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Le due vite di Cyberpunk 2077: la rinascita 2.0

Da lancio più criticato degli ultimi anni ad uno dei migliori titoli che si possano trovare attualmente sulle piattaforme videoludiche. Dopo la crisi, la redenzione di Cyberpunk 2077, grazie alla patch 2.0 e all’espansione Phantom Liberty, è ormai storia. Essa è la testimonianza di come gli errori possano essere non solo recuperati, ma anche diventare una prova di forza e coerenza. Soprattutto, è dimostrazione di attenzione nei confronti dell’utente finale, che troppo spesso resta inascoltato.

Una patch davvero valida

La Patch 2.0 e il nuovo Phantom Liberty hanno cambiato completamente Cyberpunk 2077. Allo stesso tempo il gioco resta fedele all’idea originale: le due novità ci tengono con i piedi ben piantati a terra nella distopica Night City. Il nuovo sistema di progressione del personaggio, con talenti e skill tree completamente rinnovati, rende i combattimenti estremamente più divertenti. Per esempio: andare in giro con una katana adesso impone di dover parare e schivare colpi, almeno nelle prime fasi del gioco. Infatti è stato rimosso il sistema di sanguinamento che aveva reso gli street samurai immortali. Poi vabbè, rimane il Sandevistan che cambia le regole, ma è giusto che sia così, siamo a Night City, choom!

Cyberpunk 2077

E che dire delle nuove limitazioni all’installazione dei Cyberware, correlate alla prestanza fisica (e altri talenti annessi) di V., il/la nostro/a protagonista? Anche quella è immersione pura. Il fatto che il giocatore non possa aggiungere cromo qualora non soddisfi determinati prerequisiti, fa toccare con mano l’idea che la cyberpsicosi sia reale e non qualcosa relegata ai soli cyberpsicopatici che siamo chiamati a mettere fuori gioco dalla nostra media preferita (almeno la mia), Regina Jones.

Insomma, la Patch 2.0 ci porta sullo schermo un Cyberpunk 2077 decisamente migliore. Questo risultato è figlio della tenacia di una produzione che ormai si è fatta un nome importante grazie alla saga di The Witcher. La CD Projekt, nonostante la valanga di critiche per questioni ormai note a tutti, in questi anni si è data da fare. Ha ascoltato i giocatori e le loro lamentele, e ha sfornato un gioco completamente nuovo. Esso però, come già accennato, ci fa ancora vivere la cupa atmosfera di Night City.

Libertà fantasma

Poi è arrivato il dlc Phantom Liberty, che ha apportato una valanga di nuovi contenuti. Abbiamo ad esempio i combattimenti in auto e in moto e un nuovo quartiere, Dogtown, che finalmente fa emergere i veri bassifondi di quella che fu la Città del Rosso. Il tutto senza dimenticare la più grande novità: una nuova ed enorme chain quest in stile spy thriller, a cui forse non ero pronto.

Cyberpunk 2077

Rinnovando il sacro voto del “no spoiler”, devo ammettere che è stato a tratti difficile digerire la complessità della storia portata dal nuovo dlc. Soprattutto a causa del peso specifico di certi personaggi coinvolti. I nuovi protagonisti animano una narrazione a dir poco stupenda, ma talmente grande da far sembrare quasi insignificanti le vicende che toccano personalmente il nostro (o la nostra) V.

Ora, bisogna fare una premessa: ogni esperienza di gioco è estremamente personale. La mia l’ho vissuta così: ho premuto “Nuova Partita” per la terza volta e mi sono preparato a completare nuovamente il gioco. Ero consapevole che in questa occasione avrei trovato nuovi contenuti, che però ho sbloccato soltanto dopo un sacco di tempo.

Maniaco del perfezionismo quale sono, mi sono ritrovato prima a concludere tutte le quest del primo quartiere, poi del secondo e così via, senza saltare né un Ncpd Scanner, né un “Chissà cosa troverai qui?”. E devo dire che, già da allora, grazie alle novità di Cyberpunk 2077 2.0, ho percepito un gioco completamente nuovo.

Poi ho deciso di accelerare: dovevo scrivere qualcosa per IlVideogiocatore prima che il gioco diventasse “vecchio”. Presa la moto del nostro indimenticabile Jackie, arrivo a Dog Town. Parte la quest e subito ho il cuore a mille e gli occhi sgranati: “Ma che cos’è questa figata assurda?”, mi sono chiesto, forte anche di una pregressa conoscenza di alcuni dei personaggi presentati. Essi infatti appaiono nei manuali del gioco di ruolo cartaceo, Cyberpunk Red e ancora prima in Cyberpunk 2020, della R. Talsorian Games.

Cyberpunk 2077

Ed è qui, forse, che mi sono dovuto confrontare con un “piccolo” cortocircuito. Ho deciso di affrontare la storia proposta da Phantom Liberty proprio nel mezzo della main quest e la valanga di nuove informazioni e avventure mi ha disorientato. Il fatto che conoscessi già la main story di Cyberpunk ha sicuramente contributo a farmi percepire le vicende di Phantom Liberty estremamente più grandi di quelle relative alla main quest. Tuttavia, anche in questo caso, la CD Projekt ha pensato a tutto e mi ha fatto ricredere: l’arco narrativo di Phantom Liberty non è a sé stante, incide sulla storia principale ed è in grado di influenzare anche l’endgame.

Cyberpunk 2077

Quindi, se mi chiedessero quale voto darei a Cyberpunk 2077, chiederei un 10 e lode con tanto di standing ovation. Io però non faccio testo: sono un fan accanito di tutto ciò che ruota intorno a Night City già dalle prime opere cartacee, tanto che osannavo questo gioco anche quando la stragrande maggioranza dei player lo criticava (con cognizione di causa).

Adesso tocca stare con i radar accessi, visti i nuovi rumors di casa CD Projekt, al lavoro sui nuovi titoli di Cyberpunk e The Witcher, rispettivamente Orion e Polaris

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Alan Wake 2 si mostra un’ultima volta nel trailer di lancio

Con il preload già disponibile dalle sei del mattino di ieri, ora italiana, Alan Wake 2 si prepara ad atterrare su PS5, Xbox Series S/X e PC e lo fa grazie a un trailer decisamente ispirato che Remedy ha preparato per noi videogiocatori.

In 1 minuto e 49 secondi, la software house finlandese ha provato a racchiudere quel misto di horror, poliziesco e noir che ci aspettiamo di vedere nel sequel di Alan Wake dopo 13 anni dal suo piacevole primo arrivo.

Il launch trailer concentra la sua attenzion su un serial killer rituale di un piccolo paesino e sulla dicotomia tra la vita da scrittore dell’incubo di Alan e la nuova protagonista, l’agente FBI Saga Anderson. Un mondo reale dove c’è un assassino da catturare e un universo onirico dove gli incubi diventano sempre più oscuri e su cui potremmo sostare a nostro piacere durante la nostra avventura rigorosamente in terza persona.

Per Remedy sono stati tredici anni di lavoro e ispirazione che ha voluto mostrare a ridosso dell’uscita di Alan Wake 2 con questo trailer. Noi ci abbiamo visto, come già nel primo capitolo, non solo Stephen King e Twin Peaks, ma anche The Medium di Bloober Team e un frame molto simile alla copertina di The Evil Within 2 di Shinji Mikami. Il resto lo scopriremo il 27 ottobre 2023.

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Editoriali

Lo stato dell’arte dei videogiochi d’avventura

Il confine tra cinema e videogioco, specialmente con il progredire di quest’ultimo medium, si sta facendo sempre più sottile. Mi riferisco soprattutto a quel genere di videogiochi d’avventura che pongono l’aspetto narrativo in maniera più centrale rispetto al gameplay, privilegiando il coinvolgimento emotivo dell’utente e intrattenendolo con una trama che diventa l’anima dell’opera stessa.

Negli anni 90 alcune software house si specializzarono nelle avventure grafiche punta e clicca (Lucasarts, Sierra Entertainment, Revolution Software, per dirne alcune), mettendo al centro dei loro titoli narrativa e puzzle da risolvere. Alcuni dei giochi di queste case non erano del tutto lineari, visto che permettevano al videogiocatore di prendere decisioni in grado di influenzare il corso della storia, portando in alcuni casi anche a finali diversi.

Avventura
Il gioco di “Blade Runner”

Nel 1997 venne pubblicato “Blade Runner”, videogioco d’avventura di Westwood Studios, basato sul film di fantascienza cult di Ridley Scott. Il film a sua volta si ispirava al romanzo “Il cacciatore di androidi” di Philip K. Dick. Io grazie a quel gioco cominciai a capire quanto le decisioni che prendevo di volta in volta portassero a cambiamenti di trama ancora più palpabili, considerando soprattutto la quantità di finali differenti, circa una dozzina.

La realizzazione grafica, l’atmosfera cupa e distopica ed il comparto audio, erano molto fedeli al film, e aumentavano di conseguenza l’immersione del videogiocatore. Inoltre erano presenti delle scene di intermezzo di notevole impatto, che contribuivano a far sì che il giocatore si sentisse coinvolto in un gioco dalla forte impronta cinematografica.

Esperienze interattive

Con l’avanzare del progresso tecnologico in ambito gaming, certe avventure sono diventate sempre più esperienze interattive e realistiche. Determinate software house si sono specializzate in questa ramificazione specifica del genere adventure: Quantic Dream, con Heavy Rain e Detroit: Become Human; Dontnod, nota per la saga di Life Is Strange; Telltale Games, con i suoi videogiochi ad episodi su The Walking Dead, ed altri).

Ritengo che, in questa tipologia di giochi, il puro gameplay non debba essere necessariamente al primo posto. L’esperienza stessa non vive delle nostre abilità manuali, della gestione di risorse in game o altro, ma viene valorizzata dal coinvolgimento che la storia stessa ci regala; le decisioni da prendere durante un dialogo, oppure in una sequenza d’azione (quick time event) fanno scaturire vari tipi di emozioni, poiché scegliere un bivio rispetto ad un altro può avere conseguenze sulla storia.

In ambito cinematografico, Netflix nel 2018 pubblicò sulla propria piattaforma il film “Black Mirror: Bandersnatch”, un vero e proprio film interattivo. Lo spettatore di tanto in tanto, col telecomando, doveva prendere delle decisioni. In base a queste, la storia prendeva l’una o l’altra piega. Quando il cinema prende ispirazione dal videogioco: chi lo avrebbe mai detto un po’ di anni fa?

Walking simulator e affini

In questa tipologia di giochi spesso non dobbiamo far altro che camminare all’interno dei vari scenari, analizzare oggetti, di tanto in tanto interagire con qualche enigma, NPC, ed assistere a scene di intermezzo, essendo partecipi dei pensieri del protagonista e di eventuali altri personaggi.

Videogiochi d'avventura
The Town of Light

Uno dei videogiochi che mi colpì più profondamente all’epoca fu “The Town of Light”, un’avventura/thriller psicologica in prima persona. Il gioco è ambientato in Italia, precisamente a Firenze, nell’ex-manicomio di Volterra. Sviluppata da LKA, software house italiana, e pubblicata nel 2016.

Siamo nei panni di Renèe, un tempo paziente dell’istituto, in cerca di verità sul suo passato. L’esplorazione la fa da padrone, con i silenzi che ci tengono in apprensione, un crescendo di curiosità e tensione, uno scavare costante in questo scenario decadente, colmo di verità nascoste sotto polvere e macerie. Solitudine e profondità in un titolo che, con appunti trovati in giro e flashback, ricostruisce la storia della protagonista e ci trasmette emozioni di ogni genere, alcune sorprendenti.

Un’esperienza davvero immersiva

Ed è impossibile non parlare del gioco che diede una ventata di aria fresca alle avventure grafiche di questo specifico sottogenere, vale a dire quel piccolo grande capolavoro del 2017: “What Remains of Edith Finch” (di cui abbiamo approfondito l’importanza in un altro articolo), sviluppato da Giant Sparrow e pubblicato da Annapurna Interactive. La protagonista, Edith Finch Jr, unica sopravvissuta della sua famiglia, torna nella vecchia casa del bisnonno per ricordare e ricostruire la vita di tutti i suoi parenti.

Estetica splendida, ambientazioni pittoriche, un modo artistico e toccante nel raccontare e rivivere i ricordi dei membri della famiglia – tra simbolismi e metafore – una narrativa solida, ed una forte impronta autoriale, rendono questo videogioco d’avventura un titolo imperdibile. Dura poche ore, ma si cuce dentro di noi, dimostrando quanto il fattore longevità possa dipendere anche dal modo in cui si mettono in scena le cose. Mai dispersivo, sempre immersivo, un’esperienza che vi consiglio con tutto il cuore.

Avventura
What Remains of Edith Finch

Considerazioni finali

La parte di utenza che non gradisce tutto ciò (o parte) che vi ho scritto finora, punta il dito contro il fatto che se non c’è abbastanza interazione, si sente troppo nel ruolo di spettatore, sottolineando quanto si tratta pur sempre di videogiochi e non di film. Per me invece, c’è spazio per tutto; io stesso apprezzo moltissimo sia il videogioco più “classico”, sia quello improntato maggiormente su trama e trasporto emotivo.

Ritengo che il videogiocare non sia solo una sfida manuale, una competizione, oppure un passatempo, ma anche un’esperienza puramente narrativa, un viaggio all’interno di storie che a loro volta si fanno strada tra le nostre emozioni, mettendo radici.

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Recensioni

EA Sports FC 24 – Recensione

Iniziò tutto con la Superlega. Le big del calcio avevano scosso il mondo del soccer con la loro volontà di creare una competizione proprietaria, con evidenti risvolti anche sugli esport. Oggi la Superlega sembra naufragata, ma la coscienza di tifosi e aziende è stata smossa: può esistere un calcio slegato dalla FIFA? La domanda per il calcio giocato è no, almeno per ora. Un calcio virtuale senza FIFA invece è già nato e prende il nuovo nome di EA Sports FC 24, di cui state leggendo la recensione.

La motivazione del cambio di nome, dopo trent’anni di collaborazione, sembra essere un mancato accordo sui diritti tra Electronic Arts e FIFA. Personalmente ritengo che questa sia solo la punta di un iceberg che coinvolge anche la Superlega, ma soprattutto la presa di coscienza di EA, che ha capito di aver creato, con Ultimate Team, qualcosa che potrebbe essere grande tanto quanto il calcio stesso.

Terminata questa disgressione, la maggior parte di voi vogliono sapere: ma è solo questione di nome? Il verdetto lo troverete nelle conclusioni di questa recensione di Sports FC 24, ma per capire la nuova veste di FIFA bisogna comprendere che è difficile, e ragionevolmente non voluto, stravolgere di punto in bianco il videogioco che genera più introiti (oltre due miliardi annui).

Recensione EA Sports FC 24: ingresso

Cambio di casacca

HyperMotionV è il primo cambiamento, o meglio aggiornamento, che spiega al meglio cosa è FC 24. L’ultima versione del sistema di intelligenza artificiale di Electronic Arts si aggiorna dopo aver letto 180 delle migliori partite tra le competizioni UEFA. Il risultato è un gameplay più lento in un’anima arcade, che andando avanti con le partite, soprattutto online, tende a farmi pensare che sia solamente impreciso e pieno di rimpalli.

La dicotomia lento e arcade rafforza i risultati non brillanti dello scorso anno. Provare a rendere il gioco più realistico ha di fatto reso l’opera più dipendente dalla fortuna; i videogiocatori più esperti stanno già tentando di contrastare la sorte sfruttando calciatori più tecnici capaci di girarsi mille volte su sé stessi. ma così facendo l’intera serie fa un passo indietro di parecchi capitoli, a discapito proprio del realismo.

Il secondo cambiamento più importante di EA Sports FC 24 rispetto al suo predecessore FIFA 23 (Recensione) è un’interfaccia grafica più snella, anche se non necessariamente più intuitiva.

I menù sono decisamente minimali, il Quick Resume della versione Xbox che abbiamo testato adesso funziona veramente e ritornare in-game dopo esserci dimenticati di scollegarci da Ultimate Team è di gran lunga più immediato. Un cambio di nome richiedeva anche un cambio di interfaccia utente: è arrivata, tutto sembra più lineare ma abituarsi richiede un po’ di tempo così come capire cosa ci siamo persi quando un pallino rosso ci indica che ci siamo dimenticati di ritirare un premio da un obiettivo.

D’altro canto, le modalità di gioco sono sempre le solite: Ultimate Team, Carriera, Club e Volta. In ordine di innovazione, la modalità Carriera è quella che ha ricevuto maggiori novità, seguita a ruota da (F)UT. Pro Club e Volta hanno ricevuto il cross-play ma non mi dilungherò ulteriormente perché sono esattamente quanto già visto durante lo scorso anno.

Ultimate Team

UT ha perso la lettera iniziale ma non le sue caratteristiche principali. Electronic Arts non ha nessun motivo per cambiare una modalità che genera guadagni per oltre due miliardi di dollari e, come ci aspettiamo un po’ tutti, la modalità online per eccellenza di FC 24 è sempre la stessa, al netto di un paio di novità e qualche aggiustamento.

La novità più interessante prende il nome di PlayStyles. Per gli appassionati della serie FIFA non si tratta di una vera e propria novità, ma piuttosto un pesante rework ai Tratti dei calciatori. Gli Stili di gioco sono 34 e si dividono in due tier: PlayStyle e PlayStyle+. La differenza? Le versioni plus sono semplicemente più efficaci.

Ho provato alcuni degli Stili di gioco che vanno per la maggiore e posso confermare che fanno la differenza, ma non sono certo che sia totalmente un bene; infatti, ci sono diversi calciatori che hanno lo stesso stile e struttura di Federico Chiesa, ma sono in pochi quelli che hanno anche lo stesso PlayStile che gli permette di correre come un treno; di conseguenza, ci saranno necessariamente calciatori che saranno preferiti ad altri perché hanno determinati Stili e ovviamente chi ne risentirà sarà la varietà del gioco come già sta avvenendo con il PlayStyle della Trivela, abilità attualmente rotta nella modalità online.

Recensione EA Sports FC 24: Federico Chiesa

Le Evoluzioni sono la seconda aggiunta. Si tratta di un nuovo tipo di carte, ottenibili come miglioramento di calciatori già presenti nel nostro Club. Le Evoluzioni hanno un funzionamento leggermente diverso, ma alla fine ricordano una via di mezzo tra Sfida ed SBC. Pagando una certa quantità di denaro o coin, e completando delle sfide, è possibile migliorare una carta, a patto che abbia caratteristiche che dipendono dall’Evoluzione, cioè l’evento che è in corso in quel momento. Non è facile capire quanto saranno determinanti, ma penso che sia un test anche per EA, come già fatto per i Momenti lo scorso anno.

Infine, non dimentichiamo un’importante cambiamento a una meccanica fondamentale dello scorso anno: gli Stili di corsa. Il sistema AcceleRATE diventa 2.0, passando da tre a sette Stili di corsa. A Controllata, Esplosiva e Prolungata, si aggiungono:

  • Esplosiva controllata – 50% Esplosiva, 50% Controllata
  • Più esplosiva – 70% Esplosiva, 30% Controllata
  • Prolungata controllata – 50% Prolungata, 50% Controllata
  • Più prolungata – 70% Prolungata, 30% Controllata

Lo scorso anno i calciatori Lengthy avevano un vantaggio enorme. Nel corso dell’anno capiremo se sarà ancora così.

Il nuovo Meta di UT

La nostra recensione di EA Sports FC 24 non può non passare su come il gameplay abbia modificato il Meta di Ultimate Team. Parliamoci chiaro: nulla che non si sia già visto nel passato, ma rispetto a FIFA 23 ci sono diversi cambiamenti.

Prima di entrare nel tecnico, non posso che constatare quanto le calciatrici introdotte per la prima volta su Ultimate Team stanno avendo un impatto veramente importante e anzi ritengo che la loro inclusione abbia spinto Electronic Arts verso un cambio di gameplay distante dai Lengthy dello scorso anno.

La differenza più lampante tra FC 24 e FIFA 23 è il ritorno in Meta dei calciatori piccoli e tecnici. Muoversi con l’analogico sinistro è maggiormente efficace e difendersi diventa sempre più complicato. Questo ci introduce alla seconda novità che è la difesa. Quest’anno difendere è più complicato tanto che EA ha nuovamente introdotto la Difesa Avanzata, che ci permette di scegliere tra il contrasto in piedi oppure la “spallata”, arma assolutamente rotta visto che è possibile usarla con efficacia anche con giocatori minuti (anche le calciatrici).

Nel momento in cui scrivo, i calciatori minuti stanno avendo la meglio sui lengthy ma quest’ultimo stile di corsa è decisamente più performante; di consegeunza, sarà curioso capire come si evolverà la situazione quando le statistiche tenderanno verso l’altro.

Infine, ci sono già alcuni Stili di gioco in Meta e mi aspetto che continuerà così per tutto l’anno, con calciatori e calciatrici completamente fuori controllo così come già avviene da anni con i TOTY o i TOTS.

Carriera

Chi non ama il multiplayer, potrà gioire della scelta di EA di portare avanti la modalità Carriera con due nuove idee, anche se ancora in fase embrionale.

L’Idea tattica permette, all’inizio di una nuova partita, di scegliere tra sei nuove idee che prendono spunto dal calcio giocato: Gioco sulle ali, Tiki-taka, Gegenpressing, Difesa a oltranza, Contropiede e Palla lunga. Una volta scelta l’idea, il videogioco si adatterà alla scelta e muoverà le fila seguendo la nostra filosofia calcistica. Siamo ben lontani dalla personalizzazione di Football Manager, ma anche dalla profondità di eFootball (soprattutto il vecchio PES), ma può essere l’inizio di qualcosa di buono.

L’altra novità sono i Preparatori che una volta assunti aumentano la profondità delle scelte possibili e le possibilità di miglioramento di una parte della squadra.

Conclusione

EA Sports FC 24 ha ancora un’anima strettamente legata a FIFA, così come ci si aspetta dal videogioco più venduto del mondo. Del resto con un così gran flusso di cassa annuale, perché Electronic Arts dovrebbe cambiare? Ccome ogni anno, se siete degli appassionati della serie, comprare FC 24 è un acquisto sicuro. D’altro canto, non ci sta nessun vero motivo per iniziare adesso. Il cambio di nome e l’aggiunta del calcio femminile rimangono il cambiamento principale, mentre tutte le altre novità non cambiano il gioco in qualcosa di mai visto. Un’occasione sprecata? No, semplicemente il buon vecchio FIFA, ma soprattutto il buon vecchio Ultimate Team, nel bene e nel male.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: PS5, Xbox Series S|X, Switch, PC, PS4, Xbox One
  • Data uscita: 29/09/2023
  • Prezzo: 79,99 €

Ho provato il gioco a partire dal day one su Xbox Series X grazie a un codice fornito dal publisher.

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Editoriali

Tutti i platform 2D di Super Mario in ordine cronologico

Oggi è il giorno dell’esclusiva Nintendo Switch per eccellenza del 2023: Super Mario Bros. Wonder, nuovo capitolo in 2D della celebre saga platform. Quale occasione migliore per parlare dei giochi platform a scorrimento in 2D di Super Mario?

Un po’ di storia

Dietro la creazione di Mario (e di serie come Donkey Kong e The Legend of Zelda) c’è Shigeru Miyamoto, uno dei direttori creativi di Nintendo più celebri, da molti considerato uno dei padri del medium videoludico.

Donkey Kong – 1981

Mario fece la sua prima comparsa nel videogioco Donkey Kong (1981) col nome di “Jumpman”, gioco arcade, diventando rapidamente la mascotte di casa Nintendo. In questo gioco a piattaforme, dobbiamo salvare la sua fidanzata Pauline dal gorilla Donkey Kong, scalando i piani del palazzo, ed evitando gli ostacoli che il gorilla ci lancerà addosso.

Mario Bros – 1983

Due anni dopo, sempre come gioco arcade, uscì Mario Bros., spin-off della serie Donkey Kong, in cui esordisce anche il fratello di Mario, Luigi, e con lui la modalità a due giocatori. Mario diventa l’idraulico che tutti conosciamo, e il suo scopo è eliminare i nemici che escono dai tubi delle fognature di New York, specialmente le tartarughe (i Koopa Troopa).

Super Mario Bros. – 1985, NES

platform 2D Super Mario: Bros
Super Mario Bros. – 1985

Pubblicato su NES, console Nintendo a 8 bit, il gioco ci trasporta nel Regno dei Funghi, luogo pacifico popolato da creature con la testa a forma di fungo, i Toad. L’equilibrio viene rotto da Bowser (malvagio re dei Koopa Troopa) che conquista il regno, lo trasforma e rapisce la principessa Peach Toadstool.

Nel primo vero platform 2D di Super Mario dovremo salvare la principessa e riportare la pace nel regno, superando mondi popolati da ostacoli e nemici vari. Ad aiutarci, power-up come il Super Fungo, che raddoppia le dimensioni di Mario, il Fiore di Fuoco, che fa sparare palline infuocate, la Super Stella, che dona per pochi secondi l’invincibilità, ed il Fungo 1-up che regala una vita.

Come non citare poi l’iconica asta con la bandiera, che ad ogni fine livello dobbiamo afferrare per poterlo finire e andare al successivo, e le monete da raccogliere in giro. Nell’immaginario di tutti i videogiocatori di Mario e non solo, anche questi due elementi sono iconici, così come i passaggi Warp, scorciatoie per andare direttamente ad altri mondi.

Super Mario Bros.: The Lost Levels – 1986, Famicom Disk System

platform 2D Super Mario: Bros The Lost Levels
Super Mario Bros.: The Lost Levels – 1986

Il secondo capitolo, inizialmente pubblicato solo in Giappone e sul Famicom Disk System, segue le orme del primo, ma con un livello di difficoltà più alto, introducendo il fungo velenoso e confermando i power-up del predecessore. I salti richiedono più precisione e ci sono anche dei blocchi invisibili sui quali atterrare; pochi upgrade grafici, ma funzionali.

Il secondo platform 2D di Super Mario non arrivò subito in Occidente poiché Nintendo credeva che il livello di difficoltà fosse alto per quella fetta di pubblico. Venne distribuito successivamente, nel 1993, tramite la raccolta Super Mario All-Stars, che includeva il capitolo precedente ed anche quelli successivi, fino a Super Mario World, incluso però solo in un’altra edizione successiva.

Super Mario Bros. 2 – 1988, NES

Super Mario Bros. 2 – 1988

Il secondo capitolo di Super Mario, pubblicato inizialmente in Occidente e poi anche in Giappone nel 1992, fu quello che vedete nell’immagine più in bassos; un gioco del tutto differente dal vero secondo capitolo, cioè Super Mario: The Lost Levels, di cui abbiamo parlato qui sopra.

Super Mario Bros. 2 era una conversione di un gioco già esistente, vale a dire Doki Doki Panic, per l’occasione ritoccato graficamente e cambiato soprattutto nell’aspetto dei personaggi giocabili, difatti qui in ogni livello possiamo scegliere chi usare fra Mario, Luigi, Toad e la principessa Peach.

Ogni personaggio ha le proprie caratteristiche: Mario è il più equilibrato, mentre Luigi può saltare più in alto, Toad è piccolo e rapido, Peach è in grado di planare per qualche secondo. In certi livelli conviene usare uno piuttosto che un altro per superarlo più agevolmente.

Inoltre rispetto al Super Mario classico, non basta saltare sulla testa dei nemici per poterli eliminare, ma bisogna andarci sopra, premere il tasto per raccoglierli e scaraventarli contro ostacoli o altri nemici, eliminando così entrambi, o anche gruppi interi, a seconda della situazione.

Super Mario Bros. 3 – 1988, NES

platform 2D Super Mario: Bros 3
Super Mario Bros. 3 – 1988 – NES

Il terzo capitolo del platform 2D di Super Mario introduce come novità più sostanziali la mappa, l’inventario, una maggiore verticalità e power-up nuovi. Ogni mondo ha la sua mappa e noi dovremo entrare nei livelli muovendoci sulle relative caselle; è possibile spesso anche non affrontarli nell’ordine classico, ma scegliere una strada alternativa.

Gli upgrade grafici hanno permesso ai mondi di avere biomi più dettagliati e variegati. Ogni mondo ha il suo; il primo ha le classiche colline verdeggianti, il secondo è desertico, il terzo acquatico e così via. Ogni mondo ha mediamente almeno una mini fortezza e il castello (una nave volante) con la battaglia finale di quella mappa.

Ci sono dei minigiochi sparsi, che se fatti correttamente, possono donare vite ed altro. Alla fine di ogni fine livello c’è un box da colpire, che ha al suo interno lo scorrere veloce dei simboli di stella, fungo, fiore; quando completeremo 3 livelli, di volta in volta, a seconda della combinazione dei simboli colpiti sino a quel momento, avremo delle vite extra.

Tra i nuovi power-up troviamo la Super Foglia che dona a Mario la coda da procione, permettendogli di volare dopo aver preso la rincorsa (per qualche secondo e al massimo della velocità). Ciò aggiunge profondità al gameplay, verticalità e segreti piazzati in maniera anche più fantasiosa.

Super Mario Land – 1989, Game Boy

Super Mario Land – 1989

Titolo di lancio del Game Boy, Super Mario Land è anche il primo Super Mario ad uscire su console portatile. Il videogioco è stato diretto da Gunpei Yokoi, conosciuto per aver creato sia il Gameboy che i Game & Watch, una serie di giochi elettronici portatili. Super Mario Land è ambientato nella pacifica regione di Sarasaland, suddivisa in quattro regni: Birabuto, Muda, Easton e Chai.

Il gioco vede anche debuttare la Principessa Daisy, qui rapita da un alieno di nome Tatanga, che ipnotizza tutti gli abitanti del regno e rapisce Daisy con l’intenzione di farla diventare sua moglie. Toccherà come sempre a Mario attraversare i regni, sconfiggere tutti e andare a salvarla.

Super Mario World – 1990, SNES/Game boy Advance

platform 2D Super Mario: World
Super Mario World – 1990

Questo titolo, da molti ritenuto il miglior gioco in 2D della saga principale di Mario, amplia tutto ciò che c’era nel terzo capitolo della saga, migliorando la grafica, introducendo il dinosauro Yoshi (cavalcabile e in grado di mangiare i nemici), altri nemici, ampliando la mappa ed i livelli con segreti e strade alternative.

Graficamente ci fu un bel balzo rispetto al già ottimo terzo capitolo, con sfondi ancora più dettagliati, livelli, nemici, più vari, un level design ineccepibile che fa ancora storia.

Oltre al dinosauro Yoshi, in grado di trasformare i gusci rossi dei Koopa in fiamme per poter colpire i nemici, abbiamo la novità della piuma, che dona a Mario un mantello che lo rende in grado di volare per pochi secondi. Un altro power-up inedito è il palloncino P, che gonfia Mario e gli permette di galleggiare per un tempo limitato.

L’inventario ha una sua funzionalità anche in-game in quanto è possibile acquisire un power-up di riserva nel caso dovessimo essere colpiti, cosa che non accadeva nel terzo, dove i power-up si potevano utilizzare solo quando eravamo nella mappa, PRIMA di accedere al livello.

Super Mario Land 2: 6 Golden Coins – 1992, Game Boy

platform 2D Super Mario: Land 2
Super Mario Land 2: 6 Golden Coins – 1992

Il gioco si svolge su una mappa principale che rappresenta Mario Land, dove Mario è il Re, con il villain di turno che qui è Wario, invidioso del nostro idraulico baffuto e della sua popolarità fin da quando erano ragazzi.

Mario dovrà sconfiggere i capi delle 6 zone (Tree Zone, Space Zone, Macro Zone, Pumpkin Zone, Mario Zone e Turtle Zone) in cui l’isola è divisa, per recuperare le relative monete d’oro, una per ogni zona. Una volta fatto ciò, Mario potrà accedere alla fase finale del gioco e liberare il suo mondo dalle grinfie di Wario.

Wario Land: Super Mario Land 3 – 1994 , Game Boy

platform 2D Super Mario: Warior Land
Wario Land: Super Mario Land 3

In questo terzo capitolo guideremo lo stesso Wario che, dopo aver perso tutte le ricchezze accumulate sul finale del precedente capitolo, decide di mettersi contro dei pirati, i Brown Sugar, guidati dal Capitan Melassa. Quest’ultimi hanno rubato un’enorme statua dorata della principessa Peach dal Regno dei Funghi.

Lo scopo di Wario è di rubare questa statua, rivenderla a Mario e costruirsi un castello ancora più grande del precedente. Il gioco è ambientato su Kitchen Island, il covo dei pirati, isola suddivisa nelle seguenti zone: Spiaggia di Riso, Monte Teiera, Terra del Sorbetto, Canyon Stufa, Veliero Tazzaditè, Foresta di Prezzemolo, Castello di Melassa.

Super Mario World 2: Yoshi’s Island – 1995 – SNES

platform 2D Super Mario: World 2
Super Mario World 2: Yoshi’s Island

Il gioco ci fa vedere Baby Mario e Baby Luigi trasportati da una cicogna verso quella che diventerà la loro casa. Purtroppo il malvagio mago Kamek è al corrente di questo viaggio ed intercetterà i nostri piccoli eroi; durante il volo Baby Mario cade su un’isola e viene trovato da un gruppo di Yoshi.

Da qui in poi comincia il gioco, un viaggio di ritorno in cui noi comanderemo Yoshi e i suoi compagni, che di livello in livello, porteranno Baby Mario a destinazione, come in una staffetta.

Il gameplay cambia moltissimo dai precedenti giochi della saga, difatti qui usiamo Yoshi che trasporta Mario, ed ogni volta che subiremo dei danni Baby Mario comincerà a piangere e ad allontanarsi da noi, e noi dovremo riacciuffarlo in tempo per non compromettere la partita.

Va detto che il gioco graficamente è molto ben fatto, sfondi molto dettagliati, molte animazioni, colori vivi, accesi, come se fosse un disegno fatto con acquerelli o pastelli, ed ha un level design eccezionale.

New Super Mario Bros. – 2006, DS

New Super Mario Bros. – 2006

Pubblicato su Nintendo DS, questo titolo inaugurò il nuovo filone di platform 2D di Super Mario negli anni 2000. La storia è quella che conosciamo, dobbiamo salvare Peach, superando 8 mondi con più di 80 livelli in totale.

Tra power-up vecchi e nuovi, fra quest’ultimi abbiamo il guscio Koopa blu, che consente a Mario di nascondersi nel guscio ed eseguire poi il “tarta-scatto”; inoltre ha anche l’effetto di velocizzare il nuoto. Abbiamo poi il Megafungo che fa crescere Mario fino a dimensioni incredibili, distruggendo tutto ciò che trova sul suo cammino.

Il Minifungo fa ovviamente l’opposto e ci permette di entrare nei passaggi più piccoli, raggiungendo zone altrimenti inaccessibili; inoltre ci fa diventare così leggeri che possiamo correre sull’acqua e saltare più in alto.

New Super Mario Bros. Wii – 2009, Wii

platform 2D Super Mario: New Super Mario Bros. Wii
New Super Mario Bros. Wii – 2009

Il secondo capitolo di questa saga introduce una serie di novità, fra le quali spiccano:

  • Modalità cooperativa fino a 4 giocatori su schermo in contemporanea, in cui è possibile aiutarsi, oppure ostacolarsi a vicenda.
  • Nuovi power-up come l’Elmetto di Ghiaccio, che trasforma i nemici in blocchi di ghiaccio, Fiore di Ghiaccio, che fa sparare proiettili di ghiaccio
  • Veicoli come la Super Roulotte, che serve in determinati livelli.

Ci sono poi nuovi nemici, come i Fratelli Martello, e i Bowser Jr. Inoltre aumentano percorsi e passaggi segreti per una maggiore varietà e senso di sfida. Ovviamente la grafica è ulteriormente migliorata rispetto al precedente capitolo, vista la maggior potenza della Nintendo Wii.

New Super Mario Bros. 2 – 2012 , 3DS

New Super Mario Bros. 2 – 2012

Il gioco riprende lo stile del precedente capitolo uscito su 3DS, ed oltre a confermare il Mini-Fungo e il Mega-Fungo, vede il ritorno dell’amata Super Foglia di Super Mario 3. In questo titolo gioca un ruolo molto importante la raccolta di monete.

Il Fiore d’Oro trasforma i blocchi in monete, anelli che per un breve lasso di tempo trasformano i nemici in oro, ed una maschera che produce monete durante la corsa di Mario.

Ci sono 9 mondi che includono 94 livelli, quelli base, 44, sono numerati, mentre gli altri includono 15 livelli lettera, sbloccati con la scoperta di uscite segrete, 4 cannoni Warp, 6 torri, 9 castelli, 9 livelli arcobaleno e 7 case dei Boo.

New Super Mario Bros. 2 è il primo capitolo della serie ad introdurre DLC a pagamento, espandendo così la modalità Febbre dell’Oro, con livelli inediti in cui bisogna raggiungere obiettivi che riguardano il numero di monete raccolte.

Super Mario Maker – 2015, Wii U

Super Mario Maker – Wii U (2015)

Questi due giochi sono stati i sogni di milioni di videogiocatori: poter creare i propri livelli in un platform 2D di Super Mario, condividerli online e giocare quelli degli altri. Il primo usava bene le caratteristiche ibride della console di casa Nintendo, tra modalità portatile e quella su TV; ciò rendeva molto comoda la realizzazione di livelli, soprattutto con l’uso del pennino su schermo.

In questo primo capitolo è possibile la creazione di livelli con gli stili dei seguenti giochi:

  • Super Mario Bros.
  • Super Mario Bros. 3
  • Super Mario World
  • New Super Mario Bros U.

Super Mario Run – Mobile, 2016

In questo gioco non abbiamo il controllo diretto di Mario, che corre da solo, ma dobbiamo premere il touch al momento giusto e l’intensità del salto dipende dalla pressione del nostro dito sullo schermo, con i dovuti limiti. Ci sono poi delle meccaniche che ci fanno tornare indietro di qualche passo, nel caso volessimo recuperare delle monete.

Nella modalità “World Tour” dovremo raccogliere quante più monete possibili e arrivare al traguardo, sbloccando così i livelli successivi. Ci sono 6 mondi in tutto, con 4 livelli ciascuno, suddivisi in maniera identica (3 normali più fortezza), con eccezion fatta per l’ultimo, che ha 2 fortezze nel terzo e nel quarto livello.

C’è anche una modalità denominata “Sfide Toad” che ci permette di sfidare gli altri utenti nei vari livelli e un’altra per costruire il nostro personale Regno Dei Funghi, acquistando oggetti, decorazioni e piazzandole dove vogliamo.

Un’altra modalità è la “Remix 10”, in cui bisogna affrontare 10 livelli brevi ad un ritmo frenetico, per arrivare a salvare Daisy. Al termine di questi livelli comparirà un minigioco bonus che ci permetterà di avere altri elementi per abbellire il nostro regno.

Super Mario Maker 2 – 2019, Switch

Super Mario Maker 2 – 2019 – Nintendo Switch

Nel secondo capitolo troviamo le stesse possibilità del primo, con una miriade di possibilità in più per personalizzare i nostri livelli, soprattutto con l’aggiornarsi del gioco nel tempo. I livelli sono realizzabili con i seguenti stili:

  • Super Mario Bros.
  • Super Mario Bros. 3
  • Super Mario World
  • New Super Mario Bros U.
  • Super Mario 3d World

Inoltre è possibile creare i propri mondi rappresentati con la mappa stile “Super Mario World”, con selezioni di livelli, minigiochi e così via. Presente anche la modalità online multigiocatore, fino a 4 in contemporanea, con modalità cooperative o di sfida, con tanto di rank.

Super Mario Bros. Wonder – Switch, 2023

platform 2D Super Mario: Wonder
Super Mario Bros. Wonder

Il futuro dei platform 2D è già qui? Dai primi trailer del gioco è possibile subito notare uno stile grafico, in generale, diverso dai classici Super Mario, con più animazioni facciali dei personaggi, sfondi molto dettagliati, fasi di gioco al limite del trip mentale, nuovi costumi come l’ormai già famoso “Elefante“, in grado di spazzare via i nemici e non solo.

Sembra essere tutto molto frenetico, soprattutto quando utilizzeremo questo “Fiore meraviglia”, che cambia il mondo attorno a noi, rendendolo più psichedelico, animando i tubi, facendo arrivare gruppi di animali contro di noi, modificando l’inclinazione dei livelli ed altro ancora, come le trasformazioni in nemici, citando così “Mario Odissey“.

Ciò che più balza agli occhi, grafica a parte, è l’introduzione delle “Spille”, che sembrano essere dei perk da assegnare al personaggio in ogni livello – massimo uno alla volta – aggiungendo profondità al gameplay, in quanto ciò permetterà probabilmente di affrontare livelli in modo diverso e di giungere in punti altrimenti non raggiungibili, senza l’uso di alcune spille.

Passato, presente e futuro

Super Mario per molti videogiocatori e non solo, rappresenta l’icona per eccellenza dei platform in particolare quelli 2D, ma anche l’emblema nostalgico di una saga, di un personaggio, che ci ha tenuto compagnia durante la nostra crescita. Lui è sempre lì, a ricordarci quanto in un videogioco sia importante il puro divertimento, lo stupirsi ancora per le novità introdotte ogni volta.

Voglio chiudere così questo articolo, ringraziandovi per la pazienza avuta in questo lungo viaggio fatto assieme, ed affermando che Mario, assieme ad altre poche saghe e personaggi, rappresenta passato, presente e futuro del suo genere… e non solo.

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Editoriali

Doki Doki Panic: il Super Mario Bros. 2 occidentale

Mario, Mario, Mario. Nonostante il baffuto idraulico di casa Nintendo calchi la scena videoludica da ormai più di quarant’anni, il suo nome sembra essere sempre sulla cresta dell’onda. Con il successo del film di animazione targato Luminous e il nuovo Super Mario Bros. Wonder ormai in dirittura di arrivo, si prospetta un periodo davvero roseo per il nostro eroe.

Del resto i videogiochi con protagonista Mario, in particolare la serie Super Mario Bros., sono sempre stati sinonimo di qualità, divertimento e spensieratezza. Questa saga ha sempre ottenuto grandi successi e riconoscimenti, fin dal primo episodio, apparso nel 1985 su NES e vanta alcuni dei migliori giochi platform di sempre (per un approfondimento sulla saga vedi qui).

In questo articolo però andremo a parlare dell’episodio della serie Super Mario Bros. che vanta la storia più strana e particolare: Super Mario Bros. 2 e Doki Doki Panic, la sua versione occidentale. Recuperiamo cappello, guanti e funghi magici e lanciamoci alla scoperta di questo vecchio classico.

Un Mario decisamente diverso

Super Mario Bros. 2 uscì nel 1988 su NES, la leggendaria console a 8 bit Nintendo. Il gioco riuscì ad ottenere un ottimo successo, entrando nella top 5 dei giochi NES più venduti.

Fin da subito, però, i videogiocatori si accorsero delle grandi differenze tra questo sequel e il titolo originale. Non solo infatti in Super Mario Bros. 2 era possibile selezionare un differente personaggio all’inizio di ogni stage (Mario, Luigi, Toad e la principessa) ma l’intero gameplay del gioco sembrava essere stato rivoluzionato.

Saltare in testa ai nemici, per esempio, non avrebbe più avuto alcun effetto su di loro. Per eliminarli era necessario attaccarli con i vari oggetti che era possibile raccogliere e lanciare all’interno dei livelli. Era anche possibile raccogliere i nemici stessi e lanciarli contro altri nemici

Inoltre, la struttura dei livelli era molto diversa rispetto al primo capitolo. Non più lunghi corridoi irti di ostacoli e nemici, bensì livelli con una struttura molto più vasta ed aperta. Per farsi strada attraverso gli stages il giocatore avrebbe dovuto esplorare con cura il livello e tornare più volte sui suoi passi. Inoltre i livelli contenevano numerosi enigmi e rompicapo per superare i quali il cervello e l’orientamento erano molto più utili di un dito pronto.

L’originale Super Mario Bros. 2

Super mario bros. 2 originale

Come mai Nintendo fece la strana scelta di andare a stravolgere una struttura così apprezzata ed amata come quella del Super Mario Bros. originale? Per capirlo occorre fare un passo indietro.

Nel paese del sol levante, infatti, l’avventura di Mario aveva già ricevuto un sequel. Nel 1986, sempre su NES, era infatti apparso Super Mario Bros. 2. Questo titolo, tuttavia, era molto diverso da quello giunto in seguito nel mondo occidentale. Il Super Mario Bros. 2 giapponese, infatti, si presentava come un gioco davvero molto simile all’originale. Le uniche reali differenze erano la possibilità di scegliere se giocare come Mario o Luigi e un livello di difficoltà notevolmente superiore all’originale.

Proprio quest’alto livello di difficoltà convinse Nintendo a non far uscire il gioco in occidente. Vi era infatti la convinzione che l’eccessiva difficoltà avrebbe finito con l’alienare il favore del pubblico occidentale. Il Super Mario Bros 2 originale verrà distribuito per il mercato europeo ed americano solamente nel 1993 all’interno della raccolta Super Mario All Stars, col titolo Super Mario Bros. The Lost Levels.

Tuttavia, Nintendo desiderava realizzare un nuovo gioco di Mario anche per il meccato occidentale, in particolare quello nordamericano. Ed è proprio a questo punto della nostra storia che entra in scena un altro gioco, ovvero Doki Doki Panic.

Notti d’oriente

Doki Doki Panic

Nel corso del 1987 era apparso su Famicom (versione giapponese del NES) un gioco davvero particolare, ovvero Yume Kojo: Doki Doki Panic. Il gioco aveva lo scopo di sponsorizzare l’evento Yume Kojo ’87, un festival televisivo dell’emittente Fuji Television. In particolare, il gioco vide la luce all’interno di un contest volto alla creazione di contenuti interessanti legati proprio alle mascotte della suddetta emittente.

La trama di Doki Doki Panic si presentava come una sorta di grande libro animato, che narrava le gesta di una magica famiglia (i cui membri erano mascotte dello dello Yume Kojo) impegnata a salvare alcuni bambini, rapiti dal malvagio Mamū e dalla sua orda di strane creature.

Il programmatore del gioco era nientemeno che Takashi Tezuka, famoso designer e scrittore in forze alla grande N. Fino a quel momento, Tezuka aveva realizzato Devil World, semplice clone di Pac-Man e aveva collaborato alla realizzazione del primo Super Mario Bros. Tuttavia, il nostro programmatore avrebbe contribuito alla creazione di capolavori come The Legend of Zelda, Super Mario Bros. 3 e Super Mario World (di cui fu addirittura direttore principale), A Link to the Past e moltissimi altri. Insomma, il nostro Takashi sapeva bene come programmare un videogioco!

E infatti anche la qualità di Doki Doki Panic era molto elevata, sia per quanto riguarda la grafica che per quanto concerne gameplay e complessità dei livelli. Tuttavia, il forte legame tra Doki Doki e Fujifilm rese Nintendo molto restia a convertire il gioco per il mercato occidentale.

Ma cosa ha a che fare questo gioco col Sequel di Super Mario Bros.? Come i più sgamati tra voi avranno già intuito, quello che in Europa venne presentato come Super Mario Bros. 2 altro non è che Doki Doki Panic con una serie di aggiustamenti grafici e con Mario e i suoi amici al posto della famiglia originale del titolo.

Tutto il resto è assolutamente identico. L’ ambientazioni legata all’oriente, i livelli ricchi di segreti e rompicapo, persino le sezioni a bordo dei tappeti volanti (che con Mario avevano ben poco a che fare). L’unica reale differenza tra i due giochi è la presenza di un sistema di salvataggio in Doki Doki, rimosso in SMB2 e il fatto che in Doki Doki il boss finale, Mamū, in Doki Doki deve essere sconfitto con tutti e 4 i personaggi.

Svelato il mistero

Doki Doki Panic è Super Mario Bros. 2

Cosa era accaduto? Molto semplicemente Nintendo, constatando la poca attrattiva che un titolo come Doki Doki avrebbe avuto in occidente, decise di mantenere la base del gioco e di trapiantarci sopra i personaggi di Super Mario.

E il bello è che lo strano esperimento funzionò alla grande, viste le ottime vendite si Super Mario Bros 2. Evidentemente, la grande popolarità di Mario e la buona qualità di Doki Doki spinsero la gente ad acquistare il gioco, senza prendersi troppo pensiero delle tante differenze rispetto al titolo precedente.

Addirittura, la versione occidentale di SMB2 fu convertita anche in Giappone, con il titolo Super Mario USA. Ancora più significativo è il fatto che molte delle creature apparse in questo gioco, tutte pensate originariamente per Doki Doki, siano entrate a tutti gli effetti a far parte del mondo di Super Mario. Basti pensare alla grossa creatura rosa Strutzi o ai mitici Tipi Timidi, presenti anche nella pellicola del 2023 su Super Mario!

Bene, eccovi sviscerata la strana storia del primo sequel di Super Mario Bros. Eravate già a conoscenza di questa strampalata vicenda? O per voi è stata una divertente scoperta? Fateci sapere!

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Recensioni

Resident Evil 4 Separate Ways – Recensione

Mentre il buon Leon Kennedy fa di tutto per portare a casa sana e salva Ashley, la figlia del Presidente degli Stati Uniti, c’è una figura che agisce nell’ombra, che porta avanti la sua missione e che, al contempo, fa da angelo custode al nostro biondo eroe. Si potrebbe riassumere così il plot di Separate Ways, eccellente DLC di Resident Evil 4 Remake, rilasciato da Capcom a completamento del quarto capitolo della fortunata saga horror.

Da amanti della serie, un po’ ce lo aspettavamo, anzi, saremmo rimasti assai delusi se la software house nipponica avesse scelto non riproporre la storia di Ada Wong presente, perlatro, nel gioco originale del 2005 e che tante risposte aveva dato ai giocatori dell’epoca.

E dobbiamo dirlo: “Strade Separate” è un eccellente prodotto su cui gli sviluppatori hanno lavorato sia in termini di rielaborazione della trama sia per quanto concerne il comparto tecnico.

Chi vi scrive lo ha terminato in circa 4 ore e mezza a livello normale notando un ottimo bilanciamento della difficoltà che aumenta di pari passo con le attrezzature in dotazione e che potremo migliorare, riparare, vendere e comprare dal mercante, già al servizio di Leon. Ma andiamo con ordine…

Carissima Ada

Senza sfondare il muro dello spoiler, Separate Ways ci fa rivivere la spaventosa epopea in terra spagnola di Resident Evil 4 questa volta nei panni della femme fatale Ada Wong, agente segreto al soldo di Albert Wesker (ben noto cattivone che presto si prenderà la scena quale vero villain della saga), che ha come obiettivo quello di recuperare l’Ambra, da cui, pare, si sia sviluppata l’infezione che ha falcidiato il villaggio di Valdelobos e dintorni.

Resident Evil 4 Separate Ways: Ada Wong mira

La donna sarà aiutata da Luis Sera, scanzonato e simpatico ricercatore della Umbrella Corporation prima e a libro paga del famigerato Saddler poi. Le sue vicende si intrecceranno con quelle di Leon e la porteranno al loro fondamentale incontro al castello di Salazar.

Separate Ways assolve egregiamente il compito di fornire nuovi elementi alla storia di Resident Evil 4, gettando le basi per il futuro remake, da parte nostro abbastanza scontato, di Resident Evil 5.

Facendosi largo tra nemici sempre più potenti, Ada riuscirà a portare a termine la sua missione? La scopriremo essere davvero una donna di ghiaccio o mostrerà anche un lato più umano e compassionevole? Queste risposte le lasciamo a voi e ai vostri pad. Una cosa ve la diciamo però: peccato per il finale…

Azione? Altro che Leon!

Nei panni di Ada, come detto, dovremo affrontare sostanzialmente lo stesso tipo di nemici che hanno intralciato Leon ma potremo affrontare le sfide in modo diverso. La velocità degli scontri e la frenesia degli attacchi saranno, infatti, maggiori con la bella Ada, non solo per la sua spiccata agilità che, vivaddio, cancella la legnosità di Leon spalle al muro (per sapere di cosa parliamo, vi invitiamo a dare un’occhiata alla recensione di Resident Evil 4 Remake) ma anche per il rampino che potremo sia utilizzare per salire rapidamente sul tetto di un edificio, sia per avventarci sui nemici storditi in men che non si dica e finirli. E non ditemi che non vi sentivate frustrati quando non riuscivate con il biondo agente a raggiungere in tempo il ganado di turno vedendolo riprendersi e gettando a mare un parry perfetto.

Grazie al rampino potremo volteggiare da una costruzione all’altra senza problemi e affrontare i nemici da angolazioni più favorevoli. Certo, la programmazione ci impedisce di trasformarci in Batgirl e vivere un’avventura in chiave stealth e avvolti dalle tenebre ma, comunque, il rampino sarà un nostro fondamentale e fedele alleato per tutta l’avventura. Basti pensare che una bossfight che non vi sveliamo sarebbe pressoché impossibile da completare senza il suo ausilio.

Sviluppato in modo intelligente il comparto dedicato agli enigmi, diversi da quelli che hanno messo alla prova Leon ma, spesso, connessi alle soluzioni da lui trovate. Come detto, ci saremmo aspettati qualcosina in più in termini di trama, soprattutto nelle battute finali ma saremmo bugiardi se dicessimo che il gioco non sia divertente e assolutamente scorrevole.

Visto che vista?

Da un punto di vista tecnico, il DLC è quello che ci aspettavamo: il motore RE Engine, fa il suo lavoro egregiamente. La versione PC che abbiamo provato ci ha colpito per il dettaglio dei personaggi anche se non ha fatto gridare al miracolo. Esattamente come la storia principale. A tal proposito ci teniamo a rimarcare un concetto già espresso nel commento di RE4: il gioco è ben fatto ma non possiamo definirlo assolutamente facente parte della nextgen. È un ottimo cross-gen, niente di più.

Molto bella la resa delle capacità date dall’ I.R.I.S. che permettono ad Ada di vedere particolari invisibili ad un occhio umano. Non stiamo parlando di un potere centrale né tantomeno determinante ai fini della trama e del completamento del gioco ma è una chicca tutta da gustarsi.

Nessun crollo di frame improvviso durante le fasi più concitate, nessun rallentamento o bad clipping quando sullo schermo ci sono orde di nemici a fare compagnia ad Ada o durante le boss fight; insomma: nessun balbettamento tecnico a conferma del lavoro di sviluppo minuzioso fatto dalla software house del sol levante.

Conclusione

Separate Ways, in definitiva, rappresenta un prodotto di assoluto valore che merita di essere giocato dagli amanti della serie. Aggiungiamo anche che il prezzo di vendita, accessibile a tutti, lo rende un must have per chiunque abbia apprezzato Resident Evil 4 Remake. Come accennato, inoltre, alcuni spunti e alcune location (vi dice niente il laboratorio?) inedite sono un evidente gancio ai futuri prodotti Capcom che, si spera, siano di livello ancora superiore tanto di far riappassionare chi ha giocato agli originali e da stregare anche le nuove generazioni di videogiocatori.

Il nuovo DLC di Resident Evel 4 Remake costruisce una storia parallela solida, divertente e, alle volte, anche sorprendente. Un ottimo lavoro che va ad accrescere il valore già alto del RE4 e che ci fa conoscere ancora meglio il carattere, le capacità e le intenzioni della bella e misteriosa Ada Wong.

Dettagli e Modus Operandi
  • Piattaforme: PS5, PS4, Xbox Series X/S, PC
  • Data uscita: 21/09/2023
  • Prezzo: 9,99 €

Ho provato il gioco a partire dal day one su PC grazie a un codice fornito dal publisher.

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Editoriali

The Talos Principle 2: Intervista a Jonas Kyratzes

Recentemente, è stata rilasciata la data di uscita ufficiale dell’atteso puzzle filosofico a cura di Croteam: The Talos princple 2 esce il 2 novembre 2023, tutti i videogiocatori potranno finalmente mettere le mani sul titolo completo.

Nell’attesa, abbiamo avuto modo di provare il gioco in anteprima, oltre all’onore di un’intervista esclusiva con Jonas Kyratzes, lead writer del team dietro la creazione di The Talos Principle 1 prima, e del suo seguito adesso.

Vi ricordiamo che una demo è disponibile gratuitamente su Steam, e vi invitiamo caldamente a provarla, vista l’ampissima mole di contenuto che regala.

Nell’intervista qui di seguito potrete leggere un’interessante discussione che esce dai limiti del videogioco, sfociando in contenuti filosofici – e in un certo senso antropologici – ma anche di puro mercato: cosa comporta lavorare a un gioco così legato alla filosofia, e cosa è lecito aspettarsi dal venturo nuovo capitolo.

IlVideogiocatore.it: Perché sentivate il bisogno di un sequel? Pensate che c’erano molti altri temi inesplorati di cui volevate parlare, che per una ragione o un’altra sono stati tralasciati in The Talos Principle 1?

Jonas Kyratzes: La struttura di base di The Talos Principle 2 è stata creata durante le fasi finali di The Talos Principle 1, ed è anticipato sia in The Talos Principle 1 che nel suo DLC, Road to Gehenna. Abbiamo sempre saputo che fosse possibile raccontare altre storie in questo mondo, e la filosofia certamente non termina con le questioni di identità esplorate nel primo gioco. Al contrario, comincia lì.

IlVideogiocatore.it: The Talos principle 1 è stato rilasciato nel lontano 2014, e quasi una decade è passata. Il rapporto dei videogiocatori con il genere dei puzzleè cambiato nell’ultima decade? Se sì, come questi cambiamenti hanno influenzato The Talos Principle 2?

Jonas Kyratzes: Non so se siano cambiati, e se lo hanno fatto, non è stato qualcosa che abbiamo preso in considerazione. Abbiamo solo provato a fare un buon gioco che proseguisse logicamente dal primo.

IlVideogiocatore.it: In The Talos principle 1, la storia è stata scritta dopo aver stabilito le meccaniche essenziali, con la narrazione costruita attorno al gameplay. Il vostro approccio è cambiato nel sequel?

Jonas Kyratzes: Ncessariamente. Perché sia possibile un sequel genuino (invece di una mera ripetizione), design e narrazione devono andare di pari passo dal giorno 1. Ciascuno doveva tenere l’altro in considerazione così che potessimo dare forma al mondo creato alla fine della storia originale.

IlVideogiocatore.it: The Talos principle 1 aveva qualche puzzle particolarmente complesso. Dovremmo aspettarci un range di difficoltà simile nel sequel?

Jonas Kyratzes: La curva di difficoltà del sequel è un po’ differente, nel senso che i puzzle più complessi non sono tutti ammassati alla fine, e inoltre ci sono ridondanze e modi di saltare certi rompicapo. Questo significa che è molto più improbabile rimanere bloccati in modo frustrante. Detto ciò, c’è comunque un importante livello di sfida per coloro che lo desiderano, e la storia li ricompenserà per averli completati.

IlVideogiocatore.it: Alcune discussioni attorno The Talos principle 1 suggerivano che il gioco fosse a favore dell’ateismo. Anche se io ritengo che sarebbe eccessivamente semplicistico parlare del gioco in questi termini, certamente la religione è un tema centrale in The Talos principle 1. Pensi che la religione sia cruciale per definire la società e inoltre, la religione verrà discussa anche in The Talos principle 2?

Jonas Kyratzes: La fede, piuttosto che la religione per sé, è uno dei temi più importanti di The Talos principle 2. La fede può essere pericolosa, può essere fuorviante, ma è anche necessaria. La domanda è: dove poniamo la nostra fede? Nei leader, negli eroi, nella natura o in noi stessi, nell’umanità? Alexandra Drennan, la scienziata dal primo gioco, possedeva un bellissimo, ottimistico ethos umano. Che cosa ci vuole per rendere quella visione reale, e come puoi continuare ad avere fede quando è facile diventare cinici o misantropi?

IlVideogiocatore.it: Devolver Digital è sicuramente cresciuta in popolarità negli anni che separano The Talos principle 1 da The Talos principle 2. Questa crescita ha influenzato il vostro rapporto con il publisher?

Jonas Kyratzes: Croteam appartiene a Devolver, a dire il vero. Ma sono eccezionali e sono stati molto supportivi. Decisamente non c’è nessuno dietro di me che impugna una pistola mentre scrivo queste parole.

IlVideogiocatore.it: Alcuni ritengono che il vostro gioco usi l’intelligenza artificiale per parlare degli umani, mentre altri dicono che ha usato umani per parlare di IA. I recenti sviluppi dell’intelligenza artificiale generativa hanno influenzato il gioco, o la sua filosofia?

Jonas Kyratzes: A dire il vero, no. Gli LLMs sono una tecnologia affascinante, e il machine learning in generale ha molteplici applicazioni utili, ma non sono intelligenza artificiale generale, e non hanno avuto alcun impatto sulla storia.

IlVideogiocatore.it: Nel gameplay trailer, il narratore domanda “perché puzzle?”, suggerendo che questa volte il narratore domanderà il suo scopo dall’inizio. Dovremmo aspettarci un’esperienza più meta?

Jonas Kyratzes: Come nel gioco originale, i puzzle sono esplicitamente puzzle in un senso intradiegetico. Nel primo gioco dovevi domandarti perché ci fossero i rompicapo. Questa volta sei parte di una spedizione e gli altri membri della spedizione discuteranno i puzzle esplicitamente per quello che sono, domandandosi come si relazionino agli eventi del primo gioco e alla cultura della società che è stata creata da quegli eventi. Tuttavia, non considererei queste conversazioni come “meta”. Non è inteso come per trarre l’attenzione sulla natura artificiale della narrazione, ma segue la scienza fittizia della trama.

IlVideogiocatore.it: Dovremmo aspettarci che il narratore sia presente più frequentemente, raccontando la storia in un modo più “tradizionale” o dobbiamo aspettarci di nuovo di rivelare la storia attraverso elementi in-game?

Jonas Kyratzes: Non c’è alcun narratore in Talos 2, solo un gruppo di personaggi che si uniscono nella tua spedizione verso l’isola misteriosa in cui ha luogo la maggior parte del gioco. Scoprirai la storia attraverso una varietà di strumenti, compreso unire i pezzi autonomamente, e discutere le tue scoperte con i tuoi compagni.

IlVideogiocatore.it: Scrivere per un gioco filosofico come Talos Principle deve avere delle sfide uniche. Come bilanci il bisogno per trasmettere idee filosofiche complesse con il rendere la narrativa accessibile a un’ampia utenza?

Jonas Kyratzes: Penso che la maggior parte delle idee filosofiche possano essere espresse in termine relativamente accessibili. Qui e lì delle parole più specializzate sono necessarie, ma certamente non è necessario affogare il giocatore in un gorgo oscuro (i filosofi moderni lo fanno, se devo essere controverso, per nascondere la povertà delle loro idee). Il più grande rischio è semplicemente se le persone siano davvero interessate abbastanza con lo stato del mondo e della loro specie per preoccuparsene sinceramente. Ma anche questo è ciò di cui tratta il gioco.

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The Talos Principle 2: il provato tra robot e filosofia

The Talos Principle 2 è il diretto erede del suo predecessore, sia da un punto di vista narrativo, come d’altronde era facile immaginarsi, ma anche da un punto di vista puramente filosofico, proponendo nuove questioni derivanti dalle medesime premesse.

Tuttavia sarebbe errato immaginarsi una mera ripetizione di ciò che è stato possibile vedere nel primo capitolo. I temi trattati in questa nuova iterazione sono sì connessi a quelli del predecessore, ma in modo nuovo, vedendoli sotto una nuova luce ed espandendone le tematiche.

Anche l’immaginario subisce la stessa sorte, con un gusto per l’antico e l’estremamente tecnologico che si incontrano fino a toccarsi, regalando un’atmosfera immediatamente riconoscibile e degli ambienti curati e ben realizzati nel quale non è mai noioso perdersi.

Il gioco è più verboso di quanto non ci potesse aspettare dalle premesse del primo capitolo, e non mancano i contenuti da leggere, ma le conversazioni non risultano mai essere noiose e fine a sé stesse, riuscendo a tenere il giocatore coinvolto attraverso scelte multiple varie e soddisfacenti, e sfidandone le convinzioni morali, com’è costume già dal primo puzzle di casa Croteam.

Reminiscenza e trasformazione

Sopratutto nelle primissime battute di gioco, chi ha già giocato The Talos Principle 1 si sentirà come a casa, con un sistema di gioco efficace e collaudato e dei puzzle molto reminiscenti del primo capitolo.

Ma questo è un nuovo capitolo e, in quanto tale, le sorprese però non tardano ad arrivare. Qualcuno potrebbe addirittura spaventarsi inzialmente per alcuni cambi registici. Infatti alcune cutscenes dal taglio più tradizionale interromperanno sporadicamente le sessioni di gioco. Va detto che queste sono rare, poste interamente (o quasi) lungo le prime battute di gioco e comunque non risultano mai invasive.

Visivamente il gioco fa un ottima figura e sembra essere ottimizzato relativamente bene, nonostante frequenti pop-up e alcune piccoli problemi di lighting che è facile immaginare vengano corretti prima del rilascio ufficiale del gioco.

Anche il level design è una diretta evoluzione della struttura del primo capitolo. Gli ambienti da esplorare per trovare e risolvere i numerosi puzzle del gioco sono vistosamente più ampi da quanto era possibile vedere nella prima iterazione del puzzle sviluppato da Croteam; ciononostante, permangono le caratteristiche labirintiche di svariati complessi di edifici e punti di interesse.

Grazie a un lavoro certosino dei world e level designer, perdersi è particolarmente difficile. Sono inoltre presenti molteplici punti di interesse e un percorso facile da intuire. Per quanto difficile, lo smarrirsi è un’attività compiaciutamente promossa dal titolo, che sa ricompensare i più curiosi con puzzle nascosti (che sembrano essere i più difficili) e punti di interesse vari che regalano ora una registrazione, ora un terminale contentente alcuni testi rivelatori.

Esplorare i vari mondi regala dunque una piacevole sensazione di libertà. Nell’eventualità di un giocatore particolarmente distratto (o svogliato) è stata integrata una bussola, che mostrerà la direzione per raggiungere i puzzle visti ma non esplorati e gli altri siti di interesse.

Le questioni narrative

Al momento dell’inizio del titolo, sono sià trascorsi diversi secoli dal finale canoninco di The Talos principle 1. Athena, così ha deciso di nominarsi il nostro alter-ego del primo capitolo, è riuscita con l’aiuto di nuovi robot a ricostruire una civiltà a tutti gli effetti “umana”, ma naturalmente alterata in base alle modificate necessità delle nuove forme di vita robotiche.

La popolazione è così espansa fino a raggiungere mille abitanti, e saremo proprio noi il millesimo e ultimo membro della comunità: 1K. Sì, ultimo. Nella società generata dalla mente dei creativi di Croteam, mille rappresenta il numero desiderato di abitanti, affinché si eviti una sovrapopolazione ed un esponenziale aumento delle richieste energetiche necessarie a far funzionare la nuova società.

Chiaramente questo goal, come viene chiamato dai membri della comunità di Nuova Gerusalemme, è motivo di dibattito presso i cittadini della città, tra chi si reputa favorevole a porsi un limite così da non ripetere gli errori compiuti dai predecessori – noi umani – e chi invece ritiene che porsi un limite significa scoraggiare lo sviluppo, la crescita e la diversificazione di una società altrimenti destinata alla stasi, anche a causa della longeva vita di cui dispongono i robot.

Nuova Gerusalemme è bella da guardare e da visitare, con molteplici punti di interesse e costruzioni da esplorare, ma la trama ci spingerà ad allontanarcene in fretta; 1K infatti poco dopo la sua nascita (se così si può definire) prenderà parte con qualche altro compagno ad una spedizione verso una misteriosa isola nelle prossimità di nuova Gerusalemme dalla quale sembra provenire una nube di dati che ha preso la forma di Prometeo, colui che nella mitologia Greca classica rubò il fuoco agli dèi per donarlo agli uomini.

Il nostro viaggio non è più solitario, ma saremo accompagnati da alcuni collaboratori dalle personalità sfaccetate e variegate, che ci terranno compagnia durnate l’esplorazione, ma che non interferanno – almeno durante la prova che abbiamo avuto modo di provare – con i puzzles. Tutto questo, per quanto alcuni possano temere il contrario, non limita affatto l’introspezione derivante dai temi trattati.

Talos Principle 2 puzzle robot

Le questioni filosofiche

The Talos Principle è una – ormai lo si può dire – serie molto legata a temi filosofici, a mettere in crisi il videogiocatore, non in quanto tale, ma in quanto individuo. Il primo capitolo, lo si può dire senza paura di sbagliarsi, non finiva quando si spegneva il gioco. Le questioni, tanto intrinsiche quanto esplicitate attraverso testi o dialoghi, puntavano a mettere in crisi il player in quanto individuo, puntando a stravolgere completamente le sue convinzioni circa alcuni assunti filosofici.

I temi di The Talos Principle 2 si evolvono direttamente dalle premesse poste dalla prima iterazione e dal DLC, “Road to Gehenna”. L’iconografia rimane molto vicina a quella del predecessore, con forte enfasi sulle tradizioni greche, romane e cristiane.

Anche qui, infatti, la religione è centrale rispetto alle tematiche trattate, mettendo in discussione il rapporto tra creato e creatore, ma anche tra “Messia” e apostoli.

Chi era appassionato della componente più celebrosa e filosofica dell’esperienza maturata in nel primo capitolo può dormire sereno anche su The Talos Principle 2: anche una banale conversazione con un png sui gatti può produrre stimolanti conversazioni sul ruolo della morte e la sua funzione nel ciclo della nostra vita.

I puzzle

Chi ha già esperienza con le avventure puzzle di Croteam potrebbe trovare la primissima parte del gioco eccessivamente semplice o reminscente di quanto già visto nella precedente iterazione della serie. Tuttavia, ben presto il sistema di puzzle si arrichisce di nuovi e divertenti tasselli che stratificano maggiormente il sistema di luci e laser maturato nel corso di The Talos Principle 1.

I puzzle sono quindi efficaci e divertenti, senza mai per questo risultare eccessivamente complessi o tediosi, ritagliando tra l’altro agli enigmi più intricati un’evidente etichetta da contenuto opzionale così da regalare una sfida più impegnativa a chiunque ne sia alla ricerca, e invece impegnare quanto basta il giocatore meno prono al completismo.

Non bisogna temere però: anche i puzzle “di trama” sono complessi quanto basta per dover applicare un minimo di materia grigia. La risoluzione non risulterà mai banale o scontata, ma spesso e volentieri arriva il momento di “Eureka! tanto apprezzato dagli amanti del genere.

Infine, anche il tetramino trova maggiore spazio che nel suo predecessore con delle interessanti novità che ne sposteranno il focus dalle due dimensioni del tetris classico, alle tre dimensioni del mondo di Nuova Gerusalemme e dintorni.

Talos Principle 2 puzzle

Conclusione

The Talos Principle 2 non si limita a essere un pigro ricalco del predecessore. Al contrario, partendo dalle premesse – già solide – della prima avventura puzzle di Croteam, ne espande gli aspetti, sia tematicamente immaginando una società nascente dopo gli eventi del primo capitolo con tutte le questioni filosofiche derivanti, sia contenutisticamente, con una netto balzo avanti dal punto di vista grafico, e un’espansione delle meccaniche puzzle già cementate nel primo.

Tutti coloro che hanno apprezzato il primo capitolo sono caldamente invitati a dare una chance alla demo disponibile su Steam. The Talos Principle 2 potrebbe spaventare chi desiderasse un gioco più simile al primo capitolo in tutti gli aspetti, sopratutto vista la grande quantità di personaggi con cui è possibile interagire sin dall’inizio contrariamente a quanto visto nelle precedenti iterazioni della serie, ma che non mancherà di conquistare con le sue tematiche profonde e mai banali e con i suoi puzzle di spessore.

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Editoriali

Perché Mortal Kombat ha fatto la storia dei videogiochi

Finish him”! Alzi la mano chi ricorda in quale videogame si sentono queste parole pronunciate da una voce profonda e cavernosa. Tutti, vero? Già, perché nessun videogiocatore può misconoscere “Mortal Kombat”. Questo iconico picchiaduro si trasformò ben presto in un must have di qualunque amante dei videogame, a prescindere dal genere preferito.

Chi come me ha sulle spalle parecchi lustri ormai, ha ancora i brividi nel ricordare la straordinaria brutalità di MK. Basti pensare che un altro imperatore dei picchiaduro, Street Fighter II, ricevette critiche per i disegni troppo forti dei combattenti battuti alla fine di ogni round. E quei disegni non hanno scandalizzato neppure un cucciolo di unicorno.

E invece Ed Boon e John Tobias nel 1992 decisero di spezzare una volta per tutte le catene del PEGI. Con Mortal Kombat inondarono di sangue, ossa e budella tutti gli schermi del mondo. In seguito alle proteste di diverse associazioni venne poi approntata in fretta e furia una patch che eliminava il sangue. Diciamocelo, però: in realtà nessuno l’ha mai usata.

Già, perché Mortal Kombat non affronta il tema della violenza in modo morboso. Ci si tuffa a piè pari senza limitarsi, facendo il giro e diventando sublime. Va a toccare le corde più profonde dell’essere umano, lo dilania dall’interno e ne scopre le carte.

Badate bene, non ho alcun interesse a fare filosofia spicciola, tutt’altro. Ma parlare di Mortal Kombat senza introdurre il tema degli istinti umani è impossibile.

Mortal Kombat

Tutto parte da una domanda ben precisa: perché nel lontano 1992 Mortal Kombat ebbe un successo talmente abbagliante da garantirsi uno stuolo di sequel che sono culminati, 31 anni dopo, con un remake del primo capitolo?

Potremmo rispondere parlando del comparto tecnico. Le scelte stilistiche, i colori, la caratterizzazione splendida dei personaggi (per approfondire tali argomenti rimando allo splendido pezzo del collega Marco Gioletta). Ma saremmo lontani dalla verità totale.

Badate bene, MK fu un vero e proprio big bang visivo per l’epoca. Con un colpo di spugna insanguinata furono relegati in un angolo i seppur splendidi disegni di Ryu, Ken, Blanka e compagnia cantante. Al loro posto apparvero sullo schermo personaggi assai più reali. Ciò fu possibile grazie alla grafica digitalizzata e del campionamento di movimenti fatti da atleti in carne ed ossa. Il risultato fu un film di kung fu infinito nei cabinati di tutte le sale giochi del mondo.

Ma bastò questo a trasformare Mortal Kombal nel più giocato picchiaduro di tutti i tempi? Fu davvero una mera questione grafico/stilistica? La risposta è semplice: no.

Mortal Kombat, invece, rispondeva a tutti i sentimenti che i giocatori di picchiaduro provano durante un match: la voglia di uccidere l’avversario, dilaniarlo, distruggerlo, spazzarlo via. Guardate le espressioni tirate dei gamer, per cercare di capire. Ancora di più, guardate l’estrema soddisfazione che si legge nel volto di quanti, vinti 2 round su 3, azzeccano la combinazione di tasti per sferrare la Fatality. Un godimento assoluto, ancestrale, animalesco. Fino a MK, battere l’avversario significava vederlo a tappeto, ora assumeva un senso tutto nuovo, macabro, violento, potente.

In un certo senso, se vogliamo, un illustre successore di MK, Tekken, coglie il nocciolo della questione. Pur non copiandone (giustamente) lo stile, trasforma i match in una battaglia di supremazia. Nello scontro è possibile, scegliendo tempestivamente le varie combinazioni, realizzare combo talmente lunghe e potenti da impedire, di fatto, all’avversario di contrattaccare fino alla sconfitta (Qualcuno ricorda un certo King…?)

Mortal Kombat fu proprio questo, e ritengo, non a caso fu scelta una grafica il più prossima, per l’epoca, al reale. Sullo schermo dovevano esserci delle persone da uccidere, sbudellare, fare a pezzi, schiacciare e tagliuzzare alla julienne.

Da quel primo, fantastico capostipite, MK ha visto un susseguirsi inarrestabile di sequel che mai hanno abbandonato il tema centrale della violenza. Certo, successivamente sono state introdotte anche le babality (per trasformare gli avversari in neonati indifesi) e le friendship (con cui il vincitore stringe un patto di amicizia con lo sconfitto). Ma, diciamoci la verità: hanno un sapore dolce/amaro. A tal proposito ho amato alla follia, la finta friendship di Joker nel recente Mortal Kombat 11. Durante la quale il folle arcinemico di Batman apparecchia tutto per accogliere lo sconfitto per poi finirlo inaspettatamente.

Ma quindi, Mortal Kombat è solo e soltanto violenza? Assolutamente no. Vale la pena fare una sottolineatura importante per evitare che ciò che sto scrivendo possa essere tacciato di miopia e faciloneria.

Mortal Kombat è un titolo che esalta la violenza e la assurge a tema fondamentale, ma non si esaurisce lì. Mortal Kombat è, probabilmente, uno dei titoli con la trama più lunga e meglio gestita dell’intera storia videoludica. I personaggi hanno alle spalle storie complesse, mitiche, magiche e anche tragiche. Sono caratterizzati in modo minuzioso, molto di più di qualunque altro combattente che appartiene ad altre dinastie videoludiche.

Non è un caso, infatti, che Mortal Kombat abbia ben presto sfondato la parete videoludica interessando sceneggiatori e registi cinematografici. I risultati, del 1995 e del 2021 non hanno fatto gridare al miracolo, ma sono sicuramente la dimostrazione che il franchise abbia qualcosa (molto) da raccontare al di là dei combattimenti e del sangue.

In definitiva, Mortal Kombat è riuscito e riesce tutt’ora a raggiungere livelli epici sia da un punto di vista estetico (l’estetica del macabro ovviamente) che da quello della narrazione. Dalla sua nascita ha fagocitato la preferenza di quasi la totalità degli amanti di genere, lasciando agli altri una buona fetta di consensi e poco altro (Tekken e Street Fighter non sono titoli dimenticati e continuano ad avere milioni di appassionati).

La saga oggi rinasce con un remake che sta già facendo discutere e che, ci scommettiamo, continuerà a far parlare di sé per parecchio tempo. Intanto noi amanti di MK ci lasciamo trasportare dalle sue atmosfere mistiche, affascinare dai suoi personaggi fantastici e torcere le budella per la sua eccessiva e scanzonata violenza.

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