Il tank è la spina dorsale della squadra in Overwatch 2, se il tank muore probabilmente la squadra lo seguirà poco dopo. Questo è quindi un ruolo di grande responsabilità, che solo in pochi possono comprendere a pieno. Se credi di esserne all’altezza allora continua a leggere per conoscere i migliori tank per chi vuole provare questo importantissimo ruolo di Overwatch 2.
RoadHog
Roadhog non sarà il tank più difensivo, ma di sicuro è uno dei più divertenti di tutto Overwatch 2. Il suo fuoco primario è un’ampia rosa di devastanti colpi che possono essere alternati tra media e corta distanza. Il suo potenziale di danno è molto alto, ma non lasciate che la sete di sangue vi prenda alla testa. Ricordate sempre che siete dei bersagli giganteschi!
Verrete probabilmente sempre presi di mira per primi, quindi usate coperture e movimenti imprevedibili per avere la meglio (e se scappate fatelo sempre dando le spalle alla minaccia, in questo modo coprirete la vostra parte più vulnerabile: la testa)
Roadhog per sopravvivere può contare sull’abilità “Boccata d’Aria” che gli permetterà di recuperare rapidamente molta vita. Oltre l’ovvio utilizzo esistono caratteristiche nascoste ai meno avvezzi.
Gli spazi stretti sono ottimi per utilizzare la “Porcata”, sfruttateli per ottenere rapide uccisioni o per creare spazio per la vostra squadra.
Ad esempio, l’uso dell’abilità ci regalerà un boost temporaneo alla difesa, permettendoci di resistere ai danni per l’intera durata della cura. Sapevate inoltre che l’uso di questa abilità ricaricherà abbondantemente la nostra Ultra? Provate a curarvi quando sarete a metà vita e potrete vedere da voi l’ingente carica che apporterà.
Infine, l’abilità più importante: il gancio. Terrorizzate psicologicamente gli avversari agganciando e finendo i bersagli con poca salute, oppure destabilizzate le linee nemiche portandoli fuori dalla portata dei loro alleati.
Zarya
In Overwatch 2 Zarya perde il ruolo di secondo tank di supporto e si rinnova, adattandosi al gameplay da solista.
Il suo fuoco primario è un raggio agevole nella mira, ma che inizialmente farà poco danno. Per amplificarlo basterà ricevere danno quando si è all’interno della “Barriera Particellare”.
Il fuoco secondario invece sparerà dei proiettili a traiettoria discendente, colpendo più bersagli. La strategia è quindi quella di utilizzare il fuoco secondario ai piedi di un gruppo e il primario per concentrare il danno amplificato su un singolo bersaglio.
Non siate ossessionati dall’occasione perfetta, usare la “Bomba Gravitonica” anche solo su uno o due nemici può essere altrettanto efficace.
Il corto raggio di Zarya la costringe ad uno stile di gioco aggressivo, dove dovrete trarre il massimo dai 2 scudi a vostra disposizione. Quando li usate su di voi siate imprevedibili. I nemici non vi spareranno se attivate lo scudo troppo presto. Cercate di attivarli quando siete già sotto fuoco nemico, ricavandone più carica possibile.
Zarya è un eroe semplice, e quindi perfetto per chi non ha voglia di imparare troppe abilità tutte insieme. La maestria sta proprio nel riuscire a padroneggiare la strategia di battaglia, favorendo una mentalità tattica ad un’innata abilità da sparatutto.
Sigma
La brutale eleganza di Sigma si riflette sul suo stile di gioco. Primo eroe nella lista dotato di un effettivo scudo, Sigma di rivela un ottimo tank per chi possiede una buona mira.
Il suo fuoco primario sono una coppia di sfere rimbalzanti che, se andate a segno entrambe, riusciranno a dimezzare la vita dei nemici più deboli, ma non lasciatevi ingannare dalla loro letalità. Uccidere con Sigma richiederà la sua totale attenzione, ed essendo voi tank non potete permettervelo. Lasciate il compito di confermare le uccisioni ai vostri DPS.
Sigma preferisce tenersi a media distanza, dietro il proprio scudo, avanzando ed arretrando a seconda della situazione. In questo elegante duello le nostre abilità difensive ci semplificheranno il lavoro.
Usate lo scudo per proteggere voi e la vostra squadra, ma fate attenzione a tenerlo troppo tempo attivo. La vita dello scudo è limitata, quindi cercate di usarlo saggiamente, bloccando abilità specifiche piuttosto che interi assalti.
Il “Flusso Gravitazionale” dimezzerà la vita di tutti i nemici. Usarlo sui tank avversari significa privarli di una risorsa vitale.
Quando il nostro scudo verrà meno potremmo sempre contare su “Presa Cinetica”, che ci permetterà di assorbire la maggior parte dei danni, permettendoci un attimo di respiro.
L’abilità “Accrescimento” sarà la nostra offesa. Scagliate l’enorme masso contro un nemico per stordirlo il tempo necessario per finirlo, oppure usatelo per interrompere le Ultra nemiche.
Sigma potrebbe rivelarsi complicato all’inizio, ma la gestione accurata di scudo e abilità sarà la chiave per perfezionarsi e sfruttare il suo enorme potenziale difensivo.
Rein è l’opposto di sigma. Stabile e a corto raggio. Chi gioca questo eroe deve saper padroneggiare il capo di battaglia, sfruttando l’ampiezza del proprio scudo per assalti e ritirate.
Un errore comune è quello di cedere alla tentazione di caricare in mezzo ai nemici, tirare qualche martellata e morire subito dopo. Muovetevi sempre in armonia con i vostri alleati, difendeteli e create spazio di manovra.
L’errore più grande è quello di far capire agli avversari che state per utilizzare lo “Schianto Sismico”. Siate imprevedibili ed otterrete la vittoria.
La vostra unica possibilità di fare danni a distanza è tramite l’abilità “Dardo di Fuoco”. Siate precisi e farete molto danno ad uno o più bersagli. L’abilità “Carica” è invece l’elefante nella stanza. Calcolate sempre la posizione d’arrivo della carica e cercate di farla coincidere con quella dei vostri alleati. Una carica andata a segno ricompenserà con danni enormi, ma non caricate mai senza un piano.
Rein insegna al posizionamento, alla capacità decisionale e al lavoro di squadra. Un ottima scelta per iniziare seriamente il ruolo di tank.
Orisa
“L’inarrestabile” e “L’immortale” sono solo alcuni dei nomi che i giocatori hanno dato ad Orisa in Overwatch 2. Forse il tank per eccellenza, Orisa scala le classifiche delle vittorie grazie alle sue potenti abilità.
Non possiede scudo, ma questo non significa che non possa difendere i propri alleati. Usate il “Giavellotto Rotante” per mangiare i proiettili nemici e sfruttate il boost alla velocità per attaccare o fuggire.
Il numero magico è 200, ovvero la percentuale di carica di “Impeto Terrestre” che vi permetterà di one-shottare la maggior parte degli eroi.
Quando sarete in difficoltà attivate “Fortificazione” per ridurre notevolmente i danni e annullare i danni critici subiti. Divertitevi con il fuoco primario a munizioni infinite ed usate il “Giavellotto Energetico” mentre aspettate il raffreddamento dell’arma.
Giocare Orisa con maestria non è tanto diverso dal giocare un rhythm game. Sfruttando l’utilizzo ritmato delle abilità, calcolate i cooldown per non rimanerne mai a corto, e se verrete supportati dai vostri alleati allora potrete diventare, letteralmente, l’inarrestabile carro armato di Overwatch 2.
Il videogame al femminile è un mondo ancora da sdoganare, soprattutto nelle menti delle generazioni più datate che difficilmente si ricordano delle videogiocatrici. L’immaginario collettivo, infatti, lo lega a doppio filo al genere opposto. Il giocatore (gamer) è un ragazzo, magari un po’ geek, che si diverte davanti ad uno schermo, con il suo bel pad saldo tra le mani e un amico di fianco a sfidarlo all’ultimo sparatutto/picchiaduro/sportgame ecc ecc. Il giocatore, sempre maschio e occhialuto, è dipinto come un personaggio un po’ eccentrico, piuttosto solitario e poco popolare che preferisce più di ogni altra cosa stiparsi nella sua cameretta. “Allergico” al sole, è spesso immaginato pallido e poco amante dell’aria aperta.
Logo di Stranger Things
Lo Sci-fi e “l’invasione” rosa
Per certi versi, la serie Sci-fi e fenomeno mondiale “Stranger Things” parte proprio da quello che è il mondo classico di un gruppo di giovani nerd arrivando a capovolgere, stagione dopo stagione, l’intera visione. Proseguendo nella storia, infatti, i personaggi femminili “invadono” sempre di più l’universo ludico dei protagonisti, fino ad avere ruoli chiave proprio quando bisogna giocare. Impossibile non pensare alla genialità di Erica, sorella di Lucas, che si dimostra una formidabile giocatrice di “Dungeons & Dragons”.
Ormai il gioco non fa distinzioni di genere e, infatti, stando ai numeri, la quota rosa presente ai tornei e-sports sparsi nel mondo e presente su twitch a streammare è in continua e costante crescita, a dimostrazione di quanto la credenza popolare sia profondamente lontana dalla realtà e di come il mondo stia profondamente cambiando.
Il professionismo si tinge sempre più di rosa
Il videogame come sfogo unisex
Nell’era digitale, infatti, il gioco ha assunto una veste ancora più chiara di valvola di sfogo, in grado di attirare sempre più ragazze appassionate e pronte a cimentarsi in tutti i generi di videogame. Basti pensare che, ormai, secondo stime internazionali, le videogiocatrici hanno raggiunto il 47% del totale. Stiamo parlando, in pratica, della metà dei fruitori mondiali di prodotti videoludici.
Certo, lo ammettiamo, chi scrive sa perfettamente che, in svariati casi, ben noti a chi bazzica costantemente rete e social, le videogiocatrici sono delle influencer travestite da gamer, che non posseggono chissà quali capacità e che utilizzano il gioco come un mezzo per conquistare fan e popolarità. Giocano distrattamente ad un titolo, senza alcun tipo di destrezza e, molto spesso, scelgono mise ultrasexy che lasciano poco spazio alla fantasia. Ma qui si parla di altro, infatti non ci soffermeremo a commentarle ulteriormente né a citarle anche perché, per chi scrive, il gioco assume uno status di sacralità che non può essere banalizzato o strumentalizzato per altri scopi meno nobili.
Schermata di Animal Crossing
Filoni narrativi e scelte di genere
Nel mondo, però, di videogiocatrici incredibilmente dotate ce ne sono tante. Che hanno messo da parte le loro professioni oppure lasciato gli studi per dedicarsi anima e corpo alla loro (remunerativa) passione.
E ciò che balza all’occhio è che, la stragrande maggioranza di coloro che hanno avuto e continuano ad avere grandissimo successo, non gioca ai cosiddetti “giochi per ragazze”.
E, qui, prima di proseguire, vorrei aprire una piccola parentesi al riguardo. Le case produttrici di videogame, attente ai big data e perfettamente consapevoli di quanto l’universo di gioco sia ormai unisex, stanno sempre più abbandonando il filone dedicato alle ragazze, scegliendo sempre di meno di sviluppare e investire su prodotti che dovrebbero strizzare l’occhio soprattutto all’universo femminile. Certo, dubito che il fortunatissimo filone degli “Animal Crossing” possa esaurirsi a breve sulla scorta di quanto detto, ma che i nuovi prodotti dedicati solo alle ragazze siano sempre meno è un dato incontrovertibile. Senza contare che quel “per ragazze”, dal mio punto di vista, si collega ad un modo troppo antico di concepire il mondo e gli esseri umani.
Più che altro, e anche questo è evidente per un occhio attento, l’industria dei videogame sta cercando di attirare ancora più ragazze mitigando alcuni aspetti che hanno storicamente caratterizzato i giochi: trame essenzialmente maschiliste e personaggi femminili iper sessualizzati. Ed ecco che, come per magia, le ragazze super prosperose hanno lasciato spazio a figure femminili ben caratterizzate e fisicamente normali (Ellie di “The last of Us”) e le trame hanno lentamente ma inesorabilmente mitigato la contrapposizione tra la forza maschile e la “fragilità” femminile. A tal proposito mi viene da citare, tra gli altri, il recentissimo “Forspoken” il controverso titolo della Square Enix dove il “girl power”, forse, è anche troppo accentuato. Ma potremmo ricordare anche il poco più datato Horizon – Forbidden West, in cui la protagonista Aloy non ha nulla da invidiare ad un cacciatore di sesso maschile.
Bonnie Ross
Chi sono le videogiocatrici più famose al mondo?
Insomma, il mondo dei videogame si è ormai tinto fortemente di rosa, se ancora così si può dire per riferirsi al genere femminile, e di questo siamo tutti profondamente contenti, soprattutto perché tale cambiamento ha trasformato e modificato anche la composizione dei vari gruppi di sviluppatori nelle cui fila, sempre più spesso, si annoverano esperte in grado di dare un tocco bipartisan di cui si sentiva francamente il bisogno.
Per fare un nome, pensiamo a Bonnie Ross, gamer dal 1994, ma soprattutto fondatrice della “343 Industries” che gestisce il franchise “Halo” e che collabora attivamente con Microsoft nella realizzazione di molti titoli video ludici. Il primo lavoro su cui si è impegnata attivamente è stato “Halo 4”, gioco del quale ha supervisionato trama, dinamiche e merchandising. Il suo obiettivo è quello di promuovere la diversità all’interno dell’universo video ludico.
Oppure, sempre sul tema di donne che influenzano direttamente il mondo dei videogioco, potremmo citare Annah Rutherford, gamer professionista di grandissimo talento che intrattiene milioni di visitatori sul proprio canale twitch. Le sue opinioni sui videogame in uscita sono prese estremamente in considerazione e, spesso, danno uno slancio positivo al titolo oppure, alla peggio, contribuiscono al suo fallimento.
Nel panorama mondiale del gaming, però, ci sono anche moltissime donne che, a differenza delle sopracitate, hanno dimostrato di possedere un talento unico per determinati giochi e che hanno deciso di trasformare la loro passione in una vera propria professione. Sponsorizzate da brand multimiliardari e membri di squadre famose nel mondo, queste videogiocatrici sono ormai vere e proprie icone pop, eminenze degli e-sport venerate in tutto il mondo.
Conosciamone qualcuna.
Li Xiaomeng è una e-sport gamer che ha vinto nel 2019 il torneo internazionale del gioco di carte online targato Blizzard, Heartstone, aggiudicandosi un sostanzioso premio in denaro pari a circa 200mila dollari. La 31enne cinese, conosciuta con il nickname Liooon, pur dedicandosi per molte ore al giorno alla sua passione, ha trovato il tempo per laurearsi in legge, riuscendo a conciliare lavoro e studio egregiamente. Le sue partite di Heartstone sono seguite da milioni di fan sparsi in tutto il mondo e le sue strategie sono spesso copiate sia per la composizioni di mazzi da battaglia, sia nella sequenza di gioco delle varie carte.
Altro nome ultrafamoso nel mondo del gaming al femminile è quello di Sascha Hostyn, nickname Scarlett, che ha vinto oltre 300mila dollari dominando diversi tornei di Starcraft 2 in giro per il mondo. Definita “l’ammazza coreani” o “la kryptonite dei coreani” per la sua capacità di sbaragliare i migliori giocatori di Starcraft 2 che, appunto, sono per la maggior parte coreani, ha riscritto la storia del mitico gestionale in tempo reale, riuscendo a laurearsi campionessa del mondo. La Hostyn, infatti, ha vinto nel 2018 il prestigioso Intel Extreme Master, torneo dei tornei di Starcraft 2 che vede la partecipazioni dei migliori giocatori provenienti da tutto il mondo. Da allora, nessun altro esponente del genere femminile ha vinto alcun torneo ufficiale internazionale. Per inciso, e scusate la digressione, dal 2020 al 2022, per ben 3 edizioni consecutive, l’italiano Riccardo Romiti, in arte Raynor, ha raggiunto lo scontro finale, riuscendo nell’impresa di laurearsi campione del mondo di Starcraft 2 nell’edizione 2021 e perdendo nel 2022 soltanto alla settima mappa contro lo storico rivale Joona Sotala, in arte Serral.
Conclusione
Il mondo del videogame, insomma, è stato finalmente conquistato anche dalle donne che, a colpi di talento e buone idee, stanno contribuendo a cambiamenti epocali e noi siamo qui, spettatori interessati, a vedere questo come potrà (o non potrà) migliorare le cose. Non resta che aspettare e continuare a giocare, magari in compagnia della nostra dolce metà.
Il Nintendo Gamecube non è certamente stata la più fortunata tra le piattaforme della grande N. La console di sesta generazione della casa di Kyoto, la cui epopea è durata dal 2001 al 2007, non è infatti riuscita ad imporsi come leader del mercato.
Causa di questo parziale insuccesso sono state alcune scelte commerciali poco azzeccate da parte di Nintendo (prima fra tutte quella di affidarsi ad uno strambo formato mini-dvd), oltre alla spietata concorrenza di Xbox e Playstation 2.
Tuttavia, Gamecube ha saputo conquistare un posto speciale nei cuori dei videogiocatori grazie all’incredibile qualità del suo parco titoli. In questo articolo riscopriamo i cinque giochi, in esclusiva, che più di tutti gli altri hanno segnato la storia del cubo viola di Nintendo.
Luigi’s Mansion
Luigi’s Mansion segna il debutto di Luigi nel ruolo di protagonista su Gamecube.
Nella nostra carrellata non potevamo che partire dal titolo di lancio di Gamecube, ovvero Luigi’s Mansion. Uscito insieme alla console nel settembre 2001, Luigi Mansion mette per la prima volta sotto i riflettori Luigi, il fratello del ben più famoso Mario, che in questo gioco viene “promosso” da semplice spalla del protagonista ad eroe assoluto dell’avventura.
Nel tentativo di salvare il fratello, Luigi deve esplorare una magione infestata dai simpatici ma letali fantasmi Boo. Per fare ciò, Luigi può ricorrere ad un vasto e strampalato arsenale di armi ed accessori. Tra essi spiccano la torce, in grado di svelare i fantasmi nascosti e l’aspirapolvere Poltergust 3000, che rappresenta la nostra arma principale.
Luigi’s Mansion va a stravolgere i canovacci della serie, eliminando gli elementi platform e gli ostacoli e concentrando l’attenzione sulla risoluzione di enigmi e sui combattimenti. Il gioco riesce a creare un mix vincente tra riflessività e azione e risulta sempre estremamente piacevole ed intrigante.
Dal punto di vista tecnico, il gioco presenta una grafica molto pulita e gradevole e un sonoro buffo e coinvolgente al punto giusto. L’unico neo di Luigi’s Mansion è rappresentato dalla sua longevità, non proprio elevatissima. Se ne avete l’occasione recuperatelo assolutamente. Avrete diverse ore di divertimento garantito.
Super Mario Sunshine
Mario Sunshine trasporta i possessori di Gamecube nelle assolate lande di Delfinia.
Super Mario Sunshine dovette raccogliere la pesante eredità di Super Mario 64, primo gioco 3D della serie. Sunshine tuttavia riesce a non sfigurare davanti all’illustre predecessore.
In questo gioco accompagniamo Mario durante la sua avventura all’isola di Delfinia, nel tentativo di fermare il malvagio Bowser Junior (qui al suo debutto nella saga), intenzionato a rapire Peach e ad imbrattare tutta l’isola con la sua vernice speciale.
Mario sarà costretto ad esplorare le varie aree dell’isola per raccogliere i soli custodi, in grado di riportare la situazione alla normalità. Per compiere quest’impresa il baffuto idraulico può fare affidamento sullo Splac 3000, specie di pompa in grado di emettere potenti getti d’acqua. Grazie ad essa Mario potrà ripulire le aree dell’isola infette dalla melma, nonché effettuare una serie di planate ed acrobazie particolari.
La struttura di Sunshine riprende direttamente quella di Mario 64, ma va ad espanderla. Partendo dalla città di Delfinia, che rappresenta l’area centrale del gioco, Mario potrà liberamente esplorare i vari livelli, che si presentano davvero vasti ed articolati.
Come in una sorta di open world, Mario è costretto perlustrare a fondo ogni area per riuscire a risolvere i vari enigmi e mettere le mani sugli agognati soli custodi. Il livello di sfida, rispetto agli altri titoli della serie, stavolta è davvero arduo, sia per quanto riguarda l’individuazione delle azioni da compiere, sia per la loro effettiva messa in atto.
Sunshine presenta un sistema di controllo molto ricco e stratificato, anche se non sempre immediatissimo, aspetto che contribuisce a creare grande frustrazione nei livelli più complessi. Grafica e sonoro sono, come sempre, estremamente curati e fungono da ottimo accompagnamento nella nostra avventura.
Se siete fan della serie di Mario recuperate assolutamente Sunshine, ma preparatevi ad una sfida davvero dura!
Super Smash Bros. Melee
Smash Bros. Melee per Gamecube è ancora considerato da diversi giocatori il migliore della saga.
E non poteva mancare quello che è considerato da molti il miglior picchiaduro per Gamecube. Smash Bros Melee prende tutto quanto c’era di buono nel primo gioco, uscito per Nintendo 64 e lo espande oltre ogni orizzonte.
Il roster di Melee conta più di venti combattenti diversi, provenienti da tutti i maggiori franchise di Nintendo, dai pokèmon a Legend of Zelda passando per Fire Emblem, saga che deve anche a Melee la sua diffusione in occidente.
I nostri eroi hanno una nutrita serie di stages in cui riempirsi allegramente di mazzate. Che siano sfide a tempo, battaglie all’ultima vita o un mix di regole personalizzato dal giocatore, gli scontri di Smash sono sempre adrenalitici e caotici. Questo grazie al perfetto sistema di controllo del gioco, che riesce a creare un incredibile equilibrio tra un party game e un vero picchiaduro competitivo.
I comandi di Melee sono apparentemente molto semplici, ma ottenere un controllo efficacie del personaggio e soprattutto una padronanza completa del suo intero set di mosse richiederà moltissima pratica ed altrettanto tempo.
Completano il quadro un enorme numero di modalità e regole per gli incontri e la possibilità di competere in 4 giocatoricontemporaneamente, per dare vita a sfide davvero epiche in grado di mettere in discussione anche le amicizie più salde!
Anche se non siete amanti del genere consiglio caldamente di recuperare Melee e farci qualche partita, meglio ancora se in compagnia di un amico!
Windwaker è davvero una perla preziosa nel panorama dei titoli Gamecube.
Poteva mancare in una classifica di giochi Nintendo un esponente della saga di Legend of Zelda? Naturalmente no! La lotta con Twilight Princess è stata davvero durissima, ma ho deciso di premiare Wind Waker per la sua originalità e per l’importanza che ha avuto nell’evoluzione della serie.
In questo gioco l’indomito Link si trova ad esplorare una Hyrule completamente sommersa dalle acque. Di conseguenza, il nostro incappucciato eroe è costretto a navigare di isola in isola per raccogliere le reliquie necessarie a fermare il malvagio Ganondorf e salvare ancora una volta il suo mondo.
Nelle sue peregrinazioni Link sarà accompagnato da Re Drakar, trasformato da una maledizione in una barca di legno. Grazie alla Wind Waker, una magica bacchetta del vento, il nostro Link potrà controllare i venti, permettendo a lui e al re di setacciare tutto l’enorme oceano che compone la mappa del gioco.
Alla sua uscita, Wind Waker non fu apprezzato universalmente, soprattutto a causa del suo stile grafico molto simile ad un cartone animato, che non trovò il favore di molti videogiocatori.
Tuttavia ciò che rende Wind Waker un’esperienza davvero incredibile e l’assoluta libertà di movimento che il gioco consente, assolutamente inedita per gli anni in cui uscì. Dopo una breve parte introduttiva, durante la quale il percorso è obbligato, il giocatore ha la possibilità di organizzare in piena autonomia il suo viaggio.
L’esplorazione in Wind Waker è davvero ben fatta e coinvolgente e ci farà immedesimare completamente in Link durante le sue peregrinazioni marittime. Anche la grafica, per quanto particolare, resta estremamente piacevole e calzante. Stesso discorso per il sonoro, che offre alcune delle tracce più memorabili dell’intera saga. Merita una menzione in particolare la musica che accompagna gli spostamenti in barca di Link, davvero meravigliosa.
Ogni amante dei giochi di avventura e in generale ogni videogiocatore dovrebbe provare Wind Waker nella sua vita. Perdere questo capolavoro sarebbe davvero un peccato.
Metroid Prime
Metroid Prime è forse il miglior gioco in assoluto per Gamecube.
Concludiamo la nostra rassegna con quello che è forse il titolo che più di ogni altro i fan vorrebbero veder fare ritorno su Switch. Metroid Prime, uscito nel febbraio 2003 in Giappone, segna il passaggio della saga di Samus Aran alla terza dimensione.
Grazie ad un’inedita visuale in soggettiva, infatti, il giocatore viene trasportato direttamente dietro al visore della letale cacciatrice, pronto ad accompagnarla in una nuova incredibile avventura. Samus questa volta si ritrova ad esplorare la fregata Orpheon ed in seguito il pianeta Tallon IV, nel corso di una durissima lotta contro un enorme numero di creature mutate dal Phazon, micidiale liquido radioattivo.
Il grande merito di Prime sta nel fatto che ha saputo unire in maniera encomiabile la grafica tridimensionale e la modalità in prima persona con le meccaniche tipiche della saga. Non ci troviamo infatti di fronte ad un semplice FPS, bensì ad una vera e propria avventura in cui la risoluzione degli enigmi e l’esplorazione attenta delle aree rappresentano ancora il cuore pulsante del titolo.
Per completare la sua missione, infatti, Samus ha ancora una volta bisogno di sbloccare ogni potenziamento e ogni abilità della sua tuta. Questo porterà la bella cacciatrice a setacciare ogni angolo del pianeta, alla ricerca di ogni area rimasta libera.
Non manca naturalmente nemmeno l’azione, grazie al nutrito arsenale di cui Samus dispone e alla nuove possibilità fornite dalla visuale in soggettiva. Le armi a disposizione sono davvero moltissime, così come le trategie da seguire per sconfiggere i vari nemici.
La grafica del gioco, sfrutta fino all’ultima goccia le possibilità di Gamecube e riesce ad immergere totalmente il giocatore nell’avventura, ricreando un mondo futuristico davvero accattivante e terrorizzante.
E voi che dite? Conoscevate tutti i titoli citati nell’articolo? E quali giochi avreste inserito nella vostra personale top five?Scrivetelo nei commenti qui sotto!
FIFA 23, soprattutto nella sua modalità online Ultimate Team, è un videogioco che favorisce il gioco propositivo: il “corto muso” non paga! In altre parole, difendere su FIFA è molto più difficile che attaccare. Per questo motivo, in questo articolo, ti spiego come difendere su FIFA 23 Ultimate Team scendendo nei dettagli delle tecniche da usare e come capire quando intervenire.
La difesa su FIFA 23
FUT 23 presenta una stramba novità: il motore Hypermotion2 è presente solo su next-gen (PlayStation 5, Xbox Series S|X e PC) e rende il gioco ben diverso rispetto all’old-gen (PlayStation 4 e Xbox One). Per questa guida su come difendere su FIFA 23, ti basta tenere in mente due concetti che cambiano radicalmente nelle due versioni: l’intelligenza artificiale e gli stili di corsa.
Old vs Next Gen: Intelligenza Artificiale
L’Hypermotion2 usa molto l’intelligenza artificiale; per questo motivo, difendere su next-gen è più semplice se si utilizzano calciatori “automatici”, cioè giocatori che intervongono autonomamente quando sono vicino all’attaccante. Questi calciatori hanno un vero e proprio effetto calamita sulla palla che facilita la fase difensiva di ogni videogiocatore.
Lo stesso meccanismo è possibile trovarlo su PS4 e Xbox One – così come avveniva anche nei precedenti FIFA – ma l’impatto è minore. In particolare, su old-gen, difensori e centrocampisti tendono a non chiudere tutti gli spazi come la loro controparte next-gen. Si richiede dunque al videogiocatore una maggiore capacità di prevedere le mosse dell’avversario e di switch dei calciatori (cioè il prendere controllo del corretto giocatore al momento giusto).
Stili di Corsa
Avevo già parlato dell’algoritmo acceleRATE nella recensione di FIFA 23, ma ora sono sicuro: gli stili di corsa sono fondamentali in questa nuova versione di FUT; in particolare, il titolo favorisce lo stile di corsa Lengthy.
Esistono tre stili di corsa: Controlled, Explosive e Lenghty. Il primo è quello “standard”; l’explosive è tipico dei giocatori piccoli e agili che avranno uno scattano fulmineo ma saranno più lenti sul lungo; lenghty è l’esatto contrario dell’explosive.
Il Lengthy è tipico dei calciatori con un gran fisico ed è il motivo per cui finalmente Virgil van Dijk è così forte su FUT 23.
Come impostare le Tattiche Difensive
Ora hai capito che i difensori lengthy sono il meta del momento, ma per sfruttarli al massimo bisogna dargli la possibilità di guadagnare velocità sul lungo periodo; di conseguenza, ti consiglio di utilizzare la tecnica del fuorigioco nelle tue tattiche. In questo modo, i difensori centrali staranno più alti e potranno recuperare gli attaccanti prima che questi arrivino in porta.
Personalmente uso due tipi di tattiche difensive su FIFA 23:
Tattica Difesa Standard
Stile difesa: Equilibrato Ampiezza: 40 Profondità: 71
Questo tipo di difesa è standard: 71 è il valore minimo della profondità per attivare la trappola del fuorigioco. L’ampiezza è 40 perché il meta attuale prevede una difesa più stretta rispetto alle edizioni passate.
Tattica Difesa Aggressiva
Stile difesa: Pressing una volta persa palla Ampiezza: 40 Profondità: 80
Gli amanti del gegenpressing preferiranno questa variante. A differenza dello stile standard, questa difesa vuole aggredire il portatore di palla molto alto e correre indietro con i propri difensori “fisicati” nel momento in cui l’avversario sia abbastanza bravo da eludere il pressing.
Questa tattica dipende molto dall’avversario: contro giocatori mediocri è devastante; contro videogiocatori bravi è meglio evitarla perché chi sa eludere il pressing potrebbe trovare tantissimi spazi per farti male.
Come difendere: aggressivo vs passivo
Due sono i possibili stili di difesa. Personalmente preferisco lo stile aggressivo, ma si possono ottenere ottimi risultati anche lasciando il compito alla CPU, soprattutto se siete in possesso di calciatori veramente forti.
Difesa aggressiva: Affronta
Difesa Affronta: ne ho già parlato nella guida sulle cinque tecniche per vincere online e ovviamente non poteva mancare su questa guida su Come difendere su FIFA 23 Ultimate Team.
La Difesa affronta si attiva con L2 su PlayStation o LT su Xbox (comandi standard)
Con questa tecnica, il difensore si piazza davanti l’avversarioe ostacola il suo tentativo di andare verso la porta. La Difesa Affronta è la tecnica principale per difendere su FIFA 23 poiché il difensore mette automaticamente il piede se l’attaccante si avvicina troppo al suo raggio d’azione; di conseguenza, quando l’attaccante proverà a superarvi, vi basta premere L2/LT e seguirlo nei movimenti: se si avvicina troppo, il tuo difensore interverrà.
Ovviamente, più il tuo difensore è forte, in termini di abilità difensiva e automatismo – cioè Riflessi – più sarà probabile riuscire a vincere il contrasto.
Personalmente utilizzo un approccio molto aggressivo in cui abbino lo Sprint alla Difesa Affronta; in altre parole, premo contemporaneamente L2 + R2 quando affronto gli attaccanti. Il rischio di andare a vuoto è maggiore, ma è anche più efficace l’intervento se si è precisi.
Inoltre, è assolutamente fondamentale non premere mai il tasto del Contrasto: ormai da anni fa è più dannoso che efficace. La scivolata invece ogni tanto ha i suoi vantaggi.
Difesa passiva: Switch dietro
Non amo questo stile, ma non posso negare che sia funzionale, in particolare su next-gen.
Quando parlo di difesa passiva, intendo la tecnica di delegare la difesa dell’attaccante alla CPU sfruttando l’intelligenza artificiale introdotta su FIFA 23. Farlo è molto semplice: basta evitare di selezionare il difensore più vicino alla palla.
In questo modo, il difensore sarà condotto dal computer che segue l’attaccante con il pallone tra i piedi, mentre tu prendi il controllo del difensore vicino all’attaccante che pensi che riceverà il passaggio. Per rendere la tecnica più efficace, puoi anche usare il raddoppio (R1 su PlayStation; RB su Xbox).
I migliori difensori di FIFA 23
La lista dei migliori difensori cambia di mese in mese solitamente, in base alle nuove uscite, ma voglio comunque fornirti delle linee guida partendo dal presupposto che sono quattro le statistiche da controllare – in ordine di importanza:
Difesa: ovviamente più è alta, meglio è. In particolare, controlla Marcatura e Intercettazioni.
Stile di Corsa: il Lenghty è obbligatorio per i difensori centrali e rende anche i terzini più forti. Alcuni hanno questo stile di default; altri possono averlo applicando il giusto Tratto. Per sapere quale tratto usare, ti basta cercare il calciatore su Futbin (qui un esempio su Kalulu Future Stars).
Velocità: non deve essere troppo bassa (almeno sopra a 80).
Riflessi e Agilità: sono due caratteristiche del Dribbling, ma rendono il difensore molto più mobile e “automatico”.
Aiutano anche un’alta aggressività (Fisico), una propensione alla difesa alta e medio/bassa all’attacco.
Riassumendo: difensori centrali – e magari terzini – con una buona difesa, una buona velocità e fisicati (garantisce il Lenghty).
Queste le liste non esaustive di centrali e terzini.
Se c’è qualcosa che mi ha sempre affascinato particolarmente nel medium del videogioco rispetto a qualunque altro media, è l’attiva interazione con l’utente. Un film o un brano musicale, ad esempio, scorrono imperterriti a prescindere che un utente sia in grado di recepire il messaggio in quel dato momento. In quest’editoriale, cercherò di analizzare al meglio delle mie capacità portando degli esempi ritenuti illustri di cosa significhi davvero interagire con un videogioco, cercando di raccapezzarmi circa fino a dove è stata spinta la reciprocità del rapporto tra utente e software.
Videogiochi e Videogiocatori
Il medium videoludico (o quantomeno nella stragrande maggioranza delle sue declinazioni) per procedere necessita inderogabilmente di un individuo che vi si rapporti, compiendo delle determinate azioni affinché la narrazione possa proseguire.
Questo rapporto tra utente e software è sempre stato a tutti gli effetti il tratto caratterizzante del videogioco e, in quanto tale, è da semore grande motivo di studio e di sperimentazione da parte dei game designer più disparati. I risultati di tali esperimenti sono necessariamente variabili, eppure c’è da ammettere che quando il software riconosce il videogiocatore come entità fondante dell’esperienza, che questo sia esterno o interno alla narrazione, l’essere riconosciuto è sempre motivo di shock per l’utente. Il videogioco, quando abbatte la quarta parete, ci tira fuori dalla finzione rammentandoci del nostro ruolo nell’interazione e, in certi casi, se ben eseguito, tale escamotage finisce al contrario per immergerci ancora di più nella finzione.
Metal Gear Solid
Un esempio che è stato capace di distinguersi e di rimanere iconico nel tempo è sicuramente l’interazione con Psycho Mantis nel primo Metal Gear Solid. Poco prima dello scontro con il boss, durante una cutscene, questi mostrerà i suoi problemi -appunto- psichici leggendovi la memoria, elencando alcuni salvataggi presenti nella memory card.
Avviene dunque una strana simbiosi fra il giocatore ed il protagonista, in quanto durante il processo di “lettura dei ricordi” è implicito che i ricordi del protagonista coincidano con quelli del giocatore. Tuttavia, riconoscere il videogiocatore non si limita a includerlo nelle vicende del videogioco più o meno indirettamente come già sperimentava Kojima nel 1998.
Metal Gear Solid
Shadow of the Colossus
Appena nella generazione successiva, il 18 ottobre del 2005, Fumito Ueda rilascia sul mercato Shadow of the Colossus, oggi riconosciuto come un Cult da pubblico e critica specializzata. Pur essendo di per sé un action-adventure-puzzle game (rimarcando già allora quanto flebili e miscelabili fossero i generi in cui cerchiamo di far rientrare ogni possibile iterazione videoludica) si rifaceva in parte a quelli che erano gli stilemi già allora consolidati dei JRPG ma sublimandoli e portandoli all’esasperazione.
Era già ampiamente approvato che nei JRPG, a differenza di quanto avviene nei RPG di stampo occidentale, in cui l’utente interpreta personaggi blank su cui proiettare il personaggio che più si preferisce, nei giochi di ruolo provenienti dalla terra del sol levante, il videogiocatore è tenuto a impersonare un personaggio a sé stante con desideri e ambizioni proprie, indipendenti dalla volontà del giocatore, seppur delle scelte che abbiano un’influenza più o meno rilevante nella trama e che riguardino più da vicino l’utente siano sovente ben accette.
Shadow of the Colossus
In Shadow of the Colossus, si interpreta un personaggio di cui non si sa nulla, che abita un mondo altrettanto misterioso. Le informazioni date in mano al giocatore sono frammentate e sporadiche, capaci sì di far innamorare di quel mondo immaginario, ma la cui misteriosità tiene al contempo a debita distanza.
In questa iterazione, avviene esattamente l’opposto di quanto proposto da Kojima nello scontro con Psycho Mantis, il giocatore è tenuto ad identificarsi non più in una proiezione di sé che sfida la quarta parete, ma in un individuo di cui non conosce nulla, e per di più di cui non approva lo scopo finale.
L’intera missione di Wander (iconico protagonista del videogioco) è dalla dubbia moralità, e difficilmente può venire integralmente abbracciata dal giocatore: tutta l’esperienza è studiata affinché alla riuscita del nostro obiettivo, cioè quella di abbattere i suddetti colossi, il giocatore provi un ambiguo senso sì di gratificazione, ma comunque permeato di un controverso senso di colpa, da sentimenti di pura vergogna. Come se le azioni appena compiute fossero in qualche modo sbagliate, immorali, degenerate.
L’impegno del giocatore anche in questo caso è essenziale, in quanto come è stato evinto qualche paragrafo fa, la partecipazione del giocatore è fondamentale affinché il titolo possa proseguire nella narrazione. D’altro canto, però, lo sforzo in questo caso viene percepito come effimero,in quanto possiamo soltanto lasciarci trascinare dal flusso degli eventi, obbedendo alle regole imposteci da Ueda. È necessario che noi abbattiamo i prossimo titano, non importa quanto degenerato possa apparire ai nostri polpastrelli.
Hardware
Da allora sono stati numerosi i tentativi di modificare l’interazione diretta con il videogiocatore, coinvolgendolo più fisicamente con risultati dall’effetto decisamente variabili. Il primo esempio che giunge subito alla mente è senza dubbio l’esperimento di Xbox con il Kinect, che ha conosciuto decisamente poca fortuna sopratutto se confrontato ai ben più illustri Wiimote di Nintendo, da cui Microsoft ha certamente preso spunto.
In verità, la ricerca di un esperienza del genere ha radici ben più profonde con il fallimento che fu il Virtual boy, o i curiosi esperimenti di Playstation2 come Buzzo la dimenticata EyeToy. Ma oggi, grazie ai visori per la realtà virtuale, abbiamo conosciuto un tipo d’interazione che sfida i metodi classici di approccio al videogioco, pur senza snaturarlo del tutto.Senza però dover ricorrere a modifiche di natura Hardware, alcuni titoli dalla matrice più “tradizionale” sono stati in grado di riproporre in maniera più moderna alcuni tropes dell’interazione tra videogiocatore e videogioco di cui abbiamo discusso.
The Last of Us Part I
Primo tra tutti, The Last of Us Part I, che notoriamente costringe il giocatore a impersonare un individuo dall’indole violenta temprata da atroci sofferenze. In un colpo di scena ben congeniato e preparato, l’utente è nuovamente costretto a compiere delle azioni vergognose e immorali (per quanto riguarda ciò che definiamo come moralità oggi), di cui non condivide l’esito, eppure la sua unica possibilità è quella di procedere nell’esecuzione dei comandi, percependo come, questa volta, al contrario di quanto siamo troppo spesso portati a credere, è il videogioco a guidare il videogiocatore, lasciando scivolare l’inganno per cui è il videogiocatore a guidare le sorti dell’avventura.
Queste interazioni ci ricordano che non è così, anzi, nessuna scelta che possiamo compiere, nessuna strada che possiamo intraprendere non è già stata contemplata dal codice del software. Al videogiocatore non resta che l’illusione del controllo.
I videogiochi, infatti, illudono soltanto di poter compiere una scelta, The Last of Us Parte I lascia coraggiosamente cadere la maschera e ci insegna come le azioni compiute fino ad allora non fossero frutto della nostra volontà come giocatori, ma al contrario che noi non siamo che il mezzo attraverso cui la storia si protrae.
The Last of Us Part I
The Stanley Parable insegna che l’interazione è tutto
David Wreden con The Stanley Parable, segna un punto di svolta nel discorso attorno al videogioco, abbattendo formalmente l’idea protrattasi negli anni per cui nei videogames, la volontà del videogiocatore è direttamente chiamata in causa.
Compiere delle scelte in grado d’influenzare le vicende non è infatti compito dell’utente finale, bensì di chi il software lo sviluppa e decide come e quando dare la possibilità al giocatore di sentirsi protagonista, di sentirsi influente. Tutti i possibili esiti sono già stati previsti e collaudati.
Cosa rimane dunque al videogiocatore? Se ogni possibile conclusione è già ampiamente determinata a priori, qual è la funzione di compiere una scelta? Chiaramente in (quasi) nessun altro media ci si aspetta che la propria influenza abbia un impatto così rilevante, per cui anche solo godersi la narrazione proposta è una valida soluzione.
D’altronde non sono neppure tutti i giochi a suggerire all’utente che la sua partecipazione è determinante. Molti titoli definiti a ragione lineari si aspettano che le azioni del giocatore abbiano impatto solo durante la fase di gameplay, o magari il gameplay è l’unico elemento portante dell’esperienza. Tuttavia, al fine di godersi l’esperienza al massimo, è talvolta necessario dimenticare tutti i discorsi e le sovrastrutture che abbiamo imparato a riconoscere, e lasciarci al contrario travolgere da delle avventure davvero in grado di farci sentire protagonisti.
Dopo aver presentato tutti i videogiochirelativi all’universo Dune, focalizzerò ora l’attenzione sul variegato mondo dei giochi da tavolo, sempre relativo all’amato e immenso Duniverse. Allacciate le cinture, prendete un po’ di spezia e partiamo!
Il puro piacere dell’invenzione e della narrazione ad altissimo livello
Isaac Asimov
Dune – Avalon Hill, 1979
Il capostipite dei giochi da tavolo su Dune, primo e inconfondibile. Nel 1979, Avalon Hill pubblicò la prima edizione di Dune, un gioco da tavolo per 2-6 giocatori dai 12 anni in su della durata variabile stimata fra le 2 e le 4 ore.
Questa edizione ha sulla scatola l’immagine del vermone (Wurm box), immagine di pura fantasia dato che all’epoca non era ancora uscito il film di Lynch. Nel 1984 uscì la seconda edizione: il gioco era identico ma sulla scatola campeggiava la The Sting Cover (ispirata al film). Dello stesso anno sono due espansioni inedite, Spice Harvest e The Duel.
Dune, copertina “Wurm” prima edizione (1979)
Ogni giocatore interpreta una fazione politica tra le sei disponibili e dispone di venti unità di combattimento, cinque leader di differente forza e precise peculiarità di fazione.
La plancia del gioco rappresenta il pianeta Arrakis, diviso in sezioni radiali, ove sono presenti territori sabbiosi, terreni rocciosi e cinque fortezze. Nei territori sabbiosi si effettua la raccolta della Spezia (ma sono pericolosi a causa dei Vermi), le zone rocciose permettono di ripararsi dalle tempeste, mentre le fortezze sono da conquistare per vincere la partita (ma favoriscono anche i movimenti delle unità).
Ecco una veloce panoramica al funzionamento dei turni:
la tempesta di sabbia si muove e distrugge le truppe allo scoperto;
scoperta di un nuovo cumulo di Spezia (su zone sabbiose) o comparsa di un Verme su uno già presente;
asta cieca delle carte Tradimento;
sbarco delle truppe dallo spazio su un terreno a propria scelta (si paga spezia al giocatore che ha la Gilda Spaziale; i Fremen non sbarcano);
spostamenti delle truppe sul pianeta in aree adiacenti (si paga spezia al giocatore che ha l’Imperatore);
fase conflitto nelle aree in cui ci sono unità di fazioni differenti (e non alleate).
Al combattimento contribuiscono oltre alle unità anche i leader e le Carte Tradimento. Può influire anche la presenza di un proprio Traditore (scelto a inizio partita) nelle file avversarie. Chi perde elimina tutte le sue truppe, il vincitore solo quelle ingaggiate nello scontro.
Come già indicato, vince la fazione che controlla tre fortezze, da soli o in alleanza. Esistono però anche altre condizioni di vittoria dettate dalle fazioni giocate: per esempio le Bene Gesserit vincono se la loro predizione iniziale sul vincitore si rivela corretta.
Il gioco è antico, ma è ancora molto apprezzato, e rappresenta un vero must per gli appassionati di giochi da tavolo, in particolare per gli amanti di Dune.
Dune: un gioco di conquista, diplomazia e intrighi – Gale Force Nine, 2019
Dune: un gioco di conquista, diplomazia e intrighi
Fotocopia o quasi del primo Dune, una vera e propria riproposta moderna del medesimo gioco da tavolo. Il regolamento è stato rivisto in minima parte, la grafica aggiornata e le carte sono colorate e di maggiori dimensioni… ma non si è fatto molto di più.
Nel 2020 è uscita l’espansione Dune: Ixians & Tleilaxu che aggiunge due nuove fazioni e qualche nuova meccanica.
Nel 2022 viene pubblicata l’ulteriore espansioneDune: CHOAM & Richese con altre due fazioni, un paio di varianti e abilità da assegnare ai leder.
Il gioco base è stato anche localizzato in italiano.
Dune: un gioco di conquista e diplomazia – Gale Force Nine, 2022
Dune: un gioco di conquista e diplomazia (ma senza intrighi)
Versione “short” del classico gioco di Dune. Sempre per lo stesso editore viene presentato un gioco ancora simile ai precedenti, ma alleggerito e compresso (del resto, dal titolo si nota che manca la parola “intrighi”): si gioca in 2-4 giocatori per una durata di 30-60 minuti.
Anche questo titolo è stato tradotto e pubblicato in italiano.
Dune Betrayal – Gale Force Nine, 2021
Dune Betrayal
Gioco diverso dai precedenti, veloce e per un alto numero di giocatori. Sempre dello stesso editore, questo titolo è ancora più veloce e con meno regole. Il gioco può essere avvicinato quasi a un party game (seppur non per neofiti), dato che i giocatori possono essere da 4 a 8 e la partita ha una durata contenuta di 20-40 minuti.
Nel gioco ci sono solo due fazioni (Atreides vs Harkonnen) e i giocatori riceveranno carte identità che segretamente li schiereranno per una delle due. Durante le fasi del gioco si dovrà cercare di identificare i propri alleati e i propri nemici, dispensando difese e aiuti ai primi e attaccando senza pietà i secondi. Ciascun giocatore alla fine accumulerà o perderà punti per la propria casata e, sommando tutti i risultati, un indicatore si sposterà di un certo numero di posizioni, come fosse l’ago di una bilancia. La fazione che sottostà all’indicatore sarà quella vincente.
Squadra e diritti vincenti non si cambiano e quindi, anche per questo gioco, è disponibile la versione in italiano.
Dune Imperium – Dire Wolf, 2020
Opera con diverse meccaniche note, ma ben miscelate. Il risultato è un bel gioco da tavolo su Dune con la grafica ispirata ai film di Villeneuve. L’età consigliata è dai 14 anni in su (anche 12 secondo me) e si può giocare con 1-4 giocatori per partite della durata di circa 2 ore.
Dune Imperium
Questo gioco voglio spiegarvelo un po’ nel dettaglio dato che l’ho intavolato spesso e volentieri.
Ogni giocatore interpreta il leader di una delle quattro casate nobiliari presenti nel gioco (due leader per ognuna di esse fra cui scegliere) e ciascuno ha un paio di poteri speciali, uno passivo e uno che si attiva con la speciale carta “anello con sigillo” della propria famiglia.
Una delle meccaniche principali è quella del “deck building”: all’inizio ogni giocatore ha lo stesso mazzo di carte, ma poi può acquistarne di nuove, aggiungendole o sostituendole ad altre, costruendo al meglio il proprio motore di gioco.
L’altra meccanica più importante è quella del “piazzamento lavoratori”, nel caso di Dune parliamo di agenti. Questi possono essere inviati in modo esclusivo sulle caselle del tabellone per ottenerne i benefici: accumulare denaro (solari); raccogliere spezia; reclutare e schierare truppe (utili in fase battaglia); ottenere vantaggi e influenza presso i percorsi relativi a Impero, Gilda Spaziale, Bene Gesserit e Fremen, pescare carte, etc. Per piazzare gli agenti su un certo luogo occorre giocare dalla propria mano una carta che ne riporta il simbolo (sperando di averla!) e a volte è anche necessario pagare un certo costo in risorse (acqua, spezia, solari, carte).
Terminata la fase di piazzamento, si passa a quella di rivelazione: tutte le carte ancora in mano al giocatore vengono rivelate ed è possibile ottenere due effetti principali (ma ce ne sono anche altri). Si possono cumulare punti persuasione per comprare altre carte per il proprio mazzo e collezionare “spade”, utili per la fase di combattimento.
In base alle truppe schierate e alle spade accumulate ogni giocatore determina il proprio punteggio di forza (si possono anche giocare carte intrigo per scombussolare i punteggi): chi ha più forza vince lo scontro e ottiene dei benefici riportati sull’attuale carta combattimento (che cambia ogni turno di gioco). In base al numero di giocatori sono previsti anche premi minori per chi è sceso in battaglia ma non ha vinto.
Poi seguono un paio di fasi meccaniche per resettare e preparare il turno successivo e il gioco si ripete fin quando uno o più giocatori hanno superato 10 punti vittoria, oppure non ci sono più carte combattimento per cui scontrarsi. Chi fa più punti vince.
I punti vittoria possono essere accumulati in vari modi: con i combattimenti; comprando specifiche carte; procedendo lungo i percorsi relativi alle fazioni o aggiunti a fine partita per mezzo di specifiche carte intrigo.
Il gioco base è stato localizzato in italiano ed è da poco stata pubblicata in italiano anche la prima espansione (L’Ascesa di Ix). Una ulteriore espansione (Immortality) è in uscita in inglese e probabilmente sarà anch’essa tradotta nella nostra lingua.
Risorse digitali
Dune Imperium per Tabletop Simulator
Per giocare in 1 o 2 giocatori ci si avvale di un mazzo di carte (Casa di Hagal) che gestisce gli avversari: online è reperibile un’app capace di sostituirlo. Anche per PC (passando da Steam e installando Dire Wolf Game Room) si trova un’applicazione gratuita ben pensata: oltre a gestire il mazzo dell’automa, prevede anche due varianti di gioco ulteriori non previste nel gioco da tavolo (Esploratori di Arrakeen e Blitz!).
Seppure non esistano digitalizzazioni ufficiali del gioco da tavolo, è possibile intavolare il gdt a livello virtuale grazie a Tabletop Simulator – di cui abbiamo parlato nel nostro articolo dell’evoluzione digitale dei giochi da tavolo – e a un workshop gratuito ben scriptato (seppur con alcuni bug). Al momento la versione online include anche l’espansione L’Ascesa di Ix.
Dune: War for Arrakis – CMON, fine 2023
Autori italiani, due fazioni, chili di miniature e ambientazione sentita. Dune: War for Arrakis è un gioco di guerra da tavolo asimmetrico 1 contro 1 (ma è per 1-4 giocatori) della durata di circa due ore e dai 14 anni in su.
Il titolo è stato finanziato con successo su Kickstarter e prodotto da CMON, partorito dalle menti italianissime di Marco Maggi e Francesco Nepitello.
La versione fisica del gioco dovrebbe uscire solo entro la fine del 2023 e quindi la prova sul campo è da rimandare, ma gli sviluppatori hanno fatto la mossa incredibilmente interessante di rilasciare il gioco gratuitamente su Tabletop Simulator durante la campagna kickstarter: questo per consentire a tutti di provarlo e valutare meglio se sostenere oppure no il progetto.
Dune: War for Arrakis per Tabletop Simulator
Il gioco presenta molte meccaniche interessanti e trasuda l’ambientazione creata da Frank Herbert; inoltre, risulta essere una nuova versione del precedente gioco 1 contro 1 asimmetrico di CMON, War of the Ring; quest’ultimo èambientato in modo simile nell’universo de Il Signore degli Anelli ed è apprezzatissimo dai giocatori.
Questi interpretano una delle due fazioni: la casa Harkonnen o la casa Atreides. Gli Atreides presentano i protagonisti del primo romanzo, che utilizzano le carte preveggenza per rievocare scene della storia e fare punti per vincere. Hanno il controllo sui potenti vermi delle sabbie di Arrakis e sono resistenti ai duri elementi naturali del pianeta. Gli Harkonnen sono i cattivi, inviano veicoli nel deserto per raccogliere la spezia e mirano a sterminare tutte le basi degli Atreides. Essi ottengono molte più azioni in un turno e hanno una potenza militare maggiore.
Una delle meccaniche principali è legata ai dadi azione che inseriscono alea, che aumenta, lato Atreides, grazie alla pesca casuale delle carte prescienza da soddisfare. Questi elementi pare abbiano creato un po’ di malcontento nella community dei giocatori; altri invece hanno rivelato che, a prescindere dai gusti personali, il problema è solo superficiale.
La curva di apprendimento del gioco è ripida, ma provando e riprovando non solo si riesce a capire come limitare l’alea e a compiere mosse interessanti anche quando i dadi o le carte non collaborano, ma addirittura si possono sviluppare strategie adeguate a contrastare l’avversario. A conti fatti, al momento pare che sia più difficile giocare in modo adeguato la fazione degli Atreides, ma molti giocatori hanno veramente gustato i numerosi dettagli del gioco (per esempio forze e debolezze dei leader) che sono spalmati assai bene sull’immaginario di Herbert.
Dune: i segreti della casa (Detective) – Portal Games, 2021
Dune: i segreti della casa
Gioco su Dune che ricalca le meccaniche della serie di giochi da tavolo “Detective: sulla scena del crimine”.
Seppur uscito sul mercato nel 2021, solo da fine 2022 è disponibile anche in italiano. Il gioco è un cooperativo per 1-5 giocatori che prevede un Prologo e tre Capitoli, ciascuno della durata di 2-3 ore.
Il gioco è il primo episodio di una trilogia e anch’esso è ispirato al famoso film di Villeneuve.
In questo gioco d’avventura story-driven profondamente tematico, i giocatori sono dei ribelli che combattono le macchinazioni della Casa Harkonnen. Per riuscire nell’intento, capitolo per capitolo dovranno raggiungere degli obiettivi, seguire piste e scoprire vari segreti.
Esistono varie risorse (limitate) fra cui la più importante è il tempo, da sfruttare al meglio per poter affrontare un determinato capitolo. Il tempo non sarà mai sufficiente per fare tutto quello che si vorrebbe e quindi sarà necessario prendere decisioni e concentrarsi solo su alcuni elementi offerti dalla storia.
Alla fine di ogni capitolo, giocato in modo collaborativo e con classici componentifisici, il gioco prevede di stilare un rapporto e consultare e usare risorse digitali (un sito web) ove impostare la linea ribelle con elementi che influiranno la storia e gli avvenimenti del capitolo successivo.
A fine capitolo si potranno anche spendere i punti esperienza accumulati per ottenere nuove abilità per i personaggi giocanti e per i comprimari alleati.
Sulla carta non si vince e non si perde, anche se nel terzo capitolo esiste un tracciato relativo ai Punti Vittoria, ma si coopera per sviluppare una storia intrigante e coinvolgente… in linea con i princìpi basilari del gioco di ruolo.
I capitoli possono essere rigiocati per esplorare strade diverse (resettando la precedente run), ma quando vengono tutti completati, si avrà accesso a una specifica storia conclusiva di grande impatto, capace poi di influenzare in modo radicale i successivi giochi della trilogia.
Forspoken è una buona avventura 3D ma non riesce ad essere nulla di più. L’esplorazione è nel complesso interessante e ben fatta. I combattimenti, per quanto spettacolari, non mancano di sbavature e imprecisioni che ne pregiudicano la riuscita. Il comparto tecnico, infine, pur presentando un’ottima grafica e un sonoro sopra la media, non risulta essere superiore a molti altri titoli simili presenti su PS5. Davvero un peccato!
7
Da pochi giorni è finalmente disponibile per tutti i possessori di Playstation 5 la nuova fatica di Square-Enix: Forspoken.Il gioco rappresenta il debutto di Luminous production, team interno a Square,che si è occupato dello sviluppo del gioco.
L’uscita di Forspoken è stata piuttosto travagliata. Conosciuto inizialmente come Project Athia, il gioco sarebbe dovuto uscire il 24 maggio 2022, ma è stato più volte posticipato fino alla sua uscita effettiva, avvenuta nel 24 gennaio 2023.
Fin dalle prime fasi di sviluppo, Fospoken prometteva di essere la prima vera avventura di nuova generazione, con un comparto tecnico e grafico in grado di sfruttare al massimo le capacità di Playstation 5. Sarà stato in grado di mantenere le promesse?
Frey, la nostra eroina, ha il brutto vizio di cacciarsi spesso nei guai.
Frey nel paese delle meraviglie
All’interno di Forspoken vestiamo i panni di Alfre Holland, meglio nota come Frey. La giovane orfana afroamericana vive nel malfamato quartiere newyorkese di Hell’s Kitchen, con la sola compagnia della gatta Homer. Come apprendiamo presto, Frey ha la brutta abitudine di inguaiarsi con la giustizia e di frequentare pessime compagnie.
Trovatasi con le spalle al muro, Frey decide di affidare la sua amata compagna a una giudice magnanima per regolare i conti con la gang che l’ha presa di mira. Proprio in questo frangente, la giovane si imbatte in un bracciale dorato, che, una volta entrato in contatto con lei, spalanca un misterioso portale simile ad uno specchio.Vinta dalla curiosità, Frey, come una novella Alice, entra nel portale, ritrovandosi intrappolata nel mondo medievaleggiante di Athia.
Attraverso lo specchio
Qui la ragazza si accorge presto di non essere sola. Il bracciale che aveva trovato, da lei battezzato Cuff (bracciale in inglese), è infatti dotato di vita propria e inizia a comunicare con la mente di Frey, divenendo il suo compagno più stretto nel corso dell’avventura.
La protagonista si rende conto anche di possedere incredibili poteri magici, che le risultano subito indispensabili per difendersi dalla fauna locale, composta da creature mostruose e pericolose. La ragazza raggiunge quindi il villaggio di Cipal, principale centro abitato del mondo di Forspoken. Qui Frey viene accolta con ostilità e apprende che gli abitanti del mondo di Athia non se la passano per nulla bene.
Le Tantas rappresentano, almeno all’inizio, le principali antagoniste di Forspoken.
Lo strano mondo è infatti da diverso tempo affetto da un miasma venefico, denominato Rovina, in grado di trasformare ogni essere che entra in contatto con esso in una creatura pericolosa ed aggressiva. Stranamente, però, Frey sembra totalmente immune al fenomeno.
Come se ciò non bastasse, le Tantas, sorta di matrone magiche considerate le protettrici del mondo, da qualche tempo sembrano essere impazzite e sono diventate violente verso la pololazione, già tormentata dalla Rovina.
Entrata in conflitto con una delle Tantas, Frey, accompagnata dal suo nuovo amico Cuff e dalle fide scarpe da ginnastica, incomincerà un viaggio nel misterioso mondo di Athia, per mettere fine alla minaccia delle Tantas e riuscire in qualche modo a tornare a casa.
Una compagnia piacevole
La trama di Forspoken, pur non facendo gridare al miracolo per originalità, è scorrevole e nel complesso piacevole. Il gioco è ricchissimo di riferimenti ad Alice nel paese delle meraviglie e concentra molto l’attenzione su Frey e sulla sua crescita.
Da ragazza burbera, aggressiva e poco propensa a prestare attenzione al prossimo, Frey nel corso del viaggio diventa una donna matura e inizia a capire l’importanza della cura per l’altro e del senso del dovere. La storia del gioco procede in maniera abbastanza lineare e scorrevole, con l’eccezione di una grande rivelazione cha avviene verso la fine della storia.
Molto apprezzabili i dialoghi, che spesso mettono in risalto la distanza tra gli abitanti di Athia, uniti tra loro dalla sofferenza e dal desiderio di un domani migliore, e la durezza di Frey, disillusa da una vita di abbandono e disinteresse.
Anche il rapporto tra Frey e Cuff funziona molto bene, proponendo sia siparietti comici molto gradevoli, sia riflessioni più profonde ed interessanti. Come ci auguravamo esaminando la demo, Square sembra essersi ispirata al personaggio di Grimoire Weissdella saga di Nier, la cui voce ricorda molto da vicino quella di Cuff.
Bello ma non troppo
I paesaggi di Forspoken spesso risultano un po’ troppo vuoti.
Dal punto di vista tecnico, Forspoken non riesce purtroppo a mantenere le (alte) aspettative che lo accompagnavano. Il gioco, infatti, pur presentando una grafica davvero bella e pulita, non si distacca in maniera netta da altri titoli dello stesso genere.
Intendiamoci, il Luminous Engine fa un ottimo lavoro. I luoghi che Frey visita, risultano sempre di ottima fattura. Anche la città di New York, presente in alcune sezioni del gioco, è stata ricostruita in maniera davvero ottima.
Tuttavia non si avverte mai alcun reale salto di qualità rispetto a giochi come Horizon: Forbidden West o Elden Ring. Lo stesso discorso vale per i personaggi, molto realistici nelle fattezze e nelle animazioni, ma non in grado di stupire in maniera particolare.
Per quanto riguarda i nemici invece, come già osservato nella demo, Forspoken si rivela piuttosto deludente. Le creature che affronteremo, infatti, siano esse belve, persone corrotte dalla Rovina o veri e propri mostri, non impressionano particolarmente e sembrano essere piuttosto banali e stereotipati.
Un plauso va fatto invece ai combattimenti, che spesso coinvolgaoo un numero altissimo di nemici. Anche nelle fasi più concitate, il gioco riesce sempre a mantenere un’ottima fluidità, senza evidenti rallentamenti o cali di frame.
Il comparto tecnico di Forspoken colpisce in positivo, ma non riesce ad eccellere.
Un sonoro davvero meritevole
Una nota estremamente positiva è il sonoro. La musica di Forspoken, curata da Bear McCreary e Gary Schyman, presenta brani davvero piacevoli e coinvolgenti. In particolare, risulta davvero azzeccata e d’atmosfera l’alternanza di musica classica di stampo epico con una serie di tracce più ritmate ispirate alla musica beat.
Che si tratti di accompagnare feroci combattimenti, tragici momenti di introspezione o grandi colpi di scena, il sonoro di Forspoken non si fa mai trovare impreparato e le varie tracce calzano sempre a pennello. Una particolare menzione meritano i motivi che fanno da sottofondo agli scontri coi boss, davvero potenti e coinvolgenti.
Un gameplay tra alti e bassi
L’esplorazione è forse l’aspetto più piacevole di Forspoken
Forspoken è una classica avventura 3D open world. Dopo le prime due ore di gioco, che trascorrono con una narrazione estremamente lineare e senza particolari possibilità di esplorazione, Frey ha la possibilità di muoversi liberamente lungo l’enorme mappa del mondo, lasciando al giocatore la possibilità di decidere se dedicarsi alla storia principale o esplorare liberamente i dintorni alla ricerca di potenziamenti o nuovi equipaggiamenti.
L’esplorazione è resa davvero veloce e scorrevole da quella che è di fatto l’aspetto più interessante di Forspoken, ovvero il parkour magico. Come detto in precedenza, Frey scopre di essere dotata di poteri magici. Questi non le servono solo per combattere, ma le forniscono anche diverse abilità in grado di facilitare i suoi spostamenti. La prima di esse le consente di correre a velocità elevatissima superando gli ostacoli più semplici, fiondandosi da un dirupo all’altro come in una spericolata corsa ad ostacoli.
Occorre tuttavia fare attenzione, almeno all’inizio, a non abusare di queste abilità. Esse infatti portano Frey a consumare rapidamente il suo mana, obbligandoci ad attendere il suo ripristino ed esponendoci a eventuali attacchi nemici. Col proseguo dell’avventura, la protagonista, oltre ad aumentare il mana a disposizione, va a sbloccare nuove capacità, tra cui la possibilità di scivolare sull’acqua, di appendersi con fruste di fuoco alle sporgenze e di compiere balzi altissimi. Per questo motivo è consigliabile attendere l’ottenimento di tutte queste abilità per dedicarsi seriamente all’esplorazione.
Un mondo vasto ma vuoto
La mappa di gioco è davvero chiara e ben strutturata, anche se un po’ spoglia…
A differenza di quanto pensato osservando la demo, Forspoken non è composto da una serie di macro aree esplorabili progressivamente, ma da un’unica grande mappa, che contiene tutti i domini delle quattro Tantas. Pur essendo caratterizzati da atmosfere e colori differenti, in linea con quelli delle loro dominatrici, le aree di gioco tendono ad avere molti elementi in comune, cosa che creerà un certo senso di ripetitività.
Ad accrescere questa sensazione contribuisce la scelta, non troppo ispirata, di lasciare un solo centro abitato ad Athia. Ad eccezione del villaggio di Cipal, infatti, tutte le città del gioco sono deserte, eccezion fatta per le guardie delle Tantas, le quali saranno ben poco disposte a scambiare due parole con noi. La sensazione di vuoto e solitudine viene in parte mitigata dagli spassosi dialoghi con Cuff e, fortunatamente, non va ad intaccare la bellezza dell’esplorazione. Sarebbe però stato davvero bello poter esplorare altri centri abitati, magari con abitanti dotati di abiti e tradizioni differenti.
La mappa di gioco è chiara e ben realizzata e permette di inquadrare facilmente i nostri obiettivi e di farci un’idea precisa sia dei luoghi che vogliamo visitare sia dell’ordine con cui farlo. Le nostre mete principali saranno i rifugi, che consentono di sbloccare nuovi incantesimi e viaggi rapidi, i labirinti segreti, in cui possiamo affrontare varie ondate di mostri fino a sbloccare gli oggetti contenuti in fondo al dungeon e i campanili, che rivelano le porzioni della mappa ancora ignote.
Un combat system non sempre all’altezza
Il combat system è forse la parte più debole del gioco.
L’aspetto parso meno convincente di Forspoken sono i combattimenti. Per difendersi dalle creature di Athia, Frey ha a disposizione un nutrito set di magie, suddivise in incantesimi di attacco e di supporto. Gli incantesimi sono ulteriormente divisi in quattro colori diversi, uno per ogni elemento, cioè terra, fuoco, acqua e fulmine.
Con l’eccezione della magia del fuoco, più adatta al combattimento ravvicinato, gli altri set di incantesimi sono parsi davvero troppo simili tra loro. Le magie infatti si limitano spesso a scagliare proiettili di vario tipo contro i nemici, con effetti nemmeno troppo diversi. L’unico aspetto che ci porta a scegliere se ricorrere a un set o all’altro è la debolezza dei vari nemici ad uno specifico elemento.
Anche gli incantesimi di supporto appaiono davvero poco sfruttati e si limitano spesso a creare esplosioni o altri effetti offensivi, spesso nemmeno troppo dissimili dalle magie di attacco vere e proprie. Sono pochi gli incantesimi realmente differenti, con proprietà curative o che abbiano effetti originali o particolarmente utili.
Ogni incantesimo d’attacco può essere caricato mantenendo premuto il pulsante dedicato, generando un effetto più potente ed efficacie. Tuttavia spesso gli scontri si risolvono in un lancio continuo di incantesimi e in tentativi spesso maldestri di schivare gli attacchi nemici.
Difesa da rivedere
La fase difensiva, che già aveva suscitato diversi dubbi durante la demo, ha purtroppo confermato vari punti deboli. Durante gli scontri, infatti, non è possibile né parare gli attacchi né effettuare delle schivate “perfette” (scelta davvero strana, visto che questo tipo di azione sarebbe stato adattissimo al personaggio di Frey…).
Gli attacchi dei nemici infatti vengono parati automaticamente da Cuff, a patto di disporre del mana necessario. Con la pressione del tasto triangolo nel preciso momento in cui saremo colpiti genereremo un contrattacco magico, in grado di sbalzare via i nemici e di far recuperare energia a Frey.
Questa meccanica non è parsa particolarmente funzionale, poiché rischia di essere abusata negli scontri semplici e di rivelarsi inutile contro i nemici più coriacei, i cui attacchi non possono essere bloccati ed obbligano a schivate continue e spesso goffe. Alcuni scontri, in particolare quelli coi nemici più grossi e coriacei, risultano davvero lunghi, ripetitivi e frustranti.
Nel complesso, il combat system risulta pieno di buone idee e ragionevolmente coinvolgente, ma ha davvero troppi punti deboli. Intendiamoci, le battaglie di Forspoken restano molto fenetiche e visivamente sono davvero spettacolari, ma con una di cura maggiore avrebbero potuto essere molto più divertenti ed appaganti.
Gestione superflua
La gestione dell’equipaggiamento in Forspoken sarà utile ma non fondamentale.
Un aspetto molto importante di Forspoken è la gestione delle abilità di Frey e delle sue statistiche. Come abbiamo già detto, nel corso dell’avventura, Frey può sbloccare molti nuovi incantesimi, che vanno prima scoperti col proseguo della storia o leggendo i libri di magia sparsi per il mondo e successivamente sbloccati spendendo il nostro mana. Potssiamo accumulare mana sia sconfiggendo i nemici, sia svolgendo le missioni sia semplicemente raccogliendolo dalle apposite fonti lungo la mappa.
La gestione delle nostre statistiche e abilità passive è invece riservata alla scelta dell’equipaggiamento, composto da mantello, collana e unghie. Ognuno di questi oggetti ci fornisce particolari abilità e può essere personalizzato (ad eccezione delle unghie). Possiamo potenziare il nostro equipaggiamento ai rifugi grazie ai materiali collezionati durante il corso del gioco.
C’è da dire che, ad eccezione dello sblocco dei nuovi incantesimi, nessuno di questi oggetti sembra impattare in modo così decisivo, almeno per quanto riguarda lo svolgimento della trama principale (ho completato il gioco con a disposizione un numero davvero esiguo di mantelli, collane e unghie).
Tante ore extra
Il diario e i menù di Forspoken sono davvero chiari, completi e precisi.
La storia principale di Forspoken si svolge nell’arco di 12 capitoli (più un treidcesimo dedicato all’endgame). Per raggiungere i titoli di coda, almeno al livello di difficoltà più basso, saranno sufficienti poco più di una decina di ore.
Tuttavia il cuore di questo gioco, come per ogni avventura open world, risiede nella bellezza della scoperta e dell’esplorazione. Frugare ogni angolo di Althia, completare ogni missione secondaria e scoprire ogni mistero della trama porta a moltiplicare il tempo effettivo di gioco, donando a Forspoken una longevità più che buona.
Merita un plauso anche il menù del gioco, davvero chiaro, ricco e piacevole da consultare, che consente di fare sempre il punto della situazione in modo semplice e di tenere traccia di tutte le missioni secondarie (qui denominate deviazioni) che si stanno affrontando.
A questo proposito: il numero di attività da svolgere è davvero elevatissimo. Si va dalle semplici missioni che ci affidano gli abitanti di Cipal alla ricerca dei famigli delle quattro Tantas (che andranno addomesticati tramite un semplice minigioco) fino all’apertura di particolari forzieri bloccati da serrature magiche che possono essere sbloccate risolvendo alcuni rompicapo.
La maggior parte delle missioni, però, ruota intorno ad una serie di combattimenti, a volte con particolari condizioni da soddisfare (proteggere gli abitanti del villaggio, piuttosto che vincere in un dato tempo). Questo crea alla lunga una certa monotonia, che non sempre Forspoken è in grado di evitare.
Conclusione
Forspoken è sicuramente un buon titolo, ma non riesce ad essere nulla di più.
Tirando le somme: la sensazione più forte che si prova giocando a Forspoken è quella di trovarsi di fronte ad una grande occasione mancata. L’opera di Square-Enix non è assolutamente un brutto titolo, anzi l’avventura ha un ottimo comparto tecnico, una buona trama, è ragionevolmente divertente e anche discretamente appassionante.Ma non riesce ad essere nulla di più.
Tutte le sbavature del gameplay, la quasi totale mancanza di NPC e la ripetitività delle varie situazioni appesantiscono l’esperienza di gioco, penalizzando il risultato finale. Inoltre, le attese per questo titolo erano davvero alte e le promesse di un’avventura che mostrasse un vero salto di qualità nel panorama dei giochi ps5 erano altrettanto roboanti.
Purtroppo, come già detto, gran parte di queste aspettative sono state disattese. Eccezion fatta per il sonoro, infatti, Forspoken non riesce assolutamente ad elevarsi in modo significativo rispetto all’affollato panorama degli open world e il suo comparto grafico, pur restando di ottima qualità, non è in grado di far raggiungere al titolo Square alle vette promesse.
Davvero un peccato! Consigliamo comunque il gioco a tutti gli appassionati del genere, raccomandando però di non aspettarsi un capolavoro assoluto o una pietra miliare del genere, ma solo una buona avventura con cui trascorrere molte divertenti ore.
Ah gli italiani! Popolo di navigatori, amanti ma soprattutto allenatori di calcio! Ammettetelo: quante volte vedendo la vostra squadra del cuore giocare, avete perlomeno pensato: «Io avrei spostato questo giocatore qui, io avrei inserito questo o quel giocatore, più pressing, meno pressing, forza di contropiede!». Ebbene, fortunatamente non tutti siamo allenatori, altrimenti sarebbe un problema, ma a soddisfare la nostra voglia di calcio ci pensa il nostro amato mondo digitale.
Oltre ai complessi gestionali per PC, abbiamo a disposizione anche ottimi manageriali di calcio su piattaforma mobile, che ci permettono di portare la nostra passione con noi grazie al nostro smartphone e scatenarla ovunque ci troviamo.
In questo articolo, passeremo in rassegna quello che di buono ci offrono gli store soffermandoci in particolare sui migliori tre videogiochi manageriali di calcio per mobile.
Calcio in mobilità
Doverosa premessa: non ci possiamo esimere dal consigliarvi anche – e soprattuto – titoli free to playcon acquisti in app, poiché il contesto mobile è fortemente incentrato sulle microtransazioni. Del resto, i videogiocatori di titoli calcistici non dovrebbero scandalizzarsi dato che i giochi più importanti del genere, FIFA ed eFootball, vivono di pay-to-win.
Oltre ai tre titoli che trovate qui sotto, degni di menzione sono: Pro11, PES Club Manager, Soccer Manager, Football Management Ultra e New Star Manager.
Online Soccer Manager
OSM è un gioco che si distingue per avere le licenze ufficiali di giocatori e squdre. La grafica è stile fumettoso, anche se nel giorno della partita la visualizzazione è solo testuale, con schede che riportano statistiche e icone per sostituire giocatori e cambiare formazione e/o tattica.
Nel reparto tattico si può scegliere lo stile di gioco, le tattiche reparto per reparto, il tipo di marcatura, pressing, tipo di contrasti e ritmo partita. Insomma, un pacchetto abbastanza standard.
Gli allenamenti sono “gestiti” dai preparatori, uno per ogni profilo: portieri, difensori, centrocampisti e attaccanti. Un tipo di allenamento questo, per quanto mi riguarda abbastanza limitante. Abbiamo il mercato, una lista di trasferimento di giocatori più o meno costosi, in base al nostro budget. Non ci sono margini di contrattazione: se si dispone della cifra il giocatore metterà a servizio della propria squadra le sue abilità.
Esiste anche una valuta di gioco, che può essere acquistata con soldi reali e che garantisce vantaggi come, ad esempio, incrementare il proprio fondo ingaggi. Abbiamo inoltre la sezione scout, dove possiamo inserire le caratteristiche dei giocatori da ricercare, che verranno trovati poi in giro per il mondo e proposti al videogiocatore. Ovviamente a completare il tutto resta la gestione dello stadio e degli sponsor.
Un titolo carico le cui tattiche purtroppo non rispecchiano esattamente il gioco della squadra, anche perché la partita è solo testuale.
Nonostante adotti lo stesso sistema free to play con acquisti in app, Top Eleven è davvero un bel gioco, assiduamente aggiornato dagli sviluppatori, massicciamente frequentato dagli utenti e con un sacco di eventi a cui partecipare. La partita, o meglio, le azioni salienti della partita sono in 3D e sono una gioia per gli occhi.
Resta il dubbio di quanto la tattica venga rispettata in partita poiché il timore è sempre quello che si agevolino gli utenti “paganti”. Per il resto Top Eleven può regalare diverse ore di divertimento, il comparto tattico è abbastanza standard con poca profondità e scelte sono molto generiche, alla stregua di Online Soccer Manager.
Dove Top Eleven eccelle è nell’allenamento squadra: si può scegliere di allenare i calciatori singolarmente, per reparto o l’intero team. La varietà di esercizi è notevole; l’allenatore inoltre deve assicurarsi di predisporre gli allenamenti quando la squadra è riposata, altrimenti i giocatori non aumenteranno di livello.
A questo proposito va detto che si hanno a disposizione dei pacchetti che possono essere acquistato attraverso le microtransazioni o regali dagli sponsor: pacchetti riposo, pacchetti morale e pacchetti curativi che possono essere utilizzati per migliorare la squadra.
Il mercato è gestito dai token, ovvero monete virtuali regalate (poche) dal sistema o acquistabili (la quantità dipende dal vostro portafogli) tramite soldi reali che vi agevolano nell’asta. Sì perché per acquistare un giocatore o si partecipa ad un’asta dove gli utenti offrono token fino ad aggiudicarselo oppure, spendendo una somma di token fissata all’inizio, si possono prendere giocatori più forti. Inutile dire che, avendo a disposizione soldi reali, la migliore soluzione è la seconda.
A completare le attività che si possono effettuare in Top Eleven troviamo il vivaio, che ad inizio stagione riceve dei giovani talenti da fare crescere tramite allenamenti per poi ritrovarceli come giocatori della rosa nella stagione successiva. Presente ancha la gestione degli impianti sportivi, quindi stadio, strutture giovanili, campi di allenamento e non solo.
Infine, vale la pena parlare delle Associazioni: aggregazioni di utenti fino ad un massimo di sei, che si scontrano con altre associazioni per scalare una classifica generale divisa in varie serie a partire dalla “serie Bronzo” per finire con quella “Definitiva” che accorda ai vincitori premi importanti a livello di token e pacchetti di varia natura.
Come intuibile FM24 Mobile deriva direttamente dal suo fratello maggiore, Football Manager 2024, disponibile per PC e console, probabilmente il più completo manageriale in circolazione. I ragazzi di Sports Interactive hanno sempre fatto un ottimo lavoro, limando ed aggiornando, di anno in anno, il simulatore fino alla versione attuale.
FM24 Mobile è il giusto compromesso tra le ottime caratteristiche di FM23 e la velocità di esecuzione tipica dei giochi mobile. In Football Manager 2024 Mobile trovate le licenze ufficiali di numerosi campionati, anche se all’inizio di ogni stagione potete sceglierne un massimo di 5 per carriera. Questo influisce sia sui mercati in cui poter inviare gli osservatori che le nazioni allenabili.
La carriera ha un tempo limite di 30 anni, trenta stagioni quindi. Le partite sono esclusivamente contro l’IA, non esistono scontri online e, ovviamente potete giocare ogni qualvolta lo vogliate, senza alcun vincolo di orari come nei manageriali calcistici mobile precedentemente mostrati.
FM23 Mobile lascia più spazio all’allenatore che è in voi: niente accordi pubblicitari, niente ampliamento delle strutture della squadra. Voi siete l’allenatore ed in quanto tale a voi è affidata la gestione tattica, l’allenamento e la scelta degli uomini mercato.
Per il resto c’è una dirigenza che si occupa degli altri aspetti, con la quale potete, minimamente, interloquire. Quello che mi è sempre piaciuto di Football Manager, e FM23 Mobile non fa eccezione, è il rapporto che si crea con la propria squadra. Ci saranno momenti in cui bisogna prendere delle scelte che faranno felici o meno i propri uomini. Questa felicità o mancata sintonia influiscono sia sulla considerazione che loro hanno di voi, sia sulle prestazioni sul campo.
Il comparto tattico è abbastanza completo: vi permettee di plasmare una tattica tutta vostra e la cosa si rifliette in campo. L’allenamento, pur se non gradevole come quello di Top Eleven, consente di sviluppare le caratteristiche che ritenete necessarie per ogni singolo giocatore.
Anche la scelta dello staff è compito vostro, poiché avrete la facoltà di ingaggiare sia l’allenatore in seconda, sia i preparatori e addirittura l’analista che a fine di ogni partita vi dirà come è andata, cosa ha funzionato e cosa no.
Una caratteristica mancante rispetto al fratello maggiore è la gestione degli addetti stampa. Le conferenze stampa non sono state portate sulla versione mobile, ma avrebbero dato quel tocco in più a un gioco mobile pressoché perfetto.
Scorn è un’esperienza capace di distinguersi. L’estetica horror ispirata agli immaginari di Giger immerge il giocatore in un mondo sì derivativo, ma che dimostra comunque di avere personalità e di essere in grado di reinterpretare i classici. Il lato puramente ludico è l’aspetto sicuramente meno curato del gioco, cionondimeno grazie a una eccellente narrazione silenziosa rimane criptica, ma a suo modo capace d’intrigare il videogiocatore.
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Di Scorn, se ne è già parlato abbondantemente, sia evidenziando i suoi lati positivi, sia sottolineandone le criticità. Quando mi sono approcciato per la prima volta alla recensione di Scorn, la prima domanda che mi sono posto è stata: «Ho qualcos’altro da aggiungere che non sia già stato precedentemente discusso, analizzato, commentato o criticato?»
Fortunatamente, per propria natura, Scorn è un titolo che si presta a numerose interpretazioni, un’esperienza gravida di spunti di discussione e di riflessione, tale da consentire punti di vista sempre diversi e vari, ciascuno valido a modo suo, consentendomi di rispondere affermativamente alla domanda postami sopra.
Spoiler Alert Questo articolo contiene dettagli rilevanti sulla trama di Scorn
Un primo sguardo
Il gioco – nato dalla mente del gamer direct Ljubomir Peklar, dalle caratteristiche che richiamano apertamente Giger e le pellicole di Cronemberg – si allontana senza vergogna dal videogioco tradizionale, mirando a essere un esperienza che emerge in confronto alle produzioni contemporanee e ponendo grande enfasi sulle suggestioni visive dei panorami sempre orrorifici, ma comunque pregni del misterioso fascinoso che avvolge l’intera avventura.
Tuttavia, è proprio quandol’esperienza si scontra con il doversi interfacciare a un utente attraverso il medium scelto, il videogioco, che emergono gli spigoli e le sbavature del titolo.
Ed è da questo presupposto che nasce in definitiva la mia volontà di scrivere di Scorn: è sufficiente essere diverso? Un’esperienza unica, differente (almeno nelle atmosfere) da tutto quello che ho avuto modo di provare finora nel medium, può permettersi di preoccuparsi meno del suo interfacciarsi a un individuo giocante?
Affinché un film possa essere considerato tale, è necessario che qualcuno possa testimoniare che le sequenze video che lo compongono, apparentemente sconnesse, siano in realtà legate a doppio filo da un intreccio di campi e controcampi, di eventi che si avvicendano in montaggi paralleli e alternati, di successioni in raccordi di sguardi e di posizione.
Poco importa se il messaggio finale arrivi o meno, se lo spettatore abbia effettivamente compreso il senso (prima ancora del significato) di quanto stia accadendo nello schermo davanti ai propri occhi.
Scorn se ne infischia di inviare un messaggio chiaro e univoco, preferisce piuttosto lasciarsi decifrare e interpretare dal giocatore stesso, il quale si farà idee e impressioni differenti a quelle di ciascun’altro sulla base delle medesime suggestioni, immergendo il fruitore in un mondo vivo e disgustosamente pulsante, alieno e indecifrabile per i nostri standard. Ljubomir Peklar è riuscito con il supporto del suo team, a creare un’idea di vita derivativa ma alternativa, dai connotati e dalla psiche ineffabili.
Eppure, affinché il mondo e le creature proposte da Scorn possano esistere è necessario che vi sia qualcuno pronto a testimoniarlo: il videogiocatore. Ed è proprio quest’ultimo, ahimè, l’elemento meno considerato nell’avventura messa in piedi da Ebb Software.
Le suggestioni di Scorn
In un ambiente così finemente curato, modellato e texturizzato secondo uno standard qualitativo così alto e seguendo dei canoni artistici finemente definiti, tali da garantire un ambiente creativo, alieno ma comunque sempre coerente, è strano dover confessare che l’esplorazione non venga mai ricompensata.
Seguire la strada sbagliata, come siamo stati abituati a fare in altri giochi anche meno affini a Scorn, non viene mai premiato, anzi garantirà solo la frustrazione di dover ripercorrere lo stesso sentiero appena attraversato.
Eppure, questa estrema linearità del titolo è lungi dall’essere un difetto effettivo. Ben vengano le esperienze più lineari. Anzi, dirò di più, il senso di angoscia suscitato da Scorn viene al contrario, corroborato da questo level design labirintico e a tratti dispersivo che caratterizza il nostro pellegrinaggio profano per la fabbrica.
Viaggio dalla natura decisamente atipica, il nostro. Se è vero, come dicevo, che l’esplorazione non viene mai ricompensata, il dedalo che costituisce il nostro tragitto per gli ambienti proposti da Scorn, contribuisce a fomentare il costante senso di smarrimento che ci terrà compagnia durante tutto il gioco.
Sovente vi domanderete se stiate percorrendo la strada corretta mentre il vostro alter-ego virtuale apparirà sempre abbastanza sicuro di come vadano utilizzati i vari macchinari sparsi nell’ambiente, che fungeranno da puzzle da risolvere per poter proseguire. Introducendo un’interessante dissonanza – funzionale alla creazione dell’atmosfera di Scorn – tra il protagonista e il videogiocatore.
I Puzzle
I Puzzle sono senza dubbio alcuno l’elemento più smussato del gameplay, nonché il pilastro portante dell’esperienza dal punto di vista prettamente ludico.
Non saranno mai particolarmente difficili né tantomeno brillanti. Eppure il team di sviluppo sembra aver trovato un furbo escamotage al fine di mantenere alta la gratificazione del giocatore alla risoluzione degli enigmi. Dal momento che saremo sempre incerti dell’effettivo funzionamento di questo o quel marchingegno, quando – a rompicapo risolto – avremo compreso come vadano utilizzate le varie parti che lo compongono, potremo sentirci appagati dal nostro risultato, come avessimo appreso una lettera nuova dell’alfabeto apocrifo di Scorn.
Lo Shooting
Ho trovato frustranti oltre ogni ragionevole senso le fasi di shooting, specialmente quelle più avanzate, in cui morire non sarà un avvenimento così raro.
I colpi dei nemici sono difficili da evitare, costringendo il giocatore a una boriosa pratica in cui si ruoterà attorno alla creatura nemica per ingannarne l’IA o, alternativamente, a praticare la non più nobile arte della fuga a gambe levate.
La ricarica e il cambio delle armi sono particolarmente sceniche e definitivamente piacevoli da vedere, ma altresì eccessivamente lente, rimandando al ragionamento fatto sopra a proposito di come la Quality of Lifegenerale sia stata sacrificata in nome di un’estetica appagante. Soddisfazione che arriva senza indugio, e in cui il team di sviluppo ha senz’altro avuto successo; eppure aver dovuto sacrificare altro dell’esperienza generale pesa in queste sezioni più che mai, strattonando fuori il giocatore dall’immersione a cui tutti gli altri elementi miravano con così tanta perizia.
Da un certo momento in poi, inoltre, le armi saranno perennemente presenti a schermo, rubando una discreta, seppur fortunatamente non così invadente, sezione dello schermo che sarebbe altrimenti potuta venire adibita alla contemplazione dei tanto decantati scenari, privati in questo modo della parte bassa dell’inquadratura per una buona parte dell’esperienza.
Due parole sul lato tecnico
Il furto dello scenario da parte delle armi a schermo è una svista non indifferente, vista la squisita direzione artistica di Scorn, sempre coerente ma non per questo poco varia, con scenari che spaziano da angusti corridoi pulsanti della fabbrica “bassa” a spazi aperti all’esterno della stessa o zone che ricordano più apocrifi luoghi di culto.
La fotografia è eccellente, e trova il suo apice nelle (seppur sporadiche) validissime cutscene del gioco. Con una luce sempre adatta a suggerire la natura aliena del posto, distante da quella solare a cui siamo abituati, quasi dovesse prima traversare una fitta nube di polveri prima di poter rimbalzare sul suolo, celebrando le composizioni di certe ambientazioni che non hanno nulla da invidiare alle più ricche tavole di un fumetto.
Ottimo anche il comparto audio, che immerge il giocatore in una moltitudine di suoni dalla dubbia provenienza, allo scopo di tenere i nervi del giocatore sempre sull’attenti, avvolgendolo da tutte le direzioni in attesa di un prossimo pericolo.
A questo proposito, suggerisco di giocare utilizzando delle cuffie o un buon impianto stereo, perché l’ambiente trae grande giovamento dal comparto audio, che arricchisce l’atmosfera con toni più horror di quanto non avessi preventivato, suggerendo dei JumpScare che poi, nel concreto, non arrivano quasi mai, mantenendo il giocatore in uno stato di ansia e angoscia perenne convenevole al senso di Scorn in quanto esperienza.
Per quanto riguarda modellazione e texturing, il livello generale è davvero ragguardevole per una produzione di questa portata, e il team di sviluppo sembra sapere bene dove e come vadano nascoste magagne che, in definitiva, l’utente finalenon noterà mai.
Anche i bugsono rari e sporadici, consentendo un’immersione coerente e prolungata.
Il rapporto con il videogiocatore
Se uno dei difetti discussi è stata la mancanza di attenzione da parte di Scorn nei riguardi del giocatore, non si può tuttavia negare che gli sviluppatori non abbia chiaro quale sia il pubblico di riferimento: videogiocatori navigati che sanno a cosa stanno andando incontro.
Il videogiocatorenon viene mai preso per mano in modo eccessivo e ridondante come capita in altri titoli fin troppo pregni di guide e spiegazioni onnipresenti.
Ad esempio, la totale assenza di tutorial per spiegare come ricaricare o sostituire le armi, è compensata da un’interfaccia richiamabile in qualsiasi momento nel menù pausa, che illustra tutti i comandi necessari a compiere qualsivoglia azione. La troverete utile in più di un’occasione.
Notevole anche come Scorn sia in grado di sovvertire le aspettative. Un esempio è durante una sequenza in cui, nel più classico degli esempi del genere horror, dovremo percorrere lo stesso tragitto attraversato da una misteriosa quanto spaventosa creatura che ci precederà sempre di qualche passo. Quando finalmente ci confronteremo con l’essere, ad attenderci, piuttosto che il banale jumpscare che attendevamo, questa si legherà a noi attraverso delle pratiche che ricordano da vicino Cronenberg e il body-horror in generale, diventando contemporaneamente minaccia alla nostra sopravvivenza e strumento essenziale alla riuscita del nostro viaggio dallo scopo incerto.
Anche dal punto di vista dell’immedesimazione è stato fatto un gran lavoro: durante una delle cutscene discusse, assisteremo alla presunta nascita del nostro alter-ego, il quale svegliatosi nel processo di una sorta di disgustoso parto alieno, dovrà recidersi con le proprie mani quello che appare come un cordone ombelicale. Quando il nostro protagonista preso di coraggio, afferrerà il cordone con le mani, questi le allontanerà istintivamente in tutta fretta, dando la chiara sensazione dell’essersi sorpreso di poter percepire l’ambiente circostante proprio da questa protuberanza.
Riflessioni conclusive
Nonostante i difetti che sono stati discussi, la totale assenza della rigiocabilità e lo shooting che non rende giustizia a un lavoro altrimenti così degno di attenzione, ogni qualvolta avessi del tempo libero, avevo sempre voglia di rimettermi a giocare a Scorn.
Tralasciando il mio lato hipster che gode nell’apprezzare opere non adatte a tutti e che hanno il coraggio di essere differenti, ho trovato difficoltà a decidermi su come impostare questa discussione, se sotto un’ottica positiva o negativa, data la grande quantità di difetti che lo permea.
LaQuality of Life generale è sacrificata in nome dell’impatto estetico, mentre gli scontri con i nemici sono talmente frustranti e boriosi da costringere alla fuga nella maggior parte delle situazioni in cui è possibile, vista la scarsa qualità dell’IA nemica, che si dimenticherà in fretta di voi.
Ciònonostante, ogniqualvolta tornassi a casa, maturava in me il desiderio di rimettermi a giocare, di scoprire cosa si nascondesse dietro quel marchingegno corrotto, di svelare quale mistero si celasse nella fabbrica.
Che siano stati i puzzle, in definitiva non così brillanti, ma sempre gratificanti, il senso di smarrimento costante provocato da un level design caotico e labirintico, ma comunque capace di guidare il giocatore verso la prossima meta.
Che sia stata la curiosità nello scoprire le vicende dietro lo scopo della fabbrica, l’origine della piaga, l’intento del parassita o dello stesso protagonista, a farmi apprezzare il gioco non mi è dato saperlo, probabilmente si tratta di una comunione tra gli elementi discussi sopra.
Certamente mi sono soffermato più di qualche volta ad ammirare i paesaggi di Scorn, sempre alieni e orrorifici, ma comunque ricchi di fascino e a loro modo irresistibili, domandandomi se delle ambientazioni così gradevoli e curate valessero un esperienza complessivamente mediocre, che di certo non trova il suo picco nel lato gameplay, ma che non cerca neanche di trovare la sua strada nel genere del walking sim (troppo spesso ingiustamente bistrattato), in quanto ambisce a un gameplay “vero e proprio“, attraverso lo shooting e i puzzles, ma che non risulta mai soddisfacente quanto desidera.
Il finale, invece, forse possibilmente anticlimatico ma comunque coraggioso e ricco di libere interpretazioni, spiazza ogni possibile dubbio: Scorn è un esperienza consigliata e da provare pad (o tastiera) alla mano.
La paura che un titolo del genere possa risultare troppo derivativo e che non trovi il suo spazio tra le fonti d’ispirazioni palesi del calibro di Giger o Cronemberg, è sensata e plausibile. Tuttavia, Ljubomir Peklar riesce a prendersi un posto in quell’olimpo del body horror, commistendo la giusta dose di citazioni ai classici del genere a delle idee potenti e originali.
Un’esperienza capace di reggersi sulle proprie gambe, anche senza dover essere amanti del genere di riferimento o senza conoscere le fonti d’ispirazione.
Microsoft ha dato il via al nuovo anno videoludico con il proprio evento dedicato ai videogiochi first-party dei team di sviluppo interni. I giochi dell’Xbox Developer Direct (che potete vedere integralmente sul canale YouTube di Xbox) si sono mostrati con lunghi gameplay accompagnati dalla voce dei propri creatori; nello specifico, sono cinque i titoli mostrati, tutti disponibili sul Game Pass dal day one: Minecraft Legends; Forza Motorsport; Hi-Fi Rush; The Elder Scrolls Online: Necrom; Red Fall. Vediamoli nel dettaglio.
Minecraft Legends
Mojang Studios ha presentato la versione PvP strategica del suo franchise di punta.
Minecraft Legendsè un videogioco multiplayer online in cui due squadre da 4 videogiocatori si scontrano con l’obiettivo di distruggere la base nemica. Durante lo show, gli sviluppatori ci hanno incuriosito con due feature in particolare: il buiding, cioè la possibilità di costruire ed espandere la propria base e la fase di combattimento in cui è anche possibile reclutare preziosi alleati non giocanti.
Mojang Studios ha garantito che la comunicazione sarà importante e la strategia fondamentale. Minecraft Legends sarà disponibile dal 18 aprile 2023 sulle console Xbox, PlayStation, Nintendo Switch e PC.
Forza Motorsport
Il creative directorChris Esaki è stato il portavoce di Turn 10 Studios per presentare le novità di Forza Motorsport.
Il videogioco automobilistico vuole essere il simulatore più realistico sul mercato. Durante la presentazione sono state mostrate immagini e tracce audio che ci mostrano finalmente veramente la next-gen.
Gli sviluppatori hanno specificato che Xbox Series S e X hanno permesso di ottenere un livello di dettaglio dieci volte superiore rispetto al passato. Inoltre, il team ha lavoro su diversi aspetti di realismo: per esempio, la luce e il tempo influiscono giro dopo giro con relativo impatto su vari aspetti delle vetture come le gomme.
Forza Motorsport è l’unico gioco dei cinque che non ha una data d’uscita ufficiale: l’arrivo è previsto per il 2023 solo su next-gen, cioè Xbox Series S|X e PC.
Hi-Fi Rush
La sorpresa dell’Xbox Developer Direct è la nuova opera di Shinji Mikami e Tango Gameworks.
Hi-Fi Rush è ben lontano dai precedenti titoli horror del team (The Evil Within e Ghostwire: Tokyo). Il suo stile molto colorato ricorda i fumetti americani – tra i videogiochi ci ricorda tantissimo Code Name: S.T.E.A.M. per Nintendo 3DS. Il genere è stato definito come Rhythm Action con una forte componente Stylish. che si posiziona a metà tra Crypt of the NecroDancer e Bayonetta.
Il clamore non è solo per il reveal del titolo, ma soprattutto perché Hi-Fi è disponibile su PC, Xbox Series S|X e Game Pass a partire da oggi stesso.
The Elder Scrolls Online
Necrom è il nuovo capitolo – l’aggiornamento annuale che introduce nuove zone di Tamriel – di The Elder Scrolls Online di Zenimax Online Studios.
Il nuovo chapter ci porta nella zona orientale di Morrowind, un’area che ci porta agli albori della saga: The Elder Scrolls Arena. Necrom aggiunge anche una nuova class: l’Arcanist.
Il nuovo capitolo di ESO sarà disponibile dal 5 giugno 2023su PC mentre dal 20 giugno su console Xbox e PlayStation, mentre per un tempo limitato sarà possibile giocare tutti i capitoli gratuitamente.
Inoltre, è stata presentato anche il DLC dungeon Scribes of Fate che darà il via, a marzo, all’avventura del 2023: Ombra su Morrowind; in particolare, Scribes of Fate esce il 13 marzo 2023per PC/Mac e il 28 marzo 2023 per Xbox e PlayStation.
Per ulteriori dettagli, vi lasciamo al video di Global Reveal, un evento di trenta minuti dedicato a The Elder Scrolls Online: Necrom trasmesso subito dopo l’Xbox Developer Direct.
Redfall
L’ultimo – e di solito più importante – slot è stato vinto da Redfall di Arkane Studios.
Il team di sviluppo ci ha portato in giro per la mappa open-world alla scoperta di alcune delle zone che è possibile visitare all’interno dell’FPS con elementi ruolistici.
Redfall è divisa in quartieri che dovremo liberare da diversi gruppi di vampiri. Una volta ripulita la zona, potremmo affrontare il generale del quartiere, dei vampiri particolamente coriacei con abilità uniche. Ogni quartiere liberato ci avvicinerà verso la fine del gioco dove affronteremo i Vampire Gods.
Tra le zone più interessanti, citiamo i Vampire Nest: spazi psichici che possono essere spazzati via distruggendo il cuore (letteralmente) che li mantiene in vita.
Redfall uscirà il 2 maggio 2023 su Xbox Series S|X e PC.