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La storia di Mortal Kombat: ascesa, declino e redenzione

Da pochi giorni è finalmente disponibile Mortal Kombat 1, dodicesimo episodio della celeberrima saga di NetheRealm Studios. Per celebrare l’occasione abbiamo deciso di proporvi un piccolo viaggio nel tempo, alla riscoperta dei primi episodi di questa pluricelebrata serie.

Questi titoli, usciti originariamente in versione arcade e convertiti per praticamente tutti i sistemi dell’epoca, sono stati gli artefici del successo di Mortal Kombat e della nascita della sua leggendaria eredità. Recuperiamo una manciata di gettoni e prepariamoci a riscoprire le origini di uno dei dominatori assoluti del genere dei picchiaduro. Fight!

Mortal Kombat: il primo mitico episodio

Il Mortal Kombat originale vide la luce nel 1992 in versione arcade ad opera di Midway Games. In quel periodo il panorama dei giochi da sala era quasi interamente dominato dal leggendario Street Fighter 2 di Capcom. Anche il solo pensare di competere con quel titolo sembrava pura follia.

Eppure Midway riuscì nell’impresa, dal momento che il suo picchiaduro si rivelò un successo planetario, divenendo uno dei cabinati più giocati in assoluto. Come se non bastasse, nel corso del 1993, arrivò su praticamente ogni sistema di gioco esistente, comprese le console portatili Gameboy e Game Gear.

Gli ingredienti del successo furono molteplici. Anzitutto l’utilizzo della grafica digitalizzata, novità assoluta per quei tempi. Midway infatti assoldò un team di attori le cui movenze vennero trasposte direttamente in forma digitale. I videogiocatori ebbero davvero l’impressione di trovarsi di fronte ad un film di arti marziali interattivo.

La trama del gioco inoltre era davvero avvincente e veniva sviscerata nei dettagli nell’intro di gioco e nei finali dei personaggi. Fulcro della storia era il Mortal Kombat, torneo interdimensionale utilizzato dall’Outworld per impossessarsi degli altri regni. I guerrieri della terra, guidate dal Dio del tuono Raiden, hanno il compito di sconfiggere lo stregone Shang Tsung e i suoi guerrieri per salvare la terra dalla conquista.

I personaggi del gioco erano tutti ben caratterizzati, sia visivamente che per quanto riguarda il loro background. Ad entrare nel cuore dei videogiocatori più di ogni altro furono però i due ninja, Sub-Zero e Scorpion, che divennero ben presto le due figure più iconiche della saga.

Per quanto riguarda il gameplay, Mortal Kombat proponeva un sistema a cinque tasti: due pugni, due calci e una parata. Gli attacchi base dei personaggi tendevano ad essere molto simili ed erano le mosse speciali a differenziare in maniera significativa i vari lottatori. Rispetto a Street Fighrer 2 il gameplay era sicuramente meno profondo, ma dannatamente divertente, intuitivo e dinamico: seppe far breccia nell’animo dei giocatori.

Naturalmente, l’ultimo ingrediente del successo di Mortal Kombat fu la sua incredibile violenza. Durante gli scontri, infatti, ogni colpo andato a segno avrebbe causato copiosi spruzzi di liquido rosso dal corpo del nostro avversario. Come se ciò non bastasse, al termine dello scontro, dopo l’apparizione dell’iconica scritta “Finish Him!”, il giocatore avrebbe avuto la possibilità di eseguire le celeberrime fatality: mosse finali, attivabili tramite combinazione, che causavano l’uccisione dell’avversario, spesso in modi davvero spettacolari e brutali.

Mortal Kombat II: un sequel leggendario

Nonostante l’incredibile successo del primo capitolo, Midway non rimase a dormire sugli allori. Già nel corso dell’anno successivo, il 1993, fece la sua apparizione nelle sale giochi di tutto il mondo Mortal Kombat II.

Ambientato interamente nel regno di Outworld, Mortal Kombat 2 introdusse Shao Kahn, imperatore di Altromondo e nuovo antagonista del gioco. Ancora una volta, i guerrieri della terra erano chiamati a difendere il loro mondo attraverso il Mortal Kombat, con l’ulteriore svantaggio di combattere in territorio nemico.

Mortal Kombat 2 non introdusse nessun elemento particolarmente innovativo a livello di gameplay, ma si limitò a potenziare e migliorare ogni singolo aspetto del gioco originale. La grafica, il sonoro, il numero dei lottatori selezionabili, persino la complessità della trama. Ogni singolo elemento di Mortal Kombat 2 ampliava e perfezionava il suo predecessore.

Unica novità davvero degna di nota era la netta accellerazione del ritmo di gioco, che rendeva MK2 molto più veloce e frenetico del suo predecessore. Il gioco introdusse anche un maggior numero di fatality per personaggio, oltre alle babality (con cui potevamo tramutare l’avversario in un bambino) e le friendship (simpatici scherzi che deridevano l’avversario anzichè ucciderlo).

Tutti questi elementi fecero di Mortal Kombat II un successo planetario, apprezzato dalla quasi totalità dei giocatori e convertito ancora una volta per ogni sistema casalingo esistente. Il gioco è tuttora considerato uno dei picchiaduro più famosi ed influenti di sempre.

Unico neo del gioco era costituito dalla sua terribile difficoltà, dovuta anche ad una CPU programmata in modo davvero perfido. Oltre ad imbrogliare sui frame delle mosse, infatti, il computer era anche in grado di “leggere” in anticipo i comandi inseriti dal giocatore, in modo da anticiparli. L’unica maniera davvero efficace per contrastare la CPU era imparare a sfruttare i suoi pattern preimpostati. Così facendo il giocatore aveva la possibilità di anticipare a sua volta le azioni nemiche. Un esempio pratico era l’utilizzo del salto all’indietro che, da una certa distanza, spingeva sempre il computer a saltare a sua volta, esponendosi agli attacchi.

Mortal Kombat 3: un’eredità pesante

Mortal Kombat 3

Dopo Mortal Kombat 2 passarono due interi anni prima che Midway decidesse di riproporre il suo cavallo di battaglia. Nel frattempo, il mondo dei videogiochi cambiò profondamente. Le console a 16 bit vennero pian piano soppiantate dalle più prestanti 32 bit, come il Sega Saturn e la prima mitica Playstation.

Anche il genere dei picchiaduro, mietitore assoluto dei primi anni 90, stava cambiando rapidamente. Titoli come Virtua Fighter e Tekken avevano letteralmente stregato i videogiocatori, attratti dal fascino dei nuovi giochi in 3D. Nonostante il clima difficile, nell’aprile del 1995 Mortal Kombat 3 invase le sale giochi di tutto il mondo, riuscendo di nuovo ad ottenere un ottimo successo.

Questo terzo episodio presentava toni ed atmosfere ancora più oscure ed opprimenti rispetto ai suoi predecessori. Il malvagio Shao Kahn stavolta decide di aggirare il Mortal Kombat, invadendo direttamente il pianeta terra. Di conseguenza, gli stages di MK3 presentano scenari presi sia da Outworl sia da una terra sull’orlo della catastrofe.

Rispetto ai predecessori, Mortal Kombat 3 pigiava ancora di più sull’accelleratore, con un gameplay ancora più forsennato e veloce. L’aggiunta delle combo e del pulsante della corsa aumentava ulteriormente la frenesia degli scontri e i riflessi dei giocatori dovevano essere più che buoni per ottenere risultati accettabili.

Anche il comparto grafico e il sonoro del gioco migliorarono ulteriormente rispetto al secondo capitolo, sebbene le tecniche di digitalizzazione risultassero ormai superate. Naturalmente fecero il loro ritorno le mitiche fatality, accompagnate dalle babality, dalle friendship e dalle nuovissime animality. Queste ultime vedevano il nostro combattente tramutarsi in una vera e propria belva, che in alcuni casi sbranava interamente l’avversario.

Pur ricevendo una buona accoglienza, Mortal Kombat 3 non riuscì a conquistare interamente il pubblico, soprattutto a causa di un roster piuttosto bislacco che inseriva un enorme numero di new entry, a volte non proprio azzeccate e andava ad escludere lottatori leggendari come Scorpion, Raiden e Kitana.

Per ovviare a questo difetto l’anno successivo Midway pubblicò due nuove versioni del gioco, Ultimate Mortal Kombat 3 e Mortal Kombat Trilogy, che andarono ad espandere in modo molto significativo il roster, lasciando praticamente inalterato il gioco.

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Una transizione difficile

Nel 1997 Midway decise che era giunto il momento anche per Mortal Kombat di passare alla terza dimensione. Ecco dunque arrivare Mortal Kombat 4, primo titolo della saga a proporre una grafica interamente in 3D.

Mortal Kombat 4 introdusse Shinnok, letale divinità anziana nemica di Raiden, evaso dal Netherrealm per invadere la terra. Toccherà di nuovo a Raiden e ai suoi guerrieri sconfiggerlo e porre fine alla sua minaccia. Queste premesse permisero ai programmatori di proporre un cast davvero ben assortito, con quasi tutti i volti storici della saga affiancati da alcune new entry davvero interessanti.

Le novità introdotte da Mortal Kombat 4 erano davvero molte. I personaggi avevano la possibilità di estrarre un’arma tramite particolari sequenze e di sfruttarla temporaneamente. In più, all’interno degli stages erano presenti diversi elementi interattivi, che potevano essere raccolti ed utilizzati come strumenti offensivi. Inoltre, i personaggi avevano la facoltà di muoversi in profondità per effettuare particolari schivate, sebbene gli scontri restassero confinati su un’asse orizzontale.

Nonostante tutte queste innovazioni, Mortal Kombat 4 non riuscì a far breccia nei cuori dei giocatori. Questo insuccesso fu anzitutto dovuto ai controlli, piuttosto legnosi e non sempre rispondenti. Inoltre, pur presentando una grafica interamente poligonale, Mortal Kombat 4 restava saldamente ancorato ai canoni dei giochi di combattimento 2D: questa situazione creò una sorta di ibrido che non seppe accontentare pienamente né i fan dei picchiaduro in 3D né gli amanti dei classici giochi bidimensionali.

Un lungo percorso di redenzione

Dopo Mortal Kombat 4 la saga iniziò un lungo periodo di sperimentazione. I giochi che si susseguirono nel corso degli anni, infatti, pur presentando una qualità più che discreta e diverse interessanti innovazioni, non seppero raggiungere i fasti degli episodi originali.

Questo almeno fino al 2011, data di uscita di Mortal Kombat, nono episodio della saga. Questo titolo, uscito per PS3, Xbox 360 e PC, propose un vero e proprio reboot della saga. Grazie ad una serie di viaggi del tempo, infatti, la timeline di Mortal Kombat venne riscritta, annullando tutti gli eventi successivi a Mortal Kombat 3.

Anche il gameplay venne profondamente rinnovato e migliorato, regalando un picchiaduro divertente, profondo e godibile. Il successo del nuovo Mortal Kombat permise alla saga di vivere una vera e propria seconda giovinezza, grazie ad una nuova serie di giochi dalla qualità davvero eccelsa.

Infine, il punto più alto della saga è stato raggiunto dal meraviglioso Mortal Kombat 11, uno dei migliori picchiaduro di sempre. Vedremo se Mortal Kombat 1 saprà essere all’altezza di questi grandi picchiaduro.

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Immortals of Aveum – Recensione

L’uscita di Immortals of Aveum, verso la fine di agosto, è indubbiamente passata un po’ in sordina. Il gioco, infatti, non ha goduto di una campagna pubblicitaria particolarmente efficace. Inoltre l’essere uscito in concomitanza con giochi davvero di primo piano, come Baldur’s Gate 3 (di cui abbiamo già parlato sul blog) non ha certamente giovato alla causa di Immortals of Aveum.

Tuttavia, fin dalle prime immagini mostrate, lo sparatutto targato Ascendant Studios e Electronics Arts è riuscito a catturare la nostra attenzione. Questo soprattutto in virtù della sua natura ibrida, a metà strada tra uno sparatutto ed un’avventura.

In questa recensione passeremo al microscopio Immortals per mettere in mostra pregi e difetti di questo particolarissimo titolo. Recuperiamo il nostro equipaggiamento magico e lanciamoci all’esplorazione del mondo di Aveum!

Nelle terre di Aveum

Immortals of Aveum: magia rossa

Come facilmente intuibile dal titolo, Immortals è ambientato nel mondo magico di Aveum. Quest’ultimo è formato da cinque regni distinti, con al centro un’enorme voragine magica chiamata Lo Squarcio. Da millenni i cinque regni sono falcidiati da un conflitto per il controllo della magia, denominata Sempiguerra, che ha di fatto ridotto le forze in gioco ai soli regni di Lucium e Rasharn.

Protagonista assoluto di Immortals of Aveum è Jak, giovane abitante della periferia di Seren, nell’enorme città di Lucium. In seguito all’uccisione dei suoi cari a causa di un attacco del regno di Rasharn, ora guidato dal tiranno Sandrakk, Jak scoprirà di essere un Advenuto, ovvero un essere umano in cui si manifestano poteri magici. Questo porterà il nostro protagonista a venire arruolato dalla Gran Magus Kirkan, leader degli Immortali, l’esercito magico protettore di Lucium. Inizia così la missione di Jak per risolvere una volta per tutte i conflitti che devastano Aveum e comprendere fino in fondo i suoi poteri.

La trama di Immortals, pur non brillando per originalità, si presenta interessante e abbastanza coinvolgente. il mondo di Aveum è ben caratterizzato e ricco di dettagli e i personaggi che incontriamo godono quasi sempre di una buona caratterizzazione. Mi limito a citare Zendara, una delle comandanti degli immortali, davvero carismatica e a tratti spassosa con le sue battute.

La trama di Immortals ci terrà compagnia per circa 13 ore, che potranno essere almeno raddoppiate qualora il giocatore decidesse di dedicarsi a tutte le prove secondarie e all’esplorazione di ogni area di Aveum. Non si tratta di una longevità particolarmente elevata, ma l’abbiamo trovata adeguata ad un titolo di questo tipo.

Uno sparatutto avventuroso

Immortals of Aveum: magia blu

L’aspetto di Immortals of Aveum che maggiormente colpisce è costituito proprio dal suo gameplay. Il titolo di Ascendant infatti si presenta come un mix piuttosto ben riuscito tra un FPS ed una classica avventura action. Il gioco si svolge in prima persona ed ha il suo fulcro, oltre che nell’esplorazione, nei numerosi combattimenti che affronteremo. Naturalmente, nel corso di queste battaglie, non abbiamo a disposizione armi da fuoco o da lancio, ma tutta una serie di artefatti magici, coi quali scatenare una serie di devastanti attacchi contro i malcapitati nemici.

Tuttavia, in Immortals rivestono un ruolo molto importante anche l’esplorazione dell’ambiente e gli enigmi. Per progredire nell’avventura, infatti, occorre guardarsi sempre attorno con attenzione, dal momento che spesso e volentieri la chiave per aprire la strada consiste nell’interagire con l’ambiente utilizzando uno degli incantesimi a nostra disposizione. Per esempio, alcuni degli elementi dell’ambientazione possono essere modificati dalla magia verde, mentre alcuni trabocchetti vengono rallentati dalle nostre fide ampolle temporali.

A differenza della miriade di sparatutto presenti sul mercato, Immortals of Aveum è completamente dedicato single player (ad oggi è completamente assente una modalità multiplayer nel gioco), proprio per valorizzare al massimo la sua doppia natura di shooter e avventura.

Tre colori per domarli tutti

Immortals of Aveum: magia verde

Nel mondo di Aveum, la magia si manifesta attraverso tre colori principali. Il rosso, che rappresenta entropia e violenza, il blu, che incarna forza e manipolazione fisica della materia ed infine il verde, legato a crescita morte e transizione. Jak durante la trama, scopre di essere un Triarca Magnus, ovvero un mago in grado di utilizzare la magia di tutti e tre i colori.

Attraverso il bracciale di Jak, il giocatore ha la possibilità di passare da un colore all’altro con la semplice pressione del tasto triangolo. Ognuno dei tre colori si adatta meglio ad una determinata situazione; nello specifico: il rosso è pensato per il combattimento ravvicinato, il blu per la distanza e il verde per il fuoco ripetuto. Sebbene spesso i nemici presentino debolezze specifiche per un colore, il giocatore ha la possibilità di privilegiare l’uno o l’altro in base al suo stile di gioco.

Gli scontri in Immortals sono davvero frenetici e spettacolari e ricordano molto le dinamiche dei cari vecchi sparatutto arena. Il giocatore deve restare sempre in movimento, fare attenzione a dove si trova e contemporaneamente gestire al meglio le sue risorse offensive per riuscire ad aver ragione della miriade di avversari che si trova via via ad affrontare.

Il tutto risulta davvero piacevole e divertente e gli scontri raramente diventano troppo punitivi e frustranti. Unica nota un po’ stonata sono le boss battle, un po’ troppo sempliciotte e ripetitive.

Incantesimi per tutte le occasioni

Oltre agli incantesimi di attacco, Jak dispone anche di varie abilità magiche di supporto. Queste abilità sono davvero molte e hanno un’ottima varietà di effetti. Abbiamo anzitutto a disposizione quattro artefatti magici, il primo dei quali è una frusta magica, utile sia per attirare i nemici che per arpionare alcuni specifici punti dello scenario. Abbiamo poi uno scudo di energia, capace di proteggerci da un numero limitato di attacchi nemici, una sorta di lente magica, utile per paralizzare alcuni nemici e soprattutto risolvere alcuni enigmi a base di raggi luminosi ed infine le pietre verdi, capaci di rallentare nemici e trappole.

Jak apprenderà inoltre una serie di abilità automatiche, tra cui la possibilità di levitare per brevi tratti, di appendersi ai flussi magici che attraversano Aveum e di generare un potentissimo raggio in grado di convogliare l’energia di tutti e tre i colori. Le varie abilità possono essere potenziate tramite una sorta di diagramma, che andrà a riempirsi attraverso una serie di pietre magiche. Queste pietre vengono raccolte da Jak dopo ogni battaglia.

In Immortals non esistono punti esperienza e level up. Il potenziamento di Jak avviene unicamente attraverso il suo equipaggiamento. Oltre ai tre bracciali, che possono essere creati e potenziati attraverso una serie di fucine, il nostro protagonista potrà essere equipaggiato anche con diversi anelli e potenziamenti magici. Ognuno di questi oggetti andrà a migliorare un diverso parametro di Jak.

Quindi, pur senza mostrare la profondità e ricchezza di uno strategico o di un gioco di ruolo, Immortals of Aveum presenta anche alcuni elementi tipici di un gestionale, che rendono l’esperienza più varia ed interessante.

Una festa per gli occhi

L’aspetto di Immortals of Aveum che maggiormente colpisce è senza dubbio il comparto grafico. L’Unreal Engine 5 fa davvero un ottimo lavoro e regala al giocatore ambientazioni davvero meravigliose, ben caratterizzate e ricche di particolari.

Anche i personaggi ed i nemici risultano ottimamente realizzati e dotati di un set di animazioni davvero fluide e credibili. Il gioco mostra il meglio di se durante i filmati di intermezzo, che su PS5 sfoggiano una risoluzione davvero altissima, anche se abbiamo notato un evidente calo di frame in alcune sequenze più brevi. Piuttosto anonima invece la colonna sonora, che presenta una serie di tracce non troppo ispirate ed anche un tantino ripetitive.

Conclusione

Immortals of Aveum si è rivelato davvero una gradevole sorpresa. Intendiamoci, non si tratta certamente di un capolavoro, ma il comparto grafico di primo piano, l’immediatezza dei controlli e la particolare natura del suo gameplay rendono lo sparatutto di Ascendant Studios un’esperienza davvero divertente e coinvolgente.

Unico vero difetto di Immortals è la sua longevità un po’ limitata, che tuttavia non va a intaccareil divertimento offerto da questa particolare avventura.

Consigliato sia agli amanti degli FPS che a tutti coloro che cercano un avventura immediata e non troppo lunga.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: PS5, Xbox Series S/X, PC
  • Data uscita: 22/08/2023
  • Prezzo: 79,99 €

Ho provato il gioco a partire dal day one su PlayStation 5 grazie a un codice fornito dal publisher.

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Final Fantasy XVI – Recensione

La saga di Final Fantasy è certamente una delle più longeve e importanti dell’intera storia dei videogiochi. Come accaduto per praticamente ogni episodio della saga, anche l’uscita di Final Fantasy XVI è stata accompagnata da una lunga e sentita attesa. Con l’apparizione dei primi trailer e di varie indiscrezioni su questo sedicesimo capitolo, le aspettative sono andate via via crescendo.

Sebbene le prime impressioni siano state quasi universalmente positive, non sono mancate le perplessità. Una parte dei fan, infatti, ha mostrato poco entusiasmo verso la direzione action intrapresa dalla serie e anche la presenza di un solo personaggio giocabile ha suscitato pareri contrastanti.

Dopo aver giocato a fondo il gioco, sono pronto a darvi il mio giudizio completo su Final Fantasy XVI. Imbracciamo le spade, ricontrolliamo il nostro equipaggiamento e lanciamoci in questa nuova avventura!

Nelle terre di Valisthea

Final Fantasy XVI trama
La trama di Final Fantasy XVI prende a piene mani dal mondo del ghiaccio e del fuoco di Martin.

La trama di Final Fantasy XVI ci trasporta a Valisthea, mondo immaginario dall’ambientazione e dalle atmosfere tipiche dei racconti fantasy di ispirazione medievale. Valisthea è divisa in due continenti principali, Ciclonia e Cineria, a loro volta suddivisi tra diversi regni. Tra di essi spiccano il Gran Ducato di Rosaria, l’Impero di Sanbreque, la repubblica Dhalmekiana e il Regno di Waloed.

La principale fonte della magia di Valisthea è costituita dai Cristalli Madre, enormi ammassi cristallini magici dai quali è possibile estrarre un’energia chiamata etere. L’etere può a sua volta essere incanalato in cristalli più piccoli, utilizzati dalla gente per le funzioni più disparate. Esistono tuttavia alcuni individui, chiamati portatori, in grado di ricorrere alla magia senza l’ausilio dei cristalli. L’uso eccessivo del loro “dono”, però, condanna i portatori a morire pietrificati. Queste persone sono vittime di odio e pregiudizio da parte della maggioranza del popolo e spesso vivono come veri e propri schiavi.

Le entità più potenti di Valisthea sono gli Eikon (i famosi spiriti delle invocazioni presenti in tutti gli episodi della saga), fortissime creature magiche che donano i loro poteri ad alcuni umani predestinati, chiamati dominanti.

Game of Fantasy

Final Fantasy XVI mappa
Il setting, la trama e gli intrighi di Final Fantasy XVI sono davvero ben sviluppati.

Il controllo dei Cristalli Madre e degli Eikon sarà alla base di tutte le principali manovre delle varie potenze, ognuna intenta ad affermare il suo dominio o semplicemente a mantenere il precario equilibrio in cui versa il mondo. Un equilibrio che verrà messo a dura prova dalla diffusione della misteriosa Piaga, un misterioso esaurimento di etere che provoca la desolazione in tutte le zone in cui si manifesta.

La trama di Final Fantasy XVI insiste molto sui giochi di potere, le alleanze, i tradimenti e le macchinazioni delle varie forze in gioco. In questo, l’ultima fatica Square-Enix strizza palesemente l’occhio alla fortunata saga di Game of Thrones, di cui riprende anche diverse frasi. Anche molti dei personaggi di Final Fantasy XVI sembrano prendere ispirazione da alcuni eroi delle storie di Martin.

Nato dal dolore

Final Fantasy XVI storia clive
Il passato di Clive ci ha davvero commossi.

Protagonista principale della storia è Clive Rosefield, giovane cavaliere proveniente dal Gran Ducato di Rosaria. Dopo una brevissima sequenza introduttiva, il passato di Clive ci verrà svelato attraverso un lungo flashback.

Il nostro eroe è il primogenito della famiglia reale di Rosaria, ma funge da semplice guardia del corpo per suo fratello minore Joshua. Infatti la Fenice, Eikon protettore di Rosaria, ha scelto come dominante proprio il piccolo principe, sebbene anche Clive mostri la capacità di controllare in parte il potere degli eikon.

A causa del tradimento della madre di Clive, Anabella, Rosaria subisce un attacco a sorpresa da parte dell’impero di Sanbreque. Durante questo attacco trovano la morte sia l’arciduca che il piccolo Joshua, poichè la fenice viene attaccata e apparentemente distrutta da un anomalo Eikon fiammeggiante, controllato da un misterioso individuo incappucciato.

Ridotto a mero soldato agli ordini dell’impero, Clive dovrà farsi strada per scoprire la verità sul terribile Eikon delle fiamme e vendicare il fratello e la famiglia.

Una trama davvero all’altezza

A livello narrativo, Final Fantasy XVI è davvero un capolavoro.

Non c’è davvero niente da dire: la trama di Final Fantasy XVI è davvero bella, avvincente e persino commovente. Per quanto possiate essere poco sensibili, difficilmente resterete indifferenti alle peripezie dei nostri protagonisti.

Il gioco porta avanti la storia principalmente attraverso i vari filmati che si attiveranno tra una sessione di gioco e l’altra. La lunghezza di questi filmati a volte sarà davvero consistente, quindi preparatevi a poggiare il controller per diversi minuti. Ma non temete, ne varrà davvero la pena.

Square-Enix però non si è limitata a narrare una bella storia, ma ha anche realizzato un mondo di gioco davvero solido e credibile. I personaggi, le relazioni tra di loro, la caratterizzazione dei vari regni e delle loro politiche, tutto è spiegato in modo molto dettagliato e nulla è lasciato al caso.

Il giocatore avrà in ogni momento la possibilità di leggere e approfondire tutte le varie informazioni su praticamente ogni aspetto del mondo di gioco. Dapprima ciò sarà possibile attraverso alcuni menù dedicati, mentre in seguito vi saranno due specifici personaggi che fungeranno da vere e proprie enciclopedie viventi del mondo di gioco.

Una gioia per gli occhi

Grafica e sonoro, in linea con la tradizione della saga, sono davvero superbi.

Anche dal punto di vista tecnico, Final Fantasy XVI riesce a rispettare appieno le aspettative. Graficamente, il gioco è semplicemente superbo. I personaggi, gli sfondi, i mostri e gli effetti visivi delle battaglie sono realizzati in modo davvero sublime.

Le varie zone del continente che Clide esplorerà sono una vera meraviglia. Che si tratti di zone boscose, di vasti prati pianeggianti o di gallerie vulcaniche, il motore grafico del gioco riesce a rendere ogni ambientazione in modo assolutamente credibile e spettacolare.

Meritano una menzione particolare i vari villaggi, creati ricreando in maniera davvero precisa gli antichi borghi medievali. Le piccole abitazioni, le locande e soprattutto i vari mercati all’aperto sembrano realmente prendere vita e aiutano ulteriormente il giocatore a sentirsi totalmente immerso nell’esperienza di gioco.

Anche il sonoro è davvero di ottimo livello, con un mix di tracce musicali, principalmente di ispirazione classica, che risultano quasi sempre coinvolgenti e d’atmosfera. Come spesso accade, le musiche più memorabili sono quelle che accompagnano le battaglie coi boss, sempre incalzanti ed emozionanti.

Tra viaggi e battaglie

Gli scontri di Final Fantasy XVI sono davvero avvincenti e spettacolari.

Come in ogni Final Fantasy che si rispetti, anche il sedicesimo capitolo propone un gameplay suddiviso principalmente in fasi di battaglia e di esplorazione.

In modo analogo a quanto visto in Final Fantasy XV e Final Fantasy VII Remake, tuttavia, Final Fantasy XVI presenta una rottura netta con il passato. Anche in questo nuovo episodio, infatti, l’azione si svolge sempre e rigorosamente in tempo reale, senza alcuna transizione tra fase di esplorazione e fase di battaglia. Semplicemente, quando Clide incontra un nemico, estrae la sua spada e permette al giocatore di iniziare ad attaccare.

Il potere degli Eikon

In battaglia Clive potrà sfruttare molteplici abilità, mutuate dagli Eikon in suo possesso.

Durante gli scontri, Clive dispone di quattro abilità di base. Un attacco fisico, uno magico a distanza, il salto e un’abilità unica legata all’eikon a lui collegato. Come svelato in precedenza, infatti, il nostro eroe avrà la possibilità di assorbire i poteri dei vari eikon.

Una volta assimilati, essi doneranno a Clive alcune particolari abilità (scudi, scatti, salti speciali ecc.) oltre a due attacchi speciali. Questi attacchi devono essere ricaricati dopo l’utilizzo, ma infliggono danni davvero devastanti. Clive potrà equipaggiare un massimo di tre eikon e avrà la possibilità di selezionare due attacchi speciali per ciascuno di essi. In questo modo il giocatore ha la possibilità di trovare il setting che maggiormente lo soddisfa.

Clive avrà inoltre la possibilità di concatenare fra loro i vari attacchi, generando vere e proprie combo a base di fendenti, attacchi magici e colpi speciali. Premendo alcune combinazioni, il nostro alter ego potrà anche attivare degli attacchi unici, come affondi, colpi caricati e attacchi in salto. In aiuto di Clive ci sarà anche il suo fido cane Torgal (palese ispirazione ai metalupi di Game Of Thrones), che avrà la facoltà di attaccare i nemici e, all’occorrenza, curare Clive. Anche in questo caso, sarà possibile coordinare i nostri attacchi con quelli di Torgal per generare vere e proprie combo.

Non sarà invece possibile controllare altri personaggi oltre al nostro cavaliere. Nel corso del gioco diversi personaggi ci accompagneranno nel nostro viaggio, ma saranno semplici supporti, in grado di darci un piccolo aiuto nelle battaglie. Non solo non potremo controllarli direttamente, ma non avremo nemmeno alcun modo per impostare le loro azioni e modus operandi.

Per quanto riguarda invece la difesa, essa si basa principalmente sulle schivate. Se eseguite con il giusto tempismo, esse genereranno un piccolo “congelamento” del tempo, utile a Clive per effettuare degli attacchi extra. Sono presenti anche gli ormai celebri parry, che possono essere innescati premendo il tasto di attacco col giusto tempismo. Se messi a segno in modo corretto, anche i parry andranno a rallentare il tempo, lasciando il nemico sbilanciato e donando a Clive una finestra d’attacco ancora più ampia.

Poco spazio alla nostalgia

Nel complesso, il battle system si presenta ricco, dinamico e divertente e regala scontri molto vari e coinvolgenti. Le battaglie coi boss, in particolare, raggiungono livelli di spettacolarità veramente notevoli, proponendo anche una serie di sequenze cinematiche in cui premere i tasti col giusto tempismo in un tripudio di effetti speciali e spettacolari sequenze di scontro.

Tuttavia, tutto il sistema ha un grosso tallone d’achille: la difficoltà. Inutile girarci attorno, Final Fantasy XVI è davvero troppo facile. Non solo le schivate garantiscono sempre una difesa quasi perfetta dagli attacchi nemici, ma anche il danno subito in caso di attacco è spesso poco significativo e può facilmente essere recuperato tramite gli oggetti curativi, di cui il gioco è molto generoso. Certo, Clive ha a disposizione solo un numero limitato di pozioni, elisir e granpozioni, ma queste si rivelano praticamente sempre più che sufficienti a garantire la vittoria.

Una volta terminato il gioco viene sbloccata una difficoltà più elevata, che rende le cose molto più complesse ed interessanti, ma si tratta solo di un’extra. Un peccato davvero: un pizzico di difficoltà in più avrebbe giovato all’intera esperienza.

Un altro aspetto che potrebbe disturbare i fan di vecchia data è la mancanza di numerosi elementi tipici della serie. Oltre alla presenza di un singolo personaggio al posto del classico party, mancano totalmente gli effetti elementali delle magie. Quando utilizziamo un attacco magico, infatti, il danno che causa è assolutamente indipendente sia dal suo elemento sia dalle caratteristiche del nemico. Non sono presenti nemmeno le alterazioni di status, che nei titoli classici andavano ad aggiungere diversi elementi strategici alle battaglie.

Square-Enix ha probabilmente deciso di dare la priorità ai nuovi utenti, scegliendo di proporre un sistema di combattimento improntato sull’azione e sull’abilità del giocatore di effettuare parry e schivate al momento giusto, andando però a sacrificare la strategia. Questa scelta, in realtà, ci ha convinti solamente in parte, perché rischia di allontanare buona parte dello zoccolo duro dei fan della serie.

Un’esplorazione limitata

L’esplorazione è forse l’aspetto più debole di Final Fantasy XVI.

Final Fantasy XVI sceglie di non riproporre l’open world visto nel quindicesimo capitolo, ma presenta una struttura molto più simile a quella di Final Fantasy VII Remake. Nel corso del gioco avremo la possibilità di visitare quasi tutte le zone principali del continente di Valisthea. Ogni area presenta una grande mappa, che può essere esplorata liberamente. Tuttavia, ogni zona risulta indipendente dalle altre e non sarà possibile in alcun modo passare direttamente da un’area all’altra.

I viaggi lunghi sono gestiti da un pratico sistema di teletrasporti, tramite alcuni obelischi di etere. Oltre a questo, le aree di gioco sono piene di muri invisibili, che rendono l’esplorazione ancora più limitata. Tra l’altro, non c’è alcuna reale motivazione che possa spingere il giocatore ad esplorare liberamente. Le varie mappe non hanno aree segrete o tesori nascosti e i bauli disseminati per la mappa normalmente contengono solo qualche guil o oggetti spesso poco significativi.

L’unica motivazione che può spingerci ad aggirarci per la mappa è da ricercare nella bellezza delle ambientazioni, ma risulta molto più pratico attendere che si sblocchi una missione secondaria che abbia il suo obiettivo in una zona ancora inesplorata. In questo modo almeno le nostre peregrinazioni saranno valorizzate.

Missioni secondarie e cacce

Anche le missioni secondarie di Final Fantasy XVI non risultano particolarmente ispirate.

Il luogo che visiteremo più spesso sarà il quartier generale degli alleati di Clive, dove sarà possibile aggiornare il nostro equipaggiamento, approfondire la storia e le info sui vari personaggi ed accedere a varie missioni secondarie.

Il sistema di side quest di Final Fantasy XVI ricorda molto da vicino quello di Final Fantasy XIV. Progredendo nella trama, alcuni personaggi, evidenziati da un’icona verde, ci proporranno delle missioni. Normalmente le missioni saranno attive proprio nella zona in cui ci troveremo seguendo la trama del gioco, ma sarà possibile visionare l’archivio di tutte le missioni attive direttamente dal quartier generale.

Purtroppo, le missioni secondarie non appaiono particolarmente ispirate. Si tratta normalmente di rispondere a richieste di soccorso o di procurare particolari materiali. Il tutto si traduce nel recarsi da un punto A ad un punto B, raccogliere gli oggetti desiderati e affrontare uno scontro (di solito piuttosto semplice) che va a concludere la missione.

Una categoria particolare di missioni è costituita dalle cacce. Si tratta di scontri contro nemici particolarmente coriacei, a volte dotati anche di un design originale. Le cacce saranno visualizzabili su un apposito tabellone situato nel quartier generale e controllato da un simpatico moguri. Questi scontri risultano decisamente più interessanti ed impegnativi del normale e aumentano la varietà e la sfida del gioco.

Equipaggiamenti ed abilità

La gestione delle abilità risulta nel complesso ben fatta.

Per finire, diamo uno sguardo all’aspetto strategico e gestionale, che, in Final Fantasy XVI, viene ad identificarsi con la gestione dell’equipaggiamento e delle abilità. Il giocatore ha la possibilità di equipaggiare Clive con spade, bracciali e mantelli. Ognuno di questi oggetti andrà a migliorare le sue statistiche, senza dare particolari abilità.

Discorso diverso per gli accessori, che potranno essere assegnati al nostro protagonista fino ad un massimo di tre. In questo caso, oltre a fornire dei bonus alle statistiche, avremo accessori in grado di donare a Clive abilità passive, come ad esempio delle schivate potenziate. Infine, alcuni accessori hanno la funzione di potenziare uno specifico attacco speciale donato dagli eikon.

Per quanto riguarda le abilità di attacco, come accennato in precedenza, esse verranno donate dagli eikon man mano che li sbloccheremo col proseguo della storia. Sarà il giocatore a decidere quali abilità andare a sbloccare e in quale ordine, spendendo i punti esperienza a accumulati salendo di livello. É possibile in qualsiasi momento del gioco andare a “resettare” le abilità sbloccate per spendere i punti in maniera differente. Questo permette, una volta individuate le abilità a noi più consone, di investire solo su quelle, lasciando da parte quelle inutilizzate.

Risulta quindi chiaro come l’aspetto gestionale, seppur presente, non abbia decisamente un ruolo preponderante in Final Fantasy XVI, che predilige un approccio più improntato all’azione. Va comunque riconosciuto il buon lavoro fatto da Square con le abilità degli Eikon, che sono abbastanza diversificate tra loro e regalano animazioni ed effetti davvero belli e spettacolari.

Conclusione

Final Fantasy XVI è certamente un ottimo gioco. Un’avventura dalla trama emozionante e coinvolgente, con una grafica ed un sonoro di altissima qualità e un battle system immediato e funzionale.

Purtroppo il gioco è penalizzato dal livello di difficoltà davvero troppo basso e da una gestione delle abilità e dell’equipaggiamento fin troppo limitata e semplificata. Anche le missioni secondarie risultano spesso deludenti e ripetitive, sebbene le cacce siano divertenti ed intriganti.

Al netto di questi difetti, Final Fantasy XVI resta un’ottima avventura 3D, consigliatissima sia ai fan della saga che agli appassionati del genere, che potranno godere di un’ottima storia immersi in un mondo di gioco credibile e spettacolare.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: PS5
  • Data uscita: 22/06/2023
  • Prezzo: 59,99 €

Ho testato il gioco a fondo poco dopo il day one su PlayStation 5.

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Editoriali

Videogiochi di gruppo: i migliori party game

E anche quest’anno l’estate è finalmente arrivata! Dopo tanto duro lavoro, i caldi mesi estivi sono l’occasione perfetta per godersi un po’ di riposo e vivere allegre serate in compagnia. E quale occasione migliore per riscoprire il genere videoludico che più di ogni altro è pensato per le partite di gruppo? Sto naturalmente parlando dei videogiochi party, più comunemente chiamati party game.

Si tratta normalmente di titoli strutturati come un vero proprio insieme di sfide e minigiochi, in cui più che la profondità della trama o la complessità del gameplay a farla da padrone sono l’intuitività e il divertimento.

Ma quali sono i migliori party game attualmente disponibili? Il nostro articolo si occuperà proprio di proporre una carrellata di quelli che a nostro giudizio sono i titoli più belli e divertenti da giocare in gruppo. Prepariamo i nostri occhiali da sole e le nostre bibite e uniamoci alla festa!

Mario Party Superstars

Party Game: Mario Party Superstars
Super Mario è da sempre una grande star dei Party Game

Prima menzione quasi obbligatoria per quella che è la saga di party games per antonomasia, ovvero la serie Mario Party. Iniziata nel 1998 su Nintendo 64, questa serie vanta ben 17 episodi, usciti praticamente su ogni console Nintendo, sia casalinga che portatile.

Ogni Mario Party tende a riproporre, con piccole varianti, la stessa formula. Quattro giocatori si trovano a sfidarsi su un enorme tabellone in cui muovono il loro personaggio in base al risultato del lancio dei dadi. Dopo che ogni giocatore ha tirato, viene attivata una sfida che coinvolge tutti e quattro i partecipanti. Vince la partita chi riesce a raggiungere il traguardo col punteggio più alto.

Con l’evolversi della saga, la grafica è divenuta sempre più definita e spettacolare e i vari minigiochi si sono fatti più vari e complessi. Abbiamo scelto di premiare l’ultimo capitolo della saga, ovvero Mario Party Superstars, uscito nel 2021 su Nintendo Switch.

Superstas contiene tutto il meglio che Mario Party abbia da offrire, con una caterva di minigiochi, una grafica colorata e piacevole, un roster di tutto rispetto e soprattutto tanto, tanto divertimento. Se amate Super Mario considerate seriamente di recuperarlo. Il divertimento sarà garantito!

Just Dance 2023 Edition

Party Games: Just Dance
Just Dance è proprio quel che ci vuole per animare una festa.

Se c’è un gioco che più di ogni altro si è dimostrato in grado di catturare qualunque tipo di casual gamer, quello è senza dubbio Just Dance. L’utilizzo massiccio di questo gioco nei centri estivi e nelle feste ne è la prova più lampante.

Nata nel 2009 su Nintendo Wii, la fortunata saga musicale di Ubisoft è riuscita a spopolare tra gli amanti della musica e del ballo, in particolare tra il pubblico femminile.

Le premesse di Just Dance sono semplicissime: armati del nostro controller (che deve necessariamente essere munito di sensore di movimento) non dovremo fare altro che mimare i movimenti delle sagome colorate che animeranno le canzoni contenute nel gioco.

Più precisi saremo nei nostri movimenti, più alto sarà il punteggio. Oltre al tempismo, avrà grande importanza nella valutazione finale la nostra abilità di muoverci a tempo con la musica della canzone.

Questo concetto, di per sé semplicissimo, si è rivelato assolutamente vincente e ha garantito a Just Dance un successo incredibile, al punto che la serie vanta ben quattordici capitoli.

L’edizione 2023, disponibile su Switch, PS5 e Xbox Series X/S, svanta ben 40 canzoni, a cui si aggiungono 12 versioni alternative di esse. Pronti a scendere di nuovo in pista? O le vostre capacità di ballerini non sono all’altezza?

Mario Kart 8 Deluxe

Party Game: Mario Kart 8
Mario Kart 8 è davvero un evergreen che non può mancare in nessuna libreria Switch.

Come immagino tutti sappiate, Mario Kart 8 è principalmente un gioco di guida. Tuttavia, l’enorme mole di armi e power up, la follia delle piste e il grande divertimento che pervade ogni corsa hanno più di una caratteristica in comune col genere dei Party Game.

Tutti i circuiti del gioco, infatti, sono disseminate di bonus e potenziamenti, spesso in grado di ribaltare totalmente le sorti di una gara, sebbene alla fine l’abilità del pilota abbia sempre (o quasi) l’ultima parola.

Mario Kart 8 offre sicuramente il meglio di sé nella modalità multiplayer a schermo diviso, che ormai da anni regala sfide all’ultimo sangue in grado di rovinare anche le amicizie più salde (o chissà, magari di rafforzarle!).

Nonostante la versione switch sia uscita da ormai 6 anni, Mario Kart 8 è tutt’oggi il gioco Switch più venduto in assoluto, a dimostrazione dell’incredibile divertimento e coinvolgimento che sa offrire, soprattutto se giocato in compagnia.

Pronti a lanciarvi in incredibili sfide all’ultimo guscio?

Overcooked: All You Can Eat

Ecco un gioco per tutti gli amanti della buona cucina.

E dopo danze sfrenate e folli corse in kart cosa c’è di meglio di una bella sfida culinaria? Nata nel 2016 su PS4, Xbox One, Switch e PC, la saga di Overcooked propone una serie di divertenti minigiochi, tutti ambientati in cucina.

Nei panni del nostro chef, dovremo soddisfare le sfide più disparate, che riguarderanno sia il tipo di piatto da realizzare, sia la velocità con cui prepararlo, sia la gestione degli angusti spazi della cucina.

Come ogni Party Game che si rispetti, Overcoocked dà il meglio nella modalità multiplayer, pensata originariamente per essere una sfida cooperativa, anche se esiste pure una modalità competitiva.

Overcoocked ha goduto di un sequel, nel 2018, mentre nel 2020 è uscita la versione All you can eat, che raccoglie insieme tutte le sfide e i minigiochi dei primi due episodi. Questa versione è disponibile per praticamente ogni sistema presente sul mercato, quindi se siete amanti della cucina o semplicemente cercate un passatempo per divertirvi in compagnia non potete assolutamente lasciarvelo scappare!

Move or Die

Party Game: Move or Die
Move or Die è un gioco davvero in grado di rovinare ogni amicizia.

L’idea alla base di Move or Die è semplicissima. Alla guida di piccoli blob colorati, quattro giocatori si trovano all’interno di uno stage. L’energia di ognuno dei blob inizia subito a calare inesorabilmente, a meno che il giocatore non si mantenga in costante movimento. Sebbene a parole sembri semplice, i livelli sono infarciti di ostacoli, piattaforme mobili e impedimenti di ogni genere, che vanno ad ostruire costantemente i movimenti dei giocatori.

Allo scadere del tempo vincerà il giocatore con il livello di energia più alto. Naturalmente ogni giocatore avrà la possibilità di ostacolare gli altri blob, dando vita a battaglie selvagge e frenetiche che spesso saranno decise da pochissimi pixel di energia.

Move or Die è uscito originariamente su PC, ma è ora disponibile anche per PS4, Switch e per i vari dispositivi Android. Se ve lo siete perso recuperatelo assolutamente, a patto di essere dotati di una bella dose di pazienza!

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Recensioni

Tekken 8: abbiamo provato la demo

Durante lo scorso weekend Namco ha messo a disposizione per un numero limitato di utenti il closet network test di Tekken 8. Dopo diverse ore di durissimi scontri siamo pronti per condividere con voi le nostre impressioni sulla demo. Imbracciamo i guantoni e prepariamoci a tornare sul ring!

Una veste grafica di tutto rispetto

Dal punto di vista grafico, il nuovo Tekken si mostra assolutamente all’altezza delle console next gen. I personaggi sono estremamente ben definiti, con modelli ricchissimi di dettagli e appaiono ancora più realistici grazie agli impressionanti effetti di luce. Anche le espressioni facciali sono rese in modo davvero preciso e realistico.

I quattro stages disponibili, pur senza far gridare al miracolo, propongono panorami piacevoli e abbastanza dettagliati. Colpiscono in particolare le ambientazioni in cui è presente il pubblico, che presentano un numero di personaggi animati davvero elevatissimo.

L’aspetto più spettacolare della grafica di Tekken 8 è sicuramente la resa degli attacchi speciali. Tutte le mosse e gli impatti del titolo Namco sono infatti accompagnati da spettacolari esplosioni, lampi di luce e numerosi altri effetti visivi, che rendono ogni sfida una vera festa per gli occhi.

Tekken 8: grafica
La grafica di Tekken 8 sembra davvero buona, pur senza far gridare al miracolo

Il sonoro, infine, è in linea coi titoli precedenti della serie e ripropone un mix di musica rock e techmo a cui tutti i fan di Tekken sono ormai abituati e che, anche in questo caso, fa il suo dovere. Pur senza presentare tracce particolarmente memorabili, le musiche di Tekken 8 risultano un buon accompagnamento tra una mazzata e l’altra.

In sintesi, Tekken 8 sembra un prodotto assolutamente valido dal punto di vista grafico ed è uno dei picchiaduro più belli da vedere in circolazione. Tuttavia, rispetto a titoli come il nuovo Mortal Kombat e in parte anche Street Fighter 6 (che abbiamo recensito), Tekken 8 non sembra proporre un salto qualitativo così netto rispetto al settimo capitolo. Vedremo se nella versione finale Namco saprà migliorare ulteriormente il comparto grafico del gioco in modo da lasciarci per davvero a bocca aperta.

La demo metteva a disposizione ben 16 lottatori diversi.

Tante vecchie conoscenze

Parlando del roster, la demo di Namco ci ha permesso di testare ben 16 lottatori diversi. Tra di essi non si trova alcuna new entry, visto che tutti i personaggi selezionabili erano già presenti in Tekken 7.

Unica eccezione è il graditissimo ritorno di Jun Kazama, la madre di Jin, data per morta fin dai tempi di Tekken 2 e ora ritornata in una veste grafica totalmente rinnovata e con un set di mosse davvero interessante e spettacolare.

Per il resto tutti i personaggi presenti sono sembrati fedeli alla loro caratteristiche passate, anche se ognuno di loro ha mostrato numerosi potenziamenti e un buon numero di nuovi attacchi e combo. In queste prime fasi il roster è parso piuttosto bilanciato, anche se è davvero troppo presto per valutazioni di questo genere.

Tekken 8 sembra davvero promettere bene.

Un gameplay frenetico

La demo che abbiamo provato consentiva solamente di provare la modalità online del gioco. Tra uno scontro e l’altro, il giocatore aveva anche la possibilità di fare pratica con i comandi di ogni lottatore e persino con delle utilissime sfide combo.

Dopo una lunga serie di scontri, quel che ci ha maggiormente colpiti è il cambio profondo apportato al ritmo e alla velocità delle battaglie. Ad un primo impatto, il nuovo capitolo di Tekken sembra restare fedele alla tradizione della serie. Quattro pulsanti, due per i pugni e due per i calci, possibilità di parare premendo indietro e gioco incentrato sul tempismo dell’attacco e sulle combo aeree.

Tuttavia, questo ottavo capitolo inserisce una serie di meccaniche che vanno a rimescolare parecchio le carte in tavola e che sembrano strizzare l’occhio ai neofiti. Sono proprio queste meccaniche, come vedremo, a rendere le sfide di Tekken 8 ancora più serrate e frenetiche.

Gli scontri di Tekken8 sono ancora più veloci e frenetici che in passato.

Quando l’atmosfera si scalda

Il principale responsabile dei cambiamenti avvenuti nel gameplay è il nuovo Heat system. In Tekken 8 infatti è presente un nuovo indicatore, denominato proprio Heat, posizionato proprio sotto la barra dell’energia vitale. Una volta innescata la modalità Heat, essa dona per un periodo di tempo limitato una serie di potenziamenti.

L’Heat può essere attivato tramite particolari attacchi. Il principale di essi è l’Heat Burst, un attacco diretto, attivabile tramite la semplice pressione di un tasto dorsale, che permette di entrare in stato di Heat. Tuttavia i lottatori dispongono di numerosi altri colpi, denominati Heat Engager, in grado di innescare l’Heat in maniera ancora più veloce e aggressiva. Imparare a padroneggiare questi nuovi attacchi sarà vitale per ottenere dei buoni risultati.

Una volta attivato lo stato di Heat, il nostro personaggio potrà eseguire una serie di attacchi unici (Nina ad esempio può ricorrere alle sue pistole), infliggere danno anche in caso di parata, recuperare energia tramite gli attacchi e potenziare i propri attacchi base.

In stato di Heat sarà anche possibile eseguire una particolare mossa speciale, chiamata Heat Smash, che andrà ad esaurire totalmente l’indicatore Heat ma sarà in grado di infliggere danni davvero pesanti, soprattutto se inserita in una combo.

Il nuovo Heat systema modifica in maniera davvero radicale il gameplay.

Esplosione di rabbia

Fa il suo ritorno anche la meccanica della Rage. Dopo che i nostri punti vita saranno calati oltre un certo limite, infatti, si innescherà lo stato di Rage e i nostri attacchi inizieranno ad infliggere molti più danni. Quando poi resterà solo una manciata di energia, la barra della vita inizierà a lampeggiare. In questa situazione sarà possibile eseguire le Rage Art, potentissime mosse speciali in grado di “bloccare” il tempo al momento della loro esecuzioni e capaci di infliggere danni davvero mostruosi.

Risulta evidente come, con tutti questi attacchi a disposizione, ogni round di Tekken 8 possa essere risolto in pochissimo tempo grazie ad un numero anche molto limitato di attacchi. Vista la presenza di colpi così potenti, è chiaro che la strategia di gioco più efficacie consiste, almeno per quanto visto finora, in un gioco estremamente incalzante ed aggressivo, che vada ad aprire una breccia nella difesa dell’avversario per poi punirlo grazie ad un uso sapiente dell’Heat.

L’impressione generale però è che tutte queste novità vadano a togliere importanza a gran parte delle mosse “comuni” dei lottatori. La presenza di mosse come gli Heat engager, infatti, sembra rendere inutile buona parte degli altri attacchi e rischia di creare un meta dominato da un numero limitato di mosse e dalle strategie volte a massimizzare il loro danno.

Una situazione di questo tipo sembrerebbe andare a favore dei neofiti, che avrebbero un numero minore di attacchi e combinazioni da imparare per essere competitivi, ma rischia di scontentare lo zoccolo duro dei fan, abituati ad un gameplay profondo e ricchissimo di mosse da imparare.

Fanno il loro ritorno le rage art, in tutta la loro potenza distruttiva.

Un Tekken per tutti

A proposito di aperture verso i neofiti, anche il nuovo Tekken, in linea con quanto visto in Street Fighter 6, propone un set di comandi semplificati. Premendo il tasto L1, infatti, il gioco passa in modalità “semplificata”.

In questa situazione, la pressione di un singolo tasto attiverà una serie di combo preimpostate, senza bisogno di alcun comando speciale. Questa scelta, oltre ad offrire un gioco semplificato per i nuovi giocatori, permette anche di sondare più velocemente il potenziale di un personaggio, osservandone le combo principali e gli attacchi più efficaci.

Interessante notare come sarà possibile attivare o disattivare i comandi semplificati in qualsiasi momento dello scontro, cosa che potrebbe rivelarsi un’ottima strategia per attuare facilmente le combinazioni più ostiche. Personalmente apprezzo la scelta di Namco, che fornisce la possibilità anche a giocatori meno esperti di dire la loro, fornendogli anche un ulteriore aiuto per apprendere le basi dei personaggi.

Anche Tekken 8 presenta un set di comandi semplificati

Conclusioni

In conclusione, questo primo assaggio del nuovo Tekken ha sicuramente ben impressionato. Come già detto, a livello tecnico Tekken 8 sembra davvero ben realizzato e presenta una grafica di ottimo livello. Anche il gameplay, con il suoi ritmo indiavolato e i continui capovolgimenti di fronte, ci è parso davvero divertente e coinvolgente.

Il grande interrogativo restano le nuove mosse Heat. Sarà davvero interessante scoprire quanto esse saranno effettivamente dominanti e se i giocatori apprezzeranno tutte le nuove meccaniche. Non resta che metterci in meditazione e attendere il momento in cui potremo calcare di nuovo il ring. Non vediamo davvero l’ora!

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Recensioni

Exoprimal – Recensione

Fin dal rilascio della prima demo del gioco, Exoprimal aveva catturato il nostro interesse (per chi se la fosse persa ecco la nostra prova ). Lo sparatutto Capcom, forte di un’idea di base decisamente insolita e di un design molto azzeccato, sembrava avere potenzialità decisamente buone.

Da qualche giorno Exoprimal è finalmente uscito e abbiamo avuto la possibilità di provarlo in modo approfondito. Siamo di fronte ad un ennesimo successo per la casa di Osaka? Scopriamolo insieme!

Dinosauri ed exocorazze

exoprimal trama
La trama di Exoprimal verrà sviluppata attraverso una serie di dialoghi e filmati.

Come già lasciava intuire la demo, la trama di Exoprimal è quantomeno curiosa. A partire dall’anno 2040 una misteriosa serie di varchi spaziotemporali iniziano a comparire su tutta la terra. Da questi varchi emergono intere orde di dinosauri geneticamente modificati, che mettono ben presto a ferro e fuoco il pianeta.

Come risposta all’improvvisa minaccia la misteriosa Aibius Corporation da vita al corpo degli exocombattenti, soldati scelti armati di potenti exocorazze, prodotte dalla stessa Aibius. Queste armature rappresentano l’arma principale della razza umana contro i temibili lucertoloni.

Nel corso del gioco interpretiamo Ace, un novello pilota di exocorazze, il cui aspetto è completamente personalizzabile. Durante l’anno 2043 Ace precipita assieme alla sua squadra, gli Hammerheads, in un misterioso vortice dimensionale. Il gruppo viene trasportato sull’isola di Bikitoa e si rende ben presto conto di trovarsi all’interno di una timeline alternativa.

In questa linea temporale l’intelligenza artificiale Leviathan, anch’essa creata dalla Aibius, costringe Ace e un gran numero di altri exocombattenti ad un numero interminabile di guerre simulate contro i dinosauri. Ace e soci si rendono ben presto conto che queste battaglie si svolgono sempre nell’anno 2040 e sembrano chiaramente nascondere un sinistro piano della misteriosa intelligenza artificiale.

Al soldato e al suo team non resta che proseguire di battaglia in battaglia raccogliendo il più ampio numero possibile di dati. Procedendo nel gioco, vengono via via rivelati ai giocatori i vari retroscena e la verità su Leviathan e sulle sue azioni, su cui non daremo eccessivi dettagli.

Un menù scarno

Exoprimal: modalità
Il numero di modalità in Exoprimal è decisamente limitato.

Il primo aspetto di Exoprimal a balzare all’occhio è il numero davvero esiguo di modalità di gioco che propone. Completato il tutorial, che prevede la creazione del nostro avatar, l’introduzione ai comandi e una battaglia di prova, il giocatore viene trasportato nel menù principale del gioco.

Qui, oltre alla modalità sopravvivenza, cuore pulsante di Exoprimal, c’è veramente ben poco da fare. La modalità Hangar permette di modificare e personalizzare le corazze, sia dal punto di vista estetico che per quanto riguarda l’armamento di supporto. La modalità carriera invece non è altro che un riepilogo delle battaglie online affrontate dal giocatore.

La banca dati, infine, raccoglie tutti i dati, gli audio e i filmati relativi alla trama del gioco, che vanno via via a sbloccarsi man mano che vengono completate le varie battaglie online. Exoprimal, quindi, non presenta una vera modalità in single player. Semplicemente, man mano che il giocatore procede con le sfide online, il gioco sblocca tutta una serie di filmati e rivelazioni che vanno a portare avanti la trama del gioco.

Questa scelta ci ha davvero sorpresi, facendoci anche storcere parecchio il naso. Un gioco come Exoprimal, con un setting e una trama così particolari, avrebbe senz’altro beneficiato di una campagna in single player vera e propria. Essa avrebbe permesso uno svolgimento più chiaro e lineare della trama e sarebbe stata un’occasione per fare pratica con le numerose exocorazze. Un peccato davvero.

La legge del più forte

Le sfide della modalità sopravvivenza sono il cuore pulsante di Exoprimal.

Come già detto: il centro dell’esperienza di Exoprimal è costituito dalla modalità sopravvivenza. Una volta selezionata, due squadre, da 5 giocatori ciascuna, si affronteranno in una serie di sfide casuali, i risultati delle quali determineranno la squadra vincente.

Normalmente ogni sfida è composta da un numero variabile di missioni, scelte in modo casuale da Leviathan. Le prime sfide vedono le due squadre impegnate contro le orde di dinosauri controllate dalla CPU. Si tratta di solito di battaglie in cui occorre eliminare un certo numero di dinosauri di un certo tipo (per esempio 100 velociraptor) oppure di scontri a difesa di un’area specifica o ancora di un inseguimento ad un particolare dinosauro, spesso di grandi dimensioni.

Le sfide finali, invece, propongono una buona varietà di obiettivi. Nelle missioni “scorta” la nostra squadra dovrà accompagnare il percorso di un cubo dati difendendolo sia dai dinosauri che dalla squadra nemica. In “conquista il trasmettitore” le due squadre saranno impegnate ad ottenere i dati di vari trasmettitori sparsi per l’area. In “assalto Omega” le squadre dovranno caricare i loro martelli omega uccidendo i dinosauri per poi utilizzarlo per frantumare le barriere nemiche. Vi è persino una sfida, denominata “Neo T-Rex”, in cui le due squadre sono costrette ad allearsi per abbattere un mostruoso tirannosauro geneticamente modificato.

É possibile affrontare la modalità sopravvivenza esclusivamente in modalità PvE. In questo caso le due squadre non si affronteranno mai direttamente, nemmeno nella battaglia finale. Dovranno invece completare a distanza i loro obiettivi. A trionfare sarà la squadra che finirà la sua missione nel tempo minore.

La noia che arriva strisciando

In generale, le sfide di Exoprimal sono abbastanza varie e diversificate. Alla lunga, però, subentra una certa sensazione di ripetitività. Sebbene infatti le sfide finali propongano un buon mix di regole e situazioni, le sfide PvE tendono presto a cadere nella monotonia, dal momento che si tratta quasi sempre di falciare il maggior numero possibile di dinosauri il più velocemente possibile.

Questo alla lunga tende a rendere l’esperienza di Exoprimal piuttosto monotona, anche a causa del numero davvero esiguo di modalità. Lo sparatutto Capcom è sicuramente un buon passatempo se si cerca una partita veloce e senza impegno. Quasi certamente però i giocatori che cercano uno sparatutto profondo e longevo resteranno delusi.

Quando verranno raccolti tutti i dati della trama di gioco andrà a sbloccarsi la sfida selvaggia. Si tratta di una serie di sfide a tempo online con regole e missioni particolari. Questa nuova modalità rende le cose un po’ più interessanti, ma a parere di chi scrive il gioco avrebbe davvero giovato di un maggior numero di opzioni.

Oltre ad una vera modalità single player, sarebbe stata gradita la possibilità di scegliere direttamente in quale tipologia di sfida affrontare la squadra avversaria. Di nuovo: un peccato!

Tecnicamente all’altezza

Exoprimal: Grafica
Il comparto tecnico di Exoprimal è davvero buono.

Dal punto di vista tecnico, Exoprimal non delude le aspettative. Il motore grafico del gioco presenta un’ottima definizione, animazioni veloci e fluide e un uso sapiente dei colori e dei vari effetti visivi.

Il design delle exocorazze è davvero ben fatto e particolareggiato e le varie armature presentano un’ottima varietà sia nel design che nei colori. Stesso discorso per i dinosauri, che appaiono davvero ben realizzati, con delle movenze credibili e un set di attacchi che ben si addice alle varie razze rappresentate.

Il design degli stages invece appare piuttosto anonimo. Intendiamoci, le città in rovina, i templi nella foresta e le altre ambientazioni sono realizzati più che discretamente. Anche le mappe risultano ben strutturate e richiedono una certa dose di strategia per essere affrontate in modo ottimale. Tuttavia nessuna ambientazione sembra brillare particolarmente per originalità o per la presenza di elementi memorabili.

Anche il sonoro del gioco non risulta davvero degno di nota. Le musiche che fanno da sottofondo ai filmati e ai menù sono tetre e minacciose al punto giusto, mentre i motivi che accompagnano le battaglie sono più ritmate e coinvolgenti. Sfortunatamente però nessuna delle tracce di Exoprimal è riuscita a colpirci in modo significativo.

Merita una menzione l’adattamento in italiano, che compie la strampalata scelta di doppiare solo i dialoghi di Leviathan, lasciando in lingua inglese il parlato di tutti gli altri personaggi. Una soluzione tanto strana quanto discutibile.

Piovono lucertole

Exoprimal: pioggia di dinosauri
Il numero di dinosauri che appariranno su schermo è davvero impressionante.

Il sistema di controllo, pur senza far gridare al miracolo, è molto efficace e funzionale. I movimenti, gli attacchi e le varie abilità delle corazze sono semplici, precisi ed immediati. Ciò consente al giocatore di abituarsi velocemente al gioco e lanciarsi nella mischia senza paura di essere un peso morto.

Certo, padroneggiare a dovere ogni corazza, con le sue caratteristiche e stile peculiari, richiede comunque tempo. Lo stesso vale per l’affinamento delle strategie e della coordinazione con gli altri membri del team. Tuttavia, la curva di apprendimento di Exoprimal non è mai troppo ripida e permette anche ai giocatori alle prime armi di farsi rispettare.

L’aspetto del gameplay di Exoprimal che più colpisce è certamente l’enorme numero di dinosauri presenti sullo schermo. Fin dalle prime fasi della missione, infatti, i giocatori vengono letteralmente inondati da migliaia di lucertoloni furiosi. Talvolta i dinosauri precipitano persino dall’alto fuoriuscendo dai varchi, come una vera e propria pioggia di lucertole. Nonostante l’enorme numero di nemici su schermo, il gioco non mostra il minimo rallentamento e riesce a mantenere un ritmo veloce ed incalzante.

Una tuta per ogni occasione

Le exosuits di Exoprimal sono davvero ben disegnate e caratterizzate.

L’altro punto di forza di Exoprimal è sicuramente rappresentato dalla varietà e dal carisma delle exocorazze. Il giocatore ha a disposizione 10 modelli differenti, suddivisi in tre tipologie, ovvero assalto colosso e supporto.

Le corazze assalto hanno il loro punto di forza nella velocità di movimento e nella potenza dei loro attacchi, siano essi a media, lunga o breve gittata. I colossi hanno un enorme potere difensivo e possono persino proteggere gli alleati, a discapito della loro mobilità e gittata. Le exocorazze supporto infine hanno il compito di proteggere e potenziare gli alleati tramite abilità curative o in grado di fornire bonus alla squadra.

Non sarà difficile per il giocatore trovare la corazza più adatta ai suoi gusti e al suo stile di gioco, sebbene la selezione della corazza debba tener conto anche delle scelte degli altri giocatori. fortunatamente, sarà il gioco stesso prima della missione a segnalare la mancanza di elementi chiave nella squadra.

Col procedere del gioco, è possibile sbloccare una serie di oggetti e potenziamenti, che il giocatore può utilizzare per personalizzare la sua corazza. Pur senza presentare una profondità troppo elevata, questa meccanica va ad aumentare ulteriormente la varietà.

Sono presenti infine anche delle varianti per ognuno dei modelli principali del gioco, che ne modificano le armi principali e alcune abilità. Queste corazze mischiano ulteriormente le carte in tavola, fornendo al giocatore ancora più possibilità di trovare modelli adatti al proprio gioco.

Conclusione

Exoprimal è sicuramente un buon titolo, ma non riesce ad essere nulla di più. Ad un design delle exocorazze ispirato e vario si alternano stages piuttosto piatti e anonimi.

Il gameplay, per quanto semplice e divertente, diventa alla lunga piuttosto ripetitivo e ridondante e il numero davvero esiguo di modalità di gioco non fa che peggiorare questa sensazione.

Exoprimal, pur mostrando un concept e una trama piuttosto originali, non ha davvero nulla che lo possa elevare all’interno di un genere, quello degli sparatutto, che presenta un numero davvero enorme di titoli ed alternative.

Se amate la tecnologia e i dinosauri potete prendere in considerazione l’acquisto, ma se siete semplicemente fan del genere sparatutto troverete senz’altro titoli ben più ricchi e completi.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: PS5, PS4, Xbox One, Xbox Series X/S, PC
  • Data uscita: 14/07/2023
  • Prezzo: 59,99 €

Ho provato il gioco al day one su PlayStation 5 grazie a un codice fornito dal publisher.

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Recensioni

Street Fighter 6 – Recensione

Il 2023 si prospetta come un anno davvero memorabile per gli amanti dei picchiaduro, con i nuovi capitoli di Tekken e Mortal Kombat ormai in dirittura d’arrivo. E Capcom, casa madre della saga di Street Fighter, non poteva certamente mancare alla festa. Uscito nei negozi da poche settimane, a ben sette anni di distanza dal lancio di Street Fighter V, Street Figher 6 ha l’arduo compito di rilanciare il brand e fornire una valida alternativa ai suoi agguerriti concorrenti. Capcom sarà riuscita a fare centro? Scopriamolo insieme in questa recensione in cui passeremo ai raggi X l’ultimo capitolo della saga di Ryu e Ken, Street Fighter 6.

Piatto ricco mi ci ficco

Street Fighter 6: modalità
Ecco le tre modalità principali di Street Fighter 6.

Il primo aspetto che colpisce di Street Fighter 6 è la ricchezza dell’offerta che propone. Capcom sembra aver fatto tesoro delle critiche ricevute all’uscita del quinto capitolo e ha inserito da subito un buon numero di modalità di gioco e contenuti.

Fin dalla prima schermata, il giocatore dovrà scegliere fra tre percorsi differenti, ovvero il World Tour, il Battle Hub e il Fighting Ground. Andiamo ad esplorare nel dettaglio queste modalità.

Alla conquista di Metro City

Il World tour rappresenta un divertente passatempo per il single player.

La modalità World è di fatto la nuova modalità storia di Street Fighter 6. Dopo aver creato il suo avatar, il giocatore viene catapultato per le strade di Metro City, storica città legata alla saga di Final Fight.

Qui viene offerta la possibilità di interagire con numerosi personaggi, svolgendo per loro missioni o semplicemente sfidandoli a classici incontri 1 vs 1.

La mappa di gioco risulta sempre molto chiara e distingue in modo netto le missioni principali, legate alla progressione della storia da tutti i compiti collaterali. Durante gli spostamenti la telecamera si troverà alle spalle del giocatore, mentre per gli scontri avremo la classica inquadratura laterale.

L’aspetto grafico di Metro city e del World Tour in generale è senz’altro convincente, anche se risulta evidente il downgrade rispetto alle modalità principali di Street Fighter 6.

Col progredire della storia il nostro personaggio, oltre a salire di livello e potenziare le sue statistiche, ha la possibilità di incontrare tutti i personaggi di Street Fighter 6 e di “assumerli” come maestri.

In questo modo l’avatar da noi creato può imparare tutte le mosse speciali dei vari lottatori, mescolandole in modo originale per creare il proprio set personalizzato, sebbene le mosse base del personaggio restino legate allo stile del lottatore scelto come maestro.

Nel corso dell’avventura capita di affrontare anche varie battaglie di gruppo, in cui il nostro protagonista, talvolta spalleggiato da un alleato, deve sbaragliare intere orde di nemici, secondo la tradizione dei classici picchiaduro a scorrimento.

Wolrd tour offre anche una serie di divertenti mini giochi, che aumentano ulteriormente la varietà dell’avventura. Mi limito a citare l’Hado Pizza, che attraverso l’inserimento corretto di comandi sempre più complessi ci consente di sfornare squisite prelibatezze a base di pizza.

In definitiva, la modalità World Tour è una buona novità per il single player. Certo, la trama non brilla per complessità e originalità e l’azione di gioco alla lunga diviene ripetitiva, ma World Tour garantisce un buon coinvolgimento e tanto divertimento, oltre a fungere da introduzione per le meccaniche base di Street Fighter 6.

Sala giochi virtuale

Street Fighter 6: Battle hub
Battle Hub è il cuore pulsante della community di Street Fighter 6.

Nella modalità Battle Hub, sempre alla guida del nostro avatar, veniamo introdotti in una modernissima e sfarzosa sala giochi virtuale. Questo ambiente è creato per rappresentare il punto di ritrovo ideale per la community di Street Fighter 6.

In questa modalità abbiamo la possibilità di sederci di fronte ai vari cabinati per sfidare gli avatar avversari in classiche sfide a Street fighter 6. Inoltre, gli avatar possono affrontarsi nelle sfide speciali (su cui torneremo) e persino in battaglie tra avatar, con tutte le mosse e le abilità sbloccate nella modalità world tour.

I giocatori hanno anche la possibilità di chattare tra loro, stringere amicizia, unirsi nei vari club (che possono anche essere creati dal giocatore stesso), comprare oggetti e vari miglioramenti estetici nei negozi dedicati e persino sfidarsi ai vecchi classici capcom, tra cui i primi due Street Fighter e Final Fight.

Torna anche il Capcom Fighting Network, che consente di visualizzare i migliori replay, consultare le classifiche e gestire la propria lista di amici e di giocatori seguiti.

Infine, Battle hubs propone una serie di eventi e tornei personalizzati, che vanno a mantenere sempre alto il coinvolgimento dei giocatori e permettono ad ognuno di trovare gli avversari e le competizioni più adatte al suo livello.

Ho trovato questa modalità davvero ben fatta e ricca di possibilità. Unico neo è rappresentato dalla valuta di gioco. Ancora una volta avremo a disposizione un doppio sistema di denaro, ovvero i fighter coins, scambiabili con denaro reale e i drive tickets, ottenibili svolgendo varie attività nel battle hub.

Purtroppo questi ultimi hanno vari svantaggi rispetto ai fighter coins, sia perché gli acquisti tramite tickets risultano più onerosi e difficili, sia per il fatto che diversi elementi, come i nuovi lottatori che verranno introdotti in forma di DLC, non saranno acquistabili tramite tickets.

Pronti a scendere in campo

Il Fighting Grounds rappresenta il fulcro dell’azione in Street Fighter 6.

Come già accennato, il Fighting Ground presenta tutte le modalità classiche di Street Fighter. La modalità Arcade è dedicata alle storie dei singoli lottatori (che a dire la verità risultano un po’ piatte, almeno finora) e può essere affrontato a varie difficoltà e con un numero variabile di scontri.

Va segnalato qui l’ottimo lavoro svolto da Capcom nel programmare l’intelligenza artificiale. Gli avversari controllati dalla CPU infatti, soprattutto ai livelli di difficoltà più alti, sono davvero all’altezza della situazione.

Scordiamoci di vincere grazie al caso o alla ripetizione delle mosse: i nostri avversari sono sempre pronti a punirci con combo e strategie di gioco mutuate dalle esperienze online e propongono davvero un buon livello di sfida.

Vecchie e nuove conoscenze

Street Fighter 6: roster

Il versus permette sfide singole o a squadre contro la cpu o un avversaio umano, mentre le sfide speciali sono incontri singoli con regole particolari. In questa modalità saranno presenti ostacoli particolari, come raggi elettrici o esplosivi e ci saranno condizioni di vittoria specifiche (per esempio atterrare l’avversario tre volte).

Parlando del roster, Street Fighter 6 mette a disposizione 18 lottatori. Non si tratta di un numero particolarmente elevato, ma se non altro i personaggi presenti offrono un’ottima varietà.

Fanno il loro ritorno gli otto protagonisti di street Figher 2, a cui si affiancano dieci altri lottatori, tra i quali alcune vecchie conoscenze come Deejay e Cammy e diversi volti completamente nuovi.

Ho trovato i nuovi inserimenti piuttosto ben caratterizzati e interessanti, con la sola eccezione di Kimberly e Lily, fin troppo simili tra loro esteticamente. Merita sicuramente una menzione la gigantesca Marisa, lottatrice italiana il cui stile di lotta a base di Pancrazio si ispira ai gladiatori romani.

Dal punto di vista del Gameplay, ogni lottatore propone uno stile originale ed interessante, anche se è ancora troppo presto per discutere del bilanciamento del roster.

Mazzate da tutto il mondo

Sono presenti anche gli scontri online, come sempre divisi tra amichevoli e classificati. In questi ultimi il rango e il punteggio iniziale del giocatore vengono stabiliti dopo una prima serie di dieci scontri, che andranno a collocare il giocatore in una categoria adeguata al suo livello.

Durante le battaglie non abbiamo quasi mai riscontrato alcun tipo di rallentamento o lag, nemmeno nei combattimenti cross-platform o con avversari provenienti dall’altra parte del mondo.

Capcom è infatti riuscita ad implementare il rollback netcode in maniera davvero encomiabile, regalandoci un’esperienza online davvero piacevole, scorrevole e divertente.

L’importanza dell’allenamento

Street Fighter 6: Modalità Allenamento
La modalità training di Street Fighter 6 è di gran lunga la migliore della saga.

Merita una menzione speciale la modalità allenamento, davvero ricchissima e completa. La modalità infatti presenta una serie enorme di informazioni e tutorial, divisi per livello, che consentono al giocatore di prendere gradualmente familiarità con tutti gli elementi di gioco.

Sono comprese anche istruzioni specifiche per le meccaniche più avanzate, che di solito si incontrano solo negli scontri online. Questo permette ad ogni giocatore di avere molte più indicazioni per migliorare le sue abilità.

Il gioco fornisce anche delle piccole guide ad ogni personaggio, che consentono una maggiore comprensione dei punti di forza e debolezza di ogni lottatore e delle tattiche base da adottare nel suo utilizzo.

Un Gameplay rinnovato

Street Fighter 6 inserisce numerosi elementi di novità nel suo gameplay.

Veniamo ora all’elemento cardine di Street Fighter 6, ovvero il suo gameplay. Fin dall prime battute, il nuovo titolo Capcom ricorda da vicino lo stile del suo predecessore, proponendo scontri dal ritmo sostenuto in cui tempismo e prontezza di riflessi contano quanto la tecnica.

Questo sesto capitolo però introduce tutta una serie di innovazioni che vanno a modificare radicalmente le strategie e l’andamento delle battaglie. Anzitutto, ogni lottatore ora dispone di un numero maggiore di mosse, sia speciali che uniche. Questo va ad aumentare di molto la profondità dei personaggi, obbligando il giocatore a spendere più tempo nella modalità allenamento per padroneggiarli a dovere.

Torna la barra dedicata alle critical art, divisa in tre livelli. Tutti i personaggi avranno a disposizione tre diverse super, ognuna delle quali consumerà un numero maggiore di indicatori. Anche in questo caso, sta al giocatore decidere se sfruttare un maggior numero di super più deboli o concentrarsi su un unico colpo mortale.

Ma l’innovazione più importante è certamente l’inserimento del drive system, che ora andremo ad approfondire meglio.

Un drive per ogni evenienza

Street Fighter 6: Drive System
Il drive system innova e modifica il gameplay di Street Fighter 6 in maniera davvero importante.

Sotto la barra dell’energia vitale si trova un nuovo indicatore, denominato appunto drive. Grazie a questa barra il giocatore può eseguire una serie di nuove abilità. Anzitutto il drive impact, una potente attacco in grado di spezzare la guardia avversaria e assorbire una certa quantità di danno, permettendo di innescare le proprie combo.

Segue il drive parry, una mossa difensiva simile alle parate viste in Street Fighter 3, che va ad annullare totalmente gli attacchi avversari ma comporta il rischio di lasciare il giocatore scoperto se eseguita al momento sbagliato.

Al drive parry è possibile collegare il drive rush, un rapido scatto in avanti che va a ridurre la durata dei frame degli attacchi, permettendo di innescare combo e combinazioni davvero devastanti.

É possibile attivare il rush anche a partire da alcune mosse base del personaggio, cosa che rende questa abilità davvero insidiosa e in grado di diventare la base di moltissime strategie offensive.

Fa il suo ritorno anche l’overdrive, ovvero la possibilità di potenziare le mosse speciali con la pressione di più pulsanti d’attacco al momento dell’esecuzione.

Infine, il drive reversal, eseguibile innescando un drive impact quando si è appena bloccato un attacco nemico. Il nostro personaggio eseguirà un contrattacco in grado di allentare la pressione scagliando l’avversario lontano da noi.

Ognuna di queste tecniche andrà sfruttata con attenzione, dal momento che il consumo dell’indicatore drive causa lo stato di burnout, durante il quale l’indicatore si ricarica molto più lentamente e il nostro personaggio subisce danni maggiori dagli attacchi nemici.

É facile intuire come tutte queste nuove abilità accrescano moltissimo la varietà degli scontri, dal momento che ora il giocatore ha a disposizione un numero molto maggiore di scelte e possibilità, sia offensive che difensive.

Personalmente credo che Capcom con questo sistema abbia davvero fatto centro, poichè è riuscita ad innovare in maniera intelligente il gameplay rendendolo ancora più solido ed imprevedibile.

Lo stile più appropriato

Street Fighter 6: Comandi semplificati
La scelta di inserire comandi semplificati in Street Fighter 6 ha fatto davvero discutere.

E veniamo all’altro grande cambiamento, che tanto ha fatto discutere i fan, ovvero la presenza dei comandi semplificati. In Street Fighter 6 infatti il giocatore può scegliere tra tre set di comandi, ovvero classico, moderno e dinamico.

Il sistema classico propone il tipico schema a sei pulsanti, tre pugni e tre calci deboli, medi e forti. Le abilità drive si attivano combinando un pugno e un calcio medio oppure un pugno ed un calcio forte.

Il sistema moderno si basa su quattro pulsanti, ovvero attacco debole, medio, forte e speciale. A seconda della situazione la cpu sceglie se eseguire un pugno o un calcio. Le mosse speciali sono molto semplificate e possono essere attivate dalla semplice pressione del comando speciale, accompagnato da una singola direzione.

Con questo stile il danno inflitto dalle combo è leggermente minore rispetto allo stile classico. Questo sistema ricorda quello di giochi come Super Smash Bros o Injustice e sembra pensato per i giocatori alle prime armi o abituati ad altri picchiaduro.

Il sistema dinamico infine è quello più guidato ed automatizzato. Selezionandolo avremo solamente tre tasti a disposizione, legati alla distanza dall’avversario (vicino, medio e lontano). Con la semplice pressione consecutiva dello stesso comando il nostro lottatore innescherà automaticamente tutta una serie di combo.

Questo stile è evidentemente pensato solo per i giocatori più scanzonati, che non hanno tempo e pazienza per imparare comandi speciali e combo. Non sarà possibile ricorrere allo stile dinamico nelle sfide online.

Anche in questo caso, ho apprezzato la scelta di Capcom, che permette anche a giocatori meno pratici della saga di Street Fighter di avvicinarsi a questo gioco, dal momento che i comandi moderni possono risultare più semplici ed abbordabili per molti potenziali utenti. Tuttavia, non sarebbe strano avere delle sorprese, dal momento che già diversi giocatori di alto livello scelgono di affrontare le sfide online utilizzando proprio lo stile moderno.

Street Fighter 6 è davvero un titolo incredibile, completo in ogni suo aspetto.

Conclusione

Street Fighter 6 è davvero un eccellente picchiaduro, completo in ogni suo aspetto. Il gioco Capcom unisce un’eccellente gameplay ad un gran numero di modalità, sia per il signle player che per il multigiocatore. Gli unici difetti del gioco sono da riscontrare nel roster non troppo numeroso e nelle singole storie dei personaggi, fin troppo brevi e superficiali. Consiglio assolutamente l’acquisto, soprattutto per i fan del genere. Non ve ne pentirete!

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: PS5, Xbox Series S|X, Switch, PC, PS4
  • Data uscita: 26/05/2023
  • Prezzo: 59,99 €

Ho nuovamente provato il gioco a partire dal day one dell’ultimo update su PlayStation 5.

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Recensioni

Metroid Prime Remastered – Recensione

L’uscita di Metroid Prime Remastered, avvenuta l’8 febbraio 2023, ha rappresentato per molti giocatore la realizzazione di un sogno. Il Metroid Prime originale, uscito il 18 novembre 2002 su Nintendo Gamecube (e presente nella nostra lista dei migliori videogiochi della console nipponica), è infatti uno dei titoli più amati dell’intera saga di Samus e i fan chiedevano ormai da diversi anni una versione aggiornata di questo gioco.

Con Remastered la risposta di Nintendo è finalmente arrivata. Come avrete già intuito sbirciando il voto, la casa di Kyoto ha decisamente fatto centro. Andiamo ora a scoprire cosa rende Metroid Prime Remastered un titolo davvero imperdibile.

Ritorno a Tallon IV

La trama e le ambientazioni di Metroid Prime sono davvero intriganti e suggestive.

Collocato temporalmente tra la prima avventura di Samus e Metroid 2: return of Samus, Prime vede la bella Samus rispondere alla richiesta di soccorso della fregata spaziale Orpheon, assaltata da un gruppo di pirati spaziali. Dopo una breve sequenza ambientata a bordo della nave, Samus approda sul pianeta Tallon IV, antica dimora della razza Chozo, da cui ha origine la tuta della nostra cacciatrice.

Qui Samus scopre che l’intero pianeta è contaminato da una sostanza mutagena chiamata Phazon e che i pirati spaziali stanno compiendo pericolosi esperimenti su di essa. Compito di Samus sarà fermare i pirati e allo stesso tempo investigare sulla pericolosa sostanza.

Le aree di Metroid Prime sono davvero vaste e diversificate.

Un pianeta tutto da esplorare

L’area di gioco di Metroid Prime è costituita da un’unica gigantesca mappa, suddivisa in cinque regioni. Nella fattispecie, la superficie di Tallon, le rovine di Chozo, le grotte di Magmoor, ricche di lava e magma, la regione ghiacciata di Phendrana ed infine le miniere di Phazon.

Ognuna di queste zone appare molto ben dettagliata e con caratteristiche in grado di differenziarla in modo netto dalle altre. Ciò contribuisce a creare un’ottima varietà e a rendere l’esplorazione davvero divertente ed intrigante.

Anche le creature che abitano le varie aree appaiono estremamente diversificate tra loro, ognuna con i suoi attacchi unici, i suoi punti di forza e le sue debolezze. Ogni porta magnetica del gioco può nascondere letteralmente qualunque cosa: da infami trappole elettriche a enigmi legati ai simboli sui muri, senza dimenticare le caverne di fuoco e i condotti ghiacciati.

Per quanto riguarda le amnbientazioni, dunque, Prime non è invecchiato di un giorno e il rinnovato comparto grafico contribuisce a rendere l’esperienza ancora più piacevole e coinvolgente.

Un’avventura in prima persona

Metroid Prime riesce a mantenere lo spirito dei titoli principali della saga potenziandolo con elementi fps.

Ad una prima occhiata, Metroid Prime sembrerebbe appartenere al genere FPS. A differenza dei precedenti giochi della serie, infatti, la visuale di gioco è posta direttamente dietro al casco di Samus. Il giocatore si trova quindi immerso in un mondo completamente tridimensionale, col compito di esplorarlo e di far piazza pulita dei nemici grazie alle armi del suo fido braccio cannone.

Tuttavia, la caratteristica più incredibile di Prime è che riesce ad unire uno stile di gioco e una serie di meccaniche tipiche degli sparatutto con tutti gli elementi che hanno fatto la fortuna della saga di Metroid. Il focus del gioco infatti non sono tanto gli scontri coi mostri, quanto l’esplorazione, la scoperta di nuove aree e soprattutto l’ottenimento di nuove abilità. Queste ultime permetteranno a loro volta l’accesso ad aree precedentemente inaccessibili.

Parlando di abilità, sono presenti nel gioco tutti i cavalli di battaglia della saga di Metroid, dalla mitica morfosfera alle super mine passando per il rampino ad energia. Metroid Prime presenta però anche diverse novità, tra cui 4 diversi tipi di raggi per il nostro cannone principali, che svolgeranno un ruolo chiave anche nell’esplorazione.

Metroid Prime presenta anche una meccanica completamente nuova, ovvero la modalità scan. Il giocatore infatti ha la possibilità di attivare in ogni momento lo scan del casco di Samus, che permette di evidenziare elementi interattivi dell’area di gioco e persino svelare i punti deboli dei nemici.

Metroid Prime Remastered: Statua Chozo
Tutte le abilità più famose di Samus tornano in Prime più in forma che mai.

Un metroidvania tridimensionale

Prime dunque unisce ottimamente la visuale in prima persona e la struttura tridimensionale con tutti gli elementi tipici di un metroidvania. Durante l’esplorazione di Tallon IV il giocatore deve prima di tutto setacciare tutte le aree disponibili, alla ricerca delle abilità necessarie per accedere alle aree ancora bloccate.

Questo naturalmente obbliga a percorrere più volte la medesima strada e a spostarsi di continuo da un’area del pianeta all’altra attraverso una serie di ascensori che fungono da collegamento tra le suddette aree. Occorre quindi essere muniti di un’ottimo senso dell’orientamento e di una buona memoria per non perdersi nei meandri del pianeta.

Ad aiutare Samus (e il videogiocatore) nella sua missione contribuisce la mappa di gioco, davvero dettagliata e di facile lettura. É addirittura possibile passare da una visualizzazione della mappa in due dimensioni ad una tridimensionale. Inoltre, dopo un certo lasso di tempo, il gioco stesso evidenzierà sulla mappa le zone utili per il progresso dell’avventura, onde evitare frustrazioni ed inutili perdite di tempo.

Nemici per tutti i gusti

Metroid Prime Remastered: Il Metroid Prime
Metroid Prime offre un’ottima varietà di nemici ed una serie di boss battles davvero epiche.

Naturalmente una parte importante di Prime è costituita dagli scontri coi nemici. Come già accennato in precedenza, il gioco presenta una serie davvero nutrita di creature di ogni genere. Si spazia da mostri insettoidi a dragoni di lava fino ai temibili pirati spaziali, la cui pericolosità progredirà col procedere dell’avventura.

Per riuscire a sopravvivere nei suoi spostamenti tra un save point e l’altro il giocatore deve sfruttare al meglio tutte le armi e le risorse a sua disposizione, utilizzando anche lo scanner per svelare le varie debolezze delle creature che ha di fronte.

Questo discorso vale soprattutto per le boss fight, in cui Samus si trova a fronteggiare gigantesche e pericolose creature, ognuna delle quali richiede una strategia ben precisa per essere abbattuta. Spesso in queste battaglie il giocatore è costretto ad utilizzare in modo sapiente anche il visore di Samus. Nel corso del gioco infatti, il visore viene dotato di una visione a infrarossi e di una a raggi x. Queste funzioni sono fondamentali non solo per l’esplorazione ma anche per diverse fasi degli scontri coi boss.

Una remastered all’altezza?

Metroid Prime Remastered: Samus Aran
Con questa remastered Nintendo ha rinnovato in modo sapiente il gioco originale.

Dopo aver rianalizzato gli elementi principali di Metroid Prime è tempo di parlare in modo specifico di questa remastered. Come intuibile, le principali differenze tra questa versione e le precedenti per Gamecube e Wii sono a livello visivo.

Metroid Prime Remastered presenta infatti una grafica totalmente rinnovata e aggiornata, con modelli, texture, illuminazione e colori che hanno ricevuto un restyling completo. Questo rende l’esplorazione molto più piacevole e in generale permette una miglior fruizione del gioco.

Nintendo però non si è fermata qui e ha deciso di inserire in questa remastered ben quattro diversi schemi di controllo, in grado di accontentare sia i nostalgici della versione Gamecube, sia i nuovi giocatori sia coloro che apprezzano l’utilizzo dei controlli di movimento.

Infine, Metroid Prime Remastered recupera da Metroid Prime Trilogy per Wii la funzione nuovo gioco plus, che mantiene tutte i dati delle scansioni della partita precedente e semplifica il completamento del diario di gioco.

Conclusione

Tirando le somme, Nintendo con questa remastered ha fatto davvero un ottimo lavoro, dando nuova linfa ad un titolo che era già considerato un capolavoro assoluto.

Certo, il gioco non è privo di difetti. Come già detto, la particolare struttura dell’avventura obbliga il giocatore a ripercorrere le stesse strade più e più volte. Per restare fedeli alla versione originale, si è scelto di non inserire nessun tipo di scorciatoia o teletrasporto. Questo può risultare un po’ noioso e frustrante per alcuni giocatori, soprattutto nella fase finale del gioco, in cui viene chiesto il recupero di una serie di artefatti sparsi per tutta la mappa.

Inoltre il sistema di puntamento non è proprio perfetto e, soprattutto nelle fasi in cui si è costretti ad affrontare numerosi nemici insieme, spesso risulta difficile passare da un nemico all’altro.

A parte queste piccole sbavature il gioco resta assolutamente valido ed è consigliatissimo sia per chi non ha mai provato il Metroid Prime originale sia per tutti coloro che volessero provare a rivivere questo classico in una versione più bella e al passo coi tempi.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: Nintendo Switch
  • Data uscita: 08/02/2023
  • Prezzo: 39,99 €

Ho provato il gioco tre mesi dopo la data d’uscita su Nintendo Switch per circa 17 ore.

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Società

I cinque peggiori film tratti dai videogiochi

Fin dalla sua uscita nelle sale cinematografiche, Super Mario – il film di Nintendo e Illumination – continua a macinare incassi e ad infrangere record. Mentre scriviamo queste righe, l’opera ha raggiunto l’incredibile cifra di 1 miliardo e 159 milioni, posizionandosi al quinto posto tra i film di animazione più remunerativi di sempre. Nel corso dell’anno, la serie HBO di The Last of Us è stata una delle più viste e apprezzate dell’intera annata, così come altri due film tratti dai videogiochi di Sonic The Hedgehog, che hanno fatto registrare ottimi incassi e incontrato il favore del pubblico.

Insomma, sembra proprio che il mondo del cinema e delle serie tv abbia trovato finalmente la giusta formula per sfruttare e valorizzare al meglio i nostri amati videogiochi, ma non è sempre stato così.

Nel corso degli anni, noi appassionati di videogiochi abbiamo dovuto sopportare cocentissime delusioni, assistendo alla nascita di veri e propri obbrobri cinematografici ispirati a molti dei nostri giochi preferiti. Molti di questi film non solo non rendevano minimamente giustizia ai videogiochi da cui erano tratti, ma spesso e volentieri avevano poco o niente a che spartire con essi. In questo articolo andremo a raschiare il fondo del barile, stillando una classifica dei cinque peggiori film in assoluto tratti dai videogiochi. Prendiamo un bel respiro e prepariamoci ad imboccare il viale dei ricordi, nella speranza di non risvegliare antichi incubi a lungo sopiti.

5. Alone in the Dark

Alone in the Dark fu uno degli esempi più eclatanti delle pessime doti registiche di Uwe Boll

Uscito nel 2005 sotto la regia del leggendario Uwe Boll (che, per chi non lo sapesse, è considerato uno dei peggiori registi di sempre), il film prende molto liberamente spunto da Alone in the Dark: The New Nightmare, quarto capitolo della serie.

Alone in the Dark racconta la storia del detective dell’occulto Edward Carnby (interpretato da Christian Slater) il quale, indagando su una serie di omicidi, si imbatterà nel mistero di alcuni manufatti magici in grado di comunicare col mondo dell’aldilà.

Tra effetti speciali scadenti, combattimenti al limite del ridicolo e una regia a tratti davvero imbarazzante (l’uso della luce ad intermittenza in particolare è davvero tremendo) il film si trascina per 96 interminabili minuti attraverso una trama banale e terribilmente confusionaria. Completa il quadro la recitazione dei protagonisti, a tratti davvero imbarazzante, in particolare quella della protagonista, Tara Reid.

Tirando le somme, Alone in The Dark è un film davvero anonimo, noioso e dimenticabile. Come stiamo per scoprire, però, esiste di molto peggio.

4. Super Mario Bros (1993)

Il primo film dedicato a Super Mario fu un esperimento quantomeno bizzarro

Forse per i lettori più giovani sarà una scoperta, ma il recente film di animazione non è stata la prima apparizione del nostro Mario nel mondo del grande schermo. Infatti, nel 1993 i registi Rocky Morton e Annabel Jankel realizzarono uno strampalato lungometraggio dedicato al baffuto idraulico di casa Nintendo. Sebbene una ristretta cerchia di fan apprezzi tuttora questo film e lo consideri una sorta di esperimento pionieristico, è davvero difficile trovare aspetti positivi in questa pellicola analizzandola con un minimo di oggettività.

L’errore di fondo dei registi è stato cercare di trasporre le avventure di Mario in un contesto realistico e fantascientifico. Dunque scordiamoci i regni dei funghi, castelli, navi volanti e principesse da salvare (o quasi). Al loro posto ecco una dimensione distopica dominata da esseri senzienti evoluti dai dinosauri, armi avanzatissime in gradi di rievolvere il bersaglio, stivali jet per spiccare balzi altissimi e una marea di altre amenità futuristiche.

Oltre alla trama debole e stereotipata e agli effetti speciali abbastanza miseri, meritano una menzione i costumi, davvero grotteschi e ridicoli. Su tutti spicca Koopa (nome giapponese originale di Bowser), rappresentato come una sorta di uomo-lucertola in giacca e cravatta intento a dominare la sua dimensione e a cercare di invadere le altre.

Nemmeno la presenza del grande Bob Hopkins nei panni di Mario riesce a risollevare questo film, che risulta davvero troppo mediocre e sopra le righe. Potrebbe piacere solo ai fan sfegatati di Mario e dei film trash in generale. Gli altri si tengano alla larga e si godano il nuovo film.

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Super Mario non è mai stato solo un platform

3. Mortal Kombat: Distruzione Totale

Film e Videogiochi: Mortal Kombat Distruzione Totale
Il secondo film di Mortal Kombat fu uno dei peggiori sequel di sempre

Ammettiamolo: il primo film di Mortal Kombat non fu così terribile. Certo, il film di Anderson del 95 non era assolutamente un capolavoro. La trama era piuttosto banale e molte scene erano al limite del grottesco. Tuttavia, il film di Mortal Kombat ebbe l’indubbio merito di riuscire a replicare le atmosfere del gioco da cui era tratto, rimanendogli molto fedele nella trama e nella caratterizzazione dei personaggi (ad eccezione dei ninja, vero punto debole del film).

Purtroppo ogni elemento positivo della prima pellicola venne preso e gettato direttamente nell’immondizia due anni più tardi, quando uscì nelle sale Mortal Kombat: Distruzione Totale (Annihilation in originale).

Questo film, diretto da J. R. Leonetti, commette l’enorme errore di portare all’eccesso tutti quegli elementi della prima pellicola che strizzavano l’occhio ai videogiochi originali. Nel film abbiamo caterve di personaggi infilati a forza solo perché presenti nei videogiochi (spesso senza nemmeno presentarli o spiegare chi essi siano) che poi spariscono dopo un paio di scene, senza nemmeno proferire parola (vedi Cyrax).

I combattimenti inoltre sono letteralmente infarciti di mosse speciali prese pari pari dal videogioco, senza curarsi minimamente di renderle credibili. I risultati sono davvero oltre il limite del ridicolo, con coreografie banali e una confusione generale che sembra prevalere su tutto (per capire di cosa parlo basta riguardare il primo scontro tra Raiden e Shao Kahn, a dir poco imbarazzante).

L’apice viene raggiunto nello scontro finale, quando Liu Kang e Shao Kahn ricorrono alle animality, dando vita a due mostruosità in computer grafica che sfigurerebbero anche nel primo film di King Kong.

Anche la trama risulta assolutamente vuota e superficiale. Cercando di unire le trame di Mortal Kombat 2 e 3, il film riprende immediatamente dal cliffangher con cui si concludeva il primo Mortal Kombat, ovvero l’arrivo sulla terra dell’imperatore Shao Kahn. Questo evento dà il via ad una serie infinita di scontri che si susseguono quasi senza sosta, come a voler compensare la pochezza della storia.

Da evitare come la peste, a meno che non si voglia fare quattro risate davanti ad una serie di costumi orrendi, una CGI mostruosa e una serie di combattimenti degni di una puntata qualsiasi dei Power Rangers.

House of the Dead

House of the dead è sicuramente uno dei peggiori zombie movie di sempre

Secondo gradino del podio per un altro film di Uwe Boll. In questo caso, il maestro riesce davvero a superare se stesso, regalandoci uno dei più orrendi film sugli zombie che si siano mai visti. Tanto per cominciare, la scelta di dedicare un film ad un gioco come House of the Dead è quantomeno azzardata. Il gioco Sega infatti è un semplice sparatutto su binari in cui la trama viene appena abbozzata. E infatti la trama del film risulta davvero trita e ritrita, con pochissimi motivi di interesse.

House of the Dead racconta la storia di un gruppo di adolescenti che, per partecipare ad un rave party, si ritrova intrappolato sull’Isla de la muerte. Giunto qui, il gruppo scopre che l’isola è sotto il controllo del malvagio prete Castillo Hermano, che è riuscito a creare una formula per trasformare gli umani in zombie e che ora controlla un’intera armata di non morti. Da qui in poi il film è un susseguirsi di attacchi zombie, tutti infarciti di costumi orrendi, uccisioni al limite del ridicolo e una serie di effetti speciali utilizzati nelle maniere più strampalate e assurde possibili. Da notare soprattutto l’uso massiccio dell’effetto rallenty, spesso inserito in maniera totalmente casuale e spiazzante.

Ma ciò che rende davvero “speciale” House of the Dead” è la scelta a dir poco folle di Boll di inserire intere sequenze prese direttamente dal videogioco per inframmezzare l’azione. Ogni volta che un protagonista muore, infatti, il film si blocca, la telecamera inizia a ruotare intorno al malcapitato, in piedi in posizione contemplativa, finché lo schermo non diviene totalmente rosso. Peggio ancora: durante alcune sequenze d’azione, quando uno dei protagonisti riesce ad uccidere uno zombie, Boll inserisce alcune schermate di uccisioni di zombie prese dal videogioco, in un tripudio di trash e incapacità registica.

Un film davvero terrificante, nel senso più negativo del termine. Recuperatelo solo se avete un amore viscerale per il trash e i film dell’orrore di quart’ordine.

1. Street Fighter – Sfida finale

Film e Videogiochi: Street Fighter
Per i fan di Street Fighter, il film ispirato alla saga fu un vero pugno nello stomaco

Se analizzassimo tutti questi film basandoci solo su elementi di critica cinematografica, probabilmente Street Fighter non sarebbe il peggiore. Tuttavia, la delusione provocata a tutti i fan e la totale mancanza di rispetto mostrata da questa pellicola nei confronti del materiale originale non possono essere perdonate (almeno da chi scrive). Street Fighter – Sfida finale non fa altro che sfruttare la popolarità dei videogiochi da cui è tratto per proporre un film d’azione pigro, banale e strapieno di stereotipi americanisti.

Il film racconta lo scontro tra le forze alleate occidentali, guidate dall’intrepido colonnello Guile (Jean Claude Van Damme) e il malvagio dittatore Bison (Raul Julia, che morì poco dopo il completamento del film), che si è impossessato della città asiatica di Shadaloo. Questo semplice pretesto porta una serie di lottatori esperti di arti marziali a radunarsi a Shadaloo attraverso una serie di scontri assolutamente casuali che culmineranno nella sfida finale tra Guile e Bison.

Al di là dei combattimenti non proprio esaltanti, degli effetti speciali appena nella media e della trama banale, ciò che davvero fa odiare questo film ai fan dei videogiochi di Street Fighter è la caratterizzazione dei personaggi. Questi ultimi, infatti, con pochissime eccezioni, non hanno praticamente nulla da spartire con le loro versioni originali.

Ryu e Ken, protagonisti principali della saga, sono ridotti a due ladruncoli esperti di arti marziali. Dhalsim è un banale scienziato indiano, Sagat è una sorta di mafioso tailandese. E gli esempi potrebbero continuare. Anche la scelta di elevare Guile a protagonista assoluto solo in virtù delle sue origini americane e del suo incarnare lo stereotipo del marine non appare certamente un’idea vincente.

Al di là di queste considerazioni, comunque, la trama di Street Fighter è davvero estremamente semplicistica, con pochissimi colpi di scena e praticamente nessun momento davvero memorabile. Anche i combattimenti sono davvero scialbi e non presentano quasi mai mosse o coreografie che si ispirino chiaramente a quelle mostrate dai lottatori nel gioco originale.

Sicuramente molti di voi non condivideranno questa scelta, ma per chi scrive Street Fighter – Sfida Finale è il peggior film tratto da un videogioco che sia mai stato realizzato. Non è quello più brutto, ma quello che mi ha dato la delusione peggiore e che mi ha trasmesso le emozioni più negative.

Ora come sempre la parola passa a voi! Quali sono i film tratti da videogiochi che più avete odiato? Fateci sapere nei commenti!

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Editoriali

Perché Tomb Raider ha fatto la storia dei videogiochi

Se si guarda all’attualità del mondo dei videogiochi, il nome di Lara Croft non figura certamente tra quelli dei personaggi più popolari. La stessa saga di Tomb Raider, nonostante la buona qualità degli ultimi episodi usciti, non è certamente tra le IP più “forti” e rilevanti del momento. Tuttavia, tutti coloro che, come il sottoscritto, hanno vissuto la fine degli ormai mitici anni novanta, ricorderanno che la bella archeologa era diventata uno dei volti più famosi e riconoscibili dell’intera industria del videogioco.

Pubblicità, apparizioni su numerose riviste, merchandising, serie a fumetti, cartoni animati e persino varie apparizioni durante i concerti degli U2 del PopMart Tour del 97. Il nome di Lara sembrava davvero sulla bocca di tutti e non era esagerato definire la bella eroina una vera e propria icona pop. Questo successo, oltre che al carisma e al fascino di Lara, fu senz’altro dovuto all’incredibile qualità del gioco di cui l’archeologa era protagonista. Il primo Tomb Raider, infatti, fu un titolo davvero sorprendente, sia per la sua altissima qualità che per le innovazioni che seppe portare nel panorama dei giochi di avventura.

In questo articolo andremo a riscoprire questa piccola gemma e cercheremo di spiegare perché il primo Tomb Raider è stato tanto amato, come abbia saputo lasciare ricordi così indelebili nei cuori di numerosi giocatori, compreso il sottoscritto, e perché ha fatto la storia dei videogiochi. Recuperiamo le nostre pistole e lanciamoci alla riscoperta di questo classico!

Un fulmine a ciel sereno

Al momento della sua uscita ben pochi avrebbero potuto prevedere il successo di Tomb Raider

Quando Tomb Raider uscì, tra il 1996 e il 1997, lo fece in punta di piedi. Il gioco, sviluppato dalla veterana Core Design e prodotto da Eidos per Saturn, Playstation e PC, non fu infatti accompagnato da una campagna pubblicitaria particolarmente forte. Tuttavia, non appena i giocatori misero le mani su Tomb Raider, compresero subito di essere di fronte a qualcosa di davvero speciale.

Tomb Raider ricevette un’accoglienza estremamente positiva da parte delle riviste del settore, cosa che rese il gioco estremamente popolare tra gli appassionati. Anche le vendite iniziarono ben presto a lievitare, al punto che l’avventura di Lara divenne uno dei giochi più venduti in assoluto per la prima Playstation.

La strada per il successo

Tomb Raider propose un mix di elementi vincenti che decretarono il suo successo

Le ragioni del successo di Tomb Raider furono molteplici. Anzitutto, il setting e le ambientazioni. La trama del gioco vede l’avventuriera e archeologa Lara Croft venire assoldata dall’infida Natla per rintracciare lo Scion, un misterioso artefatto dalle origini ignote. La ricerca dello Scion porterà Lara a visitare antiche rovine sudamericane, un tempio sotterraneo di ispirazione greco-romana, l’antico Egitto e una misteriosa piramide, legata all’antica Atlantide.

Il gioco si sviluppa attraverso quindici immensi livelli, ambientati all’interno delle macro-aree nominate in precedenza. La trama viene sviluppata attraverso una serie di filmati, che si sbloccano all’inizio o al termine di determinati livelli.

Pur senza far gridare al miracolo, la storia di Tomb Raider era interessante e coinvolgente, soprattutto grazie all’incredibile carisma di Lara, che seppe subito conquistare i cuori dei videogiocatori.

Il gioco inoltre seppe subito catturare l’attenzione dei giocatori grazie al suo comparto grafico. Certo, ai giorni nostri la grafica di Tomb Raider appare molto datata e “cubettosa”. Negli anni in cui il gioco uscì, tuttavia, le ambientazioni completamente tridimensionali e le eccellenti animazioni fecero letteralmente gridare al miracolo.

Una vera avventura tridimensionale

I livelli di Tomb Raider rappresentano il principale punto di forza del gioco

Il più grande punto di forza di Tomb Raider, tuttavia, si rivelò essere la natura stessa del gioco. Intendiamoci, non stiamo certamente parlando della prima avventura 3D ad uscire sul mercato (basti citare giochi come Alone in the Dark o Myst, usciti ben prima di Tomb Raider). Ma nessun gioco fino a quel momento aveva saputo creare quella sensazione di assoluta libertà di movimento che l’avventura di Lara sapeva regalare.

Fin dal primo livello di gioco, il giocatore non avvertiva mai la sensazione di trovarsi su un binario, ma veniva letteralmente immerso in un enorme e realistico ambiente tridimensionale. Stava a lui e alle sue capacità di orientamento e osservazione trovare la soluzione per raggiungere l’uscita del livello.

Altro punto di forza del gioco era il gran numero di azioni a disposizione di Lara. La nostra archeologa infatti era in grado di camminare, correre, saltare in ogni direzione (sia da ferma che in corsa), spostarsi lateralmente e persino nuotare in profondità. Oltre a questo, naturalmente, Lara poteva utilizzare le sue fide pistole, alle quali si sarebbero affiancate altre tre armi.

Nel corso dei livelli, infatti, Lara era chiamata ad affrontare un gran numero di combattimenti. Si trattava principalmente di animali feroci, ma non sarebbero mancate le sorprese (qualcuno ha detto dinosauri?). Durante gli scontri Lara puntava automaticamente i nemici nelle vicinanze, in modo che il giocatore potesse concentrarsi solo sul movimento e le schivate. Le munizioni delle pistole di Lara non si esauriscono mai, mentre le armi aggiuntive andranno ricaricate tramite apposite munizioni sparse per i livelli.

Questa scelta, apparentemente molto semplicistica, rendeva gli scontri estremamente dinamici e divertenti, evitando un sistema di combattimento troppo complesso e macchinoso.

Livelli per tutti i gusti

Ogni livello di Tomb Raider proponeva sfide davvero varie ed originali
Ogni livello di Tomb Raider proponeva sfide davvero varie ed originali

L’altro aspetto che sancì il successo di Tomb Raider fu sicuramente la struttura dei livelli. Questi ultimi, con pochissime eccezioni, erano infatti stati pensati e progettati alla perfezione. Attraverso l’uso di blocchi da scalare, gallerie, porte segrete e passaggi acquatici, gli stage di Tomb Raider si sviluppano in ogni direzione, sia in altezza che in profondità.

Quasi mai il giocatore doveva affrontare un percorso lineare, ma si trovava all’interno di enormi ambienti aperti, che andavano visitati in ogni angolo per poter essere superati. Questo rendeva l’esplorazione davvero varia, coinvolgente e divertente.

Oltre a questo, i livelli erano estremamente diversificati tra loro. Le ambientazioni di ognuno di essi, infatti, risultavano quasi sempre molto differenti l’una dall’altra, riuscendo a risultare ogni volta fresche ed interessanti.

Il brivido della scoperta

Alcuni momenti dei livelli di Tomb Raider sono divenuti davvero iconici
Alcuni momenti dei livelli di Tomb Raider sono divenuti davvero iconici

Per rendere le cose ancora più interessanti, ogni livello, per essere superato, proponeva una sfida particolare. In St. Francis Folly, per esempio, Lara ad un certo punto raggiungeva un’enorme stanza con un pilastro centrale. Nelle varie estremità dello stanzone erano posizionati quattro templi, dedicati ad altrettante divinità antiche. Per superare il livello occorreva esplorare tutti i templi, superare le prove al loro interno e raccogliere quattro chiavi nascoste all’interno del tempio.

Nelle miniere di Natla, invece, Lara iniziava il livello priva delle sue armi. L’obiettivo primario del giocatore era rintracciare tre fusibili sparsi per la miniera che davano a Lara l’accesso ad una stanza in cui erano custodite le sue fide pistole.

Questa varietà di situazioni, unita ai numerosi combattimenti, rese Tomb Raider un’esperienza di gioco davvero ricchissima, in grado di accontentare sia i fan dei giochi di azioni che gli amanti degli enigmi e dell’esplorazione ragionata.

Come ciliegina sulla torta, i livelli di Tomb Raider proponevano spesso momenti davvero forti ed iconici, in grado di lasciare i giocatori a bocca aperta o di farli letteralmente saltare dalla sedia.

Senza dare troppi spoiler a chi non ha mai giocato a questo gioco, mi limito a citare il raggiungimento dell’enorme sfinge nel santuario dello Scion o la scoperta della mano del re Mida, ma potrei fare davvero decine di altri esempi.

L’eredità di Tomb Raider

Il numero dei sequel di Tomb Raider è davvero impressionante
Il numero dei sequel di Tomb Raider è davvero impressionante

Visto il successo ottenuto, era inevitabile che le avventure di Lara proseguissero. Eidos tuttavia fece la scelta di spremere la sua gallina dalle uova d’oro oltre l’inverosimile. Tra il 1997 e il 2001 uscirono addirittura quattro nuovi Tomb Raider, tutti su Playstation e PC.

Sebbene la qualità di questi titoli fosse generalmente molto buona (Tomb Raider 2 in particolare venne molto ben accolto), questi giochi risultarono davvero troppo simili tra loro e aggiunsero davvero troppo poco alla formula vincente del primo gioco. Questo causò, a lungo andare, un certo disinteresse per la saga.

Dopo il terribile Angel of Darkness, del 2003, Eidos realizzò due nuove trilogie dedicate a Tomb Raider. La prima fu inaugurata da Tomb Raider: Legend del 2006 e terminò nel 2008 con Tomb Raider: Underworld. Nel 2013 uscì Tomb Raider, vero e proprio reboot della saga, che ebbe a sua volta due sequels, Rise of the Tomb Raider e Shadow of the Tomb Raider. Per il 2023 è prevista l’uscita di un nuovo capitolo della serie, su cui sembra che Crystal Dynamics e Amazon stiano puntando davvero forte.

Finora però tutti questi seguiti, pur ottenendo sempre buoni risultati in termini di vendite e ricevendo vari apprezzamenti dal pubblico, non sono stati in grado di replicare l’incredibile successo dell’avventura originale. Chissà, probabilmente Tomb Raider è stato l’equivalente di una cometa, un fenomeno tanto bello ed emozionante da vedere quanto difficile da replicare. Quello che è certo, però, è il fatto che la prima avventura di Lara ha regalato ore ed ore di divertimento a migliaia di giocatori, che ancora oggi la ricordano con piacere e nostalgia. Ed è stato un piacere anche per il sottoscritto condividere con tutti voi i ricordi e le emozioni che Tomb Raider ha saputo regalarmi. Alla prossima avventura!