Categorie
Editoriali

Dubbi e speranze dopo il Summer Game Fest 2023

Si è conclusa da poco la settimana più calda per il gaming internazionale. Dopo la dipartita dell’E3, il Summer Game Fest – coadiuvato dalle kermesse di svariati publisher – è ormai il massimo evento estivo in cui scopriamo i videogiochi che giocheremo nell’immediato futuro, o quasi. In questo articolo ho raccolto le impressioni, certezze, speranze e dubbi sugli eventi di maggior spessore: il Summer Game Fest, l’Xbox Games Showcase, l’Ubisoft Forward e il Capcom Showcase 2023.

Speranze e certezze

Le conferenze di queste ultime settimane non hanno mostrato tantissimi videgiochi superlativi, ma quando lo hanno fatto sono rimasto positivamente colpito.

Il videogioco su cui ho maggior certezze, nonostante siamo appena agli inizi, è Final Fantasy VII Rebirth. Il secondo capitolo della trilogia è ancora lontano – la data d’uscita è un generico 2024 – ma la sua presenza è pesante: Rebirth è l’unico gioco che già vedo con almeno una sfilza di nove nel suo background. Qualsiasi altro risultato sarebbe insoddisfacente. Il trailer del Summer Game Fest con Cloud, Tifa, Aerith ma soprattutto Sephiroth ha mostrato la volontà di Square Enix di continuare quanto ben fatto con il primo capitolo della triologia: Rebirth ha la mia completa fiducia.

Il secondo posto del meglio che ho visto va a Starfield. Ovviamente l’evento dedicato al gioco è di gran lunga migliore dei tre minuti di Final Fantasy, ma qualche dubbio ancora mi attanaglia: l’opera magna di Todd Howard è così bella da non sembrare reale. I diversi video di Starfield mi hanno detto che in questo videogioco si può fare letteralmente tutto: esplorare, combattere in prima e terza persona, costruire basi, avere dialoghi significativi e una personalizzazione unica del proprio personaggio. Sì, sembra il gioco definitivo non solo per gli appassionati di Xbox ma per qualsiasi videogiocatore. L’esperienza mi ha insegnato che fare qualcosa di così enorme, che non si limita a un open world ma bensì a intero universo, è veramente difficile; non sono ancora sicuro che sia veramente possibile. Ho bisogno di toccarlo con mano e per fortuna non mancata tanto: il 6 settembre potrò farlo.

Final Fantasy VII Rebirth alla Summer Game Fest

Tra le solide certezze invece inserisco tre titoli che mi convincono sempre di più, trailer dopo trailer. Oggi voglio avere vita facile: al terzo gradino del podio metto Baldur’s Gate 3. Ormai in accesso anticipato da un bel po’ e in arrivo il 31 agosto, il gioco di ruolo di Larian Studios non è una novità, ma un videogioco che sicuramente giocherò. Scelta banale? Sì, ma sono sicuro che sarà vincente. Discorso simile, ma con meno certezze invece per Marvel’s Spider-Man 2 e Mortal Kombat 1. L’uomo ragno di Insomniac Games arriverà il 20 ottobre 2023 e credo che sarà un bel gioco. Durante il Summer Game Fest 2023 ho visto un gameplay solido e una resa grafica soddisfacente. Purtroppo ho qualche dubbio sull’innovazione che possa portare al genere, ma sarà un’opera da seguire e successivamente giocare. Sono del medesimo avviso per Mortal Kombat 1: la scelta di creare un universo parallelo non mi affascina e non mi aspetto grandi cambiamenti dal reboot: però è sempre MK e il trailer ha mostrato tutto quello che i fan vogliono: violenza, sangue e un macabro humor.

Anche se l’usato sicuro dei titoli appena citati ha avuto la meglio su di me, pongo comunque grandi speranze su Senua’s Saga: Hellblade 2. Sono uno dei pochi che non ha mai veramente amato il primo capitolo. L’ho giocato, l’ho trovato originale ma ho avvertito il senso di confusione della protagonista come un eccessivo ostacolo al gameplay. Discorso diverso per Hellblade 2; guardando il trailer ho provato un profondo senso di angoscia: non so se avrò voglia di provare queste sensazioni, ma ho percepito enormi passi in avanti nel suscitare emozioni, che alla fine è tutto quello che conta in un videogioco.

In fondo alla mia personale lista delle speranze, e in questo caso mi sento di dire “certezze”, posiziono Dragon’s Dogma 2: sono convinto che il nuovo capitolo del gioco di ruolo di Capcom ci sorprenderà. Un mappa più grande e un’intelligenza artificiale definita di “ultima generazione”. I fan avranno delle aspettative altre, ma al di fuori della propria nicchia non c’è tanta pressione: un enorme vantaggio perché questi ragionamenti hanno fatto passare in secondo piano un trailer convincente ma soprattutto ricco di parole importanti. L’intelligenza artificiale è fondamentale per i videogame. Ci potremmo svegliare al day one e scoprire che Dragon’s Dogma 2 ha rivoluzionato un pezzo di storia videoludica: sinceramente lo ritengo possibile.

Dubbi estivi

Può un open world su Guerre Stellari generare dubbi? In teoria no; in pratica voglio veramente andarci con i piedi di piombo con Star Wars Outlaws. Così come Starfield, l’open world di Ubisoft sembra essere il gioco definitivo. Nel video di presentazione all’Ubisoft Forward c’è tutto: esplorazione di pianeti, gunplay ricercato, viaggi nello spazio e combattimenti nello spazio. Se mi dovessi basare solamente sui video gameplay, Star Wars Outlaws finirebbe sul podio. Purtroppo però Ubisoft annacqua ormai da anni i suoi giochi con mondi aperti privi di carisma: temo che anche Outlaws venga sacrificato sull’altare dell’accessibilità a tutti i costi. Spero di sbagliarmi, ma oggi non mi voglio impegnare.

Un discorso simile mi sento di fare per Prince of Persia: The Lost Crown. In questo caso però ho voglia di credere nella rinascita del franchise. I miei dubbi nascono soprattutto dallo stile artistico scelto: a me piace, tanto, ma ricorda clamorosamente il ritorno di Crash Bandicoot con il quarto capitolo. E questo mi preoccupa: Prince of Persia non ha bisogno di prendere spunto da nessuno se non sé stesso. Il trailer non dice ancora molto, quindi per adesso è un interessante ma importante dubbio.

Prima di aprire l’antro delle paure personali, provo a respirare e parlare di un limbo che non mi dice ancora molto e che purtroppo temo non finirà bene. Vado sul sicuro affermando che il trailer di Avatar: Frontiers of Pandora è stato tremendamente scialbo. Mi è sembrato di tornare indietro di 20 anni e rivedere opere anonime come Harry Potter e La Camera dei Segreti. Un ragionamento simile ma più complesso invece va fatto per Lies of P. Il soulslike di Round8 Studio è sulla carta una gemma piena di carisma. In ogni trailer mostra il suo fascino ma puntualmente qualcosa mi dice che non sarà un’opera indimenticabile. Bioshock, Final Fantasy, Elden Ring: Lies of P mi ricorda i più grandi, ma le fasi di combattimento stanno sempre passando in secondo piano. Stiamo già mettendo mani alla demo, ma nonostante la resa stilistica, il carisma dei personaggi e le ambientazioni mozzafiato, preferisco prendere questo titolo con le pinze, ancora per un po’.

Dopo 10 anni di sviluppo, assenze importanti e rinvii lunghissimi, Ubisoft ha annunciato una closed beta di Skull & Bones, che si terrà dal 25 al 28 agosto 2023. Non è quantomeno curioso che un videogioco con queste vicessitudini si presenti in sordina a fine estate? Una decade di lavoro si presenta a Natale, se proprio vogliamo andarci leggeri possiamo pensare di venderlo in primavera. Ma agosto può significare solamente che anche Ubisoft ha forti dubbi. E anche io la penso come loro perché Skull and Bones, durante il Forward, è stato presentato con un trailer alle spalle di una band che cantava canzoni piratesche. Tutto si è visto e sentito fuorché il gioco, in una conferenza sui videogiochi. Strano? Decisamente.

Lies of P alla Summer Game Fest

Ora passiamo ai dolori: quei due videogame che ho visto e che mi fanno temere che l’attesa non sarà ripagata.

Partiamo dal primo: Alan Wake 2 non mi ha convinto. L’opera di Remedy dovrebbe essere un mix bilanciato tra i survival horror di fine anni 90, Stephen King e film e telefilm cult tra horror e investigazione. Il risultato del breve gameplay del Summer Game Fest invece mi ha ricordato una versione annacquata di un qualsiasi remake di Resident Evil. Non è necessariamente un male, ma non è neanche un bene perché ho sentito mancare tante, troppe sfumature angoscianti che il primo Alan Wake mi ha saputo dare. Ripongo in Remedy ancora delle speranze, ma il 17 ottobre 2023 è vicino: spero solo che si tratti di una cattiva scelta di marketing, ma le premesse non mi hanno fatto impazzire.

Dulcis in fundo, o quasi: Avowed è ben lontano dall’essere pronto. Lo sapevo, ma non mi aspettavo nemmeno un trailer così mediocre. Da grande appassionato di Pillars of Eternity, l’idea di vedere una specie di The Elder Scrolls ambientato nel mondo di Eora è un sogno che si avvera, ma da quanto si è visto, Avowed sembra letteralmetne una mod di Skyrim, cioè un videogioco di 12 anni fa. Texture scarne, animazioni povere e ambientazioni disadorne. Sono cosciente che il piatto forte della casa è la trama, ma essa passa anche attraverso un mondo che la sappia valorizzare. In questo momento Eora è anonima, adesso come non mai il 2024 sembra troppo vicino.

Categorie
Editoriali

Perché Bioshock ha fatto la storia dei videogiochi

Bioshock”. Avrei potuto anche scrivere questa unica parola, chiudere qui l’articolo e non aggiungere altro. Già, perché per qualunque amante dei videogame di qualità Bioshock è storia, anzi, è leggenda.

Quello che leggerete d’ora in avanti sarà il variopinto elogio di una saga, “Bioshock”, “Bioshock 2” e “Bioshock – Infinite”, che mi ha appassionato come quasi nessun’altra e che mi ha piacevolmente costretto a giocarla e rigiocarla fino a scoprire ogni più piccolo segreto, ogni sfaccettatura, ogni singolo passaggio. Con “Bioshock” e i suoi sequel, infatti, non si vive semplicemente una storia, non si vestono soltanto i panni del protagonista di turno ma si affrontano i propri demoni, ci si interroga, spinti dalla trama, a fare i conti con sé stessi e ad interrogarsi su cosa, fino in fondo, sia la nostra natura umana.

La nascita del mito

Ma andiamo con ordine. Nel 2007, sviluppato da Blind Squirrel Games e pubblicato da 2K Games, arriva “Bioshock”, un FPS destinato a cambiare la storia degli sparatutto in prima persona e non solo. Il titolo ebbe l’effetto deflagrante di una bomba atomica in un mondo video ludico che attendeva con ansia un nuovo capolavoro di cui cibarsi con voracità. Il lavoro dei ragazzi dello “Scoiattolo Cieco” si rivelò subito un gioiello preziosissimo, sia per il comparto tecnico e la programmazione perfetta sia per il design dei livelli e degli straordinari personaggi. Fu così che tutte le riviste di settore non poterono far altro che dare votazioni altissime tanto da raggiungere la media di 97/100. L’acclamazione di “Bioshock” fu unanime, così come la soddisfazione dei videogiocatori di tutto il mondo che si trovarono per le mani uno dei migliori titoli mai realizzati.

Bioshock: quando si dice colpo di fulmine
Quando si dice il colpo di fulmine!

Successore “spirituale” di System Shock 2, Bioshock venne ideato per stupire la platea videoludica e trasportarla in una realtà distopica in cui il giusto e lo sbagliato vanno a fondersi in un’ipocrisia generale e folle.

Il capostipite della serie inizia con il protagonista Jack intento ad affrontare il dramma di un disastro aereo rimanendo miracolosamente illeso. Precipitato al largo nell’Oceano Atlantico, scorge un faro poco distante. Entrato poi in una batisfera, viene trasportato suo malgrado all’ingresso della città di Rapture obbligato così a scoprire i tremendi segreti di un mondo sommerso intriso di pazzia, disumanità e degrado sociale da cui dovrà evitare di essere inghiottito.

La prima avventura si dipana proprio all’interno di questa stupefacente e affascinante città sottomarina in cui, prima del decadimento, si erano riunite menti illuminate e geniali che avevano come discutibile scopo quello di poter sperimentare senza freni, slegati dalla morale e dalle leggi terrestri.

Scopriamo, ben presto, che l’inizio della fine fu la scoperta di una sostanza estratta da alcune lumache di mare, l’Adam. Tale sostanza agisce sull’organismo umano come una sorta di tumore benigno che sostituisce le cellule presenti con cellule staminali potenziate e instabili. Risultato? Tanti poteri ma anche demenza e follia. Questi poteri vengono chiamati “Plasmidi” e donano a chi li possiede (i ricombinanti) le capacità, tra le altre, di congelare, bruciare, fulminare e generare api assassine. Tali poteri vanno costantemente rimpinguati dalla droga Adam che, come ogni sostanza stupefacente, causa dipendenza. Ed ecco che Rapture, nata come città utopica con lo sguardo rivolto al futuro e alla tecnologia, diventa in breve tempo un enorme calderone di morte e pazzia in cui umani dissennati vagano senza meta per procurarsi una dose.

E già così, ammettiamolo, potremmo parlare di un’idea originalissima alla base di Bioshock. Già così potremmo parlare di capolavoro. Per fortuna, però, Bioshock non si limita ad essere uno sparatutto in soggettiva tecnicamente e visivamente splendido ma anche un gioco in cui la trama ci lascia a bocca aperta e che ci regala chicche splendide come i Big Daddy e le Sorelline a cui non possiamo che dedicare una sezione più in basso.

Un Big Daddy ci sta caricando…

Tralasciando i risvolti di trama, per i quali il sottoscritto vi consiglia caldamente di recuperare i titoli e giocarli, i due sequel procedono nel solco tracciato da “Bioshock”, regalandoci in Bioshock 2 la possibilità di vestire i panni di un possente Big Daddy senziente e, nel terzo, di vivere un’avventura splendida tra l’onirico e il magico, il tutto sapientemente curato da una regia politica che ne fa, probabilmente, il titolo più maturo dei tre.

Big Daddy & Sorelline, terrore e genialità

Come abbiamo detto, gli abitanti di Rapture sono ormai perduti, vittime dei loro stessi vizi e perennemente alla ricerca di Adam. E la loro ricerca si estende, in modo macabro e purulento anche nei cadaveri disseminati qui e lì per una città senza freni. Già, perché con uno strumento terrificante simile ad una pistola con un lungo aculeo finale è possibile estrarre i residui di Adam che scorrono nelle vene del defunto. I cadaveri, però, restano incustoditi e a disposizione di tutti solo per pochissimi minuti perché, a pochi minuti dalla morte, ecco arrivare le visioni più agghiaccianti e terribili che Rapture proponga: i Big Daddy e le Sorelline. I primi sono dei robot corazzatissimi e armati di trivella meccanica che hanno un solo scopo: difendere le bimbe che li accompagnano. Queste creaturine a prima vista sembrano delle dolci e innocenti bambine che però si rivelano esseri mutati geneticamente e riprogrammati per “fiutare” l’Adam ed estrarlo dai cadaveri con i loro arnesi.

Bioshock: sorellina
Ecco una sorellina in tutto il suo macabro e tremendo splendore

Non nascondo che quando le incontrai per la prima volta restai pietrificato e provai una sensazione di terrore misto a fascinazione. È indubbio che, pur silenti, i Big Daddy siano personaggi straordinari, non a caso diventati ultra-famose icone pop più volte rappresentate e ben presenti nell’immaginario videoludico attuale.

Quando le parole “bene” e “male” non hanno più senso

Non starò qui a raccontare minuziosamente le trame di questi capolavori senza tempo a distanza di così tanti anni dalla loro uscita ma è necessario trovare all’interno di essi un filo conduttore dell’intera l’epopea di Bioshock: la difficoltà di distinguere il bene dal male. Cosa è giusto e cosa è sbagliato. Durante tutti i tre i giochi, infatti, saremo spesso chiamati a fare delle scelte difficili che potranno o non potranno rendere il nostro personaggio più forte e, di conseguenza, l’incedere tra i livelli più agevole. Saremo chiamati a scegliere se liberare le sorelline del loro mostruoso fardello regalando loro una nuova infanzia umana oppure ucciderle prosciugandole del tutto del prezioso Adam. Detta così, potrebbe essere semplice dire quale sia la scelta giusta ma, in realtà, siamo ben oltre i limiti dell’ovvio.

Le sorelline non sono biologicamente umane, anzi, sono completamente prive di umanità nel loro stato e ciò, convenzionalmente, non le porta allo status di esseri umani. Non sappiamo i risvolti reali della loro “redenzione” che, per mano nostra, potrebbe lasciarle in una sofferenza perenne e con enormi problemi di carattere psicologico e sociologico. Neanche la dottoressa che le ha create, Brigit Tenenbaum non sa realmente cosa le sorelline siano in realtà né tantomeno conosce la loro origine. Vale la pena rischiare la propria vita per salvare questi soggetti che potrebbero essere stati creati artificialmente in laboratorio? Sta a voi deciderlo… dilemmi etici di tale portata saranno ben presenti anche nei sequel in cui potremo o non potremo forzare la legge di Rapture e quella etica per andare avanti, oppure partecipare ad un golpe che possa favorirci. E’ tutto nelle nostre mani e i vari finali disponibili, che cambiano in base alle nostre scelte, rappresentano il giudizio finale sulle nostre azioni. Provare per credere.  

Sono ambidestro e ve lo dimostro!

Spero che a questo punto via sia passato il messaggio che “Bioshock” e fratelli siano dei capolavori visionari e senza tempo ma non potevi esimermi dal parlarvi di una delle meccaniche di gioco più importanti nonché più iconiche e riconoscibili del gioco: il doppio attacco combinato.

Abbiamo detto in incipit che a Rapture abbiamo la possibilità di acquisire poteri straordinari chiamati Plasmidi e che questi siano alla base di tutti e tre i titoli. Ciò non implica, però, che i nostri protagonisti non possano farsi largo tra selve di nemici a colpi di armi da fuoco, anzi. L’innovazione della saga di Bioshock è proprio rappresentata dal doppio attacco Plasmide/Arma da fuoco che possiamo sfruttare anche in base all’ambientazione. Per fare un paio di esempi banali, ma si può eliminare il nemico con enorme eleganza e in tanti modi diversi, se il nostro avversario si trova con i piedi nell’acqua sarà certo una buonissima idea utilizzare la scarica per fulminarlo per bene prima di finirlo con fucile o pistola mentre se si trova a camminare sul cherosene o sulla benzina, la fiamma ci aiuterà ad arrostirlo a puntino.

Boom e poi bang-bang!

Ecco, la possibilità di utilizzare la mano destra per sparare e la sinistra per utilizzare il potere fu un vero colpo di genio dei creatori che regalarono, così, ai posteri una saga da cui, successivamente, hanno attinto un po’ tutti a piene mani.

Una saga oltre il tempo e la tecnica

Degrado sociale, psicologia, cieca follia e lucida crudeltà sono gli ingredienti che, uniti ad un comparto tecnico di altissimo rilievo e da un level design degno di essere studiato nelle università di settore, fanno della saga di Bioshock una delle più importanti e ricordate dell’intera storia videoludica. Tre titoli che non sentono quasi per nulla il peso degli anni e che possono essere tranquillamente giocati anche al giorno d’oggi senza il timore di vivere un’esperienza vintage e poco appagante. Provare per credere.

Categorie
Recensioni

The Last Case of Benedict Fox – Recensione

Ogni decade videoludica ha il suo genere e la sua ambientazione di punta. Negli ultimi dieci anni, i videogiochi indie si sono particolarmente concentrati sul genere dei metroidvania e sulle ambientazioni di carattere horror noir rese celebri tra la fine dell’800 e nei primi anni del 900 da Edgar Allan Poe e Howard Phillips Lovecraft. The Last Case of Benedict Fox è potenzialmente la tempesta perfetta: un metroidvania artisticamente ispirato dai racconti di H.P. Lovecraft che vi raccontiamo in questa recensione.

Recensione in BREVE

The Last Case of Benedict Fox è un gran peccato. Il lato artistico, tanto quello grafico con uno stile perfetto per un metroidvania lovecraftiano quanto quello sonoro con deliziose musiche jazz, sono rovinate da un’approssimazione nel cuore dell’opera: il gameplay potenzialmente solido grazie allo stile soulslike mediamente impegnativo soffre di vistosi problemi tecnici al day one; gli enigmi sono ripetitivi e il level design impone un eccessivo backtracking. I competitor sono troppo agguerriti per essere impensieriti questa volta: tanto nel genere dei metrodivania quanto nelle opere lovecraftiane.

6


Orrore a 33 giri

Benedict Fox è un sedicente investigatore dell’incubo che offre i suoi servizi a Boston, Massachusetts. L’anno in corso è il 1925: il mondo ha conosciuto la Grande Guerra, ma è anche venuto a contatto con poteri occulti ed esoterismo. La società segreta nota come First Circle ha sfruttato le dimensioni spazio-temporali più oscure per i propri interessi e adesso ben due organizzazioni – con i loro metodi poco ortodossi – si sono fatti carico di smantellare ogni utilizzo della magia occulta nel mondo conosciuto e non solo.

Così come Dylan Dog ha Groucho, così Benedict Fox ha al suo fianco un’entità altrettanto misteriosa: Companion, un demone dentro il corpo dell’investigatore che lo aiuta a risolvere i crimini più impossibili, che in questa avventura sono strettamente legati alla vita privata di Benedict. In quest’ultimo caso, l’investigatore Fox torna nella casa dei propri genitori per scoprire chi li ha asssinati.

La nostra avventura nei panni di Benedict Fox e Companion inizia nella magione, la lussuosa residenza di famiglia che servirà anche da hub centrale per un’area più grande e profonda; infatti, l’investigatore Fox attinge ai poteri sovrannaturali del suo compagno per vagare all’interno della mente dei defunti, in una dimensione onirica dai tratti (vagamente) lovecraftiani. Il Limbo – questo il nome della principale area di gioco – è un mondo in cui gli incubi diventano realtà sotto forma di inquetanti mostri: la varietà è limitata, ma la qualità artistica – sia grafica che sonora grazie ai coinvolgenti temi jazz – è il maggior pregio di The Last Case of Benedict Fox, anche se l’occhio più attento non potrà non notare delle enormi somiglianze con i demoni di Eternal Darkness: Sanity’s Requiem, il capolavoro di Silicon Knights.

A un passo dall’inferno

Ogni defunto ha il suo Limbo, che coincide con un macabro ricordo del proprio passato e delle zone in cui più si è vissuto. Il risultato è che i genitori di Benedict hanno due Limbo distinti, ma che si concatenano in zone comuni: una trovata affascinante e sufficientemente variegata poiché composta da scenari con temperature, colori e arredi abbastanza diversi tra loro e perfettamente in sintonia con lo stile artistico che tanto ci è piaciuto.

Purtroppo, non possiamo dire lo stesso del design della mappa: i ragazzi e le ragazze di Plot Twist hanno deciso di creare un mappa di gioco veramente grande, ma che presenta due importanti problemi: le aree sono troppo grandi per quello che poi realmente vi è contenuto e troppo spesso ci siamo ritrovati senza aver idea di cosa fare a causa di un backtracking eccessivo, che costringe il videogiocatore a vagare senza meta per delle aree inutilmente grandi. La frustrazione aumenta ulteriormente se pensiamo che la mappa indica i punti ancora da attraversare ma non ci dice qual è l’ostacolo.

Tecnicamente annacquato

The Last Case of Benedict Fox è un metroidvania che potrebbe risultare una sfida per i giocatori meno avvezzi ai videogiochi “tosti”. Plot Twist ha deciso infatti di puntare su nemici in stile soulslike, cioè con mostri con un pattern predeterminato che possono velocemente portare a zero i quattro punti vita iniziali che abbiamo: tutti picchiano quanto serve, dai demoni simili a degli zombie fino ai cecchini dell’Orphan Resocialization Guild.

D’altro canto, Benedict ha un arsenale minimale ma di tutto rispetto: un coltello per gli attacchi in mischia; una pistola “magica”; la possibilità di parare con il dorsale del controller e di schivare con la levetta analogica destra. A questo poi bisogna aggiunge le abilità del nostro fidato demone Compagno, utili tanto in attacco quanto in difesa. Tanto le armi quanto le abilità del Companion sono potenziabili nella magione grazie a due figure che ci verranno in soccorso durante il gioco. Il miglioramento delle armi è stato pensato come opzionale poiché si otterrà grazie ad oggetti trovati in posizioni più o meno difficili da scovare; le nuove abilità invece si ottengono collezionando un inchiostro speciale che l’investigatore Fox userà per farsi tatuare delle migliorie che può scegliere all’interno di un scarno albero formato da soli due rami.

In ogni caso, i problemi principali non sono né i nemici standard né i (pochi) boss che incontreremo durante il tragitto: la vera difficoltà del combattere e dell’affrontare le piattaforme a colpi di salti è la presenza di un sistema di comandi impreciso e con evidenti problemi di risposta negli input. Cadere in una buca non è mai stato così facile e alcuni specifici punti sono realizzati in modo così punitivo – in cui bisognerà usare delle tecniche da veri e propri lamer navigati – che ci fanno credere che il gioco non abbia ricevuto un sufficiente beta testing.

Infine, saremo tenuti ad affrontare diversi enigmi matematici basati su indizi che troveremo durante il tragitto. Abbiamo trovato i rompicapo abbastanza impegnativi in un primo momento, ma una volta capito il meccanismo, la ripetitività diventa padrone del tempo che scorre in attesa del finale.

The Last Case of Benedict Fox al Day One

Inizialmente avevamo pensato di recensire l’opera su Xbox One, ma ci siamo dovuti ricredere. Al day one, il titolo soffriva di due enormi problemi: uno stuttering (cioè un calo di frame rate e fluidità generale) imbarazzante e caricamenti lunghissimi causati da evidenti problemi di ottimizzazione.

Abbiamo quindi deciso di recensire il gioco su Xbox Series X, disponibile tra l’altro su Xbox Game Pass al day one. Su next-gen siamo arrivati fino in fondo con caricamenti minimi – ma comunque superiori a tanti altri titoli simili, uno su tutti Ori and the Blind Forest – ma siamo rimasti perplessi nel vedere un videogioco di questo genere patire comunque di un vistoso stuttering in alcuni punti ben precisi e incredibilmente importanti e centrali per l’opera. Si aggiungono alle problematiche un paio di crash che ci hanno riportato alla schermata iniziale, diventati letali a causa della mancanza di auto-save, scelta anacronistica per una generazione che fa del Quick Resume il suo punto di forza.

È stata rilasciata una patch al day one che ha migliorato la situazione, ma non ha risolto completamente i problemi che ci siamo portati avanti fino alla fine del videogioco.

Ti potrebbe interessare anche:

I 10 migliori Metroidvania

Conclusione

The Last Case of Benedict Fox tratta due temi figli dei nostri tempi: il clamore dei metrodivania nel panorama indie e la rivalutazione delle opere di H.P. Lovecraft. Il problema principale – in entrambi i casi – è che generi e temi così mainstream, nel contesto underground, richiedono una cura dei dettagli che è mancata al team di Drift Zone.

Il lato artistico di The Last Case of Benedict Fox è un barlume di speranza per il futuro, ma che necessita di essere supportato in tutti i livelli del gioco: il gameplay presenta vistosi problemi prettamente tecnici; il level design, apparentemente interessante, si rivela invece un vagare alla ricerca di cosa cosa fare per andare avanti. In generale l’opera non è orrifica nè in senso negativo né purtroppo in senso positivo: la disperazione dei Grandi Antichi è solo una lieta lontana speranza.

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: Action-Adventure (metroidvania)
  • Lingua: Italiano
  • Multiplayer: No
  • Prezzo24,99€
  • Piattaforme: PC, Xbox One, Xbox Series S/X
  • Versione provata: Xbox Series S/X

Abbiamo risolto il difficile caso della famiglia Fox dopo circa 15 ore di gioco grazie a un codice fornitore dal publisher

Categorie
Recensioni

Star Wars Jedi: Survivor – Recensione

Recensione in BREVE

Star Wars Jedi: Survivor può considerarsi una versione aggiornata e migliorata del suo predecessore. Le meccaniche souls-like non stancano, come non stancano i meravigliosi scorci e ambientazioni creati dagli abili artisti di Respawn Entertainment. Salvo difetti di ottimizzazione, questo titolo risulta godibile e intrattenente. Consigliato a tutti gli appassionati dell’universo di Star Wars, persino a coloro che non hanno giocato il primo capitolo.

8.5


Star Wars Jedi: Survivor si presenta come successore di Star Wars Jedi: Fallen Order, calcando la mano sulle caratteristiche che hanno reso il capitolo precedente un ottimo gioco. Ma si sa, talvolta mettere un “2” alla fine del titolo non basta ad accertarne la qualità. Essendo quindi in una posizione così rischiosa, Star Wars Jedi: Survivor sarà riuscito ad alzare l’asticella della qualità? Andiamo a scoprirlo.

La forza non è nella trama

In questo secondo capitolo vestiamo nuovamente i panni di Cal Kestis – uno dei pochi jedi a essere sopravvissuto all’Epurazione – il quale continua strenuamente la sua lotta contro l’Impero, con la speranza di rifondare il perduto Ordine Jedi.

Sono passati 5 anni dagli eventi di Star Wars Jedi: Fallen Order e le strade dei nostri protagonisti si sono divise. Cal Kestis, durante tutto questo tempo, è diventato un vero e proprio Cavaliere Jedi. Di lavoro in lavoro, aiutato dal suo fido droide BD-1, Cal cerca nuovi modi per sfidare e abbattere il famigerato Impero Galattico; nel fare ciò, Cal risveglia un antico jedi del tempo delle guerre dei cloni, il quale potrebbe non essere troppo grato della nostra gentilezza.

Nuove esperienze e nuovo look! Questo nuovo Cal ci piace davvero molto, un vero e proprio miglioramento estetico rispetto al passato.

Nel corso della nostra avventura, oltre a incontrare personaggi creati appositamente per il gioco – come per esempio Bode Akuna, mercenario che formerà un legame speciale con il nostro protagonista – ritroviamo anche volti noti della serie. Scopriremo cosa è successo a Greeze Dritus, ex-pilota della Mantis, vedremo come si evolverà il rapporto tra Cal e Merrin, la quale potrà essere utilizzata come compagna in combattimento, e incontreremo Cere Junda, nostra mentore durante il primo gioco.

In generale la trama è solida, ma alquanto lineare e tremendamente simile a quella del primo capitolo. Probabilmente gli appassionati ameranno perdersi nella galassia, incontrando facce nuove e vecchie, unendo i puntini temporali delle vicende dell’universo di Star Wars. Ma per chi è estraneo a tutto ciò, potrebbe risultare faticoso legarsi a una narrazione così poco avvincente, preferendo concentrarsi unicamente sul gameplay.

More of the same

Chi ha giocato il primo capitolo si troverà subito a casa. La maggior parte delle abilità acquisite in precedenza sono infatti disponibili sin da subito e il combattimento non sarà affatto dissimile dal precedente titolo. Sono ancora presenti gli elementi Souls-like e Metroidvania che hanno caratterizzato la saga (anche se forse sarebbe meglio dire Sekiro-like, visto che condivide molte più similarità con quest’ultimo che con un Souls).

Persino le interfacce sono state migliorate, rese più accessibili e intuitive.

Ma allora cosa cambia? Questa domanda potrebbero farla in molti, stizziti del fatto che non sia cambiato nulla a livello di gameplay. Ed effettivamente la formula principale rimane la stessa: esplorazione, combattimento e caccia ai collezionabili; tutto sembra prendere a piene mani da un modus operandi già visto e rivisto. Star Wars Jedi: Survivor è quindi un more of the same?

Pur non cambiando il nucleo principale della serie, Star Wars Jedi: Survivor implementa moltissimi cambiamenti e miglioramenti all’intera struttura di gioco. Molte meccaniche fastidiose sono state velocizzate o reinventate. Sono state aggiunte diverse nuove modalità di movimento, come per esempio il rampino o lo scatto aereo. Per non parlare delle miriadi di nuove personalizzazioni disponibili. Un’evoluzione insomma, di ciò che già funzionava. In definitiva, sì, Star Wars Jedi: Survivor è un more of the same.

Esplorazione: meravigliosa e faticosa

Le mappe di Star Wars Jedi: Survivor sono davvero gigantesche e talvolta questo non è un bene. In questo caso invece, la grandezza delle mappe non sarà affatto un problema. Ogni luogo pullula di flora e fauna, insenature nascoste, luoghi inaccessibili e collezionabili segreti. Per non parlare dei meravigliosi paesaggi che non ci stancheremo mai di guardare a bocca aperta.

I mondi esplorabili sono cinque e ognuno di loro ha un suo differente ecosistema: un mondo desertico; una stazione spaziale segreta; una luna infranta. Questi sono solo alcune delle meravigliose ambientazioni che potremmo esplorare. Tutto ciò anche grazie all’implementazione di un richiestissimo viaggio rapido, che renderà il viaggio decisamente più piacevole.

Non si può non lodare il lavoro di tutti gli artisti che hanno lavorato a questo titolo.

Purtroppo, anche se ogni location ha caratteristiche diverse, la sensazione è che in fondo sono estremamente simili tra loro. Sia chiaro: le ambientazioni sono molte, basti solo pensare alla palude di Koboh, al deserto rosso di Jedha o alle luci al neon di Coruscant, ma sembrano tutte mischiarsi in una grigia macchia di colore desaturato. Probabilmente questa scelta è stata fatta per incentivare il realismo, ma tale decisione rende sicuramente più difficile far imprimere questi stupendi scenari nella memoria a lungo termine dei videogiocatori.

Come se non bastasse, la nostra voglia di esplorare sarà presto recisa dalla componente Metroidvania, la quale limiterà molto i luoghi esplorabili, almeno a inizio gioco. E anche quando otterremo le abilità richieste, sarà comunque difficile ricordarsi i luoghi lasciati indietro, perché le mappe sono talmente intricate da risultare quasi dispersive. La mini-mappa 3D proverà a venirci incontro, ma non sempre è facile orientarsi.

L’affascinante Lato Oscuro

I nemici sono il cuore pulsante di Star Wars Jedi: Survivor e fortunatamente il loro numero è aumentato rispetto a Fallen Order: sono infatti tre le fazioni principali con cui andiamo a scontrarci. Partiamo con delle facce già viste: l’Impero. I nemici con la testa a secchio sono leggermente aumentati in numero: tra le loro fila troviamo i classici Storm Trooper, ma anche i temibili Purge Trooper e i micidiali droidi da combattimento. Il loro pattern di combattimento è molto semplice e sono tra gli avversari più prevedibili per chi ha già giocato il primo capitolo.

La novità risiede nei Predoni del Caos. La loro peculiarità è l’utilizzo di droidi della vecchia repubblica per combattere; di conseguenza, fanno la loro comparsa Droideka, Droidi da Battaglia B-1 e B-2, Droni Sentinella, e persino Droidi Separatisti da Battaglia. Un piacevole tuffo nel passato per tutti gli appassionati, anche se il loro sistema di combattimento non è troppo dissimile da quello imperiale, rendendoli quasi mere skin alternative.

Far dialogare i nemici tra di loro è una scelta molto apprezzata: rendono il mondo più vivo e regalano quel tocco di umanità in più.

Ovviamente, abbiamo anche la fauna galattica. Creature da ogni pianeta che non esiteranno ad attaccarci a prima vista. Ognuna di loro ci obbliga a differenziare il nostro approccio rispetto ai nemici umanoidi. Anche qui però non troveremo troppa varietà nel gameplay, potendo riassumere il tutto in un para e attacca. Fortunatamente non tutti gli animali ci vorranno fare la pelle, anzi alcuni potremo anche cavalcarli grazie al nuovo sistema di cavalcatura, che ci permette di viaggiare in groppa ad alcune creature così da muoverci più velocemente negli estesi spazi aperti.

Infine, fanno il loro ritorno i mercenari. Nemici speciali che potremo rintracciare nei vari mondi di gioco e sconfiggere per intascare la loro taglia. Completare una taglia ci ricompensa con crediti speciali che possiamo scambiare per nuovi pezzi di arma e abilità uniche per il blaster. Il combat system dei mercenari è sicuramente il più caratteristico della norma: mercenari focalizzati sull’uso dei blaster o magari rintanati dietro a un fastidiosissimo scudo ci hanno messo alla prova.

Souls-like o quasi

Parlando del combattimento non si può fare a meno di trovare somiglianze con i titoli From Software: sono infatti molte le meccaniche prese in prestito da quest’ultimi. Star Wars Jedi: Survivor riesce però ad essere unico nel suo stile e non può essere accusato di plagio o pigrizia, poiché ci regala un sistema di combattimento semplice e soddisfacente, anche se non privo di difetti. Purtroppo, bisogna far notare che gli input non risultano molto reattivi. Non è raro venir colpiti in combattimento per colpa di un tasto premuto, ma non registrato.

In questo secondo capitolo il sistema di combattimento è stato aggiornato con nuove abilità e stili disponibili; nello specifico sono tre i nuovi stili di combattimento implementati: doppia spada, blaster, e guardia incrociata. Gli stili non sono altro che le modalità d’uso della nostra spada laser: cambiarli nel bel mezzo del combattimento sarà fondamentale per adattarsi a ogni tipo di situazione.

Lo stile doppia spada non è in realtà così nuovo: era già presente nel capitolo precedente, ma ora gode di uno stile e di un albero delle abilità tutto suo. Stile poco difensivo, incentrato sull’aggressività, utile per i duelli in solitaria, dotato persino di un sistema di parry. Lo stile blaster, invece, è uno dei migliori, poiché ci permette di utilizzare in coppia sia la spada laser che appunto un blaster che si ricaricherà a ogni fendente della nostra lama. Stile elegante ed equilibrato, incentrato sul combattimento a distanza. Infine, lo stile guardia incrociata, il quale avvera il sogno di molti fan della saga. Permette infatti di aggiungere una guardia laser all’impugnatura, proprio come quella di Kylo Ren nella nuova trilogia. Tale modifica aumenta il danno dei colpi, a discapito della loro velocità. Adatta ai duelli, ma difficile da maneggiare. Praticamente la modalità berserk di Cal.

Saper scegliere lo stile giusto al momento giusto è la chiave per vincere ogni scontro. Per esempio, potremmo decidere di equipaggiare uno stile aggressivo, avendo la meglio su bersagli singoli, ma potremmo trovare difficoltà con gruppi di nemici o avversari volanti. Il tutto si riassume in un sistema equilibrato, che si adatta allo stile favorito dal giocatore. Peccato non si possano equipaggiare più di due stili di combattimento alla volta, tale decisione avrebbe giovato la libertà di gameplay e sarebbe stato più divertente sperimentare.

Gameplay a parte, i combattimenti sono un vero piacere per gli occhi.

Alti Livelli di Personalizzazione

Se non saremo impegnati ad eliminare nemici, staremo probabilmente andando a caccia di collezionabili. È inutile farlo? No, infatti racimolare oggetti opzionali ci ricompensa con maggiori informazioni sulle creature e sul luogo intorno a noi, ma non solo. Il comparto di personalizzazione si è veramente allargato, dando massiccia libertà di azione a tutti gli appassionati.

Se nel precedente titolo potevamo solo cambiare i colori del poncho, in Star Wars Jedi: Survivor avremo la possibilità di modificare completamente il look del nostro Cal.

Menzione d’onore va anche alla personalizzazione delle armi in nostro possesso, avanti anni luce rispetto al suo predecessore. In questo modo l’esplorazione è incentivata, poiché le modifiche alla spada laser (e non solo) sono sparse dappertutto. È però un gran peccato che nessuna di queste modifiche influenzi il combattimento, rimanendo stanziata al mero lato estetico.

Tecnicamente accettabile

Sono tristemente note le gravi problematiche di ottimizzazione per PC e Xbox, problematiche che potrebbero impattare negativamente molti giocatori. Star Wars Jedi: Survivor permette a inizio gioco di scegliere tra due modalità: “prestazioni” e “qualità“. Quindi, in un certo senso, avevano già previsto che il titolo non sarebbe stato alla portata di tutti. Ma un lancio del genere è a dir poco imbarazzante.

Su Playstation 5 – la versione da noi provata – invece la situazione cambia: il numero di cali di frame è di gran lunga minore. Sono presenti dei momenti di indecisione ma nulla che rovini l’esperienza di gioco in modo significativo. Al momento della recensione sono già state messe in atto patch risolutive che ammorbidiscono il problema, speriamo in una totale equità delle console in un futuro prossimo.

Modelli, texture, illuminazione… non c’è da stupirsi che l’esperienza di gioco venga intaccata.

Conclusione

Star Wars Jedi: Survivor prende tutto quello che era presente nel capitolo precedente e lo migliora nettamente, talvolta a discapito della fluidità e dell’ottimizzazione. Il titolo non presenta ammirabili innovazioni, ma potrebbe comunque essere una buonissima esperienza per qualsiasi appassionato del genere.

Gli sforzi degli artisti si sentono parecchio: soltanto il loro lavoro vale il costo del biglietto. Se si fossero concentrati anche sul lato tecnico e di game design probabilmente il titolo avrebbe raggiunto vette altissime. Riponiamo grande speranza nel prossimo capitolo (perché ci sarà un terzo capitolo… vero?).

Dettagli e Modus Operandi

  • Genere: Action, Adventure
  • Lingua: Italiano
  • Multiplayer: No
  • Prezzo79,99€
  • Piattaforme: Playstation 5, Xbox X/S, PC
  • Versione provata: Playstation 5

Abbiamo viaggiato la galassia sconfiggendo feccia imperiale per circa 16 ore grazie a un codice fornito dal publisher

Categorie
Guide

Lifeweaver: guida e strategie all’eroe di Overwatch 2

Lifeweaver è la tanto agognata nuova aggiunta al comparto support di Overwatch 2, un eroe controverso che ha diviso la community in due, tra chi lo vede come la rovina del divertimento, chi invece crede sia stata un’aggiunta ammirabile. Voci di corridoio a parte, Lifeweaver risulta un eroe che fa del gioco di squadra la sua chiave di volta. Difficile per chi è alle prime armi, ma incredibilmente affascinante per chi ha la voglia di conoscerlo, andiamo subito a vedere come utilizzarlo al meglio.

Bocciolo Curativo

Il fuoco primario consiste in un proiettile guidato che, caricato nel tempo, aumenta le cure apportate agli alleati. Questa modalità di fuoco è perfetta per chi non eccelle in precisione, poiché basta puntare nella generale direzione di un alleato e la cura andrà a buon fine. Quello di cui dovrete preoccuparvi sarà il giusto tempismo di utilizzo. “Spammare” cure non rientra nella filosofia di questo eroe, il quale preferisce caricare del tutto il colpo prima di lanciarlo.

Attenti al rallentamento dovuto alla carica del bocciolo, un’errata scelta di tempo potrebbe rovinare facilmente i vostri piani.

Cure migliori a cadenza ridotta, o cure minori a cadenza rapida? Il tutto si decide nella situazione di gioco. Bisognerebbe ricordare inoltre, che il solo fuoco primario di Lifeweaver non completa il suo kit da curatore, costringendolo a trarre il meglio da tutte le sue abilità per avere la meglio.

Raffica di Spine

Il fuoco secondario è l’unica alternativa offensiva a nostra disposizione. Una vera e propria raffica di proiettili dalla stretta rosata, la quale però, non è particolarmente efficace nello scontro ad ampia distanza. Per quanto scenica, quest’arma non è un micidiale strumento di morte. Il suo potenziale di danno è infatti basso, e fare molteplici uccisioni sarà piuttosto raro.

Il “Damage Falloff” (Calo dei danni all’aumentare della distanza) non è presente in quest’arma, tenetelo bene a mente.

Allora come usare la raffica di spine? Ovviamente è possibile utilizzarla per difendersi da flankers fastidiosi o per finire nemici con poca vita, ma esiste un modo forse più efficace per sfruttare al meglio quest’abilità. Caricare l’ultra di Lifeweaver di Overwatch 2 è piuttosto facile se si alterneranno cure e danni. Curate chi ne ha bisogno e subito dopo tempestate di colpi la squadra avversaria, non importa se otterrete uccisioni, l’importate sarà alternare le due modalità di fuoco così da ricaricare velocemente l’Ultra.

Piattaforma di Petali

L’occhio pigro potrebbe osservare questa abilità e pensare non abbia effettiva utilità, ma sarebbe un’osservazione a dir poco superficiale. La piattaforma di petali è un’abilità unica nel suo genere, capace di essere efficace sia in offesa che in difesa. È scontato inoltre dire che il suo potenziale può essere apprezzato solo se chi la utilizza possiede una grande mentalità di squadra.

Ovviamente questa piattaforma non sarà invincibile, tenete d’occhio ciò che avete sotto i piedi o potreste trovarvi in situazioni inaspettate.

Utilizzate la piattaforma per portare alleati con poca mobilità (come Ana o Reinhardt) in luoghi cui altrimenti non potrebbero arrivare. Posizionatela anche in luoghi ove i vostri DPS alleati possano godere di postazioni di tiro sopraelevate (eroi come Widowmaker e Soldato 76 possono più di tutti sfruttare queste posizioni vantaggiose) Incredibile ma vero, questa abilità, se posizionata correttamente, può essere usata per contrastare Ultra nemiche, come ad esempio “Impeto terrestre” di Orisa o “Bomba gravitronica” di Zarya.

Se non trovate occasioni di sinergia né con la vostra squadra né con la squadra avversaria, potrete sempre utilizzare la piattaforma per voi stessi. Se posizionata ai vostri piedi può darvi una visuale migliore per curare e riposizionarvi velocemente. Potrete anche utilizzarla per fuggire da situazioni complicate. Molti eroi non saranno in grado di colpirvi da quella distanza, ma fate comunque attenzione: l’altitudine da sola non vi renderà invincibili!

Scatto Rinvigorente

Questa abilità è la vostra migliore amica quando la situazione volgerà contro di voi. Lo scatto vi permette di: schivare attacchi; allontanarvi da luoghi spinosi; rincorrere avversari in fin di vita, ma soprattutto recuperare una piccola quantità di salute nel mentre. Scatto Rinvigorente si ricarica abbastanza celermente, quindi usatela ogni volta ce ne sia bisogno, persino per recuperare quei pochi punti salute che, in situazioni di emergenza, faranno sempre la differenza tra la vita e il respawn.

Presa Vitale

L’abilità spartiacque. Colei la quale, in mani sbagliate, potrebbe sancire la sconfitta di un’intera partita. La famigerata arma dei sabotatori. Esagerazioni a parte, quest’abilità è estremamente potente ed è di vitale importanza saper padroneggiarla. Da tempo si sentiva la mancanza di un’abilità che permettesse di tirare a se alleati sconsiderati per salvarli da morte certa e “Presa vitale” fa esattamente questo.

Un’abilita tanto bella quanto infima. Non siate quei tipi di giocatori, suvvia!

Quante di quelle volte avete osservato Tank imbizzarriti o Flanker irragionevoli venire eliminati con facilità perchè non attenti alla situazione di svantaggio in cui si sono messi. “Presa vitale” sarà la loro (e la vostra) salvezza, poichè oltre ad attirarli alla vostra posizione, li renderà invulnerabili per tutto il tragitto.

Oltre a salvare i vostri alleati dalle più disparate situazioni, potrete sfruttare questa incredibile abilità in molteplici altri modi. Portate a voi alleati lasciati indietro così da accelerare i contrattacchi, riposizionate eroi con poca mobilità, oppure fate sfrecciare i vostri compagni nel campo di battaglia mentre eseguono la loro Ultra per dare vita a combo inaspettate. Le alternative sono tante, siate creativi e riuscirete a comprendere a pieno lo spirito di questo eroe.

Albero della Vita

In conclusione parliamo dell’Ultra caratteristica di questo eroe: l’albero della vita. Il suo utilizzo è piuttosto semplice: ad Ultra pronta vi basterà puntare un luogo accessibile e far crescere l’enorme albero, il quale inizierà subito a curare voi e i vostri alleati. Anche se le cure non raggiungono i livelli della “Trascendenza” di Zenyatta, l’albero ci permetterà di respirare per qualche istante, sempre che i nostri alleati riescano a combattere dentro la sua aura.

Ricordate che l’Albero può essere posizionato al di sopra del carico, così da ottenere una fonte di cure mobile.

Come ogni abilità di questo eroe di Overwatch 2, anche l’Ultra di Lifeweaver nasconde un utilizzo secondario. L’albero sarà infatti tangibile, il che significa che potrà essere utilizzato per bloccare passaggi stretti o per contrastare Ultra nemiche, ma ricordatevi: l’albero non è indistruttibile. Anche in questo caso la creatività e l’inventiva la fanno da padrona. Sperimentate con le mappe e sarete un passo avanti a tutti.

Consigli Finali

Se avete letto la guida finora, avrete certamente capito la natura altruista di questo eroe; ciò significa che se volete giocare un personaggio che sia in grado di eccellere individualmente, allora dovreste spostare la vostra attenzione altrove (e la nostra guida dei migliori healer fa proprio per voi). Se invece il lavoro di squadra è il vostro pane quotidiano Lifeweaver è l’eroe di Overwatch 2 che fa per voi. Comunicazione, comprensione delle situazioni di gioco, capacità di mantenere il sangue freddo, creatività: vi servirà tutto ciò per riuscire a sbloccare le favolose potenzialità che questo eroe ha in serbo per voi.

Categorie
Editoriali

Xbox Game Pass: i migliori giochi di guida

I videogiochi hanno sempre trovato terreno fertile nel mondo dei motori (e viceversa), sin dall’epoca d’oro quando l’osannato cabinato Out Run mi costringeva a investire la mia misera paghetta. Oggi il mondo dei videogiochi, anche quelli di corse, è profondamente cambiato. I cabinati sono quasi estinti in Italia, ma non l’amore per le auto digitali che trova sfogo nei servizi in abbonamento come Xbox Game Pass che contiene diversi giochi di guida: vi elenco qui i migliori!

Forza Horizon 5

Forza Horizon 5

In casa Microsoft i giochi di guida disponibili su Game Pass non sono tantissimi ma sono di qualità. Partiamo dal titolo di punta di casa Microsoft, ovvero Forza Horizon 5 (che abbiamo anche recensito). Il racing game di Playground, studio britannico, porterà i giocatori tra le caldissime strade del Messico.

Oltre 400 auto a disposizione, una campagna con elementi RPG, una componente online competitiva e tanta tanta adrenalina. Il gioco è ottimizzato per Xbox One ma da il suo meglio con la next-gen su Xbox Series S e X. La mappa, quella del Messico come detto, è 1,5 volte più grande di quella di Forza Horizon 4 (anch’esso incluso nel Game Pass).

Nella release 5 è stato sviluppata ed introdotta l’intelligenza artificiale Forza Link, che ha memoria dei comportamenti e dei gusti del giocatore per potergli consigliare sfide sempre più appropriate sia online che in singolo.

Dirt 5 e Dirt rally 2.0

Dirt 5

Cambiamo (quasi) modalità e parliamo di Dirt 5 e Dirt Rally 2.0. Li mettiamo sullo stesso piano perché sono tra i migliori simulatori di riferimento in circolazione ma mentre Dirt 5 impronta il suo gameplay su uno stile molto arcade e spettacolare, che da spazio al divertimento senza pensieri; Dirt Rally 2 invece è un vero e proprio simulatore improntato sul realismo e sulle caratteristiche delle gare reali.

Quindi i fan rallistici avranno pane per i loro denti, sia che si tratti di piloti della domenica che non amano modificare gli assetti ma amano, invece, lanciarsi subito in pista, sia i piloti che amano più ragionare, andando a modificare tutti i dettagli per cercare di spuntare qualche decimo di secondo sul tempo.

Burnout Paradise Remastered

Burnout Paradise Remastered

Restando in tema arcade non possiamo non citare Burnout Paradise Remastered, una versione (completa di tutti i DLC successivi) rimasterizzata appunto a distanza di più di dieci anni. C’è poco da fare, la colonna sonora rock, la velocità e il nitro rendono il gioco ancora tremendamente attuale, facendo scorrazzare il giocatore su un’intera isola, un open world a tutti gli effetti.

A parte il gameplay quasi privo di pecche , ciò che ci piace del titolo Criterion è sicuramente la colonna sonora, che riporta ai fasti quel rock anni ’80 spensierato, in linea con la canzone più ovvia a cui possiate pensare, Paradise City dei Guns ‘n’ Roses.

F1 2022

F1 2022

Nel Game Pass – che cerca di accontentare qualsiasi tipo di palato inclusi quello degli amanti dei giochi di guida – non può non mancare la Formula 1, recentemente giunta alla versione 2022. F1 2022 (di cui trovate la recensione su questo blog) è quanto di più realistico ci sia in ambito videoludico sulla Formula 1.

Gli sviluppatori si sono dovuti adeguare agli importanti cambi normativi a favore di una maggiore spettacolarità del circuito. Cambiamenti che sono tutti riportati in game. Quello che risalta, oltre a ciò che ogni fan di un simulatore di F1 si aspetta è la modalità parallela F1 Life.

Ormai anche i videogiochi si stanno adeguando all’aspetto social della vita di uno sportivo e ovviamente la riportano nel gioco. F1 Life accompagna il giocatore nell’arco di tutta la sua carriera sportiva. Con la possibilità di personalizzare la propria abitazione, di mostrarla al mondo online insieme ai propri trofei.

A livello simulativo il gioco si comporta perfettamente. È altamente personalizzabile consentendo un approccio più arcade per i neofiti sia più simulativo per i giocatori più esperti consentendo la modifica di una miriade di aspetti dell’auto.

Need for Speed: Heat

Need for Speed Heat

Concludo questa rassegna con Need for Speed: Heat. La serie Need for Speed non ha bisogno di presentazioni. Questo capitolo di simulativo non ha assolutamente nulla, come probabilmente nessun capitolo della serie.

Il gioco presenta una serie di gare, alcune legali, corse di giorno ed altre illegali, che hanno luogo di notte, nel turbinio di luci e neon, che però attireranno pattuglie della polizia come mosche. A voi la scelta.

Categorie
Editoriali

I 10 migliori Metroidvania

Per metroidvania si intende un’avventura bidimensionale che unisce elementi tipici dei platform con caratteristiche provenienti dalle avventure action. Come si può intuire, il termine è nato dalla “fusione” tra le serie di Metroid e Castlevania.

Inizialmente, la saga Nintendo e quella Konami avevano ben poco in comune (più lineare e action la seconda, più vasta ed esplorativa la prima). Fu solo nel 1997, con l’arrivo di Castlevania: Symphony of the Night, che il termine Metroidvania prese piede.

Ancora oggi, nonostante l’enorme avanzamento tecnologico e sebbene siano i giochi 3D a farla da padrone, il genere Metroidvania risulta molto amato dai videogiocatori; in particolare, alcune serie recenti, come Hollow Knight, sono riuscite a ottenere un ottimo successo e contribuiscono a mantenere questo genere in ottima salute.

Ma quali sono i dieci migliori Metroidvania in assoluto? In questo articolo proveremo a rispondere a questa fatidica domanda. Naturalmente sia la scelta dei titoli che l’ordine di inserimento sono frutto del gusto personale di chi scrive, ma credo potremo tutti concordare sull’incredibile valore di queste dieci opere. Raccogliamo le nostre armi, addentriamoci nel dungeon e iniziamo!

Bloodstained: Ritual of the Night

Bloodstained può essere a tutti gli effetti definito un Castlevania dei tempi moderni.

Uscito nel 2019 per PS4, Xbox One, Switch e Steam, questo titolo di ArtPlay è, a tutti gli effetti, un grande tributo alla saga di Castlevania. L’ambientazione gotica e medievaleggiante, le musiche estremamente ricercate e soprattutto le orde di demoni che affronteremo sembrano davvero uscite direttamente da un titolo della saga Konami.

Anche la trama di gioco, che vede la nostra eroina Miriam fronteggiare un’evocazione infernale causata dall’unico sopravvissuto di una gilda di alchimisti, si richiama palesemente alla saga dei Belmont. Di conseguenza, ogni fan di Castlevania non potrà che amare Bloodstained.

Un’ambientazione piacevole e ispirata, una mappa ben strutturata, boss battle impegnative e una miriade di armi e abilità. Il tutto condito con un comparto grafico moderno e musiche davvero tenebrose.

Bloodstained ha davvero tutto quello che serve per essere un ottimo titolo (pecca forse un po’ in carisma e originalità) e si merita di diritto di entrare nella nostra classifica.

Axiom Verge

Axiom Verge è una classica avventura 2d ricca di mistero e atmosfera.

Se per Bloodstained l’ispirazione a Castlevania era evidente, Axiom Verge attinge a piene mani dalla saga di Metroid. In questa godibilissima avventura controlleremo lo scienziato Trace, sballottato dall’esplosione del suo laboratorio in un mondo sconosciuto. Sotto la guida dell’enorme testa Elsenova, Trace dovrà tentare di salvarsi la vita e risolvere i molteplici misteri del mondo in cui è stato catapultato.

Punti di forza di questo titolo sono la sua atmosfera a metà strada tra l’horror e l’high tech (che ricorda molto la saga di Alien), l’incredibile precisione dei controlli e il numero davvero enorme di armi ed equipaggiamenti.

Anche la trama, portata avanti da vari dialoghi testuali, è molto ben curata; il comparto tecnico invece si ispira palesemente agli action degli anni 90: il risultato è decisamente piacevole, anche se alcuni lo troveranno fin troppo datato. Se siete fan del genere, non fatevelo sfuggire!

Metroid Fusion

Metroid Fusion è stato il degno sequel di Super Metroid.

Uscito a cavallo tra il 2002 e 2003 su Game Boy Advance, Metroid Fusion ebbe l’ingrato compito di fare da sequel a quel Super Metroid che molti considerano tutt’oggi il miglior metroidvania mai uscito. Incredibilmente, però, Fusion si rivelò assolutamente all’altezza della sua eredità.

Il giocatore controllerà nuovamente la cacciatrice di taglie Samus, stavolta alle prese coi temibili parassiti X: organismi in grado di infettare e mutare le forme di vita con cui entrano a contatto. Grazie alla sua tuta “Fusione”, Samus sarà in grado di assorbire i parassiti sconfitti assimilandone le abilità.

La straordinaria giocabilità, le durissime sfide coi boss, l’incredibile comparto grafico (quasi miracoloso considerato che il gioco gira su GBA) rendono Fusion uno dei migliori titoli dell’intera saga di Metroid.

L’ambientazione può risultare piuttosto monotona, ma la bellezza degli scontri, soprattutto quello con SAX (su cui non faccio alcuna anticipazione) compensano ampiamente. Nessun fan della saga può in alcun modo farselo sfuggire.

Ti potrebbe interessare anche:

Metroid Saga: storia di un capolavoro

Castlevania: Aria of Sorrow

Aria of Sorrow è un piccolo gioiello nella libreria del GBA

Ed ecco il primo esponente della saga di Castlevania a comparire nella nostra classifica! Uscito nel 2003 per Game Boy Advance, Aria of Sorrow ripropone stile e meccaniche di Symphony of the Night, trasportandole in un contesto futuristico.

Il gioco è infatti ambientato nel 2035 e racconta le vicissitudini del giovane Soma Cruz (la cui vera identità sarà un grande colpo di scena), che si troverà suo malgrado risucchiato nel castello di Dracula, apparso a Tokyo durante un’eclissi.

Aria of Sorrow mette a disposizione del giocatore un enorme numero di armi e abilità e introduce il sistema delle anime tattiche. Sconfiggendo i nemici, infatti, Soma potrà assimilare le loro anime, sbloccando potenziamenti, abilità e persino nuove armi.

Nonostante l’accoglienza tiepida ottenuta all’uscita, Aria of Sorrow è riuscito a guadagnarsi un posto nel cuore di tutti i fan di Castlevania, ed è tutt’oggi considerato uno dei migliori capitoli della saga. Pronti ad affrontare di nuovo il castello di Dracula?

Monster Boy and the Cursed Kingdom

Monster Boy ci trasporterà in un viaggio fantasy colorato e divertente.

Uscito nel 2018 per praticamente qualsiasi sistema di gioco, Monster Boy ci trasporta in una coloratissima e divertentissima avventura.

Alla guida del giovane Jin, il giocatore sarà alle prese con una maledizione scagliata dallo zio Nabu, che tramuterà gli abitanti del regno in animali. Lo stesso Jin non sarà immune all’incantesimo e, nel corso della sua avventura, otterrà la capacità di trasformarsi in ben cinque forme animali distinte, ognuna con attacchi e abilità uniche.

Monster Boy si ispira palesemente a un classico dell’era 8 bit, ovvero Wonder Boy 3: Dragon’s trap, a cui si rifà sia per trama che per stile di gioco. Rispetto ai giochi fin qui analizzati, Monster Boy propone uno stile più scanzonato e divertente, ma non per questo meno profondo e impegnativo.

La varietà delle ambientazioni, la bellezza dello stile grafico, le enormi possibilità fornite al giocatore dalle trasformazioni in animale, unite a una giocabilità eccezionale, rendono questo gioco una vera gemma nel panorama dei metroidvania.

Metroid Dread

L’ultimo rampollo della dinastia dei Metroid è assolutamente all’altezza del suo ruolo.

Ed eccoci all’episodio più recente della saga di Metroid. Uscito nel 2021 su Nintendo Switch, Metroid Dread mette nuovamente il giocatore nei panni di Samus. La nostra cacciatrice dovrà vedersela ancora una volta coi parassiti X e soprattutto coi terribili E.M.M.I., robot colorati controllati dai parassiti.

Rispetto ai titoli precedenti della saga, Dread vanta un comparto grafico assolutamente moderno e d’impatto, con modelli poligonali, sfondi e animazioni di primissimo livello. Principale novità del gioco sono le battaglie contro gli E.M.M.I., a cui Samus dovrà dapprima sfuggire attraverso una serie di meccaniche Stealth per poi finirli dopo aver potenziato al massimo il suo raggio.

Queste sezioni aumentano notevolmente la varietà del gioco, già molto alta grazie alle numerose aree del pianeta che Samus può esplorare. Sono ancora una volta davvero memorabili gli scontri coi boss, sempre molto impegnativi e coinvolgenti.

Tutte queste caratteristiche, unite agli ottimi controlli e alla varietà delle armi, fanno di Dread un must per ogni possessore di Switch.

Ori and the Blind Forest

Le atmosfere magiche di Ori sapranno conquistare i cuori di ogni giocatore.

Uscito nel 2015 su Xbox One e giunto nel 2019 anche su Nintendo Switch, Ori and the Blind Forest narra le avventure dello spiritello Ori, caduto dall’albero sacro da cui ha origine.

Dopo una sequenza introduttiva strappalacrime, in cui assisteremo al ritrovamento di Ori da parte di Naru e alla morte di quest’ultimo causata dal deperimento della foresta, il giocatore avrà il compito di guidare Ori verso il salvataggio dell’albero sacro e di tutta la foresta.

La cosa più incredibile di Ori and the Blind Forest è la straordinaria atmosfera che riesce a creare. Lo stile grafico fiabesco, forte di un design dei personaggi assolutamente originale e di un uso sapiente degli effetti di luce, ci avvolgerà letteralmente, guidandoci dolcemente nei meandri della foresta accanto a Ori e al suo piccolo aiutante Sein.

Anche il sonoro, curatissimo e incredibilmente armonioso, contribuisce a coinvolgere totalmente il giocatore, che si trova più volte a provare la sensazione di trovarsi all’interno di un sogno.

Anche il gameplay è assolutamente all’altezza della situazione, con sezioni platform impegnative e un buon numero di attacchi e abilità, sbloccabili tramite l’accumulo di esperienza.

Sebbene il suo sequel, Ori and the Will of the Wisp, risulti nettamente superiore, abbiamo deciso di premiare l’episodio originale della saga. Se non lo avete giocato, recuperate assolutamente questo piccolo capolavoro.

Castlevania: Symphony of The Night

Symphony of The Night ha praticamente inventato il genere Metroidvania.

Non poteva certo mancare in questa classifica il gioco che ha praticamente inventato il genere dei Metroidvania. Symphony of The Night ha infatti dato una profonda svolta alla saga di Castlevania, unendo i suoi elementi action a fasi di esplorazione e potenziamento del personaggio.

Alla guida del tenebroso Alucard, figlio di Dracula, il giocatore ha il compito di investigare su un misterioso potere demoniaco emanato dall’antico castello del nostro malvagio genitore.

Nell’esplorare i meandri dell’antica magione, Alucard avrà la possibilità di raccogliere un gran numero di armi, potenziare i suoi parametri e sbloccare un enorme numero di abilità, tra cui la possibilità di trasformarsi in lupo, nebbia e pipistrello.

Il comparto tecnico di SOTN risulta ancora oggi davvero sontuoso, con eccezionali brani musicali di stampo gotico e una grafica che, pur senza far gridare al miracolo, mostra come anche la cara vecchia prima Playstation fosse in grado di realizzare ottimi titoli in 2d.

La longevità è notevole grazie alla presenza di finali multipli e di ben due versioni del castello da esplorare. Un titolo imprescindibile per ogni videogiocatore che si rispetti.

Hollow Knight

Hollow Knight è forse il miglior metroidvania in chiave moderna mai uscito.

Medaglia d’argento per il capolavoro di Team Cherry. Uscito nel 2017 e ora disponibile per ogni piattaforma possibile, Hollow Knight ci mette nei panni di un misterioso cavaliere impegnato in un viaggio nel regno decaduto di Nidosacro.

La trama del gioco, in maniera simile a quanto visto nella serie Dark Souls, è estremamente criptica e sarà compito del giocatore unire i puntini per comprendere appieno la storia del regno e di quanto sta accadendo.

Come Ori, anche Hollow Knight vanta un registro artistico di altissimo livello, con personaggi e ambientazioni che sfoggiano una personalità e un’originalità davvero invidiabili. Le musiche malinconiche e misteriose contribuiscono a creare un alone di mistero e a coinvolgere ancor di più il giocatore nel viaggio del nostro cavaliere.

L’altro incredibile punto di forza di Hollow Knight è la sua giocabilità. I movimenti del cavaliere sono di una tale precisione e fluidità da rasentare la perfezione e rendono sia le battaglie che le sezioni platform incredibilmente piacevoli e divertenti, nonostante la loro difficoltà decisamente elevata.

Gli scontri coi boss saranno davvero impegnativi (ma mai frustranti) e regaleranno ai giocatori grandi soddisfazioni una volta superati. La struttura della mappa risulta davvero ben studiata e metterà alla prova la capacità del giocatore di orientarsi e sfruttare al meglio tutte le abilità sbloccate durante il gioco.

Completano il pacchetto un’enorme quantità di oggetti, artefatti extra e la presenza di finali multipli, che donano al gioco una longevità enorme. Un capolavoro assoluto, che ogni giocatore degno di questo nome dovrebbe avere nella sua libreria.

Super Metroid

Nonostante abbia ormai quasi trent’anni, Super Metroid è da molti ritenuto uno dei migliori giochi di sempre.

Potrà sembrare una scelta banale; potrà essere poco credibile mettere in cima alla classifica un gioco così vecchio. Sarà l’effetto nostalgia. Saranno i ricordi, ma per chi scrive Super Metroid è tuttora il miglior Metroidvania di sempre (e trovate sul blog anche la nostra recensione contemporanea).

Fin dalla sua uscita, nel lontano 1994, la terza avventura di Samus fu considerata una delle migliori opere per SNES ed è spesso inserita nelle classifiche dei migliori giochi di sempre.

Super Metroid ha praticamente tutto. Una grafica 2d avveniristica per i tempi e tutt’oggi di buonissimo livello. Un sonoro maestoso e coinvolgente. Una giocabilità praticamente perfetta e un numero elevatissimo di abilità e armi nascoste. Si aggiunge a questo una world map praticamente perfetta in cui ogni area del pianeta Zebes risulta credibile e ben caratterizzata.

La cosa più appagante di Super Metroid è il senso di progressione che si avverte nel corso dell’avventura: gli enigmi, le zone nascoste e i nemici diventano via via più impegnativi man mano che aumentano le abilità a disposizione di Samus. Ultima menzione meritano gli incredibili Boss, davvero enormi e a tratti spaventosi.

Super Metroid è una vera opera d’arte. Uno di quei videogiochi che hanno segnato la storia del medium. Consiglio caldamente, soprattutto ai più giovani, di recuperarlo. Credetemi, non ve ne pentirete!

Il mondo dei metroidvania è davvero ricchissimo di titoli interessanti.

Eccoci giunti al termine della nostra panoramica. Come sempre, la parola passa a voi lettori. Conoscevate tutti i titoli della classifica? Avreste inserito altri giochi? O avreste posizionato diversamente quelli inseriti qui? Fateci sapere!

Categorie
Tecnologie

3 videogiochi con la migliore Intelligenza Artificiale

Il gaming sta sempre di più assumendo l’aspetto di esperienza di vita a tutto tondo, sia come mezzo capace di indurre una riflessione su ciò che ci circonda sia come specchio della realtà. Questo processo ha man mano scardinato il vecchio stereotipo del gioco come solo mezzo di divertimento fine a se stesso: la rappresentazione della realtà è il nodo cruciale di ogni videogioco di successo, quello che fa da spartiacque fra capolavoro e titolo mediocre. E l’elemento più influente nella rappresentazione della realtà è l’intelligenza artificiale: di conseguenza, conoscere i videogiochi con la migliore IA è d’obbligo.

Ecco dunque i tre videogiochi con la migliore intelligenza artificiale, dal nostro personalissimo punto di vista.

3. La Terra di Mezzo: L’ombra della guerra

L’ombra della guerra è un action RPG ispirato da Il Signore degli Anelli e sequel diretto di La Terra di Mezzo: L’ombra di Mordor. Il videogioco è stato sviluppato da Monolith Productions, casa nota agli appassionati di intelligenza artificiale per la serie F.E.A.R. La Terra di Mezzo: L’ombra della guerra uscì nel 2017 per PC, PS4 e Xbox One.

Il Nemesis System – già presente nel primo capitolo ma migliorato in quest’opera con la possibilità di prendere il controllo degli orchi – è il motivo per cui L’ombra della guerra è un baluardo dell’intelligenza artificiale nei videogiochi; infatti, il sistema Nemesis funziona su due contesti: il primo è garantire l’unicità di ogni nemico; il secondo è far agire gli avversari come una società all’interno della mappa.

Ogni singolo orco che popola la regione è quindi generato proceduralmente. Questo implica che tutti gli orchi hanno un aspetto unico, una classe, dei tratti con relativi punti di forza e debolezza.

Allo stesso tempo, gli orchi si muovono in un contesto sociale gerarchico diviso in Grunt, Capitan, Warchief e Overlord con la possibilità di salire di rango uccidendo i propri simili. Con queste regole, i nostri nemici sviluppano la propria società; infatti, ogni volta che moriremo sul campo di battaglia, la società nemica si evolverà: ogni Capitano ucciso sarà rimpiazzato e se tutti i posti sono occupati, alcuni orchi potranno decidere di farsi spazio tra i loro simili con la forza.

Infine, i nostri nemici tengono a mente quello che è avvenuto nel passato ricordandosi in particolare del nostro alter-ego. Per esempio, nel caso in cui un orco ci uccida sul campo di battaglia, quando lo inconteremo nuovamente, si prenderà gioco di noi ricordandoci come ci ha sconfitto.

2. Alien: Isolation

Alien: Isolation è stato un punto di rottura per il franchise. Dal punto di vista dell’IA in particolare, ha visto un salto qualitativo enorme. Questo non solo per l’innovatività dell’intelligenza realizzata, ma anche e soprattutto per il radicale cambio di gameplay. L’intera esperienza di gioco e la peculiarità horror del titolo è dovuta quasi in toto dal comportamento imprevedibile, sempre diverso, quasi per nulla scriptato dell’alieno. L’IA è infatti concepita con una struttura a due componenti: director-AI, una “macro” intelligenza che fa da coordinatore; alien-AI ,una “micro” specializzata nel dare comportamento all’alieno.

Il direttore sa sempre dove si trovano giocatore e alieno: il suo compito è guidare il mostro verso il giocatore tramite indicazioni di massima. Con l’ausilio di un indicatore sul livello di “tensione” percepito dal giocatore inoltre, l’IA può anche fuorviare l’alieno indicandogli una locazione errata. In questo modo il giocatore viene messo alla prova cercando però di non portarlo all’esasperazione, per evitare che smetta di giocare per l’eccessiva tensione.

L’intelligenza aliena invece è strutturata come una serie di “nodi”, in una struttura ad albero, in cui ogni sotto-nodo è accessibile al solo verificarsi di certe condizioni. I nodi determinano le azioni che il mostro può compiere mentre le condizioni sono rappresentate da ciò che esso percepisce. Le condizioni che determinano le azioni compiute dall’alieno sono verificate tramite l’ausilio di sensori, rappresentati in questo caso da udito e vista. I “sensi” vengono utilizzati dall’alieno per sentire eventuali rumori e per identificare il giocatore, nel caso in cui sia nel campo visivo. Ultimo ma non meno importante, con l’avanzare del gioco vengono sbloccate azioni disponibili per l’alieno. In questo modo si riesce a simulare una specie di “apprendimento” del mostro, rendendo l’esperienza interessante anche all’aumentare della bravura del giocatore.

Come si può dedurre il mix di direttore e alieno si rivela perfetto per un gioco horror. L’alieno si scoprirà essere difficilmente prevedibile (non essendo scriptato il comportamento) e sempre più capace, senza però raggiungere livelli insostenibili di difficoltà. Anche giocabilità e gameplay ne giovano, grazie al delicato equilibrio di tensione e capacità aliena stemperati tramite il direttore.

1. The Elder Scrolls IV: Oblivion

Oblivion non ha bisogno di presentazioni. Si tratta di uno dei GDR più influenti della storia, capace di imporre un nuovo standard per i videogiochi PC in generale. Sviluppato da Bethesda Game Studios e distribuito da Bethesda, entrambi ora parte di Microsoft, fu anche tra i pionieri di un nuovo modo di concepire l’intelligenza artificiale nei videogiochi.

Il sistema di IA sviluppato si chiama Radiant AI ed è stato alla base, seppur con miglioramenti ed estensioni, di titoli come Skyrim, Fallout 3 e Fallout 3: New Vegas. La sua peculiarità è quella di personalizzare l’esperienza del giocatore in base alle sue azioni e alle caratteristiche impresse al suo personaggio. Ciò permette di garantire un’esperienza unica ad ogni partita, grazie alle diverse reazione dei vari NPC e alla risposta dell’ambiente di gioco alla nostra presenza.

In particolare nei GDR il focus è sul personaggio, di cui scegliamo abilità, tratti ed affiliazioni a varie organizzazioni nel mondo di gioco. Questo consente a Radiant AI di essere il compagno ideale di ogni avventura. Ad esempio creando un personaggio di “dubbia moralità” come il ladro, non sorprendiamoci se le guardie ci trattano con diffidenza, intimandoci di girare alla larga. Altro esempio possono essere i dialoghi fra i personaggi non giocanti stessi, conseguenti ad azioni e scelte da noi fatte sul mondo di gioco.

Gli atteggiamenti di questo tipo e le reazioni “personalizzate” del mondo di gioco verso il nostro passaggio, elevano Oblivion fra i pionieri di questo tipo di approccio al gameplay, ancora attuale e moderno. Questo sistema ha aperto la via del successo ai titoli sopracitati, imponendosi come uno degli standard a cui puntare per il gameplay offerto.

Categorie
Editoriali

Train Sim World 3, aspiranti macchinisti cercasi

La sveglia era suonata presto quella mattina. Il servizio iniziava alle 5.13, dovevo portare la mia fida locomotiva da New York Penn a Trenton. Dovevo avviarla, assicurarmi che tutto funzionasse e approntarla per il servizio viaggiatori che da lì a poco avrebbe svolto con la consueta puntualità.

Le luci dell’alba risultano ritardatarie rispetto alla sveglia del ferroviere, l’odore del ferro, che solo chi vive la ferrovia può sentirlo, il rumore dei compressori che si avviano e del pantografo che si alza. Gli operatori di movimento scambi, pronti nelle rimesse, i capistazione al loro posto a garantire la sicurezza della circolazione ferroviaria, macchinisti e capitreno pronti a guidare e scortare treni su e giù per le reti sociali.

Vita sacrificata quella dei ferrovieri, ma ricca di soddisfazioni! Fortunatamente i nostri amati videogiochi ci danno l’opportunità di sperimentare anche mestieri, bypassando i sacrifici e facendoci provare solo il divertimento e lasciandoci tante soddisfazioni.

E’ questo il caso di Train Sim World 3 (TSW) della Dovetail Games. Simulatore di treni che conferma la bontà del lavoro svolto dopo già vari episodi, i primi due più TSW 2020 e Rush hour. Tutti ottimi titoli apprezzati sia per il comparto grafico che per la profondità simulativa. E TSW 3 non è da meno, uscito il 6 settembre scorso per PC, Xbox e PS, lascia a bocca aperta per la grafica, la cura dei dettagli, la maniacale riproduzione dei treni e delle cabine di guida.

Ogni dettaglio è lì, dove esattamente ce lo aspettiamo, addirittura, guidando il treno, ci si può rendere conto, tra l’altro, della direzione che il treno prenderà da lì a poco, verificando come è disposto lo scambio che si sta per superare (come avviene nella realtà in fin dei conti).

Servizio cargo e merci

Il simulatore e le linee

Ma procediamo con ordine. Non vi aspettate un mondo libero tipo Flight Simulator. Non si può prendere il treno e girare per tutto il mondo conosciuto. Il simulatore è provvisto di scenari specifici, la versione standard ne prevede tre, il Cajon Pass, basato su trasporto merci con muscle-locomotive cazzute che trainerebbero anche Hulk su per i pendii.

Lo scenario ambientato sulla SouthEastern High, delicata ed altolocata ferrovia inglese a sudest di Londra, tra il Kent ed il Sussex per la precisione, sulla quale potrete provare, tra gli altri, il bellissimo Javelin, treno ad alta velocità che in base alla linea percorsa può sfruttare sia la corrente fornita dalla linea aerea sia quella fornita, in alcuni tratti, dalla terza rotaia.

Ed infine l’impressionante Schnellfahrstrecke Kassel-Wurzburg, certo, molti di voi penseranno che sia impressionante per l’impronunciabilità e lunghezza del nome, è vero, anche, ma la ferrovia appena poco più sopra citata è impressionante anche per la bellezza dei paesaggi che attraversa e per le mastodontiche opere di ingegneria civile da cui è composta: gallerie, ponti e viadotti. Sulle sue linee, sfrecciano i treni ad alta velocità Ice1 e Ice3 e guidarli è un vero piacere.

Le locomotive

I treni sono vari, locomotive straniere, ovviamente, purtroppo di italica produzione non è presente nulla. Tutti i treni, quelli presenti già nel gioco e tutti quelli eventualmente acquistabili successivamente sono fedeli alla realtà. Per chi si aspettasse qualcosa di arcade, farebbe meglio a rivolgere la sua attenzione ad altro, perché qui se non si sa “quali bottoni schiacciare” e quali checklist seguire (tra l’altro differenti per ogni treno), non si parte.

Anche se il funzionamento di ogni locomotiva, di massima è più o meno uguale, la combinazione delle due differisce da treno a treno. Una leva per dare “trazione” ovvero sfruttare la corrente della linea aerea oppure dare potenza ai motori, nel caso di trazione diesel, e una leva per applicare il freno, a volte anche più di un freno. Quello pneumatico e quello elettrico, ma ciò avviene solo nelle locomotive più “pesanti” come quelle cargo o i lunghissimi treni viaggiatori.

Nelle locomotive più moderne, di solito, la leva di acceleratore e freno coincide, semplicemente si tira la leva a sé per accelerare e la si spinge in avanti per frenare (questo è anche un motivo di sicurezza ferroviaria, poiché se il macchinista dovesse sentirsi male, accasciandosi, ad esempio, in avanti, la mano, che deve essere sempre sulla leva per un pronto intervento, andrebbe in avanti, frenando, di fatto, il convoglio).

Il Centro di Addestramento

Ma non abbattetevi, a guidarvi passo passo su come si guida un treno, o meglio, come si guidano le varie locomotive, oltre al manuale, in formato PDF of course, è presente un corposo centro di addestramento. Un tracciato, creato per l’occasione, che si può esplorare a piedi e dove si possono guidare tutte le locomotive presenti nel simulatore e, grazie ad una voce guida, scoprirne segreti e procedure.

È stato fatto un bel passo avanti rispetto ai precedenti episodi dove l’addestramento avveniva in linea, con orari da rispettare e viaggiatori da trasportare. Meno ansie, grazie al nuovo Centro di Addestramento.  

Menù e clima dinamico

I menù di gioco sono puliti e gradevoli, accompagnati da una rilassante melodia ed intervallati da scrosci di pioggia e di vento. Questi suoni non sono messi lì a caso. La caratteristica infatti introdotta in questo terzo capitolo del simulatore è il clima dinamico. Che significa?

Significa che che mentre sarete in viaggio, il clima potrà variare casualmente. Partirete con cielo terso pomeridiano, potrete attraversare una perturbazione e arrivare a destinazione di sera, di nuovo con cielo limpido costellato di stelle.

Questa caratteristica, così come l’alternanza giorno/notte, contribuisce a fare percepire al giocatore il tempo che passa, il tempo che si passa alla guida più che altro. Ma vediamo con ordine cosa possiamo fare nel simulatore.

Corsa notturna con il Javelin

Il gioco

Il menù è diviso in più sezioni, a parte il centro addestramento, le cui “missioni”, divise per treno, possono essere giocate quante volte si vuole fino all’apprendimento completo. Abbiamo la sezione deposito treni, nella quale possiamo scegliere un treno e del quale giocare sia degli scenari predefiniti sia seguire una “tabella oraria” ovvero espletare dei “servizi” che impiegano dai 5 minuti fino anche all’ora di gioco o poco più e che coprono la giornata lavorativa da prima mattina fino a sera tardi.

Si spazia dal preparare un treno per il servizio, portarlo al lavaggio, trasportarlo vuoto fino alla stazione dal quale inizierà il servizio viaggiatori o ovviamente espletare direttamente il servizio al pubblico. Gli incarichi, così come sono divisi per treno, sono divisi anche per scenario.

Questo è il cuore del gioco, ovvero dove verranno sfruttati gli scenari e locomotive già presenti nel simulatore e/o quelle acquistate eventualmente in un secondo momento.

Poi abbiamo delle missioni predefinite, per chi vuole giocare subito senza troppi fronzoli. Il gioco chiede quanto tempo si ha a disposizione, fino alla mezz’ora o dalla mezz’ora in poi e, in base alla risposta, decide quale missione è più a noi congeniale.

Lo spiccato realismo

In game il feeling con la locomotiva è davvero molto forte. Si capisce subito che se non si sa dove mettere le mani, quel treno non partirà, vi ritroverete davanti una miriade di tasti, bottoni e luci, quasi tutti cliccabili ma, fortunatamente, per condurre un treno non vi serviranno proprio tutti quei tasti, ne basteranno alcuni specifici (benedetto sia il Centro di Addestramento).

In ogni caso, la completezza della cabina di guida, contribuisce ad un realismo generale molto spinto. Conducendo il vostro veicolo, vi renderete conto di quanto belli siano gli scenari, il realismo delle tratte percorse nonché il realismo del sistema di segnalamento, poiché nello scenario non sarete soli, ma in compagnia di altri treni che viaggeranno per conto loro e dai quali dovrete distanziarvi. Ma cerchiamo di capirne di più.

Il velocissimo Acela della Amtrak statunitense

Il segnalamento

Normalmente le linee ferroviarie vengono delimitate da sezioni di blocco, di lunghezza variabile, dei segmenti di linea diciamo, che per la sicurezza della circolazione devono essere impegnate da un treno alla volta. I treni dovranno essere distanziati dai treni che li precedono quando viaggiano su doppio binario. Quando invece la linea è esercitata a semplice binario, essi dovranno essere distanziati sia dai treni che li precedono che da quelli incrocianti, essendo unica la sede ferroviaria.

Per il distanziamento vengono utilizzati i segnali, sia lungo la linea, sia all’interno delle stazioni. In Train Sim World 3 tutto il sistema di segnalamento è riprodotto fedelmente in base alla ferrovia rappresentata, che seppur avendo caratteristiche comuni al sistema di segnalamento italiano, a volte, differisce.

L’HUD

Nel gioco, fortunatamente, ci viene in soccorso l’HUD (Head Up Display) presente , che ci mostra, in forma sintetica, le principali informazioni. In alto a sinistra la distanza, in Km o miglia, dal prossimo punto di fermata o transito, in alto a destra viene mostrato l’aspetto del prossimo segnale (semplicisticamente: verde=via libera, rosso=arresto del convoglio prima di superare detto segnale e giallo=via libera al primo segnale incontrato, ma segnale successivo disposto a via impedita, quindi rosso) e la velocità di tracciato consentita.

In basso a destra infine, ci verranno mostrate le info necessarie a condurre la locomotiva, stato dei freni, velocità attuale, pendenza della linea.

HUD di gioco, sempre presente, anche in visuali esterne

Attività a corredo

Nel simulatore, superare un segnale a via impedita comporterà la conclusione dello scenario in corso e lo farà ricominciare, mentre superare i limiti di velocità comporterà un minore punteggio al giocatore.

Si perché mentre scorrazzerete con la vostra bella locomotiva nuova fiammante, il gioco vi attribuirà dei punti abilità/esperienza in base alla vostra conduzione del treno, in una sorta di gamificazione che sarà utile per mostrare ai vostri amici le vostre performance di guida.

A conclusione delle attività da svolgere nel simulatore, abbiamo piccoli incarichi che porteranno al giocatore più punti, da svolgere lungo le linee percorse, tipo ripristinare le mappe nelle stazioni, pulire, cestini sporchi, ripristinare gli estintori o riempire i dispenser di quotidiani. Tutte attività secondarie, alquanto inutili secondo chi scrive, ma che potranno invogliare i giocatori a “platinare” il gioco.

A corredo del tutto Dovetail Games ha introdotto anche un content creator, in particolare di livree e scenari, che potranno essere scaricati senza limitazioni da parte degli utenti, a patto di possedere i pacchetti giusti di locomotive.

Analisi delle prestazioni e punteggi attribuiti

Conclusioni

In definitiva un simulatore solido questo Train Sim World 3, forse pensato più per console che per PC, per il quale esiste Train Simulator sempre di Dovetail Games. Ma il livello di realismo in TSW3 è portato ad altissimi livelli.

Un simulatore sicuramente di nicchia, adatto per coloro che amano il mondo dei treni e della ferrovia in generale, non per tutti. Spesso, guidare per un’ora consecutiva, stanca. Ma questo è il mondo della ferrovia e lo si accetta per il fascino che lascia ai suoi cultori. E magari, se appassionati non lo siete, con TSW3 potrete diventarlo.

Categorie
Editoriali

3 videogiochi capolavoro per chi ha poco tempo

Talvolta, per immergersi al meglio all’interno del videogioco, tendiamo a scegliere prodotti con un importante longevità, in grado di tenerci incollati allo schermo con infinite quest e collezionabili. Ma si sa, con l’arrivo dell’età adulta il tempo per dedicarci alla nostra grande passione è sempre scarseggiante. Per fortuna però, non sempre maggiore longevità vuol dire maggiore qualità e i videogiochi capolavoro per chi ha poco tempo che vi mostreremo tra poco lo dimostrano in pieno.

What Remains of Edith Finch

Un titolo dalla durata di sole due ore di storia principale, mentre qualora si volesse completarlo al 100% la durata si alzerebbe a tre ore di gioco totali. Un videogioco così rapido che può portare a termine anche chi ha poco tempo, presenta in realtà un’insospettabile varietà di gameplay. Annoiarsi con questo titolo è davvero una sfida difficile da superare.

Videogiochi per chi ha poco tempo: What Remains of Edith Finch
Una strana casa che fa da sfondo ad un meraviglioso level design. Ambienti così curati se ne vedono gran pochi in giro.

Il gioco narra di un’eccentrica famiglia stanziata nell’ isola di Orcas. Il protagonista della nostra storia arriverà di fronte alle porte di casa Finches, e guidato dalle parole del diario di Edith Finch, ne esplorerà ogni suo meandro, venendo a conoscenza delle peculiari morti dei suoi residenti. Una maledizione sembra esser calata sulla famiglia Finches e sta al giocatore scoprire la storia nascosta di ogni membro della famiglia.

L’esplorazione della casa sarà molte volte interrotta da flashback, i quali rappresentano le vere perle di gameplay. Stili grafici e modalità di gioco cambiano ad ogni “livello”, il tutto contornato da un’ottima narrazione di fondo che ci lascerà sospesi, a domandarci come sono andate realmente le cose. Se preferite uno stile di gioco rilassato e semplice, allora What Remains of Edith Finch è un titolo da provare assolutamente, di cui abbiamo parlato anche in questo articolo.

Last Day of June

Last Day of June è un titolo uscito nel 2017, un’avventura story-driven pronta a sbalordire con il suo comparto grafico, ed i suoi “colpi di scena”. Questa capolavoro si attesta sulle quattro ore, rendendo inoltre disponibile una caccia ai collezionabili per chi fosse interessato, e una storia emozionante, che ci pugnalerà molte volte allo stomaco.

Videogiochi per chi ha poco tempo: Last Day of June
Una tragica notizia cambierà il mondo intorno a noi.

La storia si svolge in una piccola cittadina di campagna, dove tutto sembra emanare una sorta di perfezione sospesa, rimbalzante tra i visi solari dell’esuberante vicinato. Il nostro protagonista è un uomo sposato, ed anche la sua vita sembra galleggiare in quell’atmosfera meravigliosa contenuta nel quadro che è lo stile grafico. Ma tale perfezione durerà poco. Una tragica notizia cambierà il mondo intorno a noi, spegnendo quei vivaci colori che ci davano speranza, trascinando il protagonista in un’estenuante lotta per cambiare il passato.

Il comparto grafico, tecnico, la caratterizzazione dei personaggi, tutto ciò regala al giocatore un’esperienza che lo abbraccia a 360 gradi. Accontentando sia gli amanti delle storie curate sia gli amanti dei puzzle-games. Una silenziosa notte, un tè caldo e voglia di rilassarsi, sono questi gli elementi per godersi a pieno questo ennesimo capolavoro.

To The Moon

Infine, il vero e proprio Capolavoro con la “c” maiuscola. Uscito nel lontano 2011, dalla Freebird Games, ha segnato per sempre i cuori di molti videogiocatori. Il gioco è un Adventure Game che si attesta sulle tre ore; un tempo che può sembrare quasi troppo breve per suscitare una tale emozione, ma vi sbagliereste. In sole tre ore, To The Moon riesce a mantenere incollato il giocatore che ha poco tempo grazie alla meravigliosa storia e alla (leggermente datata, ma sempre gradita) grafica pixel-art, regalandoci un indimenticabile esperienza da giocare tutta d’un fiato.

Il tempo passa, ma certi capolavori non appassiscono mai.

Il gioco racconta le vicende di due scienziati della Sigmund Corporation, un organizzazione in grado, tramite una tecnologia avanzatissima, di modificare i ricordi di pazienti moribondi così da regalargli il loro ultimo desiderio. I nostri protagonisti sono degli esperti, ma il paziente che visiteranno questa volta, sarà diverso da tutti gli altri. Raccontare di più sarebbe veramente troppo per un’esperienza così breve, quindi lascio a voi il piacere della scoperta. Vi posso assicurare che non rimarrete delusi da questo capolavoro.

Se non avete mai sentito parlare di questo titolo, correte a comperarlo. Se invece lo conoscente già, allora forse potreste non essere a conoscenza dei sequel. A Bird Story, Finding Paradise e Impostor Factory sono tutte valide alternative; le durate sono simili, mentre la bellezza è tutta da scoprire.