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Street Fighter 6 – Recensione

Il 2023 si prospetta come un anno davvero memorabile per gli amanti dei picchiaduro, con i nuovi capitoli di Tekken e Mortal Kombat ormai in dirittura d’arrivo. E Capcom, casa madre della saga di Street Fighter, non poteva certamente mancare alla festa. Uscito nei negozi da poche settimane, a ben sette anni di distanza dal lancio di Street Fighter V, Street Figher 6 ha l’arduo compito di rilanciare il brand e fornire una valida alternativa ai suoi agguerriti concorrenti. Capcom sarà riuscita a fare centro? Scopriamolo insieme in questa recensione in cui passeremo ai raggi X l’ultimo capitolo della saga di Ryu e Ken, Street Fighter 6.

Piatto ricco mi ci ficco

Street Fighter 6: modalità
Ecco le tre modalità principali di Street Fighter 6.

Il primo aspetto che colpisce di Street Fighter 6 è la ricchezza dell’offerta che propone. Capcom sembra aver fatto tesoro delle critiche ricevute all’uscita del quinto capitolo e ha inserito da subito un buon numero di modalità di gioco e contenuti.

Fin dalla prima schermata, il giocatore dovrà scegliere fra tre percorsi differenti, ovvero il World Tour, il Battle Hub e il Fighting Ground. Andiamo ad esplorare nel dettaglio queste modalità.

Alla conquista di Metro City

Il World tour rappresenta un divertente passatempo per il single player.

La modalità World è di fatto la nuova modalità storia di Street Fighter 6. Dopo aver creato il suo avatar, il giocatore viene catapultato per le strade di Metro City, storica città legata alla saga di Final Fight.

Qui viene offerta la possibilità di interagire con numerosi personaggi, svolgendo per loro missioni o semplicemente sfidandoli a classici incontri 1 vs 1.

La mappa di gioco risulta sempre molto chiara e distingue in modo netto le missioni principali, legate alla progressione della storia da tutti i compiti collaterali. Durante gli spostamenti la telecamera si troverà alle spalle del giocatore, mentre per gli scontri avremo la classica inquadratura laterale.

L’aspetto grafico di Metro city e del World Tour in generale è senz’altro convincente, anche se risulta evidente il downgrade rispetto alle modalità principali di Street Fighter 6.

Col progredire della storia il nostro personaggio, oltre a salire di livello e potenziare le sue statistiche, ha la possibilità di incontrare tutti i personaggi di Street Fighter 6 e di “assumerli” come maestri.

In questo modo l’avatar da noi creato può imparare tutte le mosse speciali dei vari lottatori, mescolandole in modo originale per creare il proprio set personalizzato, sebbene le mosse base del personaggio restino legate allo stile del lottatore scelto come maestro.

Nel corso dell’avventura capita di affrontare anche varie battaglie di gruppo, in cui il nostro protagonista, talvolta spalleggiato da un alleato, deve sbaragliare intere orde di nemici, secondo la tradizione dei classici picchiaduro a scorrimento.

Wolrd tour offre anche una serie di divertenti mini giochi, che aumentano ulteriormente la varietà dell’avventura. Mi limito a citare l’Hado Pizza, che attraverso l’inserimento corretto di comandi sempre più complessi ci consente di sfornare squisite prelibatezze a base di pizza.

In definitiva, la modalità World Tour è una buona novità per il single player. Certo, la trama non brilla per complessità e originalità e l’azione di gioco alla lunga diviene ripetitiva, ma World Tour garantisce un buon coinvolgimento e tanto divertimento, oltre a fungere da introduzione per le meccaniche base di Street Fighter 6.

Sala giochi virtuale

Street Fighter 6: Battle hub
Battle Hub è il cuore pulsante della community di Street Fighter 6.

Nella modalità Battle Hub, sempre alla guida del nostro avatar, veniamo introdotti in una modernissima e sfarzosa sala giochi virtuale. Questo ambiente è creato per rappresentare il punto di ritrovo ideale per la community di Street Fighter 6.

In questa modalità abbiamo la possibilità di sederci di fronte ai vari cabinati per sfidare gli avatar avversari in classiche sfide a Street fighter 6. Inoltre, gli avatar possono affrontarsi nelle sfide speciali (su cui torneremo) e persino in battaglie tra avatar, con tutte le mosse e le abilità sbloccate nella modalità world tour.

I giocatori hanno anche la possibilità di chattare tra loro, stringere amicizia, unirsi nei vari club (che possono anche essere creati dal giocatore stesso), comprare oggetti e vari miglioramenti estetici nei negozi dedicati e persino sfidarsi ai vecchi classici capcom, tra cui i primi due Street Fighter e Final Fight.

Torna anche il Capcom Fighting Network, che consente di visualizzare i migliori replay, consultare le classifiche e gestire la propria lista di amici e di giocatori seguiti.

Infine, Battle hubs propone una serie di eventi e tornei personalizzati, che vanno a mantenere sempre alto il coinvolgimento dei giocatori e permettono ad ognuno di trovare gli avversari e le competizioni più adatte al suo livello.

Ho trovato questa modalità davvero ben fatta e ricca di possibilità. Unico neo è rappresentato dalla valuta di gioco. Ancora una volta avremo a disposizione un doppio sistema di denaro, ovvero i fighter coins, scambiabili con denaro reale e i drive tickets, ottenibili svolgendo varie attività nel battle hub.

Purtroppo questi ultimi hanno vari svantaggi rispetto ai fighter coins, sia perché gli acquisti tramite tickets risultano più onerosi e difficili, sia per il fatto che diversi elementi, come i nuovi lottatori che verranno introdotti in forma di DLC, non saranno acquistabili tramite tickets.

Pronti a scendere in campo

Il Fighting Grounds rappresenta il fulcro dell’azione in Street Fighter 6.

Come già accennato, il Fighting Ground presenta tutte le modalità classiche di Street Fighter. La modalità Arcade è dedicata alle storie dei singoli lottatori (che a dire la verità risultano un po’ piatte, almeno finora) e può essere affrontato a varie difficoltà e con un numero variabile di scontri.

Va segnalato qui l’ottimo lavoro svolto da Capcom nel programmare l’intelligenza artificiale. Gli avversari controllati dalla CPU infatti, soprattutto ai livelli di difficoltà più alti, sono davvero all’altezza della situazione.

Scordiamoci di vincere grazie al caso o alla ripetizione delle mosse: i nostri avversari sono sempre pronti a punirci con combo e strategie di gioco mutuate dalle esperienze online e propongono davvero un buon livello di sfida.

Vecchie e nuove conoscenze

Street Fighter 6: roster

Il versus permette sfide singole o a squadre contro la cpu o un avversaio umano, mentre le sfide speciali sono incontri singoli con regole particolari. In questa modalità saranno presenti ostacoli particolari, come raggi elettrici o esplosivi e ci saranno condizioni di vittoria specifiche (per esempio atterrare l’avversario tre volte).

Parlando del roster, Street Fighter 6 mette a disposizione 18 lottatori. Non si tratta di un numero particolarmente elevato, ma se non altro i personaggi presenti offrono un’ottima varietà.

Fanno il loro ritorno gli otto protagonisti di street Figher 2, a cui si affiancano dieci altri lottatori, tra i quali alcune vecchie conoscenze come Deejay e Cammy e diversi volti completamente nuovi.

Ho trovato i nuovi inserimenti piuttosto ben caratterizzati e interessanti, con la sola eccezione di Kimberly e Lily, fin troppo simili tra loro esteticamente. Merita sicuramente una menzione la gigantesca Marisa, lottatrice italiana il cui stile di lotta a base di Pancrazio si ispira ai gladiatori romani.

Dal punto di vista del Gameplay, ogni lottatore propone uno stile originale ed interessante, anche se è ancora troppo presto per discutere del bilanciamento del roster.

Mazzate da tutto il mondo

Sono presenti anche gli scontri online, come sempre divisi tra amichevoli e classificati. In questi ultimi il rango e il punteggio iniziale del giocatore vengono stabiliti dopo una prima serie di dieci scontri, che andranno a collocare il giocatore in una categoria adeguata al suo livello.

Durante le battaglie non abbiamo quasi mai riscontrato alcun tipo di rallentamento o lag, nemmeno nei combattimenti cross-platform o con avversari provenienti dall’altra parte del mondo.

Capcom è infatti riuscita ad implementare il rollback netcode in maniera davvero encomiabile, regalandoci un’esperienza online davvero piacevole, scorrevole e divertente.

L’importanza dell’allenamento

Street Fighter 6: Modalità Allenamento
La modalità training di Street Fighter 6 è di gran lunga la migliore della saga.

Merita una menzione speciale la modalità allenamento, davvero ricchissima e completa. La modalità infatti presenta una serie enorme di informazioni e tutorial, divisi per livello, che consentono al giocatore di prendere gradualmente familiarità con tutti gli elementi di gioco.

Sono comprese anche istruzioni specifiche per le meccaniche più avanzate, che di solito si incontrano solo negli scontri online. Questo permette ad ogni giocatore di avere molte più indicazioni per migliorare le sue abilità.

Il gioco fornisce anche delle piccole guide ad ogni personaggio, che consentono una maggiore comprensione dei punti di forza e debolezza di ogni lottatore e delle tattiche base da adottare nel suo utilizzo.

Un Gameplay rinnovato

Street Fighter 6 inserisce numerosi elementi di novità nel suo gameplay.

Veniamo ora all’elemento cardine di Street Fighter 6, ovvero il suo gameplay. Fin dall prime battute, il nuovo titolo Capcom ricorda da vicino lo stile del suo predecessore, proponendo scontri dal ritmo sostenuto in cui tempismo e prontezza di riflessi contano quanto la tecnica.

Questo sesto capitolo però introduce tutta una serie di innovazioni che vanno a modificare radicalmente le strategie e l’andamento delle battaglie. Anzitutto, ogni lottatore ora dispone di un numero maggiore di mosse, sia speciali che uniche. Questo va ad aumentare di molto la profondità dei personaggi, obbligando il giocatore a spendere più tempo nella modalità allenamento per padroneggiarli a dovere.

Torna la barra dedicata alle critical art, divisa in tre livelli. Tutti i personaggi avranno a disposizione tre diverse super, ognuna delle quali consumerà un numero maggiore di indicatori. Anche in questo caso, sta al giocatore decidere se sfruttare un maggior numero di super più deboli o concentrarsi su un unico colpo mortale.

Ma l’innovazione più importante è certamente l’inserimento del drive system, che ora andremo ad approfondire meglio.

Un drive per ogni evenienza

Street Fighter 6: Drive System
Il drive system innova e modifica il gameplay di Street Fighter 6 in maniera davvero importante.

Sotto la barra dell’energia vitale si trova un nuovo indicatore, denominato appunto drive. Grazie a questa barra il giocatore può eseguire una serie di nuove abilità. Anzitutto il drive impact, una potente attacco in grado di spezzare la guardia avversaria e assorbire una certa quantità di danno, permettendo di innescare le proprie combo.

Segue il drive parry, una mossa difensiva simile alle parate viste in Street Fighter 3, che va ad annullare totalmente gli attacchi avversari ma comporta il rischio di lasciare il giocatore scoperto se eseguita al momento sbagliato.

Al drive parry è possibile collegare il drive rush, un rapido scatto in avanti che va a ridurre la durata dei frame degli attacchi, permettendo di innescare combo e combinazioni davvero devastanti.

É possibile attivare il rush anche a partire da alcune mosse base del personaggio, cosa che rende questa abilità davvero insidiosa e in grado di diventare la base di moltissime strategie offensive.

Fa il suo ritorno anche l’overdrive, ovvero la possibilità di potenziare le mosse speciali con la pressione di più pulsanti d’attacco al momento dell’esecuzione.

Infine, il drive reversal, eseguibile innescando un drive impact quando si è appena bloccato un attacco nemico. Il nostro personaggio eseguirà un contrattacco in grado di allentare la pressione scagliando l’avversario lontano da noi.

Ognuna di queste tecniche andrà sfruttata con attenzione, dal momento che il consumo dell’indicatore drive causa lo stato di burnout, durante il quale l’indicatore si ricarica molto più lentamente e il nostro personaggio subisce danni maggiori dagli attacchi nemici.

É facile intuire come tutte queste nuove abilità accrescano moltissimo la varietà degli scontri, dal momento che ora il giocatore ha a disposizione un numero molto maggiore di scelte e possibilità, sia offensive che difensive.

Personalmente credo che Capcom con questo sistema abbia davvero fatto centro, poichè è riuscita ad innovare in maniera intelligente il gameplay rendendolo ancora più solido ed imprevedibile.

Lo stile più appropriato

Street Fighter 6: Comandi semplificati
La scelta di inserire comandi semplificati in Street Fighter 6 ha fatto davvero discutere.

E veniamo all’altro grande cambiamento, che tanto ha fatto discutere i fan, ovvero la presenza dei comandi semplificati. In Street Fighter 6 infatti il giocatore può scegliere tra tre set di comandi, ovvero classico, moderno e dinamico.

Il sistema classico propone il tipico schema a sei pulsanti, tre pugni e tre calci deboli, medi e forti. Le abilità drive si attivano combinando un pugno e un calcio medio oppure un pugno ed un calcio forte.

Il sistema moderno si basa su quattro pulsanti, ovvero attacco debole, medio, forte e speciale. A seconda della situazione la cpu sceglie se eseguire un pugno o un calcio. Le mosse speciali sono molto semplificate e possono essere attivate dalla semplice pressione del comando speciale, accompagnato da una singola direzione.

Con questo stile il danno inflitto dalle combo è leggermente minore rispetto allo stile classico. Questo sistema ricorda quello di giochi come Super Smash Bros o Injustice e sembra pensato per i giocatori alle prime armi o abituati ad altri picchiaduro.

Il sistema dinamico infine è quello più guidato ed automatizzato. Selezionandolo avremo solamente tre tasti a disposizione, legati alla distanza dall’avversario (vicino, medio e lontano). Con la semplice pressione consecutiva dello stesso comando il nostro lottatore innescherà automaticamente tutta una serie di combo.

Questo stile è evidentemente pensato solo per i giocatori più scanzonati, che non hanno tempo e pazienza per imparare comandi speciali e combo. Non sarà possibile ricorrere allo stile dinamico nelle sfide online.

Anche in questo caso, ho apprezzato la scelta di Capcom, che permette anche a giocatori meno pratici della saga di Street Fighter di avvicinarsi a questo gioco, dal momento che i comandi moderni possono risultare più semplici ed abbordabili per molti potenziali utenti. Tuttavia, non sarebbe strano avere delle sorprese, dal momento che già diversi giocatori di alto livello scelgono di affrontare le sfide online utilizzando proprio lo stile moderno.

Street Fighter 6 è davvero un titolo incredibile, completo in ogni suo aspetto.

Conclusione

Street Fighter 6 è davvero un eccellente picchiaduro, completo in ogni suo aspetto. Il gioco Capcom unisce un’eccellente gameplay ad un gran numero di modalità, sia per il signle player che per il multigiocatore. Gli unici difetti del gioco sono da riscontrare nel roster non troppo numeroso e nelle singole storie dei personaggi, fin troppo brevi e superficiali. Consiglio assolutamente l’acquisto, soprattutto per i fan del genere. Non ve ne pentirete!

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: PS5, Xbox Series S|X, Switch, PC, PS4
  • Data uscita: 26/05/2023
  • Prezzo: 59,99 €

Ho nuovamente provato il gioco a partire dal day one dell’ultimo update su PlayStation 5.

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Metroid Prime Remastered – Recensione

L’uscita di Metroid Prime Remastered, avvenuta l’8 febbraio 2023, ha rappresentato per molti giocatore la realizzazione di un sogno. Il Metroid Prime originale, uscito il 18 novembre 2002 su Nintendo Gamecube (e presente nella nostra lista dei migliori videogiochi della console nipponica), è infatti uno dei titoli più amati dell’intera saga di Samus e i fan chiedevano ormai da diversi anni una versione aggiornata di questo gioco.

Con Remastered la risposta di Nintendo è finalmente arrivata. Come avrete già intuito sbirciando il voto, la casa di Kyoto ha decisamente fatto centro. Andiamo ora a scoprire cosa rende Metroid Prime Remastered un titolo davvero imperdibile.

Ritorno a Tallon IV

La trama e le ambientazioni di Metroid Prime sono davvero intriganti e suggestive.

Collocato temporalmente tra la prima avventura di Samus e Metroid 2: return of Samus, Prime vede la bella Samus rispondere alla richiesta di soccorso della fregata spaziale Orpheon, assaltata da un gruppo di pirati spaziali. Dopo una breve sequenza ambientata a bordo della nave, Samus approda sul pianeta Tallon IV, antica dimora della razza Chozo, da cui ha origine la tuta della nostra cacciatrice.

Qui Samus scopre che l’intero pianeta è contaminato da una sostanza mutagena chiamata Phazon e che i pirati spaziali stanno compiendo pericolosi esperimenti su di essa. Compito di Samus sarà fermare i pirati e allo stesso tempo investigare sulla pericolosa sostanza.

Le aree di Metroid Prime sono davvero vaste e diversificate.

Un pianeta tutto da esplorare

L’area di gioco di Metroid Prime è costituita da un’unica gigantesca mappa, suddivisa in cinque regioni. Nella fattispecie, la superficie di Tallon, le rovine di Chozo, le grotte di Magmoor, ricche di lava e magma, la regione ghiacciata di Phendrana ed infine le miniere di Phazon.

Ognuna di queste zone appare molto ben dettagliata e con caratteristiche in grado di differenziarla in modo netto dalle altre. Ciò contribuisce a creare un’ottima varietà e a rendere l’esplorazione davvero divertente ed intrigante.

Anche le creature che abitano le varie aree appaiono estremamente diversificate tra loro, ognuna con i suoi attacchi unici, i suoi punti di forza e le sue debolezze. Ogni porta magnetica del gioco può nascondere letteralmente qualunque cosa: da infami trappole elettriche a enigmi legati ai simboli sui muri, senza dimenticare le caverne di fuoco e i condotti ghiacciati.

Per quanto riguarda le amnbientazioni, dunque, Prime non è invecchiato di un giorno e il rinnovato comparto grafico contribuisce a rendere l’esperienza ancora più piacevole e coinvolgente.

Un’avventura in prima persona

Metroid Prime riesce a mantenere lo spirito dei titoli principali della saga potenziandolo con elementi fps.

Ad una prima occhiata, Metroid Prime sembrerebbe appartenere al genere FPS. A differenza dei precedenti giochi della serie, infatti, la visuale di gioco è posta direttamente dietro al casco di Samus. Il giocatore si trova quindi immerso in un mondo completamente tridimensionale, col compito di esplorarlo e di far piazza pulita dei nemici grazie alle armi del suo fido braccio cannone.

Tuttavia, la caratteristica più incredibile di Prime è che riesce ad unire uno stile di gioco e una serie di meccaniche tipiche degli sparatutto con tutti gli elementi che hanno fatto la fortuna della saga di Metroid. Il focus del gioco infatti non sono tanto gli scontri coi mostri, quanto l’esplorazione, la scoperta di nuove aree e soprattutto l’ottenimento di nuove abilità. Queste ultime permetteranno a loro volta l’accesso ad aree precedentemente inaccessibili.

Parlando di abilità, sono presenti nel gioco tutti i cavalli di battaglia della saga di Metroid, dalla mitica morfosfera alle super mine passando per il rampino ad energia. Metroid Prime presenta però anche diverse novità, tra cui 4 diversi tipi di raggi per il nostro cannone principali, che svolgeranno un ruolo chiave anche nell’esplorazione.

Metroid Prime presenta anche una meccanica completamente nuova, ovvero la modalità scan. Il giocatore infatti ha la possibilità di attivare in ogni momento lo scan del casco di Samus, che permette di evidenziare elementi interattivi dell’area di gioco e persino svelare i punti deboli dei nemici.

Metroid Prime Remastered: Statua Chozo
Tutte le abilità più famose di Samus tornano in Prime più in forma che mai.

Un metroidvania tridimensionale

Prime dunque unisce ottimamente la visuale in prima persona e la struttura tridimensionale con tutti gli elementi tipici di un metroidvania. Durante l’esplorazione di Tallon IV il giocatore deve prima di tutto setacciare tutte le aree disponibili, alla ricerca delle abilità necessarie per accedere alle aree ancora bloccate.

Questo naturalmente obbliga a percorrere più volte la medesima strada e a spostarsi di continuo da un’area del pianeta all’altra attraverso una serie di ascensori che fungono da collegamento tra le suddette aree. Occorre quindi essere muniti di un’ottimo senso dell’orientamento e di una buona memoria per non perdersi nei meandri del pianeta.

Ad aiutare Samus (e il videogiocatore) nella sua missione contribuisce la mappa di gioco, davvero dettagliata e di facile lettura. É addirittura possibile passare da una visualizzazione della mappa in due dimensioni ad una tridimensionale. Inoltre, dopo un certo lasso di tempo, il gioco stesso evidenzierà sulla mappa le zone utili per il progresso dell’avventura, onde evitare frustrazioni ed inutili perdite di tempo.

Nemici per tutti i gusti

Metroid Prime Remastered: Il Metroid Prime
Metroid Prime offre un’ottima varietà di nemici ed una serie di boss battles davvero epiche.

Naturalmente una parte importante di Prime è costituita dagli scontri coi nemici. Come già accennato in precedenza, il gioco presenta una serie davvero nutrita di creature di ogni genere. Si spazia da mostri insettoidi a dragoni di lava fino ai temibili pirati spaziali, la cui pericolosità progredirà col procedere dell’avventura.

Per riuscire a sopravvivere nei suoi spostamenti tra un save point e l’altro il giocatore deve sfruttare al meglio tutte le armi e le risorse a sua disposizione, utilizzando anche lo scanner per svelare le varie debolezze delle creature che ha di fronte.

Questo discorso vale soprattutto per le boss fight, in cui Samus si trova a fronteggiare gigantesche e pericolose creature, ognuna delle quali richiede una strategia ben precisa per essere abbattuta. Spesso in queste battaglie il giocatore è costretto ad utilizzare in modo sapiente anche il visore di Samus. Nel corso del gioco infatti, il visore viene dotato di una visione a infrarossi e di una a raggi x. Queste funzioni sono fondamentali non solo per l’esplorazione ma anche per diverse fasi degli scontri coi boss.

Una remastered all’altezza?

Metroid Prime Remastered: Samus Aran
Con questa remastered Nintendo ha rinnovato in modo sapiente il gioco originale.

Dopo aver rianalizzato gli elementi principali di Metroid Prime è tempo di parlare in modo specifico di questa remastered. Come intuibile, le principali differenze tra questa versione e le precedenti per Gamecube e Wii sono a livello visivo.

Metroid Prime Remastered presenta infatti una grafica totalmente rinnovata e aggiornata, con modelli, texture, illuminazione e colori che hanno ricevuto un restyling completo. Questo rende l’esplorazione molto più piacevole e in generale permette una miglior fruizione del gioco.

Nintendo però non si è fermata qui e ha deciso di inserire in questa remastered ben quattro diversi schemi di controllo, in grado di accontentare sia i nostalgici della versione Gamecube, sia i nuovi giocatori sia coloro che apprezzano l’utilizzo dei controlli di movimento.

Infine, Metroid Prime Remastered recupera da Metroid Prime Trilogy per Wii la funzione nuovo gioco plus, che mantiene tutte i dati delle scansioni della partita precedente e semplifica il completamento del diario di gioco.

Conclusione

Tirando le somme, Nintendo con questa remastered ha fatto davvero un ottimo lavoro, dando nuova linfa ad un titolo che era già considerato un capolavoro assoluto.

Certo, il gioco non è privo di difetti. Come già detto, la particolare struttura dell’avventura obbliga il giocatore a ripercorrere le stesse strade più e più volte. Per restare fedeli alla versione originale, si è scelto di non inserire nessun tipo di scorciatoia o teletrasporto. Questo può risultare un po’ noioso e frustrante per alcuni giocatori, soprattutto nella fase finale del gioco, in cui viene chiesto il recupero di una serie di artefatti sparsi per tutta la mappa.

Inoltre il sistema di puntamento non è proprio perfetto e, soprattutto nelle fasi in cui si è costretti ad affrontare numerosi nemici insieme, spesso risulta difficile passare da un nemico all’altro.

A parte queste piccole sbavature il gioco resta assolutamente valido ed è consigliatissimo sia per chi non ha mai provato il Metroid Prime originale sia per tutti coloro che volessero provare a rivivere questo classico in una versione più bella e al passo coi tempi.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: Nintendo Switch
  • Data uscita: 08/02/2023
  • Prezzo: 39,99 €

Ho provato il gioco tre mesi dopo la data d’uscita su Nintendo Switch per circa 17 ore.

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I cinque peggiori film tratti dai videogiochi

Fin dalla sua uscita nelle sale cinematografiche, Super Mario – il film di Nintendo e Illumination – continua a macinare incassi e ad infrangere record. Mentre scriviamo queste righe, l’opera ha raggiunto l’incredibile cifra di 1 miliardo e 159 milioni, posizionandosi al quinto posto tra i film di animazione più remunerativi di sempre. Nel corso dell’anno, la serie HBO di The Last of Us è stata una delle più viste e apprezzate dell’intera annata, così come altri due film tratti dai videogiochi di Sonic The Hedgehog, che hanno fatto registrare ottimi incassi e incontrato il favore del pubblico.

Insomma, sembra proprio che il mondo del cinema e delle serie tv abbia trovato finalmente la giusta formula per sfruttare e valorizzare al meglio i nostri amati videogiochi, ma non è sempre stato così.

Nel corso degli anni, noi appassionati di videogiochi abbiamo dovuto sopportare cocentissime delusioni, assistendo alla nascita di veri e propri obbrobri cinematografici ispirati a molti dei nostri giochi preferiti. Molti di questi film non solo non rendevano minimamente giustizia ai videogiochi da cui erano tratti, ma spesso e volentieri avevano poco o niente a che spartire con essi. In questo articolo andremo a raschiare il fondo del barile, stillando una classifica dei cinque peggiori film in assoluto tratti dai videogiochi. Prendiamo un bel respiro e prepariamoci ad imboccare il viale dei ricordi, nella speranza di non risvegliare antichi incubi a lungo sopiti.

5. Alone in the Dark

Alone in the Dark fu uno degli esempi più eclatanti delle pessime doti registiche di Uwe Boll

Uscito nel 2005 sotto la regia del leggendario Uwe Boll (che, per chi non lo sapesse, è considerato uno dei peggiori registi di sempre), il film prende molto liberamente spunto da Alone in the Dark: The New Nightmare, quarto capitolo della serie.

Alone in the Dark racconta la storia del detective dell’occulto Edward Carnby (interpretato da Christian Slater) il quale, indagando su una serie di omicidi, si imbatterà nel mistero di alcuni manufatti magici in grado di comunicare col mondo dell’aldilà.

Tra effetti speciali scadenti, combattimenti al limite del ridicolo e una regia a tratti davvero imbarazzante (l’uso della luce ad intermittenza in particolare è davvero tremendo) il film si trascina per 96 interminabili minuti attraverso una trama banale e terribilmente confusionaria. Completa il quadro la recitazione dei protagonisti, a tratti davvero imbarazzante, in particolare quella della protagonista, Tara Reid.

Tirando le somme, Alone in The Dark è un film davvero anonimo, noioso e dimenticabile. Come stiamo per scoprire, però, esiste di molto peggio.

4. Super Mario Bros (1993)

Il primo film dedicato a Super Mario fu un esperimento quantomeno bizzarro

Forse per i lettori più giovani sarà una scoperta, ma il recente film di animazione non è stata la prima apparizione del nostro Mario nel mondo del grande schermo. Infatti, nel 1993 i registi Rocky Morton e Annabel Jankel realizzarono uno strampalato lungometraggio dedicato al baffuto idraulico di casa Nintendo. Sebbene una ristretta cerchia di fan apprezzi tuttora questo film e lo consideri una sorta di esperimento pionieristico, è davvero difficile trovare aspetti positivi in questa pellicola analizzandola con un minimo di oggettività.

L’errore di fondo dei registi è stato cercare di trasporre le avventure di Mario in un contesto realistico e fantascientifico. Dunque scordiamoci i regni dei funghi, castelli, navi volanti e principesse da salvare (o quasi). Al loro posto ecco una dimensione distopica dominata da esseri senzienti evoluti dai dinosauri, armi avanzatissime in gradi di rievolvere il bersaglio, stivali jet per spiccare balzi altissimi e una marea di altre amenità futuristiche.

Oltre alla trama debole e stereotipata e agli effetti speciali abbastanza miseri, meritano una menzione i costumi, davvero grotteschi e ridicoli. Su tutti spicca Koopa (nome giapponese originale di Bowser), rappresentato come una sorta di uomo-lucertola in giacca e cravatta intento a dominare la sua dimensione e a cercare di invadere le altre.

Nemmeno la presenza del grande Bob Hopkins nei panni di Mario riesce a risollevare questo film, che risulta davvero troppo mediocre e sopra le righe. Potrebbe piacere solo ai fan sfegatati di Mario e dei film trash in generale. Gli altri si tengano alla larga e si godano il nuovo film.

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3. Mortal Kombat: Distruzione Totale

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Il secondo film di Mortal Kombat fu uno dei peggiori sequel di sempre

Ammettiamolo: il primo film di Mortal Kombat non fu così terribile. Certo, il film di Anderson del 95 non era assolutamente un capolavoro. La trama era piuttosto banale e molte scene erano al limite del grottesco. Tuttavia, il film di Mortal Kombat ebbe l’indubbio merito di riuscire a replicare le atmosfere del gioco da cui era tratto, rimanendogli molto fedele nella trama e nella caratterizzazione dei personaggi (ad eccezione dei ninja, vero punto debole del film).

Purtroppo ogni elemento positivo della prima pellicola venne preso e gettato direttamente nell’immondizia due anni più tardi, quando uscì nelle sale Mortal Kombat: Distruzione Totale (Annihilation in originale).

Questo film, diretto da J. R. Leonetti, commette l’enorme errore di portare all’eccesso tutti quegli elementi della prima pellicola che strizzavano l’occhio ai videogiochi originali. Nel film abbiamo caterve di personaggi infilati a forza solo perché presenti nei videogiochi (spesso senza nemmeno presentarli o spiegare chi essi siano) che poi spariscono dopo un paio di scene, senza nemmeno proferire parola (vedi Cyrax).

I combattimenti inoltre sono letteralmente infarciti di mosse speciali prese pari pari dal videogioco, senza curarsi minimamente di renderle credibili. I risultati sono davvero oltre il limite del ridicolo, con coreografie banali e una confusione generale che sembra prevalere su tutto (per capire di cosa parlo basta riguardare il primo scontro tra Raiden e Shao Kahn, a dir poco imbarazzante).

L’apice viene raggiunto nello scontro finale, quando Liu Kang e Shao Kahn ricorrono alle animality, dando vita a due mostruosità in computer grafica che sfigurerebbero anche nel primo film di King Kong.

Anche la trama risulta assolutamente vuota e superficiale. Cercando di unire le trame di Mortal Kombat 2 e 3, il film riprende immediatamente dal cliffangher con cui si concludeva il primo Mortal Kombat, ovvero l’arrivo sulla terra dell’imperatore Shao Kahn. Questo evento dà il via ad una serie infinita di scontri che si susseguono quasi senza sosta, come a voler compensare la pochezza della storia.

Da evitare come la peste, a meno che non si voglia fare quattro risate davanti ad una serie di costumi orrendi, una CGI mostruosa e una serie di combattimenti degni di una puntata qualsiasi dei Power Rangers.

House of the Dead

House of the dead è sicuramente uno dei peggiori zombie movie di sempre

Secondo gradino del podio per un altro film di Uwe Boll. In questo caso, il maestro riesce davvero a superare se stesso, regalandoci uno dei più orrendi film sugli zombie che si siano mai visti. Tanto per cominciare, la scelta di dedicare un film ad un gioco come House of the Dead è quantomeno azzardata. Il gioco Sega infatti è un semplice sparatutto su binari in cui la trama viene appena abbozzata. E infatti la trama del film risulta davvero trita e ritrita, con pochissimi motivi di interesse.

House of the Dead racconta la storia di un gruppo di adolescenti che, per partecipare ad un rave party, si ritrova intrappolato sull’Isla de la muerte. Giunto qui, il gruppo scopre che l’isola è sotto il controllo del malvagio prete Castillo Hermano, che è riuscito a creare una formula per trasformare gli umani in zombie e che ora controlla un’intera armata di non morti. Da qui in poi il film è un susseguirsi di attacchi zombie, tutti infarciti di costumi orrendi, uccisioni al limite del ridicolo e una serie di effetti speciali utilizzati nelle maniere più strampalate e assurde possibili. Da notare soprattutto l’uso massiccio dell’effetto rallenty, spesso inserito in maniera totalmente casuale e spiazzante.

Ma ciò che rende davvero “speciale” House of the Dead” è la scelta a dir poco folle di Boll di inserire intere sequenze prese direttamente dal videogioco per inframmezzare l’azione. Ogni volta che un protagonista muore, infatti, il film si blocca, la telecamera inizia a ruotare intorno al malcapitato, in piedi in posizione contemplativa, finché lo schermo non diviene totalmente rosso. Peggio ancora: durante alcune sequenze d’azione, quando uno dei protagonisti riesce ad uccidere uno zombie, Boll inserisce alcune schermate di uccisioni di zombie prese dal videogioco, in un tripudio di trash e incapacità registica.

Un film davvero terrificante, nel senso più negativo del termine. Recuperatelo solo se avete un amore viscerale per il trash e i film dell’orrore di quart’ordine.

1. Street Fighter – Sfida finale

Film e Videogiochi: Street Fighter
Per i fan di Street Fighter, il film ispirato alla saga fu un vero pugno nello stomaco

Se analizzassimo tutti questi film basandoci solo su elementi di critica cinematografica, probabilmente Street Fighter non sarebbe il peggiore. Tuttavia, la delusione provocata a tutti i fan e la totale mancanza di rispetto mostrata da questa pellicola nei confronti del materiale originale non possono essere perdonate (almeno da chi scrive). Street Fighter – Sfida finale non fa altro che sfruttare la popolarità dei videogiochi da cui è tratto per proporre un film d’azione pigro, banale e strapieno di stereotipi americanisti.

Il film racconta lo scontro tra le forze alleate occidentali, guidate dall’intrepido colonnello Guile (Jean Claude Van Damme) e il malvagio dittatore Bison (Raul Julia, che morì poco dopo il completamento del film), che si è impossessato della città asiatica di Shadaloo. Questo semplice pretesto porta una serie di lottatori esperti di arti marziali a radunarsi a Shadaloo attraverso una serie di scontri assolutamente casuali che culmineranno nella sfida finale tra Guile e Bison.

Al di là dei combattimenti non proprio esaltanti, degli effetti speciali appena nella media e della trama banale, ciò che davvero fa odiare questo film ai fan dei videogiochi di Street Fighter è la caratterizzazione dei personaggi. Questi ultimi, infatti, con pochissime eccezioni, non hanno praticamente nulla da spartire con le loro versioni originali.

Ryu e Ken, protagonisti principali della saga, sono ridotti a due ladruncoli esperti di arti marziali. Dhalsim è un banale scienziato indiano, Sagat è una sorta di mafioso tailandese. E gli esempi potrebbero continuare. Anche la scelta di elevare Guile a protagonista assoluto solo in virtù delle sue origini americane e del suo incarnare lo stereotipo del marine non appare certamente un’idea vincente.

Al di là di queste considerazioni, comunque, la trama di Street Fighter è davvero estremamente semplicistica, con pochissimi colpi di scena e praticamente nessun momento davvero memorabile. Anche i combattimenti sono davvero scialbi e non presentano quasi mai mosse o coreografie che si ispirino chiaramente a quelle mostrate dai lottatori nel gioco originale.

Sicuramente molti di voi non condivideranno questa scelta, ma per chi scrive Street Fighter – Sfida Finale è il peggior film tratto da un videogioco che sia mai stato realizzato. Non è quello più brutto, ma quello che mi ha dato la delusione peggiore e che mi ha trasmesso le emozioni più negative.

Ora come sempre la parola passa a voi! Quali sono i film tratti da videogiochi che più avete odiato? Fateci sapere nei commenti!

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Perché Tomb Raider ha fatto la storia dei videogiochi

Se si guarda all’attualità del mondo dei videogiochi, il nome di Lara Croft non figura certamente tra quelli dei personaggi più popolari. La stessa saga di Tomb Raider, nonostante la buona qualità degli ultimi episodi usciti, non è certamente tra le IP più “forti” e rilevanti del momento. Tuttavia, tutti coloro che, come il sottoscritto, hanno vissuto la fine degli ormai mitici anni novanta, ricorderanno che la bella archeologa era diventata uno dei volti più famosi e riconoscibili dell’intera industria del videogioco.

Pubblicità, apparizioni su numerose riviste, merchandising, serie a fumetti, cartoni animati e persino varie apparizioni durante i concerti degli U2 del PopMart Tour del 97. Il nome di Lara sembrava davvero sulla bocca di tutti e non era esagerato definire la bella eroina una vera e propria icona pop. Questo successo, oltre che al carisma e al fascino di Lara, fu senz’altro dovuto all’incredibile qualità del gioco di cui l’archeologa era protagonista. Il primo Tomb Raider, infatti, fu un titolo davvero sorprendente, sia per la sua altissima qualità che per le innovazioni che seppe portare nel panorama dei giochi di avventura.

In questo articolo andremo a riscoprire questa piccola gemma e cercheremo di spiegare perché il primo Tomb Raider è stato tanto amato, come abbia saputo lasciare ricordi così indelebili nei cuori di numerosi giocatori, compreso il sottoscritto, e perché ha fatto la storia dei videogiochi. Recuperiamo le nostre pistole e lanciamoci alla riscoperta di questo classico!

Un fulmine a ciel sereno

Al momento della sua uscita ben pochi avrebbero potuto prevedere il successo di Tomb Raider

Quando Tomb Raider uscì, tra il 1996 e il 1997, lo fece in punta di piedi. Il gioco, sviluppato dalla veterana Core Design e prodotto da Eidos per Saturn, Playstation e PC, non fu infatti accompagnato da una campagna pubblicitaria particolarmente forte. Tuttavia, non appena i giocatori misero le mani su Tomb Raider, compresero subito di essere di fronte a qualcosa di davvero speciale.

Tomb Raider ricevette un’accoglienza estremamente positiva da parte delle riviste del settore, cosa che rese il gioco estremamente popolare tra gli appassionati. Anche le vendite iniziarono ben presto a lievitare, al punto che l’avventura di Lara divenne uno dei giochi più venduti in assoluto per la prima Playstation.

La strada per il successo

Tomb Raider propose un mix di elementi vincenti che decretarono il suo successo

Le ragioni del successo di Tomb Raider furono molteplici. Anzitutto, il setting e le ambientazioni. La trama del gioco vede l’avventuriera e archeologa Lara Croft venire assoldata dall’infida Natla per rintracciare lo Scion, un misterioso artefatto dalle origini ignote. La ricerca dello Scion porterà Lara a visitare antiche rovine sudamericane, un tempio sotterraneo di ispirazione greco-romana, l’antico Egitto e una misteriosa piramide, legata all’antica Atlantide.

Il gioco si sviluppa attraverso quindici immensi livelli, ambientati all’interno delle macro-aree nominate in precedenza. La trama viene sviluppata attraverso una serie di filmati, che si sbloccano all’inizio o al termine di determinati livelli.

Pur senza far gridare al miracolo, la storia di Tomb Raider era interessante e coinvolgente, soprattutto grazie all’incredibile carisma di Lara, che seppe subito conquistare i cuori dei videogiocatori.

Il gioco inoltre seppe subito catturare l’attenzione dei giocatori grazie al suo comparto grafico. Certo, ai giorni nostri la grafica di Tomb Raider appare molto datata e “cubettosa”. Negli anni in cui il gioco uscì, tuttavia, le ambientazioni completamente tridimensionali e le eccellenti animazioni fecero letteralmente gridare al miracolo.

Una vera avventura tridimensionale

I livelli di Tomb Raider rappresentano il principale punto di forza del gioco

Il più grande punto di forza di Tomb Raider, tuttavia, si rivelò essere la natura stessa del gioco. Intendiamoci, non stiamo certamente parlando della prima avventura 3D ad uscire sul mercato (basti citare giochi come Alone in the Dark o Myst, usciti ben prima di Tomb Raider). Ma nessun gioco fino a quel momento aveva saputo creare quella sensazione di assoluta libertà di movimento che l’avventura di Lara sapeva regalare.

Fin dal primo livello di gioco, il giocatore non avvertiva mai la sensazione di trovarsi su un binario, ma veniva letteralmente immerso in un enorme e realistico ambiente tridimensionale. Stava a lui e alle sue capacità di orientamento e osservazione trovare la soluzione per raggiungere l’uscita del livello.

Altro punto di forza del gioco era il gran numero di azioni a disposizione di Lara. La nostra archeologa infatti era in grado di camminare, correre, saltare in ogni direzione (sia da ferma che in corsa), spostarsi lateralmente e persino nuotare in profondità. Oltre a questo, naturalmente, Lara poteva utilizzare le sue fide pistole, alle quali si sarebbero affiancate altre tre armi.

Nel corso dei livelli, infatti, Lara era chiamata ad affrontare un gran numero di combattimenti. Si trattava principalmente di animali feroci, ma non sarebbero mancate le sorprese (qualcuno ha detto dinosauri?). Durante gli scontri Lara puntava automaticamente i nemici nelle vicinanze, in modo che il giocatore potesse concentrarsi solo sul movimento e le schivate. Le munizioni delle pistole di Lara non si esauriscono mai, mentre le armi aggiuntive andranno ricaricate tramite apposite munizioni sparse per i livelli.

Questa scelta, apparentemente molto semplicistica, rendeva gli scontri estremamente dinamici e divertenti, evitando un sistema di combattimento troppo complesso e macchinoso.

Livelli per tutti i gusti

Ogni livello di Tomb Raider proponeva sfide davvero varie ed originali
Ogni livello di Tomb Raider proponeva sfide davvero varie ed originali

L’altro aspetto che sancì il successo di Tomb Raider fu sicuramente la struttura dei livelli. Questi ultimi, con pochissime eccezioni, erano infatti stati pensati e progettati alla perfezione. Attraverso l’uso di blocchi da scalare, gallerie, porte segrete e passaggi acquatici, gli stage di Tomb Raider si sviluppano in ogni direzione, sia in altezza che in profondità.

Quasi mai il giocatore doveva affrontare un percorso lineare, ma si trovava all’interno di enormi ambienti aperti, che andavano visitati in ogni angolo per poter essere superati. Questo rendeva l’esplorazione davvero varia, coinvolgente e divertente.

Oltre a questo, i livelli erano estremamente diversificati tra loro. Le ambientazioni di ognuno di essi, infatti, risultavano quasi sempre molto differenti l’una dall’altra, riuscendo a risultare ogni volta fresche ed interessanti.

Il brivido della scoperta

Alcuni momenti dei livelli di Tomb Raider sono divenuti davvero iconici
Alcuni momenti dei livelli di Tomb Raider sono divenuti davvero iconici

Per rendere le cose ancora più interessanti, ogni livello, per essere superato, proponeva una sfida particolare. In St. Francis Folly, per esempio, Lara ad un certo punto raggiungeva un’enorme stanza con un pilastro centrale. Nelle varie estremità dello stanzone erano posizionati quattro templi, dedicati ad altrettante divinità antiche. Per superare il livello occorreva esplorare tutti i templi, superare le prove al loro interno e raccogliere quattro chiavi nascoste all’interno del tempio.

Nelle miniere di Natla, invece, Lara iniziava il livello priva delle sue armi. L’obiettivo primario del giocatore era rintracciare tre fusibili sparsi per la miniera che davano a Lara l’accesso ad una stanza in cui erano custodite le sue fide pistole.

Questa varietà di situazioni, unita ai numerosi combattimenti, rese Tomb Raider un’esperienza di gioco davvero ricchissima, in grado di accontentare sia i fan dei giochi di azioni che gli amanti degli enigmi e dell’esplorazione ragionata.

Come ciliegina sulla torta, i livelli di Tomb Raider proponevano spesso momenti davvero forti ed iconici, in grado di lasciare i giocatori a bocca aperta o di farli letteralmente saltare dalla sedia.

Senza dare troppi spoiler a chi non ha mai giocato a questo gioco, mi limito a citare il raggiungimento dell’enorme sfinge nel santuario dello Scion o la scoperta della mano del re Mida, ma potrei fare davvero decine di altri esempi.

L’eredità di Tomb Raider

Il numero dei sequel di Tomb Raider è davvero impressionante
Il numero dei sequel di Tomb Raider è davvero impressionante

Visto il successo ottenuto, era inevitabile che le avventure di Lara proseguissero. Eidos tuttavia fece la scelta di spremere la sua gallina dalle uova d’oro oltre l’inverosimile. Tra il 1997 e il 2001 uscirono addirittura quattro nuovi Tomb Raider, tutti su Playstation e PC.

Sebbene la qualità di questi titoli fosse generalmente molto buona (Tomb Raider 2 in particolare venne molto ben accolto), questi giochi risultarono davvero troppo simili tra loro e aggiunsero davvero troppo poco alla formula vincente del primo gioco. Questo causò, a lungo andare, un certo disinteresse per la saga.

Dopo il terribile Angel of Darkness, del 2003, Eidos realizzò due nuove trilogie dedicate a Tomb Raider. La prima fu inaugurata da Tomb Raider: Legend del 2006 e terminò nel 2008 con Tomb Raider: Underworld. Nel 2013 uscì Tomb Raider, vero e proprio reboot della saga, che ebbe a sua volta due sequels, Rise of the Tomb Raider e Shadow of the Tomb Raider. Per il 2023 è prevista l’uscita di un nuovo capitolo della serie, su cui sembra che Crystal Dynamics e Amazon stiano puntando davvero forte.

Finora però tutti questi seguiti, pur ottenendo sempre buoni risultati in termini di vendite e ricevendo vari apprezzamenti dal pubblico, non sono stati in grado di replicare l’incredibile successo dell’avventura originale. Chissà, probabilmente Tomb Raider è stato l’equivalente di una cometa, un fenomeno tanto bello ed emozionante da vedere quanto difficile da replicare. Quello che è certo, però, è il fatto che la prima avventura di Lara ha regalato ore ed ore di divertimento a migliaia di giocatori, che ancora oggi la ricordano con piacere e nostalgia. Ed è stato un piacere anche per il sottoscritto condividere con tutti voi i ricordi e le emozioni che Tomb Raider ha saputo regalarmi. Alla prossima avventura!

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God of War: origine e ascesa dell’epopea di Kratos

Spoiler Alert
Questo articolo contiene dettagli rilevanti sulla trama di God of War

Quella di God of War è indubbiamente una delle saghe videoludiche più importanti e di successo dell’intera industria del videogioco. Fin dall’uscita del primo episodio sulla ormai leggendaria Playstation 2, le avventure di Kratos hanno saputo conquistare l’interesse e l’apprezzamento di un enorme numero di giocatori. Basti pensare che l’episodio più recente, God of War Ragnarok, è riuscito in breve tempo a raggiungere la ragguardevole cifra di ben 11 milioni di copie vendute.

In questo articolo andremo a ripercorrere le tappe fondamentali della saga di GoW, cercando di mettere in luce le principali ragioni del successo del franchise.

Le origini di God of War

Il primo God of War venne subito riconosciuto come uno dei migliori giochi d’azione in 3d disponibili.

Il primo God of War vide la luce nel 2005 in esclusiva per Playstation 2. Si trattava del secondo gioco prodotto da Santa Monica Studio. Nonostante la poca esperienza della software house, il gioco si rivelò un enorme successo di pubblico e critica.

Il motivo principale di questo apprezzamento fu un mix vincente di numerosi elementi. Anzitutto la realizzazione tecnica, davvero di ottimo livello per i tempi e la console su cui girava. Anche il gameplay propose una combinazione vincente tra azione, combattimenti, esplorazione ed enigmi. GoW attingeva a piene mani da titoli come Devil May Cry e Prince of Persia, riuscendo a mettere insieme il meglio da ognuno di essi.

Infine, furono molto apprezzati sia l’ambientazione del titolo, collocata nella Grecia mitologica, sia la scelta del protagonista. Kratos, il tenebroso personaggio principale, è infatti ben lungi dallo stereotipo dell’eroe senza macchia e senza paura. Si tratta invece di una sorta di anti-eroe tormentato, violento e mosso solo da un disperato desiderio di redenzione.

Una redenzione che sembra arrivare al termine del gioco, quando, dopo essersi liberato dal giogo di Ares, Kratos riesce ad uccidere la malvagia divinità e si sostituisce a lui come nuovo dio della guerra. Come scopriremo, però, questa redenzione sarà solo apparente.

Un sequel all’altezza

God of War 2 riuscì addirittura a superare il successo del primo titolo.

Se il successo del primo GoW fu per molti una sorpresa, ancor più sorprendenti furono i risultati ottenuti da God of War II. Uscito nel 2007, sempre su Playstation 2, il seguito delle avventure di Kratos riuscì nel difficile compito di migliorare praticamente ogni aspetto del gioco originale.

God of War 2 spinse le capacità di Playstation 2 fino al limite regalando una grafica, un sonoro e un set di animazioni mai viste prima, che raggiungevano il culmine della spettacolarità nelle incredibili battaglie coi boss. Anche il gameplay risultò potenziato: i controlli erano più fluidi e precisi; i combattimenti godevano di un maggior equilibri; le sezioni erano più esplorative e riflessive.

La trama risultava molto più interessante e ricca di colpi di scena, mettendo in scena il sorprendente tradimento degli dei dell’Olimpo ai danni di Kratos. Il successivo percorso di vendetta del nostro spartano lo porta prima a scoprire le verità nascoste sulle sue origini fino a un epico scontro contro lo Zeus.

Tutti questi elementi resero GoW 2 un successo enorme, sia di critica che di pubblico, con milioni di copie vendute, voti altissimi e numerosi premi e riconoscimenti nel settore. I programmatori, tuttavia compirono la scelta ardita di interrompere il gioco con un gigantesco cliffhanger, lasciando il giocatore proprio un attimo prima dell’inizio dell’assalto finale di Kratos e dei titani all’Olimpo.

Una lunga attesa

La scelta di Santa Monica fu ancora più difficile da digerire dai fan a causa della lunga attesa che dovettero sopportare prima di potersi godere il proseguo delle avventure del loro spartano preferito; infatti, il terzo episodio della saga uscì direttamente su Playstation 3 per sfruttare le maggiori potenzialità offerte dalla macchina e allo stesso tempo regalare alla nuova console Sony una potenziale killer application.

Betrayal: un God of War alternativo

Betrayal fu un gioco mobile di ottima qualità.

Per addolcire l’attesa ai fan, Sony nel 2007 realizzò un simpatico spin off di GoW dedicato alle piattaforme mobile, intitolato God of War: Betrayal. Ambientato poco prima dell’inizio di God of War 2, Betrayal narra una serie di eventi che portano Kratos a commettere il suo secondo deicidio dopo quello di Ares.

Betrayal, nonostante le enormi limitazioni tecniche, cerca di riproporre in salsa 2d lo stesso mix di combattimenti ed enigmi presente nei due titoli della saga principale. L’esperimento ha dato vita ad un titolo simpatico e divertente, in grado di regalare ai fan di Kratos un nuovo tassello del mosaico di GoW

Il primo God of War per PSP

La prima avventura di Kratos per PSP si rivelò all’altezza del suo nome.

Nel marzo 2008 fu la volta di God of War: Chain of Olympus, primo God of War uscito su PSP. Ambientato poco prima degli eventi dell’originale, CoO narra il viaggio di Kratos nel profondo degli inferi, nel tentativo di sventare un perfido piano ordito dalla dea Persefone e dal Titano Atlante per gettare il mondo nel caos e vendicarsi degli dei dell’Olimpo.

La trama del gioco offre varie occasioni per approfondire il passato di Kratos e comprendere ancora di più il suo legame con la moglie e la figlia, da lui uccise involontariamente a causa di un inganno di Ares. Dal punto di vista tecnico, CoO fu un vero e proprio miracolo: il gameplay e la fluidità tanto del comparto grafico che di quello sonoro risultavano indistinguibili dai capitoli per PS2. La cura nella realizzazione del gioco e l’ottima trama resero CoO l’ennesimo successo del brand e regalarono ai fan un’altra grandiosa avventura.

Ciò che i fan volevano davvero però era solo e soltanto God of War 3 e nel marzo 2010 i loro desideri vennero finalmente accolti.

God Of War 3: l’ascesa

God of War 3 fu la consacrazione definitiva di Kratos.

Il terzo episodio di GoW riuscì a rispettare tutte le attese dei fan e forse persino a superarle. God of War 3 era più bello da vedere, più spettacolare, più vario, più giocabile e più epico di entrambi i suoi predecessori. Inoltre era molto, molto più violento. In questo gioco la furia di Kratos si abbatte sull’Olimpo come un fiume in piena e niente e nessuno è in grado di fermarlo o placarlo. Abbattendo una divinità dopo l’altra, il nostro eroe si farà strada fino alla resa dei conti con Zeus.

Oltre alle ormai mitiche lame con catena, Kratos usufruirà di un ottimo set di armi divine, ognuna con le sue caratteristiche e magie specifiche. Questo, insieme alla frenesia e alla spettacolarità delle battaglie (in particolare quelle coi boss) e alla già citata realizzazione tecnica davvero sopraffina, contribuì a rendere GoW III la consacrazione definitiva per santa Monica e la sua saga.

Nell’epilogo di God of War 3 Kratos, dopo aver fatto piazza pulita degli dei dell’Olimpo, decide di sacrificarsi per donare la speranza, confinata dentro di lui, agli esseri umani. Sembrava dunque che l’epopea di GoW fosse giunta alla sua conclusione. Eppure, l’ultima scena dopo i titoli di coda mostra una scia di sangue allontanarsi nel luogo in cui era disteso lo spartano!

Le storie mai narrate

Ghost of Sparta fu l’ennesimo successo per la serie GoW.

Come prevedibile, il marchio God of War era una fonte di guadagni troppo sicura perché Santa Monica potesse rinunciarvi del tutto. Ecco dunque uscire, già nel novembre 2010, God of War: Ghost of Sparta, secondo episodio della serie dedicato alla portatile Sony.

In questo gioco, ennesimo prequel della saga principale, collocabile tra Betrayal e GOW2, Kratos partirà alla volta della leggendaria Atlantide alla ricerca del fratello scomparso, Deimos, lasciandosi dietro la consueta scia di morte e distruzione.

Il gioco, pur ricevendo numerosi apprezzamenti e recensioni positive, risultava essere molto simile ai predecessori. Riuscì comunque a ritagliarsi un posto nei cuori dei fan grazie alla sua trama e alle rivelazioni sul passato di Kratos, che aggiungevano molti particolari interessanti.

Ascension fu l’ultimo titolo di God of War ambientato nella mitologia Greca.

Nel marzo 2013 è la volta di God of War Ascension, questa volta per Playstation 3, primo episodio in assoluto della saga dal punto di vista cronologico. Ascension narra infatti la dura lotta tra Kratos e le furie, che si rivelerà essere alla base dell’odio che lo spartano nutre per Ares.

Ascension ripropone tutti gli elementi vincenti dei precedenti giochi di GoW, aggiungendo tutta una serie di elementi gestionali nella personalizzazione di armi e armature, e soprattutto un’inedita modalità online. Sarà infatti possibile giocare in multiplayer sia in modalità competitiva sia cooperativa. Questa modalità ricevette reazioni miste dal momento che i giocatori lamentarono un bilanciamento non perfetto dei vari stili di combattimento.

In generale, Ascension ricevette un’accoglienza più tiepida rispetto ai predecessori, sia per la trama meno interessante che per la mancanza di novità degne di nota. Era chiaro che, se voleva tener vivo l’interesse per la sua serie, Santa Monica doveva progettare con attenzione i prossimi passi.

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God of War Ragnarök: guida alla leggenda

Un nuovo inizio per GoW

Il soft reboot del 2018 lasciò i fan davvero a bocca aperta.

L’attesa che i fan dovettero sopportare questa volta fu davvero lunghissima. Per quasi cinque anni infatti Santa Monica si limitò a produrre una serie di collection dedicate ai primi giochi della serie, che per l’occasione vennero anche rimasterizzati in alta definizione. Lo stesso God of War, 3 nel 2015, venne rimasterizzato per PS4, in una versione ancor più spettacolare e graficamente al passo coi tempi.

Le attese dei fan ebbero finalmente fine il 20 aprile del 2018, quando il nuovo episodio della saga di Kratos sbarcò su Playstation 4. Intitolato semplicemente God of War, questo gioco segnò davvero un nuovo inizio per la saga. Le innovazioni furono molteplici. Anzitutto l’ambientazione: dalle lande della Grecia il nostro eroe si stabilisce nei ghiacci del nord, in un ambientazione legata ai nove regni e alla mitologia norrena.

Anche il gameplay risulta profondamente cambiato, grazie ad una nuova visuale dinamica posta alle spalle di Kratos e a uno stile di gioco che sembra puntare più sull’esplorazione e sulla profondità della trama che sui combattimenti; quest’ultimi restano comunque estremamente spettacolari e bilanciati, e continuano a rivestire un ruolo di primissimo piano nell’economia dell’avventura.

Nel nuovo God of War viene implementato anche l’aspetto gestionale, dal momento che il giocatore ha la possibilità di forgiare e potenziare un gran numero di rune magiche e armature. Kratos inoltre sfoggia una nuova arma: l’ascia Leviatano alla quale, senza fare spoiler, andrà ad aggiungersi una seconda arma. Kratos non sarà più solo nelle sue peregrinazioni. Il nostro spartano infatti è inaspettatamente diventato papà. Il figlio di Kratos, di nome Atreus, fungerà da personaggio di supporto e disporrà di una serie di abilità utili sia in battaglia sia per sbloccare tesori o vie precedentemente nascoste.

Tutte queste innovazioni, unite ad una realizzazione tecnica inceccepibile e a una trama ancora più profonda e innovativa rispetto ai titoli precedenti hanno reso il nuovo God of War un successo assoluto, con oltre 23 milioni di copie vendute e la vittoria ai Game Awards come gioco dell’anno.

Il presente di God of War

Ragnarok rappresenta l’apoteosi di tutte le potenzialità di God of War.

Arriviamo ai giorni nostri e a quel God of War Ragnarok che, fin dalla sua uscita, avvenuta nel novembre 2022 su PS5, ha saputo ancora una volta mietere un numero enorme di consensi e riconoscimenti.

Il gioco ripropone tutti gli elementi del titolo precedente, potenziandoli all’inverosimile. Nuove armi, ambientazioni enormemente più vaste, nuove possibilità di personalizzazione grazie all’amuleto runico e l’inedita possibilità di controllare Atreus.

Completano il quadro un comparto grafico e sonoro a dir poco sontuosi e una trama risulta estremamente ben scritta e curata; nello specifico, Kratos e Atreus si trovano sull’orlo dell’inizio del Ragnarok, il colossale scontro tra i nove regni che secondo le leggende segnerà la distruzione e la successiva restaurazione di essi. Tra profezie, inganni e continui pericoli, i nostri due protagonisti dovranno compiere un’ardua scelta tra il desiderio di evitare conflitti e la volontà di fare quello che è giusto.

Anche in questo caso il finale di Ragnarok (su cui non diremo assolutamente nulla) sembra dare una netta conclusione alla vicenda. Tuttavia, abbiamo già imparato come sia difficile per Santa Monica rinunciare alla sua IP più redditizia.

Non vediamo davvero l’ora di scoprire quale sarà il futuro della saga. Il setting verrà di nuovo spostato verso un nuovo Pantheon mitologico? Assisteremo al ritorno nell’Antica Grecia? O forse i programmatori hanno in mente qualcosa di ancora diverso? Possiamo solo aspettare.

Ora come sempre la parola passa a voi lettori! Conoscevate tutta la saga di God of War? Quali sono i vostri giochi preferiti? Fatecelo sapere nei commenti!

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Editoriali

I 10 migliori Metroidvania

Per metroidvania si intende un’avventura bidimensionale che unisce elementi tipici dei platform con caratteristiche provenienti dalle avventure action. Come si può intuire, il termine è nato dalla “fusione” tra le serie di Metroid e Castlevania.

Inizialmente, la saga Nintendo e quella Konami avevano ben poco in comune (più lineare e action la seconda, più vasta ed esplorativa la prima). Fu solo nel 1997, con l’arrivo di Castlevania: Symphony of the Night, che il termine Metroidvania prese piede.

Ancora oggi, nonostante l’enorme avanzamento tecnologico e sebbene siano i giochi 3D a farla da padrone, il genere Metroidvania risulta molto amato dai videogiocatori; in particolare, alcune serie recenti, come Hollow Knight, sono riuscite a ottenere un ottimo successo e contribuiscono a mantenere questo genere in ottima salute.

Ma quali sono i dieci migliori Metroidvania in assoluto? In questo articolo proveremo a rispondere a questa fatidica domanda. Naturalmente sia la scelta dei titoli che l’ordine di inserimento sono frutto del gusto personale di chi scrive, ma credo potremo tutti concordare sull’incredibile valore di queste dieci opere. Raccogliamo le nostre armi, addentriamoci nel dungeon e iniziamo!

Bloodstained: Ritual of the Night

Bloodstained può essere a tutti gli effetti definito un Castlevania dei tempi moderni.

Uscito nel 2019 per PS4, Xbox One, Switch e Steam, questo titolo di ArtPlay è, a tutti gli effetti, un grande tributo alla saga di Castlevania. L’ambientazione gotica e medievaleggiante, le musiche estremamente ricercate e soprattutto le orde di demoni che affronteremo sembrano davvero uscite direttamente da un titolo della saga Konami.

Anche la trama di gioco, che vede la nostra eroina Miriam fronteggiare un’evocazione infernale causata dall’unico sopravvissuto di una gilda di alchimisti, si richiama palesemente alla saga dei Belmont. Di conseguenza, ogni fan di Castlevania non potrà che amare Bloodstained.

Un’ambientazione piacevole e ispirata, una mappa ben strutturata, boss battle impegnative e una miriade di armi e abilità. Il tutto condito con un comparto grafico moderno e musiche davvero tenebrose.

Bloodstained ha davvero tutto quello che serve per essere un ottimo titolo (pecca forse un po’ in carisma e originalità) e si merita di diritto di entrare nella nostra classifica.

Axiom Verge

Axiom Verge è una classica avventura 2d ricca di mistero e atmosfera.

Se per Bloodstained l’ispirazione a Castlevania era evidente, Axiom Verge attinge a piene mani dalla saga di Metroid. In questa godibilissima avventura controlleremo lo scienziato Trace, sballottato dall’esplosione del suo laboratorio in un mondo sconosciuto. Sotto la guida dell’enorme testa Elsenova, Trace dovrà tentare di salvarsi la vita e risolvere i molteplici misteri del mondo in cui è stato catapultato.

Punti di forza di questo titolo sono la sua atmosfera a metà strada tra l’horror e l’high tech (che ricorda molto la saga di Alien), l’incredibile precisione dei controlli e il numero davvero enorme di armi ed equipaggiamenti.

Anche la trama, portata avanti da vari dialoghi testuali, è molto ben curata; il comparto tecnico invece si ispira palesemente agli action degli anni 90: il risultato è decisamente piacevole, anche se alcuni lo troveranno fin troppo datato. Se siete fan del genere, non fatevelo sfuggire!

Metroid Fusion

Metroid Fusion è stato il degno sequel di Super Metroid.

Uscito a cavallo tra il 2002 e 2003 su Game Boy Advance, Metroid Fusion ebbe l’ingrato compito di fare da sequel a quel Super Metroid che molti considerano tutt’oggi il miglior metroidvania mai uscito. Incredibilmente, però, Fusion si rivelò assolutamente all’altezza della sua eredità.

Il giocatore controllerà nuovamente la cacciatrice di taglie Samus, stavolta alle prese coi temibili parassiti X: organismi in grado di infettare e mutare le forme di vita con cui entrano a contatto. Grazie alla sua tuta “Fusione”, Samus sarà in grado di assorbire i parassiti sconfitti assimilandone le abilità.

La straordinaria giocabilità, le durissime sfide coi boss, l’incredibile comparto grafico (quasi miracoloso considerato che il gioco gira su GBA) rendono Fusion uno dei migliori titoli dell’intera saga di Metroid.

L’ambientazione può risultare piuttosto monotona, ma la bellezza degli scontri, soprattutto quello con SAX (su cui non faccio alcuna anticipazione) compensano ampiamente. Nessun fan della saga può in alcun modo farselo sfuggire.

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Castlevania: Aria of Sorrow

Aria of Sorrow è un piccolo gioiello nella libreria del GBA

Ed ecco il primo esponente della saga di Castlevania a comparire nella nostra classifica! Uscito nel 2003 per Game Boy Advance, Aria of Sorrow ripropone stile e meccaniche di Symphony of the Night, trasportandole in un contesto futuristico.

Il gioco è infatti ambientato nel 2035 e racconta le vicissitudini del giovane Soma Cruz (la cui vera identità sarà un grande colpo di scena), che si troverà suo malgrado risucchiato nel castello di Dracula, apparso a Tokyo durante un’eclissi.

Aria of Sorrow mette a disposizione del giocatore un enorme numero di armi e abilità e introduce il sistema delle anime tattiche. Sconfiggendo i nemici, infatti, Soma potrà assimilare le loro anime, sbloccando potenziamenti, abilità e persino nuove armi.

Nonostante l’accoglienza tiepida ottenuta all’uscita, Aria of Sorrow è riuscito a guadagnarsi un posto nel cuore di tutti i fan di Castlevania, ed è tutt’oggi considerato uno dei migliori capitoli della saga. Pronti ad affrontare di nuovo il castello di Dracula?

Monster Boy and the Cursed Kingdom

Monster Boy ci trasporterà in un viaggio fantasy colorato e divertente.

Uscito nel 2018 per praticamente qualsiasi sistema di gioco, Monster Boy ci trasporta in una coloratissima e divertentissima avventura.

Alla guida del giovane Jin, il giocatore sarà alle prese con una maledizione scagliata dallo zio Nabu, che tramuterà gli abitanti del regno in animali. Lo stesso Jin non sarà immune all’incantesimo e, nel corso della sua avventura, otterrà la capacità di trasformarsi in ben cinque forme animali distinte, ognuna con attacchi e abilità uniche.

Monster Boy si ispira palesemente a un classico dell’era 8 bit, ovvero Wonder Boy 3: Dragon’s trap, a cui si rifà sia per trama che per stile di gioco. Rispetto ai giochi fin qui analizzati, Monster Boy propone uno stile più scanzonato e divertente, ma non per questo meno profondo e impegnativo.

La varietà delle ambientazioni, la bellezza dello stile grafico, le enormi possibilità fornite al giocatore dalle trasformazioni in animale, unite a una giocabilità eccezionale, rendono questo gioco una vera gemma nel panorama dei metroidvania.

Metroid Dread

L’ultimo rampollo della dinastia dei Metroid è assolutamente all’altezza del suo ruolo.

Ed eccoci all’episodio più recente della saga di Metroid. Uscito nel 2021 su Nintendo Switch, Metroid Dread mette nuovamente il giocatore nei panni di Samus. La nostra cacciatrice dovrà vedersela ancora una volta coi parassiti X e soprattutto coi terribili E.M.M.I., robot colorati controllati dai parassiti.

Rispetto ai titoli precedenti della saga, Dread vanta un comparto grafico assolutamente moderno e d’impatto, con modelli poligonali, sfondi e animazioni di primissimo livello. Principale novità del gioco sono le battaglie contro gli E.M.M.I., a cui Samus dovrà dapprima sfuggire attraverso una serie di meccaniche Stealth per poi finirli dopo aver potenziato al massimo il suo raggio.

Queste sezioni aumentano notevolmente la varietà del gioco, già molto alta grazie alle numerose aree del pianeta che Samus può esplorare. Sono ancora una volta davvero memorabili gli scontri coi boss, sempre molto impegnativi e coinvolgenti.

Tutte queste caratteristiche, unite agli ottimi controlli e alla varietà delle armi, fanno di Dread un must per ogni possessore di Switch.

Ori and the Blind Forest

Le atmosfere magiche di Ori sapranno conquistare i cuori di ogni giocatore.

Uscito nel 2015 su Xbox One e giunto nel 2019 anche su Nintendo Switch, Ori and the Blind Forest narra le avventure dello spiritello Ori, caduto dall’albero sacro da cui ha origine.

Dopo una sequenza introduttiva strappalacrime, in cui assisteremo al ritrovamento di Ori da parte di Naru e alla morte di quest’ultimo causata dal deperimento della foresta, il giocatore avrà il compito di guidare Ori verso il salvataggio dell’albero sacro e di tutta la foresta.

La cosa più incredibile di Ori and the Blind Forest è la straordinaria atmosfera che riesce a creare. Lo stile grafico fiabesco, forte di un design dei personaggi assolutamente originale e di un uso sapiente degli effetti di luce, ci avvolgerà letteralmente, guidandoci dolcemente nei meandri della foresta accanto a Ori e al suo piccolo aiutante Sein.

Anche il sonoro, curatissimo e incredibilmente armonioso, contribuisce a coinvolgere totalmente il giocatore, che si trova più volte a provare la sensazione di trovarsi all’interno di un sogno.

Anche il gameplay è assolutamente all’altezza della situazione, con sezioni platform impegnative e un buon numero di attacchi e abilità, sbloccabili tramite l’accumulo di esperienza.

Sebbene il suo sequel, Ori and the Will of the Wisp, risulti nettamente superiore, abbiamo deciso di premiare l’episodio originale della saga. Se non lo avete giocato, recuperate assolutamente questo piccolo capolavoro.

Castlevania: Symphony of The Night

Symphony of The Night ha praticamente inventato il genere Metroidvania.

Non poteva certo mancare in questa classifica il gioco che ha praticamente inventato il genere dei Metroidvania. Symphony of The Night ha infatti dato una profonda svolta alla saga di Castlevania, unendo i suoi elementi action a fasi di esplorazione e potenziamento del personaggio.

Alla guida del tenebroso Alucard, figlio di Dracula, il giocatore ha il compito di investigare su un misterioso potere demoniaco emanato dall’antico castello del nostro malvagio genitore.

Nell’esplorare i meandri dell’antica magione, Alucard avrà la possibilità di raccogliere un gran numero di armi, potenziare i suoi parametri e sbloccare un enorme numero di abilità, tra cui la possibilità di trasformarsi in lupo, nebbia e pipistrello.

Il comparto tecnico di SOTN risulta ancora oggi davvero sontuoso, con eccezionali brani musicali di stampo gotico e una grafica che, pur senza far gridare al miracolo, mostra come anche la cara vecchia prima Playstation fosse in grado di realizzare ottimi titoli in 2d.

La longevità è notevole grazie alla presenza di finali multipli e di ben due versioni del castello da esplorare. Un titolo imprescindibile per ogni videogiocatore che si rispetti.

Hollow Knight

Hollow Knight è forse il miglior metroidvania in chiave moderna mai uscito.

Medaglia d’argento per il capolavoro di Team Cherry. Uscito nel 2017 e ora disponibile per ogni piattaforma possibile, Hollow Knight ci mette nei panni di un misterioso cavaliere impegnato in un viaggio nel regno decaduto di Nidosacro.

La trama del gioco, in maniera simile a quanto visto nella serie Dark Souls, è estremamente criptica e sarà compito del giocatore unire i puntini per comprendere appieno la storia del regno e di quanto sta accadendo.

Come Ori, anche Hollow Knight vanta un registro artistico di altissimo livello, con personaggi e ambientazioni che sfoggiano una personalità e un’originalità davvero invidiabili. Le musiche malinconiche e misteriose contribuiscono a creare un alone di mistero e a coinvolgere ancor di più il giocatore nel viaggio del nostro cavaliere.

L’altro incredibile punto di forza di Hollow Knight è la sua giocabilità. I movimenti del cavaliere sono di una tale precisione e fluidità da rasentare la perfezione e rendono sia le battaglie che le sezioni platform incredibilmente piacevoli e divertenti, nonostante la loro difficoltà decisamente elevata.

Gli scontri coi boss saranno davvero impegnativi (ma mai frustranti) e regaleranno ai giocatori grandi soddisfazioni una volta superati. La struttura della mappa risulta davvero ben studiata e metterà alla prova la capacità del giocatore di orientarsi e sfruttare al meglio tutte le abilità sbloccate durante il gioco.

Completano il pacchetto un’enorme quantità di oggetti, artefatti extra e la presenza di finali multipli, che donano al gioco una longevità enorme. Un capolavoro assoluto, che ogni giocatore degno di questo nome dovrebbe avere nella sua libreria.

Super Metroid

Nonostante abbia ormai quasi trent’anni, Super Metroid è da molti ritenuto uno dei migliori giochi di sempre.

Potrà sembrare una scelta banale; potrà essere poco credibile mettere in cima alla classifica un gioco così vecchio. Sarà l’effetto nostalgia. Saranno i ricordi, ma per chi scrive Super Metroid è tuttora il miglior Metroidvania di sempre (e trovate sul blog anche la nostra recensione contemporanea).

Fin dalla sua uscita, nel lontano 1994, la terza avventura di Samus fu considerata una delle migliori opere per SNES ed è spesso inserita nelle classifiche dei migliori giochi di sempre.

Super Metroid ha praticamente tutto. Una grafica 2d avveniristica per i tempi e tutt’oggi di buonissimo livello. Un sonoro maestoso e coinvolgente. Una giocabilità praticamente perfetta e un numero elevatissimo di abilità e armi nascoste. Si aggiunge a questo una world map praticamente perfetta in cui ogni area del pianeta Zebes risulta credibile e ben caratterizzata.

La cosa più appagante di Super Metroid è il senso di progressione che si avverte nel corso dell’avventura: gli enigmi, le zone nascoste e i nemici diventano via via più impegnativi man mano che aumentano le abilità a disposizione di Samus. Ultima menzione meritano gli incredibili Boss, davvero enormi e a tratti spaventosi.

Super Metroid è una vera opera d’arte. Uno di quei videogiochi che hanno segnato la storia del medium. Consiglio caldamente, soprattutto ai più giovani, di recuperarlo. Credetemi, non ve ne pentirete!

Il mondo dei metroidvania è davvero ricchissimo di titoli interessanti.

Eccoci giunti al termine della nostra panoramica. Come sempre, la parola passa a voi lettori. Conoscevate tutti i titoli della classifica? Avreste inserito altri giochi? O avreste posizionato diversamente quelli inseriti qui? Fateci sapere!

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Recensioni

Exoprimal: abbiamo provato l’open beta

A partire dallo scorso venerdì Capcom ha reso disponibile per tutto il weekend una versione beta di Exoprimal, il nuovo sparatutto della casa di Osaka. Dopo tre giorni passati a distruggere dinosauri in sfide a squadre all’ultimo respiro, siamo pronti a darvi le nostre impressioni.

Armature e dinosauri

L’ambientazione di Exoprimal è quantomeno insolita.

Il concept e l’ambientazione di Exoprimal sono quantomeno originali. In un imprecisato futuro, la razza umana ha sviluppato una serie di teconlogie avanzatissime, tra cui gli ologrammi senzienti ed un sistema di teletrasporto.

La principale applicazione bellica di queste tecnologie è rappresentata dalle Exocorazze, micidiali esoscheletri dalla devastante potenza combattiva. I principali nemici che i possessori di queste incredibili tute saranno chiamati ad affrontare sono nientemeno che….i dinosauri!

In base a quanto si legge sul sito del gioco, la causa della loro comparsa sarebbe da riscontrare in una serie di misteriosi vortici apparsi su tutta la terra. La beta di Exoprimal tuttavia non fornisce grandi informazioni sulle cause di tale fenomeno. Fatto sta che in ogni partita i giocatori si troveranno a fronteggiare non solo le exocorazze avversarie, ma orde di centinaia e centinaia di lucertoloni.

Con un’idea che ricorda di vicino opere come Turok e Cadillacs and dinosaurs, Capcom propone nuovamente una lotta tra futuro e passato, tra tecnologia e forza primordiale, tra uomo e dinosauro.

Questione di sopravvivenza

La modalità sopravvivenza è stata l’unica disponibile nella beta di Exoprimal.

Dopo la creazione del nostro avatar (ancora piuttosto scarna a dire il vero) siamo stati sottoposti ad un breve tutorial, che ha fornito le basi del movimento e delle meccaniche di Exoprimal.

Una volta completato, la beta permetteva di ripetere il tutorial (per poter sperimentare altre exotute) oppure di lanciarsi nella modalità sopravvivenza. Quest’ultima si è rivelata essere una sfida tra due squadre di cinque giocatori ciascuno.

Guidati dalla sinistra intelligenza artificiale Leviathan, probabile antagonista del gioco, i giocatori dovranno superare una serie casuale di quattro missioni, quasi sempre incentrate sull’eliminazione di dinosauri. Si tratterà per esempio della semplice eliminazione di un dato numero di bersagli, oppure della difesa di una determinata zona per un tot di tempo, o ancora dell’abbattimento di belve particolarmente grosse e coriacee, come triceratopi o tirannosauri.

La squadra che completerà per prima le missioni otterrà una serie di vantaggi. Al termine di queste missioni, infatti comincerà la sfida finale, in cui le due squadre si scontreranno con regole particolari. Nello specifico, in una sfida vincerà la squadra che raccoglierà per prima 100 nuclei energetici. In un’altra ci sarà una torre mobile che andrà scortata fino al campo avversario mentre nell’ultima entrambe le squadre avranno a disposizione un martello. Dopo averlo caricato al massimo, l’attrezzo andrà usato per distruggere un nucleo energetico situato nel campo avversario.

Anche in queste sfide avremo a che fare con un numero esorbitante di dinosauri, che renderanno l’esito delle partite ancora più incerto e l’azione ancora più martellante. Raggiunto un determinato punteggio, sarà possibile sbloccare alcuni speciali moduli, che ci consentiranno di controllare per un breve periodo un dinosauro gigante (di solito un tirannosauro) con cui portare scompiglio nel campo avversario.

Per gli amanti degli sparatutto non si tratta certo di modalità mai viste prima, ma la varietà delle missioni mi ha regalato diverse ore di divertimento e le partite non sono mai sembrate troppo simili tra loro.

Una tuta per ogni occasione

Le exotute sono apparse davvero belle e ben caratterizzate.

Il maggior punto di forza di Exoprimal è sicuramente costituito dalle Exocorazze. Esse presentano un design davvero bello ed accattivante e sembrano tutte ben caratterizzate. La varietà di forme e colori è davvero buona e conferisce ad ogni armatura una forte personalità.

Come prevedibile, ogni corazza corrisponde ad una particolare classe e sono suddivise tra assalto, colosso e supporto. Le corazze assalto sono quelle dotate della maggior forza d’attacco e di una buona capacità di movimento. Deadeye è la più bilanciata, Zephyr è specializzata nel corpo a corpo mentre Barrage e Vigilant sono rispettivamente l’artificiere ed il cecchino.

Le corazze colosso sono quelle più tozze e massicce ed hanno elevata resistenza ed enorme potenza offensiva o difensiva, a scapito di mobilità e gittata. Tra queste Krieger è la più potente, Roadblock la più forte in difesa e Murasame la più potente nel corpo a corpo.

Infine le unità supporto hanno il compito di curare le unità alleate (Witchdoctor), supportare dall’alto (Skywave) e fare un mix delle due azioni (Nimbus).

Ogni corazza è dotata di un attacco base e di quattro abilità uniche, che dovranno essere ricaricate dopo l’utilizzo. Non sarà difficile per i giocatori trovare la corazza più congeniale al proprio stile di gioco. Personalmente ho provato tutte le corazze e non ne ho trovata nessuna che non risultasse interessante o che non abbia dato qualche soddisfazione.

Prime impressioni

L’azione in exoprimal è davvero al cardiopalma!

A livello tecnico, la beta di Exoprimal fa sicuramente bella figura. La grafica è davvero bella, nitida e definita. Le animazioni ed i movimenti risultano assolutamente fluidi e dinamici. Il gioco non ha praticamente mai mostrato rallentamenti, nemmeno nelle fasi più concitate, in cui letteralmente centinaia di dinosauri inondavano lo schermo abbattendosi sui giocatori.

Anche il sonoro, pur non brillando in modo particolare, è sembrato molto azzeccato per le atmosfere del gioco. Il design dei dinosauri e delle corazze, armi comprese è estremamente curato e ricco di particolari. Unica nota stonata sono le ambientazioni, che appaiono piuttosto piatte e ripetitive e consistono quasi sempre in città abbandonate e semidistrutte.

Anche per quanto riguarda i controlli, la beta risulta promossa in pieno. I movimenti dei nostri personaggi sono estremamente precisi, veloci e funzionali. Una volta presa la mano, sarà possibile sfruttare al meglio tutte le risorse delle nostre corazze in modo efficacie e soddisfacente, dando vita a battaglie all’ultimo sangue davvero coinvolgenti e divertenti.

Come già scritto, abbiamo potuto osservare solo la modalità sopravvivenza, ma quel che abbiamo visto ci è piaciuto. La combinazione tra azione cooperativa contro i sauri e sfida agli altri giocatori rende le partite sempre varie ed imprevedibili ed ha grandi potenzialità per creare un gameplay ancora più ricco ed accattivante nella versione finale del gioco.

Conclusioni

Exoprimal ha sicuramente un ottimo potenziale.

Per concludere, la beta di exoprimal ci ha sicuramente ben impressionato. Comparto tecnico e giocabilità sembrano essere di buon livello e la varietà delle missioni conferisce un’ottima varietà.

Certo, resta una grande incognita. Riuscirà Exoprimal a ritagliarsi un posto in un panorama così affollato e con una fanbase esigente come quello degli sparatutto? Dovremo ancora attendere qualche mese per saperlo, ma secondo noi il gioco Capcom è da tenere d’occhio.

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Editoriali

Batman: i migliori e peggiori videogiochi dell’uomo pipistrello

Batman: il crociato incappucciato, nato nell’ormai lontano 1915 dalla mente di Bob Kane e Bill Finger, è indubbiamente uno dei più grandi e famosi supereroi del mondo. Visto il grande fascino e l’enorme popolarità del personaggio, non stupisce il gran numero di videogiochi dedicati al cavaliere oscuro. In questo articolo proponiamo una carrellata di dieci titoli che, nel bene e nel male, hanno caratterizzato la storia di Batman nel mondo dei videogiochi.

Per rendere le cose più divertenti, abbiamo pensato di stilare due vere e proprie classifica sulle opere di Batman, una dedicata ai peggiori mentre l’altra ai migliori. Buona Bat-Lettura a tutti!

Flop Five

Ed ecco a voi quelli che, a giudizio di chi scrive, rappresentano i cinque peggiori titoli mai realizzati su Batman. Prima di cominciare precisiamo che si è scelto di non considerare né i giochi mobile né i vecchi titoli LCD, ma solo giochi usciti per console e computer.

5. Batman Forever, 1995 (SNES, GENESIS, DOS)

Batman Forever
Batman Forever, nonostante le buone idee, fu penalizzato dai suoi controlli.

Uscito per sfruttare il successo della pellicola da cui è tratto, Batman Forever sfoggia una grafica digitalizzata molto simile a quella della serie Mortal Kombat e si presenta come una via di mezzo tra un plattform e un picchiaduro a scorrimento. Il titolo Acclaim possiede un buon comparto tecnico e offre una discreta varietà, anche grazie al gran numero di gadget utilizzabili.

Ciò che però lo affossa completamente è il suo sistema di controllo. Acclaim infatti ebbe la bella pensata di riproporre il sistema di combattimento di Mortal Kombat e di adattarlo a questo gioco. Ciò rese i salti un vero e proprio incubo e obbligò gli sviluppatori ad assegnare comandi vitali per la prosecuzione dell’avventura (come il rampino) a pulsanti secondari, spesso da usare anche in combinazione.Inutile dire quanto scomodi e frustranti risultassero questi comandi.

Batman Forever poteva essere un gioco più che discreto, ma a causa dei suoi controlli e della terribile monotonia dei combattimenti entra di diritto nella nostra flop five ed è destinato a restarci…forever!

4. Batman: The Caped Crusader, 1988 (PC)

Batman The Caped Crusader
Giocare a caped crusader era proprio come usare un fumetto interattivo. Il che non sempre è un bene…

Sviluppato a fine anni ottanta su praticamente tutti gli home computers, Batman: The Caped Crusader è una semplice avventura a scorrimento laterale basata su esplorazione e combattimenti. Nei panni di Batman, il giocatore ha la possibilità di scegliere se sfidare il Joker o il Pinguino, senza reali differenze tra un’avventura e l’altra.

Grafica e sonoro sono più che discreti per i tempi, ma ciò che rovina l’esperienza di gioco è la scelta degli sviluppatori di realizzare lo svolgimento dell’avventura tramite vignette. Ogni volta che Batman lascia una schermata, infatti, si ritroverà in una nuova vignetta con una nuova location. Quella che ha lasciato, tuttavia, non scomparirà, ma resterà sullo sfondo senza alcuno scopo se non quello di infastidire e confondere il giocatore.

Come se non bastasse, il sistema di combattimento è estremamente impreciso e legnoso e crea ben presto un senso di frustrazione. Anche in questo caso, un titolo potenzialmente interessante, rovinato da scelte discutibili e da una realizzazione non proprio impeccabile.

3. Batman Forever, 1996 (Arcade)

Batman Forever Arcade
L’arcade di Batman Forever è un titolo davvero terribile.

Ancora una volta un titolo dedicato al film di Joel Schumacher. Stavolta però si tratta di un gioco davvero terribile. Batman Forever è infatti un banale picchiaduro a scorrimento dotato di un gameplay incredibilmente scialbo e ripetitivo, con pochissime azioni di attacco disponibili e un numero davvero spropositato di nemici tutti uguali.

A peggiorare ulteriormente la situazione c’è il fatto che l’azione viene continuamente interrotta dalle animazioni dei power up dei personaggi, che spesso si rivelano inutili. Anche la grafica risulta ben al di sotto degli standard dei tempi. Un gioco davvero scialbo, senza nulla che lo renda interessante. Da evitare assolutamente.

2. Batman: Dark Tomorrow, 2003 (Gamecube, Xbox)

I numerosi bug grafici e i controlli resero Dark Tomorrow un vero e proprio incubo.

Dark Tomorrow è un’avventura 3D e propone una trama originale ispirata prevalentemente al Batman fumettistico. Sebbene il gioco proponga un buon numero di situazioni diverse (fasi stealth, combattimenti ed esplorazione) e riproponga in modo coerente le atmosfere delle storie di Batman, già all’uscita fu letteralmente rigettato da critica e pubblico.

Le ragioni dell’insuccesso sono da ricercare nei terribili controlli del gioco, che rendevano un incubo tentare di fare qualunque cosa a causa della loro oscena imprecisione. Il gioco inoltre presentava un numero incredibile di bug che andavano a peggiorare ulteriormente l’esperienza.

Come ciliegina sulla torta, Dark Tomorrow propone un ampio numero di finali, quasi tutti negativi. A causa dei problemi elencati, però, raggiungere l’unica good ending risultava quasi impossibile. Soprattutto per il fatto che uno dei sovraccitati bug era presente proprio nello scontro finale. Non c’è che dire, il gioco ha avuto davvero un domani oscuro.

1. Batman and Robin, 1998 (PlayStation)

Batman and Robin riuscì ad essere brutto quanto il film da cui era tratto.

Ed ecco il vincitore della nostra flop five! Tratto dal terribile film di Schumacher del 97, Batman and Robin è una sorta di clone di Tomb Raider che alterna sezioni di esplorazione a combattimenti coi vari nemici.

Purtroppo non c’è davvero nulla in questo gioco che funzioni bene. La grafica è poco pulita e molto confusionaria, il sonoro tende ad essere monotono e i controlli sono terribilmente imprecisi e poco funzionali, soprattutto a causa della pessima gestione della telecamera.

Non era semplice essere all’altezza della bruttezza del film da cui è tratto, ma Batman and Robin ci riesce alla grande e si porta a casa il primo posto della nostra classifica.

Top Five

Dopo esserci divertiti con la nostra flop five, passiamo ora a quelli che, sempre secondo chi scrive, sono i cinque migliori titoli dedicati all’uomo pipistrello. Naturalmente si tratta in gran parte di giudizi soggettivi, ma nessuno potrà negare l’ottima fattura dei giochi che andremo ad analizzare. Accendiamo i bat-segnali e lanciamoci!

5. Batman Returns, 1992 (SNES, Genesis)

Batman Returns offriva davvero un’ottima esperienza arcade.

Partiamo con un classico dei primi anni novanta. Batman Returns è un classico picchiaduro a scorrimento in stile arcade e permette ai giocatori di rivivere tutti i momenti salienti del film di Burton conditi da decine e decine di nemici da riempire di mazzate.

Pur risultando a tratti piuttosto ripetitivo, il gioco è dannatamente divertente e soddisfacente, grazie alla precisione dei suoi controlli e alla grande varietà di mosse e gadget a disposizione del giocatore. Anche la grafica ed il sonoro risultano di tutto rispetto e contribuiscono alla buona riuscita dell’esperienza. Da provare assolutamente, anche solo per un pomeriggio di sano divertimento.

4. The Adventures of Batman and Robin, 1994 (SNES)

La grafica e le atmosfere di TAOBAR erano davvero fedeli al cartone animato originale.

Rimaniamo nell’era dei sedici bit anche con questo divertentissimo classico, spesso dimenticato. Ispirato alla classica serie animata anni 90, The Adventures of Batman and Robin è un interessante mix tra plattform, avventura e picchiaduro a scorrimento e presenta una serie di livelli dedicati a quasi tutti i principali nemici di Batman.

La varietà dei livelli e del gameplay risulta davvero elevatissima e raramente il giocatore si troverà ad affrontare due livelli che risultino simili tra loro. I controlli sono precisi e immediati, mentre il comparto tecnico riesce a ricreare in maniera quasi perfetta le atmosfere della serie animata da cui il gioco è tratto, ancora oggi considerata un capolavoro assoluto dell’animazione.

Meritano una menzione particolare le battaglie coi boss, davvero ispirate ed epiche, sebbene molto difficili. Se non lo avete mai provate e siete fan di Batman recuperatelo assolutamente, anche solo tramite emulatore. Non ve ne pentirete!

3. LEGO Batman: Il Videogioco, 2008 (PS2, PS3, XBox, Gamecube, PC)

LEGO Batman Il Videogioco
Nella fortunata serie Lego non poteva certo mancare un gioco dedicato al crociato incappucciato!

Gradino più basso del podio per il primo titolo dedicato a Batman della fortunata serie lego. Esattamente come gli altri titoli della serie, Lego Batman è un’avventura in stile plattform ambientata nel mondo dei famosi mattoncini di origine danese.

Sia la risoluzione degli enigmi che i combattimenti obbligheranno il giocatore a fare largo uso dei mattoncini LEGO per la costruzione di armi, piattaforme e vari altri oggetti utili alla prosecuzione dell’avventura.

Oltre ad offrire un grande divertimento grazie alla semplicità dei comandi e alle atmosfere scanzonate tipiche della serie, Lego Batman è impreziosito dalla presenza di un numero davvero enorme di avversari dell’uomo pipistrello. Una volta terminato il gioco, sarà addirittura possibile rigiocare l’avventura vestendo i panni dei cattivi.

Nonostante la sua semplicità, Lego Batman si guadagna la medaglia di bronzo grazie all’enorme divertimento che sa regalare.

2. Batman: The Video Game, 1989 (NES)

Il gioco di Batman per NES fu davvero un classico del parco titoli della console nintendo.

Secondo posto per un grande classico dell’era otto bit. Batman: The Video Game si ispira in modo palese alla saga di Ninja Gaiden (basti pensare alla capacità di batman di utilizzare le pareti come trampolino), ma riesce a brillare di luce propria.

Il titolo Sunsoft è un action plattform davvero frenetico e divertente, con un livello di difficoltà molto elevato ma mai troppo frustrante o punitivo. I bonus e i potenziamenti delle armi sono numerosi ed estremamente appaganti e le sezioni plattform, per quanto ardue, risultano dannatamente soddisfacenti una volta superate.

Anche grafica e sonoro, se rapportato agli anni in cui il gioco è uscito, si mostra assolutamente all’altezza e riescono a ricreare perfettamente le atmosfere del primo film di Burton, a cui il gioco si ispira, pur scegliendo di non seguirlo in maniera troppo fedele. Ogni fan di Batman che si rispetti deve avere questo gioco nella sua collezione.

1. Arkham Asylum, 2009 (PS3, Xbox 360, PC)

La serie Arkham è stata davvero uno spartiacque per la vita videoludica di Batman.

Con ben poca sorpresa invece, si aggiudica il primo premio il gioco che ha elevato più di ogni altro lo status di Batman nel mondo dei videogiochi. Abbiamo scelto di inserire solo Asylum per scongiurare il rischio di ottenere una classifica monopolizzata da questi giochi.

La serie Rocksteady ha di fatto inventato un nuovo genere, quello delle avventure open world dedicate ai supereroi. Con il suo mix di azione stealth, esplorazione, risoluzione di enigmi e combattimenti a mani nude, la saga di Arkham ha da subito catturato i favori di critica e pubblico, ottenendo numerosi premi e riconoscimenti ed è ancora oggi il punto di riferimento per numerose produzioni (basti citare la serie Spider-Man di Sony).

Le trame e le atmosfere dei vari giochi, tutte originali e pensate appositamente per questa saga, sono davvero avvincenti, interessanti e ben strutturate e riescono ad accontentare sia i fan dei fumetti che quelli del Batman cinematografico.

Sebbene consideri City il migliore della saga, ho scelto di premiare Asylum poiché si tratta del precursore, nonché del gioco che ha gettato le basi per l’evoluzione dell’intera serie.

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Recensioni

Fire Emblem Engage – Recensione

Recensione in BREVE

Fire Emblem Engage è uno strategico solido, ricco e divertente. Il gioco presenta una trama avvincente, un sistema di gioco divertente e appagante e un cast di personaggi interessante e ben caratterizzato. Unici difetti sono la mancanza di profondità e la varietà, non sempre elevatissima. Consigliamo assolutamente l’acquisto ai fan della saga e dei gdr in generale.

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Dopo l’ottimo successo di Three Houses e dello spin off Warriors: Three Hopes, Nintendo regala ai fan un nuovo episodio della serie principale di Fire Emblem. Fin dai primi trailer, Fire Emblem: Engage è riuscito a catturare l’attenzione di tutti gli appassionati della saga grazie alla presenza di quasi tutti i personaggi principali della serie. Con l’aumento delle informazioni a disposizione è stato chiarito che questi personaggi sarebbero comparsi nel gioco sotto forma di spiriti custodi e avrebbero permesso ai nostri protagonisti di potenziarsi grazie alle loro abilità. Questa particolare caratteristica, unita all’amore che da sempre i fan riservano alla saga di Fire Emblem, ha contribuito a tenere alta l’attenzione su Engage. Scopriamo in questa recensione di Fire Emblem: Engage se l’attesa è stata ripagata.

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La trama di Engage, sebbene piuttosto lineare, riserva molti colpi di scena.

Il risveglio del drago divino

Dopo un classico Flashforward che, nella tradizione di Fire Emblem, ci mostra un anticipo della nostra battaglia finale, Engage inizia con il risveglio del nuovo protagonista, Alear. Il nostro eroe (il cui nome e genere possono essere personalizzati) si ritrova in una sorta di camera magica al centro della regione di Lythos.

Qui scopre presto di essere nientemeno che l’ultimo Drago Divino, custode della pace nel continente di Elyos, e di essere rimasto addormentato per mille anni in seguito ad un terribile scontro contro il Drago Maligno Sombron. Il lungo sonno ha causato una parziale perdita dei ricordi di Alear, che si ritrova catapultato in un mondo che ha di nuovo bisogno del suo intervento.

Un continente sull’orlo della guerra

Il mondo di Fire emblem engage, pur non possedendo la complessità di alcuni dei suoi predecessori, risulta comunque piuttosto interessante.

Il continente di Elyos si trova da qualche tempo a dover affrontare la minaccia dell’Elusia, il più pericoloso ed infido dei suoi regni. Forti di oscuri e misteriosi poteri magici, gli elusiani hanno da qualche tempo cominciato ad espandersi verso i regni vicini, mettendo a rischio la pace. Come se non bastasse, da qualche tempo in tutta l’Elyos appaiono misteriose e terribili creature, le aberrazioni, che causano morte e distruzioni nei centri abitati. Dietro a queste minacce si cela il ritorno del temibile Sombron e della sua influenza maligna.

Alear lascia ben presto il Lythos per partire in un’avventura che lo vedrà attraversare tutti i regni di Elyos: la pacifica terra di Firene, la bellicosa Brodia, la desertica Solm e persino l’oscura Elusia.

Nel corso del viaggio il drago divino incontra numerosi personaggi da ognuno di questi regni. Molti di essi si rivelano potenti alleati oppure temibili avversari. Tutti i territori del mondo di Engage risultano molto ben caratterizzati e i rapporti tra i regni si rivelano abbastanza interessanti, pur senza raggiungere la complessità dell’intreccio politico visto in Three Houses.

La trama di Engage, pur restando piuttosto lineare, si rivela molto avvincente, interessante e riserva alcuni colpi di scena davvero emozionanti. Le vicissitudini dei nostri eroi, come nei precedenti Fire Emblem, vengono narrate dalle sequenze di intermezzo visibili tra una missione e l’altra. I dialoghi sbloccabili invece servono solamente ad approfondire i rapporti tra i nostri numerosi personaggi.

Il signore degli anelli

Gli anelli degli emblemi rappresentano la principale novità di Engage.

La principale novità proposta da Engage è rappresentata dagli anelli degli emblemi. Questi manufatti permettono al nostro Alear di richiamare alcuni potenti spiriti, chiamati emblemi, che racchiudono le essenze dei principali eroi della saga di Fire Emblem. Si tratta certamente di una trovata commerciale, che strizza palesemente l’occhio agli appassionati di Fire Emblem Heroes, titolo mobile su Fire Emblem che propone un’idea molto simile.

Tuttavia, la presenza di questi spiriti aggiunge un tocco di originalità alle battaglie, oltre a permettere a tutti i fan di vecchia data di giocare di nuovo con tanti personaggi noti. Anelli ed emblemi giocheranno un ruolo pesante nella trama del gioco, soprattutto dopo che Alear scoprirà che anche i suoi nemici sono in grado di utilizzare gli anelli per evocare gli emblemi.

Un comparto tecnico all’altezza

Per quanto concerne l’aspetto tecnico, Fire Emblem Engage si mostra all’altezza delle aspettative. Rispetto a Three Houses la grafica appare molto più pulita e curata e le animazioni delle battaglie risultano più fluide, spettacolari e belle da vedere.

Anche le mappe e gli sfondi in cui si svolgono le battaglie propongono scenari molto dettagliati e riescono a differenziare nettamente le caratteristiche tipiche di ogni regione che andiamo a visitare.

La grafica di Engage è davvero pulita e spettacolare.

I momenti più spettacolari in assoluto sono senz’altro le animazioni dedicate alle unioni con gli emblemi, in particolare quelle dei loro attacchi speciali, che sfoggiano un vero tripudio di luci e colori.

Le scene di intermezzo sono anch’esse ben realizzate, in particolare i filmati in modalità cinematica. Questi ultimi, pur essendo in numero piuttosto limitato, regalano animazioni che sembrano uscite direttamente da un moderno anime.

Anche il sonoro si presenta davvero bene, con una serie di musiche molto ispirate e d’atmosfera, perfettamente in linea con gli altri titoli della saga. Merita una menzione particolare la canzone che accompagna la sequenza iniziale del gioco, davvero azzeccata e d’atmosfera, sia nella versione occidentale che in quella giapponese.

Un fire emblem tradizionalista

Le battaglie di Engage richiamano in tutto e per tutto quelle dei capitoli precedenti.

Per quanto riguarda il gameplay, Engage ripropone tutti gli elementi tipici della serie Fire Emblem. Il gioco è diviso in 26 capitoli, ad ognuno dei quali corrisponde una battaglia. Vincendo gli scontri, la storia procede attraverso una serie di sequenze animate che trasportano il giocatore al capitolo successivo. Oltre alle missioni principali si sbloccheranno anche diverse appendici, missioni secondarie che spesso permettono al giocatore di reclutare nuovi eroi.

Le battaglie si svolgono con il tradizionale sistema a turni. Durante la fase del giocatore possiamo spostare le unità lungo la mappa, farle attaccare, cambiare il loro equipaggiamento e far loro compiere determinate azioni, come aprire porte o parlare con alcuni nemici per convincerli a passare dalla nostra parte.

Torna anche il classico sistema del triangolo delle armi (spada batte ascia, ascia batte lancia e lancia batte spada) con i tipici punti di forza e debolezza legati alle classi dei personaggi e al loro equipaggiamento. A livello di classi, Engage propone qualche piccola novità (per esempio i cavalieri lupo) ma resta complessivamente ancorato alla tradizione, con solamente qualche piccola variante.

Anche per quanto riguarda gli intermezzi tra uno scontro e l’altro, il gioco è fedele agli antichi canovacci. Torna quindi la mappa del mondo con la possibilità di affrontare scontri di allenamento, missioni secondarie o proseguire nella trama.

Al posto del monastero visto in Three Houses Engage introduce il Somniel, sorta di base volante nella quale potremo approfondire i rapporti tra i nostri personaggi (emblemi compresi), svolgere tutta una serie di mini giochi per migliorare le nostre statistiche e affrontare una serie di sfide particolari alla torre delle lotte. Purtroppo anche in Engage sarà possibile portare al massimo il livello di affinità con un solo personaggio. Dunque dimentichiamo l’intreccio di love stories visto in alcuni dei capitoli più vecchi.

Nel complesso, dunque, Engage si mostra meno innovatore rispetto a Three Houses (che abbiamo approfondito in passato), ma riesce ad evitare in parte quella ripetitività ed eccessiva lunghezza che aveva in parte gravato sul suo predecessore.

Marth, ho scelto te!

La meccanica delle unioni risulta davvero divertente e spettacolare.

Anche sul fronte del gameplay, la principale novità di Engage risiede sicuramente nella presenza degli anelli degli emblemi. Prima di ogni scontro, infatti, il giocatore ha la possibilità di assegnare ad ognuno dei suoi eroi un anello, a cui è associato un eroe leggendario.

Questi anelli forniscono ai nostri eroi tutta una serie di bonus e abilità passive, che si potenziano con la crescita dell’affinità tra personaggio ed emblema. In più, in ogni momento dello scontro il nostro personaggio ha la possibilità di attuare l’unione – l’engage del titolo – ovvero una sorta di fusione tra eroe ed emblema.

In stato di unione, il nostro eroe per tre turni disporrà di una potenza molto maggiore e potrà sfruttare le armi e le abilità del suo emblema, tra cui spiccano alcune devastanti mosse speciali. La barra dell’unione può essere ricaricata tramite una serie di fonti di energia sparse lungo la mappa.

Le unioni, oltre ad essere molto spettacolari, forniscono agli scontri un pizzico di varietà in più e permettono al giocatore di scegliere se associare ad ogni eroe un emblema della medesima classe, in modo da massimizzarne le caratteristiche, oppure generare una combinazione di classe utile per fronteggiare le varie situazioni.

Una sfida adatta a tutti

I livelli di difficoltà di Engage mostrano un livello di sfida adatto a tutti.

Anche Engage propone una scelta fra tre livelli di difficoltà: normale, difficile e folle. Se a livello normale il gioco è a tratti persino troppo facile, già a difficile propone una sfida di tutto rispetto.

Per non subire enormi perdite o addirittura sonore sconfitte il giocatore deve valutare con estrema precisione le sue mosse e studiare con attenzione le abilità e l’equipaggiamento di ogni eroe. Il gioco inoltre non è particolarmente generoso in quanto ad oro, quindi anche le spese per gli armamenti vanno valutate con cura.

A difficoltà folle il gioco è arduo e punitivo e diventa una sfida degna anche per i più esperti giocatori di Fire Emblem. Giungono in soccorso al giocatore la cronogemma, artefatto in grado di avvolgere indietro il tempo per alcuni turni e la mancanza dell’usura delle armi.

Anche engage permette al giocatore di scegliere se inserire o meno la morte permanente dei personaggi. Per conto mio, suggerisco di lasciare assolutamente questa opzione, poichè senza di essa, Fire Emblem perde gran parte del suo fascino.

Engage è davvero un degno erede della dinastia dei Fire Emblem

Conclusione

Engage è davvero un ottimo titolo. Uno strategico divertente, longevo e con un’ottima trama. I suoi unici punti deboli sono da individuare nella ripetitività del gameplay e nella linearità della storia.

Per il resto il gioco è davvero ottimo e rappresenta quel ritorno alle origini che molti giocatori chiedevano dopo le molte innovazioni introdotte da Three Houses. Consigliamo l’acquisto a tutti i fan della saga e agli amanti dei giochi di ruolo.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: PS5, Xbox Series S|X, Switch, PC, PS4
  • Data uscita: 26/05/2023
  • Prezzo: 59,99 €

Ho nuovamente provato il gioco a partire dal day one dell’ultimo update su PlayStation 5.

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Editoriali

I 5 migliori giochi per Gamecube

Il Nintendo Gamecube non è certamente stata la più fortunata tra le piattaforme della grande N. La console di sesta generazione della casa di Kyoto, la cui epopea è durata dal 2001 al 2007, non è infatti riuscita ad imporsi come leader del mercato.

Causa di questo parziale insuccesso sono state alcune scelte commerciali poco azzeccate da parte di Nintendo (prima fra tutte quella di affidarsi ad uno strambo formato mini-dvd), oltre alla spietata concorrenza di Xbox e Playstation 2.

Tuttavia, Gamecube ha saputo conquistare un posto speciale nei cuori dei videogiocatori grazie all’incredibile qualità del suo parco titoli. In questo articolo riscopriamo i cinque giochi, in esclusiva, che più di tutti gli altri hanno segnato la storia del cubo viola di Nintendo.

Luigi’s Mansion

Luigi’s Mansion segna il debutto di Luigi nel ruolo di protagonista su Gamecube.

Nella nostra carrellata non potevamo che partire dal titolo di lancio di Gamecube, ovvero Luigi’s Mansion. Uscito insieme alla console nel settembre 2001, Luigi Mansion mette per la prima volta sotto i riflettori Luigi, il fratello del ben più famoso Mario, che in questo gioco viene “promosso” da semplice spalla del protagonista ad eroe assoluto dell’avventura.

Nel tentativo di salvare il fratello, Luigi deve esplorare una magione infestata dai simpatici ma letali fantasmi Boo. Per fare ciò, Luigi può ricorrere ad un vasto e strampalato arsenale di armi ed accessori. Tra essi spiccano la torce, in grado di svelare i fantasmi nascosti e l’aspirapolvere Poltergust 3000, che rappresenta la nostra arma principale.

Luigi’s Mansion va a stravolgere i canovacci della serie, eliminando gli elementi platform e gli ostacoli e concentrando l’attenzione sulla risoluzione di enigmi e sui combattimenti. Il gioco riesce a creare un mix vincente tra riflessività e azione e risulta sempre estremamente piacevole ed intrigante.

Dal punto di vista tecnico, il gioco presenta una grafica molto pulita e gradevole e un sonoro buffo e coinvolgente al punto giusto. L’unico neo di Luigi’s Mansion è rappresentato dalla sua longevità, non proprio elevatissima. Se ne avete l’occasione recuperatelo assolutamente. Avrete diverse ore di divertimento garantito.

Super Mario Sunshine

Mario Sunshine trasporta i possessori di Gamecube nelle assolate lande di Delfinia.

Super Mario Sunshine dovette raccogliere la pesante eredità di Super Mario 64, primo gioco 3D della serie. Sunshine tuttavia riesce a non sfigurare davanti all’illustre predecessore.

In questo gioco accompagniamo Mario durante la sua avventura all’isola di Delfinia, nel tentativo di fermare il malvagio Bowser Junior (qui al suo debutto nella saga), intenzionato a rapire Peach e ad imbrattare tutta l’isola con la sua vernice speciale.

Mario sarà costretto ad esplorare le varie aree dell’isola per raccogliere i soli custodi, in grado di riportare la situazione alla normalità. Per compiere quest’impresa il baffuto idraulico può fare affidamento sullo Splac 3000, specie di pompa in grado di emettere potenti getti d’acqua. Grazie ad essa Mario potrà ripulire le aree dell’isola infette dalla melma, nonché effettuare una serie di planate ed acrobazie particolari.

La struttura di Sunshine riprende direttamente quella di Mario 64, ma va ad espanderla. Partendo dalla città di Delfinia, che rappresenta l’area centrale del gioco, Mario potrà liberamente esplorare i vari livelli, che si presentano davvero vasti ed articolati.

Come in una sorta di open world, Mario è costretto perlustrare a fondo ogni area per riuscire a risolvere i vari enigmi e mettere le mani sugli agognati soli custodi. Il livello di sfida, rispetto agli altri titoli della serie, stavolta è davvero arduo, sia per quanto riguarda l’individuazione delle azioni da compiere, sia per la loro effettiva messa in atto.

Sunshine presenta un sistema di controllo molto ricco e stratificato, anche se non sempre immediatissimo, aspetto che contribuisce a creare grande frustrazione nei livelli più complessi. Grafica e sonoro sono, come sempre, estremamente curati e fungono da ottimo accompagnamento nella nostra avventura.

Se siete fan della serie di Mario recuperate assolutamente Sunshine, ma preparatevi ad una sfida davvero dura!

Super Smash Bros. Melee

Smash Bros. Melee per Gamecube è ancora considerato da diversi giocatori il migliore della saga.

E non poteva mancare quello che è considerato da molti il miglior picchiaduro per Gamecube. Smash Bros Melee prende tutto quanto c’era di buono nel primo gioco, uscito per Nintendo 64 e lo espande oltre ogni orizzonte.

Il roster di Melee conta più di venti combattenti diversi, provenienti da tutti i maggiori franchise di Nintendo, dai pokèmon a Legend of Zelda passando per Fire Emblem, saga che deve anche a Melee la sua diffusione in occidente.

I nostri eroi hanno una nutrita serie di stages in cui riempirsi allegramente di mazzate. Che siano sfide a tempo, battaglie all’ultima vita o un mix di regole personalizzato dal giocatore, gli scontri di Smash sono sempre adrenalitici e caotici. Questo grazie al perfetto sistema di controllo del gioco, che riesce a creare un incredibile equilibrio tra un party game e un vero picchiaduro competitivo.

I comandi di Melee sono apparentemente molto semplici, ma ottenere un controllo efficacie del personaggio e soprattutto una padronanza completa del suo intero set di mosse richiederà moltissima pratica ed altrettanto tempo.

Completano il quadro un enorme numero di modalità e regole per gli incontri e la possibilità di competere in 4 giocatori contemporaneamente, per dare vita a sfide davvero epiche in grado di mettere in discussione anche le amicizie più salde!

Anche se non siete amanti del genere consiglio caldamente di recuperare Melee e farci qualche partita, meglio ancora se in compagnia di un amico!

The Legend of Zelda: The Wind Waker

Windwaker è davvero una perla preziosa nel panorama dei titoli Gamecube.

Poteva mancare in una classifica di giochi Nintendo un esponente della saga di Legend of Zelda? Naturalmente no! La lotta con Twilight Princess è stata davvero durissima, ma ho deciso di premiare Wind Waker per la sua originalità e per l’importanza che ha avuto nell’evoluzione della serie.

In questo gioco l’indomito Link si trova ad esplorare una Hyrule completamente sommersa dalle acque. Di conseguenza, il nostro incappucciato eroe è costretto a navigare di isola in isola per raccogliere le reliquie necessarie a fermare il malvagio Ganondorf e salvare ancora una volta il suo mondo.

Nelle sue peregrinazioni Link sarà accompagnato da Re Drakar, trasformato da una maledizione in una barca di legno. Grazie alla Wind Waker, una magica bacchetta del vento, il nostro Link potrà controllare i venti, permettendo a lui e al re di setacciare tutto l’enorme oceano che compone la mappa del gioco.

Alla sua uscita, Wind Waker non fu apprezzato universalmente, soprattutto a causa del suo stile grafico molto simile ad un cartone animato, che non trovò il favore di molti videogiocatori.

Tuttavia ciò che rende Wind Waker un’esperienza davvero incredibile e l’assoluta libertà di movimento che il gioco consente, assolutamente inedita per gli anni in cui uscì. Dopo una breve parte introduttiva, durante la quale il percorso è obbligato, il giocatore ha la possibilità di organizzare in piena autonomia il suo viaggio.

L’esplorazione in Wind Waker è davvero ben fatta e coinvolgente e ci farà immedesimare completamente in Link durante le sue peregrinazioni marittime. Anche la grafica, per quanto particolare, resta estremamente piacevole e calzante. Stesso discorso per il sonoro, che offre alcune delle tracce più memorabili dell’intera saga. Merita una menzione in particolare la musica che accompagna gli spostamenti in barca di Link, davvero meravigliosa.

Ogni amante dei giochi di avventura e in generale ogni videogiocatore dovrebbe provare Wind Waker nella sua vita. Perdere questo capolavoro sarebbe davvero un peccato.

Metroid Prime

Metroid Prime è forse il miglior gioco in assoluto per Gamecube.

Concludiamo la nostra rassegna con quello che è forse il titolo che più di ogni altro i fan vorrebbero veder fare ritorno su Switch. Metroid Prime, uscito nel febbraio 2003 in Giappone, segna il passaggio della saga di Samus Aran alla terza dimensione.

Grazie ad un’inedita visuale in soggettiva, infatti, il giocatore viene trasportato direttamente dietro al visore della letale cacciatrice, pronto ad accompagnarla in una nuova incredibile avventura. Samus questa volta si ritrova ad esplorare la fregata Orpheon ed in seguito il pianeta Tallon IV, nel corso di una durissima lotta contro un enorme numero di creature mutate dal Phazon, micidiale liquido radioattivo.

Il grande merito di Prime sta nel fatto che ha saputo unire in maniera encomiabile la grafica tridimensionale e la modalità in prima persona con le meccaniche tipiche della saga. Non ci troviamo infatti di fronte ad un semplice FPS, bensì ad una vera e propria avventura in cui la risoluzione degli enigmi e l’esplorazione attenta delle aree rappresentano ancora il cuore pulsante del titolo.

Per completare la sua missione, infatti, Samus ha ancora una volta bisogno di sbloccare ogni potenziamento e ogni abilità della sua tuta. Questo porterà la bella cacciatrice a setacciare ogni angolo del pianeta, alla ricerca di ogni area rimasta libera.

Non manca naturalmente nemmeno l’azione, grazie al nutrito arsenale di cui Samus dispone e alla nuove possibilità fornite dalla visuale in soggettiva. Le armi a disposizione sono davvero moltissime, così come le trategie da seguire per sconfiggere i vari nemici.

La grafica del gioco, sfrutta fino all’ultima goccia le possibilità di Gamecube e riesce ad immergere totalmente il giocatore nell’avventura, ricreando un mondo futuristico davvero accattivante e terrorizzante.

Davvero un must assoluto per ogni possessore di Gamecube che si rispetti e di cui è ora disponibile anche una versione rimasterizzata per Nintendo Switch.

E voi che dite? Conoscevate tutti i titoli citati nell’articolo? E quali giochi avreste inserito nella vostra personale top five? Scrivetelo nei commenti qui sotto!