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I 5 migliori cattivi di Final Fantasy

Dopo avervi raccontato i migliori protagonisti maschili di Final Fantasy, non possiamo non raccontarvi il rovescio della medaglia. Come è noto non esiste nessuna buona storia senza un buon antagonista. Ecco dunque anche la nostra classifica sui cinque migliori cattivi dei Final Fantasy!

Avvisiamo che nella lettura potreste incappare in qualche spoiler. Per descrivere a dovere i nostri cattivoni, infatti, abbiamo giocoforza dovuto parlare di alcuni eventi chiave della trama del gioco da cui provengono. Pronti ad abbracciare il lato oscuro?

5. L’imperatore (FFII)

Antagonisti dei Final Fantasy

L’imperatore, principale antagonista di Final Fantasy II (il cui vero nome è Mateus), è un antagonista davvero intrigante, nonostante la sua poca notorietà.

Colpisce anzitutto per il suo aspetto, estremamente elegante, ma allo stesso tempo minaccioso, con i suoi lunghi capelli e le unghie smisurate. Il viso dell’imperatore, con la sua espressione diabolica, troneggia alle spalle del logo del gioco, come a rimarcare la minacciosità della sua presenza. L’origine diabolica dei poteri di Mateus, frutto di un vero e proprio patto col diavolo, rafforza l’alone luciferino che questo personaggio emana.

Il malvagio sovrano concretizzerà presto anche coi fatti l’aura di terrore che lo circonda, rendendo la vita degli eroi di Final Fantasy II un vero inferno. Il secondo episodio della saga è certamente tra i Final Fantasy dai toni più cupi e tetri in assoluto, visto il numero di tragedie che i protagonisti devono affrontare. La causa di quasi tutte queste avversità è sempre la medesima: proprio il nostro Imperatore.

Indimenticabile il senso di sconforto che causa il suo ritorno dalla morte, in una versione ancora più demoniaca e spaventosa. Proprio quando i nostri eroi pensavano di essersi liberati di lui!

4. Kuja (FFIX)

Antagonisti dei Final Fantasy

Parlando di bellezza ed eleganza, il carismatico Kuja non ha davvero nulla da invidiare all’Imperatore. Fin dalle sue prime apparizioni, il nostro stregone si presenta come un personaggio estremamente enigmatico. Le sue reali intenzioni non traspaiono mai e nulla sembra turbarlo o scomporlo.

Sebbene Kuja appaia spesso al fianco di individui estremamente malvagi e pericolosi, come la regina Brahne e Garland, diventa ben presto chiaro che è proprio Kuja a rappresentare la minaccia più grande. Grazie alla sua astuzia e ai suoi piani machiavellici, Kuja si rivela in grado di volgere a suo favore qualsiasi situazione e riesce ad impossessarsi di praticamente ogni fonte di potere presente al mondo.

Una volta scoperta la verità sulle origini di Kuja, emerge anche tutta la tragicità di questo personaggio; il cattivo di Final Fantasy IX infatti sembra destinato sin dalla nascita a non essere altro se non un portatore di morte e devastazione. Il profondo legame che lo unisce al protagonista Gidan aumenta ulteriormente l’empatia che il giocatore prova nei suoi confronti, al punto che risulta davvero difficile considerarlo realmente malvagio.

Un’ultima nota merita la sua tamarrissima trasformazione finale nello stato di Trance, che lo rende davvero molto simile a Gogeta trasformato in Super Saiyan 4, cosa che regala sicuramente qualche punto in classifica al nostro Kuja.

3. Sin (FFX)

Antagonisti dei Final Fantasy

L’aspetto che più colpisce di Sin è il suo essere completamente diverso da tutti gli altri cattivi dei Final Fantasy. Qui non abbiamo a che fare con uno stregone, un sovrano corrotto o un essere demoniaco, ma con un vero e proprio Kaiju.

Sin infatti non è altro che questo: un gigantesco essere mostruoso che esiste al solo scopo di sconvolgere il mondo seminando terrore e distruzione. Combattere contro di lui equivale, almeno apparentemente, a sfidare le stesse leggi della natura e dell’esistenza. Una lotta disperata contro un destino che appare ineluttabile, vista l’apparente immortalità di Sin.

Un altro aspetto accattivante di Sin è il grosso mistero che lo circonda. Sebbene la vera identità della creatura venga rivelata abbastanza presto, i tanti interrogativi che lo avvolgono restano tali fin quasi alla fine dell’avventura. Una volta gettata luce su questi segreti, essi riveleranno una terribile ed agghiacciante catena di bugie, generata da un odio e da un rancore talmente grandi da riuscire a stringere il mondo intero in una vera spirale di morte per moltissimi anni.

Distruggere questa spirale ci ha fatto davvero sentire persone migliori e immaginiamo che lo stesso valga per tanti di quelli che, come noi, hanno dovuto confrontarsi con Sin e tutto ciò che rappresenta.

2. Kefka Palazzo (FFVI)

Kefka Palazzo, il principale antagonista di Final Fantasy VI, ha in effetti tutti gli elementi per essere considerato il cattivo perfetto.

Il suo look da giullare risulta comico e spaventoso allo stesso tempo e ricorda molto da vicino personaggi come Joker o Pennywise. Kefka, presentato inizialmente come un semplice servitore dell’imperatore Gestalt, cattura subito l’attenzione del giocatore con il suo carisma e con il suo essere costantemente sopra le righe.

Ben presto tuttavia, la follia che domina Kefka, frutto di un esperimento malriuscito dello scienziato Cid, si rivela in tutta la sua deflagrante forza distruttiva, rendendo subito chiaro chi sia il vero antagonista della storia. Parlando di cattiveria, crediamo che non solo tra gli cattivi dei Final Fantasy, ma in tutta la storia dei videogiochi siano davvero pochi i personaggi in grado di eguagliare la malvagità di Kefka.

Il modo in cui schiavizza la povera Terra, l’avvelenamento delle acque di Doma, la strage di Esper compiuta dal nostro stregone all’apertura del portale sono solo alcune delle atrocità commesse dal terribile giullare. La cosa peggiore è che in questi momenti Kefka non manca mai di mostrare il suo sadismo, sottolineato dal suono stridulo della sua risata, l’elemento che forse più caratterizza Kefka.

La sua ascesa a creatura divina, avvenuta dopo il suo tradimento ai danni dell’imperatore e la conquista della Triade della Discordia, trasforma Kefka in una vera calamità cosmica, dotata di un potere tale da devastare il mondo intero a suo piacimento. Lo scontro finale con Kefka, suddiviso in ben 4 fasi differenti, è uno dei momenti più epici dell’intera saga di Final Fantasy, reso ancora più incredibile da Dancing Mad, la stupenda colonna sonora che accompagna la battaglia.

Alla fine, solo la forza del legame che unisce i nostri personaggi, unita al loro desiderio di vita e libertà si rivela in grado di abbattere il folle pagliaccio. Può stupire non trovare Kefka al primo posto. Tuttavia, tutti i fan della saga avranno già capito chi occupa quella posizione.

1. Sephiroth (FFVII)

Se si analizza con attenzione la trama di Final Fantasy VII, Sephiroth risulta più una vittima che un antagonista. A guidare le sue azioni, infatti, è sempre la crudele entità Jenova.

É proprio la scoperta delle sue origini e del suo legame Jenova stessa a scatenare la follia distruttrice del leggendario Soldier. Inoltre, quel che succede a Cloud mostra chiaramente la terribile influenza che Jenova è in grado di esercitare attraverso le sue cellule.

Resta il fatto che Sephiroth è dotato di un carisma e di una forza che pochissimi personaggi della storia dei JRPG possono eguagliare. Il suo aspetto iconico, la sua chilometrica spada Masamune e la lunga chioma albina sono diventati elementi assolutamente iconici, immediatamente riconoscibili da chiunque conosca il medium videoludico.

Parte del fascino del personaggio deriva indubbiamente anche dalla canzone One Winged Angel. Questa traccia, che accompagna lo scontro finale con Sephiroth, è certamente una delle più riconoscibili e famose dell’intero panorama videoludico.

Sephiroth probabilmente non è il più malvagio tra i cattivi dei Final Fantasy. Non è nemmeno quello che suscita la maggior sensazione di paura e potere. Ma è certamente il più iconico antagonista dell’intera saga. Per capirlo, basta pensare alle sue apparizioni in saghe come Kingdom Heart o Super Smash Bros.

E poi, diciamocelo: come potevamo non premiare colui che ha commesso l’assassinio più famoso dell’intera storia dei videogiochi?

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Tetris NES battuto per la prima volta dopo 34 anni da un 13enne

La versione di Tetris per NES, ritenuta impossibile da completare anche dai fan più appassionati, ha finalmente perduto la sua imbattibilità. Il tredicenne Willis “Blue Scuti” Gibson ha raggiunto il livello 157 prima di vedere il gioco raggiungere il fatidico final killscreen, cioè lo schermo si blocca perché i quadrati scendono troppo velocemente.

Nonostante sia stata introdotta nel 2021 una nuova tecnica chiamata rolling, che prevede l’utilizzo della parte inferiore del controller, anche i giocatori più esperti si sono arresi intorno al livello 38. Ma non Blue Scuti di cui potete vedere qui il video completo dell’impresa.

Il nuovo record ha fornito nuova linfa vitale alla community di Tetris che si è posta quanto a lungo possa durare la longevità del gioco nato nel 1984 dalla mente del russo Aleksej Leonidovič Pažitnov. E il viaggio non sembra essere terminato; infatti, un videogiocatore potrebbe teoricamente raggiungere il livello 255.

In un modo o nell’altro, la community di Tetris, anche quella per la versione NES, continua a ricevere nuove sfide e ha ancora tanti motivi per continuare a giocare.

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Editoriali

Perché Super Mario RPG ha meritato un remake

Super Mario RPG è certamente uno dei giochi più importanti tra quelli usciti a novembre. Questa avventura infatti propone un incredibile mix tra i personaggi e le atmosfere della serie Super Mario Bros. (di cui abbioamo raccolto tutti i platform 2D) e la profondità e complessità delle meccaniche tipiche dei giochi di ruolo giapponesi.

Nel 1996, un’incredibile collaborazione tra Nintendo e Squaresoft (oggi Square Enix) diede vita all’ultimo gioco dedicato a Super Mario ad apparire sul glorioso Super Nintendo, ovvero Super Mario RPG: Legend of The Seven Stars. Mentre già stiamo provando la nuova fiammante avventura di Mario, lanciamoci alla riscoperta del gioco originale, per riportare alla luce una vera e propria gemma della storia dei videogiochi.

Un gioco per pochi

Super Mario RPG

Per chi, come me, ha vissuto in pieno i mitici anni 90, Super Mario RPG ha rappresentato un vero e proprio miraggio. Gli sviluppatori, infatti, vista la bassa popolarità del genere degli RPG in Europa, presero la (discutibile) decisione di non pubblicare il gioco in nessun mercato PAL.

Tuttavia, tutte le principali testate giornalistiche parlarono abbondantemente del gioco, attraverso anteprime e recensioni ricche di particolari e di immagini. Quelle semplici, piccole fotografie bastarono a portare me e tutti gli altri infelici possessori di uno SNES PAL a mangiarsi letteralmente le mani. I voti roboanti e i pareri entusiastici dei recensori non migliorarono la situazione.

Anche con l’ausilio di un adattatore, infatti, non era assolutamente possibile godere di questa fantasmagorica avventura, a causa della tecnologia obsoleta di questi dispositivi. Di conseguenza, come tanti altri, dovetti rassegnarmi a perdermi questo gioiellino. Diversi anni dopo, grazie all’emulazione, ebbi finalmente la possibilità di recuperare Super Mario RPG. Dopo averlo giocato e finito, dovetti riconoscere che la fama di quest’avventura era pienamente meritata.

Degno della sua fama

Il primo aspetto di Mario RPG a lasciare di stucco era indubbiamente il suo comparto grafico. Grazie ad un uso sapiente dell’ Advanced Computer Modeling, Squaresoft riuscì a dotare il gioco di una grafica assolutamente avveniristica, che nulla aveva da invidiare a giochi come Killer Istinct o alla serie Donkey Kong Country.

La grafica del gioco presentava infatti un simil 3D che, unito alla visuale isometrica, riusciva a creare una falsa idea di profondità. Grazie poi all’utilizzo di una macchina SGI (Silicon Graphics Incorporated), sia i modelli dei personaggi che i paesaggi risultavano per l’epoca davvero solidi e dettagliatissimi.

Anche il gameplay si rivelò assolutamente all’altezza della situazione. Il gioco di ruolo di Super Mario infatti proponeva il classico sistema dei combattimenti a turni, mutuato da serie come Final Fantasy o Chrono Trigger, di cui Square era un’assoluta maestra. Le fasi di esplorazione invece presentavano vari elementi mutuati dalla serie di Super Mario. Era ad esempio possibile saltare su varie piattaforme per raggiungere zone sopraelevate o interagire con alcuni particolari elementi dello scenario.

Per eliminare il problema degli scontri casuali, Square decise di rendere visibile ogni nemico presente nell’area. In questo modo era il giocatore stesso a decidere se impegnarsi in uno scontro o evitare semplicemente l’avversario. Per aumentare l’interattività nel corso delle battaglie, Super Mario RPG permetteva di compiere una serie di azioni, come premere ripetutamente il pulsante o schiacciare col giusto tempismo, per aumentare il danno inflitto da attacchi e incantesimi.

Tutti questi elementi contribuirono a fare di Mario RPG un gioco di ruolo solidissimo, bello da vedere, divertente da giocare ma anche molto ben strutturato. Ad aumentare ulteriormente la varietà contribuivano i numerosi mini giochi presenti, tra cui spicca la corsa in spalla al mitico Yoshi.

Alla ricerca delle sette stelle

Super Mario RPG

Anche la trama, pur senza essere eccessivamente originale, era assolutamente all’altezza. Nel prologo Mario penetra nel castello di Bowser per salvare la Principessa, vittima dell’ennesimo rapimento. Subito dopo la battaglia col tartarugone, però, fa la sua comparsa il malvagio Smithy, il quale getta nel caos il regno dei funghi.

Mario scopre ben presto che per sigillare il malvagio monarca nella sua dimensione è necessario recuperare i sette frammenti della Star Road. Per realizzare l’impresa Mario deve esplorare l’intero regno dei funghi. Nel corso del viaggi il baffuto idraulico visiterà un gran numero di location, tutte perfettamente caratterizzate. Il villaggio delle talpe, il mondo delle nuvole (raggiungibile tramite un’enorme pianta), il relitto affondato… ogni ambientazione risulta sempre originale, accattivante e interessante.

Un party sopra le righe

Anche il cast dei personaggi di Mario RPG era davvero vario e pittoresco. Oltre a Mario e alla Principessa, il giocatore avrebbe infatti potuto controllare per la prima volta Bowser. Inoltre, per l’occasione, Nintendo aggiunse due personaggi originali. Si tratta di Mallow, sorta di nuvoletta vivente armata di cembali e di Geno. Quest’ultimo altri non è che lo spirito della Star Road, che per l’occasione si è incarnato in una piccola bambola di legno.

Anche gli antagonisti risultano molto originali e ben diversificati tra loro. Oltre ai classici Koopa e Goomba, infatti, Mario dovrà vedersela con orde di strani mostri, orologi e spade giganti e persino una parodia dei Power Rangers. Tutti questi elementi fecero di Super Mario RPG un grandissimo successo e lo resero a tutti gli effetti il canto del cigno del mitico Super Nintendo.

Voi che ne dite? Avete già acquistato il nuovo Mario RPG? Vi sta piacendo? Commentate pure qui sotto per raccontare la vostra esperienza o, se preferite, i vostri ricordi della bellissima avventura originale.

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Broken Sword: Il segreto dei Templari – Videogiochi che ho amato

Attimi di silenzio, schermo nero, voce narrante del protagonista: “Parigi in autunno, gli ultimi mesi dell’anno e la fine del millennio. In questa città ho molti ricordi: bar, musica, amore… e morte. Così inizia Broken Sword, avventura grafica punta e clicca targata Revolution Software, pubblicata nel 1996, con protagonisti George Stobbart e Nicole Collard. Quegli attimi di silenzio che precedono quel breve ma intenso monologo, sembrano rappresentare gli occhi che si chiudono prima di addormentarsi e di iniziare un sogno, poiché cari lettori, Broken Sword è un’avventura indimenticabile, che continua a scorrere nelle vene anche decenni dopo.

Incipit

George Stobbart è un turista americano in visita a Parigi, e mentre è seduto al tavolino all’esterno di un bistrot intento a flirtare con la cameriera, resta coinvolto in un’esplosione che lo priva dei sensi. Prima che ciò accadesse aveva visto un clown entrare nel locale e poco dopo scappare via, capendo così, successivamente, che il pagliaccio sarebbe diventato l’indiziato numero uno.

Al nostro risveglio, nei panni di George, cominciamo a guardarci intorno, ed entrando nel bistrot scopriamo un cadavere al suo interno. Troviamo poi la cameriera sana e salva, un po’ stordita, e successivamente facciamo la conoscenza della polizia che ci interroga con le solite domande di rito, invitandoci poi ad andare alla stazione di polizia nel caso dovessimo ricordarci qualcosa.

L’inizio del gioco, dopo l’esplosione al bistrot.

Tornando in strada, oltre a vedere il bistrot disastrato, notiamo un’affascinante ragazza con una macchina fotografica e facciamo così la conoscenza di Nicole Collard, una fotoreporter a caccia dello scoop della vita, in grado di farla svoltare a livello professionale.

La chiacchierata con Nico è illuminante, poiché ci informa del fatto che avrebbe dovuto incontrare, in quei minuti lì al bistrot, un uomo chiamato Plantard (che distrattamente avevamo visto entrare nel bistrot, prima dell’esplosione), che le aveva accennato di avere informazioni su una serie di omicidi avvenuti in quel periodo, commessi molto probabilmente da una persona con diversi costumi.

Restiamo così coinvolti in una storia più grande di noi, ma ciò non farà desistere il nostro George Stobbart, con la collaborazione di Nicole Collard, ad indagare per voler scoprire di più sugli omicidi e sul misterioso assassino.

Trama di Broken Sword 1

La trama di Broken Sword è fin dal primo istante molto coinvolgente. Il modo in cui essa ci viene introdotta, narrata, fa sì che ci troviamo subito al centro di un qualcosa di avvincente. Partendo dalla serie di omicidi, indagando assieme a Nicole e parallelamente alla polizia, prenderemo una strada che ci porterà ai Cavalieri Templari, l’ordine monastico cavalleresco creato nel 1118 dall’aristocratico Hugo di Payns.

Questo rappresenta uno dei motivi che maggiormente coinvolge il videogiocatore, difatti in una fase di gioco – nell’appartamento di Nico – abbiamo modo di conoscere per bene la storia dei Templari, con tanto di scene di intermezzo che ci spiegano storicamente le vicende dei Cavalieri. Mi ricordo bene quanto rimasi affascinato da tutto ciò, anche perché personalmente non li conoscevo.

Location, personaggi ed enigmi

Ciò che balzava agli occhi, soprattutto in quegli anni, erano le location meravigliosamente disegnate, dettagliate, con colori nitidi e una definizione più alta rispetto ad altri giochi simili. La splendida localizzazione in italiano, la caratterizzazione di ogni personaggio, anche secondario, con enigmi sempre ben bilanciati ed un’ottima curva di apprendimento, contribuirono a rendere il gioco una perla nel panorama videoludico.

Da Parigi all’Irlanda, per poi passare in Spagna, ogni posto è realizzato in maniera credibile e con dovizia di particolari. Girare per l’Europa, fermarsi un attimo ad ammirarne i dettagli, è come guardare delle cartoline, o dei piccoli affreschi che popoleranno la nostra memoria per poi riposare lì in eterno.

I dialoghi con gli altri personaggi sono ricchi di ironia, sarcasmo, ma sanno essere anche piuttosto riflessivi e profondi (molte volte potremo scegliere anche noi come e cosa rispondere). Ciò che funziona molto è il carattere carismatico di George e l’intesa che si crea da subito con la fotoreporter Nicole Collard, nostra compagna di avventure, dotata di un bel caratterino, che spicca per iniziativa e doti investigative.

Un pub in Irlanda.

Broken Sword, lato enigmi, propone per la maggior parte quelli classici che coinvolgono l’inventario oppure la combinazione di più oggetti tra loro con altri sullo schermo e con gli stessi personaggi. Oltre a questa tipologia di puzzle ce ne sono anche altri che richiedono l’interazione dell’utente su certe parti dello schermo in uno specifico momento, come ad esempio infilarsi in una stanza proprio nel momento in cui un altro personaggio, che ci fa da guardia, viene attirato da un diversivo attuato da noi in precedenza.

Conclusione

Se siete amanti delle classiche avventure grafiche punta e clicca, se vi piacciono giochi che hanno nella narrativa la loro colonna portante e vi stuzzica il risolvere enigmi di ogni genere, Broken Sword (che ha anche una sua director’s cut con nuove sezioni di gioco) non può mancare nella vostra collezione. Anche i successivi capitoli – tra alti e bassi – sono assolutamente meritevoli di essere giocati. E personalmente non mancherò l’appuntamento con il stesso e nuovo capitolo della saga e la rimasterizzazione già annunciata del primo capitolo, in arrivo nel 2024: Broken Sword – Shadow of the Templars: Reforged.

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Tutti i platform 2D di Super Mario in ordine cronologico

Oggi è il giorno dell’esclusiva Nintendo Switch per eccellenza del 2023: Super Mario Bros. Wonder, nuovo capitolo in 2D della celebre saga platform. Quale occasione migliore per parlare dei giochi platform a scorrimento in 2D di Super Mario?

Un po’ di storia

Dietro la creazione di Mario (e di serie come Donkey Kong e The Legend of Zelda) c’è Shigeru Miyamoto, uno dei direttori creativi di Nintendo più celebri, da molti considerato uno dei padri del medium videoludico.

Donkey Kong – 1981

Mario fece la sua prima comparsa nel videogioco Donkey Kong (1981) col nome di “Jumpman”, gioco arcade, diventando rapidamente la mascotte di casa Nintendo. In questo gioco a piattaforme, dobbiamo salvare la sua fidanzata Pauline dal gorilla Donkey Kong, scalando i piani del palazzo, ed evitando gli ostacoli che il gorilla ci lancerà addosso.

Mario Bros – 1983

Due anni dopo, sempre come gioco arcade, uscì Mario Bros., spin-off della serie Donkey Kong, in cui esordisce anche il fratello di Mario, Luigi, e con lui la modalità a due giocatori. Mario diventa l’idraulico che tutti conosciamo, e il suo scopo è eliminare i nemici che escono dai tubi delle fognature di New York, specialmente le tartarughe (i Koopa Troopa).

Super Mario Bros. – 1985, NES

platform 2D Super Mario: Bros
Super Mario Bros. – 1985

Pubblicato su NES, console Nintendo a 8 bit, il gioco ci trasporta nel Regno dei Funghi, luogo pacifico popolato da creature con la testa a forma di fungo, i Toad. L’equilibrio viene rotto da Bowser (malvagio re dei Koopa Troopa) che conquista il regno, lo trasforma e rapisce la principessa Peach Toadstool.

Nel primo vero platform 2D di Super Mario dovremo salvare la principessa e riportare la pace nel regno, superando mondi popolati da ostacoli e nemici vari. Ad aiutarci, power-up come il Super Fungo, che raddoppia le dimensioni di Mario, il Fiore di Fuoco, che fa sparare palline infuocate, la Super Stella, che dona per pochi secondi l’invincibilità, ed il Fungo 1-up che regala una vita.

Come non citare poi l’iconica asta con la bandiera, che ad ogni fine livello dobbiamo afferrare per poterlo finire e andare al successivo, e le monete da raccogliere in giro. Nell’immaginario di tutti i videogiocatori di Mario e non solo, anche questi due elementi sono iconici, così come i passaggi Warp, scorciatoie per andare direttamente ad altri mondi.

Super Mario Bros.: The Lost Levels – 1986, Famicom Disk System

platform 2D Super Mario: Bros The Lost Levels
Super Mario Bros.: The Lost Levels – 1986

Il secondo capitolo, inizialmente pubblicato solo in Giappone e sul Famicom Disk System, segue le orme del primo, ma con un livello di difficoltà più alto, introducendo il fungo velenoso e confermando i power-up del predecessore. I salti richiedono più precisione e ci sono anche dei blocchi invisibili sui quali atterrare; pochi upgrade grafici, ma funzionali.

Il secondo platform 2D di Super Mario non arrivò subito in Occidente poiché Nintendo credeva che il livello di difficoltà fosse alto per quella fetta di pubblico. Venne distribuito successivamente, nel 1993, tramite la raccolta Super Mario All-Stars, che includeva il capitolo precedente ed anche quelli successivi, fino a Super Mario World, incluso però solo in un’altra edizione successiva.

Super Mario Bros. 2 – 1988, NES

Super Mario Bros. 2 – 1988

Il secondo capitolo di Super Mario, pubblicato inizialmente in Occidente e poi anche in Giappone nel 1992, fu quello che vedete nell’immagine più in bassos; un gioco del tutto differente dal vero secondo capitolo, cioè Super Mario: The Lost Levels, di cui abbiamo parlato qui sopra.

Super Mario Bros. 2 era una conversione di un gioco già esistente, vale a dire Doki Doki Panic, per l’occasione ritoccato graficamente e cambiato soprattutto nell’aspetto dei personaggi giocabili, difatti qui in ogni livello possiamo scegliere chi usare fra Mario, Luigi, Toad e la principessa Peach.

Ogni personaggio ha le proprie caratteristiche: Mario è il più equilibrato, mentre Luigi può saltare più in alto, Toad è piccolo e rapido, Peach è in grado di planare per qualche secondo. In certi livelli conviene usare uno piuttosto che un altro per superarlo più agevolmente.

Inoltre rispetto al Super Mario classico, non basta saltare sulla testa dei nemici per poterli eliminare, ma bisogna andarci sopra, premere il tasto per raccoglierli e scaraventarli contro ostacoli o altri nemici, eliminando così entrambi, o anche gruppi interi, a seconda della situazione.

Super Mario Bros. 3 – 1988, NES

platform 2D Super Mario: Bros 3
Super Mario Bros. 3 – 1988 – NES

Il terzo capitolo del platform 2D di Super Mario introduce come novità più sostanziali la mappa, l’inventario, una maggiore verticalità e power-up nuovi. Ogni mondo ha la sua mappa e noi dovremo entrare nei livelli muovendoci sulle relative caselle; è possibile spesso anche non affrontarli nell’ordine classico, ma scegliere una strada alternativa.

Gli upgrade grafici hanno permesso ai mondi di avere biomi più dettagliati e variegati. Ogni mondo ha il suo; il primo ha le classiche colline verdeggianti, il secondo è desertico, il terzo acquatico e così via. Ogni mondo ha mediamente almeno una mini fortezza e il castello (una nave volante) con la battaglia finale di quella mappa.

Ci sono dei minigiochi sparsi, che se fatti correttamente, possono donare vite ed altro. Alla fine di ogni fine livello c’è un box da colpire, che ha al suo interno lo scorrere veloce dei simboli di stella, fungo, fiore; quando completeremo 3 livelli, di volta in volta, a seconda della combinazione dei simboli colpiti sino a quel momento, avremo delle vite extra.

Tra i nuovi power-up troviamo la Super Foglia che dona a Mario la coda da procione, permettendogli di volare dopo aver preso la rincorsa (per qualche secondo e al massimo della velocità). Ciò aggiunge profondità al gameplay, verticalità e segreti piazzati in maniera anche più fantasiosa.

Super Mario Land – 1989, Game Boy

Super Mario Land – 1989

Titolo di lancio del Game Boy, Super Mario Land è anche il primo Super Mario ad uscire su console portatile. Il videogioco è stato diretto da Gunpei Yokoi, conosciuto per aver creato sia il Gameboy che i Game & Watch, una serie di giochi elettronici portatili. Super Mario Land è ambientato nella pacifica regione di Sarasaland, suddivisa in quattro regni: Birabuto, Muda, Easton e Chai.

Il gioco vede anche debuttare la Principessa Daisy, qui rapita da un alieno di nome Tatanga, che ipnotizza tutti gli abitanti del regno e rapisce Daisy con l’intenzione di farla diventare sua moglie. Toccherà come sempre a Mario attraversare i regni, sconfiggere tutti e andare a salvarla.

Super Mario World – 1990, SNES/Game boy Advance

platform 2D Super Mario: World
Super Mario World – 1990

Questo titolo, da molti ritenuto il miglior gioco in 2D della saga principale di Mario, amplia tutto ciò che c’era nel terzo capitolo della saga, migliorando la grafica, introducendo il dinosauro Yoshi (cavalcabile e in grado di mangiare i nemici), altri nemici, ampliando la mappa ed i livelli con segreti e strade alternative.

Graficamente ci fu un bel balzo rispetto al già ottimo terzo capitolo, con sfondi ancora più dettagliati, livelli, nemici, più vari, un level design ineccepibile che fa ancora storia.

Oltre al dinosauro Yoshi, in grado di trasformare i gusci rossi dei Koopa in fiamme per poter colpire i nemici, abbiamo la novità della piuma, che dona a Mario un mantello che lo rende in grado di volare per pochi secondi. Un altro power-up inedito è il palloncino P, che gonfia Mario e gli permette di galleggiare per un tempo limitato.

L’inventario ha una sua funzionalità anche in-game in quanto è possibile acquisire un power-up di riserva nel caso dovessimo essere colpiti, cosa che non accadeva nel terzo, dove i power-up si potevano utilizzare solo quando eravamo nella mappa, PRIMA di accedere al livello.

Super Mario Land 2: 6 Golden Coins – 1992, Game Boy

platform 2D Super Mario: Land 2
Super Mario Land 2: 6 Golden Coins – 1992

Il gioco si svolge su una mappa principale che rappresenta Mario Land, dove Mario è il Re, con il villain di turno che qui è Wario, invidioso del nostro idraulico baffuto e della sua popolarità fin da quando erano ragazzi.

Mario dovrà sconfiggere i capi delle 6 zone (Tree Zone, Space Zone, Macro Zone, Pumpkin Zone, Mario Zone e Turtle Zone) in cui l’isola è divisa, per recuperare le relative monete d’oro, una per ogni zona. Una volta fatto ciò, Mario potrà accedere alla fase finale del gioco e liberare il suo mondo dalle grinfie di Wario.

Wario Land: Super Mario Land 3 – 1994 , Game Boy

platform 2D Super Mario: Warior Land
Wario Land: Super Mario Land 3

In questo terzo capitolo guideremo lo stesso Wario che, dopo aver perso tutte le ricchezze accumulate sul finale del precedente capitolo, decide di mettersi contro dei pirati, i Brown Sugar, guidati dal Capitan Melassa. Quest’ultimi hanno rubato un’enorme statua dorata della principessa Peach dal Regno dei Funghi.

Lo scopo di Wario è di rubare questa statua, rivenderla a Mario e costruirsi un castello ancora più grande del precedente. Il gioco è ambientato su Kitchen Island, il covo dei pirati, isola suddivisa nelle seguenti zone: Spiaggia di Riso, Monte Teiera, Terra del Sorbetto, Canyon Stufa, Veliero Tazzaditè, Foresta di Prezzemolo, Castello di Melassa.

Super Mario World 2: Yoshi’s Island – 1995 – SNES

platform 2D Super Mario: World 2
Super Mario World 2: Yoshi’s Island

Il gioco ci fa vedere Baby Mario e Baby Luigi trasportati da una cicogna verso quella che diventerà la loro casa. Purtroppo il malvagio mago Kamek è al corrente di questo viaggio ed intercetterà i nostri piccoli eroi; durante il volo Baby Mario cade su un’isola e viene trovato da un gruppo di Yoshi.

Da qui in poi comincia il gioco, un viaggio di ritorno in cui noi comanderemo Yoshi e i suoi compagni, che di livello in livello, porteranno Baby Mario a destinazione, come in una staffetta.

Il gameplay cambia moltissimo dai precedenti giochi della saga, difatti qui usiamo Yoshi che trasporta Mario, ed ogni volta che subiremo dei danni Baby Mario comincerà a piangere e ad allontanarsi da noi, e noi dovremo riacciuffarlo in tempo per non compromettere la partita.

Va detto che il gioco graficamente è molto ben fatto, sfondi molto dettagliati, molte animazioni, colori vivi, accesi, come se fosse un disegno fatto con acquerelli o pastelli, ed ha un level design eccezionale.

New Super Mario Bros. – 2006, DS

New Super Mario Bros. – 2006

Pubblicato su Nintendo DS, questo titolo inaugurò il nuovo filone di platform 2D di Super Mario negli anni 2000. La storia è quella che conosciamo, dobbiamo salvare Peach, superando 8 mondi con più di 80 livelli in totale.

Tra power-up vecchi e nuovi, fra quest’ultimi abbiamo il guscio Koopa blu, che consente a Mario di nascondersi nel guscio ed eseguire poi il “tarta-scatto”; inoltre ha anche l’effetto di velocizzare il nuoto. Abbiamo poi il Megafungo che fa crescere Mario fino a dimensioni incredibili, distruggendo tutto ciò che trova sul suo cammino.

Il Minifungo fa ovviamente l’opposto e ci permette di entrare nei passaggi più piccoli, raggiungendo zone altrimenti inaccessibili; inoltre ci fa diventare così leggeri che possiamo correre sull’acqua e saltare più in alto.

New Super Mario Bros. Wii – 2009, Wii

platform 2D Super Mario: New Super Mario Bros. Wii
New Super Mario Bros. Wii – 2009

Il secondo capitolo di questa saga introduce una serie di novità, fra le quali spiccano:

  • Modalità cooperativa fino a 4 giocatori su schermo in contemporanea, in cui è possibile aiutarsi, oppure ostacolarsi a vicenda.
  • Nuovi power-up come l’Elmetto di Ghiaccio, che trasforma i nemici in blocchi di ghiaccio, Fiore di Ghiaccio, che fa sparare proiettili di ghiaccio
  • Veicoli come la Super Roulotte, che serve in determinati livelli.

Ci sono poi nuovi nemici, come i Fratelli Martello, e i Bowser Jr. Inoltre aumentano percorsi e passaggi segreti per una maggiore varietà e senso di sfida. Ovviamente la grafica è ulteriormente migliorata rispetto al precedente capitolo, vista la maggior potenza della Nintendo Wii.

New Super Mario Bros. 2 – 2012 , 3DS

New Super Mario Bros. 2 – 2012

Il gioco riprende lo stile del precedente capitolo uscito su 3DS, ed oltre a confermare il Mini-Fungo e il Mega-Fungo, vede il ritorno dell’amata Super Foglia di Super Mario 3. In questo titolo gioca un ruolo molto importante la raccolta di monete.

Il Fiore d’Oro trasforma i blocchi in monete, anelli che per un breve lasso di tempo trasformano i nemici in oro, ed una maschera che produce monete durante la corsa di Mario.

Ci sono 9 mondi che includono 94 livelli, quelli base, 44, sono numerati, mentre gli altri includono 15 livelli lettera, sbloccati con la scoperta di uscite segrete, 4 cannoni Warp, 6 torri, 9 castelli, 9 livelli arcobaleno e 7 case dei Boo.

New Super Mario Bros. 2 è il primo capitolo della serie ad introdurre DLC a pagamento, espandendo così la modalità Febbre dell’Oro, con livelli inediti in cui bisogna raggiungere obiettivi che riguardano il numero di monete raccolte.

Super Mario Maker – 2015, Wii U

Super Mario Maker – Wii U (2015)

Questi due giochi sono stati i sogni di milioni di videogiocatori: poter creare i propri livelli in un platform 2D di Super Mario, condividerli online e giocare quelli degli altri. Il primo usava bene le caratteristiche ibride della console di casa Nintendo, tra modalità portatile e quella su TV; ciò rendeva molto comoda la realizzazione di livelli, soprattutto con l’uso del pennino su schermo.

In questo primo capitolo è possibile la creazione di livelli con gli stili dei seguenti giochi:

  • Super Mario Bros.
  • Super Mario Bros. 3
  • Super Mario World
  • New Super Mario Bros U.

Super Mario Run – Mobile, 2016

In questo gioco non abbiamo il controllo diretto di Mario, che corre da solo, ma dobbiamo premere il touch al momento giusto e l’intensità del salto dipende dalla pressione del nostro dito sullo schermo, con i dovuti limiti. Ci sono poi delle meccaniche che ci fanno tornare indietro di qualche passo, nel caso volessimo recuperare delle monete.

Nella modalità “World Tour” dovremo raccogliere quante più monete possibili e arrivare al traguardo, sbloccando così i livelli successivi. Ci sono 6 mondi in tutto, con 4 livelli ciascuno, suddivisi in maniera identica (3 normali più fortezza), con eccezion fatta per l’ultimo, che ha 2 fortezze nel terzo e nel quarto livello.

C’è anche una modalità denominata “Sfide Toad” che ci permette di sfidare gli altri utenti nei vari livelli e un’altra per costruire il nostro personale Regno Dei Funghi, acquistando oggetti, decorazioni e piazzandole dove vogliamo.

Un’altra modalità è la “Remix 10”, in cui bisogna affrontare 10 livelli brevi ad un ritmo frenetico, per arrivare a salvare Daisy. Al termine di questi livelli comparirà un minigioco bonus che ci permetterà di avere altri elementi per abbellire il nostro regno.

Super Mario Maker 2 – 2019, Switch

Super Mario Maker 2 – 2019 – Nintendo Switch

Nel secondo capitolo troviamo le stesse possibilità del primo, con una miriade di possibilità in più per personalizzare i nostri livelli, soprattutto con l’aggiornarsi del gioco nel tempo. I livelli sono realizzabili con i seguenti stili:

  • Super Mario Bros.
  • Super Mario Bros. 3
  • Super Mario World
  • New Super Mario Bros U.
  • Super Mario 3d World

Inoltre è possibile creare i propri mondi rappresentati con la mappa stile “Super Mario World”, con selezioni di livelli, minigiochi e così via. Presente anche la modalità online multigiocatore, fino a 4 in contemporanea, con modalità cooperative o di sfida, con tanto di rank.

Super Mario Bros. Wonder – Switch, 2023

platform 2D Super Mario: Wonder
Super Mario Bros. Wonder

Il futuro dei platform 2D è già qui? Dai primi trailer del gioco è possibile subito notare uno stile grafico, in generale, diverso dai classici Super Mario, con più animazioni facciali dei personaggi, sfondi molto dettagliati, fasi di gioco al limite del trip mentale, nuovi costumi come l’ormai già famoso “Elefante“, in grado di spazzare via i nemici e non solo.

Sembra essere tutto molto frenetico, soprattutto quando utilizzeremo questo “Fiore meraviglia”, che cambia il mondo attorno a noi, rendendolo più psichedelico, animando i tubi, facendo arrivare gruppi di animali contro di noi, modificando l’inclinazione dei livelli ed altro ancora, come le trasformazioni in nemici, citando così “Mario Odissey“.

Ciò che più balza agli occhi, grafica a parte, è l’introduzione delle “Spille”, che sembrano essere dei perk da assegnare al personaggio in ogni livello – massimo uno alla volta – aggiungendo profondità al gameplay, in quanto ciò permetterà probabilmente di affrontare livelli in modo diverso e di giungere in punti altrimenti non raggiungibili, senza l’uso di alcune spille.

Passato, presente e futuro

Super Mario per molti videogiocatori e non solo, rappresenta l’icona per eccellenza dei platform in particolare quelli 2D, ma anche l’emblema nostalgico di una saga, di un personaggio, che ci ha tenuto compagnia durante la nostra crescita. Lui è sempre lì, a ricordarci quanto in un videogioco sia importante il puro divertimento, lo stupirsi ancora per le novità introdotte ogni volta.

Voglio chiudere così questo articolo, ringraziandovi per la pazienza avuta in questo lungo viaggio fatto assieme, ed affermando che Mario, assieme ad altre poche saghe e personaggi, rappresenta passato, presente e futuro del suo genere… e non solo.

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Editoriali

Doki Doki Panic: il Super Mario Bros. 2 occidentale

Mario, Mario, Mario. Nonostante il baffuto idraulico di casa Nintendo calchi la scena videoludica da ormai più di quarant’anni, il suo nome sembra essere sempre sulla cresta dell’onda. Con il successo del film di animazione targato Luminous e il nuovo Super Mario Bros. Wonder ormai in dirittura di arrivo, si prospetta un periodo davvero roseo per il nostro eroe.

Del resto i videogiochi con protagonista Mario, in particolare la serie Super Mario Bros., sono sempre stati sinonimo di qualità, divertimento e spensieratezza. Questa saga ha sempre ottenuto grandi successi e riconoscimenti, fin dal primo episodio, apparso nel 1985 su NES e vanta alcuni dei migliori giochi platform di sempre (per un approfondimento sulla saga vedi qui).

In questo articolo però andremo a parlare dell’episodio della serie Super Mario Bros. che vanta la storia più strana e particolare: Super Mario Bros. 2 e Doki Doki Panic, la sua versione occidentale. Recuperiamo cappello, guanti e funghi magici e lanciamoci alla scoperta di questo vecchio classico.

Un Mario decisamente diverso

Super Mario Bros. 2 uscì nel 1988 su NES, la leggendaria console a 8 bit Nintendo. Il gioco riuscì ad ottenere un ottimo successo, entrando nella top 5 dei giochi NES più venduti.

Fin da subito, però, i videogiocatori si accorsero delle grandi differenze tra questo sequel e il titolo originale. Non solo infatti in Super Mario Bros. 2 era possibile selezionare un differente personaggio all’inizio di ogni stage (Mario, Luigi, Toad e la principessa) ma l’intero gameplay del gioco sembrava essere stato rivoluzionato.

Saltare in testa ai nemici, per esempio, non avrebbe più avuto alcun effetto su di loro. Per eliminarli era necessario attaccarli con i vari oggetti che era possibile raccogliere e lanciare all’interno dei livelli. Era anche possibile raccogliere i nemici stessi e lanciarli contro altri nemici

Inoltre, la struttura dei livelli era molto diversa rispetto al primo capitolo. Non più lunghi corridoi irti di ostacoli e nemici, bensì livelli con una struttura molto più vasta ed aperta. Per farsi strada attraverso gli stages il giocatore avrebbe dovuto esplorare con cura il livello e tornare più volte sui suoi passi. Inoltre i livelli contenevano numerosi enigmi e rompicapo per superare i quali il cervello e l’orientamento erano molto più utili di un dito pronto.

L’originale Super Mario Bros. 2

Super mario bros. 2 originale

Come mai Nintendo fece la strana scelta di andare a stravolgere una struttura così apprezzata ed amata come quella del Super Mario Bros. originale? Per capirlo occorre fare un passo indietro.

Nel paese del sol levante, infatti, l’avventura di Mario aveva già ricevuto un sequel. Nel 1986, sempre su NES, era infatti apparso Super Mario Bros. 2. Questo titolo, tuttavia, era molto diverso da quello giunto in seguito nel mondo occidentale. Il Super Mario Bros. 2 giapponese, infatti, si presentava come un gioco davvero molto simile all’originale. Le uniche reali differenze erano la possibilità di scegliere se giocare come Mario o Luigi e un livello di difficoltà notevolmente superiore all’originale.

Proprio quest’alto livello di difficoltà convinse Nintendo a non far uscire il gioco in occidente. Vi era infatti la convinzione che l’eccessiva difficoltà avrebbe finito con l’alienare il favore del pubblico occidentale. Il Super Mario Bros 2 originale verrà distribuito per il mercato europeo ed americano solamente nel 1993 all’interno della raccolta Super Mario All Stars, col titolo Super Mario Bros. The Lost Levels.

Tuttavia, Nintendo desiderava realizzare un nuovo gioco di Mario anche per il meccato occidentale, in particolare quello nordamericano. Ed è proprio a questo punto della nostra storia che entra in scena un altro gioco, ovvero Doki Doki Panic.

Notti d’oriente

Doki Doki Panic

Nel corso del 1987 era apparso su Famicom (versione giapponese del NES) un gioco davvero particolare, ovvero Yume Kojo: Doki Doki Panic. Il gioco aveva lo scopo di sponsorizzare l’evento Yume Kojo ’87, un festival televisivo dell’emittente Fuji Television. In particolare, il gioco vide la luce all’interno di un contest volto alla creazione di contenuti interessanti legati proprio alle mascotte della suddetta emittente.

La trama di Doki Doki Panic si presentava come una sorta di grande libro animato, che narrava le gesta di una magica famiglia (i cui membri erano mascotte dello dello Yume Kojo) impegnata a salvare alcuni bambini, rapiti dal malvagio Mamū e dalla sua orda di strane creature.

Il programmatore del gioco era nientemeno che Takashi Tezuka, famoso designer e scrittore in forze alla grande N. Fino a quel momento, Tezuka aveva realizzato Devil World, semplice clone di Pac-Man e aveva collaborato alla realizzazione del primo Super Mario Bros. Tuttavia, il nostro programmatore avrebbe contribuito alla creazione di capolavori come The Legend of Zelda, Super Mario Bros. 3 e Super Mario World (di cui fu addirittura direttore principale), A Link to the Past e moltissimi altri. Insomma, il nostro Takashi sapeva bene come programmare un videogioco!

E infatti anche la qualità di Doki Doki Panic era molto elevata, sia per quanto riguarda la grafica che per quanto concerne gameplay e complessità dei livelli. Tuttavia, il forte legame tra Doki Doki e Fujifilm rese Nintendo molto restia a convertire il gioco per il mercato occidentale.

Ma cosa ha a che fare questo gioco col Sequel di Super Mario Bros.? Come i più sgamati tra voi avranno già intuito, quello che in Europa venne presentato come Super Mario Bros. 2 altro non è che Doki Doki Panic con una serie di aggiustamenti grafici e con Mario e i suoi amici al posto della famiglia originale del titolo.

Tutto il resto è assolutamente identico. L’ ambientazioni legata all’oriente, i livelli ricchi di segreti e rompicapo, persino le sezioni a bordo dei tappeti volanti (che con Mario avevano ben poco a che fare). L’unica reale differenza tra i due giochi è la presenza di un sistema di salvataggio in Doki Doki, rimosso in SMB2 e il fatto che in Doki Doki il boss finale, Mamū, in Doki Doki deve essere sconfitto con tutti e 4 i personaggi.

Svelato il mistero

Doki Doki Panic è Super Mario Bros. 2

Cosa era accaduto? Molto semplicemente Nintendo, constatando la poca attrattiva che un titolo come Doki Doki avrebbe avuto in occidente, decise di mantenere la base del gioco e di trapiantarci sopra i personaggi di Super Mario.

E il bello è che lo strano esperimento funzionò alla grande, viste le ottime vendite si Super Mario Bros 2. Evidentemente, la grande popolarità di Mario e la buona qualità di Doki Doki spinsero la gente ad acquistare il gioco, senza prendersi troppo pensiero delle tante differenze rispetto al titolo precedente.

Addirittura, la versione occidentale di SMB2 fu convertita anche in Giappone, con il titolo Super Mario USA. Ancora più significativo è il fatto che molte delle creature apparse in questo gioco, tutte pensate originariamente per Doki Doki, siano entrate a tutti gli effetti a far parte del mondo di Super Mario. Basti pensare alla grossa creatura rosa Strutzi o ai mitici Tipi Timidi, presenti anche nella pellicola del 2023 su Super Mario!

Bene, eccovi sviscerata la strana storia del primo sequel di Super Mario Bros. Eravate già a conoscenza di questa strampalata vicenda? O per voi è stata una divertente scoperta? Fateci sapere!

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Società

The Textorcist: esorcizzare scrivendo – Videogiochi Italiani

The Textorcist: the story of Ray Bibbia è un gioco difficile da raccontare a parole. Ed è buffo, considerando come le parole siano proprio il fulcro del gameplay.
Si tratta, infatti, di una di quei giochi che è necessario provare con mano riuscire a catturarne l’essenza.

L’esperienza del team MorbidWare si presenta come una suggestiva fusione di generi ed esperienze: un bullet-hell, una boss-rush ed un corso avanzato di dattilografia.

Se già nelle premesse il gioco, partorito dalla mente di Diego Sacchetti, può apparire anticonvenzionale, le peculiarità non si limitano al puro gameplay. Caratteristiche principali del gioco sono personaggi irriverenti e grotteschi, una suggestiva ambientazione da B-Movie e una trama apertamente ironica e leggera.

Contesto

The Textorcist nasce da una demo del 2016 sviluppata per l’occasione della Global Game Jam. Con Diego Sacchetti nelle vesti di Lead Designer, in collaborazione con Daniele Ricci alla programmazione ed GosT per le musiche. La demo, dal titolo: Ray Bibbia: The exorcism of Lorem Ipsum è ancora oggi giocabile gratuitamente. Chiunque sia indeciso sull’acquisto del titolo può provarlo e decidere se il gioco rientri o meno nei propri gusti personali.

Il progetto riceve immediatamente feedback positivo da parte dell’utenza, nonostante la spiccata difficoltà generale dell’esperienza. Questo convince il team a dedicarsi alla realizzazione di un gioco completo, partendo dalle medesime premesse. Esce così nel 2019 The Textorcist, videogame dall’indubbio sapore da B-Movie, condito con uno spiccato senso dell’umorismo e dal gameplay stralunato ma appassionante.

Ray Bibbia è un esorcista privato, con valori tutt’altro che tipicamente cristiani: mostra infatti una malsana passione per l’alcol e per le prostitute. Dopo l’esorcismo di una ragazza, veniamo a catapultati nel bel mezzo di un concerto metal. Qui dopo aver esorcizzato il band-leader, veniamo a conoscenza di disonesti retroscena del Vaticano, la massima istituzione religiosa e politica nel mondo ideato da Diego. Sarà nostro compito controllare la fondatezza di queste accuse ed -eventualmente- fare giustizia.

Come da tradizione, il burrascoso prete si troverà ben presto coinvolto in questioni ben più grandi di lui, che lo coinvolgeranno personalmente. Questo va ad aumentare la partecipazione emotiva del giocatore e farlo sentire più coinvolto in una storia che, altrimenti, sarebbe troppo generica.

Il protagonista, già di per sé originale, è inserito in un contesto altrettanto creativo: una Roma distopica, popolata da malviventi, criminali e satanassi di varia natura. Come è facile immaginare, né la trama né l’ambientazione sono (né vogliono essere) i veri protagonisti dell’esperienza. Il centro del gioco è invece costituito principalmente dalle varie bossfight disseminate per tutta l’avventura.

Il gioco

Come già accennato poco sopra, The textorcist è un’insolita commistione di generi ed esperienze. Il modo più efficace per descriverlo è un mix fra un bullet-hell, una boss-rush e un corso intensivo di coordinazione occhio-mani e di dattilografia.

Sì, dattilografia. Perché per poter esorcizzare i demoni che affronteremo, non basterà schivare i proiettili con le freccette. Sarà invece necessario digitare sulla tastiera le preghiere (più spesso che no in latino) atte a espellere ed esiliare il demonio in questione.

La premessa può già di per sé dare idea di un gameplay complesso, spaventando i giocatori meno avvezzi alla sfida. Tuttavia, The Textorcist sorprendentemente riesce ad essere ancora più severo e difficile di quanto non si possa immaginare dall’incipit!

Venire colpiti una volta da un proiettile fa solo sfuggire di mano il testo sacro al prete ubriacone, costringendoci a recuperare il libro il prima possibile. Sia perché il testo è necessario per poter proseguire nella preghiera, sia per evitare di perdere una preziosa vita. Se infatti il giocatore viene colpito nuovamente senza avere le sacre scritture in pugno, perde definitivamente una delle vite. Come se non bastasse, dopo ogni colpo il giocatore deve ricominciare il sermone da capo.

Bisogna prestare massima attenzione anche nella digitazione delle singole lettere. Scrivere la lettera sbagliata, infatti, fa retrocedere di una lettera nella digitazione della parola complessiva.

Un gameplay arduo e complesso, sì, ma comunque sempre appagante, poiché i miglioramenti del giocatore sono evidenti ad ogni partita. Tuttavia ogni giocatore desidererà presto avere un altro arto, così da potersi muovere più agevolmente nella tastiera.

Contrariamente da quanto ci si potrebbe immaginare, The Textorcist è perfettamente compatibile col controller ed è disponibile anche sulle console di casa Sony, Nintendo e Microsoft. Tuttavia, mi sento di consigliare di provare il titolo su PC, in quanto giocarlo con tastiera mi sembra più efficace per trasmettere la sfida e in generale a rendere le meccaniche di gioco più coese con l’esperienza utente.

Conclusioni

Morbidware è un team innegabilmente giovane, e The Texorcist rappresenta il loro primo gioco completo.

Nonostante le origini italiche di Diego, il gioco non è disponibile in italiano. Questo è dovuto ad una evidente questione di marketing e costi, visto il pubblico relativamente di nicchia del genere di riferimento. Inoltre vi sono altrettante ovvie questioni di sviluppo. Se nel gioco scrivere è la meccanica principale, tradurre in diverse lingue avrebbe comportato rifare quasi per intero determinati scontri.

The Textorcist è un’ottima idea che trova compimento in una pregevole realizzazione, sia dal punto di vista tecnico, con un’esperienza complessiva praticamente libera da bug compromettenti, e un’interfaccia chiara e sempre leggibile, che consente di non perdere mai di vista il nostro Ray anche in mezzo a una miriade di proiettili. Anche dal punto di vista strutturale il gioco non delude, grazie ad una difficoltà crescente, senza ostacoli insormontabili, e ad una trama leggera ed accattivante, che riesce ad incuriosire al punto giusto, senza per questo risultare invadente.

The textorcist è un avventura unica nel suo genere. Nato da una demo, trova la sua identità fra una comicità irriverente, capace ampiamente di parlare a un pubblico italiano, e un gameplay difficile ma appagante, capace di appagare i videogiocatori più ostinati, regalando però attimi di soddisfazione a chi non è in cerca di una sfida, ma si limita a navigarlo più in superficie. Altamente consigliato.

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Editoriali

La storia di Mortal Kombat: ascesa, declino e redenzione

Da pochi giorni è finalmente disponibile Mortal Kombat 1, dodicesimo episodio della celeberrima saga di NetheRealm Studios. Per celebrare l’occasione abbiamo deciso di proporvi un piccolo viaggio nel tempo, alla riscoperta dei primi episodi di questa pluricelebrata serie.

Questi titoli, usciti originariamente in versione arcade e convertiti per praticamente tutti i sistemi dell’epoca, sono stati gli artefici del successo di Mortal Kombat e della nascita della sua leggendaria eredità. Recuperiamo una manciata di gettoni e prepariamoci a riscoprire le origini di uno dei dominatori assoluti del genere dei picchiaduro. Fight!

Mortal Kombat: il primo mitico episodio

Il Mortal Kombat originale vide la luce nel 1992 in versione arcade ad opera di Midway Games. In quel periodo il panorama dei giochi da sala era quasi interamente dominato dal leggendario Street Fighter 2 di Capcom. Anche il solo pensare di competere con quel titolo sembrava pura follia.

Eppure Midway riuscì nell’impresa, dal momento che il suo picchiaduro si rivelò un successo planetario, divenendo uno dei cabinati più giocati in assoluto. Come se non bastasse, nel corso del 1993, arrivò su praticamente ogni sistema di gioco esistente, comprese le console portatili Gameboy e Game Gear.

Gli ingredienti del successo furono molteplici. Anzitutto l’utilizzo della grafica digitalizzata, novità assoluta per quei tempi. Midway infatti assoldò un team di attori le cui movenze vennero trasposte direttamente in forma digitale. I videogiocatori ebbero davvero l’impressione di trovarsi di fronte ad un film di arti marziali interattivo.

La trama del gioco inoltre era davvero avvincente e veniva sviscerata nei dettagli nell’intro di gioco e nei finali dei personaggi. Fulcro della storia era il Mortal Kombat, torneo interdimensionale utilizzato dall’Outworld per impossessarsi degli altri regni. I guerrieri della terra, guidate dal Dio del tuono Raiden, hanno il compito di sconfiggere lo stregone Shang Tsung e i suoi guerrieri per salvare la terra dalla conquista.

I personaggi del gioco erano tutti ben caratterizzati, sia visivamente che per quanto riguarda il loro background. Ad entrare nel cuore dei videogiocatori più di ogni altro furono però i due ninja, Sub-Zero e Scorpion, che divennero ben presto le due figure più iconiche della saga.

Per quanto riguarda il gameplay, Mortal Kombat proponeva un sistema a cinque tasti: due pugni, due calci e una parata. Gli attacchi base dei personaggi tendevano ad essere molto simili ed erano le mosse speciali a differenziare in maniera significativa i vari lottatori. Rispetto a Street Fighrer 2 il gameplay era sicuramente meno profondo, ma dannatamente divertente, intuitivo e dinamico: seppe far breccia nell’animo dei giocatori.

Naturalmente, l’ultimo ingrediente del successo di Mortal Kombat fu la sua incredibile violenza. Durante gli scontri, infatti, ogni colpo andato a segno avrebbe causato copiosi spruzzi di liquido rosso dal corpo del nostro avversario. Come se ciò non bastasse, al termine dello scontro, dopo l’apparizione dell’iconica scritta “Finish Him!”, il giocatore avrebbe avuto la possibilità di eseguire le celeberrime fatality: mosse finali, attivabili tramite combinazione, che causavano l’uccisione dell’avversario, spesso in modi davvero spettacolari e brutali.

Mortal Kombat II: un sequel leggendario

Nonostante l’incredibile successo del primo capitolo, Midway non rimase a dormire sugli allori. Già nel corso dell’anno successivo, il 1993, fece la sua apparizione nelle sale giochi di tutto il mondo Mortal Kombat II.

Ambientato interamente nel regno di Outworld, Mortal Kombat 2 introdusse Shao Kahn, imperatore di Altromondo e nuovo antagonista del gioco. Ancora una volta, i guerrieri della terra erano chiamati a difendere il loro mondo attraverso il Mortal Kombat, con l’ulteriore svantaggio di combattere in territorio nemico.

Mortal Kombat 2 non introdusse nessun elemento particolarmente innovativo a livello di gameplay, ma si limitò a potenziare e migliorare ogni singolo aspetto del gioco originale. La grafica, il sonoro, il numero dei lottatori selezionabili, persino la complessità della trama. Ogni singolo elemento di Mortal Kombat 2 ampliava e perfezionava il suo predecessore.

Unica novità davvero degna di nota era la netta accellerazione del ritmo di gioco, che rendeva MK2 molto più veloce e frenetico del suo predecessore. Il gioco introdusse anche un maggior numero di fatality per personaggio, oltre alle babality (con cui potevamo tramutare l’avversario in un bambino) e le friendship (simpatici scherzi che deridevano l’avversario anzichè ucciderlo).

Tutti questi elementi fecero di Mortal Kombat II un successo planetario, apprezzato dalla quasi totalità dei giocatori e convertito ancora una volta per ogni sistema casalingo esistente. Il gioco è tuttora considerato uno dei picchiaduro più famosi ed influenti di sempre.

Unico neo del gioco era costituito dalla sua terribile difficoltà, dovuta anche ad una CPU programmata in modo davvero perfido. Oltre ad imbrogliare sui frame delle mosse, infatti, il computer era anche in grado di “leggere” in anticipo i comandi inseriti dal giocatore, in modo da anticiparli. L’unica maniera davvero efficace per contrastare la CPU era imparare a sfruttare i suoi pattern preimpostati. Così facendo il giocatore aveva la possibilità di anticipare a sua volta le azioni nemiche. Un esempio pratico era l’utilizzo del salto all’indietro che, da una certa distanza, spingeva sempre il computer a saltare a sua volta, esponendosi agli attacchi.

Mortal Kombat 3: un’eredità pesante

Mortal Kombat 3

Dopo Mortal Kombat 2 passarono due interi anni prima che Midway decidesse di riproporre il suo cavallo di battaglia. Nel frattempo, il mondo dei videogiochi cambiò profondamente. Le console a 16 bit vennero pian piano soppiantate dalle più prestanti 32 bit, come il Sega Saturn e la prima mitica Playstation.

Anche il genere dei picchiaduro, mietitore assoluto dei primi anni 90, stava cambiando rapidamente. Titoli come Virtua Fighter e Tekken avevano letteralmente stregato i videogiocatori, attratti dal fascino dei nuovi giochi in 3D. Nonostante il clima difficile, nell’aprile del 1995 Mortal Kombat 3 invase le sale giochi di tutto il mondo, riuscendo di nuovo ad ottenere un ottimo successo.

Questo terzo episodio presentava toni ed atmosfere ancora più oscure ed opprimenti rispetto ai suoi predecessori. Il malvagio Shao Kahn stavolta decide di aggirare il Mortal Kombat, invadendo direttamente il pianeta terra. Di conseguenza, gli stages di MK3 presentano scenari presi sia da Outworl sia da una terra sull’orlo della catastrofe.

Rispetto ai predecessori, Mortal Kombat 3 pigiava ancora di più sull’accelleratore, con un gameplay ancora più forsennato e veloce. L’aggiunta delle combo e del pulsante della corsa aumentava ulteriormente la frenesia degli scontri e i riflessi dei giocatori dovevano essere più che buoni per ottenere risultati accettabili.

Anche il comparto grafico e il sonoro del gioco migliorarono ulteriormente rispetto al secondo capitolo, sebbene le tecniche di digitalizzazione risultassero ormai superate. Naturalmente fecero il loro ritorno le mitiche fatality, accompagnate dalle babality, dalle friendship e dalle nuovissime animality. Queste ultime vedevano il nostro combattente tramutarsi in una vera e propria belva, che in alcuni casi sbranava interamente l’avversario.

Pur ricevendo una buona accoglienza, Mortal Kombat 3 non riuscì a conquistare interamente il pubblico, soprattutto a causa di un roster piuttosto bislacco che inseriva un enorme numero di new entry, a volte non proprio azzeccate e andava ad escludere lottatori leggendari come Scorpion, Raiden e Kitana.

Per ovviare a questo difetto l’anno successivo Midway pubblicò due nuove versioni del gioco, Ultimate Mortal Kombat 3 e Mortal Kombat Trilogy, che andarono ad espandere in modo molto significativo il roster, lasciando praticamente inalterato il gioco.

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I migliori picchiaduro del 2022

Una transizione difficile

Nel 1997 Midway decise che era giunto il momento anche per Mortal Kombat di passare alla terza dimensione. Ecco dunque arrivare Mortal Kombat 4, primo titolo della saga a proporre una grafica interamente in 3D.

Mortal Kombat 4 introdusse Shinnok, letale divinità anziana nemica di Raiden, evaso dal Netherrealm per invadere la terra. Toccherà di nuovo a Raiden e ai suoi guerrieri sconfiggerlo e porre fine alla sua minaccia. Queste premesse permisero ai programmatori di proporre un cast davvero ben assortito, con quasi tutti i volti storici della saga affiancati da alcune new entry davvero interessanti.

Le novità introdotte da Mortal Kombat 4 erano davvero molte. I personaggi avevano la possibilità di estrarre un’arma tramite particolari sequenze e di sfruttarla temporaneamente. In più, all’interno degli stages erano presenti diversi elementi interattivi, che potevano essere raccolti ed utilizzati come strumenti offensivi. Inoltre, i personaggi avevano la facoltà di muoversi in profondità per effettuare particolari schivate, sebbene gli scontri restassero confinati su un’asse orizzontale.

Nonostante tutte queste innovazioni, Mortal Kombat 4 non riuscì a far breccia nei cuori dei giocatori. Questo insuccesso fu anzitutto dovuto ai controlli, piuttosto legnosi e non sempre rispondenti. Inoltre, pur presentando una grafica interamente poligonale, Mortal Kombat 4 restava saldamente ancorato ai canoni dei giochi di combattimento 2D: questa situazione creò una sorta di ibrido che non seppe accontentare pienamente né i fan dei picchiaduro in 3D né gli amanti dei classici giochi bidimensionali.

Un lungo percorso di redenzione

Dopo Mortal Kombat 4 la saga iniziò un lungo periodo di sperimentazione. I giochi che si susseguirono nel corso degli anni, infatti, pur presentando una qualità più che discreta e diverse interessanti innovazioni, non seppero raggiungere i fasti degli episodi originali.

Questo almeno fino al 2011, data di uscita di Mortal Kombat, nono episodio della saga. Questo titolo, uscito per PS3, Xbox 360 e PC, propose un vero e proprio reboot della saga. Grazie ad una serie di viaggi del tempo, infatti, la timeline di Mortal Kombat venne riscritta, annullando tutti gli eventi successivi a Mortal Kombat 3.

Anche il gameplay venne profondamente rinnovato e migliorato, regalando un picchiaduro divertente, profondo e godibile. Il successo del nuovo Mortal Kombat permise alla saga di vivere una vera e propria seconda giovinezza, grazie ad una nuova serie di giochi dalla qualità davvero eccelsa.

Infine, il punto più alto della saga è stato raggiunto dal meraviglioso Mortal Kombat 11, uno dei migliori picchiaduro di sempre. Vedremo se Mortal Kombat 1 saprà essere all’altezza di questi grandi picchiaduro.

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Editoriali

Sullo stato dell’arte dell’industria videoludica: Limbo e To The Moon

Nel panorama dei videogiochi indie esistono prodotti che hanno la potenzialità di veicolare dei concetti piuttosto importanti ai loro fruitori, soprattutto a quelli più predisposti a coglierne il significato. Tra i tanti, due importanti esempi di questo trend sono  “Limbo”, sviluppato da Playdead (2010), e “To the Moon”, di Freebird Games (2011). Entrambi sono giochi indie in single-player di breve durata, ed entrambi hanno avuto un ruolo importante nel mercato indipendente con attestati di stima e amore da parte di addetti al lavoro ed appassionati di gaming, diventando parte importante del medium videoludico stesso.

Fra tutti ho scelto Limbo e To the Moon perché mi sono sono rimasti nel cuore, giungendo dentro di me in maniera differente e restando memorabili anche dopo tutti questi anni a dimostrazione che con pochi mezzi è possibile brillare di luce propria, rimanendo impressi nella memoria del videogiocatore.

Limbo è un puzzle-platform in 2D privo di dialoghi con altri NPC, senza una narrazione testuale o vocale, né il classico tutorial didascalico, ed è privo di HUD; lo stile di gioco è un “prova e muori”, con il frequente susseguirsi di enigmi e trappole di ogni tipo. Tecnicamente parlando, Limbo, gira su un motore grafico proprietario, leggero e adatto al contesto; un perenne bianco e nero, con giochi di luci e ombre molto suggestivi, in grado di donare all’intera esperienza un’atmosfera surreale.

Il protagonista è un ragazzino finito in un mondo oscuro; all’inizio lo vediamo steso sul terreno e tocca a noi svegliarlo, interagendo con i tasti. Questo gioco non è rivoluzionario, ma elegante e ricercato esteticamente, intelligente ed accattivante nelle sue meccaniche, con una narrazione visiva che ci guida in un quasi totale silenzio. Alcuni nemici si possono eliminare interagendo con l’ambiente circostante, mentre altri andranno schivati per poter andare avanti e scontrarsi con i vari enigmi da risolvere.

Limbo
Limbo

To the Moon, è realizzato con RPG maker, difatti a vederlo ha l’aspetto di un classico gioco di ruolo anni ’90, privo però di alcuni elementi rpg più caratteristici, come il livello di progressione dei personaggi. Qui troviamo una grafica colorata, una narrazione che avviene tramite i tanti testi su schermo, fatti di dialoghi e descrizioni varie, con musiche che sanno toccare il cuore; il gameplay è ridotto all’osso, quasi ai livelli di una visual novel, se non per qualche minigioco e puzzle, che di tanto in tanto veicola la profonda e toccante trama.

Questo titolo vive di una trama toccante e piena di sentimenti. Il gioco ci mette nei panni di 2 dottori, Eva Rosalene e Neil Watts, dipendenti della “Sigmund Agency of Life Generation”. Quest’azienda, tramite l’impianto di ricordi artificiali, aiuta i pazienti in fin di vita ad avere una morte più serena, eliminando i loro rimpianti, ed esaudendo (in un certo senso), i desideri più importanti, quelli magari durati una vita

To The Moon
To The Moon

Less is more

I giochi indie sono sviluppati solitamente da piccoli studi indipendenti, che (spesso) non hanno l’aiuto economico di un editore, ma questo può voler dire anche avere meno vincoli e sentirsi più liberi di esprimere maggiormente la propria autorialità. Ciò che mi viene da pensare è che non è detto ci sia sempre l’intenzione conscia di veicolare un certo tipo di messaggio, ma ciò non vuol dire che esso stesso non si crei ugualmente durante lo sviluppo e che quindi poi giunga comunque al giocatore.

Parlando di cinema, un’opinione che mi è capitato di sentire sui film di Christopher Nolan, è che quando lui ha realizzato film con meno budget a disposizione, senza l’utilizzo di troppi effetti speciali e dovendo quindi mettere mano di più al cuore della pellicola stessa, è riuscito a realizzare opere che, secondo una parte della critica, son state complessivamente migliori di altre sue, magari più titolate e di maggior successo ai botteghini.

Il mio parallelismo richiama, tornando in ambito videoludico, la differenza tra alcune produzioni di grosse software house tripla A e quelle degli sviluppatori di giochi indie (entrambe le categorie hanno sia ottimi prodotti che mediocri, non dimenticandoci che poi esistono anche produzioni che si trovano nel mezzo), che non avendo tutta questa disponibilità di mezzi, sono anche più costretti a lavorare di più all’anima del videogioco stesso.

In queste condizioni possono riuscire a superare questi limiti, per far sì che essi diventino orizzonti da raggiungere e superare. Può capitare così, che possa venir fuori un’esperienza più immersiva, dando più spazio a trama e caratterizzazione, fornendo quel tocco artistico che passa anche da un’estetica più o meno ricercata. A livello di storie, concetti, è sempre più difficile tirar fuori qualcosa di nuovo ed originale, ma la differenza sta nel modo in cui le idee, anche le più usate, vengono rielaborate.

Conclusione

I due giochi protagonisti di questo articolo, insieme ad altri di cui magari vi parlerò in futuro, sono piccoli grandi gioielli, opere d’arte in miniatura, che fanno bene ad un’industria videoludica che ha, in generale, un po’ paura di sperimentare e di proporre qualcosa di diverso e nuovo, che abbia più anima, originalità e meno ripetitività.

Ritengo comunque che l’industria videoludica stia vivendo un periodo storico abbastanza positivo. I ragazzi di oggi sono in grado di apprezzare anche titoli retrò o comunque giochi nuovi realizzati appositamente così (anche remastered e remake possono aiutare, in certi casi), capendo così che non sempre serve la grafica pompata per divertirsi, ma che intrattenimento, sfida ed emozioni, possono essere ovunque.

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Editoriali

Dieci videogiochi di ruolo da recuperare assolutamente

Baldur’s Gate 3 ha risvegliato in molti, e fatto scoprire a tanti altri, la voglia di giocare ai videogiochi di ruolo. Ormai è stato detto e ridetto: il titolo ha sconvolto tutti, grazie da un gioco completo già al day one, senza dlc (se ce ne saranno, in futuro, sarà per espandere il gioco) e soprattutto dimostrando che un gioco senza microtransazioni funziona bene e invoglia all’acquisto.

Insomma, una vera e propria lezione di stile, impartita con una forza tale che, probabilmente, ora le grandi case saranno costrette a rivedere qualcosa sulle modalità di lancio dei propri titoli. Ma c’è chi questo lo faceva già prima di Baldur’s Gate, senza però aver ottenuto la stessa risonanza che ha avuto l’ultimo titolo di Larian Studios.

L’esplosione di BG3 ha aperto sicuramente una nuova stagione per gli rpg a turni, con movimento tattico, esplorazione, personalizzazione dei personaggi e possibilità di “piegare” la storia a proprio piacimento, grazie alle decisioni del giocatore e alle abilità dei personaggi con cui si decide di comporre il proprio gruppo. Per questo abbiamo deciso di rispolverarne qualcuno, neanche troppo datato, che finora hanno portato alta la bandiera del genere.

10 – Solasta: Crown of the Magister

Videogiochi di ruolo: Solasta

Solasta: Crown of the Magister è stato un buon tentativo di trasposizione delle regole della 5 SRD (System Reference Document), ossia delle linee guida per la pubblicazione di contenuti sotto la OGL. Il videogioco di ruolo, prodotto da Tactical Adventures, si propone come una trasposizione del classico rpg da tavolo di quinta edizione, in un mondo originale.

Tira iniziativa, fai attacchi di opportunità e stabilisci la posizione dei personaggi, ma non solo: devi anche compiere scelte e decidere il tuo destino.

La peculiarità del gioco è la pubblicazione periodica di Dlc che offrono vere e proprie campagne tutte nuove, tra loro indipendenti, offrendo ai giocatori avventure sempre rinnovate.

Resta però il problema di un party pregenerato, con personaggi troppo silenziosi e con zero interazioni.

9 – Enchased: A Sci-Fi Post Apocalyptic RPG

Cambia l’ambientazione e cambiano tutte le regole (rispetto a BG3) ma restano la componente isometrica, il combattimento a turni e le scelte che determinano la storia.

Si tratta di Encased: A Sci-Fi Post-Apocalyptic RPG, gdr tattico e fantascientifico che è ambientato in un mondo distopico, dove si combattono nemici, si esplorano grandi aree “aliene”, si livella il proprio personaggio e si sceglie a quale fazione di sopravvissuti strizzare l’occhio e a quale tagliare le gambe.

Tra pistole laser e le immancabili armi da mischia, anche il carisma fa la sua sporca figura: a volte la lingua ferisce più dell’acciaio.

Fabbricare oggetti, combattere e negoziare sono le parole d’ordine di questo gioco che ha tanto da offrire.

8 – Tyranny

Videogiochi di ruolo: Tyranny

Il titolo di Paradox e Obsidian, pubblicato nel 2016, catapulta il giocatore in un mondo in cui la grande guerra tra il bene e il male è appena finita. E ad aver vinto è stato il male.

Il nostro personaggio si troverà di fronte ad un mondo che reagisce attivamente alle sue decisioni, viaggiando per un regno dove potrà ispirare lealtà o terrore.

Insomma, la piega che la storia può prendere è tutta in mano al giocatore, con un sistema di combattimento tattico, ma in tempo reale con pause.

La vera innovazione è che qui, più che in ogni altro gioco di ruolo, non solo le scelte contano, ma è proprio su questo aspetto che si focalizza il titolo, che grazie a questa meccanica presenta un’alta rigiocabilità.

7 – Disco Elysium

Videogiochi di ruolo: Disco Elysium

Qui parliamo di un piccolo gioiello, tanto caotico quanto affascinante. Figlio d’arte di titoli come Planescape: Torment, a cui è fortemente ispirato, si presenta come un gioco di ruolo non tradizionale: i combattimenti sono praticamente assenti.

Il videogiocatore si troverà a interagire con il mondo moderno e distopico attraverso un detective che ha perso la memoria, in un mondo moderno e distopico, affrontando la maggior parte dei casi tramite i dialoghi e test di abilità, muovendosi in un quartiere di una città che si sta ancora riprendendo dalla guerra.

Non mancano elementi che strizzano l’occhio all’horror e la modalità open world lascia grande spazio di manovra ai giocatori.

6 – Wasteland (2 e 3)

Dura la vita dei Desert Ranger: tra banditi, mostri, macchine impazzite e quant’altro, girare tra l’Arizona e il Colorado è un inferno. Fortunatamente, ormai non ci sono più regole: anzi, le regole le fate voi.

Succede questo in Wasteland 2 e 3, rpg isometrici con combattimenti a turni e dove “choice matters”, in cui coordinerete una squadra di Desert Ranger (tra personaggi da voi generati e png che potrete scegliere di portare con voi) in un mondo post apocalittico, dove potrete essere i buoni, i cattivi, i menefreghisti… quello che volete.

Il gioco permette anche una modalità multiplayer e, come segno distintivo del terzo capitolo, inserisce la possibilità di personalizzare il veicolo utilizzabile per viaggiare, immagazzinare scorte e anche per combattere.

5 – Pillars of Eternity (I e II)

Videogiochi di ruolo: Pillars of Eternity

Pillars of Eternity è stata una sfida: è un gioco tutto nuovo, che a parte i pilastri del gdr isometrico a turni, presenta una serie di novità anche complesse da digerire.

Un esempio è il sistema di regole, non esattamente intuitivo, che potrebbe allontanare più di qualche giocatore non così devoto alla causa dei giochi di ruolo da mettersi a “studiare”.

Eppure, entrambi i titoli portano sullo schermo due storie, tra loro collegate, tra le più avvincenti ed originali di sempre. Tanto basterebbe per divorarli tutti e due, ma bisogna ammettere che, una volta capito, il sistema di regole funziona e permette anche di sbizzarrirsi in build divertenti.

Inizialmente il gioco non era pensato per essere un turn based combat: la modalità è stata inserita in un secondo momento (almeno per il primo capitolo), e ciò permette anche di giocare i combattimenti di entrambi i titoli in real time.

Inoltre, per non farci mancare nulla, se nel primo titolo sarete chiamati a ricostruire una fortezza perduta e piena di mistero, nel secondo potrete solcare i mari a bordo del vostro vascello (personalizzabile e gestibile nei dettagli, anche assumendo i membri dell’equipaggio).

4 – Pathfinder Kingmaker e Wrath of the Righteous

Nato come un’alternativa a Dungeons & Dragons 3.5 (e poi proseguito per conto suo), Pathfinder si è imposto nel mondo del gdr cartaceo come grande competitor del titolo di Wizard of the Coast, puntando molto anche sul comparto videoludico.

I titoli Kingmaker e Wrath of the Righteous, arrivarono in un momento (2018 e 2021) in cui c’era forte carenza della trasposizione dei manuali sullo schermo di pc e console. Anche qui, la ricetta è quella già citata: personalizzazione del proprio personaggio e del party, i combattimenti sono a turni, la visuale è isometrica, le scelte determinano il destino dei personaggi (e del mondo) e così via.

Cos’hanno di diverso dagli altri rpg? Entrambi i giochi presentano delle aggiunte singolari e difficilmente individuabili in altri giochi del genere: mentre esplorate dungeon o città e vi perderete in una chiacchiera con png interessanti, in Kingmaker sarete chiamati a gestire un regno e le città che costruirete entro i suoi confini, mentre in Wotr sarete a capo di una crociata (sì, di un vero e proprio esercito) contro i demoni pronti a devastare il mondo. Anche qui, è possibile scegliere se combattere in real time o a turni.

3 – Baldur’s Gate (1 e 2)

Con questi titoli ci siamo allontanati molto dall’incipit: i primi due capitoli di Baldur’s Gate non hanno nulla a che vedere con l’ultimo capolavoro di Larian Studios, se non l’ambientazione. A separare i titoli di Black Isle dal terzo capitolo della saga ci sono ben 23 anni, tre edizioni di Dungeons & Dragons (in questo caso parliamo della 2°), manca completamente la modalità a turni.

Nonostante ciò, questi sono due gioielli, tra i primi videogiochi ad aver portato su pc la possibilità di plasmare la storia a proprio piacimento, grazie ad una vasta possibilità di scelte a disposizione del giocatore. I personaggi che accompagnano il protagonista sono molti, bisognerà decidere chi portarsi, mentre chi viene lasciato dietro non starà comodamente ad attendere in un accampamento accessibile tramite un pulsante nell’interfaccia.

Inoltre, ognuno dei companions ha propri obiettivi e desideri che, se non assecondati, li porterà addirittura a lasciare il party. La storia è da 10 e lode (BG2 è un proseguo del primo capitolo in questo caso) ed entrambi sono giochi che devono essere recuperati da chi non li ha mai giocati.

E nel caso vi trovaste bene con BG I e II, è il caso di provare anche i “fratellini” Icewind Dale I e II: un gioco pressoché identico, ma questa volta ambientato nelle Terre del Vento Gelido (sempre nel Faerun, enorme continente del mondo di Dungeons & Dragons), a migliaia di chilometri di distanza dall’Amn e la sua capitale, Baldur’s Gate.

2 – Planescape Torment

Videogiochi di ruolo: Planetscape Torment

Questo titolo poteva essere inserito nel paragrafo dedicato a BG I e II (e Icewind Dale I e II), in quanto prodotto negli stessi anni (1999) sempre dalla Black Isle Studios, seguendo le stesse regole della seconda edizione di Dungeons & Dragons e presentandosi graficamente come un’estensione dei giochi sopra citati.

Ma Planescape Torment è un gioco a sé, un piccolo capolavoro che emerge da tutti gli altri titoli. A fare da padrona in questo mondo è la storia, dove i combattimenti ci sono, ma possono essere evitati e soprattutto non sono prominenti.

Il personaggio non viene creato soltanto ad inizio gioco, ma anche durante il gioco stesso: prendendo il controllo di The Nameless One, un essere immortale che dimentica qualsiasi cosa se ucciso (per poi tornare in vita, ovviamente), camminerete tra le strade della città di Sigil e negli altri piani dell’esistenza, cercando di ricostruire la memoria del protagonista.

Il nostro protagonista incontrerà diversi personaggi molto particolari (teschi che volano e parlano, succubi e tante altre stranezze), che potranno accompagnarlo nel suo viaggio. Molti di questi lo hanno già incontrato in passato, alcuni sono stati influenzati dalle sue azioni in qualche modo, ma lui non se lo ricorda.

1 – Divinity Original Sin (1 e 2)

Non potevano che stare sul podio questi due capolavori che probabilmente hanno permesso alla Larian Studios di diventare la “prescelta” per la realizzazione di BG3. I giochi differiscono sicuramente per meccaniche, con il secondo capitolo in cui è stata migliorata e potenziata la già validissima giocabilità del primo, che ancora oggi merita di essere giocato e rigiocato più volte.

I due capitoli non sono uno il continuo dell’altro, ma ci sono temi che ritornano e che fanno capire al giocatore di essere immerso in un mondo complesso, ma affascinante. In entrambi i giochi le proprie scelte fanno la differenza e il mondo circostante cambierà in base ad esse, ma è nel secondo capitolo che si fa più imponente la presenza dei personaggi pregenerati (che, come in BG3, possono anche essere selezionati alla creazione del personaggio come protagonista).

Rispetto al mastodontico Baldur’s Gate 3 manca la meccanica del salto, che ormai ha assuefatto tutti, ma c’è una cosa che i Divinity hanno in più rispetto all’ultimo titolo Larian: non esistono classi (guerriero, stregone, warlock etc.), bensì ogni personaggio può essere modellato a proprio piacimento, andando ad investire punti in diverse scuole di magia o arti da guerra al level up. Volete un paladino che, oltre a spada e scudo, scaglia lance di ghiaccio? Un arciere necromante? Un ladro evocatore? Sì, potete farlo.