch a squadre, Modern Warfare 2 contiene anche:

  • Soccorso Prigionieri, la novità introdotta in questo capitolo, dove i team, a turno, dovranno individuare e trarre in salvo ostaggi oppure difenderli.
  • Dominio, in cui si compete per il controllo di tre zone marcate da bandiere, A,B e C; la modalità Postazione in cui bisogna conquistare una postazione, che cambia ogni minuto, e difenderla dagli attacchi nemici.
  • Quartier Generale, in cui bisogna catturare e difendere un QG.
  • Controllo, in cui i team si alternano nell’attacco o nella difesa di due obiettivi.
  • Knock-out, in cui i team si contendono il possesso di una borsa piena di danaro.
  • Cerca e distruggi, ovvero difendere o distruggere un obiettivo.
  • Guerra Terrestre e Guerra terrestre- Invasione, in queste mappe, veramente ma veramente vaste, c’è spazio fino a 64 giocatori. La prima è una sorta di versione extra-large di Dominio, impreziosita dall’utilizzo di veicoli; la seconda è una vasta e caotica battaglia dove bisogna avere semplicemente la meglio sui nemici, ad ogni costo.

Infine, non manca la modalità armaiolo, con la quale avremo a disposizione un intero arsenale da combinare per ottenere armi sempre più potenti. Insomma: di carne al fuoco ce n’è e ce n’è tanta.

Conclusione

Call of Duty Modern Warfare II è, in definitiva, un grandissimo gioco. Una campagna single player appassionante, coinvolgente e con un livello di difficoltà secondo me giusto, seppur con qualche riserva (alcune sequenze possono risultare frustranti, morirete parecchie volte!). Un multiplayer sontuoso che vi regalerà ore e ore di divertimento, anche in locale con lo schermo condiviso ovviamente. L’unica domanda è: chi ha giocato al primo Modern Warfare, sente davvero la necessità di questo seguito, considerando anche il notevole esborso economico?

La risposta può e deve essere molto soggettiva. È vero che molte missioni sanno di già visto, ma la trama, l’aura di eroicità dei personaggi e alcune modifiche al gameplay rendono il titolo uno dei migliori FPS del 2022.

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: Sparatutto
  • Lingua: Italiano
  • Multiplayer: Si
  • Prezzo79,99€
  • Piattaforme: Xbox Series X|S, PlayStation 5, Xbox One, PlayStation 4, PC
  • Versione provata: Xbox Series S

Ho fatto la battaglia globale al terrorismo grazie ad un codice gentilmente fornito dal publisher.

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Editoriali

I 5 migliori videogiochi (veramente) ispirati a Lovecraft

Halloween è alle porte e, come ogni anno, non può mancare la mia ricerca sui videogiochi horror; in particolare, c’è sempre spazio per un aggiornamento sui uno dei miei autori preferiti: Howard Philips Lovecraft, il Copernico della letteratura dell’orrore. Nel vasto mare di internet trovate svariate liste con i migliori videogiochi ispirati a Lovecraft, contenenti anche videogame che parlano di vampiri e licantropi, creature volutamente abbandonate da H.P. Lovecraft.

L’horror secondo Lovecraft è basato su pochi argomenti, tutti raccontati in modo originali e imprevedibile. La base è composta da due elementi: paura e follia. A partire da queste condizioni psicologiche, l’universo lovecraftiano si compone di fantasmi, libri maledetti ed entità aliene come l’arcinoto Cthulhu. La mia top 5 dei videogiochi ispirati a Lovecraft parte dalle basi ed esclude tanti celebri – e bellissimi – videogiochi per concentrarci sull’orrore nato a Providence.

1. Eternal Darkness: Sanity’s Requiem

Un grande mistero dei videogiochi è come Silicon Knights sia fallita dopo aver prodotto uno dei migliori survival horror di tutti i tempi; in realtà, il motivo è semplice: Eternal Darkness vendette meno di 500 mila copie, nonostante la critica lo definì una vera e propria killer application di su Nintendo Gamecube.

Eternal Darkness ripercorre la complicata vita di tutti i personaggi storici che sono venuti a contatto con il Necronomicon, il libro dei morti, inclusa Alexandra Roivas che si è imposta di risolvere il mistero dell’omicidio del nonno. Questo gioco del 2002 è ambientato tra i miti di Cthulhu e rappresenta il miglior esperimento videoludico ispirato alle opere di Lovecraft, tanto da avere anche una barra della sanità mentale tra le statistiche dei personaggi.

Eternal Darkness vince la classifica dei migliori videogiochi ispirati a Lovecraft

2. Darkest Dungeon

Darkest Dungeon – e il nuovissimo Darkest Dungeon 2 che abbiamo provato in accesso anticipato – sono dei giochi di ruolo roguelike basati sull’esplorazione di luoghi pregni di malvagità e avversari terrificanti.

Esattamente come in un racconto di Lovecraft, Darkest Dungeon tiene conto della pressione psicologica che i mostri – ma anche l’oscurità – provocano sugli esseri umani; infatti, è praticamente impossibile terminare il gioco solo con quattro avventurieri; il videogiocatore deve dosare al meglio le energie, e gli eroi, per arrivare fino alla fine dell’orrore, ricco di aberrazioni e Grandi Antichi.

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3. Call of Cthulhu

Il titolo parla chiaro: il gioco, survival horror del 2018 sviluppato da Cyanide e pubblicato Focus Home Interactive, è basato sul racconto breve: “Il richiamo di Cthulhu” di H.P. Lovecraft. Call of Cthulhu non è tecnicamente perfetto, ma è molto fedele all’horror secondo Lovecraft.

La trama narra di Edward Pierce, un investigatore privato in piena depressione, che sta investigando su strani casi di omicidi ed eventi soprannaturali; in particolare, il videogioco di Cyanide prende ispirazione anche dai racconti: “La Maschera di Innsmouth” e “Il modello di Pickman”, oltre che dal gioco di ruolo cartaceo: “Call of Cthulhu”.

4. The Sinking City

Questo videogioco ha una storia torbida fatta di mancati pagamenti di royalty e rimozione da Steam. Non ha neanche ricevuto dei titoli esaltanti da parte della critica, ma Frogwares sta comunque lavorando a un seguito grazie alle buone vendite dichiarate dalla casa di sviluppo.

The Sinking City è un videogioco action-adventure in terza persona ambietato nella città (finta) di Oakmont durante gli anni ’20 del novecento. La trama si basa sul trovare una riposta al perché delle terrificanti visioni che perseguitano Cahrles W. Reed, investigatore privato e veterano di guerra.

The Sinking City è uno dei migliori videogiochi ispirati a Lovecraft

5. Bloodborne

Se questa fosse la lista dei giochi tecnicamente migliori basati su Lovecraft, Bloodborne di FromSoftware sarebbe al primo posto. Purtroppo per gli appassionati della casa di sviluppo nipponica, il mio interesse è stilare una lista in cui le opere di Lovecraft siano al centro dell’attenzione e questo videogioco non lo è abbastanza – ed è anche molto di più di un gioco ispirato a Lovecraft.

Bloodborne è un souls-like, che come tale punisce il giocatore alla prima occasione. Non è direttamente basato sui racconti di H.P. Lovecraft, ma l’ispirazione è molto accentuata; infatti, la scrittura di gioco si basa su creature che hanno aberranti poteri sovrannaturali, che ricordano chiaramente i Grandi Antichi di Lovecraft. Allo stesso tempo la città di Yharnam è quanto di più simile possibile alle malsane ambientazioni dell’autore di Providence.

Extra – Cult of the Lamb

Il 2022 ci ha portato un’opera che non ha esattamente le tinte cupe e piene di insanità mentale di Lovecraft, ma che può essere un’interessante chicca se avete già giocato tutti i videogiochi di questa classifica.

Cult of the Lamb – che abbiamo anche recensito – è un mix tra un roguelike action e un gestionale, sviluppato da Massive Monster e pubblicato da Devolver Digital. Il videogioco ci mette nei panni di un agnello che è stato salvato dalla morte da una divinità denominata: “The One Who Waits”. La lore di gioco rievoca chiaramente i Grandi Antichi di H.P. Lovecraft e ogni dubbio viene fugato dall’aspetto, casuale, dei nostri seguaci che ricalca il bestiario dell’autore americano – e dalla quantità di tentacoli presenti nel gioco.

Cult of The Lamb è uno dei migliori videogiochi ispirati a Lovecraft

Esclusioni Eccellenti

Diffidate dalle imitazioni: svariati videogiochi horror sono proposti come ispirati al mondo di Lovecraft, ma non tengono conto dell’evoluzione che lo scrittore ha portato al genere, abbandonando diversi temi del tempo. Due in particolare: antichi castelli e vampiri; per questo motivo non ha senso accostare H.P. Lovecraft a videogiochi come Resident Evil, Vampyr e – anche se potrà sembrarvi strano – Amnesia: The Dark Descent.

Un discorso più complesso andrebbe fatto per tutte quelle opere che si ispirano all’evoluzione del pensiero di Lovecraft. Lo scrittore Stephen King e il regista John Carpenter hanno preso molto dal loro antenato, ma le loro opere non possono definirsi lovecraftiane, poiché c’è molto di più – e tanto di diverso – nei libri di King e nei film di Carpenter. Per questo motivo, ho escluso da questa classifica: Carrion, e tutti giochi in stile La Cosa, e Alan Wake, che prende a piene mani da diverse fonti.

Infine, va fatto un discorso ad hoc per Silent Hill. L’opera nipponica ricorda il racconto L’orrore di Dunwich; inoltre, il gioco è ambientato negli Stati Uniti. Però, anche se Silent Hill sembra molto ispirato al mondo di Lovecraft, non dobbiamo dimenticare che si tratta di un gioco giapponese e chiunque abbia avuto modo di approfondire la cultura – e l’horror – della nazione asiatica sa quanto gli spiriti e l’onirico siano amati dagli autori del Sol Levante. Basti pensare che in Giappone esiste il termine “Kwaidan”, un’unica parola che significa: “Storie di Fantasmi”.

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