Categorie
Editoriali

DUNE: tutti i videogiochi ambientati nel Duniverse

Parlare di Dune è sempre impegnativo, poiché dal romanzo fantascientifico di Frank Herbert del 1965 è nato un vero e proprio universo: il Duniverse, tornato nuovamente alla ribalta dopo l’enorme successo del film di Denis Villeneuve. Chi scrive non è un purista, ma un fan affascinato dall’universo di Dune, che in questo articolo vi racconterà di tutti i videogiochi del Duniverse e di cosa ci riserverà il futuro del franchise.

I Videogiochi di Dune

La storia dei videogiochi di Dune comincia agli inizi degli anni ’90 ed è tuttora in continua espansione con la produzione di generi completamente diversi dal passato, ma anche dal presente. Chiunque sia alla ricerca di un videogioco ambientato su Arrakis, troverà sicuramente un gioco – anche dall’alto profilo tecnico – che possa adattarsi ai propri gusti videoludici.

Senza Dune, Guerre Stellari non sarebbe mai esistito

George Lucas

Prima di iniziare, se siete interessati alle “carrellate videoludiche”, date un occhio anche ad altri nostri articoli come: I 5 migliori videogiochi (veramente) ispirati a Lovecraft o I 4 migliori videogiochi sui pirati di sempre.

Dune – Cryo Interactive, 1992

Dune: frame del videogioco, fortemente ispirato al film di Lynch

Il primo videogioco di Dune è un mix di avventura e strategia sviluppato per Amiga, Sega Mega Drive (CD) e PC-MS-DOS. L’impianto del gioco è assai interessante e a suo modo innovativo – almeno per i giochi a cui ero abituato: si trattava infatti di una sorta di avventura grafica alternata a un gioco di strategia, non ancora in tempo reale.

Il titolo segue abbastanza fedelmente il libro e si rifà non poco alla controversa pellicola di David Lynch: fra l’altro lo si nota abbastanza chiaramente nelle sembianze di Paul e Jessica Atreides.

La trama di Dune di Cryo Interactive

La trama è incentrata sul novello duca Paul Atreides, impegnato a riconquistare il pianeta (Arrakis/Dune) dopo che la sua casata è stata massacrata dai cattivissimi Harkonnen.

Per raggiungere lo scopo, il protagonista crescerà nelle sue capacità e competenze (rpg) e dapprima si recherà presso diversi avamposti/caverne dei Fremen per convincerli a collaborare (inizialmente come forza lavoro per recuperare la spezia, poi anche a livello militare). La spezia infatti va sempre pagata all’imperatore, con tassi crescenti e, con quel che resta, si devono espandere le proprie capacità personali e militari, acquistando per esempio armamenti tipici dell’ambientazione, “mietitrici” e ornitotteri. Le unità hanno un certo grado di esperienza e si può influenzarne in vari modi il morale, così da renderle sempre più efficienti in battaglia.

I conflitti si svolgono principalmente come assedi alle basi nemiche e si possono subire contrattacchi; se i Fremen perdono vengono presi prigionieri, e se Paul vi prende parte di persona e viene sconfitto: game over!

Più avanti sarà possibile piantare vegetazione e prendersene cura (si ricava meno spezia ma sale il morale) e imparare a cavalcare i vermi della sabbia: più lenti dell’ornitottero usato normalmente per spostarsi ma esaltanti se portati in battaglia (aumentano il morale delle truppe).

Dune II – Westwood Studios, 1992

Dune 2 – Westwood Studios

Per un certo periodo sulla mia Amiga 500 girava solo Dune 2, con cui ho trascorso moltissime ore di puro divertimento. Il motivo? È il capostipite del genere strategia in tempo reale (RTS).

Alla fine del 1992, per le maggiori piattaforme compare Dune 2: The Building of a Dynasty – noto come Dune 2: Battle for Arrakis su Sega Mega Drive. L’opera è nota per aver fissato i capisaldi del genere RTS poi usati in molti altri celebri titoli: Command & Conquer, Warcraft, Starcraft e Age of Empires. È in Dune 2 che troviamo la fog of war, l’albero delle tecnologie, le fazioni asimmetriche e le campagne (missioni correlate a un unico obiettivo).

Nel gioco erano presenti tre campagne da nove missioni ciascuna, ognuna dedicata a una fazione (Atreides, Harkonnen e Ordos). Truppe, edifici e strategie da applicare erano diverse, ma i vermoni, per non far torto a nessuno, massacravano allegramente tutti quelli che incontravano. Come nella migliore (e innovativa!) tradizione degli RTS, si andava a raccogliere le risorse (la spezia poi convertita in crediti) e con esse si realizzavano strutture sempre più potenti e unità sempre più specifiche e forti. Poi si scagliava il tutto contro la base nemica e si sperava di farcela, intervenendo durante la battaglia per ottimizzarne il risultato.

Nelle mie partite, ammetto che l’unità che preferivo era una di quelle base, l’harvester: impiegarla non per raccogliere la spezia ma per spiaccicare i nemici era dannatamente divertente! E Carmageddon arriverà solo nel 1997!

Dune 2000 – Westwood Studios, 1998

Dune 2000 – Westwood Studios

Rremake di Dune 2, Dune 2000 è basato sullo stesso motore grafico di Command & Conquer.

Oltre a essere un buon remake di Dune 2, a partire dal rifacimento del filmato introduttivo di tale gioco ma dalla grafica aggiornata, introduce delle funzionalità da RTS moderno ignote al suo predecessore, per esempio la modalità multigiocatore e la schermaglia. Come piacevoli add-on possiamo notare la presenza di diversi full motion video interpretati da attori di rilievo che rendono l’esperienza di gioco più suggestiva e gradevole.

L’interfaccia presenta dei leggeri cambiamenti, eredità di Command & Conquer, ma oltre quanto evidenziato sopra, non ci sono grandissime innovazioni. Di fatto è un ottimo gioco, un aggiornamento agli RTS moderni con una trama raccontata tramite filmati di ottima fattura che si sbloccano via via durante la partita.

Infine, interessante è anche notare il rilascio di due patch, una per correggere errori minori, un’altra con una decina di nuove mappe per giocare in multiplayer, un bilanciamento più curato del gioco e l’introduzione di tre nuove unità, una per ciascuna casata.

Emperor: Battle for Dune – Westwood Studios, 2001

Emperor: Battle for Dune – Westwood Studios

Uno dei primi RTS dotati di motore 3D, Emperor: Battle for Dune è per la precisione il seguito di Dune 2000. Anche in questa opera sono presenti degli strepitosi filmati di intermezzo, almeno per i miei gusti, ma l’impianto grafico cambia radicalmente, avvalendosi per la prima volta nel mondo videoludico di Dune di un motore tridimensionale.

Le premesse alla trama sono differenti, ma di fatto, ancora una volta ci sono le solite tre fazioni a scontrarsi su Arrakis senza esclusione di colpi. Nonostante ciò, sono stati inseriti alcuni colpi di scena, come la presenza dei Tleilaxu (a voi scoprire chi siano) e un Verme Imperatore…

Un po’ sotto la media per la concorrenza dell’epoca (ma sempre divertente), il gioco presenta comunque alcune novità: altre unità specifiche per le varie fazioni, la possibilità di introdurre rinforzi in battaglia e una campagna non lineare.

Frank Herbert’s Dune – Cryo Interactive, 2001

Frank Herbert’s Dune (Cryo Interactive, 2001): impatto grafico opinabile

Purtroppo, Frank Herbert’s Dune fu un disastro commerciale, che contribuì al fallimento di Cryo Interactive. Cavalcando l’onda commerciale dell’ottima miniserie in tre puntate di Frank Herbert’s Dune del 2000, viene prodotto per l’anno successivo l’omonimo videogame, un gioco d’azione 3D.

Purtroppo, Cryo rilasciò un gioco che risultò essere un fallimento da ogni punto di vista, sia economico, sia di critica, tanto che fu uno degli ultimi che realizzò. Proprio tale insuccesso decretò la fine della casa di sviluppo.

L’unico merito del gioco potrebbe essere stato quello di aver voluto tentare una strada diversa da quella dell’RTS, che però non ha ripagato (visto soprattutto i limiti del motore di gioco e dell’aspetto grafico). Per quanto riguarda la trama, vestiamo i panni del solito Paul Atreides, erede della sua casata, che si dovrà guadagnare il rispetto della popolazione nativa di Arrakis per diventarne il messia e risollevare popolo e pianeta. Infine, il protagonista dovrà anche confrontarsi con lo spietato barone Harkonnen, responsabile del massacro della sua famiglia (con lo zampino dell’imperatore, ovviamente).

Come piccola nota conclusiva, possiamo aggiungere che il fallimento del gioco e della casa di sviluppo provocò la fine anche di Cryonetwork che all’epoca stava lavorando a Dune Generation, uno strategico 3D online, titolo che non vide mai la luce.

Dune Wars – Mod per Civilization IV, 2009

Dune Wars – Mod per Civilization IV

Anche se non è un vero e proprio videogioco, Dune Wars merita di essere citata in quanto amatissima mod per Civilization IV. Nel 2015 è stato rilasciato anche un update dal nome Dune Wars: Revival – che potete scaricare da Moddb.

Dune: Spice Wars – Shiro Games, 2022

Le casate del cartoonesco Dune: Spice Wars
Dune: Spice Wars; le prime quattro fazioni (cartoonesche) disponibili

Dopo il successo del film del 2021 di Dune, il franchise è tornato a mostrarsi anche sotto forma di opera videoludica con Dune: Spice Wars, un videogioco strategico 4X.

Con questo gioco torniamo allo stile di gioco di Dune II/2000, dalla grafica un po’ cartoonesca e con tutte le migliorie rese possibili dalla tecnologia moderna. Rilasciato a fine aprile del 2022, attualmente il gioco è in fase ad “accesso anticipato”, ma ha già ricevuto il plauso da parte dei giocatori.

Al solito, l’ambientazione di Dune la fa da padrona e sia il gioco che il gameplay sono abbastanza solidi (e consolidati), ma come sempre ci sono dei lati oscuri.

Suppur il gioco rappresenti una sorta di rivincita videoludica, a cancellare l’amaro in bocca lasciatomi dai titoli del 2001, la grafica accattivante e fumettosa taglia un po’ le gambe all’epicità innata della saga. Probabilmente è solo per una questione d’età anagrafica di chi scrive, ma provo la stessa (sgradevole) sensazione di quando paragono le immagini delle serie animate di Star Wars con quelle dei rispettivi film, in particolare dei capostipiti.

Spice Wars presenta al momento cinque fazioni invece delle classiche tre, che aumentano la varietà strategica, il numero delle unità, l’asimmetria e la longevità. E anche il sistema di politica/spionaggio/commercio appare più complesso e intrigante; infatti, offre alternative alla pura conquista e vittoria militare. Di fatto si incappa in situazioni un po’ castranti, quando per esempio, per connettere dei territori, vengono richiesti dei requisiti impossibili da soddisfare a causa di un cap imposto dal gioco; oppure quando si desidera sviluppare un potente esercito o far crescere al massimo le potenzialità della propria casata ma il processo risulta talmente lento e complesso (a volte impossibile) da renderlo poco divertente.

Dune: Awakening – Funcom, 2024?

Copertina ufficiale del gioco (in uscita nel 2024?) di Dune: Awakening
Dune: Awakening

Come indicato all’inizio di questo articolo, il franhise di Dune vuole essere appetibile al maggior numero di videogiocatori possibile. Funcom sta rispondendo a questa necessità con un titolo open world survival MMO, Dune: Awakening. Ecco, di questo gioco se ne sa ancora poco, dato che al momento è in fase di sviluppo.

Dagli stessi sviluppatori di Age of Conan e Samurai Showdown, Awakening è un open world survival MMO (probabilmente multipiattaforma), anche con meccaniche PvP; infatti, pare che il videogiocatore dovrà dominare e prevalere su Arrakis, obiettivo condiviso da tutti gli altri partecipanti.

Se si sopravvive al deserto e a tutte le insidie di Dune, si potrà esplorare il pianeta e scoprire, fra le altre cose, territori e luoghi non mappati (e che spariscono a causa delle tempeste si sabbia) con tesori e benefici unici; sicuramente ci sarà modo di gestire o avere a che fare con la spezia, e si potrà realizzare una propria fazione (gilda?), capace di svilupparsi per gestire il commercio, svolgere operazioni di sotterfugio, complottare con intrighi politici e, manco a dirlo, fare a mazzate.

Per chi volesse iscriversi e partecipare allo sviluppo della beta può raggiungere direttamente il sito ufficiale di Dune Awakening.

Ancora Dune… giochi da tavolo

Se l’articolo vi ha incuriosito e siete amanti anche dei giochi da tavolo, vi consiglio di leggere anche DUNE: tutti i giochi da tavolo ambientati nel Duniverse!

Categorie
Editoriali

Marvel Snap è un vero free-to-play

Sono trascorsi due anni e mezzo dall’ultima volta che ho pronunciato questa frase per un gioco di carte collezionabili – e mi riferivo a Legends of Runeterra – ma l’attesa è stata ripagata. Mai avrei pensato che un videogioco di carte collezionabili mobile – è presente anche per PC ma la sua dimensione è lo smartphone – basato sul mondo dei supereroi potesse essere veramente gratis. Marvel Snap è tutto questo ed è anche divertente! In questo articolo vi spiego come funziona Marvel Snap, la sua economia di gioco veramente free-to-play e perché vale la pena dargli una possibilità.

Veterani dei videogiochi di carte

Il nuovo titolo mobile dedicato ai supereroi Marvel è stato sviluppato da Second Dinner, neonata software house creata da Ben Brode e da diversi ex-sviluppatori di Activision Blizzard.

Ben Brode, designer dietro a Marvel Snap ora e Hearthstone fino a qualche anno fa, può vantare di essere uno dei pochissimi sviluppatori di videogiochi di carte collezionabili, dove la parola chiave è: “videogiochi”; infatti, la maggior parte dei GCC presenti sul mercato videoludico sono riproposizioni digitali di quanto già esiste in forma cartacea: Magic Arena e Pokémon GCC su tutti. I videogiochi di carte collezionabili, invece sono opere non riproducibili su carta, a causa delle loro meccaniche casuali, più o meno amate. Le due opere maggiormente innovative del genere sono due, entrambe nate dalla mente di Ben Brode: Hearthstone e Marvel Snap.

Marvel Snap: Ben Brode
Copyright: TheGamer

Come si gioca a Marvel Snap

Ogni videogiocatore di Marvel Snap gioca con un mazzo da 12 carte, raffiguranti eroi e anti-eroi del mondo Marvel, in monocopia. Ogni partita è composta da 6 turni in cui ogni giocatore pesca e gioca le carte che ha in mano.

Tutte le carte hanno un costo e un valore d’attacco. I videogiocatori partono da 1 energia al turno uno e arrivano fino a 6 energie, a meno di regole all’interno del campo di battaglia che possono stravolgere questa regola.

Gli eroi di Marvel Snap sono giocati in uno dei 3 scenari di combattimento (sinistra – centrale – destra). Vince chi ottiene il maggior valore d’attacco su 2 dei 3 scenari di gioco. In caso di parità, vince il giocatore che ha la somma totale di valore d’attacco maggiore.

Marvel Snap Gameplay

Scenari

Gli scenari sono attualmente più di 50 e ci mostrano il motivo per cui Marvel Snap può esistere solo in digitale. Esattamente come alcune abilità delle carte di Hearthstone basate sulla casualità, gli scenari di Marvel Snap contengono delle regole così casuali che possono essere applicate solamente da un calcolatore.

Ad esempio: “Sostituisci tutte le carte di ogni mazzo con 10 carte casuali”; oppure: “La mano di ogni giocatore è riempita da carte casuali”. Queste regole rendono il gioco sicuramente meno prono al competitivo, ma del resto Hearthstone ha una scena competitiva e vale anche parecchi dollari.

Parole Chiave

Quasi tutti gli eroi e antagonisti di Marvel Snap hanno dei poteri – o come si dice in gergo tecnico: parole chiave. In questa prima fase del gioco, le parole chiave presenti sono 6:

  • Alla scoperta: l’effetto è applicato nel momento in cui la carta è girata sullo scenario. Solitamente corrisponde al momento in cui è giocata, ma alcuni scenari possono ritardare la rotazione della carta che è sempre posta coperta sul campo da gioco.
  • Effetto continuo: l’effetto è continuamente aggiornato; di conseguenza, giocare una nuova carta può cambiare gli effetti del potere.
  • Scarta: le carte sono scartate dalla mano.
  • Muovi: le carte sono spostate tra gli scenari.
  • Distruggi: le carte sono rimosse dal gioco.
  • Nessuna abilità: alcune carte non hanno poteri speciali.

Il meta ha già i suoi archetipi, che sono praticamente tutti basati sulle parole chiave di Marvel Snap.

All-in: la meccanica Snap

Il videogioco prende il nome da una meccanica decisamente rischiosa presente nel gioco. Durante la partita, vi è un enorme cubo sopra l’area di gioco. I giocatori possono cliccare sul cubo una volta ciascuno per ogni partita: farlo aumenta i punti classifica che si possono vincere, o perdere, durante la partita in corso.

Terminare una partita, senza cliccare sullo Snap, implica giocarsi al massimo un paio di punti classifica, che possono diventare quattro se un giocatore clicca sullo Snap o addirittura otto. I punti classifica ci permettono di passare da un rango all’altro (in totale 12) in base al nostro livello: il livello più basso è il numero 1, mentre il più alto è il 100.

Infine, nel caso in cui pensiamo di non avere possibilità di vittoria, possiamo sempre fuggire dallo scontro e perdere solamente il valore di Snap attuale.

Perché Marvel Snap non è pay-to-win

L’economia di gioco di Marvel Snap prevede la presenza di contenuti a pagamento, che possono velocizzare l’ottenimento di carte, ma che non rendono il gioco un pay-to-win; nel mio caso, non ho ancora speso un euro su Marvel Snap e ho una percentuale di vittoria ben oltre il 70% – che per un gioco di carte non è nemmeno poco.

Pool

Quanto descritto sopra è possibile grazie al sistema dei Pool.

Ogni giocatore ha un proprio livello di esperienza, che può aumentare attraverso l’upgrade delle carte. L’aggiornamento degli eroi Marvel non porta alcun beneficio alla forza delle carta, bensì garantisce alle carte delle aggiunte estetiche visibili in-game. Aggiornare una carta ci permette però di aumentare il livello del nostro account e di ottenere premi: crediti per l’upgrade delle carte; potenziamenti delle carte, che sono un’altra valuta utile per l’upgrade delle carte; una carta casuale dal nostro pool di riferimento, che dipende dal livello del giocatore. In particolare:

  • Pool 1: dal livello 18 al livello 214.
  • Pool 2: dal livello 222 al livello 474.
  • Pool 3: dal livello 486 e oltre.

Per esempio, nel primo pool sono presenti 46 carte, mentre nel secondo possiamo aggiungere alla nostra libreria altre 25 carte per un totale di 71. Anche se la fortuna permetterà ad alcuni giocatori di avere carte veramente forti un po’ prima degli altri giocatori, in generale ogni player affronterà avversari che hanno – più o meno – lo stesso numero di carte nella propria libreria. Di conseguenza, Marvel Snap è un vero free-to-play – e soprattutto non un pay-to-win – perché anche se l’acquisto in-game può velocizzare il percorso di livellamento del proprio account, il videogiocatore si troverà ad affrontare sempre avversari che hanno una libreria formata da circa lo stesso numero di carte.

Marvel Snap Battle Pass

Battle Pass Stagionali

Ogni stagione, di circa un mese, avrà il proprio Battle Pass. Questo contenuto permette di sbloccare alcuni livelli del Pass che altrimenti sarebbero bloccati. In questi slot, bloccati agli gli utenti free, ci sono crediti, oro, ma soprattutto Varianti delle carte. Le varianti sono delle carte con un artwork diverso da quello base. Questo significa che se non abbiamo ancora trovato quella carta nel nostro Pool, possiamo prendere la sua Variante e usarla. Come già detto, questo velocizza il processo, ma non ci fornisce quel vantaggio tipico dei giochi pay-to-win.

Conclusione

Marvel Snap – free-to-play che potete scaricare dal sito ufficiale seguendo i link dei vari store – è un gioco di carte veloce (una partita dura circa 3 minuti), divertente, facile da imparare ma impegnativo da masterare. Da giocatore di Hearthstone, il mio maggior timore era quello di trovarmi davanti un bel titolo difficile da mantenere nel tempo, poiché i suoi costi possono essere seriamente proibitivi.

Marvel Snap invece ha dimostrato di essere un vero free-to-play grazie a un’economia di gioco onesta in cui è premiata la costanza e il talento prima del denaro. Una caratteristica che mi ha molto sorpreso, dato che la dimensione perfetta di Marvel Snap è lo smartphone e il franchise si offre a un gioco pay-to-win. Second Dinner invece ha combattuto questo mio pregiudizio con un’opera che vi consiglio caldamente di seguire e che mi auguro possa continuare su questa strada per sempre.

Categorie
Editoriali Guide

Pokémon Origine Perduta: i migliori mazzi del meta

Esistono due tipi di giocatori di carte collezionabili: chi prova le nuove carte appena uscite e chi sfrutta l’occasione per giocare i mazzi consolidati nel meta attuale. A pochi giochi dall’arrivo su Pokémon GCC della nuova espansione Spada e Scudo – Tempesta Argentata, abbiamo dei mazzi migliori di altri che sfruttano l’ultima espansione pubblicata: Origine Perduta. Ve li spieghiamo in questo articolo sui migliori mazzi di Origine Perduta.

Spada e Scudo – Origine Perduta ha cambiato il meta di Pokémon GCC, grazie a Giratina V e Giratina V ASTRO, ma aspettatevi anche tante note conoscenze (e varianti). Tra tutti: Palkia Originale V ASTRO, Mew Genesect e Blissey V.

1. Giratina di Origine Perduta

Il mazzo di Giratina V ASTRO è il deck da battere: i pro player dovranno trovare in Tempesta Argentata la soluzione a una carta che sta sovrastrando il meta.

Carte chiave

Strategia

Il deck di Giratina Origine Perduta si basa sull’aggiungere il prima possibile carte nell’Area Perduta. Per farlo utilizziamo il blocco denominato Comfey Engine; nello specifico, il Retino di Recupero serve per recuperare Comfey, mentre il Portalemiraggio permette di soddisfare i pre-requisiti degli attacchi di Giratina V ASTRO. Impatto Perduto è devastante: 280 danni con tre energie; Astro Requiem sconfigge qualsiasi cosa in campo.

Esempio Decklist

Regionali di Lille (22 ottobre 2022) – Lucas Henrique de Araujo Pereira

Variante: Lost Zone Box

Regionali Salt Lake City (15 ottobre 2022) – Kian Amini

2. Palkia Originale

Questo mazzo fonda la sua forza su un archetipo che abbiamo visto diverse volte su Pokémon GCC e che possiamo brutamente riassumere con la frase: “Menare davanti, menare dietro, l’importante è menare”. Palkia Originale V ASTRO garantisce ingenti danni se sono presenti tanti Pokémon in panchina – su entrambi i lati. Greninja Lucente e Inteleon invece hanno ottima sinergia con Palkia e colpiscono i Pokémon nella panchina avversaria.

Carte chiave

Strategia

Lo scopo del deck è aggiungere più Pokémon possibili in panchina al fine di potenziare l’attacco di Palkia: Sottospazio Amplificato – 60 danni più 20 per ogni Pokémon nelle due panchine. Le altre fonti di attacco sono: Idrodardo di Inteleon con 120 danni più 20 danni a uno dei Pokémon nella panchina del tuo avversario; Greninja Lucente che mira a fare danni dietro con Lame Lunari – 90 danni a due Pokémon in panchina.

Greninja è molto importante anche come supporto: il suo attacco fa scartare delle energie, che possono essere usate per caricare altri Pokémon in panchina in sinergia con Astro Portale di Palkia.

Decklist

Regionali di Lille (22 ottobre 2022) – Owyn Kamerman

Variante: Kyurem Palkia

Regionali Indonesia (29 ottobre 2022) – Ferco Fido

3. Mew Genesect

Dieci mesi fa parlavamo di Mew Genesect come probabilmente uno dei migliori mazzi di quel meta. Lo è ancora oggi e – dato il suo design – è praticamente uguale alla sua versione originale.

Carte Chiave

Strategia

Per dettagli sulla strategia di Mew Genesect, vi rimandiamo al nostro articolo precedente sul meta di Colpo Fusione.

Decklist

Regionali di Lille (22 ottobre 2022) – Fabio Battistella

4. Blissey V

Terminiamo la nostra carrellata dei migliori mazzi di Origine Perduta con il deck più economico che può dire la sua in questo meta. Blissey V ha due importanti vantaggi: se inizia bene è devastante; praticamente non ci sono mazzi lotta nel meta attuale che possano sfruttare le debolezze di Blissey V e Miltank.

Carte chiave

Strategia

Tutta il mazzo ruota sul mettere Blissey V in condizione di fare danni il prima possibile con Esplosione Gioiosa: “Questo attacco infligge 30 danni in più per ogni Energia assegnata a questo Pokémon. Se hai inflitto dei danni con questo attacco, puoi assegnare a questo Pokémon fino a tre carte Energia dalla tua pila degli scarti”. In altre parole, bisogna lavorare su due fronti per un unico scopo: scartare carte energia e caricarle su Blissey V con il suo attacco.

Tutto il resto del mazzo fornisce supporto per aumentare i punti vita di Blissey e mantenerlo al massimo dei suoi HP con cure come Iperpozione e Asciugamano del Team Yell. Miltank invece garantisce match up relativamente semplici contro Pokémon V grazie all’abilità Corpo Prodigio: “Previeni tutti i danni inflitti a questo Pokémon dagli attacchi dei Pokémon-V del tuo avversario”.

Decklist

Regionali di Lille (22 ottobre 2022) – Jamie Frankland

Categorie
Editoriali

I 5 migliori videogiochi (veramente) ispirati a Lovecraft

Halloween è alle porte e, come ogni anno, non può mancare la mia ricerca sui videogiochi horror; in particolare, c’è sempre spazio per un aggiornamento sui uno dei miei autori preferiti: Howard Philips Lovecraft, il Copernico della letteratura dell’orrore. Nel vasto mare di internet trovate svariate liste con i migliori videogiochi ispirati a Lovecraft, contenenti anche videogame che parlano di vampiri e licantropi, creature volutamente abbandonate da H.P. Lovecraft.

L’horror secondo Lovecraft è basato su pochi argomenti, tutti raccontati in modo originali e imprevedibile. La base è composta da due elementi: paura e follia. A partire da queste condizioni psicologiche, l’universo lovecraftiano si compone di fantasmi, libri maledetti ed entità aliene come l’arcinoto Cthulhu. La mia top 5 dei videogiochi ispirati a Lovecraft parte dalle basi ed esclude tanti celebri – e bellissimi – videogiochi per concentrarci sull’orrore nato a Providence.

1. Eternal Darkness: Sanity’s Requiem

Un grande mistero dei videogiochi è come Silicon Knights sia fallita dopo aver prodotto uno dei migliori survival horror di tutti i tempi; in realtà, il motivo è semplice: Eternal Darkness vendette meno di 500 mila copie, nonostante la critica lo definì una vera e propria killer application di su Nintendo Gamecube.

Eternal Darkness ripercorre la complicata vita di tutti i personaggi storici che sono venuti a contatto con il Necronomicon, il libro dei morti, inclusa Alexandra Roivas che si è imposta di risolvere il mistero dell’omicidio del nonno. Questo gioco del 2002 è ambientato tra i miti di Cthulhu e rappresenta il miglior esperimento videoludico ispirato alle opere di Lovecraft, tanto da avere anche una barra della sanità mentale tra le statistiche dei personaggi.

Eternal Darkness vince la classifica dei migliori videogiochi ispirati a Lovecraft

2. Darkest Dungeon

Darkest Dungeon – e il nuovissimo Darkest Dungeon 2 che abbiamo provato in accesso anticipato – sono dei giochi di ruolo roguelike basati sull’esplorazione di luoghi pregni di malvagità e avversari terrificanti.

Esattamente come in un racconto di Lovecraft, Darkest Dungeon tiene conto della pressione psicologica che i mostri – ma anche l’oscurità – provocano sugli esseri umani; infatti, è praticamente impossibile terminare il gioco solo con quattro avventurieri; il videogiocatore deve dosare al meglio le energie, e gli eroi, per arrivare fino alla fine dell’orrore, ricco di aberrazioni e Grandi Antichi.

darkest-dungeon-2-gameplay

3. Call of Cthulhu

Il titolo parla chiaro: il gioco, survival horror del 2018 sviluppato da Cyanide e pubblicato Focus Home Interactive, è basato sul racconto breve: “Il richiamo di Cthulhu” di H.P. Lovecraft. Call of Cthulhu non è tecnicamente perfetto, ma è molto fedele all’horror secondo Lovecraft.

La trama narra di Edward Pierce, un investigatore privato in piena depressione, che sta investigando su strani casi di omicidi ed eventi soprannaturali; in particolare, il videogioco di Cyanide prende ispirazione anche dai racconti: “La Maschera di Innsmouth” e “Il modello di Pickman”, oltre che dal gioco di ruolo cartaceo: “Call of Cthulhu”.

4. The Sinking City

Questo videogioco ha una storia torbida fatta di mancati pagamenti di royalty e rimozione da Steam. Non ha neanche ricevuto dei titoli esaltanti da parte della critica, ma Frogwares sta comunque lavorando a un seguito grazie alle buone vendite dichiarate dalla casa di sviluppo.

The Sinking City è un videogioco action-adventure in terza persona ambietato nella città (finta) di Oakmont durante gli anni ’20 del novecento. La trama si basa sul trovare una riposta al perché delle terrificanti visioni che perseguitano Cahrles W. Reed, investigatore privato e veterano di guerra.

The Sinking City è uno dei migliori videogiochi ispirati a Lovecraft

5. Bloodborne

Se questa fosse la lista dei giochi tecnicamente migliori basati su Lovecraft, Bloodborne di FromSoftware sarebbe al primo posto. Purtroppo per gli appassionati della casa di sviluppo nipponica, il mio interesse è stilare una lista in cui le opere di Lovecraft siano al centro dell’attenzione e questo videogioco non lo è abbastanza – ed è anche molto di più di un gioco ispirato a Lovecraft.

Bloodborne è un souls-like, che come tale punisce il giocatore alla prima occasione. Non è direttamente basato sui racconti di H.P. Lovecraft, ma l’ispirazione è molto accentuata; infatti, la scrittura di gioco si basa su creature che hanno aberranti poteri sovrannaturali, che ricordano chiaramente i Grandi Antichi di Lovecraft. Allo stesso tempo la città di Yharnam è quanto di più simile possibile alle malsane ambientazioni dell’autore di Providence.

Extra – Cult of the Lamb

Il 2022 ci ha portato un’opera che non ha esattamente le tinte cupe e piene di insanità mentale di Lovecraft, ma che può essere un’interessante chicca se avete già giocato tutti i videogiochi di questa classifica.

Cult of the Lamb – che abbiamo anche recensito – è un mix tra un roguelike action e un gestionale, sviluppato da Massive Monster e pubblicato da Devolver Digital. Il videogioco ci mette nei panni di un agnello che è stato salvato dalla morte da una divinità denominata: “The One Who Waits”. La lore di gioco rievoca chiaramente i Grandi Antichi di H.P. Lovecraft e ogni dubbio viene fugato dall’aspetto, casuale, dei nostri seguaci che ricalca il bestiario dell’autore americano – e dalla quantità di tentacoli presenti nel gioco.

Cult of The Lamb è uno dei migliori videogiochi ispirati a Lovecraft

Esclusioni Eccellenti

Diffidate dalle imitazioni: svariati videogiochi horror sono proposti come ispirati al mondo di Lovecraft, ma non tengono conto dell’evoluzione che lo scrittore ha portato al genere, abbandonando diversi temi del tempo. Due in particolare: antichi castelli e vampiri; per questo motivo non ha senso accostare H.P. Lovecraft a videogiochi come Resident Evil, Vampyr e – anche se potrà sembrarvi strano – Amnesia: The Dark Descent.

Un discorso più complesso andrebbe fatto per tutte quelle opere che si ispirano all’evoluzione del pensiero di Lovecraft. Lo scrittore Stephen King e il regista John Carpenter hanno preso molto dal loro antenato, ma le loro opere non possono definirsi lovecraftiane, poiché c’è molto di più – e tanto di diverso – nei libri di King e nei film di Carpenter. Per questo motivo, ho escluso da questa classifica: Carrion, e tutti giochi in stile La Cosa, e Alan Wake, che prende a piene mani da diverse fonti.

Infine, va fatto un discorso ad hoc per Silent Hill. L’opera nipponica ricorda il racconto L’orrore di Dunwich; inoltre, il gioco è ambientato negli Stati Uniti. Però, anche se Silent Hill sembra molto ispirato al mondo di Lovecraft, non dobbiamo dimenticare che si tratta di un gioco giapponese e chiunque abbia avuto modo di approfondire la cultura – e l’horror – della nazione asiatica sa quanto gli spiriti e l’onirico siano amati dagli autori del Sol Levante. Basti pensare che in Giappone esiste il termine “Kwaidan”, un’unica parola che significa: “Storie di Fantasmi”.

Categorie
Editoriali Guide

Digimon Card Game: i migliori mazzi del meta

Dopo aver esaminato le regole e le meccaniche base di Digimon Card Game, in questo articolo ci addentriamo nel suo Meta, ovvero la conoscenza dei mazzi più forti e performanti del momento, presentando anche una panoramica degli archetipi basati sui colori delle carte.

I colori dell’arcobaleno

Come in molti altri TCG, primo fra tutti Magic, in Digimon le carte sono divise in base al loro colore.

Salvo rare eccezioni, ogni mazzo ha un solo colore dominante, sebbene negli ultimi tempi abbiano fatto la loro comparsa anche diversi mazzi multicolori. Il colore del mazzo determina le sue principali caratteristiche.

In modo simile a Magic, anche in Digimon cardgame avremo sei colori a disposizione.

Rosso

In Digimon Card Game, rosso è sinonimo di aggressività. Caratteristica comune di tutti i mazzi rossi è infatti la capacità di girare più carte dalla security avversaria con un solo attacco.

Questo crea una forte pressione, mettendoci in condizione di vincere la partita in pochi turni. Altra abilità caratteristica è piercing, che permette al Digimon attaccante di girare una security anche nel caso in cui il suo attacco venga rivolto contro un Digimon avversario (a patto naturalmente di riuscire a distruggerlo).

Le opzioni rosse inoltre spesso permettono di distruggere i pezzi avversari (anche più di uno alla volta), aumentando ulteriormente la potenza d’attacco di questi mazzi.

Blu

La parola d’ordine del colore blu è controllo. Numerosi effetti dei Digimon e delle opzioni blu infatti ci permettono di accrescere la nostra memoria (talvolta persino nel turno avversario), auqmando il nostro spazio di manovra e allo stesso tempo ponendo sempre l’avversario nella situazione di ritrovare i suoi piani scombinati.

I mazzi blu spesso hanno un draw power immenso (ovvero pescano molte carte extra) ed effetti offensivi molto insidiosi. Per esempio: posseggono la fastidiosa abilità di rimbalzare i Digimon in mano al loro proprietario o peggio, direttamente in fondo al mazzo.

Verde

Similmente al rosso, anche il verde è un colore prevalentemente offensivo.

I punti di forza dei mazzi sono: la capacità di riuscire a calare velocemente un alto numero di creature; evolvere molto rapidamente i propri Digimon.

Questo grazie ai costi di evoluzione molto bassi e all’abilità digisorption, che permette di evolvere gratuitamente il nostro Digimon; in questo caso, però, la nuova creatura entrerà in campo spossata.

I mazzi verdi, inoltre, sfruttano la possibilità di spossare i Digimon avversari, riuscendo a mantenere facilmente il vantaggio numerico sul terreno. Queste meccaniche, combinate al temibile piercing, rendono i mazzi verdi estremamente solidi e difficili da contrastare.

Ogni nuova espansione garantirà moltissimi nuovi mazzi

Giallo

La forza del colore giallo è da individuare nella sua incredibile capacità difensiva.

La caratteristica principale dei mazzi gialli sta nell’abilità recovery, che sposta le carte del mazzo direttamente nella zona security aumentando di conseguenza il numero di attacchi necessari all’avversario per vincere la partita.

Alcune carte gialle permettono persino di guardare le carte nella nostra security e riposizionarle a nostro piacimento.

Infine, è degna di nota la capacità delle carte gialle di andare ad azzerare i DP dei Digimon avversari, spedendoli nella pila degli scarti aggirando persino gli effetti in grado di proteggere dalla distruzione.

Viola

Punto di forza dei mazzi viola è l’enorme facilità nel distruggere i Digimon avversari. Le opzioni viola infatti hanno numerosissimi effetti in grado di decimare i pezzi dell’avversario, spesso anche a costi di memoria molto contenuti.

Tra le abilità più insidiose dei Digimon viola c’è da segnalare senz’altro retaliation. Grazie a questa abilità il nostro Digimon potrà distruggere qualsiasi Digimon nemico con cui combatterà, anche quelli con DP molto superiori.

Infine, viola gioca sfruttando la pila degli scarti, con abilità in grado di riportare in gioco i nostri Digimon eliminati o di sfruttare l’alto numero di carte scartate per innescare effetti davvero devastanti.

Nero

La meccanica dominante del colore nero consiste nel creare digimon con una linea evolutiva vastissima e, di conseguenza, con moltissimi effetti ereditari sotto di loro.

Questo porta alla messa in campo di un Digimon con un numero elevatissimo di effetti, in grado di fornire al suo possessore un enorme vantaggio nell’andamento della partita.

I mazzi neri inoltre possono contare sull’abilità dedigivolve, che fa scartare il Digimon di livello più alto della linea evolutiva dell’avversario, regrendendolo al livello precedente e talvolta causandone anche la distruzione.

Meccaniche speciali

In questa sezione andremo a discutere alcune meccaniche di gioco più specifiche, che hanno caratterizzato – o caratterizzano tuttora – il meta di Digimon Card Game Queste conoscenze sono utili per familiarizzare con alcuni degli aspetti più complessi e particolari del gioco.

Digimon Card Game presenta davvero un alto numero di meccaniche e strategie particolari.

Gli ibridi

Gli ibridi (Hybrids in inglese) sono una tipologia di carte Digimon accomunate da una caratteristica peculiare. Tutti i livelli 4 ibridi possono infatti digievolvere direttamente da una carta Tamer (come avveniva nella serie Digimon Frontier).

Questa particolarità li rende pericolosissimi; infatti, se la carta tamer si trova sul terreno dall’inizio del turno, il nostro mostriciattolo ha la facoltà di attaccare immediatamente dopo aver digievoluto.

L’espansione BT7 ha visto il dominio assoluto dei mazzi basati sugli ibridi, in virtù della loro grande versatilità, velocità ed imprevedibilità. Oggi, pur non essendo più dominanti nell’attuale meta di Digimon Card Game come in passato, restano carte molto importanti e possono facilmente fare la differenza tra vittoria e sconfitta.

Evoluzione DNA

L’evoluzione DNA (o Jogress in giapponese) ci permette di “fondere” insieme due dei nostri Digimon per dare origine ad una nuova e più potente creatura. Questa evoluzione permette notevoli vantaggi.

Il nuovo Digimon entra in campo a costo zero (donandoci comunque la sua pescata per la digievoluzione). Anche nel caso in cui i due Digimon originali fossero spossati, il nuovo mostro entra in campo recuperato.

Questa meccanica è stata introdotta dallo Starter Deck numero 9, dedicato ad Imperialdramon. Sebbene non siano ancora molti a mazzi a sfruttare la digievoluzione DNA, essa ha mostrato enormi potenzialità e non stupirebbe affatto se tornasse presto alla ribalta con nuovi e potentissime combinazioni anche nell’attuale meta di Digimon Card Game.

Gli X Antibody

X Antibody, oltre ad essere il nome di una carta opzione, è anche il nome di un intero archetipo di carte Digimon.

Saliti alla ribalta con l’espansione BT-9, queste carte hanno la caratteristica di evolvere a costi bassissimi (a volte anche nulli) da Digimon che condividano il loro nome.

Questo peculiarità permette la creazione di “pile” evolutive molto lunghe e consistenti, che forniscono un alto numero di effetti “ereditati”, di solito molto forti e in grado di proteggere il nostro Digimon dalle carte nemiche.

Fin dalla loro prima comparsa gli X Antibody si sono imposti nel meta di Digimon Card Game, andando a modificare in modo significativo lo stile di diversi mazzi.

Fino a BT-9 i giocatori tendevano a privilegiare la presenza di vari Digimon sul campo. Grazie agli X antibody, invece, la priorità è diventata evolvere fin dall’area di breeding il nostro Digimon.

Questo porta a mettere in campo una creatura terrificante, dotata di una linea evolutiva lunghissima e di numerosissimi effetti, in grado di renderlo estremamente difficile da eliminare e di decimare facilmente le forze nemiche.

I mazzi del momento

Per concludere, esaminiamo alcuni dei mazzi che hanno caratterizzato le ultime fasi del’attuale meta di Digimon Card Game. Molti di questi mazzi hanno vinto o quantomeno dominato gli ultimi grandi eventi legati al gioco competitivo.

Prima di cominciare, è importante precisare come il gioco sia in evoluzione costante, di conseguenza alcuni di questi mazzi potrebbero non essere più così performanti già dalle prossime settimane. Tuttavia resta interessante analizzarli per accrescere la conoscenza delle dinamiche e dell’evoluzione del gioco.

Alphamon

Alphamon è probabilmente il mazzo più completo e performante del’attuale meta di Digimon Card game.

Grazie al basso costo delle sue evoluzioni e al numero davvero incredibile di effetti che riesce ad accumulare nella breeding zone, Alphamon è facilmente in grado di decimare i Digimon avversari e allo stesso tempo di azzerare le carte nell’area security in brevissimo tempo.

Come se non bastasse, praticamente tutte le carte del mazzo hanno X antybody tra i loro tratti, creando fortissime sinergie con molte altre carte dell’espansione bt9, dedicata proprio a questo archetipo (il tamer Cool Boy su tutte).

Grande punto di forza del mazzo sono anche i suoi numerosi Tamers, in grado di dare ad Alphamon un ulteriore sprint verso la vittoria.

Il primo cavaliere reale in tutto il suo splendore.

Metalgarurumon-X antybody

Per molti giocatori, il mazzo più forte in assoluto è Metalgarurumon-X Antybody. Non a caso ha riportato anche vittorie importanti negli ultimi regionali italiani, svoltisi a Parma e Malpensa Fiera.

La forza principale di questo mazzo sta nella sua incredibile velocità, che consente al giocatore di iniziare ad attaccare già dopo aver raggiunto il livello 5 correndo pochissimi rischi grazie alle abilità difensive dei Garurumon X.

In più, come ogni mazzo blu che si rispetti, anche questo permette di pescare moltissime carte e offre un alto numero di fastidiose opzioni in grado di inceppare facilmente le offensive nemiche.

Infine, anche in questo caso i costi di evoluzione saranno molto contenuti, permettendo di schierare in breve tempo un gran  numero di pericolosi Digimon dotati di numerosi e letali effetti.

Metalgarurumon è il sovrano dei mazzi veloci ed aggressivi

Grandis Kuwagamon

Pur non avendo la stessa stabilità e varietà di altri mazzi dell’attuale meta di Digimon Card Game, Grandis possiede una forza offensiva impareggiabile.

Grandis Kuwagamon è facilmente in grado di chiudere ogni partita in pochissimi turni grazie alla: combinazione di un numero elevatissimo di security attack +1 (abilità che consente di girare una carta security aggiuntiva dopo ogni attacco); capacità di spossare i digimon avversari; abilità piercing.

Di contro, per poter attuare la sua strategia il mazzo avrà bisogno giocoforza di vedere le sue carte principali, data la mancanza di strategie alternative davvero valide; di conseguenza, una serie di pescate sfortunate potrebbero costare davvero caro al giocatore.

Le sfide a Digimon TCG spesso saranno una vera partita a scacchi

Wargreymon X Antybody

Anche il mazzo Wargreymon X Antybody fa della velocità e della potenza offensiva il suo punto di forza, in virtù dell’enorme potenza d’attacco dei suoi Digimon e della presenza di numerosi bonus Security attack +1.

In più, sia Wargreymon che la pericolosa opzione Delicate Plan rendono inefficaci le opzioni nell’area Security dell’avversario, permettendo di chiudere la partita con pochissimi attacchi.

Come se non bastasse, Wargreymon X ha l’abilità di accrescere la memoria del giocatore attraverso le security scartate, rendendo ancora più semplice infliggere il colpo di grazia.

Lo scarso numero di opzioni presenti nel mazzo non consente però al giocatore una buona fase difensiva.

Il temibile Wargreymon anche nel gioco di carte avrà una potenza offensiva enorme

D-reaper

Tra i mazzi analizzati, D-reaper è forse il più particolare. La nostra carta migliore, D-reaper Mother, esce infatti direttamente dall’area Breeding.

Compito del giocatore sarà andare a potenziare Mother attraverso i Searcher (non c’è limite al numero di copie di questa carta nel mazzo) che permettono di giocare gratuitamente il terribile Reaper, in grado di chiudere la partita in un singolo turno.

Il mazzo ha anche un incredibile potere difensivo, in virtù di un gran numero di creature in grado di attivare i loro effetti direttamente dalla security una volta girati dall’avversario.

Se tuttavia la strategia dovesse per qualsiasi motivo fallire, questo comporta quasi inevitabilmente la sconfitta, avendo il mazzo pochissime alternative offensive.

Il mazzo D reaper è croce e delizia per molti giocatori

Security Control

Mazzo che combina i colori giallo e viola in strategie estremamente insidiose e “snervanti”.

Questi mazzi, presenti nel gioco in un gran numero di varianti, sfruttano gli effetti recovery, in grado di andare a “rigenerare” la security inserendo al suo interno le carte del mazzo, talvolta persino scegliendole.

Oltre a questo, i mazzi Security Control giocano un gran numero di opzioni in grado: di azzerare i DP dei Digimon avversari; di riportare dagli scarti le proprie creature; di mandare i Digimon nemici direttamente nella security avversaria, aggirando qualsiasi effetto protettivo.

Altra caratteristica di Security control è l’altissimo numero di Tamers, i quali, soprattutto nelle fasi avanzate della partita, finiscono col fornire al giocatore vantaggi davvero enormi.

Unica pecca di questi mazzi è la loro lentezza iniziale, che permette a mazzi veloci ed aggressivi di andare a decimarli, prima che siano anche solo in grado di abbozzare una risposta.

Le meccaniche evolutive saranno la chiave per la vittoria in quasi tutti i mazzi.

Imperialdramon

E terminiamo con una vecchia gloria: Imperialdramon, che ha come base un semplice structure deck, in grado di imporsi grazie alla sua incredibile velocità e forza d’attacco.

Il mazzo di Imperialdramon è uno dei pochi a sfruttare a pieno la meccanica dna evolution, che consente una serie di evoluzioni a costo zero e, di conseguenza, consente al giocatore di sferrare una lunghissima serie di attacchi.

Imperialdramon sfrutta inoltre la meccanica jamming, che permette ai Digimon di sopravvivere alle battaglie in security con Digimon più potenti di loro. Infine, essendo sia verde che blu, il mazzo imperialdramon ha accesso ad un alto numero di opzioni che gli forniscono una stabilità notevole.

Pur non essendo più performante come al momento dell’uscita, questo mazzo resta una validissima alternativa, anche in virtù dei suoi prezzo molto ridotto rispetto ad altri mazzi del formato.

Categorie
Editoriali

Siamo tutti schiavi del Battle Pass

Di recente mi sono nuovamente appassionato ad Overwatch 2, arena shooter di cui ho amato il primo capitolo. Oggi però non voglio parlarvi del gioco in sé – è un gran bel titolo, giocatelo – ma del modello di monetizzazione adottato dalla Blizzard: il sempre più diffuso Battle Pass.

Cos’è il Battle Pass? Sostanzialmente Blizzard – o qualsiasi altra casa di sviluppo – propone un sistema di livellamento in cui ad ogni level up è associata una ricompensa: una skin; uno sticker; una emote; valuta di gioco o quant’altro. In genere si sale di livello completando sfide giornaliere o settimanali create dagli sviluppatori, o semplicemente giocando e rigiocando.

Secondo le software house, questo sistema esiste per “venire incontro” ai giocatori, ed evitare di ricorrere a brutture come le odiatissime – ma compratissime – lootbox. Fin qui verrebbe da pensare: «Cavolo, gioco e mi ricompensano pure, meglio di così!». Ed in effetti sembrerebbe di essere tornati ai bei vecchi tempi, quando per sbloccare qualcosa dovevi giocare, e non aprire il portafoglio.

Battle Pass: Fortnite Battle Royale
Indovinate chi ha sdoganato il Battle Pass?

Purtroppo la realtà è ben diversa: la mano al portafoglio bisogna metterla in ogni caso, perché qualsiasi battlepass esistente è suddiviso in due tier, uno gratuito, l’altro a pagamento. E indovinate dove stanno le ricompense decisamente migliori? Proprio così, nel Battle Pass pagamento, per la sorpresa di nessuno. Volete la nuovissima skin cyberdemon di Genji? Bene, preparatevi a sborsare una decina di euro per il Premium Battlepass, perché quella skin la trovate solo lì. Non avete voglia di pagare? Allora dovrete accontentarvi della skin di Winston con un berretto militare.

È giusto? Personalmente credo di sì: gli sviluppatori dovranno pur trarre profitto dal loro prodotto – Overwatch 2 è free to play – ed è inutile pensare che tutto ci sia dovuto, in quanto giocatori e clienti. La domanda che mi faccio però è un’altra: il Battlepass mi rispetta in quanto cliente e videogiocatore? Che rispetto ha del mio tempo?

Battle Pass Free di Overwatch 2
Ecco a voi Winston in tuta mimetica, miglior ricompensa del pass free

Ciò di cui non ho ancora fatto menzione è proprio la natura “stagionale” dei tantissimi battlepass in circolazione. Perché sì, voi potete pure comprare il Premium Pass, ma sappiate che avrete un tempo limitato per sbloccare quel per cui avete pagato. Ed è così che il gaming “tradizionale” vira pericolosamente verso il gaming mobile, prendendone alcuni tra gli aspetti peggiori.

Ora quindi mi ritrovo “costretto” a giocare ad Overwatch 2, o qualsiasi altro titolo, perché devo completare le sfide quotidiane, le settimanali, poi quelle stagionali. E poi devo giocare comunque un variabile numero di partite al giorno, altrimenti al livello 60 del pass proprio non ci arrivo. E speriamo che non capiti alcun imprevisto nella vita reale: se per un motivo qualsiasi non posso videogiocare per qualche giorno, come recupero il tempo perso?

80 gradi di “divertenti” sfide giornaliere, non vedo l’ora

È così che il reparto marketing di questa o quella azienda riesce a creare il cosiddetto engagement: una sorta di “impegno” del cliente verso il prodotto consumato. O in parole povere, io che devo giocare ad Overwatch 2 ogni giorno, pena il perdere le esclusive ricompense del Battle Pass. Ricompense di cui probabilmente me ne fregherebbe poco, in altri contesti.

Ma dato che al reparto di marketing hanno studiato bene la lezione, sanno benissimo che ricompense “a tempo limitato”, “esclusive” sono l’esca perfetta per qualsiasi essere umano. Figuriamoci allora per noi videogiocatori, completisti come siamo. Perdere la skin del pass perché sono troppo pigro per completare il percorso stagionale o non ho abbastanza tempo? Impensabile. E poi quella skin tornerà disponibile in futuro? E Quando? Se non torna come faccio?

Ed ecco a voi che facciamo la conoscenza di un’altra simpaticissima dinamica di mercato: la famigerata fomo; Fear of missing out, letteralmente paura di perdersi qualcosa, ancora peggio se artificialmente esclusivo. Allora quale sarebbe la soluzione al problema? Semplice, le sfide me le farò piacere. Ed il tempo lo troverò in qualche modo. Una non soluzione, in poche parole.

Battle Pass: Call of Duty Warzone
Ormai lo si trova in ogni titolo, di qualsiasi genere

E se per caso a me piacessero due o tre titoli con un sistema di progressione simile? Questo ovviamente non è contemplato nella logica del Battle Pass. Engagement a tutti i costi, a discapito del tempo del videogiocatore. Dedicare il proprio tempo solo ed unicamente a quel titolo, perché di tempo ne serve tanto.

Ora vi racconto la mia di esperienza, quella con il primo Overwatch. Gioco pagato 60€, preordinato addirittura. Mai acquistato una singola lootbox, ho solo aperto quelle che venivano assegnate ad ogni level up. Insomma, in soldoni dopo circa 200 ore di gioco mi ritrovavo con una miriade di skin leggendarie, emote, scene per la play of the game, icone, emote e tutto il resto. E mi preme precisare che di skin leggendarie ne avevo davvero tante, almeno una ventina, più altre decine e decine tra epiche e rare. E potevo acquistare le skin che più mi piacevano grazie alla valuta di gioco.

Veniamo ad Overwatch 2. Non ho speso un euro, non ancora almeno. Con circa una trentina di ore all’attivo, mi ritrovo con una skin di Winston col berretto militare, un’icona ed un paio di sticker. Basta. Se volessi le skin del Premium Battle Pass, devo pagare, e mi ci dovrei anche dedicare anima e corpo al gioco.

Le scatole più odiate di sempre. Ma meno odiate del battlepass per quanto mi riguarda

Paradossalmente ora per avere le vecchie skin leggendarie dovrei pagare altri soldi, perché le lootbox gratuite non esistono più. O meglio, è possibile accumulare 60 gettoni a settimana, ma una skin leggendaria costa anche 2000 gettoni. Quindi un grind lungo 9 mesi, per un’unica skin.

A questo punto la domanda sorge spontanea: ma il Battle Pass mi conviene davvero? Ma le lootbox facevano davvero così schifo? La risposta è sì, anche le lootbox sono delle brutture di marketing, ma quantomeno mi davano la possibilità di giocare quanto e quando volevo, e soprattutto non sentivo la necessità di cacciare fuori un solo euro in più o di loggare perché dovevo completare le missioni giornaliere. E oltretutto ricevevo molte, molte più rewards rispetto al sistema Battle Pass.

Questa è la natura tirannica del Battle Pass: un sistema di monetizzazione apparentemente innocuo; un sistema che in realtà punta a tenerci incollati a quel titolo, tra reward, missioni giornaliere e quant’altro; un sistema che non rispetta il mio tempo.

Categorie
Editoriali

Return to Monkey Island è un’anacronistica necessità

“Salve, sono Guybrush Threepwood, temibile pirata”: quanti di noi sono cresciuti con questo tormentone nella testa, agli inizi degli anni ’90, quando le avventure grafiche spopolavano tra i videogiocatori di Amiga? Era il 1990 e la Lucasfilm, poi Lucasarts, nota casa di produzione cinematografica già autrice di pietre miliari nel genere videoludico come Zak McKraken, Indiana Jones e Loom, tirò fuori dal cilindro The Secret of Monkey Island, avventura grafica che innumerevoli notti insonni regalò ai giovani dell’epoca, almeno nel mio caso). Il recentissimo Return to Monkey Island riprendere esattamente da dove eravamo rimasti, con l’obiettivo di chiudere la trama.

La storia

Protagonista della serie è Guybrush Threepwood, temibile pirata o quasi, che in realtà di temibile il personaggio ha ben poco: lo si può definire tranquillamente un farfallone, ironico e rubacuori, un molto ma molto fortunato piratucolo trovatosi nel momento giusto e al posto giusto. Ed è su questa linea che Ron Gilbert, geniale creatore della serie, fa proseguire il suo “vero” terzo capitolo dopo ben 31 anni dall’ultimo episodio. Return to Monkey Island (sviluppato TerribleToyBox con la collaborazione della Lucasfilm). È un ritorno al passato, un cerchio che si chiude, la ciliegina sulla torta, un “padre di famiglia” che finalmente ha deciso di raccontare la fine della storia, a noi che avendo giocato ai primi due capitoli a suo tempo un po’ tutti figli di Gilbert lo siamo.

Return of Monkey Island è un toccasana in questi tempi, in cui le avventure grafiche non vanno più di moda e dove le nuove generazioni rincorrono sparatutto con grafica fotorealistica. Si tratta di un ritorno alla sana ironia e al filone dei videogiochi dove è ancora necessario usare il cervello per arrivare alla fine.

A dire la verità, per quanto Return to Monkey Island sia un gioco con una trama che può essere completata in circa una decina di ore in modalità difficile (RTMI ha anche una modalità “leggera” con meno enigmi che impedisce ogni tipo di frustrazione), il mio consiglio è di prendersela comoda, di conoscere tutti i personaggi, di sperimentare ogni dialogo perché signori, il tutto vale davvero il prezzo del biglietto!

Ok bello, ma tecnicamente?

Tecnicamente Gilbert non si è molto discostato dal concetto del vecchio SCUMM, innovandolo però con una nuova interfaccia che prevede che il cursore identifichi gli oggetti con i quali si può interagire “suggerendo” l’azione da intraprendere in base agli oggetti stessi. La grafica, per quanto in fase di anteprima sia stata criticata da buona parte della comunità videoludica di appassionati e non, risulta a mio avviso ben riuscita, centrando perfettamente la caratterizzazione dei vari personaggi, dai protagonisti alle comparse. Gli enigmi sono ben calibrati riuscendo, nel contempo, a rappresentare una sfida adeguata senza appesantire la storia di sfide troppo cervellotiche che porterebbero alla frustrazione del giocatore.

Gilbert tra l’altro lo aveva anticipato nelle sue varie interviste prima dell’uscita del titolo, il 19 settembre: ha dovuto, in fase di realizzazione, privilegiare enigmi quanto più possibili lineari per andare incontro alla generazione attuale di videogiocatori, non disposta a sacrificare più tempo del dovuto come magari nei primi anni ’90. In quest’ottica, altro supporto ai videogiocatori è dato dal libro degli aiuti, disponibile sin dai primi istanti nell’inventario di Guybrush e utilizzabile a piacimento. “Se il giocatore si barcamena cercando aiuti su internet, tanto vale che glieli diamo direttamente noi del team di sviluppo, che il gioco l’abbiamo creato” ha affermato Ron Gilbert.

Quella mente geniale di Ron Gilbert

La trama di Return to Monkey Island

La storia di Return to Monkey Island inizia esattamente dallo stesso punto in cui è finito il secondo capitolo, prendendo la piega che probabilmente aveva in mente Gilbert sin dal principio. Certo, ha dovuto fare i conti col passato e con il fatto che prima di RTMI sono usciti altri tre capitoli, ma grazie a dei flashback narrativi e al libro dei ricordi, il giocatore viene riportato immediatamente sui giusti binari della storia.

Sono passati anni da quando Guybrush ha cercato di mettere le mani sul Segreto di Monkey Island, di fatto non riuscendoci a causa del malvagio pirata fantasma Le Chuck che si è rivelato avere il suo stesso obiettivo. Ora si ritrova di nuovo sull’isola di Melee: tante cose sono cambiate ma non la voglia del nostro eroe di scoprire il Segreto. Venendo a sapere che Le Chuck sta mettendo su una ciurma per salpare verso l’Isola della Scimmia, trova il modo di salpare anche lui.

Tutto qui?

Le cose si complicano quando entra in gioco anche un trio di pirati improbabile, salito alla ribalta come nuovo comando pirata dell’isola di Melee e che, attraverso la magia oscura, cerca anch’esso il Segreto alleandosi a fasi alterne, con una spruzzata di un pò di sano doppiogiochismo piratesco, con Le Chuck. Ci saranno nuove isole da esplorare e nuovi personaggi da incontrare, ma anche alcune conoscenze di vecchia data: i riferimenti al passato sono numerosi lungo tutto il gioco, e avremo nuovamente a che fare con Carla, Stan, Otis, Herman.

Se una nota si può appuntare a Ron Gilbert è che, a volte, è davvero estenuante dover andare da un punto all’altro della mappa perché magari ci si rende conto di non aver preso un oggetto…ma d’altronde, è questo lo spirito di un’avventura grafica (peraltro i tempi di percorrenza vengono efficacemente ridotti), fino allo scontro finale, il faccia a faccia tra Guybrush e Le Chuck da tutti atteso, scontro in cui colui che ne uscirà vittorioso avrà finalmente in mano il desiderato Segreto di Monkey Island!

Conclusioni

RTMI è un gioco da provare, adatto sia a chi non ha mai avuto a che fare con un’avventura grafica e non conosce la saga, sia ai fan di vecchia data di Guybrush per i quali diventa un “must have”, imprescindibile prosecuzione (e fine?) del percorso fatto finora tra isole, spade, vascelli e zombie fantasma.

Return to Monkey Island è un gioco di altri tempi di cui si sentiva proprio il bisogno, un prodotto quasi anacronistico ma tremendamente attuale per chi lo aspettava da ben 31 anni. Sembra ieri aver lasciato Guybrush e affini in quel criptico finale di Monkey Island 2, e oggi eccoci qui, con in mano un bellissimo seguito in cui i dialoghi, la satira, l’ironia ci accompagnano nell’opera, forse, di commiato di Ron Gilbert. Saluteremo probabilmente Ron, ma in futuro credo proprio che la saga proseguirà. Monkey Island continuerà a vivere e quel piratucolo senza nessuna speranza con un nome più assurdo della sua ambizione avrà ancora altre avventure da affrontare.

Categorie
Editoriali

Digimon Card Game: storia e basi del nuovo gioco di carte collezionabili

Ah, Digimon! Sebbene i mostriciattoli Bandai Namco non siano mai riusciti ad eguagliare la popolarità dei loro “cugini” Pokèmon, è indubbio come anch’essi siano stati in grado di crearsi una solida fanbase, soprattutto in Giappone. E così, al secondo tentativo, Digimon Card Game è diventato il gioco di carte collezionabili interessante e coinvolgente che gli appassionati aspettavano.

Scopo di questo articolo sarà fornire una guida sulle caratteristiche principali e sulle regole del gioco, in modo da aiutare i potenziali nuovi giocatori ad orientarsi nel fantastico mondo dei Digimon.

Le origini

Nati come versione alternativa dei famosi Tamagotchi nel 1997, i Digimon raggiunsero la popolarità nel 1999 grazie alla loro prima serie animata, Digimon Adventure. La serie ottenne un ottimo successo e fu la prima di ben 10 stagioni, l’ultima delle quali, Digimon Ghost Game, è tuttora in svolgimento.

Il successo dell’anime consentì all’universo dei Digimon di espandersi in una lunga serie di altri media, tra cui manga, videogiochi e un gran numero di merchandising di ogni genere.

Tra tutti questi media non potevano certo mancare le carte collezionabili. Digital monster card game vide la luce nel 1999 e fu distribuito in tutto il mondo, Italia compresa. Tuttavia, lo scarso successo del gioco portò ben presto al suo abbandono, dopo l’uscita di una sola espansione. Nonostante tutto, però il franchise di Digimon riuscì ad imporsi come presenza costante, soprattutto in Giappone, creando una solidissima fanbase pronta a sostenere sempre e comunque gli amati mostri digitali.

Buona la seconda!

https://youtu.be/6qwYMHqnZwA

Nel 2020, in concomitanza col lancio della nuova serie anime, remake dell’originale Digimon Adventure, Bandai ha deciso di riprovarci, lanciando in tutto il mondo Digimon Card Game, un gioco totalmente nuovo e all’avanguardia.

Questa volta, nonostante la pandemia da Covid-19, il successo del gioco è stato davvero notevole, permettendogli di guadagnarsi un posto nella top ten dei cardgame più venduti, accanto a brand storici come Magic, Yu Gi Oh e Pokèmon .

La ragione di questo successo, oltre che nell’affetto dei fan per i Digimon, è da ricercare nelle meccaniche del gioco. Esse infatti riescono ad essere intuitive e allo stesso tempo a permettere un numero enorme di strategie e stili differenti.

Anche la bellezza delle Artwork (le immagini sulle carte), quasi sempre davvero ispirate e accattivanti, ha avuto un ruolo importante nella buona ricezione del gioco.

Come giocare

Tipologia di carte

Digimon Card Game: tipologie di carte

In Digimon Card Game, il mazzo di ogni giocatore sarà composto da 50 carte, né una di più né una di meno. Il giocatore potrà inserire al massimo 4 copie della stessa carta (a meno di particolari eccezioni).

All’inizio della partita, le prime cinque carte del mazzo verranno poste in una pila separata, andando a formare la cosiddetta security. Scopo del gioco sarà riuscire ad esaurire la security del nostro avversario e riuscire ad attaccarlo direttamente. Come farlo? Ma, naturalmente, grazie ai nostri cari Digimon! Il nostro mazzo infatti sarà composto da tre tipologie differenti di carte: carte Digimon, carte tamer e carte opzioni.

Le carte Digimon saranno quelle maggiormenti presenti all’interno del mazzo. Ognuna di esse avrà un livello (di solito da 3 a 7), un costo, i suoi punti di attacco e un costo di evoluzione (ci torneremo tra poco). Naturalmente, molti Digimon saranno anche dotati di effetti, scritti all’interno del corpo della carta e infine di effetti “ereditari” (abbiate pazienza!), situati nella parte inferiore della carta.

La carte opzione sono l’equivalente delle magie di magic e Yu-Gi-Oh! Hanno normalmente costi abbastanza elevati ed effetti di ogni genere, spesso in grado di ribaltare l’esito delle varie sfide. Per poterle giocare, però, sarà necessario controllare un Digimon o un tamer del medesimo colore (o dei medesimi colori) dell’opzione che andremo a calare.

I tamer, infine, una volta messi in gioco, rimarranno nel nostro terreno fino alla fine della partita. Sono dotati di utilissimi effetti continui in grado di dare una grossa mano al giocatore nell’impostazione delle sue strategie. Talvolta sono anche dotati di effetti “in entrata”, che scatteranno nel momento in cui il nostro tamer toccherà il terreno. La caratteristica che rende queste carte davvero insidiose è il fatto che entreranno in gioco anche nel momento in cui il nostro avversario le girerà attaccando la nostra pila delle security, ignorando persino il costo.

Costi e memorie

Digimon Card Game: le carte Digimon

Abbiamo più volte menzionato il costo delle carte. Come sarà possibile per  il giocatore pagare quello che andrà a giocare? Grazie ad una delle meccaniche più innovative di questo gioco, ovvero la barra della memoria.

All’ avvio della partita, il primo giocatore inizierà con 0 memorie. Ogni carta da lui giocata andrà a fornire memorie all’avversario e viceversa. Il turno di ogni giocatore terminerà nel momento in cui le sue memorie andranno in negativo.

Se per esempio il primo giocatore giocasse una carta dal costo di due memorie, il secondo inizierebbe il suo turno con a disposizione, appunto, due memorie. Giocando una carta a costo 3, terminerebbe il suo turno lasciando il primo giocatore con solo una memoria a disposizione.

È dunque possibile giocare da subito Digimon molto potenti, ma questo comporterà un alto dispendio di memorie, cosa che consentirà all’avversario di giocare numerose carte ed impostare la sua strategia.

È dunque evidente come la gestione della memoria a disposizione sia uno dei concetti chiave per la buona riuscita di qualunque strategia del gioco. A questo proposito, i tamer hanno spesso tra i loro effetti il settare la memoria iniziale del giocatore a tre, fornendo un vantaggio davvero notevole.

Evoluzioni e Breeding

Ma come riuscire a mantenere la nostra memoria e allo stesso tempo giocare i nostri mostri più potenti in Digimon Card Game? Ma naturalmente grazie al marchio di fabbrica dei Digimon: la digievoluzione (o evoluzione, in originale).

A partire dal livello 3, infatti, ogni Digimon presenterà, oltre al suo costo di gioco, anche un costo di evoluzione. Sarà possibile evolvere la nostra creatura semplicemente posizionando un Digimon di un livello superiore e del medesimo colore sopra al Digimon che abbiamo in gioco. I Digimon di livello 3 evolvono dai livelli 2, i livello 4 dai livello 3 e così via. L’evoluzione avverrà pagando un costo decisamente inferiore rispetto al normale costo di gioco.

Per dare un’idea, i Digimon di livello 6 hanno di solito costi di gioco altissimi (quasi sempre intorno alle 10 memorie) mentre evolvendoli da un livello 5 li pagheremo tra le 2 e le 4 memorie.

Non sarà necessario invece, come accade in Pokèmon, rispettare le linee evolutive di cartone ed anime. Ogni Digimon può evolvere in moltissime forme diverse, purché esse siano del medesimo colore e rispettino la scala dei livelli.

Come se non bastasse, il nostro Digimon erediterà anche le abilità del Digimon da cui evolerà. Ricordate l’area situata nella parte bassa delle nostre carte? Si tratta precisamente delle abilità “ereditate”, ovvero quelle che guadagnerà il nostro Digimon una volta evoluto, che andranno a rendere la nostra creatura ancora più pericolosa. Come ulteriore incentivo, ogni volta che eseguiremo un’evoluzione pescheremo gratuitamente una carta, azione quasi sempre vantaggiosa in un card game.

All’interno di questa meccanica riveste un ruolo fondamentale la cosiddetta “Area Breeding”. Oltre alla 50 carte del mazzo, infatti, il giocatore potrà disporre di un mazzo supllementare, formato da un massimo di 5 carte. Questo mazzo ospiterà i nostri Digimon di livello 2.

Questi teneri cucciolotti saranno impossibilitati a combattere e persino ad essere schierati in campo, ma saranno un’ottima base per dare il via alla nostra “scaletta” evolutiva. I Digimon di livello 3 infatti quasi sempre possono evolvere da un livello 2 gratuitamente, permettendo una pescata gratuita.

All’inizio di ogni turno di Digimon Card Game avremo la possibilità di spostare il nostro Digimon dalla zona breeding al terreno di gioco, senza alcun costo. Starà ancora una volta al giocatore decidere se gettare il suo Digimon nella mischia il prima possibile o se invece tenerlo al sicuro fino al raggiungimento del suo massimo potenziale (i Digimon nella zona breeding infatti non possono essere attaccati né bersagliati da alcun effetto).

Le battaglie

Digimon Card Game: booster pack

E veniamo al cuore del nostro gioco, ovvero le battaglie. Come abbiamo già accennato ad inizio articolo, infatti, scopo del gioco è riuscire ad attaccare direttamente il nostro avversario con uno dei nostri Digimon.

Tuttavia, un Digimon appena giocato non ha facoltà di attaccare (a meno di abilità specifiche), ma dovrà attendere un turno per poterlo fare. Se invece evolveremo la nostra creatura potremo attaccare subito, a patto che il nostro Digimon si trovasse già nel terreno all’inizio del turno. Infine, i Digimon che vengono spostati dalla zona breeding possono attaccare subito in qualsiasi caso.

Al momento delle dichiarazione di attacco, i nostri Digimon verranno “spossati” (la carta verrà cioè girata orizzontalmente) e potranno riprendersi solo all’inizio del turno successivo. Non sarà possibile attaccare Digimon recuperati (cioè in piedi), mentre potremo tranquillamente rivolgere i nostri attacchi contro Digimon spossati (sarà quindi importante non esporci troppo ai contrattacchi avversari).

Non sarà invece possibile al giocatore che subisce un attacco difendersi coi suoi Digimon, a meno che essi dispongano di una specifica abilità, detta blocker, che consente ai nostri mostri di intercettare gli attacchi avversari. In caso di una battaglia tra Digimon, a prevalere sarà naturalmente quello coi DP più altri, mentre il perdente verrà posto in un apposito mazzo detto pila degli scarti.

Uno dei momenti decisivi della partita sarà quando i giocatori inizieranno ad attaccare le rispettive aree security.  Ad ogni attacco infatti la prima carta della pila delle security verrà rivelata. In questo caso avremo tre possibilità.

Nel caso di un Digimon, la carta verrà scartata, ma avverrà comunque la battaglia tra il Digimon attaccante e quello rivelato. Se i DP del digimon in security superano quelli dell’attaccante, anche quest’ultimo verrà distrutto.

Nell’eventualità di un tamer, esso verrà giocato gratuitamente, attivando tutti i suoi effetti. Infine, se verrà rivelata un’opzione, essa attiverà i suoi effetti automaticamente.

È dunque evidente come la composizione della security andrà ad influenzare pesantemente l’esito della partita, creando sempre situazioni di forte imprevedibilità.

Una volta che un giocatore avrà esaurito le sue security, un ulteriore attacco determinerà la sua sconfitta, sebbene sia possibile perdere anche esaurendo le carte nel proprio mazzo.

Supporto e prospettive

Come per altri card game, Konami ha fornito a Digimon Card Game un apparato estremamente ben organizzato. Atraverso il sito ufficiale del gioco, (munito anche di app dedicata) sarà infatti possibile ad ogni giocatore verificare i prodotti in uscita, consultare l’intero database delle carte e cercare i luoghi in cui partecipare ai tornei ufficiali.

Ogni giocatore potrà anche creare il suo account, attraverso il quale creare le proprie liste per i deck ed iscriversi agli eventi più importanti, durante i quali, sempre tramite app, sarà possibile ricevere in tempo reale gli abbinamenti e i risultati.

In questi primi anni di vita del gioco, l’impressione generale è che Bandai Namco creda molto in questo progetto e abbia riversato su esse molto impegno ed energie. Il pubblico, dal canto suo, ha finora reagito molto bene, portando ad ottime vendite del prodotto e ad una più che buona partecipazione agli eventi organizzati, sebbene molti di essi abbiano dovuto giofocoforza svolgersi a distanza tramite webcam.

Solo il tempo ci dirà se Digimin Card Game si rivelerà un fuoco di paglia o se i mostri digitali, forti dell’affetto incondizionato dei loro fan riusciranno a divenire una presenza fissa nel panorama dei giochi di carte collezionabili. E voi che farete? Darete una chance ai Digimon e al loro nuovo gioco?

Categorie
Editoriali

Pixel art e nostalgia: il nuovo millennio riscopre il passato

Un tempo fu “cathode-ray tube amusement device”: questo è il nome del primo gioco elettronico brevettato. Creato da Goldsmith e Mann e distribuito nel lontanissimo 1947, rappresenta il primo e ancestrale tentativo di utilizzare un sistema computerizzato (o calcolatore, per usare un termine opportunamente desueto) a scopo puramente ludico.

Il concetto alla base del gioco è molto semplice: un proiettile sparato dal bordo dello schermo deve colpire un bersaglio situato al lato opposto, sta al giocatore modificarne la traiettoria affinché arrivi a segno.

Da quel tempo post secondo conflitto mondiale (il tema bellico del “cathode-ray tube amusement device” non è certo un caso) il mondo video ludico si è espanso a dismisura, esplodendo dai primi anni 80 dello scorso secolo, fino raggiungere i confini del fotorealismo. Oggi contiamo milioni di videogame e decine di generi e sottogeneri che, negli anni, hanno preso il sopravvento a turno, tornando in auge per poi cadere nel dimenticatoio e riprendere quota.

In questa sede, piuttosto che analizzare i vari generi, affronteremo la questione di natura tecnica legata alla programmazione del videogame.

Cathode-ray tube amusement device

Stile rétro

Innanzitutto, c’è da fare una distinzione preliminare:

  • i giochi sviluppati in un certo modo a causa di limitazioni tecniche legate all’epoca della loro realizzazione;
  • i titoli più recenti sviluppati proprio in quel modo per le scelte stilistiche dei programmatori e degli artisti grafici;

Al primo gruppo appartengono i giochi del passato realizzati con quella che a posteriori è stata definita “Pixel Art”, a causa della scarsa risoluzione dei monitor. Al secondo gruppo appartengono i videogame sviluppati in ambienti evoluti e che appartengono ad un determinato stile per una precisa scelta degli sviluppatori e non a causa di limitazioni tecniche di sorta.

Monkey Island 2

Pixel Art

Ancora una volta restringiamo il campo ed andiamo ad occuparci del primo gruppo e dell’impatto straordinario (e involontario) che la Pixel Art ha avuto su tutto il mondo videoludico presente, passato e, forse, futuro.

Già, perché i videogame realizzati con i pixel ben in vista e in barba al fotorealismo e alla virtual reality, hanno fatto breccia nel cuore di appassionati di ogni età che, molto spesso, continuano a preferirli rispetto al melting pot di generi e tecnologie futuristiche tanto care ai best seller attuali.

Sia chiaro, le nuove generazioni di videogiocatori, quelle con il pad della playstation in mano (wireless e retroilluminato) digeriscono malvolentieri tale discorso, anzi, si aprono facilmente a smorfie se il viso del loro calciatore preferito non è stato riprodotto alla perfezione nell’ultima edizione di Fifa o del fu Pes. Ed è giusto che sia così: i titoli più venduti, più lavorati e più premiati hanno alla base motori grafici di sviluppo così avanzati che non avrebbe senso non sfruttare appieno.

Eppure, qualcosa sta cambiando…

Infernax

Ready Player One

Personalmente faccio partire questo nuovo filone filosofico/nerd/nostalgico dall’uscita, nel 2018, del film di Steven Spielberg “Ready Player One”, adattamento cinematografico del romanzo di Ernest Cline “Player One”. La pellicola ci trasporta in un tragico 2045, in cui la terra è allo stremo a causa di sovrappopolazione e inquinamento. Le città sono state inglobate l’una nell’altra trasformandosi in enormi baraccopoli.

L’unico modo che gli esseri umani hanno di evadere da una realtà grama è rappresentato da OASIS, un mondo virtuale straordinariamente complesso nel quale si può letteralmente vivere una seconda vita. OASIS non ha limiti proprio grazie alla tecnologia futuristica con cui è stato sviluppato e programmato. Tralasciando i risvolti di trama, andrò subito al punto che mi ha fatto, poi, mettere alla ricerca di altri indizi sparsi qui e lì negli anni: per salvare quel mondo virtuale straordinario, c’è bisogno di essere un vero appassionato di videogame vintage. Un nerd, se mi lasciate passare il termine.

Ready Player One

L’unico modo per salvare OASIS dalla distruzione è giocare ad “Adventure”, titolo rilasciato per Atari 2600 nel 1979, e che si impose come primo videogame di azione della storia, nonché il primo gioco in cui il proprio sviluppatore avesse inserito un easter egg (in termini video ludici, una sorpresa di vario genere che si può scoprire soltanto visitando un determinato luogo difficile da raggiungere e effettuando una serie precisa di azioni).

Il messaggio è molto chiaro: per superare la prova il “gioco non deve essere terminato ma soltanto giocato”. Insomma, piuttosto che godere delle meravigliose ed infinite potenzialità di OASIS, il segreto era divertirsi a giocare con un gioco che, visivamente, non è altro che un ammasso di pixel.

Un violentissimo ritorno al passato, un rimando alla cultura e alla tecnica che fu e che, dal mio punto di vista, cela un sottotesto ben più profondo del semplice gusto per i retro-game: ritornare al passato non significa essere nostalgici ma significa poter essere molto più felici senza essere puntualmente alla ricerca spasmodica del nuovo e del diverso.

Potrei fare una digressione entrando nel merito del concetto filosofico di “Decrescita Felice” teorizzato dal pensatore francese Serge Latouche, ma non è questa la sede.

Ready Player One

Videogiochi in Pixel Art

Da allora, comunque, da quel 2018, ho potuto notare tantissimi e potenti tentativi di celebrare il tempo che fu senza entrare nel merito del filone della Pixel Art che ritengo essere un esercizio di stile apprezzabilissimo, capace di sfornare titoli splendidi e capaci di creare franchise miliardari (pensate per un attimo a Minecraft) ma che non incarna il concetto del bello perché volutamente datato che cerco io.

Alt 254

Scovai un indizio evidente, invece, nel 2020, all’uscita dell’acclamato “Alt 254”, gioco sviluppato dalla Rename Studio che narra le vicissitudini di un unico pixel nero, all’interno di un mondo, appunto pixeloso.

Avete capito bene: nel 2020, il protagonista di un gioco è un unico pixel che si muove in un mondo fatto di pixel. E senza voler strizzare l’occhio ai giochi del passato, ma proprio volendo entrare in quella famiglia per restarci come membro accreditato.

Da lì una serie di altri tentativi più o meno evidenti di ritorno al passato.

Alt 254

Saga di Ori

E qui mi piace citare addirittura il secondo Ori “The Will of the Wisps” un titolo che mi ha aperto un mondo di ricordi, più di “The Blind Forest”, perché ho visto un richiamo ancora più potente e voluto al mitico Metroid.

Ho rivisto tantissimo Samus Aran nei volteggi dello spiritello della foresta Ori e ho rivisto ancora di più le meccaniche di gioco di Ori fare “occhiolino occhiolino gomito gomito” a quelle del gioco del 1986 e, perché no, un richiamo qui e lì alle atmosfere del pianeta Zebes.

La celeberrima scrittrice di gialli Agatha Christie diceva sempre una cosa: “tre indizi fanno una prova”.

Ori and The Will of the Wisps

Clash Royale

Personalmente però, pur essendo in possesso proprio dei tre indizi che vi ho poc’anzi citato, ho voluto aspettare ancora un po’ e trovarne un quarto che potesse avvalorare ancora di più la mia teoria.

Il fortunato evento è accaduto esattamente un mese fa, quando, SuperCell, casa di produzione del franchise “Clash”, si apprestava a lanciare la nuova stagione di “Clash Royale”, famosissimo e pluripremiato Android e iOS game al quale giocano ogni giorni milioni di utenti in tutto il mondo.

Il video di presentazione fu rilasciato, come al solito, sul canale ufficiale YouTube del gioco e mostrava uno dei personaggi storici, un barbaro, venire risucchiato da una sorta di buco nero che scopriamo poi essere un tunnel temporale che lo trasporta nel passato dove, udite udite, tutto, compreso il barbaro, sono un ammasso di pixel. Il nome della stagione? “Ritorno al passato”. Tutta la stagione, nelle sue sfide a tempo e nei suoi minigiochi, è stata un rimando, molto ben fatto, a “Ritorno al Futuro”, al primo “Mad Max” e ai giochi anni ’80.

Clash Royale: Clash From The Past

Conclusione

Il mondo dei videogame, dunque, continua a sperimentare e a vivere la sua naturale evoluzione tecnica e stilistica (lasciate però che un vecchietto come me possa avere un colpo a cuore nel vedere la grafica del tanto atteso “Return to Monkey Island”) ma è indubbio che ci sia una ricerca del passato, di quelle atmosfere e di quei “profumi” tipici del tempo che fu.

Non un nostalgico tentativo, però, di insegnare ai giovani quanto fossero belli gli anni 70,80 e 90 dello scorso secolo ma una vera e propria ripresa di quel mood che può, tranquillamente, coesistere con la tecnologia di ultima generazione.

E di questo, ammettiamolo, siamo tutti molto felici…  

Categorie
Editoriali

Super Smash Bros Ultimate: i segreti del gioco competitivo

Se c’è un prodotto recente che più di ogni altro ha saputo riportare l’attenzione dei videogiocatori verso il genere dei picchiaduro, questo è senza dubbio Super Smash Bros Ultimate: il titolo Nintendo, forte di un roster praticamente sconfinato, di un gameplay a prima vista semplice, accessibile e competitivo, e di un numero spropositato di modalità di gioco, è riuscito ad imporsi in modo deciso sul mercato, ottenendo un enorme successo di pubblico e critica.

In questo articolo andremo ad analizzare il competitivo di Super Smash Bros Ultimate spiegando: quali sono i concetti chiave e le principali tecniche da padroneggiare per imparare a farsi strada all’interno della natura più “professionale” di questo gioco; chi sono i numerosi personaggi del roster, in modo da fornire una piccola guida per chi volesse iniziarsi all’arte dei combattimenti smash.

Un party game particolare…

Un esempio di quanto smash possa essere caotico.

Come già spiegato nel nostro articolo sui migliori picchiaduro del 2022, Ultimate come i suoi predecessori mostra una duplice natura. Da un lato, infatti, il gioco si presenta come una sorta di party game, dall’altro alla base di tutto ci sono “mazzate”, con battaglie di gruppo all’interno delle quali intervengono molteplici fattori, spesso randomici.

Tra questi, i principali sono l’apparizione casuale degli oggetti (alcuni, come il martello di Mario, in grado di eliminare un avversario in pochissimi colpi) e le caratteristiche peculiari dei vari stage, che presentano trappole, ribaltamenti di prospettiva e veri e propri sconvolgimenti del campo di battaglia (ponti che crollano, colate di lava ecc…).

È chiaro come, con simili variabili in gioco, l’abilità del giocatore rischi di venire spesso condizionata dalla sfortuna, il tutto a favore di uno stile di gioco caotico e “folle” che permetta anche ai meno abili ed esperti di avere sempre almeno una chance di vittoria.

Super Smash Bros: anima di un picchiaduro competitivo

Super Smash Bros Ultimate: match competitivo

Tuttavia, Smash Bros nasconde anche un’anima da vero e proprio picchiaduro, in grado di soddisfare anche gli amanti delle sfide più complicate. Sebbene questa caratteristica non sia stata inserita in Ultimate, il capitolo precedente uscito per WII U e Nintendo 3ds permetteva, all’interno del comparto online, di scegliere tra modalità casual o competitiva.

Quest’ultima scelta proponeva incontri con lo stesso set di regole tipico dei tornei ufficiali, ovvero scontri 1vs1 o 2vs2 con un limite di vite (di solito 3), assenza quasi totale di oggetti, utilizzo di stage dalle dimensioni ristrette e senza alcun ostacolo al loro interno.

Provato in questa maniera, Super Smash Bros Ultimate cambia completamente pelle e diviene molto più simile ad un vero gioco competitivo.

Cominciare dalle basi

Super Smash Bros Ultimate: allenarsi per il competitivo
ecco il training stage, la palestra per ogni vero pro di Smash.

I movimenti base

Come in qualsiasi altro gioco di questo genere, il punto di partenza sarà padroneggiare i movimenti base: spostamenti, corsa, schivate e soprattutto i salti andranno provati e riprovati fino allo sfinimento. L’obiettivo primario di Smash, infatti, pur fra moltissime varianti, resta quello di non cadere dallo stage. È dunque evidente come avere un buon controllo sul proprio personaggio eviti cadute e altri errori banali che andrebbero letteralmente a regalare la vittoria all’avversario. Inoltre comandi come la parata e le schivate, poco usate negli scontri amichevoli, dovranno essere approfonditi in maniera importante, poiché risultano basilari per fronteggiare qualunque avversario dotato di una certa esperienza.

Naturalmente, ogni personaggio possiede un peso, delle dimensioni e una rapidità di movimento unici (o quasi), di conseguenza sarà fondamentale imparare anzitutto i movimenti di quei personaggi che si è deciso di provare e sulla quale puntare.

Mosse, mosse e ancora mosse

Una volta padroneggiati i comandi di base, occorrerà fare la stessa cosa col set di mosse dei personaggi. Sebbene infatti in Smash i pulsanti di attacco siano solamente due (uno per gli attacchi e l’altro per le mosse speciali) essi andranno a combinarsi con le varie direzioni dello stick analogico dando vita ad un parco mosse che, pur non essendo elevato come in altri picchiaduro (ad esempio Tekken) resta comunque piuttosto ampio. Oltre ad imparare tutti questi attacchi e riuscire a valorizzarli nel modo giusto, il giocatore dovrà anche imparare a concatenarli. Nonostante infatti in Smash non siano presenti delle vere e proprie combo, ogni personaggio dispone di alcune sequenze di attacco che, se messe in sequenza in una determinata maniera, non consentono all’avversario di interromperle (le cosiddette true combo). Inseriamo qui un breve video esplicativo.

Tuttavia, occorre non commettere l’errore di focalizzarsi troppo su queste sequenze: il giocatore potrebbe essere tentato di cercare forzatamente queste sequenze perdendo di vista l’andamento dello scontro e, cosa più importante, la naturalezza dei suoi spostamenti.

Conoscere il proprio avversario

Una volta padroneggiate tutte le tecniche del nostro personaggio resterà l’ultimo scoglio da superare, forse il più duro: l’apprendimento dell’intero parco mosse del titolo, in modo da essere in grado di conoscere punti di forza e debolezze del nostro avversario e saper impostare velocemente una strategia per contrastarlo.

Questa è naturalmente la parte più complessa di ogni picchiaduro, ancor più in un titolo come Super Smash Bros Ultimate con il suo numeroso roster ma è anche la chiave per riuscire ad essere competitivo ed elevare il proprio gioco per ottenere un livello di gioco davvero superiore.

Select your character!

Parlando di roster, troviamo personaggi di ogni genere, provenienti dai titoli più disparati, e non solo Nintendo. Individuare in Super Smash Bros Ultimate almeno un paio di character preferiti sarà un passo davvero fondamentale per il percorso del giocatore all’interno del titolo. Per aiutare i lettori a orientarsi, presentiamo ora una lista delle principali categorie in cui questi personaggi sono divisi, in modo da facilitare ad ognuno la scelta del proprio main.

Personaggi bilanciati

Sono validi sia nel combattimento ravvicinato che a distanza. Posseggono inoltre un buon bilanciamento tra velocità e forza d’attacco. Sono particolarmente indicati per i giocatori alle prime armi, poiché, pur non eccedendo in nulla, non hanno particolari debolezze. In questa categoria includiamo Mario, Yoshi, Ken, l’allenatore Pokémon, Samus Tuta zero, Sephiroth, Dr. Mario, Palutena, Little Mac Sora, Shulk e il Fighter Mii.

Personaggi oppressivi

Si tratta di lottatori estremamente veloci, capaci di combinazioni ed attacchi rapidissimi che li rendono pericolosi nel combattimento ravvicinato. Sono inoltri formidabili nelle combo e nel mettere sotto continua pressione l’avversario. Compensano di solito con una bassa resistenza ai colpi e ai lanci. Includiamo in questa categoria Fox, Falco, Wolf, Sheik, Pikachu, Daisy, Peach, Pichu, Jocker Diddy Kong.

Personaggi “mordi e fuggi”

Sono anche in questo caso personaggi rapidi, dotati di un attacco molto potente, sia a corto sia a medio raggio, ma di una bassa difesa. La chiave dunque sarà portare rapidi attacchi ed essere altrettanto veloci a portarsi in una zona sicura. Possiamo includere King Dedede, l’allenatore Wii Fit, Peach, Wario, Sonic, il ragazzo Inkling, Bayonetta, Sonic, Pit e Jigglypuff.

Grappler

Come intuibile, si tratta di personaggi estremamente forti, in grado di sfruttare le prese per lanciare facilmente gli avversari a lunga distanza e causare ingenti danni. Questi punti di forza sono compensati con velocità ridotte e, talvolta, con dimensioni notevoli che li rendono facili bersagli. Includiamo in questa categoria Bowser, Ganondorf, Donkey Kong, Incineroar, Ridley, Nes, Luigi e gli Ice Climbers.

Personaggi a medio raggio

Molto simili ai bilanciati. La differenza sta nel fatto che in questo caso danno il loro meglio combattendo a media distanza, grazie alla lunga gittata dei loro attacchi base e alla forza delle loro mosse speciali. Il rovescio della medaglia è un set di autocombo e true combo più limitato e meno efficace a corto raggio. Di questo gruppo fanno parte Cloud, Lucario, Banjo e Kazooie, Lucas, capitan Falcon e Mr. Game and Watch.

Combattenti a terra

Questi lottatori danno il loro meglio nel combattimento a terra. Dispongono infatti di un set di attacchi estremamente potenti e veloci, in grado di mettere in crisi gli avversari che si vengano a trovare nel loro raggio d’azione. Non hanno combo particolarmente efficaci, ma compensano con l’enorme forza dei loro attacchi. Naturalmente, il loro punto debole è il combattimento aereo, in cui sono più vulnerabili a causa della poca mobilità. Fanno parte di questa categoria Terry, Roy, Ryu, Metaknight, l’eroe di Dragon Quest, Ike, Kirby, Little Mac e Steve.

Gli zoner

Controllo è la parola d’ordine di questi personaggi. Sono infatti dotati di un raggio d’azione molto vasto e di diverse mosse speciali a lunga distanza. Con questi lottatori la strategia consiste nel riuscire a tenersi sempre in una zona vantaggiosa tempestando di colpi l’avversario, in modo da riuscire a trovarsi sempre in una posizione di forza e impedendo all’avversario di esercitare pressione. Esempi perfetti sono Marth, Zelda, Samus, Olimar, Megaman, il Mii Gunner Mewtwo e Rob.

Le testuggini

Molto simili agli zoner ma con una strategia ancora più improntata sui proiettili e gli attacchi a distanza. La forza difensiva e il peso elevato di questi personaggi li rende difficili da spingere e danneggiare, dando loro ancora maggiori chance di causare danni ingenti grazie agli attacchi a distanza per poi infliggere il colpo di grazia. La maggiore debolezza di questi personaggi è la loro bassa mobilità, che li rende molto vulnerabili nel combattimento ravvicinato. Inseriamo in questo gruppo Link, Link bambino, Link cartone, Corrin, Byleth, abitante, lo Swordman Mii e il duo Duck Hunt.

Gli intrappolatori

Si tratta di personaggi piuttosto avanzati e non semplici da padroneggiare. Il loro punto di forza sta infatti nell’essere in grado di cogliere completamente alla sprovvista gli avversari creando vere e proprie trappole. Riescono a fare ciò attraverso le loro mosse speciali, che consistono in contrattacchi potentissimi o in tecniche particolari, come teletrasporti, proiettili manovrabili, esplosivi innescabili a comando e altre insidie simili. La vera sfida è comprendere le potenzialità di ognuno di questi attacchi speciali e riuscire ad usarli per incastrare l’avversario, bloccando le sue offensive e contrattaccando quando meno se lo aspetta. Fanno parte di questo gruppo Snake, Rosalinda, King K. Rool, Daraen, Bowser Jr., Simon e Richter Belmont, Pianta Piranha e Fuffy.

Panoramica privacy

Questo sito web usa Cookie al fine di fornire la migliore esperienza possibile. Le informazioni Cookie sono conservate sul tuo browser e hanno il compito di riconoscerti quando torni sul nostro sito web. Inoltre, sono utili al nostro team per capire quali seizioni del sito web sono maggiormente utili e interessanti.